Le parti sociali sono in attesa di una convocazione per aprire definitivamente il tavolo di confronto sulle pensioni ed evitare, con l’addio di Quota 100, l’adozione piena della riforma Fornero: l’incontro non è solo un auspicio, poiché il ministro del lavoro e delle politiche sociali Andrea Orlando ha dato l’assenso ad aprire finalmente un tavolo di confronto per la riforma previdenziale. Anief ritiene che stavolta tutte le figure professionali che operano nella scuola dovranno figurare nell’Ape Sociale confermata dal DEF: si tratta di lavoratori particolarmente esposti al burnout e quindi ad alto rischio di incorrere in patologie, come dimostrano le tabelle Inail ufficiali che però lo Stato si guarda bene dal rendere pubbliche. Ad oggi, invece, all’Ape Sociale, con uscita dal lavoro anticipata a 62 anni in presenza di 35 anni di contributi e con tagli quasi inesistenti all’assegno, hanno accesso solo gli educatori dei nidi e i maestri della scuola dell’infanzia. Il giovane sindacato chiede da tempo l’estensione: lo ha fatto anche con l’ultima Legge di Bilancio attraverso specifici emendamenti.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ricorda che un docente deve avere “piena facoltà di lasciare il servizio a 62 anni, senza tagli all’assegno di quiescenza, conteggiando ovviamente i contributi accumulati sino a quel momento. In questo modo gli si darebbe una pensione proporzionale né più né meno a quello che ha versato allo Stato. Esattamente così come si fa con personale delle forze armate. Lo stress psicofisico di chi svolge questa professione in tutti gli ordini di scuola è inequivocabile. Per non parlare del rischio biologico, che ancora non viene riconosciuto, a differenza di altre professioni, come quelle che operano nel campo medico-sanitario. Tra l’altro una manovra di questo genere andrebbe a svecchiare la categoria degli insegnanti, dopo che la rete Eurydice con lo studio Teachers in Europe: Careers, Development and Well-being ha di recente ricordato che appena il 6,4% di docenti italiani ha meno di 35 anni di età, con solo Grecia e Portogallo che fanno peggio, e bene i due terzi del corpo docente over 50. E a questa manovra - conclude Pacifico – va aggiunta quella di sbloccare il reclutamento: bisogna finirla con assumere otto docenti under 35 su dieci con contratti a termine”.
Leggi il comunicato integrale.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ricorda che un docente deve avere “piena facoltà di lasciare il servizio a 62 anni, senza tagli all’assegno di quiescenza, conteggiando ovviamente i contributi accumulati sino a quel momento. In questo modo gli si darebbe una pensione proporzionale né più né meno a quello che ha versato allo Stato. Esattamente così come si fa con personale delle forze armate. Lo stress psicofisico di chi svolge questa professione in tutti gli ordini di scuola è inequivocabile. Per non parlare del rischio biologico, che ancora non viene riconosciuto, a differenza di altre professioni, come quelle che operano nel campo medico-sanitario. Tra l’altro una manovra di questo genere andrebbe a svecchiare la categoria degli insegnanti, dopo che la rete Eurydice con lo studio Teachers in Europe: Careers, Development and Well-being ha di recente ricordato che appena il 6,4% di docenti italiani ha meno di 35 anni di età, con solo Grecia e Portogallo che fanno peggio, e bene i due terzi del corpo docente over 50. E a questa manovra - conclude Pacifico – va aggiunta quella di sbloccare il reclutamento: bisogna finirla con assumere otto docenti under 35 su dieci con contratti a termine”.
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