Insegnanti e Ata supplenti della scuola pubblica non possono essere privati di una parte dello stipendio: lo dice il Tribunale di Vicenza, settore delle controversie di lavoro e previdenza, che ha risarcito lo stesso dipendente precario che nel volgere di due anni ha ricoperto prima il ruolo di insegnante e poi quello di collaboratore scolastico. Il giudice ha esaminato il ricorso presentato dal dipendente precario, tramite i legali Anief, risarcendolo con 1.386,77 euro.
Ridurre a un alunno disabile grave le ore settimanali di sostegno indicate dall’equipe medico-pedagogica è un’operazione non solo indegna per un Paese moderno, ma anche non legittima sul piano normativo e del diritto allo studio: lo ha ribadito il Tribunale ordinario di Roma, diciottesima sezione civile, raddoppiando in primo grado di giudizio l’offerta formativa di sostegno a un allievo disabile a cui erano state assegnate 11 ore anziché 22, e risarcendo la famiglia con 8mila euro. È stato accolta in pieno, quindi, la tesi condotta dai legali che operano per l’Anief, secondo i quali l’amministrazione scolastica ha prodotto una “condotta discriminatoria” con “misure sufficienti per assicurare l’inclusione scolastica del” giovane in formazione.
“Siamo felici per l’esito del ricorso – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – perché rappresenta un segnale importante contro un’amministrazione che troppo spesso si dimostra sorda dinanzi ai bisogni formativi degli alunni più deboli e bisognosi di attenzione. Dall’altra, siamo anche consapevoli che gli 8mila euro ricevuti dalla famiglia non ridaranno mai indietro all’alunno la formazione mancata, ma almeno la giustizia ha prevalso e in qualche modo la famiglia ha confermato che aveva ragione. Invitiamo tutti coloro che si trovano in queste condizioni a non esitare a contattarci, perché ricorrere al giudice, tra l’altro anche gratuitamente, significa dire no alla lesione al diritto allo studio perpetrata nei confronti dell’alunno”.
Le ferie non godute dai supplenti della scuola vanno monetizzate e le somme assegnate al personale che ne fa richiesta: lo conferma il Tribunale di Como che ha accolto il ricorso di una docente precaria, tutelata dal sindacato Anief, che nel corso degli anni aveva stipulato diversi contratti a termine. Il giudice, nella fattispecie, ha deciso di risarcire l’insegnante con “1.040,59 per l’indennità per le ferie non godute, oltre – si legge nella sentenza - al maggiore importo tra interessi legali e rivalutazione monetaria, dal dovuto al saldo”, più la condanna dell’amministrazione a “€ 21,50 per spese ed € 700,00 per onorari, oltre 15% per rimborso spese forfettarie, Iva e Cpa”.
“Portiamo a casa un altro importante principio: quello riguardante i supplenti a cui viene illegittimamente negato il riconoscimento economico per i giorni di permesso non usufruiti durante le supplenze: l’indennità delle ferie non godute non si può volatilizzare, ma va corrisposta fino all’ultimo centesimo. Continueremo a ricorrere in tribunale per difendere tutti coloro, lavoratori della scuola precari e di ruolo, che credono nella tutela dei loro diritti e nel prevalere della giustizia. Lo Stato non può continuare a trattare i precari come se fossero dipendenti di serie B”, conclude Pacifico.
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Ogni mese ai supplenti non vengono assegnati i174,50 euro della Retribuzione professionale docenti, mentre al personale Ata si continuano a sottrarre tra i 66,90 euro a 73,70 euro di Compenso Individuale Accessorio. La storia è vecchia e risaputa: il sindacato lo denuncia da tempo, solo che l’amministrazione scolastica fa “orecchie da mercante”, così per vedersi riconoscere quelle somme bisogna rivolgersi al Tribunale del Lavoro. Negli ultimi giorni sono state diverse le cause andate a buon fine: prima a Forlì, che con una sentenza esemplareil giudice ha riconosciuto a una docente precaria 1.132 euro, più gli interessi legali, a seguito degli assegni mensili non retribuiti per sette supplenze brevi svolte tra novembre 2016 e giugno 2017. Adesso è stata la volta del Tribunale ordinario di Modena, sezione Lavoro, che con una sentenza analogaha detto sì al “riconoscimento del diritto a percepire la retribuzione professionale docente di cui all'art.7 del CCCNL (RPD) in relazioni a periodi di supplenze brevi e saltuarie” verso una docente, “con condanna della controparte al pagamento delle somme maturate a tale titolo, per l'importo di € 2.335,36”.
