Si è tenuto un incontro con l’ARAN per il rinnovo del CCNL, oramai da troppo tempo scaduto.
Si è tenuto un incontro con l’ARAN per il rinnovo del CCNL, oramai da troppo tempo scaduto.
Ha fatto il docente precario per 8 anni, ma quei periodi non hanno mai avuto piano riconoscimento nella ricostruzione: ci ha pensato adesso al giudice a farglieli valere, con tanto di corposi arretrati derivanti dalle differenze retributive derivanti dal passaggio nella fascia stipendiale maggiore che permette all’insegnante di avere quindi un compenso mensile più alto. La storia è quella di un docente campano in servizio nella scuola secondaria di primo che, tutelato dai legali dell’Anief, ha presentato al giudice del lavoro di Santa Maria Capua Vetere la richiesta di “ricostruzione di carriera e riconoscimento integrale servizio pre- ruolo” svolto tra il 2007 e il 2015.
Anche per le supplenze di pochi giorni i docenti hanno diritto ad avere in busta paga la Retribuzione professionale docente: l’ha ribadito il Tribunale del Lavoro di Parma, al quale una docente ha presentato ricorso tramite i legali dell’Anief, proprio per non avere ricevuto la Rpd nello stipendio, come invece avviene per il personale di ruolo e i colleghi precari con contratto annuale: alla docente, che aveva svolto supplenze “brevi” tra la fine del 2015 e l’estate del 2018, sono state assegnati oltre 3mila euro di rimborsi più interessi. Alla base della decisione, il giudice ha citato la citato l’art. 6 del D.Lgs. n. 368 del 2001 e poi dall’art. 7 del D.Lgs. n. 81 del 2015 “che armonizza la disciplina contrattuale con i principi inderogabili del diritto europeo”, nonché la Suprema Corte, secondo cui il compenso accessorio “al personale docente ed educativo” va assegnato “senza differenziazione alcuna” tra precari e immessi in ruolo: tutte considerazioni ritenute “pienamente condivisibili” e che “non vengono poste in discussione dalla successiva pronuncia della CGUE 20/9/2018 in causa C-466/17 (Motter)”.
Si è svolto l’incontro all’Aran per la prosecuzione della trattativa riguardante la revisione dell'ordinamento professionale del personale della Ricerca. Il confronto ha consentito di approfondire ulteriormente le diverse posizioni sul modello di ordinamento professionale, a partire da una prima bozza predisposta dall'ARAN i cui contenuti rispecchiano la posizione espressa dall'Agenzia nella precedente riunione.
Tutto il periodo di precariato contribuisce alla formazione degli scatti di anzianità: dopo la Corte di Appello di Catanzaro, a pensarla così è anche la Sezione Lavoro del Tribunale ordinario di Parma, che nell’esaminare il ricorso presentato da una docente della scuola secondaria di secondo grado entrata in ruolo nel settembre 2012 ha ritenuto corretto assegnarle quasi 3.000 euro più interessi per la mancata piena considerazione del servizio pre-ruolo, “in virtù di reiterati contratti a tempo determinato” sottoscritti a partire dall’anno scolastico 2004/2005, ritenuti quindi utili in toto sia ai fini della ricostruzione di carriera sia per l’immediata collocazione stipendiale più alta.
Sono innumerevoli le sentenze favorevoli al riconoscimento del diritto dei docenti supplenti, anche per periodi limitati, a percepire la retribuzione professionale: una delle ultime arriva da Modena, dove il Tribunale ordinario, sezione Lavoro, si è espresso favorevolmente sul ricorso di una insegnante che chiedeva l’applicazione in busta paga della Rpd per i periodi di supplenze brevi e saltuarie svolte tra il 2014 e il 2017, “con condanna della controparte al pagamento delle somme maturate a tale titolo, per l'importo di € 1.646,47”. Una decisione su cui ha pesato tantissimo la “direttiva 1999/70/CE”, che “attribuisce al comma 1 la retribuzione professionale docenti a tutto il personale docente ed educativo, senza operare differenziazioni fra assunti a tempo indeterminato e determinato e fra le diverse tipologie di supplenze”. Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “i giudici del lavoro ci stanno dando ormai sempre più spesso ragione, dicendo sì all’assegnazione al precario o ex precaria della cifra richiesta con il ricorso fino all’ultimo euro e pure con gli interessi maturati nel frattempo”.
