Il Giudice della sezione lavoro del Tribunale di Napoli condanna il ministero dell’istruzione a risarcire con quasi 6mila euro un docente per mancato riconoscimento dell’anzianità di servizio e dei connessi incrementi stipendiali maturati e non percepiti durante il periodo di precariato, con Integrale valutazione del servizio preruolo ai fini della ricostruzione della carriera.
Per violazione degli artt. 2, 3, 32 sulla mancata erogazione dell'assegno alimentare al personale della sanità sospeso. Anief si costituirà in giudizio per il personale scolastico.
Il diritto a conservare la fascia stipendiale 0-3 anni non può riguardare solo il personale di ruolo: lo ha ribadito il giudice del Lavoro di Catania con una sentenza che dà piena ragione ad una docente supplente nel 2010 poi entrata in ruolo nel 2015 e condecreto di ricostruzione della carriera emesso il 17 marzo 2017: “la disposizione di fonte collettiva in questione, per essere conforme alla clausola 4 dell'Accordo Quadro CES, UNICE e CEEP allegato alla direttiva 1999/70/CE, non può che essere considerata applicabile (con la disapplicazione della limitazione in essa contenuta) a tutto il personale”, ha deciso il giudice. Nelle conclusioni, quindi, si conferma “il diritto della parte ricorrente a percepire, quale emolumento ad personam, il valore retributivo della fascia stipendiale “3- 8 anni” fino al conseguimento della fascia retributiva “9-14 anni” con la condanna dell’amministrazione scolastica convenuta al pagamento dei relativi importi incrementati della maggior somma tra gli interessi legali e la rivalutazione monetaria maturati da ogni singola scadenza retributiva fino al saldo”.
Ad un alunno con disabilità grave possono essere assegnate nemmeno 10 ore di sostegno settimanale, anziché tra le 18 e le 25 di cui necessita? Evidentemente no, ma purtroppo questa discrepanza, tra il diritto allo studio e la mancata applicazione, sembra essere diventata la brutta prassi di tante scuole italiane. È accaduto anche a Bolzano, dove ad un alunno handicap grave, iscritto ad un istituto comprensivo, sono state assegnate solo n. 8 ore di sostegno scolastico settimanale, peraltro senza “adeguata motivazione”: il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa - Sezione autonoma di Bolzano, sollecitato dai legali Anief, ha rilevato che la stesura del Pei non ha tenuto conto di quanto aveva dichiarato “la Commissione sanitaria per l’accertamento dell’handicap ai sensi dell’art. 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 ha accertato che il minore si trova nella situazione di handicap (deficit grave) ai sensi del comma 3 dell’art. 3 della legge n. 104/1992”. E nemmeno della diagnosi funzionale del Servizio multizonale specialistico del Comprensorio sanitario di Bolzano che aveva specificato “un grado di compromissione funzionale grave”. Per il Tribunale, quindi, non è corretto assegnare appena un terzo delle ore di sostegno, perchè per la normativa vigente il docente specializzato affianca l’alunno con disabilità grave nella “totalità dell’orario scolastico”.
È una giusta causa di lavoro quella avviata per recuperare le somme sottratte ogni mese dallo stipendio dei docenti supplenti: lo ha confermato il Tribunale di Reggio Emilia, con una sentenza emessa ieri a favore di una insegnante che ha prodotto ricorso per la mancata assegnazione della Retribuzione professionale docenti invece assegnata ai colleghi di ruolo. Alla docente, come a tutti i precari, sono stati sottratti ogni mese ben 164 euro, invece previsti dall’articolo 7 del CCNL del 15.03.2001: gli avvocati, che operano per il sindacato Anief, hanno chiesto che “il tribunale adito condannasse il Ministero dell’Istruzione, al pagamento delle relative differenze retributive, in ragione dei giorni di lavoro effettivamente svolti, quantificabili al momento del deposito del ricorso, in €. 1340,15 oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo”. Dopo avere fatto riferimento alla sentenza della Cassazione n. 20015/2018, con cui si è statuito che “L'art. 7, comma 1, del c.c.n.l. per il personale del comparto scuola del 15 marzo 2001, che attribuisce la "retribuzione professionale docenti" a tutto il personale docente ed educativo”, il giudice non ha potuto fare altro che accordare la richiesta.
