La scuola non è più un ambiente dove il personale docente si sente a suo agio, ma lavora in condizioni spesso avverse, con studenti difficili da trattare e genitori aggressivi, stipendi inadeguati e senza possibilità di fare carriera: sono questi i motivi che, evidentemente, quest’anno hanno portato al 24 per cento in più di domande di pensionamento tra il corpo insegnante rispetto a un anno fa. Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ricorda oggi, intervistato da Orizzonte Scuola, che “la maggior parte del personale docente è donna: non stupisce che piuttosto che rimanere fino a 67 anni in servizio si preferisca utilizzare Opzione donna che è penalizzante”, perchè comporta riduzioni anche del 30-40%, “oppure Quota 103. Questo è un dato che fa riflettere, anche pensando a ciò che sta succedendo in Francia”.
“Insegnare a scuola fino a 67 anni – spiega il sindacalista autonomo - non è come fare il dipendente ad esempio in un ufficio comunale. La didattica frontale non dovrebbe essere più obbligatoria dopo una certa età. Siamo un Paese in cui più del 40% delle persone è over 60 e che ha la classe docente più vecchia al mondo”. Mediamente, “si entra in ruolo sui 45-46 anni” dopo un lungo precariato “e poi si va in pensione dopo quasi 43 anni di lavoro”. Pacifico torna a chiedere risposte specifiche per i dipendenti della scuola: “Va riconosciuto il burnout e conseguentemente riconoscere una specifica finestra per il pensionamento che porti ad andare in pensione a 63 anni senza penalizzazioni e con il riscatto gratuito degli anni di formazione universitaria, sia laurea che specializzazione”.
LE RICHIESTE DELL’ANIEF
Il giovane sindacato teme che le nuove modalità di uscita allo studio del Governo, tra le quali anche il possibile allungamento della pensione di vecchiaia da 67 a 68 anni e la trasformazione già avvenuta di Quota 100 in Quota 103, portino non solo ad un ritorno alla Legge Fornero senza deroghe, ma addirittura ad pensionamento coatto alle soglie dei 70 anni. Anief continua a reputare inaccettabile tutto questo, ma soprattutto la mancata considerazione per chi lavora nella scuola, dove il rischio burnout è tra i più alti in assoluto e nella PA: insegnare e stare a contatto con gli alunni usura. L’Anief si è rivolto alla Commissione Lavori gravosi per questi motivi, anche per l’allargamento dell’Ape Sociale a tutti i dipendenti della scuola, proprio per l’alto numero di casi di insegnanti sottoposti a burnout e a patologie invalidanti dovute allo stress da lavoro prolungato e senza nemmeno il dovuto riconoscimento del rischio biologico, invece previsto per altre professioni anche dell’amministrazione pubblica.
Per questi motivi, l’Anief è convinta che per i dipendenti della scuola, docenti e Ata, debba essere prevista una ‘finestra’ con il riscatto gratuito della formazione universitaria: 40 anni di contributi (massimo 64 anni con 20 anni di contributi), con il massimo contributivo, senza tagli all’assegno pensionistico e tanto di ringraziamento da parte del Presidente della Repubblica con la nomina a Cavaliere del lavoro. La conversione gratuita in contributi degli anni universitari è stat chiesta più volte di recente anche dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico. Secondo Anief basterebbe adottare gli stessi parametri di accesso alla pensione previsti per i lavoratori delle forze armate, permettendo al personale della scuola, uomini compresi, di lasciare in ogni caso il lavoro a 62 anni e senza tagli all’assegno di pensione.
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