Dopo il Consiglio di Stato, anche i tribunali del lavoro dicono “sì” al punteggio pieno da assegnare a chi ha svolto il servizio militare di leva (o equiparato) prestato non in costanza di rapporto di lavoro con il ministero dell'Istruzione: a dire sì alla tesi dei legali Anief è stato il Tribunale di Frosinone, sezione Lavoro, che ha dato il suo assenso al “diritto del ricorrente alla attribuzione in suo favore, nelle graduatorie di Circolo e di Istituto (terza fascia) per il personale ATA ove è inserito, dell’integrale punteggio per l’espletamento del servizio militare, pari a n. 6 punti (invece di 0,60 punti) per ogni anno di servizio militare obbligatorio prestato dopo il conseguimento del titolo di studio ovvero n. 0,50 punti (invece di 0,05 punti) per ogni mese di servizio militare o frazione superiore a 15 giorni, e così di un punteggio complessivo pari a 17,60 punti per il profilo di Assistente Amministrativo e pari a 12,80 per il profilo di Collaboratore Scolastico”.
Le supplenze danno diritto agli scatti di anzianità e in caso di mancata assegnazione anche al risarcimento del danno: lo sostiene la Corte di Appello di Catanzaro, che ha esaminato il ricorso di una collaboratrice scolastica e ribaltato la sentenza del tribunale di Cosenza, assegnando “le differenze retributive maturate per effetto dell’anzianità che” il lavoratore scolastico “ha conseguito nei singoli rapporti di lavoro a termine, secondo la progressione stipendiale che è prevista dai contratti collettivi nazionali di comparto per il personale di ruolo”.
Oggi si è tenuto il secondo incontro in ARAN per il proseguo della trattativa per il rinnovo del CCNL 2019/21 seziona AFAM. Si è discusso di relazioni sindacali, ordinamento professionale del personale amministrativo e tecnico, responsabilità disciplinare del personale docente. Per il dipartimento ANIEF/AFAM erano presente il prof. Pasquale Spinelli e il prof. Nuccio Santochirico, per la confederazione CISAL il prof. Ettore Michelazzi.
La mancata assegnazione in busta paga della Retribuzione professionale docenti rappresenta la negazione di un diritto dell’insegnante non di ruolo. Chiedere il rimborso della Rpd è quindi lecito e sempre più giudici stanno condannando il Ministero dell’Istruzione all’assegnazione della somma al docente di turno danneggiato, comprensiva di interessi. “La somma recuperata con l’apporto del sindacato – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief - può anche arrivare a cifre considerevoli se si pensa che il tribunale di Vercelli ci ha appena dato ragione sulla Rpd da riconoscere ad una insegnante precaria, del resto come previsto dall’art. 7 del CCNL 15.3.2001. Al docente, che aveva svolto una supplenza per l’anno scolastico 2017/2018 abbiamo chiesto delle differenze retributive pari a quasi 1.400 euro: il giudice ci ha dato pienamente ragione assegnando la cifra richiesta fino all’ultimo euro con il ricorso e pure con gli interessi maturati nel frattempo”. Non ha avuto seguito, invece, la posizione del Ministero, che aveva chiesto il rigetto della domanda: il giudice l’ha reputata “infondata”, poiché ha reputato “non spettante ai docenti con contratti per supplenze brevi e saltuarie ex comma 3 art. 4 Legge 124/1999”.
Quello di Vercelli sta diventando il tribunale simbolo per l’assegnazione della carta docente agli insegnanti non di ruolo: dopo una prima sentenza a metà luglio e una seconda di pochi giorni fa, con tanto di cinque anni di arretrati e quindi 3mila euro complessivi recuperati da una docente, adesso è la volta di un altro insegnante a beneficare del ricorso Anief. Anche in questo caso, il tribunale ha spiegato che i precari non possono essere esclusi dall’aggiornamento professionale, poiché si andrebbe a non tenere conto della recente sentenza della Corte di Giustizia europea, in linea peraltro con i pareri del Tribunale di Torino e del Consiglio di Stato, che condanna la “differenza di trattamento tra docenti a tempo indeterminato e i docenti assunti nell’ambito di rapporti di lavoro a tempo determinato”. Al docente - sulla base della chiara posizione espressa dal giudice transnazionale, attraverso la sesta sezione, con ordinanza 18.5.2022 nella causa C-450/2021, oltre che del Consiglio di Stato, Sez. VII, n. 1842/2022 - il tribunale di Vercelli ha accordato l’assegnazione della carta docente per quattro annualità complessive, pari a 2.000 euro, che corrispondono agli anni di servizio svolti dal ricorrente.
