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Non si tratta di una concessione, perché la scuola costituisce per legge un’eccezione nel panorama del comparto pubblico, spostando al 31 agosto dell’anno successivo le scadenze che per gli altri settori statali sono fissate al 31 dicembre. Tra l’altro i soldi verrebbero in larga parte recuperati dall’assunzione di giovani dipendenti che percepiscono in media il 30% in meno dei 4mila da mandare in pensione. Marcello Pacifico (Anief-Confedir): non ci sono ragioni che possano giustificare il no della Ragioneria dello Stato. I 400 milioni di euro necessari vanno trovati. Altrimenti spetterà alle Corte dei Conti ricondurre le cose sul binario giusto, con lo Stato condannato anche a risarcire i dipendenti vessati.

All’indomani dell’ennesima opposizione da parte della Ragioneria Generale dello Stato ad individuare le coperture finanziarie per permettere a 4mila lavoratori della scuola, i cosiddetti "Quota 96", di liberarsi dalla trappola della riforma Fornero, Anief torna a chiedere pubblicamente al Governo di applicare per loro la clausola sulla riforma delle pensioni. Non si tratta di una concessione: la scuola, infatti, ha da sempre costituito un’eccezione nel panorama del comparto pubblico, spostando al 31 agosto dell’anno successivo le scadenze che per gli altri settori statali sono fissate al 31 dicembre. E queste unità di personale hanno iniziato l’anno scolastico 2011/12 presentando regolare domanda di pensionamento, salvo rimare “incastrati” a seguito dell’approvazione dell’articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla Legge 22 dicembre 2011, n. 214.

“Sulla ‘dimenticanza’ del legislatore si sono detti tutti d’accordo, anche i parlamentari delle commissioni Cultura di entrambi i rami del Parlamento – ricorda Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – ma poi alla resa dei conti le norme speciali, come quella che esiste per i lavoratori della scuola, vengono sistematicamente schiacciate dalle esigenze ragionieristiche dello Stato”.

Tra l’altro, c’è da ricordare alla stessa Ragioneria statale che nella scuola il personale a fine della carriera viene sostituito da neo-assunti la cui retribuzione è decisamente inferiore. Pertanto, sarebbero proprio gli stipendi inferiori, in media del 30%, a coprire in larga misura i maggiori esborsi dovuti al pagamento delle pensioni del personale collocato in pensione con i requisiti pre-Fornero.

Deve essere chiaro, inoltre, che la deroga da adottare per coloro che raggiungono la fatidica quota 96 (sommando età anagrafica e anni di contributi previdenziali) al 31 dicembre 2012, permetterebbe ai circa 4mila dipendenti coinvolti di poter semplicemente esercitare un loro diritto. Solo nella scuola, dove anche un bambino capirebbe i motivi per cui i conteggi vanno fatti per anno scolastico e non solare, è accaduto che il personale abbia iniziato a lavorare a settembre sicuro di andare in pensione per poi apprendere che le norme erano cambiate in itinere. Cambiate, però, violando diversi articoli costituzionali, nonché l’art. 6 della Cedu.

“In questo contesto – continua Pacifico – non ci sono ragioni, nemmeno finanziarie, che possano giustificare il no della Ragioneria dello Stato. I 400 milioni di euro necessari vanno trovati. Altrimenti, saranno ancora una volta gli eventi giudiziari a condurre le cose sul binario giusto. Con le Corti dei Conti, cui il sindacato ha presentato i contenziosi dei ricorrenti della scuola, che libereranno i ‘Quota96’ e condanneranno lo Stato a pagamenti cospicui dovuti anche al danno esistenziale procurato a 4mila suoi dipendenti”.

 

Entro il 15 ottobre 2013 tutto il personale scolastico in possesso al 31 agosto o al 31 dicembre 2012 dei requisiti - precedenti alla Riforma Fornero - per andare in pensione, dovrà presentare il nuovo modello di ricognizione. Scrivi a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. per richiederlo.

Già venerdì 4 ottobre il MIUR aveva inviato agli Uffici Scolastici Regionali la nota n. 2125 che si rivolgeva al personale scolastico in possesso, alla data del 31 agosto 2012 ovvero al 31 dicembre del 2012, dei requisiti pensionistici previgenti le disposizioni della riforma Fornero. La stessa nota riporta un nuovo modello di ricognizione che sostituisce integralmente il precedente e individua nel 15 ottobre 2013 la data ultima di presentazione.

Anief ha, pertanto, predisposto un nuovo modello che potrà essere richiesto inviando una mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. con oggetto: richiesta nuovo modello ricognizione 15 ottobre.

Si precisa che tale modello dovrà essere compilato dal personale scolastico interessato in possesso dei suddetti requisiti e consegnato entro il 15 ottobre 2013 secondo le seguenti modalità:

- Personale docente ed educativo, IRC e personale ATA in servizio effettivo presso le istituzioni scolastiche: il modello dovrà essere compilato e consegnato alla Scuola di servizio.

