I docenti precari sono tra le categorie più discriminate. Anche a fine mese, quando percepiscono compensi più bassi perché fermi allo stipendio base. Ma a rendere la busta paga “piccola” è anche la mancata assegnazione della Retribuzione professionale docente, pari a 174,50 euro mensili. Per non soccombere a questa mancanza, una docente ha chiesto il parere del Tribunale di Udine, sezione Lavoro, chiedendo l’applicazione della Rpd “prevista dall’art. 7 del CCNI del 31.08.1999 ma riconosciuta dall’Amministrazione datrice di lavoro esclusivamente ai docenti di ruolo e ai docenti precari con contratti a tempo determinato di durata annuale e scadenza al 31 agosto o al 30 giugno”: per meno di otto mesi di supplenze svolte (su due contratti “brevi”, dal 18 ottobre 2021 al 13 giugno 2022) la docente ha conteggiato 1.378,64 euro di risarcimento, oltre accessori di legge. La risposta del giudice del Lavoro, è stata positiva, con condanna del “ministero resistente a pagare” alla ricorrente “per il titolo di cui in motivazione, la somma di € 1.331,74 lordi oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo”.
I motivi, ha spiegato il giudice, sono noti, perché ormai “sul punto” esistono delle “condivisibili osservazioni già svolte, in materia, dalla corte di legittimità”, a partire dalla “clausola 4 dell'Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE”, in base alla quale “il datore di lavoro, pubblico o privato, è tenuto ad assicurare agli assunti a tempo determinato” il medesimo trattamento stipendiale, poiché «non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive»”.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ricorda che “non si contano più i Tribunali della Repubblica che stanno mettendo mano ad un evidente bug della normativa sugli stipendi dei docenti precari. A questo punto non possiamo che invitare gli insegnanti che hanno sottoscritto supplenze di tipo ‘breve e saltuario’ a rivolgersi al nostro sindacato per presentare ricorso per il recupero della Retribuzione professionale docente non assegnata erroneamente in busta paga”.
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LA SENTENZA
In particolare, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha evidenziato che: a) la clausola 4 dell'Accordo esclude in generale ed in termini non equivoci qualsiasi disparità di trattamento non obiettivamente giustificata nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, sicché la stessa ha carattere incondizionato e può essere fatta valere dal singolo dinanzi al giudice nazionale, che ha l'obbligo di applicare il diritto dell'Unione e di tutelare i diritti che quest'ultimo attribuisce, disapplicando, se necessario, qualsiasi contraria disposizione del diritto interno”. Secondo la Corte UE “il principio di non discriminazione non può essere interpretato in modo restrittivo, per cui la riserva in materia di retribuzioni contenuta nell'art. 137 n. 5 del Trattato (oggi 153 n. 5), «non può impedire ad un lavoratore a tempo determinato di richiedere, in base al divieto di discriminazione, il beneficio di una condizione di impiego riservata ai soli lavoratori a tempo indeterminato, allorché proprio l'applicazione di tale principio comporta il pagamento di una differenza di retribuzione»”.
Pertanto, “il Tribunale di Udine in funzione di Giudice del Lavoro, definitivamente pronunciando nella causa civile di cui in epigrafe, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa e reietta, così provvede: accoglie per quanto di misura il ricorso e, per l’effetto, condanna il Ministero resistente a pagare” alla ricorrente “per il titolo di cui in motivazione, la somma di € 1.331,74 lordi oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo; il medesimo Ministero alla rifusione delle spese di lite, che si liquidano in complessivi € 1.049,00 di cui € 1.000,00 per compenso tabellare ed € 49,00 per anticipazioni, oltre 15% spese generali, IVA e CNAP come per legge, con distrazione a favore dei procuratori di parte ricorrente, dichiaratisi antistatari”.
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