Rassegna stampa

 latecnicadellascuola.it - 7 giugno 2014
“Quota 96 e la mail della Fornero che avrebbe potuto anche non spedire”
░ Monti le diede solo 15 giorni per preparare la riforma pensionistica. Sbagliò qualcosa e lo stress le fece quel brutto scherzo in diretta; adesso la Fornero ci mette la faccia, e per questo ha la comprensione di Pasquale Almirante. D’altronde, dopo la Fornero, nessun politico ha risolto l’affaire “quota 96”. Almirante prova comprensione umana.
Sta suscitando clamore la risposta della ex ministra del lavoro, Elsa Fornero, a una docente di "Quota 96" che accusava la legge sulle pensione di non avere tenuto conto della specificità della scuola, costringendola a lavorare fino a 66 anni con bambini che pretendono invece giovani insegnanti. …L’allora governo Monti, dentro il quale aveva l'incarico di ministro del lavoro, fece un lavoro poco pulito, calandosi la benda e colpendo nel mucchio. Almeno da tante parti è stato questo il giudizio che ne è scaturito, alzando lance e battendo sugli scudi e indicando nella ferale donna la causa di ogni male… Dopo l'arrivo di alcune mail con accuse reiterate alla ex ministra, una riflessione occorre farla. Diciamo subito che Fornero avrebbe potuto non rispondere a M.C. e invece l'ha fatto, con umiltà, bisogna dirlo. Ma ha detto pure cose importanti: la crisi finanziaria alle porte, e col rischio di non riuscire a pagare gli stipendi, ha imposto la riforma delle pensioni che però nessuno si sogna di cambiare perché rende circa 35miliardi di euro. La fretta che le è stata imposta (Mi furono dati 15 giorni), mentre il precedente governo lasciva le poltrone non avendo più né credibilità né voti né maggioranza e lo stesso Tremonti abbandonava l'esecutivo, ha provocato errori di valutazione e sbagli. Errori che però, aggiunge Fornero, il parlamento avrebbe potuto correggere (Se il parlamento avesse voluto, avrebbe potuto cambiare alcune cose, come quella sugli insegnanti), ma che non ha fatto: perché non ha potuto o perché non ha voluto? Dal dicembre 2011 a oggi, cosa ha impedito in effetti di porre un rimedio al maltolto ? …

Il Messaggero - 8 giugno 2014
"Al Sud cresce la dispersione scolastica. Per la Sicilia, fuga record”
░ Le risultanze dell’ultimo del rapporto di Save the children, e Anief impongono di ripensare le strategie fin qui adottate: chi nasce al Sud e nelle isole, da famiglie indigenti e in zone con un livello socio-culturale non sufficiente, può non fruire di servizi scolastici adeguati.
È un’Italia che torna indietro e che rispolvera il periodo del secondo dopoguerra, almeno sul versante dell’istruzione. Quelle differenze sociali, che proprio a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta, si erano ridotte grazie alla scolarizzazione di massa e che avevamo permesso di unire il Paese, tornano, ora, a espandersi, lasciando il palcoscenico in mano a quella che, a tutti gli effetti, può definirsi una contro-rivoluzione culturale. Il livello d’istruzione degli alunni del Mezzogiorno si allontana sempre più dagli standard europei e da quelli del resto d’Italia. … La dispersione scolastica in Sicilia e Sardegna resta tra le più preoccupanti. Nelle isole il tasso di abbandoni prematuri è del 24,8%, seguono poi la Campania e la Puglia, rispettivamente con il 21,8% e il 19,7%. A livello nazionale, invece, la media di alunni che abbandonano i banchi prima dei 16 anni si attesta al 17,6%, mentre in Europa non arriva al 13%... Stando ai dati raccolti dall’Ocse-Pisa, infatti, le competenze possedute dai 15enni italiani, oltre a essere insufficienti, non sono neanche omogenee…

tuttoscuolaNews - 9 giugno 2014
"Sostegno.Se l’Amministrazione svolge un ruolo di ammortizzatore sociale”

░ Tuttoscuola pubblica in tema di Sostegno due brevi articoli; ineccepibili, se non fosse che “Non c’è ingiustizia peggiore che fare parti uguali tra diseguali“ (Don Milani).
La legge finanziaria 2008, all’articolo 50 ha previsto che si realizzi “lo sviluppo dei processi di integrazione degli alunni diversamente abili anche attraverso opportune compensazioni tra province diverse ed in modo da non superare un rapporto medio nazionale di un insegnante ogni due alunni diversamente abili”. Parole al vento. Si poteva sperare che la forbice potesse chiudersi gradualmente nel corso degli anni, portando i territori ad avvicinarsi a quel rapporto virtuale di due alunni disabili per ogni docente di sostegno, ma non è successo nulla e la norma è rimasta sostanzialmente ignorata in tutti questi anni, secondo la logica che chi ha avuto ha avuto e se lo tiene; chi non ha avuto… Insomma, dopo sei anni tutto è rimasto sostanzialmente come prima: chi aveva più docenti di sostegno rispetto agli alunni disabili certificati ha continuato ad averne di più. Nell’anno scolastico che si sta chiudendo il rapporto è sceso a 1,90 alunni disabili per docente di sostegno: 209.814 alunni e 110.216 docenti. Ma la forbice è rimasta aperta, come prima.
Se si fosse tentato di avvicinare i rapporti territoriali con le dovute compensazioni fino a realizzare per tutte le regioni lo stesso rapporto, alcune regioni, attualmente favorite da una maggiore assegnazione di posti, avrebbero meno posti. Quali? Il Molise, la Basilicata, la Calabria, la Campania, la Puglia, la Sardegna e la Sicilia. A invarianza di spesa, 5.655 dei 110.216 posti di sostegno istituiti quest’anno non avrebbero dovuto essere assegnati a quelle regioni, bensì distribuiti alle altre, tutte con rapporto superiore alla media nazionale dell’1,90.
Un aiutino non da poco che, oltre a tradursi in una sperequazione di servizio per gli alunni, ha spostato altrettanti posti di lavoro dal Centro-nord al Sud, utilizzando - non richiesto dalla legge - il sostegno come ammortizzatore sociale.
“Meno alunni disabili e più docenti di sostegno. Perché”.
Come mai in alcune regioni - sempre quelle - in cui, rispetto all’intera popolazione scolastica vi è una minor presenza di alunni con disabilità, vi è invece, in proporzione, un maggior numero di docenti di sostegno? Come mai in quelle regioni questa che sembra una contraddizione (maggior densità di docenti di sostegno a fronte di minor densità di alunni con disabilità) si conferma con regolarità in ogni ordine di scuola, soprattutto dall’infanzia alla secondaria di I grado? È forse possibile e credibile che in quelle regioni – sempre quelle – le ASL certifichino soltanto i casi di grave disabilità, obbligando l’Amministrazione scolastica ad assegnare più docenti di sostegno? Mah! È pur vero che, soprattutto in quei territori, i giudici amministrativi danno spesso una mano a far lievitare il numero dei docenti di sostegno (a seguito di ricorsi delle famiglie), ma ciò non può giustificare quella che sembra essere da molto tempo (ancor prima dell’aiutino giudiziario) complessivamente una anomalia della politica degli organici, messa in atto, passo dopo passo. Per di più, in quelle regioni fino a ieri la percentuale di posti di sostegno stabilizzati (e qui l’eventuale gravità della disabilità non c’entra per niente) era maggiore che altrove. C’è voluta una norma di legge, la 128/2013 (peraltro applicata non compiutamente) per ridurre, senza annullarla completamente, la grave sperequazione esistente. Difficile parlare di caso o di semplice coincidenza, perché i numeri dell’attuale situazione di fatto, in questo anno scolastico che volge al termine, sembrano parlare chiaro. Più posti di sostegno in rapporto al minor numero di alunni disabili è una anomalia da sanare, eventualmente in modo graduale, assegnando il più possibile i posti di sostegno alle regioni che finora hanno avuto meno della media...
ScuolaOggi.org - 10 giugno 2014
"Progressione di carriera: si fa presto a dire”
░ Antonio Valentino propone un’articolata, interessante analisi.
… Questi mi sembrano i punti nodali su cui è possibile, dopo i molti dibattiti degli scorsi anni, registrare convergenze.
…Il problema è come rendere i docenti protagonisti di questo progetto,  mettendo in campo proposte sensate e mobilitanti. Anche un ripensamento radicale dell’attuale modello di progressione  di carriera, se sviluppato in questa ottica, può quindi contribuire ad avviarne il superamento. Il dato da cui partire. L’idea di una scuola formalmente affidata alla leadership esclusiva del DS non ha più ragion d’essere. Oggi la scuola per essere governata ha bisogno del concorso responsabile di una serie di figure che rendano possibile un funzionamento che produca risultati. Gli attuali livelli di complessità (i nuovi parametri per il dimensionamento, i nuovi bisogni formativi e la nuova domanda di istruzione, le sfide globali - e, prima fra tutte, quelle della formazione come fattore di uguaglianza-, ma anche l’esplosione delle nuove tecnologie), impongono il superamento degli attuali assetti organizzativi. Non ha senso infatti che funzioni fondamentali per la vita della scuola (dal funzionamento ordinario, al coordinamento di spazi vitali come i dipartimenti o le aree di progetto, la cura dello sviluppo professionale e i rapporti col territorio e le altre scuole) vengano assunte a titolo assolutamente volontario e senza garanzie di continuità e di formazione specifica, oltre che di riconoscimenti adeguati, e quindi motivanti. Abbiamo bisogno, per queste funzioni aggiuntive, di figure attrezzate, stabili, di sistema (nel senso che vanno garantite a tutte le scuole, in coerenza con l’ordine  a cui appartengono e  in misura congruente con il numero di studenti e le loro caratteristiche),  il cui lavoro, valutato, permetta adeguati riconoscimenti economici e di carriera. … Scheda 1. Aree di intervento e relative funzioni. – Coordinamento didattico-organizzativo (dipartimenti, Consigli classi parallele, gruppi di progetto); - Collaborazione gestionale; - Orientamento tutoring counseling; - Cura e sviluppo laboratori, spazi, arredi; - Valutazione e sviluppo (Autovalutazione / Rilevazioni statistiche nazionali e internazionali /Aggiornamento e formazione /Tecnologie informatiche); Coordinamento territoriale(Rapporti/Reti/Progetti europei). Scheda 2. Progressione verticale: Si realizza attraverso  passaggi a incarichi e ruoli di livello superiore (DS, Dirigenza Tecnica, Dirigenza Amministrativa ….) a fronte di crediti professionali acquisiti nei diversi ambiti della funzione docente, certificati da personale competente, “quantificati” sulla base di griglie predisposte dall’INVALSI e/o Istituti esperti, e validi a fini concorsuali nelle aree professionali in cui le competenze dimostrate possono trovare sbocco. Progressione orizzontale: Si realizza attraverso il passaggio a livelli di carriera  e a posizioni stipendiali (in numero da definire, comunque circoscritto) più elevate. Ai vari livelli si accede con i crediti acquisiti attraverso le esperienze realizzate (cura e sviluppo professionale, incarichi e funzioni …), valutate e certificate. Tali crediti dovrebbero essere debitamente considerati e riconosciuti: per posizioni organizzative (incarichi) di maggiore responsabilità, all’interno del ruolo docente (coordinare progetti europei, presidiare le attività di autovalutazione di istituto e progetti di sperimentazioni e ricerca…),  ma anche per ricoprire, ove si abbiano ovviamente le competenze specifiche, ruoli professionali, diversi dall’insegnamento, e  inscrivibili comunque nell’area dell’educazione  (educazione alimentare , ambientale, sanitaria, funzioni di counselling o di orientamento professionale); funzioni e ruoli   indispensabili nella scuola dell’autonomia per far fronte a nuove necessità formative, ma anche per dare gambe ai progetti dell’autonomia in direzione di un miglioramento continuo, dentro il singolo Istituto o in reti di scuole… Per sistema
di crediti si intende l'insieme  di riconoscimenti certificati, conseguenti sia alle attività di sviluppo professionale, sia allo svolgimento di incarichi aggiuntivi all’insegnamento e ai loro risultati.
Tali   crediti, assieme alle esperienze realizzate nell'ambito della propria funzione e coerenti anche lato sensu al proprio ruolo, potrebbero rientrare in un apposito portfolio, che andrebbe predisposto: - secondo un format da valere a livello nazionale (potrebbero farsene carico l’INVALSI e altre strutture / agenzie competenti); - sulla base di indicazioni preliminari su questioni chiave, quali: in cosa dovrà consistere il credito (punteggi o giudizi in scala per ciascuna attività che si intende considerare e premiare); in che misura  va accordato per le varie attività, iniziative o incarichi ricoperti;  i valori massimi e minimi dei crediti per ciascuna attività, in modo da attribuire la necessaria discrezionalità a chi i crediti poi dovrà riconoscerli)….
Le proposte da sperimentare su "chi valuta" dovrebbero soprattutto obbedire ai criteri sia  della viciniorità del valutatore rispetto agli “oggetti” valutativi (incarichi, attività, esperienze da valutare); sia della omogeneità nell’applicazione dei criteri adottati a livello nazionale; sia della rendicontabilità sociale. Quanto ai  soggetti “giudicanti”, penso si debba ragionare su "figure" che obbediscano ai criteri suesposti, come, ad esempio: - Comitato di valutazione di scuola così come previsto dal ddl della scorsa legislatura (non andato in porto) sulle Norme di autogoverno delle scuole (e questo, almeno in prima battuta), per le esperienze e le attività da valutare annualmente;  - DS, all’interno del Comitato di valutazione, per gli aspetti  più legati alle sue competenze specifiche  (rispetto delle regole interne, correttezza negli adempimenti….); - Dirigente tecnico (coadiuvato dal DS), che entra nelle procedure di progressione per verificare quando verrà richiesto dall’insegnante e dalla scuola  e in uno specifico colloquio - a. le dichiarazioni e la documentazione del portfolio, b. la correttezza e l’adeguatezza dei crediti riconosciuti ai fini del passaggio, c. la valorizzazione o meno del percorso autovalutativo dell’insegnante interessato o di parti del portfolio meritevoli di approfondimenti.
Suo compito conclusivo dovrebbe essere quello di decretare  il passaggio al livello superiore del percorso di carriera. Andrebbe altresì considerata l'eventualità di sperimentare il coinvolgimento di genitori e, nelle superiori, anche di studenti maggiorenni… La questione è certamente delicata e pone problemi, ma non si può sottovalutare il fatto che una misura di questo tipo potrebbe rappresentare una prima rottura con le logiche autoreferenziali… Nesuno può pensare ovviamente che questa operazione possa essere a costo zero. Valorizzazione e riconoscimenti comportano risorse economiche in misura non trascurabile…..

