Sbaglia lo Stato a far lavorare il personale scolastico come supplente senza riconoscergli l’anzianità di servizio e gli scatti stipendiali con danno evidente anche nella ricostruzione di carriera, perché docenti e Ata vengono collocati su scaglioni stipendiali inferiori a quelli dove avrebbero diritto a stare: a confermarlo è il Tribunale di Firenze, sezione Lavoro, che venerdì scorso 17 marzo ha emesso una sentenza a favore di una docente “assunta a tempo indeterminato alle dipendenze del Ministero dell’Istruzione con decorrenza giuridica retrodatata al 01.09.2010 come docente di scuola primaria” e che aveva “prestato servizio - prima dell’assunzione a tempo indeterminato - in favore dell’amministrazione resistente, in forza di plurimi contratti a tempo determinato” servizi di supplenza “dall’a.s. 2002/2003 all’a.s. 2010/2011”, senza però ottenere il corrispondente riconoscimento nella “ricostruzione della carriera, ai fini della sua collocazione nelle corrispondenti fasce stipendiali”. Il giudice ha accolto il ricorso, presentato dai legali Anief, assegnando alla docente quasi mille euro di risarcimento danni più interessi e collocandola nella fascia stipendiale maggiore, quindi con compenso mensile più alto dell’attuale.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, invita il personale scolastico che ha svolto supplenze a qualsiasi titolo a non sottostare al sopruso della mancata considerazione dei servizi pre-ruolo: ci sono tutti i presupposti per ricorrere in tribunale con i legali Anief, così da vedersi riconosciuti in toto i periodi di precariato al 100 per cento, con tanto di risarcimento danni, interessi e inquadramento su fascia stipendiale più alta. Chiunque - docenti e Ata, precari o ex precari - volesse rendersi conto dell’entità della somma che andrà recuperare presentando ricorso con Anief può utilizzare il calcolatore online messo a disposizione in modo del tutto gratuito dal giovane sindacato”.
LE CONCLUSIONI DELLA SENTENZA
Nella sentenza il giudice del Tribunale di Firenze scrive che c’è ormai “un consolidato e condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimità, richiamato da parte ricorrente in ricorso e nelle note conclusive: "In tema di riconoscimento dei servizi preruolo del personale scolastico, l'art. 2 del CCNL del 4 agosto 2011, nella parte in cui limita il mantenimento del maggiore valore stipendiale in godimento "ad personam", fino al conseguimento della nuova successiva fascia retributiva, ai soli assunti a tempo indeterminato, viola la clausola 4 dell'Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, con conseguente disapplicazione della norma contrattuale da parte del giudice e riconoscimento della medesima misura transitoria di salvaguardia anche al lavoratore a termine, poi immesso nei ruoli dell'amministrazione" (v. Cass. VI Sez. Civile L. ord. n. 11195/22; Cass. n. 3180/2021, Cass. n. 2924/2020, Cass. n. 38100/2022)”.
“Pertanto, secondo il condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimità, la disparità di trattamento retributivo tra docenti assunti a tempo determinato e docenti assunti a tempo indeterminato si pone in diretto contrasto con il principio di non discriminazione previsto dalla clausola 4 dell'Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato, recepito dalla Direttiva n. 1999/70/CE (v. Cass. 5 agosto 2019, n. 20918; Cass. 7 novembre 2016, n. 22558, e Ordinanza n. 17314 del 19/08/2020). Deve, dunque, riconoscersi il diritto all’applicazione, nei confronti della ricorrente, della summenzionata clausola di salvaguardia, con conseguente diritto di percepire l’aumento retributivo relativo al passaggio dal gradone contrattuale 0-2 al gradone contrattuale 3-8, fino al conseguimento della fascia retributiva 9-14”.
In conclusione, “il Tribunale di Firenze, definitivamente pronunciando, ogni altra eccezione, deduzione, istanza disattesa o assorbita, così dispone: accerta il diritto della ricorrente all’applicazione della clausola di salvaguardia prevista dall’accordo del 4.08.2011 e, per l’effetto, condanna il Ministero resistente al pagamento, a favore della ricorrente, della somma complessiva di € 983,40, oltre interessi legali dalla data di maturazione delle singole somme al saldo; condanna il Ministero resistente a rimborsare alla parte ricorrente le spese di lite, che si liquidano in complessivi € 515,00 per compenso, oltre al 15% per spese generali, oltre I.V.A. e C.P.A., se dovute, come per legge, con distrazione a favore dei procuratori di parte ricorrente dichiaratisi antistatari. Sentenza resa ex art. 429 c.p.c., pubblicata mediante lettura in udienza ed allegazione al verbale. Firenze, 17 marzo 2023”.
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