Anche al personale Ata della scuola, come agli insegnanti, va calcolato per intero il periodo di supplenza. E pure se è stato assunto a tempo indeterminato da più di un decennio. Lo ha confermato il tribunale del lavoro di Ancona, che ha risarcito un assistente amministrativo con quasi 3mila euro. Il giudice ha accertato che l'anzianità maturata con i contratti a termine, precedenti all’immissione in ruolo avvenuta il 1° settembre 2011, era stata riconosciuta in misura limitata: totalmente “ai fini giuridici” e solo «per i primi quattro anni per intero», mentre per «2/3 della parte restante». Questa riduzione illegittima ha prodotto uno “slittamento temporale del passaggio” delle categorie stipendiali.
Per quale motivo la cosiddetta RPD non va assegnata anche agli insegnanti non di ruolo? È quello che chiedono tantissimi supplenti, una parte dei quali ha chiesto lumi al giudice del lavoro. Il quale, appurata l’ingiustizia, sta sempre più spesso sentenziando il risarcimento e l’immediata applicazione della quota mensile di 174,50, che corrisponde a circa il 10% della paga base. Una somma minore, ma sempre importante, è illegittimamente sottratta anche al personale Ata, al quale si nega il Compenso Individuale Accessorio (CIA): si va da un minimo di 66,90 euro a 73,70 euro al mese, a seconda del profilo professionale Ata, che ogni mese lo Stato trattiene senza fornire spiegazione alcuna. Tra gli ultimi tribunali che hanno messo le cose a posto c’è quello di Forlì, che con una sentenza esemplareha riconosciuto ad una docente precaria 1.132 euro, più gli interessi legali, relativi agli assegni mensili non retribuiti per sette supplenze brevi iniziate nel mese di novembre 2016 e terminate nel giugno 2017.
Lo Stato può rimanere indifferente davanti ad un dipendente pubblico che chiede una sede di lavoro vicina ai genitori anziani entrambi con disabilità? Evidentemente no. Ma se l'atteggiamento è quello, allora è bene che intervenga il giudice. È quello che è accaduto con la Corte di Appello di Firenze, che ha accolto il ricorso di una docente della scuola superiore, specializzata su sostegno, a cui era stata negata la mobilità interprovinciale in Sicilia: sebbene fosse “referente unica di entrambi i genitori, portatori di handicap con connotazione di gravità” e vi fossero i posti liberi dove collocarla, l’insegnante s’è vista negare il trasferimento disapplicando dunque la “precedenza nei trasferimenti interprovinciali per l’assistenza dei genitori con disabilità grave e residenti in una diversa provincia”.
Anche nelle Marche passa la linea della parità di trattamento del personale precario della scuola rispetto a quello di ruolo: a sancirla è stato il Tribunale del Lavoro di Fermo, che ha risarcito un insegnante del posto con 4.766 euro come indennizzo per la mancata considerazione degli aumenti stipendiali derivanti dai periodi di servizio svolti come supplente. Il giudice ha disposto che l’insegnamento di tutto il periodo pre-ruolo concorre “all’esatta ricostruzione della carriera, all’inquadramento nella corrispondente fascia stipendiale e al pagamento delle differenze retributive”.
Lo Stato non può essere indifferente dinanzi alla richiesta di un lavoratore che chiede di cambiare sede per avvicinarsi al genitore o al figlio disabile grave: lo ha ribadito la Corte d'appello di Firenze che ha accolto il ricorso del sindacato Anief dando il via libera al diritto al trasferimento di una insegnante alla quale l’amministrazione scolastica aveva negato la precedenza al suo trasferimento, benché motivata dall’assistenza esclusiva del parente di primo grado in stato di disabilità di grado elevato e in presenza di posti vacanti sui quali avrebbe tranquillamente potuto essere assegnata.
I docenti precari hanno diritto ad avere in busta paga i medesimi scatti stipendiali dei colleghi già di ruolo: lo ha ribadito il tribunale del lavoro di Bari, che per questo motivo ha condannato il ministero dell’Istruzione a risarcire con una somma superiore a 6 mila euro ad un insegnante proprio per la mancata assegnazione, per i periodi di servizio svolti come supplente, degli aumenti periodici previsti per i colleghi già stabilizzati. Nella sentenza, il giudice ha ordinato al dicastero dell’Istruzione di assegnare il risarcimento, in virtù dell’assegnazione della “medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato”. Una posizione che sta trovando spazi sempre più consistenti anche in ambito europeo: basta ricordare che di recente il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa si è pronunciato sulla denuncia di Anief accolta dal Comitato europeo dei diritti sociali.
