Insegnare diversi anni come supplente precario senza essere immessi in ruolo è un sopruso: a stabilirlo, ancora una volta, è il tribunale. Lo Stato, non solo costringe il docente precario a ricevere sempre il medesimo stipendio, con un mancato riconoscimento dell’anzianità di servizio palesemente illegittima, ma lo umilia doppiamente impedendogli di essere assunto a tempo indeterminato benché vi siano precise direttive dell’Unione europea che indichino la sua stabilizzazione automatica su posto vacante dopo 36 mesi di servizio da supplente. Stavolta è stata la sezione lavoro di Verona a far valere tutta l’anzianità di servizio accumulata durante gli anni di precariato, con adeguamento immediato dello stipendio, ma anche ad indennizzare una insegnante per la mancata immissione in ruolo dopo 13 anni di supplenze: la sezione lavoro del tribunale veneto non ha potuto che prendere atto della “violazione dell’art. 400 del T.U. 297/1994 (che prevede la cadenza triennale dell’indizione dei concorsi pubblici per l’insegnamento) ed ha argomentato per tale via il diritto al risarcimento del danno della docente, invocando quale fonte normativa nazionale di riferimento l’art. 36 l.c. il cui comma 5 prevede il diritto al ristoro patrimoniale in favore del prestatore di lavoro qualora siano state violate disposizioni imperative”, in particolare “la normativa comunitaria” integrata con “la clausola n. 5 dell'Accordo quadro allegato alla direttiva n. 99/70/CE”.
LA SENTENZA
Il giudice ha ordinato l’assegnazione di quasi 6 mila euro più interessi alla docente che aveva “insegnato alle dipendenze del MI – si legge nella sentenza -, dal 25.10.2006 al 12.9.2019 in forza della reiterazione di plurimi contratti a tempo determinato e di essere in ruolo (con decorrenza successiva al deposito del ricorso) dal 1.9.2019 avendo superato il concorso pubblico indetto con D.D.G. n. 85/2018”: il giudice, dopo avere esaminato la legittimità del ricorso, ha reputato sbagliata la condotta tenuta dal Ministero dell’Istruzione e dall’Ufficio Regionale per il Veneto, per via dell’abusiva “reiterazione dei contratti a tempo determinato, oltre il termine di 36 mesi” e la conseguente produzione “del danno c.d. ‘comunitario’”, con conseguente riconoscimento “ai fini dell’anzianità di servizio e degli aumenti stipendiale, dei servizi espletati in forza dei contratti a tempo determinato”. Sempre il giudice ha rigettato “la prescrizione quinquennale dei crediti retributivi e la prescrizione decennale di ogni altro diritto”, chiesta dall’amministrazione, poiché non risultano sottoposta “ad alcun termine di decadenza”.
Nelle conclusioni, il Tribunale di Verona in funzione di giudice del lavoro, ha condannato il Ministero dell’Istruzione, “in persona del Ministro pro-tempore a corrispondere alla ricorrente a titolo di risarcimento per l’abusiva reiterazione dei contratti a tempo determinato la somma complessiva determinata in moneta attuale di € 5.913,00 oltre a interessi legali e rivalutazione dal giorno della sentenza al saldo”, ha dichiarato “il diritto della ricorrente al riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata dal primo contratto di assunzione a termine, considerando tutti i periodi di servizio prestati in forza di contratti di lavoro a tempo determinato, nonché al riconoscimento della medesima progressione stipendiale attribuita al personale assunto a tempo indeterminato”; infine, ha condannato il Ministero “convenuto, in persona del legale rappresentante pro-tempore, a rifondere le spese di lite in favore del procuratore della ricorrente antistatario e le liquida in € 3513, 00 oltre IVA, CPA, rimb. sp. forf.”.
IL RICORSO
Tutti coloro che hanno svolto almeno una supplenza possono verificare l’entità della somme da chiedere attraverso i legali Anief per essere immessi in ruolo e per recuperare gli scatti di anzianità negati, più altri eventuali emolumenti non assegnati: a questo scopo, il giovane sindacato ha a predisposto un calcolatore gratuito on line, così da verificare la somma esatta da recuperare.
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