latecnicadellascuola.it - 10 giugno 2014
"Asili nido e scuola dell'infanzia per tutti: qualcosa si muove”
░ La Commissione Istruzione del Senato si sta occupando del ddl a prima firma Puglisi (al quale sono stati abbinati due testi della Lega Nord); anche l’Anief è stato ascoltato. Riportiamo da Alessandro Giuliani.
…. Il 10 giugno la Commissione Istruzione al Senato ha avviato la discussione generale sul disegno di legge che, attraverso un sistema integrato per l'infanzia, propone nuovi strumenti per estendere l'educazione prescolare - dai tre mesi ai sei anni - su tutto il territorio nazionale, garantendo così a tutti i bambini pari opportunità di apprendimento. Ad oggi, invece, fino a 3 anni la media nazionale di bambini accolti è inferiore al 15%. Con punte superiori al 25% in Emilia Romagna, ma anche con modeste percentuali, inferiori al 10% di fruitori potenziali, al Sud e nelle Isole…. In generale, c'è l'impegno dello Stato, coordinato con Regioni ed enti locali, a garantire la copertura di posti in asilo nido per il 33% dei bambini nel 75% dei territori entro il 2020. Con il piano straordinario per l'infanzia del 2007 e rifinanziato nei due anni successivi - si legge nella relazione introduttiva al ddl - la quota degli utenti di un servizio socio educativo pubblico era salita dal 9,5% al 14%, ma con ampie differenze territoriali, soprattutto tra nord e sud. La scuola dell'infanzia accoglie invece il ''94% dei bambini tra i tre e i sei anni'': nel dettaglio, le scuole statali ''danno risposta al 60%'' dei bambini, ''quelle paritarie pubbliche, gestite dai comuni, al 12%''. Per quanto riguarda infine gli investimenti, conclude Puglisi, è previsto ''un finanziamento statale, graduale negli anni, che va a implementare la spesa di Regioni ed enti locali, con una quota paritaria pari al 50%''. Per l'attuazione della legge sono previsti quindi ''oneri'' pari a ''500 milioni di euro per il 2014'', che andranno aumentando negli anni successivi fino ''ai 1.500 milioni di euro nel 2019''. In aiuto per le famiglie anche i ''ticket nido'', voucher del ''valore massimo di 150 euro'', che le aziende potranno erogare per aiutare i lavoratori e le lavoratrici a sostenere le spese del nido.
Se il ddl dovesse essere approvato con l’attuale testo, è prevista anche la nascita sui territori di veri e propri poli per l'infanzia (omnicomprensivi di servizi scolastici ed educativi), della garanzia di qualifiche universitarie per il ''personale educativo'' e ''tempi ragionevoli'' per gli spostamenti tra casa e scuola-servizio.
Prima di arrivare al testo che presto verrà votato, con diversi schieramenti bipartisan che si sono detti favorevoli, nei giorni scorsi la VII Commissione della Camera ha ascoltato le proposte delle parti in causa. Come quelle delle Regioni, per le quali hanno parlato gli assessori Marzocchi (Emilia-Romagna) e Aprea (Lombardia), che hanno chiesto chiarezza istituzionale, e dei sindacati: tra cui l’Anief, che ha chiesto di anticipare la scuola a 5 anni, con classi 'ponte' che prevedano la compresenza di maestri dell'infanzia e della primaria.

Corrieredellasera.it - 12 giugno 2014
"Andare all’asilo fa bene alla pagella”
░ Lo studio Ocse-Pisa e i vantaggi nell’apprendimento e nella socializzazione per i ragazzi che sono stati alla materna per più anni. Di Francesca Borgonovi, ricercatrice Ocse-Pisa.
Numerosi studi mostrano che la scuola dell’infanzia può promuovere l’apprendimento e il benessere dei bambini, con conseguenze di lungo termine sulle loro capacità di interazione con gli altri, di perseguire obiettivi con successo e, in alcuni casi, sulle capacità cognitive. Lo studio Ocse Pisa mostra che gli studenti 15enni che dichiarano di essere andati alla scuola dell’infanzia per più di un anno hanno risultati scolastici migliori dei loro coetanei che hanno dichiarato di non essere mai andati alla scuola dell’infanzia. In media, tra i Paesi Ocse, nel 2012 la differenza nel punteggio in matematica era di 53 punti, che equivale alla differenza di punteggio che risulta dall’essere andati a scuola un anno in più. In Italia la differenza di punteggio è ancora maggiore ed equivalente a 63 punti Pisa. In parte questa differenza riflette il fatto che gli studenti socio-economicamente svantaggiati tendono ad avere tassi di partecipazione inferiori: la differenza di punteggio scende infatti in media a 31 punti (e in Italia a 52 punti) quando si considerano studenti che provengono da contesti socio-economici simili…. La scuola d’infanzia aiuta i nuovi immigrati ad integrarsi e a imparare per tempo la lingua del nuovo Paese
Questo significa che molti degli studenti che potrebbero trarre un maggior beneficio dalla partecipazione a programmi quali la scuola dell’infanzia, al momento non prendono parte a questo importante ambiente di formazione e socializzazione. In Italia la proporzione degli studenti con un background d’immigrazione è cresciuta rapidamente tra il 2003 e il 2012. I nuovi immigrati sono generalmente molto più svantaggiati rispetto agli immigrati già stabiliti nel Paese e rispetto agli studenti senza un background di immigrazione. La barriera linguistica che molti di questi studenti devono affrontare è altresì un ostacolo all’apprendimento. …

TuttoScuolaNews - 13 giugno 2014
"Dimezzamento dei permessi sindacali”
░ Bozza di riforma della PA all'esame dell'incontro con i sindacati.
La decisione finale sulla riforma della PA sarà assunta dal Consiglio dei Ministri di domani, 13 giugno, sulla base della bozza di proposta, predisposta dal ministro Madia, che ha raccolto nelle settimane scorse pareri e suggerimenti. Nella bozza si parla di riduzione del 50% del monte ore dei permessi, aspettative e distacchi sindacali nel pubblico impiego, scuola compresa. A dire il vero a ridurre drasticamente il numero dei distacchi sindacali ci aveva già pensato il ministro Brunetta dell’ultimo governo Berlusconi che con riduzione del 15% per anno in un triennio aveva portato il numero a 2.233, oltre ad altri 208 distacchi per regioni, enti locali e sanità, frutto di cumulo di ore di permesso. Un’altra indefinita quantità di distacchi, sempre conseguente a cumulo di ore, è stata attuata negli altri comparti per una quantità stimata intorno a altri 300 distacchi. Il dimezzamento di tutti i distacchi (quantificabili in circa 2.700/2.800), determinerebbe il ritorno in servizio di circa 1.300/1.400 dipendenti pubblici. Per il comparto scuola che attualmente dispone di 681 distacchi normali più altri 150 circa per effetto del cumulo di ore di permesso, potrebbero ritornare in servizio a scuola 410/420 persone. C’è anche la previsione del dimezzamento dei permessi sindacali di cui fruiscono dirigenti e rappresentanti delle OO.SS. Oggi per ogni comparto (esclusi Regioni, EE.LL. e Sanità) il monte ore di permessi sindacali (da distribuire tra le OO.SS. in base alla % di rappresentatività) è calcolato in 76,5 minuti per ogni addetto di ruolo in servizio. Per la scuola, stimati in 850mila gli addetti di ruolo, il monte permessi dovrebbe essere pari a 1 milione e 83.750 ore che, dimezzato, si ridurrebbe a poco più di mezzo milione, un terzo, comunque, da riservare alle RSU e il restante terzo da cumulare in distacchi.
Un altro monte ore di permessi riguarda la partecipazione alle riunioni di organismi direttivi statutari del sindacati: 165.901 ore (di cui 111.367 per il comparto scuola). Se dimezzato anche quello, i sindacati dovranno razionalizzare gli incontri. Comunque vadano a finire le cose (dimezzamento del monte ore di permesso e dei distacchi) si annunciano tempi duri per il sindacato.   

Pubblichiamo alcuni articoli sui prof in pensione che a Bolzano insegnano italiano agli studenti stranieri e sulla decisione del ministro Giannini di anticipare la scuola primaria a 5 anni.

Anche a Bolzano lo Stato alza bandiera bianca: ora l’italiano agli stranieri lo insegnano gratis i prof in pensione

ANSA: Scuola:Anief,a Bolzano prof in pensione insegnano stranieri
Sindacato critica la decisione presa in Alto Adige
(ANSA) - ROMA, 21 MAG - In Alto Adige la giunta provinciale altoatesina ha approvato un piano di incentivo dell'apprendimento dell'italiano, ma anche del tedesco, rivolto ai figli dei migranti attraverso il coinvolgimento di ex insegnanti in pensione: governatore e assessore all'istruzione hanno annunciato che nel loro tempo libero aiuteranno gratuitamente i ragazzi a migliorare la loro conoscenza linguistica, facilitando così la loro integrazione. A dare la notizia è l'Anief che ritiene di "una superficialità quasi imbarazzante" il tentativo di "trasformare in volontariato una professione che necessita di vedere in prima linea personale selezionato e formato ad hoc". "Quanto sta accadendo in Alto Adige - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - rappresenta purtroppo un altro esempio di come lo Stato stia gradualmente abbandonando il suo ruolo di garante del diritto allo studio e alla formazione dei giovani. Invece di distribuire fondi nazionali da utilizzare per assicurare l'insegnamento della lingua ai figli dei migranti, ci si affida al buon cuore dei docenti in pensione. Dimenticando che vi sono migliaia di docenti precari, selezionati e formati, che da anni insegnano nelle scuole ma che per essere stabilizzati devono attendere anche decenni. Il tutto contravvenendo a una precisa direttiva comunitaria".(ANSA).

