Anche altri Paesi riconoscono la necessità di dare agli insegnanti degli stipendi più alti. Accade già in Germania, in Svizzera, nel Nord Europa. Ora pure in Francia, dove il presidente Emmanuel Macron ha preso l’impegno perché nessun insegnanti avvii la propria carriera guadagnando meno di “2.000 euro netti” al mese. Il presidente francese ha detto si sta per approvare “un investimento nazionale massiccio di cui ci facciamo carico, che il ministero continuerà a perseguire, e che permetterà un aumento del 10% circa della remunerazione in confronto allo status quo all'inizio della carriera per i nostri insegnanti, e così, in maniera incondizionata”.
Anief chiede ai politici italiani di prendere esempio da quello che sta avvenendo in Francia, ancora di più perché in questi giorni il tema stipendiale degli insegnanti sta tenendo banco nella campagna elettorale che porta alle elezioni politiche del 25 settembre: “Rilanciamo – dice Marcello Pacifico, presidente Anief – la nostra proposta di approvare in fretta il contratto collettivo nazionale 2019/21, attraverso la sottoscrizione di un ‘contratto ponte’. Questo permetterebbe ai nostri docenti e Ata di prendere un po’ di ossigeno, dando loro oltre 100 euro medi di aumento e 2-3mila euro di arretrati, considerando sempre che negli ultimi sei mesi sono stati registrati 6 punti di aumento del costo della vita, con l’inflazione degli ultimi anni oramai a due cifre. A seguire, chiederemo al nuovo governo di dare al personale scolastico, nel Ccnl 2022/24, quegli aumenti importanti in busta paga che i leader dei partiti politici stanno promettendo indistintamente”.
Il giovane sindacato ritiene che l’esempio indicato dal premier francese Emmanuel Macron di aumentare gli stipendi da subito vada attuato anche in Italia: “Oggi il primo incremento stipendiale automatico scatta al nono anno di carriera – ricorda Pacifico – perché quello al terzo anno è stato cancellato per uno sciagurato accordo con altri sindacati. Non è possibile che un lavoratore della scuola, assunto spesso a centinaia di chilometri da casa, debba fare conto su uno stipendio vicino alla soglia di povertà. E tenersi quella busta paga per quasi un decennio. Come non è possibile che si chiede di lavorare quasi 43 anni e fermare gli aumenti al 35esimo anno. Per cambiare le cose, servono quindi risorse importanti, almeno 10 miliardi di euro, ma anche delle modifiche rilevanti al contratto che regola gli aumenti al personale. Poi, certamente, una volta apportati aumenti e nuovi scaglioni stipendiali, siamo certamente anche disponibili a parlare di merito professionale”, conclude il presidente Anief.
Gli STIPENDI
L’anteprima dei dati Eurydice 2022, ci ha detto che dopo un decennio di carriera professionale i docenti italiani accumulano in media circa 7.800 euro di divario rispetto a quanto accade ai colleghi europei. E a fine carriera, dopo 35 anni di servizio, il gap diventa di oltre 11 mila euro. Ciò significa che oltre all’inflazione, occorrerà coprire questo disavanzo economico enorme, attraverso risorse fresche da allocare nel nuovo contratto di lavoro 2022/24. E che cresce il rimpianto per il mancato rinnovo del Ccnl 2019/24.
LO DICE ANCHE L’ARAN
Gli ultimi dati nazionali Aran, elaborati su documenti emessi dalla Ragioneria generale dello Stato e dall’Istat, ci diono che in Italia il costo della vita è cresciuto di ulteriori 6 punti: l’aumento non trova una compensazione con quanto previsto dalla stessa parte pubblica. Perché nel pubblico impiego sono stati firmati contratti per coprire aumenti solo del 4,22% dal 2021 a regime. Intanto, nella scuola si rimane fermi per via del ‘no’ degli stessi sindacati firmatari confederali al ‘contratto ponte’ chiesto da Anief e Cisal durante il confronto con l’Aran. E nell’ultimo decennio, tra il 2010 e il 2020, sempre secondo l’Aran l’inflazione è stata superiore ai 10 punti percentuali (+10,1%), ma se nello stesso periodo il reddito dei lavoratori pubblici ha avuto un incremento pari ad appena il 4,0%, quello dei lavoratori privati si è attestato al +10,3%.
COSA CHIEDE IL SINDACATO
Anief ricorda che un accordo estivo sul “contratto ponte”, avallato anche dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, avrebbe già portato nelle tasche di quasi un milione e mezzo di docenti e Ata, rispettivamente fino a 123 euro e 97 euro. A cui aggiungere tra i 2mila e i 3mila euro di arretrati. Invece, ora ci ritroviamo senza alcun accordo, con il Ccnl del triennio precedente in alto mare e quello 2022/2024 tutto da definire, oltre che con le elezioni politiche previste per il prossimo 25 settembre che rallenteranno ulteriormente i tempi per la definizione del rinnovo contrattuale del comparto Istruzione, Università e Ricerca.
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