I periodi di supplenza svolti dal personale scolastico equivalgono a quelli condotti dai colleghi di ruolo, anche ai fini della carriera: lo ha confermato il Tribunale di Modena, che con una sentenzaemessa lo scorso 1° marzo ha ricollocato un docente, in servizio nella regione emiliana nel frattempo entrato di ruolo, in una condizione stipendiale più alta, poiché maggiorata dalla considerazione in toto dei cinque anni di servizio effettuati come precario. Il giudice ha infatti condannato “il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca a corrispondere a favore del ricorrente le differenze retributive dovute sulla base del calcolo dell’anzianità di servizio che sarebbe maturata in costanza dei rapporti di lavoro a termine allo stesso modo di quella riconosciuta, in relazione ai medesimi periodi, al corrispondente personale di ruolo”.
Dopo il Tar Lombardia che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale sul uno psicologo e la sezione V del Tar Lazio che ha disposto il pagamento della metà della retribuzione di alcune guardie penitenziarie, annullando la sospensione dal servizio dei militari, ora anche il Tar del Veneto si esprime contro l'obbligo: il Tribunale regionale ha disposto, infatti, il reintegro dello stipendio al personale (dipendenti di polizia) che rimane sospeso in attesa della Camera di Consiglio, nel rispetto dell'articolo 1 e degli articoli 35 e 36 della Costituzione. La decisione nella regione segue quella del Tribunale di Padova che ha sollevato questione di legittimità comunitaria in Corte di giustizia europea lo scorso dicembre, che si era pronunciato sul ricorso presentato da un’infermiera, mentre il prossimo 16 marzo toccherà al Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia decidere se sollevare una nuova questione di legittimità costituzionale in merito all'articolo 32, a proposito di un tirocinante specializzando medico.
Solo l’amministrazione continua a negare la validità dei servizi svolti dai precari ai fini della carriera: i tribunali continuano ad accordare il riconoscimento delle progressioni economiche connesse all’anzianità di servizio maturate durante il periodo di precariato. Uno degli ultimi è stato quello di Firenze, che esaminando il ricorso di una docente, difeso dei legali dell’Anief, che rivendicava l’espletamento di tale diritto, nella sentenzaha condannato “il Ministero dell’Istruzione a pagare, in favore della ricorrente, la somma di € 1.574,06” a seguito “dei motivi in diritto del ricorso e calcolate con il prospetto analitico allegato, oltre ad interessi legali, dalla data di maturazione dei singoli crediti al saldo ex art. 429 del c.p.c. ovvero a titolo di maggior danno ex art. 1224 del c.c.”.
Un docente svolge cinque anni di supplenze, tra il 2014 e il 2019, e si ritrova con le ferie non utilizzate ma neanche pagate: l’insegnante si rivolge al Tribunale di Firenze ed ora il giudice gli restituisce le somme che l’amministrazione gli aveva negato, pari a 2.461,40 euro più gli interessi, respingendo la tesi del ministero dell’Istruzione che aveva anche portato avanti la tesi della “prescrizione quinquennale dei crediti”. A questo proposito, è stata fatta valere la “consolidata giurisprudenza di legittimità che afferma, in tema di indennità sostitutiva delle ferie non godute, essere decennale il termine per il decorso della prescrizione, per la natura mista della stessa, con prevalente carattere risarcitorio”.
Le ferie non godute dai docenti precari vanno pagate, anche a distanza di tempo. Lo ha ribadito il Tribunale ordinario di Firenze, sezione Lavoro, che ha risarcito con oltre 2.500 euro una docente che per tre anni, tra il 2017 e il 2020, ha sottoscritto delle supplenze annuali vedendosi negato il diritto all’indennità sostitutiva delle ferie/festività non godute. Dopo avere fatto ricorso contro l’operato del Ministero, l’insegnante a tempo determinato si è visto riconoscere l’indennità sostitutiva, a cui vanno aggiunti gli interessi legali e la rivalutazione monetaria prevista dall’Istat.