Tecnica della Scuola: A Bolzano si richiamano i prof in pensione

AgenParl: Scuola: Anief, anche a Bolzano lo Stato alza bandiera bianca

IMG Press: Anche a Bolzano lo Stato alza bandiera bianca: ora l’italiano agli stranieri lo insegnano gratis i prof in pensione

Orizzonte Scuola: Anche a Bolzano l’italiano agli stranieri lo insegnano gratis i prof in pensione

Italpress:  Scuola: Anief "Anche a Bolzano lo Stato alza bandiera bianca"

Roma daily news: Scuole in ginocchio: per far recuperare gli studenti si richiamano i prof in pensione

Aris: Scuole in ginocchio: per far recuperare gli studenti si richiamano i prof in pensione, terzo caso in pochi mesi

Aetnanet: Scuole in ginocchio: per far recuperare gli studenti si richiamano i prof in pensione, terzo caso in pochi mesi

 

Anief d'accordo con il Ministro Giannini: è giunta l'ora di anticipare la primaria a 5 anni

ANSA: Scuola: Anief, è ora di anticipare primaria a 5 anni
Ma occorre anche portare obbligo formativo a 18 anni
(ANSA) - ROMA, 21 MAG - "Fa bene il ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, a dire che è giunto il momento di ridurre a due anni il percorso della scuola dell'infanzia, far iniziare la scuola primaria a 5 anni, lasciare intatta la durata della secondaria (3 anni il primo grado e 5 il secondo) consentendo in tal modo il diploma a 18 anni anziché a 19". Lo afferma l'Anief secondo cui la proposta "sarebbe perfetta se il ministro nel contempo riuscisse anche a elevare da 16 a 18 anni l'attuale obbligo formativo". "È vero - dice Marcello Pacifico, presidente Anief - che in passato altri ministri dell'Istruzione hanno fallito tentando di imporre un progetto simile. Ma i tempi sono cambiati, ormai viviamo nell'era della globalizzazione e del web. Che impongono tempi e apprendimenti anticipati. Inoltre, anche i più recenti studi di psicologia e pedagogia hanno rilevato che la massima capacità dello sviluppo umano si attua attorno a 3 anni e mezzo di vita. Che senso ha rimanere ancorati a certi conservatorismi? Chi sostiene il contrario, come gli altri sindacati, farebbe bene ad adeguarsi ai tempi". L'Anief ricorda quindi che a tal proposito il mese scorso ha presentato una proposta in Senato in linea con quella espressa oggi dal Ministro. (ANSA).

ANSA: Giannini, accorciare materna, bimbi a scuola 1 anno prima
Sindacato protesta,'non siamo a Ikea','meno interviste più soldi
(ANSA) - ROMA, 21 MAG - Tutti alla primaria a 5 anni. L'idea é di Stefania Giannini, ma i sindacati non hanno apprezzato la sortita. "Lo strumento migliore non è una scuola superiore di soli quattro anni ma - ha osservato il ministro dell'Istruzione parlando a Radio Capital dell'ipotesi di abbreviare il corso delle superiori - la possibilità di mandare i figli a scuola un anno prima, una scuola dell'infanzia che duri solo due anni, come accade già in altri paesi". Un'idea sulla quale la titolare del dicastero di viale Trastevere rimugina da un po'. La sperimentazione del liceo di 4 anni avviata da Profumo e ripresa dalla Carrozza (coinvolge per ora sei scuole) non la convince. "Utilizzare come strumento di accelerazione degli studi soltanto il taglio di un anno delle superiori, senza rimodulare il resto non mi sembra la strada giusta" ha spiegato qualche giorno fa e già a fine febbraio aveva espresso perplessità: "ho l'impressione che ci sia un'ottima scuola primaria, licei e scuole superiori con punte di eccellenza, ma la scuola inferiore dovrebbe essere rivisitata". Oggi è stata più esplicita, ma l'idea di anticipare l'obbligo a 5 anni non è affatto nuova. Già alla fine degli anni Novanta quando il ministro era Luigi Berlinguer venne messa sul tavolo questa ipotesi ma la si accantono perché ritenuta di difficile realizzazione. Ora ci si riprova, ma i sindacati scuotono la testa. "Stupisce - commenta il segretario generale della Cisl scuola, Francesco Scrima - come si possa considerare il sistema scolastico alla stregua di un armadio che è possibile semplicemente spostare un po' più in qua o un po' più in là. Né la scuola si può montare e smontare a piacimento, da una parte o dall'altra, come se fosse un componibile Ikea. I percorsi di studio vanno costruiti avendo come essenziale riferimento le diverse tappe dell'età evolutiva. Ogni ipotesi di riforma deve tenerne debitamente conto: non sono consentite improvvisazioni e approssimazioni". E lancia una frecciata al ministro: "è comprensibile che al giorno d'oggi, e specialmente in campagna elettorale, si sia portati a inseguire la massima visibilità attraverso esternazioni che tuttavia, quando si ricoprono ruoli di grande responsabilità, andrebbero sempre attentamente misurate". Dura la reazione del leader della Flc-Cgil che stigmatizza il metodo: "non si può aprire una discussione sulla durata dei percorsi di studio sui giornali!". "E' opportuno rilasciare meno interviste e spiegare al Paese - suggerisce il segretario generale, Mimmo Pantaleo - cosa esattamente si intende fare per migliorare il sistema di istruzione e con quali risorse. In realtà si ripropongono le stesse ricette fallimentari della ex Ministra Gelmini". Si schiera, invece, a fianco del ministro l'Anief secondo cui "bisogna adeguarsi ai tempi che cambiano e sbagliano gli altri sindacati ad essere conservatori". (ANSA).

Il Fogliettone: Anief, bene Giannini a primaria a 5 anni

Tecnica della Scuola: Primaria a 5 anni? La proposta del Ministro tra opposizioni e consensi

AgenParl: Scuola: Anief, d’accordo con il ministro Giannini, anticipare la primaria a 5 anni

Corriere del web: Scuola - E' giunta l'ora di anticipare la primaria a 5 anni

Italpress: Scuola: Anief "Bene Giannini, anticipare primaria a 5 anni"

Il Messaggero: A scuola un anno prima

Giornale Radio Rai: A scuola un anno prima la proposta del ministro Giannini

Corriere della Sera: Bimbi sui banchi già a cinque anni. Ma è giusto anticipare la scuola

Leggo: Scuola, la proposta del ministro: anticipare la primaria a 5 anni

Il Mattino: Scuola, la proposta del ministro: anticipare la primaria a 5 anni

Avvenire: Giannini: si cominci la scuola a 5 anni

La Gazzetta del Mezzogiorno: Giannini-choc: materna più breve e un anno prima alle elementari

XXI Secolo: Stefania Giannini pronta a cambiare la scuola

Il Messaggero: A scuola già a cinque anni per finire a 17, la proposta del ministro dell'Istruzione

La Discussione: Scuola: Anief "Bene Giannini, anticipare primaria a 5 anni"

Mondiali Brasile: Anticipo Dell’obbligo Scolastico A 5 Anni

Orizzonte Scuola: Giannini vuole la primina: bambini a scuola a 5 anni. FLCGIL: scusa per tagliare

Tecnica della Scuola: L’ingresso a 5 anni piace a Snals e Anief. Ma invariata la durata complessiva

Orizzonte Scuola: Anticipo a 5 anni, si rischia taglio di 27mila posti curriculari e 6.500 di sostegno. ANIEF, con classi ponte si evita il taglio

Il Messaggero: Bambini alle elementari già a 5 anni, allarme dei docenti: 30mila posti a rischio

Il Mattino: Bambini alle elementari già a 5 anni, allarme dei docenti: 30mila posti a rischio

Leggo: Bambini alle elementari già a 5 anni, allarme dei docenti: 30mila posti a rischio

Il Gazzettino: Bimbi alle elementari a 5 anni, i docenti: 30mila posti a rischio

Il grillo e la formica: A scuola a 5 anni, pro, contro e tagli

Tecnica della Scuola: Asili nido e scuola dell'infanzia per tutti: qualcosa si muove

 corrieredellasera.it - 01/06/2014
"Nelle scuole italiane 342 mila alunni vicini all’amianto”
░ Dati dal «Diario della transizione» Censis: 24 mila istituti, su 41mila necessitano di interventi strutturali (intonaci, infissi, impianti a norma, bagni); in 2mila scuole c’è perfino amianto. Di V. Santarpia.
Per il ministero delle Infrastrutture, ci vorrebbero 110 anni per mettere in sicurezza tutti gli edifici scolastici italiani. Per il presidente del Consiglio Matteo Renzi basterebbero tre miliardi e mezzo, da sbloccare entro il 2014…. Nella maggioranza dei casi basterebbero i lavoretti comuni che si fanno in qualsiasi casa per evitare che diventi malandata. Eppure parliamo di edifici vetusti, che risalgono anche a settant’anni fa: più del 15% è stato costruito prima del 1945, un altro 15% è datato tra il 1945 e il 1960, il 44% risale al ventennio 1961-1980, e solo un quarto è stato costruito dopo il terremoto dell’80, quindi adeguandolo alle nuove norme antisismiche. Ma i lavori, anche quando si fanno, sono fatti male…. l’abbattimento delle barriere architettoniche è risultato scadente o insufficiente in una scuola su cinque, il 22,5% dei lavori di manutenzione ordinaria non è andato a buon fine, il 33,7% delle reti digitali è risultato scarso, come il 32,8% delle opere di manutenzione straordinaria. È un problema di risorse, ma anche di utilizzo di risorse. …: una macchina burocratica lenta e pesante in cui sono spesso rimasti incastrati i buoni propositi. Dei 500 milioni di euro attivati con le delibere Cipe del 2004 e del 2006, a metà del 2013 ne erano stati utilizzati 143 milioni, relativi a 527 interventi sui 1.659 previsti, rileva il Censis. È andata un po’ meglio con i fondi europei: il programma operativo 2007-2013 gestito dal Miur e relativo al Fondo di sviluppo regionale attivo nelle regioni Campania, Calabria, Sicilia e Puglia, ha assegnato più di 220 milioni di euro a 541 scuole per interventi sulla sicurezza degli edifici, il risparmio energetico, l’accessibilità delle strutture e le attività sportive. Il dl “fare”, varato dal governo Letta, ha stanziato 150 milioni per l’avvio immediato di 603 progetti di edilizia scolastica… Ma bisogna ammettere che se di soldi in ballo ce ne sono tanti, finora se ne sono visti troppo pochi…

l’Unità - 02/06/2014
" Quei «cognitivi» disposti a cambiare”
░ Uno studio, che potrebbe interessare il ministro Madia, condotto da tre Istituti di ricerche economiche e sociali (Ires). Di Bruno Ugolini
La vigilia di un’operazione tesa a portare una ventata «rivoluzionaria» nel lavoro pubblico. Un settore dove sono preponderanti quelli chi chiamano i «lavoratori cognitivi», oppure «lavoratori della conoscenza». Sono insegnanti, operatori scolastici, formatori, ricercatori, musicisti. Chi con contratto stabile, chi con contratto a termine o di collaborazione. Chi precario. Sono i possessori di «saperi» da trasmettere anche se ormai questa caratteristica invade anche molte altre mansioni…. Tre Istituti di ricerche economiche e sociali (Ires) di Emilia Romagna, Toscana e Veneto. Hanno condotto più di 100 interviste e raccolto 1.094 questionari. Una prima sintesi di tale iniziativa testimonia come questi lavoratori abbiano, tra le loro caratteristiche, una spiccata passione per quanto fanno. E tra le preoccupazioni principali quella di «innovare periodicamente il proprio bagaglio di saperi perché questi nel mio settore sono in continua evoluzione». …Per la gran parte di quanti hanno risposto ai questionari, il canale privilegiato di acquisizione delle competenze è la formazione dal basso di «esperienze professionali». È interessante annotare altresì come la maggioranza di loro non sia desiderosa di rimanere inchiodata alla propria sedia. Ben il 93,6 per cento concorda con questa affermazione: «Non è importante svolgere per tutta la vita sempre lo stesso lavoro, l’importante è che la propria carriera professionale o lavorativa possa essere il frutto di una scelta libera ed autonoma»…. E il 68,1 per cento sarebbe «disposto a cambiare città e al limite Paese se questo fosse necessario per continuare a lavorare nel settore professionale dove ritengo possibile realizzarmi». Nessuna barriera dunque (87,3 per cento) nei confronti della «flessibilità occupazionale»: essa «sarebbe una condizione tollerabile se ci fossero i giusti ammortizzatori sociali e le necessarie tutele per rendere sopportabili i periodi di transizione da un lavoro ad un altro. C’è da dire che solo il 14,9% dei lavoratori cognitivi considerati «puri» (ovvero con mansioni totalmente legate alla conoscenza) ha un contratto a tempo indeterminato, il 27,7% è composto dai lavoratori autonomi e il 57,7% ha una forma di contratto a termine. Tra questi ultimi il 67,7% afferma che «non sa» cosa accadrà alla scadenza del contratto. L’instabilità, dunque, regna sovrana anche qui. Quali sono le loro rivendicazioni? Sono inerenti alla voce «gestione del tempo», al peso della burocrazia, alla voglia di autonomia. E poi i compensi (medie di meno di 1.100 euro netti al mese), la definizione stessa del compenso, nonché la «definizione della tipologia contrattuale», il «rispetto degli accordi contrattuali o di ingaggio», la «regolarità dei pagamenti», la «continuità lavorativa», il «sostegno a favore della maternità-paternità». Il sindacato fatica a interloquire con queste realtà lavorative….