- Personale docente ed educativo, IRC e personale ATA non in servizio effettivo (comandati o collocati fuori ruolo): il modello dovrà essere compilato e consegnato all’ultima scuola di titolarità o di servizio o all’Ufficio Scolastico territoriale della provincia di titolarità.

- Dirigenti Scolastici: il modello dovrà essere compilato e consegnato all’USR di appartenenza.

Con successiva nota ministeriale verrà comunicata la disponibilità dell’apposita funzione con la quale gli uffici competenti inseriranno al SIDI le dichiarazioni presentate.

La nota Miur n. 2125 del 4 ottobre 2013

 

Il numero aumenta perché a beneficiare della deroga sarebbero anche tutti i lavoratori nati nel 1952. Decisivo diventa, a questo punto, il parere della Commissione Bilancio della Camera.

Finalmente sembra avere avuto degli effetti positivi il lungo pressing attuato dall’Anief nei confronti dei componenti del Parlamento per salvare migliaia di docenti e Ata dall’obbligo di rimanere in servizio a causa della “dimenticanza” nell’ultima riforma pensionistica, voluta dell’ex ministro Elsa Fornero, di introdurre una deroga per i lavoratori della scuola: l’XI Commissione Lavoro della Camera, presieduta da Cesare Damiano (PD), già autore nel 2012 del ddl n. 5103, ha approvato all’unanimità il testo unificato di una nuova proposta di legge, la n. 249, per mezzo della quale si vorrebbe “liberare” il personale che al 31 agosto del 2012 aveva raggiunto la famigerata “Quota 96” (sommando l’età e gli anni di contributi riconosciuti).

Una proposta che si basa, tra l’altro, sul mantenimento di un diritto: la salvaguardia della norma di legge che fissa all'anno scolastico 2011/12 la maturazione dei requisiti degli aventi diritto per la collocazione in pensione dei dipendenti della scuola. Nel frattempo, avendo incluso anche i nati nel 1952, il numero di docenti e Ata coinvolti è quasi raddoppiato: da 3.500 iniziali, i lavoratori che lascerebbero il servizio per andare in pensione salgono infatti a 6 mila unità.

Assodato che vi una volontà politica, praticamente unanime, di collocarli tutti in pensione, a questo punto occorre trovare i circa 170 milioni di euro per coprire l’operazione. Su questo punto si è espresso, nelle ultime ore, il Ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca, Maria Chiara Carrozza: nel corso di un video-forum tenuto per un quotidiano nazionale, il Ministro ha dichiarato che ''c'è la volontà politica di trovare una soluzione, ma cerchiamo la copertura''.

Scartata la proposta del M5S di aumentare le accise sugli alcolici, una delle possibilità su cui stanno lavorando i parlamentari è quella di attuare la cosiddetta “tobin tax”, che rappresenta una sorta di tassazione delle transazioni finanziarie. Questa ipotesi verrà verificata, in particolare, dalla Commissione bilancio della Camera. Il cui presidente, Francesco Boccia, sempre del PD, è chiamato ora a non deludere i colleghi di partito. E, soprattutto, i 6mila interessati all’approvazione del provvedimento. Che così passerebbe, come è giusto che sia, per le aule del Parlamento. Anziché per quelle dei Tribunali della Repubblica.

 

Grazie all'Anief, in Emilia Romagna e Puglia la Corte dei Conti di lascia aperto uno spiraglio: sospeso il giudizio in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale.

Se la Corte dei Conti del Lazio sembrerebbe spegnere le speranze dei circa 3.500 docenti e Ata rientranti nella cosiddetta Quota 96, dichiarando “inammissibile” il ricorso, i giudici delle pensioni appartenenti all’Emilia Romagna e alla Puglia mantengono aperto uno spiraglio. La Corte dei Conti di entrambe le Regioni ha infatti sospeso il “giudizio in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 24 della legge 22 dicembre 2011 n. 214, di conversione del decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011, sollevata dal Tribunale di Siena – Sezione Lavoro con ordinanza del 21 agosto 2012”.

Alla luce delle modifiche introdotte dalla legge n. 135 del 2012, “che consente per l’a.s. 2012/2013 il collocamento a riposo del personale docente, che, a seguito delle operazioni di mobilità, risulta ancora in esubero, eppure con i requisiti previgenti alla riforma Fornero, maturati entro il 31 agosto 2012”, i legali Sponga e Ursini, che operano per conto dell’Anief, hanno ottenuto la sospensione del processo in attesa del giudizio della Corte Costituzionale sulla “questione di legittimità costituzionale dell’art. 24 della legge n. 214/2011 sollevata dal Tribunale di Siena con ordinanza del 21 agosto 2012”.

“Si tratta di un’espressione importante - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - perché per la prima volta si invita il giudice superiore della Corte dei Conti a svolgere una seria riflessione su un danno prodotto alle migliaia di lavoratori della scuola che nel 2011 avevano iniziato l’anno scolastico sapendo di andare in pensione e che invece si sono trovati ‘beffati’ da una norma ingiusta. Senza contare – conclude il presidente del sindacato autonomo – che la conseguenza di questa riforma dagli effetti immediati sta bloccando il turn over e il naturale ricambio generazionale in una professionale ad alto rischio burnout”.

