Ci sono troppi buoni motivi per cui l’aggiornamento professionale sovvenzionato dallo Stato con 500 euro annue debba essere assegnato anche agli insegnanti precari: avere svolto negli ultimi 5 anni una supplenza annuale; essere iscritti nelle graduatorie per le supplenze o essere stati immessi in ruolo. Chi rientra in queste casistiche può ambire ad avere, senza dubbio, accesso alla card annuale. A scriverlo è stato il Tribunale del lavoro di Vicenza che ha condannato l’amministrazione scolastica a pagare 2.000 euro ad una insegnante che ha svolto servizio di supplenza tra il 2018 e il 2023, anche “alla luce delle considerazioni condivise dai giudici della Sezione lavoro del Tribunale di Vicenza, già esposte in numerose sentenze rese su casi analoghi”.
Nella sentenza, rifacendosi a quanto espresso dalla Corte di Cassazione lo scorso ottobre, il giudice di Vicenza ha ricordato le due motivazioni che giustificano l’assegnazione dalla carta annuale: “1) La Carta Docente di cui all’art. 1, comma 121, L. 107/2015 spetta ai docenti non di ruolo che ricevano incarichi annuali fino al 31.8, ai sensi dell’art. 4, comma 1, L. n. 124 del 1999 o incarichi per docenza fino al termine delle attività di didattiche, ovverosia fino al 30.6, ai sensi dell’art. 4, comma secondo, della L. n. 124 del 1999, senza che rilevi l’omessa presentazione, a suo tempo, di una domanda in tal senso diretta al Ministero.” “2) Ai docenti di cui al punto 1, ai quali il beneficio di cui all’art. 1, comma 121, L. n. 107/2015 non sia stato tempestivamente riconosciuto e che, al momento della pronuncia giudiziale sul loro diritto, siano interni al sistema delle docenze scolastiche, perché iscritti nelle graduatorie per le supplenze, incaricati di una supplenza o transitati in ruolo, spetta l’adempimento in forma specifica, per l’attribuzione della Carta Docente, secondo il sistema proprio di essa e per un valore corrispondente a quello perduto, oltre interessi o rivalutazione, ai sensi dell’art. 22, comma 36, della L. n. 724 del 1994, dalla data del diritto all’accredito alla concreta attribuzione”.
“Risulta provato, infatti, che – continua il giudice del lavoro - parte ricorrente ha lavorato in qualità di docente a tempo determinato alle dipendenze del Ministero convenuto durante gli anni scolastici indicati in ricorso, con contratti di lavoro prevedenti il servizio fino al termine delle attività didattiche (supplenza fino al 30 giugno) o annuali (supplenza fino al 31 agosto) (doc. 1), periodo in relazione al quale, alla luce dei princìpi e criteri indicati nella sentenza della Suprema Corte sopra richiamata, la prestazione del docente precario si caratterizza per una certa stabilità e professionalità, divenendo discriminatorio, e quindi illegittimo, il differente trattamento rispetto al docente di ruolo, con riferimento al mancato riconoscimento del beneficio in questione”.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “è naturale che i tribunali del lavoro diano seguito alle posizioni espresse lo scorso autunno dalla Corte di Cassazione, peraltro in linea piena con quelle emesse nel 2022 dal Consiglio di Stato prima e dalla Corte di Giustizia europea dopo: si è giunti alla conclusione che tutte le supplenze annuali, da quella fino al termine delle lezioni fino, a quelle che terminano il 30 giugno e naturalmente il 31 agosto, rientrano in questa casistica. Ogni anno, quindi, sono oltre 200mila i precari o ex precari con supplenza annuale che hanno l’opportunità di presentare ricorso al giudice del lavoro: E si sta pure valutando se annoverare anche i supplenti ‘brevi e saltuari’. In tal caso, per lo Stato si andrà ben oltre i 100 milioni di euro stimati complessivi di risarcimento di cui si parlava qualche giorno fa”, conclude il presidente Anief.
CONCLUSIONI SENTENZA DEL TRIBUNALE DI VICENZA
P.Q.M.
Il Giudice del Lavoro, definitivamente pronunciando, ogni contraria o diversa istanza e deduzione disattesa o assorbita:
- condanna il Ministero resistente a costituire in favore della ricorrente XXXXX XXXX, con le modalità e le funzionalità di cui agli artt. 2, 5, 6 e 8 del DPCM 28 novembre 2016 (GU n. 281 del 1-12-2016), la Carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado di cui all’art. 1, co. 121, Legge 107/2015, con accredito/assegnazione sulla detta Carta della somma pari a complessivi € 2.000,00, da spendersi non oltre il 24° mese decorrente dalla data di costituzione della Carta stessa;
- condanna parte resistente alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla parte ricorrente a tale titolo liquidando la complessiva somma di € 549,00, di cui euro 49,00 per esborsi, oltre a spese generali ed accessori di legge (iva e cpa), con distrazione in favore dei difensori antistatari.
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