www.laricerca.loescher.it - 02/06/2014
"Non uno di meno”
░ Trasversalmente, una compagine governativa dopo l’altra, tutti si sono fatti attrarre dalla questione che in questi giorni si sta riproponendo: l’accorciamento di un anno nel percorso scolastico. Marina Boscaino non lo ritiene proponibile. Neanche noi; ma anticipare l’ingresso all’età di cinque anni nel Primo ciclo non è lo stesso che ridurre l’iter da 13 a 12 anni. Riportiamo alcuni passaggi dell’intervista con Alain Goussot, pedagogista, educatore, filosofo e storico attento alle problematiche dell’educazione e del suo rapporto con la dimensione etica-politica. Goussot fa parte del comitato scientifico dell’associazione “Giù le mani dai bambini”, della Società Italiana di Pedagogia Speciale (SIPES), ed è membro onorario dell’Associazione dei Pedagogisti Italiani. Nel leggere quanto spiega Goussot, docente di Pedagogia speciale presso l’Università di Bologna, e nel riflette, per trarne insegnamento, sulla lezione di Maria Montessori, Jean Jacques Rousseau, Célestin Freinet, ci chiedevamo: la mente umana dopo la quarta rivoluzione industriale, quella telematica,
è la stessa mente umana di inizio Ottocento e di inizio Novecento ? L'energia vitale del fanciullo, la sua sfera emozionale, l’attitudine ludica e pratica, la manualità, l’attività senso-percettiva sono rimaste immutate ? Se sono mutate, e a Scuola si fa come se non lo fossero…, se non ci si adopera per discutere con il bambino di ciò che vive fuori dalla Scuola, si perpetua l’autoreferenzialità (che, in Deschooling Society, Illich denunciava) della ”scuola istituzione”.
... La crisi ha reso preminente, anche se non esplicita, la limpida evidenza che il taglio di un anno di scolarità corrisponde più o meno 50 mila posti di lavoro, pari ad un risparmio di circa 1380 milioni di euro…
D. La questione dell'anticipo scolastico in Italia prescinde da qualsiasi valutazione di carattere pedagogico; prova ne sia il fatto che si alternano periodicamente la proposta di tagliare un anno alle superiori e quella dell'anticipo dell'accesso alla primaria. Che cosa ne pensa?
R. La proposta di anticipare di un anno l'ingresso del bambino alla scuola primaria è un errore sia sul piano pedagogico che psicologico. All'età di cinque anni (per qualcuno potrebbe essere quattro anni e mezzo a seconda del mese di nascita) un bambino ha soprattutto bisogno di giocare, di sentire che può sviluppare in modo sereno il proprio potenziale di vita, ha bisogno di sentirsi amato e che ha il tempo di scoprire se stesso e il mondo che lo circonda (senza essere stressato dall'ansia di dovere raggiungere degli obiettivi previsti dal programma scolastico). La nostra Maria Montessori era molto severa sullo stress che rappresentava la scuola primaria per i bambini di 6 anni e per la pretesa scolastica e degli insegnanti di 'immobilizzare' l'energia vitale del fanciullo; a quell'età il bambino ha bisogno di muoversi, di poterlo fare esprimendo il proprio slancio vitale nella scoperta del mondo. L'apprendimento passa prima di tutto dall'attività motoria che è alla base (come ci hanno dimostrato Henri Wallon e, prima di lui, Rousseau) della costruzione dei meccanismi regolatori delle emozioni); l'azione del bambino (il movimento, la gestualità, le percezioni, il coordinamento degli atti ecc...) sono alla base della costruzione del processo cognitivo. Poi il gioco, tramite il quale il bambino impara a sublimare (vedi Françoise Dolto), e l'apprendimento nell'attività ludica e pratica delle relazioni sociali lo preparano ad acquisire quelle tecniche di adattamento che attiverà nelle fasi successive del suo sviluppo. Tutta la psicologia dell'età evolutiva e la pedagogia dello sviluppo ci insegnano che il bambino ha bisogno di tempo; un tempo che è anche interiore e intrapsichico, per acquisire il senso del proprio Sé e per sviluppare le proprie facoltà di osservazione, associazione ed espressione. Faccio notare che era già Jean Jacques Rousseau che osservava come la cosa più importante per un educatore fosse quella di sapere perdere tempo: il tempo della vita e della crescita neurologica, psicologica, fisiologica e relazionale. Non so chi abbia consigliato il ministro ma rimango stupito; forse una certa cultura della performance e anche dello sviluppo delle competenze lette in termini precoci? Comunque sono tante le ricerche e gli studi che ci dicono che l'infanzia rischia di sparire in quanto processo primario dello sviluppo umano. Con questa proposta si in quella direzione (vedi Neill Postman o B. Stiegler). L'infanzia è anche il luogo dell'affettività e la possibilità di vivere una relazione positiva e sicura, non di sentirsi giudicato e etichettato continuamente e di trovarsi sotto la pressione dello sguardo indagatore dell'adulto esperto (maestro o altro). Sarei per fare il contrario: fare in modo che il bambino che compie 6 anni in dicembre rimanga alla scuola dell’infanzia; se 'perde' 6 mesi di scuola primaria non succede niente, recupera dopo questo tempo in termini di sicurezza affettiva e di strutturazione del proprio senso di sicurezza e di sviluppo di un linguaggio intrapsichico che li servirà ad affrontare le fasi e le transizioni successive.
D. In questi giorni Giannini, con un improvviso dietro front, sembra caldeggiare l'entrata anticipata alla primaria. Esistono e - se esistono - quali sono, controindicazioni a questa eventualità?
R. … Penso che vi sono aspetti molto più importanti che quello di pensare ad anticipare di un anno l'ingresso alla primaria: 1) la preparazione pedagogica e l'aggiornamento del corpo docente della primaria in servizio; 2) un maggiore coinvolgimento della famiglia e dei genitori nella costruzione del progetto pedagogico, e lo sviluppo di una vera strategia co-educativa che veda la partecipazione degli insegnanti, dei genitori e degli attori della comunità; 3) una maggiore attenzione sul contenuto diseducativo e pedagogicamente problematico di numerosi programmi televisivi (una cosa che aveva a sua tempo fatto notare il maestro Mario Lodi); 4) l'assenza diffusa di luoghi di esperienza positiva per i bambini e le loro famiglie, spazi di gioco e opportunità e occasioni di socialità vera (e non virtuale come accade oggi); 5) una più grande attenzione per i rischi di trasformazione dei bambini in piccoli consumatori dipendenti da giochi virtuali e da nuovi 'poteri ascendenti', in grado di funzionare come quelli che l'educatore francese Célestin Freinet chiamava 'giochi-droga'. Questo tipo di dipendenza, che spesso sostituisce la relazione vera, il gioco autentico (un bambino ha bisogno di giocare non solo con gli altri ma anche da solo, per sviluppare tramite la fantasia e l'immaginazione i segni della organizzazione di senso di quello che prova), tutto ciò finisce per uccidere la curiosità del bambino e per metterlo in una situazione di eccitazione, di stress e di ansia permanente. Se a questo aggiungiamo l'anticipo dell'ingresso alla scuola primaria temo che possa diventare un carico insopportabile e distruttivo per la salute mentale, emozionale dei nostri bambini.
D. Che cosa rappresenta/può rappresentare, secondo lei, un anno in più di scuola dal punto di vista individuale e collettivo?
D. Per la collettività significa doversi ritrovare con bambini che non abbiano avuto il tempo e lo spazio necessario per maturare e crescere in modo equilibrato nella gestione dei rapporti tra emozioni, sentimenti e apprendimenti. Personalmente mi auguro che gli operatori dell'educazione e i pedagogisti sappiano reagire a questa deriva produttivistica che vuole dei bambini sempre più 'competenti' e performanti, mentre abbiamo bisogno di bambini felici, che si sentono amati, ascoltati e compresi….

http://artemdocere.jimdo.com - 03/06/2014
" La formazione artistica non è solo insegnamento di storia dell'arte”
░ Riportiamo parte di una lettera scritta dal referente del Gruppo “Formazione artistica” dell’Associazione Artem Docere. Fa riferimento alla recente Intesa tra il MIUR e il Ministero dei Beni culturali.
L’ insegnamento della storia dell’ arte è solo un aspetto del grande campo dell’ educazione in generale e della formazione artistica. Entrambi devono contribuire a consolidare nei cittadini la capacità di “leggere”, “comprendere”, e “applicare” un vero e proprio linguaggio con precise conoscenze e abilità in campo creativo, così come avviene in quello della lettura, della scrittura e dei saperi scientifici. Ciò può realizzarsi solo attraverso la ricostruzione di curricula specifici, in continuità e successive specializzazioni, a partire dalla scuola dell’infanzia fino all’università, per trattare dell’ idea di arte, della storia delle arti e del fare arte. Si tratta di assicurare un percorso generalista fino alle scuole superiori per tutti i cittadini con pari dignità rispetto agli altri corpus disciplinari, accanto a percorsi specialistici e professionalizzanti a partire delle scuole superiori fino alle università, alle accademie e alle scuole speciali post diploma. Il tutto deve essere pensato e codificato in una visione unitaria e modulare con garanzie di sicura eccellenza anche per il semplice cittadino in formazione che non ne volesse fare una professione, visto il paese in cui ci troviamo. Avremmo così oltre che un incremento di professionisti preparati e colti nella mente e nella mano e ad una spinta a valorizzare al meglio i nostri patrimoni nazionali, visitatori di musei, fruitori di concerti, viaggiatori di città che non aumenteranno di numero perché così fan tutti, ma perché le loro conoscenze e competenze e quindi la loro curiosità e sete di sapere li porterà a osservare e studiare i beni paesaggistici, culturali e artistici con piena consapevolezza… La riforma scolastica va assolutamente rimodulata da questo punto di vista e nella scuola dell’ infanzia, quella primaria, secondaria di primo grado e i tutti gli indirizzi di secondo grado e nell’ università dovranno essere progettati e collocati curricoli fondamentali caratterizzati da teoria e pratica per l’ educazione artistica, la storia dell’arte e di tutte le arti applicate accanto a curricoli specialistici della progettazione e del disegno, della scultura, della moda, dell’ architettura, dell’ oreficeria, della musica, della danza … Senza l’acquisizione e la padronanza di questi linguaggi, non solo a livello professionale, la metà della nostra mente sarà irrimediabilmente compromessa, al di là di quanto riportano con estrema parzialità le indagini e le rilevazioni internazionali sulla qualità dell’ apprendimento scolastico che, con pervicace miopia, insistono sugli stereotipi del saper leggere scrivere e far di conto. A tal proposito è auspicabile una lettura approfondita dei rapporti annuali sulle diverse aree dell’ educazione e dell’istruzione a cura dell’Agenzia Europea (Education, Audiovisual and Culture Executive Agency).
ItaliaOggi - 03/06/2014
" Se il ministero sponsorizza la prepagata per studenti firmata Poste italiane”
░ Doveva servire per le agevolazioni, è una carta di credito a tutti gli effetti. Di Giorgio Candeloro
In principio era una semplice tessera con la quale ottenere sconti nei negozi convenzionati ed entrare a prezzo simbolico, o più spesso gratis in musei e mostre. Si chiamava “io studio” ed era distribuita gratuitamente a tutti gli studenti del primo anno delle superiori. Nella pratica non la usavano in tantissimi ma era comunque una buona opportunità per i ragazzi di farsi riconoscere come studenti e accedere anche ad altre agevolazioni non direttamente collegate alla carta, coma ad esempio alle tariffe ridotte degli autobus in molti comuni italiani.
Dalle parti di viale Trastevere, però, devono aver pensato che si poteva fare di gran lunga meglio e di più. E così da circa un mese è iniziata la distribuzione della “io studio 2.0”: non più una banale e anonima tesserina modello raccolta punti nei supermercati, ma una vera e propria carta di credito, valida per cinque anni, con tanto di regolamentari 12 numeri più i tre posteriori di controllo. Una carta prepagata, ricaricabile e nominativa utilizzabile per acquisti fino a 2500 euro annui e prelievi, sempre annui, fino a mille. Non male per dei ragazzini tra i 14 e i 18 anni, a patto, beninteso, che mamma e papà ricarichino periodicamente la magica tesserina, per la gioia delle Poste. Sì, perché la nuova carta dello studente modello 2014/15 –ne saranno distribuite oltre 600.000 entro la fine dell'anno- è una postepay, frutto di un accordo tra il Miur e, appunto, Poste italiane. E in effetti il logo del ministero e quello della società pubblica che gestisce in Italia il servizio postale compaiono appaiati e in bella mostra sulla tessera attualmente in distribuzione ai liceali. Come si legge dal foglio illustrativo la carta non si limita a fornire agevolazioni, sconti e servizi, ma permette anche di pagare in tutti negozi e siti di e-commerce del pianeta che accettano carte Visa. Insomma un'improvvisa trasformazione di ragazzini quattordicenni in consumatori globali –la carta può ovviamente essere implementata e i tetti di spesa innalzati- con la benedizione della scuola e la prospettiva di fidelizzare ai servizi di Poste alcune decine di migliaia di nuovi clienti. Ovvio che le polemiche, anche roventi, non siano mancate… Il Miur smorza le polemiche e ricorda la valenza educativa del progetto, enfatizzando principalmente l'aspetto degli sconti e delle agevolazioni a vantaggio delle famiglie.

