Il Consiglio dei ministri di ieri non ha approvato solo la ridefinizione di diversi ministeri, tra cui quello dell’Istruzione che ingloba il Merito, ma anche la linea che il Governo intende attuare in vista della imminente presentazione della Legge di Bilancio: la priorità da finanziare, ha detto la premier Giorgia Meloni con l’assenso dei suoi ministri, rimangono le bollette, sempre più alte a seguito del caro-energia e dell’inflazione, che gli italiani dovranno pagare nel 2023. “La situazione è seria”, scrive oggi la stampa, specificando che “saranno due i provvedimenti in materia finanziaria da parte dell’esecutivo. Il primo, da 9,5 miliardi, sarà il Decreto Aiuti Quater da varare a metà della prossima settimana. Il secondo, invece, sarà la Manovra 2023 da quasi 23 miliardi. Spazio che verrà usato “in via esclusiva” per aiutare gli italiani dal caro energia e dall’inflazione come hanno spiegato ieri sera in conferenza stampa la premier Giorgia Meloni e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. “Immaginare, dunque, interventi sostanziosi per la scuola è davvero utopistico. Non solo: i ministeri sono chiamati ad una stretta sulle spese. I risparmi dovranno essere 800 milioni di euro per il 2023, 1.200 milioni per il 2024 e 1.500 milioni dal 2025. Anche il nuovo Ministero dell’Istruzione e del Merito dovrà fare la sua parte”.
Per le pensioni sembra che non si andrà, nella migliore delle ipotesi, oltre la conferma degli anticipi con forti penalizzazioni, come Opzione Donna. Mentre “per la scuola non rimarrebbero che le briciole. Il primo pensiero va al rinnovo contrattuale che in tale scenario rischia di diventare ancora più problematico”, andando a vanificare probabilmente “la speranza dei sindacati di poter ottenere qualche risorsa in più per il contratto scaduto. Si attende nel frattempo una risposta in merito alla questione di circa 340 milioni in più provenienti dal MOF. Quindi appare quasi impossibile ottenere qualcosa in più per questo contratto e l’ipotesi di firmare subito un contratto ponte, come sostenuto dal sindacato Anief, non appare più così irrealistica. A conti fatti bisogna considerare che i docenti in busta paga potrebbero ricevere una cifra compresa fra i 15-20 euro circa in più. La base di partenza è, come sappiamo, un aumento medio di circa 50-60 euro netti in busta paga a cui bisognerà aggiungere, dunque, le risorse provenienti dal salario accessorio”.
La decisione di penalizzare ancora una volta i lavoratori, a partire da quelli della scuola, non può trovare d’accordo il sindacato: “Riteniamo inaccettabile pensare di rimandare per l’ennesimo anno i finanziamenti aggiuntivi alla scuola. Addirittura ora si parla di tagli al settore Istruzione. Non vogliamo nemmeno commentare una notizia del genere, perché la riteniamo inapplicabile: i partiti che stanno governando l’Italia hanno vinto le elezioni, a fine settembre, prendendo degli impegni precisi. Uno di questi era valorizzare il personale scolastico, garantendo finalmente a docenti e Ata stipendi allineati alla media UE, e c’era un impegno preciso nell’incentivare la spesa per l’Istruzione. Anche nel corso del primo incontro tenuto due giorni fa con il nuovo ministro dell'Istruzione e del Merito, da parte del professore Giuseppe Valditara c’è stato un preciso impegno nel dare alla scuola lo spazio che merita attraverso già la Legge di Bilancio 2023”, afferma Marcello Pacifico, leader Anief.
“Per questo reputiamo - continua il presidente del giovane sindacato - impossibile una prospettiva di questo genere. Il personale attende da quattro anni il rinnovo contrattuale, che va chiuso in fretta nella parte 2019/2021, con le economie già approvate e i circa 300 milioni del Mof su cui a breve si pronuncerà la Funzione Pubblica. Servono poi alcuni miliardi per garantire indennità di vacanza contrattuale e anche gli aumenti a partire dal 2022. Questa è la base di partenza, altre soluzioni sarebbero contrarie agli impegni. Andando anche a determinare una fortissima protesta della categoria, peraltro già in mobilitazione per la mancata conferma dell’organico aggiuntivo e il flop dei concorsi anche per via del mancato allargamento agli idonei e ai partecipanti alla procedura straordinaria. La scuola non può subire altri tagli, servono piuttosto soldi per aumentare le sedi, l’offerta formativa, le immissioni in ruolo, ridurre gli alunni per classe, revisionare le sedi vecchie in larga parte oltre 50 anni”, conclude il sindacalista autonomo..
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