° Un Grande fratello, sovra eminente la funzione docente
Da qualche tempo si progetta di togliere valore legale al diploma di laurea e di delegare la valutazione di qualità in uscita dal percorso formativo degli studenti a soggetti esterni alle scuole e alle università: una genìa di valutatori, valutati da chi?
La disistima nei riguardi dei professori, da parte dei decisori politici e dei vertici dell’economia e della finanza ha raggiunto livelli inattesi e inaccettabili denotando inadeguata consapevolezza del ruolo educativo e della valenza istituzionale di coloro che dallo Stato sono scelti e nominati. Agli occhi di questi decisori, i valutatori esterni che scegliessero sono, per definizione, più capaci e obiettivi nella valutazione gli studenti, rispetto ai docenti che quegli studenti hanno formato. Questi sarebbero, invece, incapaci di formulare valutazioni obiettive. E’ un modo di pensare ingenuo, che solo nella mente di chi non sa di didattica e di docimologia può annidarsi. In passato, in questa stessa rubrica ci siamo chiesti, celiando circa queste intenzioni, se emergessero da un embolo della sfera subliminale avendo l’ex premier Monti e qualche ministro rimosso il ricordo delle bacchettate sulle manine subite da arcigne maestre o l’immagine di un professore dalla personalità straripante. Allora ci sembrava di avere a che fare con uno scherzo, e ci stavamo. Adesso che la cosa si fa seria – visto che i ministri della Istruzione escono serialmente dallo stampo della Casta – ci conviene avanzare obiezioni serie, e la prima è: questi docenti così scarsi e inaffidabili, chi li ha formati, selezionati e assunti ? Non hanno seguito corsi di formazione universitaria; non si sono forse sottoposti a corsi di qualifica professionale, e non sono stati assunti secondo i criteri valutativi stabiliti dalle leggi ? Come si può arrivare a pensare che i valutatore nominati dalla Casta sia, per definizione, docimologicamente migliori dei valutatori che lo Stato stesso ha selezionato. Se questi ultimi fossero davvero inaffidabili, per definizione, chi avrebbe la responsabilità della loro inadeguatezza alla funzione, se non i loro formatori e il legislatore ? Seconda obiezione: Chi potrebbe arrogarsi il titolo di designare altri a sostituirli. Chi valuterebbe i valutatori ? In base a quale titolo, conferito da chi ? Dal Grande Fratello ? Dai filosofi della Repubblica di Platone ? Questi decisori politici si stanno avventurando su un terreno inesplorato per chiudere il cerchio di una oligarchia che avendo già il monopolio dell’economia e della politica progetta di perpetuarsi, nella generazione successiva, con il monopolio della istruzione e della formazione. Noi non ci stiamo: animati dallo spirito della democrazia, reclamiamo il buon diritto e il merito.
° Le “larghe attese” delle OO.SS., in una manifestazione nazionale a Roma
I sindacati “rappresentativo/concertativi” della scuola faranno il solletico alla Legge di Stabilità del governo delle “larghe intese”.
Per il nostro comparto (scuola statale, scuola privata, formazione professionale, accademie e conservatori, università) un’ora di sciopero su base regionale, in Novembre: alla prima ora, in caso di turno unico o all’ultima ora nel turno pomeridiano o nei corsi serali. Non è poco, perché non si può chiedere ai lavoratori di farsi tagliare il reddito oltre che dalle tasse anche dallo sciopero, visto che non ci sono santi che sudano al governo. Né si ottenne qualcosa nel 2008, quando lo sciopero fu contro il tandem Tremonti/Gelmini. Lo sciopero di Novembre sembra, più che altro, un modo per i sindacati di esistere. Né ci rassicurano le parole di Pippo Frisone (scuolaoggimagazine.org – 7 novembre 2013): “Di fronte ai rinvii del governo, al blocco dei contratti e alla scarsa attenzione al mondo del lavoro, il sindacato con le 4 ore di sciopero manda a dire alla strana maggioranza che la legge di stabilità va modificata. E’ una non sfiducia al governo Letta. Una volta bastava la minaccia di uno sciopero generale per far cadere i governi. Oggi con lo sciopero generale il sindacato può ottenere al massimo l’approvazione di qualche emendamento, un tavolo di concertazione, qualche aggiustamento, non certo un cambio d’impostazione della manovra di bilancio. Ahimè anche questo, oltre ad essere un segno di debolezza del sindacato nei confronti della politica, è indice del declino economico e culturale del nostro Paese”.