larepubblica.it - 04/06/2014
"Scuola: arrivano le pagelle per presidi e professori”
░ Le raccomandazioni della Commissione europea accelerano il cantiere aperto dal governo Renzi su Reclutamento e formazione: "Collegare le retribuzioni al merito e ai risultati". Di Salvo Intravaia.
In arrivo le pagelle per presidi e prof. Il governo Renzi sta già lavorando a ritmi sostenuti su una proposta che prenderà forma tra pochissime settimane e adesso ce lo chiede l’Europa. Uno dei due cantieri sulla scuola messi in piedi qualche settimana fa dal premier è proprio su Reclutamento, formazione e valorizzazione dei docenti. E ad accelerare i lavori del cantiere arriva il monito della Commissione europea che ieri ha inviato al Belpaese “Le raccomandazioni del Consiglio sul programma nazionale di riforma 2014 dell’Italia”. “È necessario compiere sforzi per migliorare la qualità dell’insegnamento e la dotazione di capitale umano a tutti i livelli di istruzione: primario, secondario e terziario”, recita la raccomandazione numero 14 del lungo elenco di riforme consigliate all’Italia per uscire dalla crisi…. Si tratterà di vedere quanto della retribuzione dei capi d’istituto verrà legata al merito: se soltanto la retribuzione di risultato – pari a 2mila euro in totale – oppure anche la fetta che dipende dalla complessità della scuola, la cosiddetta Retribuzione di posizione. In questo caso, i presidi più bravi potrebbero guadagnare fino a 5mila euro in più all’anno dei colleghi meno capaci. E, siccome le retribuzioni dei dirigenti scolastici sono pubbliche, genitori e studenti potrebbero farsi un’idea della bravura del capo d’istituto con cui hanno a che fare. L’operato del preside verrà valutato annualmente in base a sei indicatori. Sulla questione non ci dovrebbero essere forti contrasti: i sindacati sono “abbastanza” d’accordo. La partita più difficile da portare in porto sarà invece quella della valutazione degli insegnanti. I partiti di maggioranza hanno raggiunto un sostanziale accordo. Adesso si tratta di capire come differenziare gli stupendi degli insegnanti. Al momento, nessuno se la sente di parlare di un argomento che è stato tabù dal dopoguerra ad oggi. Dal cantiere uscirà una proposta con diverse sfumature. Saranno poi le forze politiche e sociali a confrontarsi sul tema per tracciare la strada da intraprendere. Un a strada che si prevede piuttosto impervia visto che la categoria mal digerisce i giudizi sul proprio operato. Tra le ipotesi più accreditate la differenziazione dello stipendio in base alle funzioni aggiuntive assegnate all’insegnante e al tempo passato a scuola oltre l’orario di insegnamento. Ma qualcuno va oltre e propone la valutazione della qualità di insegnamento messa in campo dai docenti da parte degli stessi dirigenti scolastici, che assumerebbero un ruolo strategico nella scuola italiana del futuro. E all’orizzonte c’è anche il rinnovo del contratto di lavoro del comparto scuola scaduto a dicembre 2009. I docenti meritevoli avranno un compenso aggiuntivo che li distinguerà da tutti gli altri colleghi. Si fa anche strada la figura del docente “esperto” che tentò di lanciare nel 2005 l’allora ministro dell’Istruzione, Letizia Moratti, senza successo. Il docente che dovrebbe fare da “chioccia” ai neoimmessi in ruolo nella scuola italiana del terzo millennio.

tuttoscuola.it - 06/06/2014
"Apprendistato alle superiori, 'Inaccettabile' per l'Unione degli Studenti”
░ L’Unione degli Studenti muove pesanti critiche al D.I. (Miur, Ministero del Lavoro e Ministero dell’Economia) che prevede la sperimentazione dell’apprendistato, a partire dal prossimo a.s. dall’Unione degli Studenti. E’ una presa di posizione dell’Unione che, è prevedibile, diventerà la parola d’ordine, nell’autunno prossimo, delle manifestazioni studentesche: un ostacolo alla valutazione nel merito; una complicazione.
Pesanti critiche giungono … dall’Unione degli Studenti: "Questo progetto è giustificato come una risposta ai drammatici dati sulla disoccupazione giovanile forniti di recente dall'Istat" - dichiara Danilo Lampis, Coordinatore Nazionale dell'Unione degli Studenti - "Ancora una volta si attribuisce all'istruzione la responsabilità della mancanza di occupazione, causata invece dai provvedimenti scellerati degli scorsi Governi, dal pacchetto Treu fino all'attuale Jobs Act. I recenti dati Almalaurea confermano ancora una volta che il problema non sono le competenze, bensì la progressiva precarizzazione del mercato del lavoro. Questo provvedimento ci farà sperimentare la precarietà lavorativa già prima del diploma. Questo è inaccettabile." - continua Danilo Lampis -  "Ancora una volta i percorsi formativi sono dequalificati in favore di una idea aziendalistica dell'istruzione pubblica, che perde la propria funzione pedagogica per lasciare spazio all'insegnamento di mestieri piuttosto che di competenze critiche capaci di far orientare gli studenti nella realtà e nella società che si troveranno ad affrontare una volta usciti dai luoghi formativi. Il 35% delle ore scolastiche in azienda per noi rappresenta un punto di non ritorno: si consegnano le nostre scuole agli interessi dei privati, tanto che non saranno più le scuole a immaginare i progetti di alternanza ma le aziende stesse con protocolli d'intesa con il MIUR. Pensiamo che con tale sperimentazione si apra una ulteriore dequalificazione della didattica delle nostre scuole, alimentando un inasprimento della distanza classista tra scuole di serie di A, che stimolano gli studenti al proseguimento degli studi e scuole di serie B, volte alla precanalizzazione nel mercato del lavoro, fucine di manodopera a basso costo." - continua nella nota l'UdS - "Rigettiamo tale provvedimento e siamo pronti a impedire, scuola per scuola, l'approvazione delle convenzioni scuola-azienda nei Consigli d'Istituto… L’11 Luglio saremo in piazza a Torino per contestare il vertice europeo sulla disoccupazione giovanile perché non è in questo modo che la si combatte ma solo con più investimenti in istruzione, innovazione e ricerca per invertire l'attuale modello di sviluppo.”

Pubblichiamo alcuni articoli sugli scivoli per andare in pensione con riduzioni dello stipendio nella P.A., sui 40mila esuberi previsti nella scuola nei prossimi 15 anni e sull'allarme disoccupazione in Italia.

Pensioni: scivoli con riduzioni di stipendio nella P.A. come in azienda

IMG Press: Pensioni: scivoli con riduzioni di stipendio nella P.A. come in azienda

Orizzonte Scuola: Pensioni: scivoli con riduzioni di stipendio nella P.A. come in azienda, per ammortizzare i prossimi tagli del personale

Italpress: Pensioni: Anief "Scivoli con riduzioni stipendio in P.A. come in azienda"

 

Nei prossimi 15 anni 40mila insegnanti di troppo: trasformiamoli in tutor o mandiamo in pensione gli over 60

ANSA: Scuola: Anief, prof di troppo vengano trasformati in tutor
Oppure mandiamo in pensione gli over 60
(ANSA) - ROMA, 3 GIU - "Occorre introdurre nuove norme per ricollocare i 40mila insegnanti che nei prossimi 15 anni potrebbero andare in soprannumero a seguito del forte calo demografico e delle iscrizioni degli alunni". Lo afferma l'Anief riferendosi alle stime fornite dalla rivista Tuttoscuola. Secondo il sindacato "occorre prevedere un nuovo impianto legislativo che riassegni funzioni tutoriali a chi ha più esperienza: affidando questo nuovo ruolo ai docenti che hanno svolto 20-25 anni di servizio servirebbe a migliorare la qualità del servizio pubblico della scuola, assicurando ai nostri studenti degli insegnanti più giovani e spesso più motivati. Oltre che a evitare che migliaia di docenti vadano in soprannumero". "Per scongiurare questo rischio - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief - serve anche un piano di prepensionamenti per i docenti con più di 60 anni di età. Quanto sta accadendo con i Quota96 ha dell'incredibile. Si prenda al volo la riforma della pubblica amministrazione, annunciata qualche settimana fa dal ministro Madia e che tra una decina di giorni sarà all'esame della presidenza del Consiglio dei ministri. Non bisogna fare ancora una volta l'errore di lasciare fuori l'insegnamento dalle professioni logoranti. Per evitare di lasciare senza cattedra 40mila insegnanti - continua Pacifico - si potrebbero poi utilizzare fino a 3mila maestri della scuola primaria nelle classi-ponte dell'ultima scuola dell'infanzia. E sempre nella primaria tornare finalmente alle ore di compresenza e all'insegnante specializzato in inglese: i tagli di queste due realtà, figli della riforma Gelmini, sono stati bocciati dai fatti. Dobbiamo tornare alle ex scuole elementari fiore all'occhiello dell'istruzione pubblica italiana. Mettere le scuole in sicurezza - conclude il sindacalista Anief - è una necessità, ma non può bastare se si vuole continuare a sostenere che la scuola viene prima di tutto". (ANSA).

Tcs News: Nei prossimi 15 anni 40mila insegnanti di troppo: trasformiamoli in tutor o mandiamo in pensione gli over 60

Online news: Anief, docenti in esubero? Vengano trasformati in tutor

Orizzonte Scuola: Nel 2030 40mila esuberi? Prepensioniamo a 60 anni e trasformiamoli in tutor

IMG Press: Nei prossimi 15 anni 40mila insegnanti di troppo: trasformiamoli in tutor o mandiamo in pensione gli over 60

Italpress: Scuola: Anief "Nei prossimi 15 anni 40 mila insegnanti di troppo"

 

Lavoro: è allarme disoccupazione. Le norme approvate negli ultimi anni non creano nuovi posti di lavoro

IMG Press: Lavoro: è allarme disoccupazione

Italpress: Lavoro: Anief "Allarme disoccupazione, nuove norme non creano nuovi posti"

 

Pubblichiamo alcuni articoli sulla richiesta dell'Anief al ministro di attendere prima di procedere al rinnovo contrattuale e sulle migliaia di ricorsi per entrare nelle GaE.

Il Ministro pronto a presentare in CdM proposta di rinnovo contrattuale, Anief chiede di attendere

ANSA: Scuola: Anief a Giannini, aspettare su proposta contratto
(ANSA) - ROMA, 8 MAG - L'Anief stoppa sul nascere l'idea del Ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, di "un'operazione molto rapida sulla scuola, per arrivare a proporre nel prossimo mese, anche arrivando a condividere la proposta in Consiglio dei ministri, una rivisitazione del contratto degli insegnanti". Il sindacato reputa impossibile parlare di rinnovo contrattuale, introducendo "valutazione, merito e premialità", se prima non si adegua lo stipendio del personale scolastico all'inflazione e alla media dei Paesi Ocse. "Inoltre, il Ministro dovrebbe sapere - osserva - che tra meno di un anno è previsto il rinnovo delle Rsu della Scuola e rinnovare il contratto a pochi mesi da questo evento sarebbe davvero ingiusto". "Non sarebbe corretto - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief - nei confronti di un milione di lavoratori per i quali le norme comunitarie prevedono il diritto alla consultazione e all'informazione anche su questi temi così rilevanti per i lavoratori e la loro vita, ma in Italia non si applica perché è sostituito dai rappresentanti di quei sindacati rappresentativi che sono stati complici della politica di sgonfiamento degli stipendi del personale scolastico. Una politica - continua Pacifico - che ha preso il via ormai cinque anni fa con il decreto Brunetta, il decreto legislativo 150/09 diventato operativo alla scadenza del CCNL 2006-2009. Siccome il valore degli stipendi del personale è fermo a quella data, al punto che la Ragioneria generale dello Stato ha di recente calcolato un arretramento rispetto al costo della vita di 4 punti percentuali, è chiaro che prima di arrivare a presentare in Consiglio dei Ministri una proposta di rinnovo che andrà ad incidere sulle buste paga di pochi 'eletti', bisogna cambiare la norma che blocca gli aumenti al comparto tramite le Leggi Finanziarie e permette di finanziare gli incrementi solo attraverso i risparmi di comparto". (ANSA).

