Ancora una sentenza sulla Carta del docente da assegnare agli insegnanti precari: a produrre la sentenza che concorda in pieno con la tesi dei legali Anief è il tribunale del lavoro di Padova, che ha condannato il Ministero dell’Istruzione e del Merito a risarcire una insegnante precaria con 1.500 euro, dopo che aveva svolto delle supplenze 2019 e il 2022 senza ricevere un euro per l’aggiornamento comunquie obbligatorio. La tesi di partenza del giudice del lavoro si basa sulla posizione della Corte di Giustizia Europea, la quale, si legge nella sentenza “ha affermato che “la clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che riserva al solo personale docente a tempo indeterminato del Ministero, e non al personale docente a tempo determinato di tale Ministero, il beneficio di un vantaggio finanziario dell'importo di EUR 500 all'anno, concesso al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, mediante una carta elettronica”.
Premesso questo, sempre il tribunale di Padova ha osservato che “i giudici nazionali, tenuti ad assicurare ai singoli la tutela giurisdizionale che deriva dalle norme del diritto dell’Unione e a garantirne la piena efficacia, debbono disapplicare, ove risulti preclusa l’interpretazione conforme, qualsiasi contraria disposizione del diritto interno (Corte Giustizia 8.11.2011, Rosada Santana punti da 46 a 56, cfr. Cass. 9.6.2021 n. 16096)”. Quindi, sempre il giudice del tribunale veneto ha “ricordato che le sentenze interpretative della CGUE, precisando il significato e la portata del diritto dell’Unione, hanno effetto retroattivo, salvo il limite dei rapporti esauriti, con efficacia "erga omnes" nell'ambito dell'Unione (cfr. Cass. 8.02.2016, n. 2468) e sono vincolanti per i giudici Nazionali”: poiché la prescrizione scatta dopo cinque anni, viene da sé che le supplenze svolte nell’ultimo quinquennio sono totalmente recuperabili.
Nella sentenza è stato fatto poi riferimento al Consiglio di Stato, che nella pronuncia n. 1842 del 16.03.2022 ha ritenuto che norma che esclude i precari dall’accesso alla Carta del docente “collide coni precetti costituzionali degli artt. 3, 35 e 97 Cost., sia per la discriminazione che introduce a danno dei docenti non di ruolo (resa palese dalla mancata erogazione di uno strumento che possa supportare le attività volte alla loro formazione e dargli pari chances rispetto agli altri docenti di aggiornare la loro preparazione), sia, ancor di più, per la lesione del principio di buon andamento della P.A. […] è evidente la non conformità ai canoni di buona amministrazione di un sistema che, ponendo un obbligo di formazione a carico di una sola parte del personale docente (e dandogli gli strumenti per ottemperarvi), continua nondimeno a servirsi, per la fornitura del servizio scolastico, anche di un'altra aliquota di personale docente, la quale è tuttavia programmaticamente esclusa dalla formazione e dagli strumenti di ausilio per conseguirla”.
È impensabile, ha concluso il tribunale di Padova, che “l'attività svolta dai docenti cosiddetti precari possa essere caratterizzata da un minor grado di aggiornamento rispetto al personale docente, il che certamente risulterebbe irragionevole ed in contrasto con il principio costituzionale di eguaglianza e finirebbe anche con il ledere il diritto all'istruzione costituzionalmente garantito, perché, in tal modo, si avrebbe un corpo docenti la cui formazione è differenziata a seconda della stabilità o meno del rapporto di lavoro”. Si legge ancora nella sentenza, “alle medesime conclusioni perviene la stessa Suprema Corte, in sede di rinvio pregiudiziale (Cass.
n. 29961/23 cit.), laddove ritiene che “l’art. 1, co. 121 cit. è dunque in contrasto con il principio di parità di trattamento di cui all’art. 4, punto 1, dell’Accordo Quadro” ricordando che “è stato del resto ripetutamente affermato che la clausola 4 dell’Accordo esclude in generale ed in termini non equivoci qualsiasi disparità di trattamento non obiettivamente giustificata nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, sicché la stessa ha carattere incondizionato e può essere fatta valere dal singolo dinanzi al giudice nazionale, che ha l’obbligo di applicare il diritto dell’Unione e di tutelare i diritti che quest’ultimo attribuisce, disapplicando, se necessario, qualsiasi contraria disposizione del diritto interno”.
Infine, il giudice ha espresso il suo parere sulla concessione della Carta docente anche a coloro che stipulano una supplenza breve e saltuaria: a questo proposito, “per l’effettiva comparabilità tra docenti a termine e docenti di ruolo potrebbe essere individuata, seppur con una qualche approssimazione, la durata di almeno 5 mesi (150 giorni) di prestazione lavorativa nell’anno scolastico oggetto della domanda, pari all’entità minima della prestazione di un docente di ruolo part time ai sensi dell’art. 39 comma 4 CCNL e dell’art. 4.1 OM 55/1998 (cioè il 50% dell’orario di docenza dell’insegnante full time) a cui la normativa riconosce il bonus in misura piena”.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “sta diventando sempre più evidente la possibilità concreta di fare recuperare la Carta del docente agli insegnanti attraverso il ricorso gratuito con Anief, al fine arrivare a farsi risarcire fino a 3.500 euro più gli interessi maturati. L’esito favorevole ai precari può contare sulle posizioni espresse dalla Corte di Cassazione, dal Consiglio di Stato e dallaCorte di Giustizia Europea: tutti sono d’accordo sulla discriminazione attuata”, conclude il presidente nazionale Anief.
CONCLUSIONI DELLA SENTENZA DEL TRIBUNALE DEL LAVORO DI PADOVA
P.Q.M.
definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, deduzione ed eccezione disattesa,
1) accerta il diritto di parte ricorrente al beneficio di cui all’art. 1 comma 121 L. n. 107/2015 per
gli anni scolastici 2019-2020, 2020-2021 e 2021-2022 e, per l’effetto,
2) condanna il Ministero convenuto a costituire in favore di parte ricorrente ai sensi degli artt. 2,5,
6 e 8 del DPCM 28 novembre 2016 una Carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del
docente delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado di cui all'art. 1 comma 121 Legge
107/2015, con le medesime modalità con cui è riconosciuta al personale assunto a tempo
indeterminato, con accredito sulla detta Carta della somma pari a complessivi euro 1500,00;
3) condanna il Ministero a rifondere alla parte ricorrente le spese del giudizio, liquidate in €
1030,00 per compenso – oltre all’incremento del 30% ex art. 4, comma 1-bis, D.M. 55/2014 – oltre
15% per spese generali, Iva e Cpa, con distrazione a favore dei procuratori antistatari.
Padova, 21/01/2025
Il Giudice del Lavoro
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