 

Dal prossimo anno avremo sempre più docenti ultrasessantenni. Mentre per i 250mila precari abilitati il ruolo si allontana: ci arriveranno sfiniti e coi i capelli bianchi. Anief: bisognava prevederlo, dando la possibilità agli insegnanti con 30 anni di servizio usurante di lasciare le classi e diventare i tutor dei nuovi professori. Un po’ di giustizia potrebbe comunque arrivare dalla Corte dei Conti, chiamata ad esprimersi sui Quota 96.

La riforma delle pensioni voluta dal Governo Monti e dal ministro Fornero comincia a fare le prime “vittime”: dalle prime informazioni ufficiali provenienti dagli Uffici scolastici territoriali, risulta che in un solo anno il numero di pensionamenti della scuola si è infatti più che dimezzato. Così, se nel 2012 sono stati in 30mila - tra insegnanti, amministrativi, tecnici e collaboratori scolastici - ad essere collocati in pensione, quest’anno saranno neanche 15mila. Con degli effetti paradossali: si moltiplicherà infatti il numero di docenti ultrasessantenni costretti a rimanere dietro la cattedra; come è destinato a crescere il numero di anni di precariato decine di migliaia di docenti e Ata che attraverso il turn over speravano di essere assunti in ruolo.

I dati forniti da alcuni uffici scolastici periferici sono più che emblematici: a Campobasso nel 2012 sono andati in pensione 113 docenti e Ata; quest’anno ne andranno via appena 34. A Terni andrà ancora peggio: lo scorso anno hanno lasciato la scuola in 93; a settembre se ne andranno solo in 22. Un ultimo esempio: a Salerno gli ultimi pensionati sono stati 676; ora se ne contano solamente 201.

Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir, questi primi importanti segnali dimostrano che “la scuola italiana doveva assorbire la riforma in modo diverso. Il nostro Paese, infatti, annovera già da tempo i docenti più vecchi dell’area Ocse. E manda in ruolo i precari alle soglie dei 40 anni. Ora, con le nuove norme che obbligano ad andare in quiescenza non prima dei 65-67 anni, ci ritroveremo con un numero altissimo di insegnanti stanchi e demotivati, costretti a trasmettere conoscenze a classi-pollaio, di 30 e più alunni”.

“Sarebbe stato sicuramente più opportuno – continua Pacifico – dare la possibilità a chi ha svolto 25-30 anni di insegnamento di rimanere nella scuola con il ruolo di tutor o di supervisore dei giovani aspiranti docenti. Non è l’uovo di Colombo, perché si tratta di una modalità già adottata in diversi Paese. E funziona. In tal modo questi docenti non avrebbero comunque gravato sulla previdenza, ma in compenso si sarebbe dato impulso alla didattica, migliorando la formazione delle nuove leve, e favorito il turn over”.

L’Anief non ha dubbi: la riforma delle pensioni fa acqua da tutte le parti. A garantire un po’ di equità potrebbero ancora una volta essere allora i giudici. A Bologna e a Bari la Corte dei Conti, infatti, ha deciso di sospendere i processi sulla richiesta di pensionamento formulata da diverse centinaia di dipendenti della scuola che avevano iniziato l’anno scolastico 2011/12 convinti di andare in pensione, ma poi rimasti bloccati dagli estensori della riforma Fornero, che non hanno voluto saperne di concedere loro l’inserimento dell’intero anno scolastico e raggiungere in tal modo la fatidica Quota 96.

“Ora la Consulta – commenta Pacifico – deciderà se la scuola merita di attuare il fisiologico ricambio del corpo insegnante. Per rinnovare, tra l’altro, una delle professionalità più usuranti che esistono. Mentre, per come si stanno mettendo le cose, considerando anche l’assunzione sicura della metà dei vincitori del concorso a cattedra, ci troviamo con la prospettiva di vedere fortemente compromesse le assunzioni in ruolo dei precari. Inoltre, le supplenze annuali e fino al termine dell’anno scolastico subiranno un drastico ridimensionamento: con oltre 250mila iscritti nelle graduatorie ad esaurimento costretti a rimanere in una assurda posizione di stallo. Ed altre decine di migliaia neo-abilitati, attraverso i famigerati Tfa, addirittura lasciati fuori”.

Anief coglie l’occasione per inviare al nuovo Governo un appello: occorre tornare ad investire sui giovani, iniziando a dare loro la possibilità di avere docenti motivati e non costretti a rimanere in cattedra loro malgrado.

Il nostro sindacato continuerà nel frattempo a notificare presso la Corte dei Conti il diritti di chi anche quest’anno ha presentato domanda di pensionamento usufruendo della deroga che il Governo italiano si ostina a negare ai dipendenti della scuola. Coloro che sono interessati possono scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..