“Due annualità” di supplenze come docente della scuola pubblica sono “pari ad € 1.000,00, oltre interessi o rivalutazione”: lo scrive il Tribunale di Paola condannando il Ministero a risarcire un insegnante che ha presentato ricorso, difeso dai legali Anief, a seguito del comportamento discriminante dell’amministrazione scolastica che gli ha negato la Carta del docente negli “anni scolastici 2022/2023 e 2023/2024” durante i quali è stato assunto a tempo determinato presso un istituto comprensivo della provincia di Cosenza.
“In conseguenza di ciò – si legge nella sentenza emessa dal Tribunale di Paola - ha chiesto che il Tribunale accerti lo svolgimento del lavoro alle dipendenze del Ministero dell'Istruzione come insegnante con contratto a tempo determinato, riconosca il diritto a ottenere il beneficio della Carta Docenti, con valore di € 500,00 annui e condanni il Ministero dell'Istruzione al pagamento di € 1.000,00 con vittoria di spese da distrarsi. Costituitosi in giudizio, il Ministero dell'Istruzione e del Merito, preso atto del servizio prestato da parte ricorrente come risultante dallo stato matricolare, ha riconosciuto la fondatezza del ricorso aderendo alla domanda e chiedendo la compensazione delle spese legali”.
Tra le motivazioni della sentenza, il giudice del lavoro ha dapprima citato “la clausola 4 dell'Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato del 18.3.1999, attuato dalla Direttiva 1999/70/CE del 28.6.1999, al punto 1 prevede: "Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato”.
Quindi, lo stesso giudice ha ricordato che “il Consiglio di Stato, in riforma della decisione del TAR Lazio, ha affermato che la scelta del Ministero di escludere dal beneficio della Carta Docenti il personale con contratto a tempo determinato presenta profili di irragionevolezza e contrarietà ai principi di non discriminazione e di buon andamento della P.A., con ciò affermando, quindi, l'illegittimità degli atti impugnati rispetto ai parametri di diritto interno desumibili dagli artt. 3,35 e 97 Cost, distaccandosi quindi dall'idea di un sistema di formazione a "doppia trazione" tra docenti di ruolo, la cui formazione è obbligatoria, permanente e strutturale, e quindi sostenuta sotto il profilo economico con l'erogazione della Carta e docenti non di ruolo, per i quali non vi sarebbe alcuna obbligatorietà e, dunque, alcun sostegno economico”.
“Ancora più recentemente – continua il Tribunale del lavoro calabrese - della questione è stata investita la Corte di Giustizia Europea che, con ordinanza del 18 maggio 2022, resa nella causa C-450-21, chiamata a pronunciarsi della questione concernente la compatibilità con la normativa comunitaria della disposizione di cui all'articolo 1, comma 121, della legge 107/2015 con la clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva 1999/70/CE, ha affermato che la stessa deve essere interpretata nel senso che "(…) osta a una normativa nazionale che riserva al solo personale docente a tempo indeterminato del Ministero dell'Istruzione, e non anche al personale docente a tempo determinato di tale Ministero, il beneficio di un vantaggio finanziario dell'importo di € 500 all'anno, concesso al fine di sostenere la formazione continua dei docenti".
Per finire, a Paola il giudice ha spiegato che anche la Corte di Cassazione, con la nota sentenza della Suprema Corte n. 31149/2019, ha affermato che: "In tema di riconoscimento dell'anzianità di servizio dei docenti a tempo determinato poi definitivamente immessi nei ruoli dell'amministrazione scolastica, l'art. 485 del d.lgs. n. 297 del 1994 deve essere disapplicato, in quanto si pone in contrasto con la clausola 4 dell'Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE”. Quindi, di recente “con sentenza n. 29961/2023 del 4-27 ottobre 2023, la Corte di Cassazione, pronunciandosi sul rinvio pregiudiziale disposto dal Tribunale di Taranto con ordinanza del 24 aprile 2023, ha enunciato” una serie di “principi di diritto”, condivisi dal “Giudice di Legittimità”, tra cui quello che “la Carta Docente di cui all’art. 1, comma 121, L. 107/2015 spetta ai docenti non di ruolo che ricevano incarichi annuali fino al 31.8, ai sensi dell’art. 4, comma 1, L. n. 124 del 1999 o incarichi per docenza fino al termine delle attività di didattiche, ovverosia fino al 30.6”.
Marcello Pacifico, presidente nazionale del sindacato Anief, si sofferma sul fatto che “ormai anche il Ministero dell’Istruzione e del Merito comincia ad alzare bandiera bianca sul diritto dei precari ad avere accesso alla Carta del docente. Significa che i pareri favorevoli ai supplenti, espressi in merito dalla Corte di Giustizia Europea, come pure dal Consiglio di Stato e poi, un anno fa, anche dalla Suprema Corte di Cassazione, non possono più in alcun modo essere contraddetti, perchè il diritto alla formazione in servizio non cambia a seconda del contratto stipulato, a patto che si siano svolti almeno 150 giorni di servizio nell’anno scolastico. Presentare dunque ricorso gratuito attraverso il nostro sindacato Anief, facendo sempre attenzione a non superare i cinque di prescrizione, sta diventando quindi una prassi pressoché certa per arrivare a farsi restituire, con gli interessi, le somme per aggiornarsi negate dallo Stato”.
LE CONCLUSIONI DELLA SENTENZA DEL TRIBUNALE DEL LAVORO DI PAOLA
P.Q.M.
Il Giudice del lavoro, definitivamente pronunciando, nel contraddittorio delle parti, ogni
contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa
1) accoglie la domanda e per l'effetto dichiara il diritto della parte ricorrente a ottenere
il beneficio economico della cd. "Carta del docente" e, quindi, del relativo bonus di €
500 per ogni anno scolastico svolto come documentato in ricorso;
2) condanna, per l'effetto, il Ministero dell'Istruzione, in persona del Ministro pro
tempore, all’attribuzione in favore della parte ricorrente della Carta Docente, secondo
il sistema proprio di essa e per un valore corrispondente a quello perduto (due
annualità pari ad € 1.000,00), oltre interessi o rivalutazione, ai sensi dell’art. 22,
comma 36, della L. n. 724 del 1994, dalla data del diritto all’accredito alla concreta
attribuzione;
3) compensa per metà le spese di lite e condanna il Ministero dell’Istruzione, in persona
del Ministro pro tempore al pagamento della restante parte in favore del ricorrente,
che liquida in € 129,00 per compenso professionale, oltre 15% su diritti ed onorari
per rimborso spese generali, oltre I.V.A. e C.P.A., se dovute, come per legge, con
distrazione in favore dei procuratori attorei.
Si comunichi.
Paola, 15.12.2024.
Il Giudice
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