La Carta del docente è stata istituita con la Legge 107/2015 per migliorare lo svolgimento della didattica, quindi sia per il corpo insegnante di ruolo che per quello precario. A scriverlo, il 6 giugno, è stato il Tribunale del lavoro di Roma sezione IV Lavoro, nell’accordare ad un insegnante 2.000 euro, più interessi e rivalutazioni, per i 4 anni di supplenze svolte tra il 2018 e il 2022 senza ricevere un euro per aggiornarsi.
Nel dare ragione alla tesi dell’Anief in difesa del docente, il giudice del lavoro, ha citato la Corte costituzionale, secondo la quale “si è in presenza di una violazione dell’art. 3 Cost. (principio di uguaglianza)” (...)“qualora situazioni sostanzialmente identiche siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso e non quando alla diversità di disciplina corrispondano situazioni non assimilabili” (ex plurimis, Corte Costituzionale 24 luglio 2023, n. 161, con richiamo ad altri precedenti, tra cui le sentenze n. 71 del 2021, n. 85 del 2020, n. 13 del 2018 e n. 71 del 2015”. E quella della Carta del docente è una situazione di questo genere.
Inoltre, ha spiegato ancora il giudice, “il nesso tra la carta docente e la didattica è evidenziato dall’incipit della norma istitutiva”, la L. 107/2015, “in quanto la carta è finalizzata a “sostenere la formazione continua dei docenti”, col fine di “valorizzarne le competenze professionali”, il che indirizza verso un obiettivo di migliore svolgimento del servizio nella sua interezza proprio attraverso l’incremento di professionalità del personale e della didattica su base annua cui esso è stato rivolto”.
Sempre il Tribunale del lavoro di Roma ha fatto riferimento alla “Corte di Cassazione, che nella pronuncia n. 29961 del 27 ottobre 2023 ha affermato il principio che: “La Carta Docente di cui all’art. 1, comma 121, L. 107/2015 spetta ai docenti non di ruolo che ricevano incarichi annuali fino al 31.8, ai sensi dell’art. 4, comma 1, L. n. 124 del 1999 o incarichi per docenza fino al termine delle attività di didattiche, ovverosia fino al 30.6”. Quindi, ha indicato la Corte di Giustizia europea, che nell’Ordinanza del 2022 spiega “che la mera natura temporanea di un rapporto di lavoro sia sufficiente a giustificare una differenza di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato priverebbe di contenuto gli obiettivi della direttiva 1999/70 e dell’accordo quadro, equivarrebbe a perpetuare il mantenimento di una situazione svantaggiosa per i lavoratori a tempo determinato”.
A questo proposito, ha specificato il Tribunale romano, “la Corte di Giustizia, con la sentenza del 18 maggio 2022, sulla premessa che il beneficio della Carta Docenti attenga all’ambito delle “condizioni di impiego” (punti 35-38) ed escludendo che il solo fatto della durata dei rapporti possa costituire ragione obiettiva (punto 46), ha ritenuto che, in presenza di un “lavoro identico o simile” e quindi di comparabilità (punti 41-43), la clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro allegato alla Direttiva 1999/70/CE ed il principio di non discriminazione ivi sancito ostino ad una normativa nazionale che riservi quel beneficio ai soli docenti a tempo indeterminato”.
Infine, ha scritto il giudice nella sentenza, “in ragione dell’immediata operatività del principio di non discriminazione quanto alle condizioni di impiego dei lavoratori, l’art. 1, comma 121, della legge n. 107/2015 deve essere disapplicato, in quanto si pone in contrasto con la clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, nella parte in cui limita il riconoscimento del diritto alla carta docente ai solo insegnanti di ruolo e non lo consente rispetto agli insegnanti incaricati di supplenze annuali (art. 4, comma 1, della legge n. 124/1999) o fino al termine delle attività didattiche (art. 4, comma 2, della legge n. 124/1999)”.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, dichiara che ormai “non c’è giorno senza decine di sentenze che condannano l’amministrazione a risarcire i precari o ex precari a cui è stata sottratta illegittimamente la Carta del docente per aggiornarsi. A ribadire tale mancanza nella riforma Buona scuola del 2015, dopo le espressioni dirette della Corte di Cassazione, del Consiglio di Stato e della Corte di Giustizia europea stavolta sono arrivate, seppure indirette, anche quelle della Corte Costituzionale. Sempre per sottolineare che una professione non cambia in base al tipo di contratto sottoscritto dal lavoratore, quindi se formazione e aggiornamento vanno espletati per legge, allora devono accedervi tutti i lavoratori, supplenti compresi. Tutti quelli che ancora non l’hanno fatto possono quindi recuperare quello in corso e gli ultimi cinque anni aderendo al ricorso predisposto dall’Anief”, conclude il suo presidente nazionale.
CONCLUSIONI SENTENZA DEL TRIBUNALE DI ROMA
P.Q.M.
Lette le note di discussione scritta, definitivamente pronunciando, nella contumacia del Ministero dell’istruzione e del merito, qui dichiarata, accerta e dichiara il diritto di parte ricorrente a usufruire del beneficio economico di
€ 500 annui tramite la carta elettronica del docente di cui all’articolo 1, commi
121 e ss., della legge n. 107/2015, per gli anni scolastici 2018/2019, 2019/2020, 2020/2021 e 2021/2022 e, per l’effetto, condanna il Ministero dell’istruzione e del merito a provvedere in tal senso, oltre interessi o rivalutazione, ai sensi dell’art. 22, comma 36, della legge n. 724 del 1994, dalla data del diritto all’accredito alla concreta attribuzione.
Condanna, altresì, il Ministero dell’istruzione e del merito alla refusione delle spese di lite, che liquida in complessivi € 1.338, oltre rimborso forfettario spese generali, i.v.a. e c.p.a., come per legge, da distrarsi in favore dei procuratori antistatari.
Roma, 6 giugno 2024
Il giudice
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