Sottrazione illegittima del periodo pre-ruolo oltre i quattro anni e del primo “gradone” stipendiale: il tribunale del lavoro di Marsala mette le cose a posto, assegnando il maltolto a due docenti e riconoscendo loro tra i 4mila e i 7mila euro, Nel primo caso, l’insegnante ha aderito allo specifico ricorso Anief per ottenere il riallineamento della carriera attraverso la considerazione di tutto il periodo precedente all’immissione in ruolo altrimenti negato per un terzo dal quarto anno in poi. Nel secondo caso ha ripristinato lo “scatto” stipendiale sottratto in modo assurdo a tutti i neo assunti dal 2011, riconoscendo anche quasi sette anni di supplenze in modo integrale a livello giuridico ed economico.
Perché i docenti e il personale Ata devono aspettare tra i 16 e i 24 anni per vedersi riconoscere il periodo pre-ruolo? Perché gli insegnanti devono vedersi sottrarre il primo “gradone” stipendiale? Sono le stesse domande che si sono posti i giudici del lavoro di Marsala, che nel volgere di pochi giorni hanno accordato il riconoscimento ad altrettanti docenti rispettivamente di circa 7mila euro e quasi 4mila euro. Nel primo caso, la dipendente ha aderito allo specifico ricorso Anief per ottenere il riallineamento della carriera attraverso la considerazione di tutto il periodo precedente all’immissione in ruolo altrimenti negato per un terzo dal quarto anno in poi. Sempre il tribunale del capoluogo siciliano ha detto sì alla richiesta del giovane sindacato che rivendicava il ripristino dello “scatto” stipendiale automatico e dei quasi sette anni di supplenze riconosciute finalmente in modo integrale a livello giuridico ed economico.
Una docente della scuola dell'Infanzia, referente unica di familiare con disabilità grave, assistita e difesa dagli Avv.ti Ida Mendicino, Walter Miceli e Fabio Ganci, ottiene il riconoscimento del diritto a beneficiare della Legge 104/92, art. 33, comma 5, anche nelle procedure di assegnazione provvisoria interprovinciale per l'assistenza a congiunto con grave disabilità.
Un docente assunto a tempo indeterminato nell’a.s. 2015/2016 assistito e difeso dagli Avv.ti Maria Maniscalco, Walter Miceli Fabio Ganci e Nicola Zampieri, ottiene € 4.522,30 per gli scatti di anzianità mai riconosciuti durante il lungo periodo di precariato, oltre all'applicazione della clausola di salvaguardia prevista dal CCNL del 19/7/2011 anche se immesso in ruolo successivamente al 2011 con il relativo computo e riconoscimento delle connesse progressioni economiche e la condanna del Ministero dell'Istruzione alle spese di soccombenza, per un totale che supera i 10.000 Euro.
Il docente di scuola secondaria di II grado assunto a tempo indeterminato nell’a.s. 2017/2018, assistito e difeso dagli Avv.ti Irene Lo Bue, Walter Miceli Fabio Ganci e Giovanni Rinaldi, ottiene 3.564,96 euro per le ferie maturate e non godute da supplente tra gli a. s. 2013/2014 e 2016/2017
Per definire la ripresa delle attività scolastiche a settembre, il ministero dell’Istruzione ha deciso di confrontarsi con i sindacati il 24 e 25 agosto. “In settimana – ha detto oggi Marcello Pacifico, intervistato da Italia Stampa – sono stati convocati i sindacati che hanno firmato il protocollo sulla sicurezza, alla luce delle proteste rispetto all’interpretazione che ha fornito il Ministero sulla gratuità dei tamponi da concedere solo al personale ‘fragile’ e non a tutti i lavoratori della scuola”. Il sindacato rivendica poi “certezze anche su come dovranno operare i dirigenti scolastici, rispetto ad un testo che Anief continua a ritenere illegittimo e per questo motivo verrà impugnato in tribunale”.
L’organizzazione sindacale autonoma continua a raccogliere adesioni ai ricorsi, da parte di dipendenti e studenti universitari che non accettano la violazione discriminatoria di sottoporsi a tampone ogni due giorni per entrare negli istituti scolastici e negli atenei.
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