Il gap stipendi-inflazione è destinato a crescere: l’annuncio è arrivato in queste ore dall’ultimo bollettino della Banca centrale europea, secondo cui il 2023 non sarà l’anno della fine dell’inflazione esplosa nel 2022. La Bce, infatti, prevede un sicuro innalzamento del caro vita: “Se l’anno appena concluso ha fatto segnare un rialzo generalizzato dei prezzi come non si vedeva da metà anni ’80 (+8,4% il consuntivo a fine 2022 per l’area Euro), quello appena iniziato non andrà poi così lontano da questi livelli: +6,3% secondo le stime della Banca centrale europea, che ha rivisto al rialzo le precedenti previsioni”. Dobbiamo aspettarci un 2023 “di ulteriori rialzi dei tassi per cercare di frenare l’escalation. Prepariamoci quindi a ulteriori salassi per le nostre tasche, non solo per la spesa di tutti i giorni al supermercato, per le bollette e per i carburanti; ma anche per i finanziamenti più importanti di una famiglia, dal mutuo ai prestiti al consumo”.
“I dati percentuali sull’inflazione parlano da soli – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – perché per la Banca europea in UE l’inflazione del 2022 ha superato l’8% e nell’anno che è appena iniziato si prevede un ulteriore 6%. Quindi, in soli due anni i costi per vivere si incrementano di quasi il 15%: come fanno le famiglie a sopportare questo aumento delle spese se gli stipendi rimangono fermi a fine 2021 e non si allinea l’indennità di vacanza contrattuale?”.
“La verità – continua il sindacalista - è che per tutelare le retribuzioni dei dipendenti statali, dopo il Ccnl sottoscritto in ritardo per la stagione precedente, servono risorse fresche finanziare il rinnovo contrattuale per il triennio 2022/2024: comprendiamo che si tratta di un numero di miliardi non indifferente, ma nel frattempo va applicata la legge, la quale dice che nell’attesa del rinnovo contrattuale va adottata senza indugi l'indennità di vacanza contrattuale. Considerando l’alto numero di dipendenti pubblici, occorre stanziare tra i 5 e i 7 miliardi rispetto all’unico miliardo stanziato in Legge di Bilancio, pure una tantum. Ritrovarsi a gennaio 2023 con appena 8 euro di aumenti in media nel comparto Scuola, Istruzione e Ricerca è un’operazione di facciata che ci indigna”, conclude Pacifico.
Anief ricorda che l'inflazione sempre più forte e la pressione fiscale stanno minimizzando in modo ulteriore la portate gli stipendi degli insegnanti, già inferiori alla media europea ed ora messi alla prova anche da una crescita dei prezzi pari all'8,9%, ai massimi dal 1985, e da una pressione fiscale in aumento dell'1,9% al 42,7%. Non è un cose se nel 2022 abbiamo assistito anche alla riduzione della tradizionale tendenza al risparmio degli italiani costretti a sostenere costi sempre più alti, a volte proibitivi come sta accadendo da qualche giorno con i carburanti.
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