Ha preso ufficialmente il via la “caccia” al docente. Con i concorsi ancora al palo, complessivamente agli Uffici scolastici viene chiesto di portare a termine la sottoscrizione di circa 230 mila contratti fino al termine delle lezioni oppure con scadenza 30 giugno o 31 agosto 2021. Più degli altri anni, in alcune regioni del Centro-Nord la ricerca si sta rivelando particolarmente difficile: l’allarme è già scattato in Emilia Romagna, con 3 mila posti vacanti nella sola provincia di Reggio Emilia; in un istituto secondario di primo grado della Maremma, dove scarseggiano i docenti di ruolo e gli insegnanti supplenti tardano ad essere nominati, le lezioni sono state interrotte almeno fino a lunedì 21 settembre. Situazione pesante anche in Veneto, dove mancherebbero all’appello ben 13.500 docenti. Un quadro ancora peggiore vi sarebbe in Lombardia. E il Piemonte non è da meno. A scarseggiare sono soprattutto docenti di matematica, lingue Straniere e sostegno. Anche perché a causa del Covid19 rispetto al passato si è ridotta anche la disponibilità a spostarsi di provincia e regione, tra l’altro per vedersi assegnato uno stipendio tra i più bassi d’Europa e senza alcuna indennità per vitto, alloggio e viaggi.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “l’errore di fondo che sta alla base dell’altissimo numero di supplenze da attuare quest’anno è quello di avere ignorato l’automatismo di assunzione in ruolo che Bruxelles ha detto di adottare per i lavoratori che superano la soglia dei 36 mesi anche non continuativi di supplenze attraverso la riapertura delle GaE o l'assunzione dalle GPS, la cui tabella di valutazione dei titoli, purtroppo, è stata cambiata rispetto alle graduatorie di istituto. A complicare le cose c’è stata la norma, da noi sempre osteggiata, che introduce il vincolo dei 5 anni nei confronti di coloro che vengono stabilizzati in una determinata provincia: è chiaro che è una costrizione ingiusta, che nega il diritto alla famiglia, e che in tempo di Covid rischia di diventare una vera trappola. Tanto da far fallire in partenza il sistema della Call veloce. A completare il quadro negativo c’è stata poi l’incauta scelta di imporre delle Graduatoria provinciali digitali per le supplenze piene di errori e di esclusioni illegittime”, conclude il sindacalista autonomo.
La Scuola è ripartita: ai problemi derivanti dal mancato distanziamento anti-Covid19, con parte degli alunni costretti ad assistere alle lezioni indossando la mascherina o solo con la sedia perché i nuovi banchi tardano ad arrivare, però, si aggiungono quelli della mancata copertura delle cattedre vacanti e disponibili. Il risultato, scrive il Corriere della Sera, è che ci ritroviamo con “presidi con il fiato sospeso, famiglie preoccupate e sindacati sul piede di guerra”.
IL VENETO NEI GUAI
“In Veneto mancano tanti, tantissimi, insegnanti: 13.500, quanti sono i residenti di Cavallino Treporti nel Veneziano. E non è certo che si troveranno, almeno a breve. Le graduatorie dell’ultimo concorso del 2018 sono state svuotate con 1.790 assunzioni (in realtà, il Miur ne aveva concesse alla nostra regione 8.800) e ora gli Uffici scolastici provinciali stanno iniziando le chiamate dei precari. Oltre ad essere in ritardo, anche per via dei tanti errori nelle Gps, con conseguenti reclami e ricorsi, che ne hanno posticipato l’applicazione, ci sono delle classi di concorso per le quali risulta particolarmente difficoltoso reperire supplenti: sempre in terra veneta “non si trovano prof di matematica e si fatica persino con materie come l’italiano.
ARRIVANO TANTI ‘NO’
Ma c’è pure un altro motivo che ostacola l’assegnazione delle cattedre libere: “quest’anno da chi era abituato a fare le valigie e trasferirsi in Veneto dal Sud per lavorare stanno arrivando molti «no, grazie». Un problema in più che si accoda al già annoso tema della carenza di insegnanti (nel sostegno in Veneto è da anni che il mondo della scuola denuncia carenze strutturali e chiede l’attivazione di corsi abilitanti alle Università). Anche chi ha vinto il concorso è recalcitrante a cambiare regione”.
ORARI RIDOTTI CHISSÀ FINO A QUANDO
Il risultato è quello di tantissime scuole che per diverse settimane proporranno necessariamente orari ridotti, in attesa che arrivino i docenti mancanti. «Ho scelto di fare quattro e non cinque ore in classe ogni giorno - testimonia Pinuccia Ametta, preside dell’istituto comprensivo Galilei di Scorzè nel Veneziano - i docenti liberi così intervengono dove necessario, soprattutto nel sostegno». In tale contesto, ad andare in crisi è anche «la continuità didattica», dice Federico Giovannone, docente precario che a Mestre ha manifestato contro la gestione dei concorsi e delle graduatorie. «Le nuove sono piene di errori, sono cambiati i punteggi e definite in troppo poco tempo: i dirigenti scolastici avranno molti problemi e saliranno in cattedra almeno per tre giorni insegnanti che poi, alla verifica dei titoli, saranno rimossi».
L’ANIEF LO AVEVA PREVISTO
Quello che si è andato a determinare è uno scenario che l’Anief ha denunciato da prima che le Gps fossero pubblicate, come pure bene evidenziato dal Consiglio superiore della pubblica istruzione. E che ora sta emergendo in modo massiccio. Con carenze di ore di lezione e di tempo scuola che si andranno a ripercuotere sugli alunni, chissà per quanto tempo considerando anche che lo scorso anno molti dirigenti scolastici penarono a lungo – addirittura fino a gennaio, anche tramite la Mad e annunci sui social media - prima di riuscire a trovare precari che accettassero un contratto di supplenza annuale.
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