Un docente a tempo determinato non ha meno doveri e diritti di un collega di ruolo, quindi è doveroso assegnargli la Carta del docente. A ricordarlo, dopo avere esaminato normativa e giurisprudenza in merito, è stato il Tribunale del lavoro di Padova, che ha accordato la richiesta di assegnazione di 1.500 euro ad un insegnante, difeso dai legali che operano per Anief, che ha lavorato con supplenze annuali tra il 2020 e il 2023 senza ricevere la card che lo Stato eroga per permettere l’aggiornamento professionale obbligatorio.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “è sempre più evidente che sulla Carta del docente se il legislatore nel 2015, con la Legge 107 di riforma della Scuola, nel considerare anche gli insegnanti precari ha avuto un abbaglio, nei nove anni a seguire anche chi poteva intervenire per rimediare alla dimenticanza non è stato da meno. Ci hanno dovuto pensare il Consiglio di Stato, la Corte di Giustizia Europea e la Cassazione a mettere le cose a posto decretando le impugnazioni plausibili e la norma in vigore discriminante. Per chi non volesse soccombere a queste norma illegittima non rimane che presentare ricorso gratuito attraverso i nostri legali e così recuperare fino a cinque anni addietro e farsi così assegnare 3.500 euro più gli interessi nel frattempo maturati”.
LA SENTENZA
Nella sentenza di condanna del Ministero dell’Istruzione, il giudice ha scritto: “la formazione e l'aggiornamento del docente non può che essere considerata identica sia per i docenti assunti a tempo indeterminato che per quelli assunti a tempo determinato. A ragionare diversamente, infatti, si dovrebbe ipotizzare che l'attività svolta dai docenti cosiddetti precari possa essere caratterizzata da un minor grado di aggiornamento rispetto al personale docente, il che certamente risulterebbe irragionevole ed in contrasto con il principio costituzionale di eguaglianza e finirebbe anche con il ledere il diritto all'istruzione costituzionalmente garantito, perché, in tal modo, si avrebbe un corpo docenti la cui formazione è differenziata a seconda della stabilità o meno del rapporto di lavoro”.
“Ne deriva – ha riportato ancora il giudice del lavoro operante nel capoluogo veneto - che il lavoratore a tempo determinato può ritenersi effettivamente comparabile al docente di ruolo destinatario per legge della carta docente qualora sia stato assunto a termine nell’anno scolastico a cui si riferisce il beneficio richiesto per un periodo sufficientemente lungo da garantire quella stabilità di rapporto che porti a presumere che della spesa in formazione fatta in favore del docente il Ministero possa trarre un vantaggio. Nel caso di specie, il requisito può ritenersi soddisfatto, atteso che parte ricorrente, per gli anni scolastici interessati, ha svolto supplenze fino al termine dell’attività didattica”.
Sempre il Tribunale di Padova ha spiegato che sulla questione la Corte di Giustizia Europea “ha affermato che «la clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che riserva al solo personale docente a tempo indeterminato del Ministero, e non al personale docente a tempo determinato di tale Ministero, il beneficio di un vantaggio finanziario dell'importo di EUR 500 all'anno, concesso al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, mediante una carta elettronica”.
Ancora il giudice del lavoro ha sottolineato che “le sentenze interpretative della CGUE, precisando il significato e la portata del diritto dell’Unione, hanno effetto retroattivo, salvo il limite dei rapporti esauriti, con efficacia erga omnes nell'ambito dell'Unione (cfr. Cass. 8.02.2016, n. 2468) e sono vincolanti per i giudici nazionali”. Quindi, che “anche il Consiglio di Stato, nella pronuncia n. 1842 del 16.03.2022 ha ritenuto che la scelta ministeriale forgi un sistema di formazione “a doppia trazione”: quella dei docenti di ruolo, la cui formazione è obbligatoria, permanente e strutturale, e quindi sostenuta sotto il profilo economico con l’erogazione della Carta, e quella dei docenti non di ruolo, per i quali non vi sarebbe alcuna obbligatorietà e, dunque, alcun sostegno economico. In particolare, secondo il C.d.S., «un tale sistema collide coni precetti costituzionali degli artt. 3, 35 e 97 Cost., sia per la discriminazione che introduce a danno dei docenti non di ruolo (resa palese dalla mancata erogazione di uno strumento che possa supportare le attività volte alla loro formazione e dargli pari chances rispetto agli altri docenti di aggiornare la loro preparazione), sia, ancor di più, per la lesione del principio di buon andamento della P.A. […] è evidente la non conformità ai canoni di buona amministrazione di un sistema che, ponendo un obbligo di formazione a carico di una sola parte del personale docente (e dandogli gli strumenti per ottemperarvi), continua nondimeno a servirsi, per la fornitura del servizio scolastico, anche di un'altra aliquota di personale docente, la quale è tuttavia programmaticamente esclusa dalla formazione e dagli strumenti di ausilio per conseguirla: non può dubitarsi, infatti, che, nella misura in cui la P.A. si serve di personale docente non di ruolo per l'erogazione del servizio scolastico, deve curare la formazione anche di tale personale, al fine di garantire la qualità dell'insegnamento fornito agli studenti”.
LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI PADOVA: LE CONCLUSIONI
P.Q.M.
Il Giudice, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, deduzione ed
eccezione disattesa,
- accerta il diritto di parte ricorrente al beneficio di cui all’art. 1 comma 121 L. n.
107/2015 per gli anni scolastici 2020/21, 2021/22 e 2022/23;
- condanna il Ministero convenuto a costituire in favore di parte ricorrente ai sensi
degli artt. 2, 5, 6 e 8 del DPCM 28 novembre 2016 una Carta elettronica per
l'aggiornamento e la formazione del docente delle istituzioni scolastiche di ogni
ordine e grado di cui all'art. 1 comma 121 Legge 107/2015, con le medesime
modalità con cui è riconosciuta al personale assunto a tempo indeterminato, per
ciascun anno scolastico suindicati, con accredito sulla detta Carta della somma
pari a complessivi euro 1.500,00 (ossia 500,00 per ogni anno di servizio a tempo
determinato);
- condanna parte convenuta a rimborsare alla parte ricorrente le spese di lite,
liquidate in € 1.000,00 per compenso, oltre 15% per spese generali, Iva e Cpa, con
distrazione a favore del procuratore dichiaratisi antistatario.
Padova, 10/10/2024
IL GIUDICE
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