Si parla tantissimo di debito pubblico dell’Italia e della possibilità che a luglio la BCE possa intervenire con una multa farcita di tanti zeri: pochissimo, invece, si dice del fatto che Bruxelles chiede all’Italia di pagare di più gli insegnanti. «La produttività tendenzialmente stagnante dell’Italia – ha scritto l’UE nelle raccomandazioni inviate in questi giorni a Roma - è dovuta alle debolezze del sistema di istruzione e formazione e alla scarsità della domanda di competenze elevate. Migliorare, quindi, la qualità del sistema di istruzione e formazione rappresenta una sfida importante». L’Unione Europea non ha dubbi: in Italia servono «ulteriori sforzi per attirare, assumere e motivare maggiormente gli insegnanti.»
Secondo Marcello Pacifico, presidente del sindacato Anief, in Italia si continua a parlare di merito quando si fa fatica a recupere gli 8 punti di ritardo stipendiale rispetto all’inflazione, accumulati tra il 2007 e il 2015, proprio mentre i contratti dei privati assicuravano stipendi sopra il costo della vita. Di carriera, alla quale fa riferimento l’UE, da noi nemmeno se ne parla, quando sarebbe più che opportuno dare la possibilità a chi ha insegnato 20-25 anni di diventare tutor dei nuovi docenti, sganciandoli dalle lezioni frontali e mettendo a disposizione la propria esperienza verso chi si avvicina alla professione. Non siamo invece d’accordo con Bruxelles, invece, quando dice che i cittadini più qualificati non lavorano nella scuola: noi, che giriamo per gli istituti di tutta Italia per svolgere assemblee ed incontri sindacali, possiamo assicurare che nella scuola italiana operano persone molto preparate e valide, che fanno questa professione perché è nel loro Dna. Anche a costo di guadagnare meno.