Il Tribunale di Vercelli sta diventando capofila per l’assegnazione della card di aggiornamento del docente da assegnare anche ai precari: dopo la sentenza di metà luglio, è di questi giorni una seconda espressione del giudice favorevole all’allargamento ai supplenti dei 500 euro annui. Considerando gli arretrati, all’insegnante, che ha presentato ricorso con Anief arriveranno 3 mila euro complessivi. Il Tribunale ha spiegato che i precari non possono essere esclusi dall’aggiornamento professionale, poiché si andrebbe ad eludere la recente sentenza della Corte di Giustizia europea, in linea peraltro con i pareri del Tribunale di Torino e del Consiglio di Stato, che condanna la “differenza di trattamento tra docenti a tempo indeterminato e i docenti assunti nell’ambito di rapporti di lavoro a tempo determinato”. Così, il giudice di Vercelli nella sentenza di questi giorni ha accertato “il diritto della ricorrente ad usufruire del beneficio economico di euro 500,00 annui, tramite la “Carta elettronica” per l’aggiornamento e la formazione del personale docente, di cui all’art. 1 della Legge n. 107/2015, per gli anni scolastici, 2016/2017, 2017/2018, 2018/2019, 2019/2020, 2020/2021 e 2021/2022”, e “per l'effetto”, ha condannato il Ministero resistente a provvedere in tal senso”.
La retribuzione professionale docenti non può essere negata al personale docente precario: lo ha sentenziato il giudice del Tribunale di Vercelli, sezione Civile-Lavoro, che esaminando il ricorso, patrocinato dall’Anief, presentato lo scorso mese di aprile da una docente per avere insegnato negli anni scolastici 2017/2018 e 2018/2019 senza vedersi assegnata la cosiddetta Rpd, ha reputato la domanda “fondata” per via si “un’ingiustificata disparità di trattamento rispetto ai colleghi docenti a tempo indeterminato e a quelli a tempo determinato con supplenze annuali”. Dopo avere rimarcato che la docente, come supplente temporanea, ha offerto un oggettivo “sostegno al miglioramento del servizio scolastico sovrapponibile a quello reso dagli altri colleghi” e che la negazione dell’Rpd non terrebbe conto con quanto è previsto dalla “Corte di Giustizia dell'Unione Europea ed interna (art. 6 d. lgs 268/2011)”, oltre che dalla “Corte di Cassazione con pronuncia del 27.7.2018 n. 20015”, il Tribunale di Vercelli ha stabilito “il diritto della ricorrente alla retribuzione professionale docenti per gli anni scolastici 2017/2018, in relazione al servizio effettivamente prestato in forza dei contratti a tempo determinato sottoscritti quantificata nella somma complessiva di € 1.667,55”.
Il personale precario della scuola a cui si nega la stabilizzazione va risarcito assegnandogli un indennizzo fino a 12 mensilità, più la piena considerazione dei periodi pre-ruolo: lo ha confermato il Tribunale di Ragusa che si è espresso sul ricorso di un docente catanese che aveva prestato servizio a tempo determinato “sulla scorta di numerosi contratti a tempo determinato dall’anno scolastico 2011/2012 all’anno scolastico 2015/2016”. Attraverso i legali dell’Anief, l’insegnante ha presentato ricorso per “l’abusiva reiterazione dei contratti a termine in ragione dell’attribuzione di ripetuti incarichi annuali su posto vacante e l’insussistenza di ragioni giustificatrici dell’apposizione del termine ai suddetti”: il docente ha quindi chiesto “la stabilizzazione lavorativa mediante conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto a tempo indeterminato e” di “condannare l’amministrazione al risarcimento del danno”, più “le relative differenze retributive maturate in ragione dell’anzianità di servizio; diritto disconosciuto dal Ministero in violazione del principio di parità di trattamento con il personale a tempo indeterminato, previsto dall’ordinamento europeo”. Applicando pronunce inequivocabili della Cassazione, il giudice ha quantificato il danno, associandolo alle norme Ue, “risarcibile in sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto”, più “il riconoscimento degli incrementi retributivi che la disciplina collettiva ricollega alla maturazione di un’anzianità di servizio via via crescente”.
Si può terminare un rapporto di lavoro senza vedersi sistematicamente riconosciuto il compenso per le ferie non godute? La risposta è ovviamente negativa, ma lo Stato continua a farlo nei confronti dei precari della scuola. Chi presenta ricorso, però, si vede riconosciuta la quota inizialmente non assegnata. Come il docente di ruolo che ha presentato ricorso al tribunale di Enna perché tra il 2014 e il 2018 aveva fatto diverse supplenza senza mai vedersi riconosciuto un euro per quelle non utilizzate: adesso, il giudice fa giustizia perché è chiaro che, si legge nella sentenza, “anche i docenti a tempo determinato debbano godere delle ferie maturate nei giorni di sospensione delle attività didattiche, e che possano ottenere la corresponsione dell'indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto nei soli limiti della differenza a loro favore tra i giorni di ferie maturati e quelli in cui è loro consentito di fruirne (ovvero quelli in cui sono sospese le lezioni e i docenti non sono impegnati in altro tipo di attività)”. Per questi motivi, lo stesso giudice “condanna parte convenuta a corrispondere alla ricorrente la somma di € 850,16 a titolo di indennizzo per ferie maturate e non fruite, oltre interessi legali; condanna parte convenuta alla rifusione delle spese di lite, liquidate in € 1.300,00, oltre rimborso spese forfettarie del 15%, oltre CPA ed IVA come per legge, oltre € 49,00 per contributo unificato, con distrazione in favore del procuratore antistatario”.
