“Il primo aprile torno a scuola e mi sento come quella liceale sospesa per disobbedienza che sarà difficilmente reinserita nell’ambiente scolastico”: lo scrive una docente non vaccinata in una lettera pubblicata dalla stampa specialistica, nella quale spiega dopo avere ripreso servizio non in classe ed essere stata considerata in modo improprio alla pari dei colleghi inidonei, si sente come “l’alunna solitaria dell’ultimo banco, punita per non avere aderito al coro assordante del pensiero unico”. Il sindacato Anief continua a definire questa posizione del Governo e dell’amministrazione del tutto sbagliata. Anche i numeri parlano chiaro: ad agosto avevamo 240 mila insegnanti non vaccinati, a dicembre sono diventati 30 mila e oggi sono meno di 4 mila.
Marcello Pacifico, presidente Anief ricorda “che a questi docenti, dopo essere stati puniti per mesi, durante i quali sono stati sospesi e privati di tutto lo stipendio, senza nemmeno l’assegno alimentare, si è detto che possono tornare a scuola ma solo se saranno isolati. Si trattano, quindi, come se fossero dei ‘paria’. Noi, come sindacato autonomo, continuiamo a difenderli, convinti gli insegnanti non vaccinati meritino rispetto e che alla base della decisione di continuare a tenerli fuori dalle classi, anche ad emergenza pandemica finita, è una norma sospetta che potrebbe violare ben 11 articoli della Costituzione e per questo motivo abbiamo deciso di presentare ricorso e di chiedere per loro conto adeguati risarcimenti. Nel caso di accoglimento dei ricorsi da parte della Consulta – conclude Pacifico - sono migliaia i ricorrenti patrocinati dai legali Anief che otterranno i giusti risarcimenti e quello stipendio negato durante la sospensione dal servizio”.
Il Governo aveva la possibilità di rimettere a posto le cose, invece non l’ha fatto, producendo invece il Decreto Legge 24/22, a cui ha fatto seguito la nota ministeriale che lascia i docenti senza vaccino fuori dalle classi. Anief ritiene che il dettato costituzionale sia in conflitto con questo improprio allontanamento delle aule scolastiche dei docenti non vaccinati rispetto ad una lunga serie di articoli: 1, 2, 3, 4, 21, 32, 33, 34, 35, 36 e 97. A marzo già quattro Tribunali della Repubblica hanno rinviato alla Consulta la norma (art. 4, commi 1, 2, 4, 5 e art. 4-ter legge 76/21 e art. 1 legge 217/19) per violazione di tali articoli della Costituzione. Sono diverse le pronunce di sospensione del giudizio sull’obbligo vaccinale. Come quella del Tar Lazio 1-bis che ha previsto la sospensione della valutazione sul caso di alcuni militari tenuti lontani dal luogo di lavoro e anche loro senza stipendio: sono state cinque le ordinanze pubblicate il 1° aprile (nn. 2186, 1648, 1667, 1378, 1872), in attesa del giudizio di costituzionalità della norma di legge sollevata dal Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia, il 22 marzo scorso.
Sono quattro le ordinanze di remissione alla Consulta emesse: dal Tribunale di Catania (14 marzo) e di Brescia (24 marzo) sulla mancata erogazione dell'assegno alimentare al personale sanitario e al personale scolastico; dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, (22 marzo) sull'incidenza non tollerabile per lo stato di salute dell'individuo sottoposto all'obbligo vaccinale per il numero di eventi avversi dovuto alla vaccinazione; il CGARS ha anche ravvisato l’inadeguatezza della farmacovigilanza passiva e attiva, il mancato coinvolgimento dei medici di famiglia nel triage pre-vaccinale e comunque la mancanza nella fase di triage di approfonditi accertamenti e persino di test di positività/negatività al Covid non consentono di ritenere soddisfatta, allo stadio attuale di sviluppo dei vaccini antiCovid e delle evidenze scientifiche, e perché non è prevista l’espressa esclusione dalla sottoscrizione del consenso informato delle ipotesi di trattamenti sanitari obbligatori ovvero non è escluso l’onere di sottoscrizione del consenso informato nel caso di vaccinazione obbligatoria. Anche il Tar della Lombardia - Milano (30 marzo) ha rimesso il caso alla Consulta, nella parte in cui non limita, come previsto nella disciplina previgente, la sospensione dall’esercizio dell’attività professionale alle “prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o che comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SAR-CoV-2”.
Nello specifico, nelle ordinanze di remissione i giudici hanno indicato una serie di conflittualità rispetto alla Costituzione, come l’opportunità di adottare la sospensione dal servizio, la mancata erogazione dell'assegno alimentare al personale sospeso, ma anche dei dubbi sul consenso informato, sull’opportunità di non avere contatti con l’utenza negando in questo modo di fatto il regolare “esercizio della professione”.
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