Cresce l’interesse per il salario minimo legale: dopo l’impennata di inflazione dovuta prima alla pandemia e poi al conflitto in corso in Ucraina, l’Unione europea ha rotto gli indugi annunciando a tutti gli Stati membri una direttiva in difesa dei compensi dei lavoratori e del loro potere di acquisto. L’ex ministra Nunzia Catalfo ha calcolato che il salario minimo non potrà essere più basso del 50% della retribuzione media (10,59 euro) o della retribuzione mediana (7,65 euro). L’Italia è particolarmente interessata all’evolversi della situazione: i dati Istat sugli stipendi assegnati in Europa dicono infatti che il nostro è l’unico Paese dove gli stipendi sono arretrati rispetto all’inflazione: l’Italia ha fatto registrare un - 2,9% di crescita, a fronte del + 6.20% della Spagna e addirittura del + 276,30% della Lituania.
Il salario minimo servirebbe a tutelare quelle fasce di dipendenti che percepiscono compensi vicini alla soglia di povertà: un “paracadute” per tutti i lavoratori non tutelati. Inoltre, il processo andrebbe ad incentivare il processo di rinnovo contrattuale che in tanti comparti, come la scuola, è bloccato da diversi anni, soprattutto se dovesse essere approvato un valore minimo orario per qualunque tipo di impiego, quindi da adottare anche a precari e tirocinanti. Ma quanto tempo bisognerà attendere per vedere gli effetti pratici del salario minimo? Purtroppo, l’attesa sarà lunga. Lo conferma oggi Il Corriere della Sera, secondo cui “la direttiva deve essere approvata dalla plenaria del Parlamento europeo e poi dal consiglio. Quindi sarà pubblicata in Gazzetta Ufficiale. Da quel momento gli Stati avranno due anni per recepirla”.
Secondo il sindacato Anief, due se non tre anni di attesa sicuri per vedere realizzati gli effetti della direttiva europea sul salario minimo legale rappresentano un’enormità temporale: “Non possiamo pensare di attendere così tanto tempo – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – perché già oggi ci sono settori di lavoro, come la Scuola, dove i dipendenti vengono pagati ben oltre il 2,9% in meno cui ha fatto riferimento l’Istituto di Statistica. È per questo motivo che ieri abbiamo ribadito l’esigenza di firma in fretta un contratto ponte, così da garantire ad un milione e mezzo di docenti e Ata circa 3mila euro di arretrati e oltre 100 euro medi di aumenti”.
“Questi lavoratori stanno aspettando un aumento da ormai tre anni e mezzo, considerando che l’unico che hanno percepito, nel 2018, pari al 3,48% era già stato ampiamente ‘bruciato’ da oltre dieci anni di vuoto contrattuale. A questo punto – conclude Pacifico – riteniamo che l’introduzione del salario minimo non può prescindere dall’adeguamento degli stipendi all'inflazione attraverso un rinnovo di contratto, per il 2019/2021, da firmare con estrema urgenza”.
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