Il nuovo successo è stato registrato presso il tribunale di Frosinone, sezione lavoro
È un comportamento scorretto quello di far sottoscrivere supplenze nella scuola pubblica per anni e anni, senza però mai riconoscere ai precari gli scatti di anzianità: a confermare la tesi non è solo il sindacato, ma da qualche tempo sono orientati a sostenerlo pure i tribunali nazionali ed europei. L’ultima sentenza rilevante sulla liceità della progressione stipendiale durante il periodo di precariato arriva dal Tribunale di Arezzo, dove il giudice di competenza ha stabilito che “la reiterazione dei contratti a tempo determinato contrasta con la direttiva Europea 1999/70 CE, recante l’accordo quadro sui contratti a tempo determinato, secondo quanto acclarato dalla giurisprudenza comunitaria con la sentenza Mascolo (Corte di Giustizia 26.11.2014, causa C 22/13 e altre riunite). Pertanto – si legge ancora nella sentenza, pubblicata il 21 settembre 2022 - il ricorso ingiustificato e illegittimo ai contratti a tempo determinato da parte del MI determina, in ottemperanza al principio della parità di trattamento, il diritto alla ricostruzione della carriera con riconoscimento della progressione professionale retributiva per effetto dell’anzianità maturata e conseguente riconoscimento dei diritti connessi”.
Le ferie non godute dal personale precario della scuola vanno pagate. Punto. Lo ha ribadito ieri il Tribunale di Arezzo che ha valutato il ricorso di una docente, assistita dai legali Anief, che ha svolto per cinque anni scolastici consecutivi, tra il 2013 e il 2019, delle supplenze annuali con scadenza a giugno vedendosi sempre negare l’assegnazione dell’indennità relativa ai periodi di ferie non fruiti.
A tanti alunni disabili gli uffici scolastici continuano a negare non solo gli insegnanti di sostegno, ma anche l’assistente specialistico: due figure professionali, previste dal piano educativo predisposto dall’equipe psico-pedagogica, che non possono essere eluse o ridotte a piacimento dell’amministrazione. La sottrazione del diritto allo studio è talmente evidente e incomprensibile che tutti coloro che si ribellano – a partire da famiglie, docenti e dirigenti scolastici – producendo ricorso, continuano ad avere dal tribunale cattedre e ore negate in prima battuta dallo Stato. È il caso dei Tribunali di Roma, Tivoli e Velletri, che in accoglimento dei ricorsi proposti dagli avvocati Ida Mendicino, Andrea Maresca e Walter Miceli hanno accertano la condotta discriminatoria attuata nei confronti di alcuni alunni con disabilità per il mancato riconoscimento del diritto ad usufruire della richiesta assistenza specialistica. Nelle sentenze, i giudici hanno condannato le amministrazioni a risarcire le famiglie con ben 9.200 euro per danno non patrimoniale, “ritenuto che non abbia rilevanza, nella liquidazione del danno, il risparmio di spesa realizzato dall’amministrazione, così come sostenuto dall’ente resistente”.
Non è solamente il sindacato a reclamare la piana considerazione del servizio pre-ruolo ai fini della ricostruzione di carriera: anche i tribunali reputano illegittimo considerare totalmente solo i primi quattro anni di supplenze e per due terzi i restanti. Stavolta è stato quello di Pistoia a condannare l’amministrazione scolastica all’accertamento “del diritto all’integrale ed immediata valutazione del servizio preruolo ai fini della ricostruzione della carriera e, dunque, ai fini della collocazione nei corrispondenti scaglioni stipendiali”. Il principio è stato applicato stavolta ad una collaboratrice scolastica, alla quale 7 mesi e giorni 5 di servizio non di ruolo erano stati accordati solo ai fini giuridici e quindi negati ai fini economici. La sentenza bissa quella di alcuni mesi fa, nei riguardi di un assistente amministrativo che a partire dal 2009 per circa otto anni e mezzo era stato supplente, prima di sottoscrivere il contratto di immissione in ruolo nel 2014: in quel caso all’Ata erano stati assegnati circa 2.200 euro di indennizzo più interessi, più la collocazione nella fascia stipendiale superiore più vantaggiosa derivante dal passaggio automatico ad uno stipendio più alto.
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