Nessun tentennamento, nessun dubbio: i Tribunali d’Italia continuano a sostenere con estrema certezza che la Carta dei docenti da 500 euro annui deve essere assegnata pure agli insegnanti precari. E si riduce sempre più la soglia per accedere alla somma utile alla formazione e all’aggiornamento professionale: il Tribunale di Roma – sezione terza lavoro – nell’assegnare a due docenti che hanno fatto ricorso con Anief 1.500 euro e 2.500 euro, rispettivamente per tre e cinque annualità di supplenze, ha quantificato infatti in 150 giorni il minimo per accedere all’emolumento. “Considerato che la Carta è riconosciuta dal DPCM 2016 anche ai docenti di ruolo “part-timers”, i quali, ai sensi dell’art.39, co.4 del CCNL e dell’art.4.1 del OM 55/98, debbono lavorare almeno il 50% del tempo pieno, pari a 5 mesi/ 150 ore annue; il giudicante ritiene di aderire all’orientamento di merito che segna in tale consistenza il limite minimo per fruire del diritto”.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, rimarca che “l’Ordinanza della Corte di Giustizia UE derivante dalla causa C-450-21 e la posizione del Consiglio di Stato, entrambe del 2022, hanno un peso specifico rilevante nelle decisioni del giudice: anche il decreto Salva-Infrazioni ha cercato di rispondere a questa esigenze, seppure parzialmente. La soglia minima dei cinque mesi la dice lunga sulla bontà dei ricorsi per accedere con Anief al bonus docente, così da recuperare 500 euro per ogni supplenza, anche per i contratti fino al 30 giugno, al termine delle lezioni o di durante ancora inferiore”.
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LA DOPPIA SENTENZA DI ROMA
Nella sentenza il giudice del lavoro di Roma sostiene che “nel merito, le basi per il riconoscimento ai docenti precari della cd. Carta sono stati ormai saldamente posti da CGUE 18 maggio 2022, in C.- 450/21, Sitzia, che ha stabilito che (in sintesi):
a) la Carta è una “condizione di impiego” ai sensi della direttiva;
b) che di conseguenza opera il principio di non discriminazione tra lavoratori a termine e lavoratori a tempo indeterminato, che la Corte declina (punto 39) in un senso (quello secondo il quale situazioni comparabili non debbono essere trattate in modo diverso, e situazioni diverse non vanno trattate in modo uguale) che è coerente col principio di uguaglianza/ragionevolezza col quale la nostra Corte Costituzionale suole governare l’art. 3, co.1. Cost,;
c) che il giudizio di “comparabilità” del lavoratore a termine col lavoratore a tempo indeterminato va svolto considerando la natura del lavoro, le condizioni di impiego e le competenze professionali (o condizioni di formazione) richieste; e spetta al giudice interno;
d) che se la “comparabilità” sussiste, va garantito il pari trattamento, salvo non risultino ragioni oggettive, che debbono consistere a reale necessità, idonea e necessaria a conseguire lo scopo….quali (segnatamente) natura funzioni, particolari caratteristiche dei medesimi perseguimento di una legittima finalità di politica sociale; in elementi precisi e concreti…criteri oggettivi e trasparenti; e non possono mai consistere nella temporaneità del rapporto di lavoro come tale”.
Inoltre, sempre secondo il giudice “appare piuttosto del tutto convincente il rilievo svolto da Cons. Stato cit., nell’osservare che la formazione, pur essendo (anche) un diritto, è anche (e primariamente) un obbligo, funzionale al buon andamento del servizio offerto alla discenza; ciò che rende del tutto irragionevole ex Cost.3 e 97, sotto il profilo del canone di buon andamento (e per il tramite di esso, alla plausibilità della pretesa “ragione oggettiva”) che lo Stato, pur avendo fatto e ancora facendo notoriamente largo e sistematico utilizzo della docenza precaria anche reiterata “ad personam” per ragioni pressochè ineliminabili, mediante l’uso di Graduatorie di precari ancora in essere come bacino permanente funzionale allo scopo, pretenda “a priori” di escludere i precari (supplenti) in quanto tali, a tutto prescindere dalla consistenza quantitativa e dalla frequenza del loro utilizzo, dal mezzo formativo in questione, facendone “a priori” dei docenti “a formazione declassata”, a tutto discapito dei discenti”.
Infine, è rilevante che il Tribunale siciliano abbia “considerato che la Carta è riconosciuta dal DPCM 2016 anche ai docenti di ruolo “part-timers”, i quali, ai sensi dell’art.39, co.4 del CCNL e dell’art.4.1 del OM 55/98”, e che fruirne “debbono lavorare almeno il 50% del tempo pieno, pari a 5 mesi/ 150 ore annue; il giudicante ritiene di aderire all’orientamento di merito che segna in tale consistenza il limite minimo per fruire del diritto”.
Alla luce di tutto questo, “in conclusione, va dichiarato il diritto del ricorrente all’assegnazione della cd. “Carta docenti” nella consistenza prevista dal DPCM vigente protempore”.
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