L’effetto della denatalità certificata in questi giorni dall’Istat avrà conseguenze pesanti sulla scuola. Perché l’onda lunga della riduzione di nascite sta portando a un numero progressivamente in calo di iscrizioni degli alunni: ogni anno, ci dicono gli statistici, si perdono oramai oltre 50mila iscritti. La perdita di allievi, particolarmente forte alle superiori, è descritta anche negli allegati al Recovery Plan inviati a Bruxelles nelle scorse settimane, che proietta la situazione ai prossimi tre lustri, al termine dei quali si prevede una perdita di 1,1 milioni di alunni iscritti.
Secondo il sindacato è un’occasione unica per abbattere finalmente classi pollaio e numeri eccessivi di discenti nelle aule: “Per realizzare il progetto – specifica Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – occorre procedere a livello normativo, cancellando i ‘tetti’ Gelmini-Tremonti che hanno di fatto legalizzato 20mila classi pollaio, con 30 alunni, ma anche un numero altissimo di raggruppamenti ben oltre i 20 allievi per classe in presenza di disabili certificati. Ecco perché servono nuove regole che prevedano non oltre 15 alunni per classe. Al massimo 18. Solo in questo modo, infatti, si potrà garantire una maggiore efficacia dell’apprendimento, tornando a livelli eccelsi di apprendimento e riducendo gli attuali gravi gap territoriali, ma anche le condizioni di sicurezza: a questo scopo, si dovranno anche creare almeno 15mila nuovi plessi, così da favorire quel distanziamento che, soprattutto alle superiori, nell’ultimo anno si è purtroppo potuto attuare solo alternando didattica in presenza e a distanza. Parallelamente, infine, bisognerà trasformare tutti i posti dall’organico di fatto a quello diritto, assegnandoli d’ora in poi in base alle esigenze e non ai meri numeri di iscritti. A nessuno venga in mente di ridurne il numero, sarebbe un suicidio”.
Dagli Stati generali della natalità giungono dati preoccupanti: il nuovo record di poche nascite, appena 404mila complessive nel 2020 (ben 156mila in meno rispetto al 2008), conferma “il declino demografico avviatosi dal 2015”: negli allegati, sintetizza oggi Orizzonte Scuola, “per il prossimo PNRR, l’esecutivo Draghi svela che da qui al 2036 complessivamente nelle classi avremo 1,1 milioni di studenti in meno.
Le superiori, in 15 anni, perderanno poco più di 500mila alunni, circa 320mila ragazzi in meno li avremo alle medie, -310mila alla primaria, -19.277 all’infanzia”. In teoria, “ciò comporterà che quasi 64mila docenti, oltre 30mila alle superiori, saranno in esubero. Come risolvere, dunque, il problema? Il PNRR dà due possibilità: la prima è rappresentata dall’aumento del tempo pieno al Sud, la seconda, invece, è rappresentata dall’abbattimento delle classi pollaio”.
Anief reputa fondamentale cancellare la classi pollaio e assicurare una didattica di qualità con 15 alunni in aula piuttosto che 30: in ogni caso, qualora non via siano alunni con disabilità, si potrà arrivare a comporre classi con non più di 18 bambini o ragazzi. Ma non oltre. Questi numeri garantirebbero sicurezza, igiene e vivibilità degli ambienti di apprendimento, come indicato in diversi progetti di legge condivisi da tutti gli schieramenti politici, anche dalla maggioranza ed in particolare dal Movimento 5 stelle, che ne ha presentato alcuni anni fa uno con prima firma dell’ex ministra Lucia Azzolina, ma tutti arenati nei cassetti delle commissioni parlamentari. Rivedere il rapporto tra alunni e docenti è diventato necessario, non è più una possibilità: con i fondi del Recovery fund, inoltre, diventa anche plausibile poiché finanziabile.
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