Tecnica della Scuola: Giannini: entro giugno porterò il nuovo contratto in CdM

Orizzonte Scuola: Il Ministro presenterà in Consiglio dei Ministri proposta per valutare i docenti. Si rischia scontro con sindacati

 

Migliaia di ricorsi per entrare nelle GaE - pasticcio Miur su abilitazioni

Repubblica: Scuola, due decreti ministeriali nel ginepraio delle graduatorie

ANSA: Scuola: Anief, ricorso migliaia prof precari per graduatorie
(ANSA) - ROMA, 7 MAG - "Presto al Ministero dell'Istruzione arriverà una pioggia di ricorsi. A presentarli sono diverse migliaia di insegnanti precari che, per colpa di un paradosso burocratico, il Miur vuole tenere fuori dalle ex graduatorie permanenti". Lo annuncia l'Anief. "Il ministero continua infatti - spiega in una nota - a perpetrare un'insensata disparità di trattamento, discriminandoli rispetti ai precari che sono stati selezionati e preparati dallo Stato con le stesse modalità dei colleghi inclusi nelle graduatorie fino a pochi anni fa". L'aggiornamento riguarda le graduatorie degli insegnanti precari della scuola utili per le assunzioni in ruolo e le supplenze annuali del periodo 2014-2017. Attraverso il D.M. 235/2014, fino al prossimo 17 maggio sarà possibile aggiornare il punteggio sulla base dei titoli acquisiti e dei servizi svolti nell'ultimo triennio. "Al provvedimento sono interessati 170mila supplenti già inclusi, che potranno inserire on line i titoli di studio e i servizi svolti. Mentre viene negato - si legge nella nota - a 12mila nuovi abilitati con Tfa, a 70mila con titoli di servizio e abilitandi Pas, a 55mila diplomati magistrali e ad alcune migliaia di idonei al concorso a cattedra, nonché a laureati in SFP o abilitati in Europa". "Si tratta di una decisione che calpesta i diritti dei cittadini e delle leggi comunitarie. Tanto è vero che sono già diversi i giudici del lavoro che hanno dato ragione agli esclusi. È un paradosso tutto italiano, tra l'altro, che non si permetta di inserire nelle ex permanenti dei docenti abilitati istituendo una graduatoria aggiuntiva, nemmeno quando non c'è più nessuno e le liste di attesa sono esaurite. E diventa particolarmente grave - sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief - perché si va a sommare alla disapplicazione della direttiva comunitaria del 1999 che obbliga alla stabilizzazione dopo tre anni di servizio anche non continuativo. L'apice del paradosso - conclude - è che escludendo i precari abilitati dalle graduatorie provinciali, costringendoli a presentare le domande d'insegnamento a un numero limitato di scuole, spesso si mandano in cattedra degli aspiranti insegnanti privi di esperienza e di abilitazione all'insegnamento. Una scuola di qualità non può accettare tutto questo". (ANSA).

Tecnica della Scuola: Tfa e graduatorie d’istituto, i bandi devono ancora uscire ed i sindacati già parlano di ricorsi

AgenParl: Scuola: Anief, pasticcio del Miur su graduatorie senza parere del CNPI cambia la tabella di valutazione dei titoli

Il Fatto Quotidiano: Graduatorie d’istituto 2014, decreto Miur: Tfa favoriti e dubbi sul punteggio dei Pas

Mainfatti: Graduatorie d'istituto 2014: ricorso abilitandi PAS. Anief: MIUR ignora Consiglio di Stato

Corriere dell'Università: Aggiornamento Graduatorie di istituto: supplenti in cattedra a settembre. Novità nei punteggi. L’Anief: “Solo un pasticcio del MIUR”

L'Unità: Scuola, nuova pioggia di ricorsi contro le graduatorie

Pubblichiamo alcuni articoli sull'emergenza sicurezza nella scuole, emersa dall'ultimo rapporto Censis.

ANSA: Scuola: Anief, tempo scaduto, governo passi ai fatti
(ANSA) - ROMA, 31 MAG - "L'allarmante Rapporto Censis di oggi sulla sicurezza scolastica non lascia più spazio agli annunci: il tempo è scaduto, il Governo passi subito ai fatti". Lo afferma in un comunicato il presidente di Anief Marcello Pacifico. "In queste ultime settimane abbiamo sentito parlare dell'invito del premier a 4.400 sindaci - prosegue Pacifico - perché individuino la struttura scolastica del loro Comune più a rischio, dello sblocco del patto di stabilità che favorirà migliaia di interventi di decoro e manutenzione straordinaria. Il Ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, ha assicurato che sono in arrivo 3,5 miliardi, con 10mila cantieri aperti già dalla prossima estate. Estate, però, che sta arrivando senza alcuna traccia, ad oggi, di interventi concreti di edilizia scolastica. Siamo fermi a un dato che parla da solo: negli ultimi 5 anni il 56% delle scuole italiane non sono state sottoposte ad alcun tipo di intervento, nemmeno di ordinaria manutenzione". "Intanto però in Italia il 60% degli edifici scolastici continua ad essere a rischio sisma", segnala il presidente di Anief: "su 42mila plessi, il 60% rimane sprovvisto delle scale di sicurezza e delle porte antipanico, il 48% non rispetta la normativa antincendio, il 42% non ha il certificato di agibilità statica e il 29% non dispone nemmeno del certificato di agibilità sanitaria. Inoltre, più dell'11,1% continua a mantenere all'interno della struttura scolastica parti in amianto cancerogeno". I rischi per gli studenti e il personale che opera nelle scuole rimangono sopra il livello di guardia. Soprattutto in alcune aree del Paese, segnala ancora l'Anief, tra cui il Sud, in particolare Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.(ANSA).

Il Tempo: Dalla scopa al pennello, il ministro «promuove» imbianchini i bidelli

La Discussione: Scuola, Anief : "Il tempo degli annunci è scaduto!"

Tecnica della Scuola: Il Codacons denuncia i dirigenti Miur; per il comitato San Giuliano di Puglia le cose sono peggiorate; Anief: per studenti e personale permangono rischi, soprattutto al Sud. Ma i Comuni si tirano fuori

IMG Press: Emergenza sicurezza, il tempo degli annunci è scaduto

Orizzonte Scuola: Intonaci crollati, rubinetti e vetri rotti: le scuole "a pezzi". Solo un quarto costruite dopo il 1980

 

larepubblica.it – 24 maggio 2014
"Chi ha tradito l'antico patto tra padri e figli”
░ Se lo chiede Gustavo Zagrebelsky. A parer nostro, lo ha tradito chi non ha fatto spazio ai giovani avvinghiandosi a più poltrone. I giovani se le stanno prendendo.
… A lungo abbiamo osservato e deplorato l’immobile gerontocrazia che ha dominato nel nostro Paese. Ora, i rapporti si stanno rovesciando, se già non sono rovesciati. La gioventù è portatrice d’un carisma che l’autorizza a rivendicare la guida della società. È fresca, spregiudicata, disinibita. Ha occhi ridenti e fuggitivi, soprattutto rapidi. Gli anziani sono conservatori, appesantiti dalle tante cose che hanno visto e vissuto, legati a idee che vengono da lontano, incompatibili con il mondo che cambia…. Sono chiamati in causa i rapporti tra le generazioni. Tutti noi sappiamo che sono rapporti conflittuali, a partire da quelli tra genitori e figli. Prima d’essere genitori siamo stati figli e bene sappiamo che la nostra crescita si è svolta attraverso quel conflitto che poi, generalmente, acquisita la maturità e la sicurezza di sé, si ricompone in un equilibrio in cui né gli uni né gli altri sono più quelli che erano prima. … Dalla piccola dimensione, i rapporti intergenerazionali si proiettano sulla scala vasta della vita sociale. Diventano scontro di culture politiche. … Tra innovazione e tradizione c’è e deve esserci tensione, nella quale alla prima spetta tagliare i rami secchi e alla seconda conservare quelli vitali. Ma, oggi s’è diffuso un sentimento d’impazienza e d’insofferenza generale. Il lascito dei padri appare fallimentare ed è rifiutato dai figli. Si voleva una società dove regnasse pace, giustizia e solidarietà e abbiamo violenze, ingiustizie ed egoismi. Tabula rasa allora, per poter ricominciare senza vincoli e pregiudizi. Per quanto sia dettata dai migliori sentimenti, questa è un’illusione infantile, perché nessuno ricomincia mai davvero da capo. Ogni svolta storica non velleitaria e non catastrofica si radica in energie morali e materiali che sono venute accumulandosi nel tempo e chiedono di farsi spazio… È giusta la critica nei confronti di chi ha concepito la politica al di fuori o contro le aspettative e le speranze dei molti e giusta sarebbe anche l’autocritica. Ma la validità delle aspettative e delle speranze non è affatto travolta perché qualcuno tra la generazione dei padri le ha tradite. Anzi, il tradimento le rafforza. Valori e fatti sono cose diverse. Il giovanilismo è espressione del dominio dei fatti, dell’effettività. Ma i fatti non hanno alcun valore. Quando si dice che si deve “cambiare l’Italia”, che occorrono “riforme”, che bisogna “cambiare verso”, o si usano altre simili espressioni di per sé prive di contenuto, si indulge per l’appunto all’attivismo, alla cultura del fare per il fare. A questo fine, il giovanilismo è sufficiente. Se, invece, il fare si vuol inserire in un disegno che valga per l’oggi, apra una strada per il futuro e trovi le sue basi in ciò che di valido viene dal passato, il giovanilismo non basta più. Non è più questione di vecchi e giovani.

l’Unità – 25 maggio 2014
"Giannini, all'ultimo tuffo: Dentro altri 17mila precari”
░ Il ministro interviene a modificare le regole stabilite da Profumo e decide l’assunzione degli «idonei» 2012: colpiti gli iscritti alle G.E.
Contrordine, sul reclutamento dei docenti si cambia. Ed è subito «guerra tra poveri». Dopo aver già agitato le acque con l’annuncio di un nuovo concorsone nel 2015, il Miur guidato da Stefania Giannini getta un altro sasso nello stagno: il 23 maggio (con le graduatorie provinciali chiuse il 17 maggio) il ministro decreta l’assunzione a tempo indeterminato dal 2014/15 per i cosiddetti «idonei» del concorso 2012 («in subordine ai vincitori»). Ben 17 mila persone, che pur avendo superato il punteggio minimo richiesto erano risultate in sovrannumero rispetto agli 11.500 posti banditi. Una scelta che scatena fortissime reazioni in rete da parte dei precari “storici”, inseriti nella graduatorie a esaurimento… Le regole del Concorsone 2012 stese dall’ex ministro Profumo prevedevano infatti l’assunzione solo nella misura dei posti disponibili,e nemmeno l’abilitazione per chi pure avesse un punteggio utile… Se in teoria ai precari storici viene garantito il50% delle future immissioni in ruolo (il restante andrebbe appunto ai vincitori di futuri concorsi), l’assunzione di queste 17 mila persone riduce il numero di supplenze disponibili per i precari che ora temono di avere ancora minori chances di lavoro… Ci sono poi questioni pratiche. Difficile pensare che possano essere assunti tutti e 17 mila, il posto potrebbe arrivare magari per meno della metà di loro; che fine faranno gli altri? Si creerà una nuova graduatoria per loro? …

Orizzonte Scuola – 26 maggio 2014
"Nuovo concorso a Dirigente. Su quali contenuti verterà? Rischio deriva burocratica”
░ Se la conversione in legge del DL 58/2014 manterrà l'emendamento del Partito Democratico, entro la fine del 2014 si dovrà bandire un nuovo concorso per diventare Dirigenti scolastici.
Quale formazione si richiederà ai candidati per superare il concorso? Si tratta di un punto estremamente delicato che avrà una forte influenza su quella che sarà la futura impostazione del ruolo del Dirigente. Ricordiamo, infatti, che l'avvio di questo concorso coincide con una rivisitazione delle regole volute dalle legge 128/2013. Regole in via, ancora, di declinazione. Si sta giocando una battaglia tra chi punta ad una formazione prettamente organizzativa dei Dirigenti e coloro che, invece, difendono un ruolo con specificità che si legano anche ad interventi nei processi educativi. Il timore, per i difensori del ruolo che volto anche all'aspetto educativo e non solo organizzativo, sorge dall'analisi delle aree formative destinate ai dirigenti vincitori di concorso banditi dalle pubbliche amministrazioni, tra le quali anche il pacchetto per dirigenti tecnici neo-assunti in corso di svolgimento in questo periodo, elaborato dalla Scuola nazionale dell'amministrazione che dovrà occuparsi anche del concorso per la scuola. L'analisi ha condotto alla rilevazione degli aspetti prettamente organizzativi e amministrativi, temendo per i Dirigenti scolastici un cammino verso una figura che abbandona gli aspetti educativi e accentua quelli esclusivamente manageriali. Timori che dovranno essere sciolti nei prossimi mesi, man mano che sarà declinato il pacchetto che costituirà il nuovo concorso. C'è da dire, però, che, se è vero che la legge 128/2013 modifica le modalità d'esame, è anche vero che resta immutato l'articolo 25 del D.L.vo che indica le specificità della Dirigenza, comprendendo anche i processi riguardanti interventi di educazione, istruzione e formazione.

