Andrà rivista la tabella di marcia sui tre concorsi che entro tre anni porteranno al ruolo 70mila docenti. Ma anche quelli per acquisire le abilitazioni all’insegnamento. La comunicazione è stata fatta dal ministero dell’Istruzione e del Merito direttamente ai sindacati spiegando che la necessità di rimodulare le tempistiche dei nuovi percorsi abilitanti (rivolti anche a chi è già di ruolo) porterà ad avere “tempi più distesi per la predisposizione di corsi. Si andrà, dunque, oltre la scadenza del 28 febbraio, prevista dal DPCM pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 25 settembre, per la conclusione dei percorsi da 30 CFU”, che potranno fare coloro che hanno svolto tre anni di servizio e che hanno partecipato alla procedura concorsuale “ex comma 9-bis”’, come conferma Scuola Informa. Nel frattempo, riferisce Orizzonte Scuola, le Università stanno completando le procedure di accreditamento e pubblicando l’elenco delle classi di concorso richieste.
Anief ha già chiesto da tempo che i percorsi abilitanti per acquisire i Cfu necessari siano maggiormente legati alle esigenze territoriali, anche in base alle proiezioni dei pensionamenti dei prossimi anni, come già chiesto per conseguire le specializzazioni per diventare insegnanti di sostegno sulle quali dovrebbe sparire il numero chiuso, oltre che stabilire una quota di riserva da destinare a che ha svolto tre annualità di servizio. C’è poi il problema dei costi, perché non sono semplici tasse: ogni candidato arriva a spendere migliaia di euro. Lo dice il DPCM pubblicato alcune settimane fa sulla nuova formazione del personale che continua a prevedere corsi a pagamento (a dispetto del Contratto collettivo nazional 2019/2021 dei comparti Istruzione, Università e Ricerca che non prevede costi per i lavoratori, ma solo formazione retribuita laddove si superino le ore di servizio).
“Chiediamo - commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief - di approfittare del fatto che verrà predisposto e pubblicato un nuovo decreto per rivedere diverse cose. Perché lo Stato italiano deve farsi carico della selezione e formazione del suo personale, non scaricare sugli aspiranti lavoratori e sui dipendenti già assunti i costi per espletare questi obblighi. L’abbiamo già detto: perché uno specializzando medico durante il suo percorso formativo percepisce 20.000 euro annui, mentre un precario della scuola deve pagare 3.000 per specializzarsi come insegnante? La verità è che la formazione universitaria deve essere retribuita. Gli insegnanti devono essere pagati e non devono pagare per poter insegnare. Senza dimenticare la direttiva europea sulla organizzazione dell'orario di lavoro (88/2003)”.
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