I docenti supplenti svolgono il medesimo lavoro dei colleghi di ruolo, con gli stessi doveri e responsabilità, ma i diritti non sono uguali. Perché continuano a ricevere uno stipendio con 164 euro in meno al mese: sono i soldi della retribuzione professionale docenti prevista dall’articolo 7 del CCNL del 15.03.2001, ma che l’amministrazione non si comprende in base a quale criterio assegna solo a chi ha stipulato un contratto a tempo indeterminato. Sulla quota, sempre più giudici continuano ad esprimersi, reputandola estromessa in modo illegittimo: anche a Modena, dove il Tribunale ordinario, sezione Lavoro, ha condannato il ministero dell’Istruzione ad assegnare oltre 2mila euro, più “interessi legali o, se maggiore, rivalutazione monetaria”, ad una maestra che ha stipulato “ripetuti contratti d’insegnamento a tempo determinato”. E non ha nulla a che vedere con il recupero della somma non assegnata il fatto che la docente abbia svolto insegnamento di sostegno senza la specializzazione.
Perché lo Stato continua a negare “voci” stipendiali dalla busta paga dei docenti precari? A chiederlo all’amministrazione, senza ricevere risposta, è da oltre dieci anni l’Anief. Lo stesso sindacato che, laddove gli insegnanti chiedono con convinzione la salvaguardia dei loro diritti, si rivolge al giudice. Il quale, una volta appurata la cattiva condotta della parte pubblica, non può fare altro che condannarla e risarcire i docenti che hanno presentato ricorso. È andata in questo modo anche ad una maestra di scuola primaria, che si è rivolta al tribunale di Modena dopo essersi accorta di avere sottoscritto cinque anni di contratti a tempo determinato, con lo stipendio però privato ogni mese di 164 euro per la sottrazione indebita, come a tutti i docenti precari, della Retribuzione professionale docenti. Il fatto che fosse priva di specializzazione su sostegno non ha influito sul recupero dei soldi sottratti. Facendo riferimento alla Cassazione italiana e alla Direttiva 1999/70/CE, il giudice ha condannato il Ministero ad un corposo risarcimento della docente, pari ad oltre 5.500 euro, più la rivalutazione monetaria, essendo trascorsi otto anni dalla prima supplenza stipulata, oltre “il pagamento delle spese di lite, liquidate in € 118,50 per esborsi ed € 2.100,00 per compensi, oltre rimb. forf., IVA e CPA, da distrarsi ex art. 93 c.p.c.”.
L’amministrazione scolastica continua ad inanellare condanne per la mancata assunzione del personale precario con oltre tre anni, anche non continuativi, di servizio svolti: l’ultima sentenza è stata emessa dalla sezione Lavoro del Tribunale di Modena, che ha accolto il ricorso di una docente di religione cattolica della scuola primaria, precaria per 10 anni, assegnando alla stessa maestra un risarcimento pari a ben dieci mensilità stipendiali, che corrispondono a un mese per ogni anno di precariato, più gli interessi legali, per un somma complessiva che si aggira sui 15mila euro.
“Siamo soddisfatti – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – perché questa sentenza conferma la coerenza del nostro operato, anche in sede giudiziaria. Continuare ad ignorare le norme che confliggono con l’abuso dei contratti a termine, anche in presenza del record di posti vacanti e delle supplenze da conferire, a settembre saranno 250mila, significa non volere adeguarsi alla realtà. Ancora di più perché in questo modo l’amministrazione si accanisce contro gli stessi docenti, uno ogni quattro, che ogni mattina permettono alle nostre scuole di assolvere al meglio ad uno dei servizi essenziali e più delicato che lo Stato è chiamato ad assolvere: la formazione dei giovani”.
L’assunzione automatica a tempo indeterminato dopo 36 mesi di servizio non è facoltativa, ma va adottata in tutti i Paesi membri dell’Unione europea: chi non si adegua è giusto che riconosca almeno una somma risarcitoria. Anche il Tribunale di Torino, sezione Lavoro, non può esimersi dal condannare “l’ingiustificata reiterazione dei contratti a termine” del personale scolastico, che cozza in modo inequivocabile “con il diritto dell’Unione Europea”, a partire dalla “direttiva 1999/70/CE”. E il danno va colmato anche se l’assunzione in ruolo è avvenuta con “il superamento di una procedura concorsuale selettiva”: è un fatto “irrilevante ai fini della decisione, non essendo idoneo a sanare l’abuso” della mancata immissione in ruolo che doveva avvenire prima. La stessa insegnante, infatti, ha svolto cinque anni di supplenze su posto vacante: nella sentenza, dunque, è stato condannato il Ministero dell’Istruzione all’assegnazione, nei confronti della docente che ha presentato ricorso, di una somma pari a due mensilità e mezzo di stipendio, che corrisponde a circa 4mila euro, più 2mila euro di spese.
