Il nuovo successo è stato registrato presso il tribunale di Frosinone, sezione lavoro
Il nuovo successo è stato registrato presso il tribunale di Frosinone, sezione lavoro
È un comportamento scorretto quello di far sottoscrivere supplenze nella scuola pubblica per anni e anni, senza però mai riconoscere ai precari gli scatti di anzianità: a confermare la tesi non è solo il sindacato, ma da qualche tempo sono orientati a sostenerlo pure i tribunali nazionali ed europei. L’ultima sentenza rilevante sulla liceità della progressione stipendiale durante il periodo di precariato arriva dal Tribunale di Arezzo, dove il giudice di competenza ha stabilito che “la reiterazione dei contratti a tempo determinato contrasta con la direttiva Europea 1999/70 CE, recante l’accordo quadro sui contratti a tempo determinato, secondo quanto acclarato dalla giurisprudenza comunitaria con la sentenza Mascolo (Corte di Giustizia 26.11.2014, causa C 22/13 e altre riunite). Pertanto – si legge ancora nella sentenza, pubblicata il 21 settembre 2022 - il ricorso ingiustificato e illegittimo ai contratti a tempo determinato da parte del MI determina, in ottemperanza al principio della parità di trattamento, il diritto alla ricostruzione della carriera con riconoscimento della progressione professionale retributiva per effetto dell’anzianità maturata e conseguente riconoscimento dei diritti connessi”.
Le ferie non godute dal personale precario della scuola vanno pagate. Punto. Lo ha ribadito ieri il Tribunale di Arezzo che ha valutato il ricorso di una docente, assistita dai legali Anief, che ha svolto per cinque anni scolastici consecutivi, tra il 2013 e il 2019, delle supplenze annuali con scadenza a giugno vedendosi sempre negare l’assegnazione dell’indennità relativa ai periodi di ferie non fruiti.
A tanti alunni disabili gli uffici scolastici continuano a negare non solo gli insegnanti di sostegno, ma anche l’assistente specialistico: due figure professionali, previste dal piano educativo predisposto dall’equipe psico-pedagogica, che non possono essere eluse o ridotte a piacimento dell’amministrazione. La sottrazione del diritto allo studio è talmente evidente e incomprensibile che tutti coloro che si ribellano – a partire da famiglie, docenti e dirigenti scolastici – producendo ricorso, continuano ad avere dal tribunale cattedre e ore negate in prima battuta dallo Stato. È il caso dei Tribunali di Roma, Tivoli e Velletri, che in accoglimento dei ricorsi proposti dagli avvocati Ida Mendicino, Andrea Maresca e Walter Miceli hanno accertano la condotta discriminatoria attuata nei confronti di alcuni alunni con disabilità per il mancato riconoscimento del diritto ad usufruire della richiesta assistenza specialistica. Nelle sentenze, i giudici hanno condannato le amministrazioni a risarcire le famiglie con ben 9.200 euro per danno non patrimoniale, “ritenuto che non abbia rilevanza, nella liquidazione del danno, il risparmio di spesa realizzato dall’amministrazione, così come sostenuto dall’ente resistente”.
Non è solamente il sindacato a reclamare la piana considerazione del servizio pre-ruolo ai fini della ricostruzione di carriera: anche i tribunali reputano illegittimo considerare totalmente solo i primi quattro anni di supplenze e per due terzi i restanti. Stavolta è stato quello di Pistoia a condannare l’amministrazione scolastica all’accertamento “del diritto all’integrale ed immediata valutazione del servizio preruolo ai fini della ricostruzione della carriera e, dunque, ai fini della collocazione nei corrispondenti scaglioni stipendiali”. Il principio è stato applicato stavolta ad una collaboratrice scolastica, alla quale 7 mesi e giorni 5 di servizio non di ruolo erano stati accordati solo ai fini giuridici e quindi negati ai fini economici. La sentenza bissa quella di alcuni mesi fa, nei riguardi di un assistente amministrativo che a partire dal 2009 per circa otto anni e mezzo era stato supplente, prima di sottoscrivere il contratto di immissione in ruolo nel 2014: in quel caso all’Ata erano stati assegnati circa 2.200 euro di indennizzo più interessi, più la collocazione nella fascia stipendiale superiore più vantaggiosa derivante dal passaggio automatico ad uno stipendio più alto.