Lo scorso anno, la legge di bilancio di fine 2014 tagliò al funzionamento ordinario degli atenei ben 98 milioni con modalità progressive. Nello stesso periodo, il governo Renzi ha approvato il nuovo riparto del Fondo di finanziamento ordinario alle università statali, legandone una parte alla qualità e tipologia dei servizi offerti dagli atenei agli studenti. Ma decretando, in tal modo, la fine di tante università del Sud e di tutte quelle collocate in contesti svantaggiati. Intanto, le tasse sono triplicate, le iscrizioni crollano e l’investimento nazionale rispetto al Pil rimane in fondo alla classifica Ocse.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): basta con le manovre spot. Per rilanciare l’Università italiana, serviva prima di tutto andare a rivedere la Legge 240/2010, che ha sancito la precarizzazione del personale accademico e cancellato la figura del ricercatore a tempo indeterminato, che ha bisogno di stabilità. Invece tanti di loro hanno tra i 40 e i 50 anni, svolgono attività scientifica da tempo, continuano a stipulare solo contratti a termine. E di investimenti veri non si parla. Come si fa a pensare di risolvere tutto assumendo un po’ docenti?