“La ingiustificata reiterazione dei contratti a termine” del personale della scuola contrasta in modo palese “con il diritto dell’Unione Europea”, a partire dalla “direttiva 1999/70/CE” che prevede l’assunzione a tempo indeterminato automatica dopo 36 mesi di servizio a termine: a scriverlo è il Tribunale di Torino, sezione lavoro, che reputa quindi corretta la richiesta fatta dai legali Anief per compensare la mancata immissione in ruolo di una docente che ha svolto cinque anni di supplenze su posto vacante. Per risarcire il danno economico-professionale prodotto all’insegnante, il giudice ha condannato il Ministero dell’Istruzione all’assegnazione nei confronti della docente che ha presentato ricorso di due mensilità e mezzo di stipendio, pari ad alcune migliaia di euro, più 2mila euro di spese.
“La predisposizione di una sessione suppletiva (a cura dello stesso potere pubblico che tali limitazioni ha dovuto introdurre) è finalizzata a ripristinare una condizione di eguaglianza e parità di trattamento nei confronti dei candidati la cui sfera giuridica è stata segnata più degli altri (e per ragioni meramente casuali) dal factum principis”: è uno dei passaggi chiave della sentenza pronunciata dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis) a proposito della richiesta, formulata da decine di candidati che, a causa del Covid19 o dello stato di quarantena, non avevano potuto partecipare alla procedura concorsuale straordinaria indetta con d.d. n. 510/2020, per l’immissione in ruolo di personale docente della scuola secondaria di primo e secondo grado su posto comune e di sostegno.
Ai docenti precari della scuola pubblica che hanno stipulato un contratto di supplenze fino al 30 giugno vanno pagate le ferie non godute. A confermarlo è stato il Tribunale ordinario di Parma, sezione Lavoro, che accogliendo il ricorso prodotto dai legali Anief ha assegnato circa 1.400 euro, più gli interessi legali, a una insegnante che per due anni scolastici aveva stipulato un contratto a termine senza vedersi assegnati i compensi relativi a tutti i giorni di ferie mai utilizzati.
Il servizio svolto dagli insegnanti precari vale esattamente come quello dei colleghi già di ruolo. E quando il docente viene assunto a tempo indeterminato, tutte le supplenze devono rientrare in questa logica. A ricordarlo al ministero dell’Istruzione, ma anche a quello dell’Economia e delle Finanze, è stato il Tribunale di Bologna che ha assegnato ad un docente quasi 4mila euro, più gli interessi legali, perché lo Stato da anni gli assegnava uno stipendio privo di una parte del servizio svolto come supplente: ciò ha rallentato il passaggio da uno scatto stipendiale e l’altro.
A un alunno con disabilità non possono essere sottratte ore di sostegno previste dal Piano Educativo Individualizzato: lo ha confermato il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), con un’Ordinanza pubblicata in queste ore, con la quale condanna l’amministrazione scolastica “ad assegnare il sostegno didattico, per l’a.s. 2021/22, sulla base del bisogno rilevato, pari a 18 ore di servizio settimanale del docente specializzato, così come risulta necessario” considerando anche “la gravità dell’handicap (art. 3 comma 3 L. 104/92) del minore disabile”.
A distanza di pochi giorni dalla sentenza del Tribunale di Vicenza, che ha risarcito lo stesso dipendente precario per la mancata assegnazione delle “voci” RPD e CIA, un altro supplente della scuola beneficia dello stesso trattamento per il doppio ruolo svolto nell’arco sempre di un biennio: stavolta è il giudice di Vercelli - Sezione Civile-Lavoro - ad assegnare il risarcimento, fino all’ultimo euro, di un lavoratore precario che nel 2019/20 era stato insegnante e l’anno scolastico successivo collaboratore scolastico. Dopo avere richiamato la corretta normativa transnazionale in merito, nella seconda sentenza si ricorda che “supplente temporaneo assunto per ragioni sostitutive” garantisce di fatto “una prestazione equivalente a quella del lavoratore sostituito”.
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