È stato adottato il “Piano Triennale delle Arti” per gli anni 2020, 2021 e 2022 contenente importanti indicazioni e proposte innovative, allo scopo di favorire lo sviluppo dell’arte, della musica e della creatività nelle scuole.
Con Nota n. 16254 del 12 luglio 2021, il Ministero dell'Istruzione ha fornito specifiche indicazioni circa l'adozione, attraverso il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 maggio 2021, del nuovo Piano Triennale delle Arti (2020-2022).
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Comunicazione dell’Ufficio III: si comunica che all’Albo Pretorio dell'Ufficio Scolastico regionale è pubblicato il Decreto, di cui all’oggetto.
Decreto AOODRVE REGISTRO DECRETI n. 2091 del 19-07-2021 e Albo n. 223/2021
Ripartizione provinciale dei posti messi a bando dai concorsi ordinari regionali D.D. 498/2020 e 499/2020, da accantonare ex art. 59, c. 4 e ss D.L. 73/2021
A margine nella riunione tra Ministero e sindacati rappresentativi sul contingente delle nomine in ruolo e le procedure informatizzate per la fase straordinaria di immissioni utilizzando le Graduatorie Provinciali delle Supplenze, l'Anief ha esternato contrarietà alla decisione Ministeriale di riconoscere l'abilitazione all'insegnamento e il conseguente diritto all'inserimento negli elenchi aggiuntivi di I Fascia solo ai candidati del concorso straordinario che nell'a.s. 2020/2021 abbiano stipulato un contratto almeno al 30 giugno nel sistema nazionale di istruzione. Marcello Pacifico (Anief): “Con l'intervento del decreto Sostegni Bis sulla norma che regolamentava il concorso straordinario prevedendo la semplificazione della procedura di riconoscimento dell'abilitazione e, di fatto eliminando la prova disciplinare, il Ministero ben avrebbe potuto riconoscere a tutti gli i candidati la relativa abilitazione. Non dimentichiamo che sono docenti che da anni lavorano nella scuola come precari. Valuteremo le giuste azioni legali”.
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Mentre la politica si continua ad occupare di questioni scolastiche marginali, quelle rilevanti continuano a rimanere nel dimenticatoio: non si opera per il riconoscimento delle malattie derivanti dalla sindrome di burnout, non si adegua lo stipendio agli effettivi rischi che comporta la professione, non si considerano forme di pre-pensionamento che permetterebbero a tanti docenti e Ata di evitare di ammalarsi dopo i 60 anni. Eppure il fenomeno è noto da tempo. Ed è anche normato: lo stress da lavoro correlato è previsto dal decreto legislativo n. 81, del 9 aprile 2008, che ha dato attuazione all’articolo 1 della Legge 3 agosto 2007, n. 123 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Le norme vigenti prevedono quindi da tempo che chi ha alle dipendenze dei lavoratori è tenuto a controllare e prevenire le malattie professionali. Ma nel migliore dei casi negli ultimi 13 anni nelle scuole non si è mai andati oltre alla somministrazione di questionari per registrare lo stato di fatto, anche perché lo Stato si è ben guardato dal finanziare l’attuazione delle norme. E intanto il personale si ammala.
“La verità – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – è che il Covid19 ha reso ancora più evidente questa tendenza: operare in condizioni ambientali difficili, spendersi e studiare in continuazione metodologie didattiche efficace e da personalizzare in base alle esigenze dei singoli alunni, svolgere contemporaneamente didattica a distanza e in presenza, lavorare a centinaia di chilometri da casa per anni senza possibilità di tornare ad abbracciare figli e parenti, hanno contribuito ad innalzare i già elevati rischi di incorrere in patologie da burnout. Tutto questo, però, non viene riconosciuto. Né contrattualmente, né nello stipendio, nel quale andrebbe collocata una specifica indennità di rischio biologico e di burnout. Così ci ritroviamo con compensi che non coprono nemmeno il costo della vita e dopo 35 anni di servizio gli incrementi sono maggiori pure in Romania, Polonia e Slovenia. E neppure si affronta il problema a livello previdenziale, visto che sta andando in soffitta Quota 100 e non si parla più di una formula di pre-pensionamento che permetta, come noi chiediamo, di lasciare nella scuola il lavoro a 62 anni conservando per intero il montante previdenziale fino a quel momento accumulato”.
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Il titolare dell’Istruzione ha spiegato che questa scelta previene il fenomeno delle cosiddette «cattedre vuote». Il sindacato non è d’accordo: prima di tutto perché per una cattedra che si svuota ve ne è una che si riempie, in secondo luogo perché la conferma di un docente in un istituto non garantisce affatto la sua conferma anche sulle classi dell’anno precedente. Infine, va rilevato che a causa del perdurare dello stop agli spostamenti di sede di tanti insegnanti, sono state presentate meno della metà delle domande (85mila) rispetto agli anni scorsi: soltanto una su due è stata accolta, proprio per i vincoli contrattuali vigenti. Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ribadisce la necessità di “ripristinare anche le assegnazioni provvisorie annuali dopo aver ottenuto il riconoscimento delle assegnazioni temporanee previste per i genitori con figli fino a tre anni. Per noi è assurdo negare in tempo di Covid l’assegnazione provvisoria in presenza della cattedra libera”. In attesa che il legislatore ottemperi al diritto costituzionale di ricongiungimento alla propria famiglia, Anief offre la possibilità di ricorrere al giudice, con i legali dello stesso giovane sindacato: l’obiettivo è quello di ottenere lo spostamento di sede prima dei tre anni indicati dalla legge.
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