ItaliaOggi – 27 maggio 2014
"Pontecorvo: per anticipare servono più docenti e una diversa didattica”
░ Alessandra Ricciardi intervista la nota psicopedagogista Clotilde Pontecorvo, sul tema tornato di grande attualità: è ragionevole avviare i bambini fin dall’età di cinque anni all’”Obbligo scolastico” decennale (e, come sostiene l’ANIEF, all’”0bbligo scolastico e formativo” di 13 anni scolastici)?
Clotilde Pontecorvo, professore emerito di Psicologia evolutiva alla Sapienza, tra i maggiori esperti di psicopedagogia, ha condotto una ricerca sulla continuità educativa con bambini di 4-8 anni. E ha un'idea ben precisa di quali siano le opportunità e le difficoltà di un anticipo dell'inizio della scuola. «Servono condizioni organizzative puntuali, competenza da parte dei docenti, oltre che la disponibilità dei bimbi».
Domanda. Iniziamo dalle condizioni organizzative.
Risposta. La più importante è che, quando nella classe entrano bimbi più piccoli, oltre all'insegnante della primaria sia presente anche quello dell'infanzia. Questo perché il bambino più piccolo ha bisogno di muoversi, non si può pensare a lezioni frontali, sarebbe assurdo. Anche l'insegnamento della lettura e della scrittura vanno calibrati sull'autonomia e creatività dei bambini. E, inutile dirlo, servono anche spazi adeguati, una classe con file di banchi è improponibile.
D. Che cosa significa modificare l'insegnamento di lettura e scrittura ?
R. Non si comincia con l'alfabetario e l'insegnamento formale. Il lavoro va svolto a piccoli gruppi in classe, con grande possibilità di comunicazione tra i bambini. Che vanno lasciati liberi di produrre le parole nel modo in cui loro le sentono, è molto importante il livello sonoro nella scoperta della scrittura e della lettura.
D. I docenti della scuola dell'infanzia e primaria sono preparati per lavorare in questo modo?
R. In termini generalizzati direi di no. Ci sono molti insegnanti sperimentatori nel nostro Paese disponibili a farlo, ma non direi che c'è la competenza diffusa. C'è anche una certa resistenza da superare, perché l'insegnante che non conosce l'idea vuole fare come si è sempre fatto.
D. Oggi è anche vero che i bambini arrivano a scuola con competenze che vent'anni fa non i loro genitori non avevano.
R. Hanno spesso già una certa padronanza dello scrivere e del leggere, ma hanno comunque necessità di tempi e di modalità di apprendimento giusti. Una scuola elementare che costringe a 5 anni a stare fermo in un banco non fa il bene del bambino.
D. C'è il sospetto che voler anticipare di un anno possa essere una mossa per ridurre il personale.
R. Questo modello di scuola richiede presenze professionali doppie a valenza diversa nei primi anni della scolarità elementare. Un diverso impiego dei docenti, ma non è che si elimina la scuola dell'infanzia.
D. I bambini che iniziano prima a scuola hanno rendimenti più alti ?
R. Non c'è relazione tra l'età di inizio della scolarità e il rendimento. Io ho visto che la possibilità di andare a scuola prima, anni fa era prerogativa di famiglie di alto livello sociale, desiderose di introdurre i bambini a leggere e scrivere prima, ora invece è più richiesta dalle famiglie più modeste. Non so quanto il ministro sia consapevole che la richiesta a volte risponde a esigenze pratiche.
D. La sperimentazione che risultati ha avuto?
R. Risultati positivi, perché i bambini più piccoli messi con quelli più grandi hanno livelli di sviluppo più alti. Ma generalizzare non si può, serve molta flessibilità.
D. Lei è favorevole o contraria a un anticipo dell'inizio della primaria?
R. Non lo sosterrei in modo generalizzato quando le nostre scuole mancano di molte condizioni accettabili. Vorrei prima che i bambini stessero bene a scuola a qualsiasi età. E che non vivessero condizioni che possano produrre fallimenti. Io proporrei di procedere con molta prudenza e dopo aver ben ponderato, con esperti, i pro e i contro. Anticipare di un anno solo per consentire l'uscita anticipata a 18 anni, come negli altri stati europei, non è una buona ragione dal punto di vista psico-pedagogico.

Orizzonte Scuola – 28 maggio - 2014
"Graduatorie ad esaurimento restano chiuse ai nuovi abilitati". Più supplenze con organico funzionale.... e il concorso 2015 ?
░ La Sen. Laura Bignami chiede al Ministro se intenda riaprire le G.E., per i nuovi abilitati. Riportiamo la risposta del Ministero (in Commissione Istruzione del Senato, il 29 maggio 2014) e il commento di Orizzonte Scuola.
[...] occorre evidenziare che la riapertura delle graduatorie ad esaurimento può essere operata solamente attraverso un intervento legislativo. La normativa vigente ha disposto infatti all'art. 1, comma 605 lett.c) della legge n. 296/2006, la trasformazione delle graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento, dalle quali è escluso ogni successivo ed eventuale inserimento. Il Ministero ricorda quindi la costituzione, in via del tutto eccezionale, della IV fascia aggiuntiva, per determinate categorie di personale in possesso di abilitazione conseguita fino all'anno accademico 2010/11. Tutto ciò posto, si ricorda che il Ministro, nelle sue linee programmatiche "ha sottolineato la necessità di predisporre misure nei confronti dei precari all'interno di "organici funzionali" che permettano una migliore gestione delle supplenze e un aumento dell'offerta formativa. Si valuteranno in tale ambito le soluzioni più idonee per tutelare le aspettative dei docenti che hanno ottenuto e che otterranno l'abilitazione attraverso i percorsi formativi previsti dalla normativa vigente."
Con questa risposta però il Ministero elude il nocciolo della questione: come/quando potranno essere assunti a tempo indeterminato i docenti abilitati con le nuove procedure (TFA ordinario, PAS, Laurea in Scienze della formazione primaria, diploma accademico di II livello + TFA per strumento musicale, e in seguito al parere del Consiglio di Stato del 5 giugno 2013 i docenti in possesso di diploma magistrale conseguito entro l'a.s. 2001/02)? Stupisce infatti che la risposta sia orientata verso una gestione migliore del precariato con l'organico funzionale e sostanzialmente viene sottinteso anche un aumento delle supplenze in corrispondenza dell'ampliamento dell'offerta formativa…. Forse potrebbe arrivare prima la risposta da parte dei tribunali, ai quali i docenti si sono rivolti avanzando la stessa richiesta di inserimento in graduatoria ad esaurimento.

http://www.scuolaoggi.org/ – 28 maggio 2014
"L’inclusione negli asili nido”
░ Riportiamo da un articolo di Salvatore Nocera.
Così, più di quarant’anni fa, la Legge 1044 del 1971 aveva definito gli asili nido: «L’assistenza negli asili-nido ai bambini di età fino a tre anni, nel quadro di una politica per la famiglia, costituisce un servizio sociale di interesse pubblico». Quella norma sembrava poggiare l’attenzione soprattutto sul sollievo della famiglia, e in particolare delle madri, dal peso della gestione quotidiana dei figli piccoli, al fine di consentir loro l’attività lavorativa. Proprio a tale scopo, infatti, furono anche stanziati dei fondi a favore dei Comuni. Con il passare del tempo, però, a quell’obiettivo originario se n’è affiancato un altro, sempre più emergente, e cioè quello dell’educazione e della socializzazione dei bambini, prima dell’ingresso nella scuola dell’infanzia. Per tale motivo, ad assumere un maggiore peso educativo fu via via l’articolo 6, comma 1, punto 3 di quella norma, che recitava: «[gli asili-nido debbono] essere dotati di personale qualificato, sufficiente ed idoneo a garantire l’assistenza sanitaria e psicopedagogica del bambino». La formazione psicopedagogica degli operatori, in sostanza, venne acquistando sempre più importanza. Quando poi nel 1992 fu approvata la Legge Quadro 104 sulla disabilità, essa, pur occupandosi per lo più di scuola, all’articolo 12, comma 1 stabiliva che al bambino da 0 a 3 anni con disabilità fosse «garantito l’inserimento negli asili nido». Qui l’espressione «garantito» significa chiaramente che la legge riconosce un diritto e che tale diritto è rafforzato dall’articolo 3, comma 3 della medesima Legge, laddove si dice che per gli alunni in situazione di disabilità grave l’accesso ai servizi previsti «assume connotazione di priorità». Ciò significa che i bimbi con certificazione di disabilità ai sensi dell’articolo 3, comma 3 della Legge 104/92 hanno diritto di priorità di accesso agli asili nido, in caso di eccesso di domande di iscrizione. Questo, ovviamente, purché si tratti di asili nido attivati dal Comune di residenza del bimbo; in quelli, invece, di altri Comuni, il bambino con disabilità, anche grave, deve rispettare le graduatorie, secondo i criteri fissati localmente. A riprova della prevalente funzione educativa di tali servizi, va ricordato poi che sempre la Legge 104, all’articolo 13, comma 2, prevede che i Comuni possano adeguare «l’organizzazione e il funzionamento degli asili-nido» alle esigenze dei bambini con disabilità, «al fine di avviarne precocemente il recupero, la socializzazione e l’integrazione, nonché l’assegnazione di personale docente specializzato e di operatori ed assistenti specializzati»…. Pertanto, alla luce di tutto ciò, le famiglie possono chiedere ai Comuni la costituzione di asili nido propri o il convenzionamento con asili nido privati che abbiano i requisiti richiesti dai Comuni stessi, anche sulla base delle rispettive Leggi Regionali in materia….

www.tuttoscuola.com – 29 maggio 2014
"Garanzia giovani: se la montagna non va dal profeta…”
░ La Garanzia Giovani (Youth Guarantee) è il Piano Europeo per la lotta alla disoccupazione giovanile, che prevede finanziamenti per i Paesi membri con tassi di disoccupazione superiori al 25%, da investire in politiche di orientamento, formazione e inserimento al lavoro, a sostegno dei giovani che non sono impegnati in un'attività lavorativa, né inseriti in un percorso scolastico o formativo.
Sul sito del Governo (www.governo.it), nell’ampia informativa esposta, si apprende che i giovani tra i 15 e i 29 anni, non impegnati in un’attività lavorativa né inseriti in un corso scolastico o formativo (cosiddetti Neet - Not in Education, Employment or Training) hanno tempo fino al 31 dicembre 2015 per registrarsi al sito www.garanziagiovani.gov.it, on line dal 1° maggio 2014. La regione scelta, dopo l'adesione, "prenderà in carico" la persona attraverso i Servizi per l'Impiego, o le Agenzie private accreditate. In base al profilo e alle disponibilità territoriali, i giovani stipuleranno con gli operatori competenti un "Patto di servizio" e, entro i quattro mesi successivi, riceveranno una o più opportunità tra: - Inserimento al lavoro; - Apprendistato; - Tirocinio; - Istruzione e Formazione; - Autoimprenditorialità; - Servizio civile. Possono registrarsi al sito i giovani residenti in Italia – cittadini comunitari o stranieri extra UE, regolarmente soggiornanti nel nostro Paese. All’8 maggio (cioè tre settimane fa) avevano aderito a Garanzia Giovani oltre 29.936 giovani; 21.189 lo hanno fatto attraverso il portale nazionale e 8.747 attraverso i portali regionali. Secondo il recentissimo Rapporto annuale dell’Istat i giovani neet sono attualmente 2,4milioni. Quei 30 mila iscritti a ‘Garanzia Giovani’ sono meno di una goccia d’acqua nell’oceano. Se ad oggi quel numero fosse anche raddoppiato, sarebbe sempre un nulla rispetto ai 2 milioni e 400 mila giovani neet. Anziché aspettare che quell’esercito si muova da solo, non sarebbe meglio andare a cercarli, informarli, orientarli?...

