Mercoledì 20 luglio potrebbe essere un giorno importante per le sorti del Paese, ma anche per oltre un milione di dipendenti della scuola con il contratto bloccato ormai da oltre tre anni e mezzo: il premier Mario Draghi potrebbe non incassare la fiducia dal Parlamento e a quel punto la crisi di Governo (sinora abilmente “stoppata” dal Capo dello Stato) diventerebbe ufficiale, con conseguente caduta dell’Esecutivo e possibile scioglimento anticipato delle Camere da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e elezioni anticipate in autunno piuttosto che alla scadenza naturale prevista nelle primavera del prossimo anno.
Anche la scuola sarebbe coinvolta nell’inaspettato “marasma” politico italiano. Secondo la stampa specializzata “salterebbe le discussioni su ddl Zan, Ius Scholae, ma anche la riforma del fisco e soprattutto quella delle pensioni con il ritorno da gennaio 2023 della Legge Fornero. A rischio anche i decreti attuativi per la riforma del reclutamento dei docenti: uno deve essere prodotto entro il 31 luglio, ma ce ne sono tredici da varare nei prossimi mesi”. Nelle stesse ore, all’Aran si riprenderà il confronto con i sindacati rappresentativi per comprendere come e quando approvare il contratto, già scaduto, del 2019-2021 sul quale pesano non solo le vicende politiche ma anche il veto delle altre organizzazioni sindacali a chiudere in fretta per andare incontro alle esigenze dei dipendenti dei comparti Istruzione, Università e Ricerca.
“Mercoledì prossimo, in effetti, si preannuncia una giornata di ‘fuoco’ – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – perché mentre i parlamentari dovranno prendere posizione sulla crisi di Governo, cercando una soluzione che al momento non sembra possibile per via delle contrapposizioni tra i partiti di maggioranza e la riduzione ai minimi termini del sostegno al presidente del Consiglio, in Aran si discuterà di quegli aumenti che Anief vuole portare a casa subito con in contratto ‘ponte’, superando la posizione attendista degli altri sindacati. Che senso ha, soprattutto, aspettare anche mesi o anni dal momento che i 107 euro lordi medi di aumento e i quasi 3mila euro di arretrati sono già stati stabiliti? Perché non farli avere ai dipendenti della scuola, che devono combattere con un’inflazione che ha superato l’8% di incremento nell’ultimo periodo e non gli permette di arrivare a fine mese, per via del caro energie ed in generale dell’aumento esponenziale del costo della vita?”.
“Sul primo punto, la crisi di Governo, è chiaro che l’eventuale stop alla riforma sul reclutamento dei docenti ci vedrebbe d’accordo, perché dimentica i precari e crea discriminazioni alla categoria non valorizzandola in alcun modo. Nel frattempo, come presidente Anief, posso dire sin d’ora che in ogni caso la partita sulla riforma degli insegnanti si riaprirà in Europa con le denunce e i ricorsi in tribunale già pronti. Perché, ricodo, la formazione dei lavoratori va fatta in orario di servizio e garantita a tutti, compresi i precari, per i quali abbiamo appena vinto la battaglia sulla Carta Docenti in Corte di Giustizia europea e per questo invitiamo tutti a presentare ricorso al tribunale a seguito dell’Ordinanza di alcuni giorni fa. Ma fine del Governo Draghi – conclude il leader del giovane sindacato - produrrebbe anche lati negativi, come il possibile ritorno alla Legge Fornero ‘pura’, che per tanti i lavoratori rappresenterebbe un dramma personale e professionale, considerando che ci sono tanti dipendenti, come quelli della scuola, che non possono assolutamente lasciare, per l’alta incidenza di burnout, alle soglie dei 70 anni”.
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