 www.insegnareonline.com – 15 maggio 2014
“Invalsi: Liberi tutti?”
░ Un commento salomonico di Mario Ambel.
Strano (e sempre un po' triste) paese, questo! Fino a un mese o due fa, parlar male dell'Invalsi o anche solo avanzare critiche e perplessità per migliorarne il funzionamento e i rapporti con le scuole era considerato una sorta di Lesa Maestà. … Da qualche giorno, il vento sembra invece aver mutato direzione. Da qualche giorno parlar male dell'Invalsi, avanzare non solo dubbi, ma critiche feroci e talvolta anche prive di senso, scoprirne le lacune e le parzialità, invocarne la soppressione, boicottarne l'esercizio è divenuto pratica corrente. Abbiamo addirittura sentito esponenti politici che certo non si occupano tutti i giorni della valutazione del sistema scolastico contraddire quella che fino a poche settimane fa era una sorta di religio sine qua non: il sistema di valutazione così come viene oggi esercitato è condizione essenziale per l'efficacia del sistema e il suo miglioramento. E ora sono arrivati anche gli studenti, che passano dall'ansia indotta dei più piccoli e dal boicottaggio strisciante consumato sui banchi dei più grandi a quello esplicito portato nelle piazze, digitali e reali. Meglio: se non altro evitiamo di alterare i risultati, con tutto quel che ne consegue. Insomma, da qualche giorno parlar male dell'Invalsi è diventato una sorta di sport nazionale, come sparare sulla Croce Rossa…. Il sospetto (di quelli andreottiani, per intenderci) è che lo scontro per la carica di Presidente dell'Istituto abbia lasciato scontente le due fazioni estreme. Quella di chi avrebbe voluto un Invalsi ancor più funzionale alla logica competitiva, meritocratica, che pretende di usare poche prove censuarie per misurare e valutare tutto: gli allievi, gli esami, gli insegnanti, le scuole, le macroregioni, il paese e usare gli esiti, ovviamente pubblici, per fare classifiche, pubblicare risultati, premiare e punire, fornire ai genitori criteri di scelta e chi invece vorrebbe abolire i “quiz” (le prove Invalsi non sono quiz, spesso lo sono invece quelli per l'ammissione alle facoltà universitarie) e l'Istituto che li propina proprio perché funzionali a quella idea di scuola e di società competitiva ed escludente, chi non vede soluzione praticabile alla presenza di una qualsiasi forma di osservazione e valutazione esterna o mista del funzionamento e degli esiti delle istituzioni scolastiche. Si ha come la sensazione che la sconfitta di queste due ipotesi abbia lasciato un poco più aperto lo spazio per lavorare a una soluzione intermedia: un sistema di valutazione che funziona anche perché accetta le critiche e che collabora in modo dialettico con una scuola che a sua volta vi interagisce anziché subirlo, riflette in modo professionalmente maturo sui rapporti fra la valutazione esterna e quella interna e così facendo contribuisce a migliorarle entrambe. Insomma uno spazio di costruzione condivisa di professionalità più competenti, dall'una e dall'altra parte, capaci anche di riconquistare la fiducia e la collaborazione degli allievi. Che poi è la cosa che più conta e per la quale vale la pena spendersi. Si ha la sensazione che sia questo spazio a essere sempre più faticoso in questo paese. E che anche solo l'apertura di uno spiraglio in tale direzione finisca con l'alimentare, magari inconsapevolmente, il fuoco di fila. Asservimento a logiche preconcette e rottamazione delle procedure passate sembrano oggi aver molto più appeal. Infatti hanno subito riempito le gazzette.

www.latecnicadellascuola.it/ – 18 maggio 2014
“Nuovo taglio di 120milioni al fondo di istituto?”
░ Un’allarmante considerazione avanzata da Reginaldo Palermo; se ha ragione (com’è il più delle volte) il Fondo d’Istituto “sparirà”.
Manca ancora l'atto di indirizzo per dare avvio al contratto sugli scatti stipendiali. Se il contratto non verrà firmato entro il 30 giugno è quindi possibile che i 120 milioni messi a disposizione dal D.L. n. 3/2014 finiscano nelle casse dello Stato. L'unica soluzione, a quel punto, sarà quella di attingere al fondo di istituto. Ormai è quasi certo: i 120 milioni di euro messi a disposizione dal comma 2 dell’articolo 1 del D.L. n. 3/2014 per consentire il riconoscimento dello scatto finiranno nelle casse dello Stato. La norma, infatti, è chiara: per poter essere utilizzati è necessario che il contratto nazionale sugli scatti venga firmato entro il 30 giugno prossimo. Ma il fatto è che - ad oggi - il tanto atteso atto di indirizzo che dovrebbe dare avvio alla trattativa non è ancora arrivato all’Aran. E senza questo “pezzo di carta” non si può fare nulla. In realtà il Ministro Giannini ha già annunciato più volte che l’atto di indirizzo è pronto, tanto che qualche settimana fa, in occasione dell’ennesimo annuncio, i sindacati avevano anche espresso viva soddisfazione. A questo punto proviamo a fare due conti. Supponiamo pure che la prossima settimana l’atto di indirizzo venga formalizzato e inviato all’Aran e supponiamo anche che la trattativa si apra immediatamente: saremo comunque arrivati a fine maggio. Diamo per scontato che la firma della pre-intesa avvenga nell’arco di due-tre giorni: saremo ai primi di giugno. Ma c’è un “piccolo” particolare: quando la legge parla di “conclusione del contratto” non può che riferirsi alla firma definitiva che avviene solo dopo che gli organi di controllo hanno verificato la congruità del contratto stesso. E bisogna anche aggiungere che gli organi di controllo hanno tempo almeno 30 giorni per registrare il provvedimento. Insomma: se tutto va nel migliore dei modi, la firma definitiva potrebbe arrivare ai primi di luglio. E allora? Nessun problema, la soluzione c’è: per garantire l’attribuzione degli scatti non si potranno più usare i 120milioni di cui parla il D.L. 3/2014 ma sarà possibile decurtare dello stesso importo il fondo di istituto che in tal modo, a partire dal 2014/2015 sparirà del tutto.

www.latecnicadellascuola.it/ – 20 maggio 2014
Professori "promossi" a impiegati che inseriscono dati
░ Parole di Lucio Ficara. Condividiamo e aggiungiamo che la Giannini copia, in ciò, Profumo e Carrozza.
Siamo al paradosso: gli insegnanti devono dedicare il proprio tempo ad inserire i dati delle prove Invalsi, mentre persone che magari non hanno mai insegnato predispongono i test (con inevitabili strafalcioni)… Il docente ha bisogno di essere apprezzato, stimato per il valore intellettuale che rappresenta e non può essere umiliato e degradato a svolgere obbligatoriamente e gratuitamente mansioni burocratiche come quella di inserire in una maschera elettronica migliaia di dati dei test Invalsi. Infatti l’Invalsi ha predisposto un file di excel con macro attive che funzionano solo con il software Microsoft, obbligando di fatto i docenti di Italiano, matematica e le maestre nelle scuole elementari ad eseguire un massacrante inserimento dati delle risposte del test di Italiano, matematica e il questionario dello studente per le scuole secondarie. Si tratta di una vera e propria molestia burocratica che vede i docenti di ambito impegnati ad inserire dati per molte ore. Questo è veramente assurdo, si utilizzano gli intellettuali come se fossero dei semplici impiegati per inserire anche più di 2000 rispOSTE dei quiz Invalsi sostenuti dai propri studenti. Nel sito dell’Invalsi c’è scritto a chiare lettere che i docenti di ambito provvedono alla correzione delle domande a risposta aperta. I docenti della scuola provvedono a riportare le risposte fornite dagli allievi sulla maschera elettronica. Le predette maschere sono inviate all’INVALSI mediante upload sul sito dell’INVALSI stesso, secondo un calendario regionale. Tutto questo lavoro non è assolutamente riconosciuto sul piano economico e mortifica un’altra volta alcuni docenti che oltre a queste incombenze, hanno compiti in classe da preparare e correggere. Il ministro Stefania Giannini parla tanto di restituire dignità professionale ai docenti, ma nulla ha fatto di concreto per evitare tali stress alle maestre e ai prof di italiano e matematica. Perché l’operazione dell’inserimento dati nella maschera elettronica non viene fatto dagli stessi operatori Invalsi che tra l’altro sono anche stipendiati? Perché il ministro Giannini non fa svolgere tali test direttamente on line a tutti gli studenti, in modo da avere in tempo reale dati e risultati, evitando un super lavoro massacrante ai docenti? …

www.orizzontescuola.it – 20 maggio 2014
“Adempimenti fine anno. Gli obblighi dei docenti dopo il termine delle lezioni”
░ Gli artt. 28 e 29 del CCNL/2007 definiscono puntualmente gli obblighi di lavoro del personale docente articolati in attività di insegnamento ed in attività funzionali all’insegnamento. di Paolo Pizzo.
Quando le lezioni sono terminate l’attività obbligatoria di insegnamento (art. 28) non è più dovuta, per l’ovvia constatazione che mancano gli allievi a cui insegnare (l’art. 1256 del c.c. libera il docente da ogni obbligo). Le attività funzionali all’insegnamento (art. 29) sono così suddivise: 40 ore annue per la partecipazione alle riunioni del collegio docenti e ulteriori 40 ore annue per la partecipazione ai consigli di classe, di interclasse, di intersezione. I due tipi di impegni non possono essere sommati. Le ore non vanno confuse o considerate “intercambiabili”. Si fa dunque riferimento a 40+40 ore (distinte) e non ad 80. A queste si aggiungono ovviamente le attività obbligatorie in riferimento agli scrutini ed esami, compresa la compilazione degli atti relativi alla valutazione (tali attività non sono ricomprese nelle 40+40 ore). Ricordiamo che se il docente ha già raggiunto le 40 ore annue per la partecipazione alle riunioni del collegio docenti e sono previsti altri incontri, ha titolo o al pagamento delle ore aggiuntive o all’esonero dalla partecipazione. Nel contratto non si rinviene obbligo alcuno a carico dei docenti quando le lezioni sono sospese (mese di giugno compreso), salvo che per la parte residua degli obblighi relativi alle attività collegiali, sopra citate, di cui all’art. 29 del contratto.
Le uniche prestazioni che possono essere richieste nel periodo di sospensione delle lezioni sono dunque le attività funzionali all’insegnamento relative a scrutini ed esami, riunioni di collegio docenti e consigli di classe, ma solo se programmate, cioè comprese nel piano approvato dal collegio a inizio d’anno, e nella quantità fissata dal CCNL/2007. Il Piano annuale delle attività del personale docente viene adottato all’inizio dell’anno scolastico su proposta del dirigente e può essere aggiornato in corso d’anno sulla base delle esigenze che a mano a mano si presentano. L’aggiornamento del Piano ed eventuali impegni aggiuntivi deve comunque coinvolgere il collegio docenti, organo rappresentativo di coloro che poi a quel Piano devono dare coerente attuazione. I docenti, dunque, nel periodo in cui non vi è lezione ed escludendo ciò che prevede il Piano delle attività non possono essere obbligati (neanche con un ordine di servizio): - Alla presenza a scuola secondo il loro normale orario d’insegnamento; - A recarsi tutte le mattine a scuola per firmare il registro delle presenze; - Ad attività di riordino della biblioteca o altre attività normalmente “estranee” all’insegnamento; - Ad adempiere a qualsiasi attività prevista in un “elenco” di impegni stilato autonomamente dal Dirigente e non previsto nel Piano delle attività. Ciò vale per qualsiasi ordine di scuola a lezioni terminate. L’unica eccezione è per i docenti di II grado non impegnati negli esami. L'art. 11 dell'OM. n. 41 dell'11 maggio 2012 prescrive: “Il personale utilizzabile per le sostituzioni, con esclusione del personale con rapporto di lavoro di supplenza breve e saltuaria, deve rimanere a disposizione della scuola di servizio fino al 30 giugno, assicurando, comunque, la presenza in servizio nei giorni delle prove scritte..”. “Rimanere a disposizione” non vuol dire però obbligo della presenza o della firma per tutti i giorni che vanno dal termine delle lezioni al 30/6. Non a caso il comma poi specifica “assicurando, comunque, la presenza in servizio nei giorni delle prove scritte”. Ricordiamo inoltre a tutti i Dirigenti la Nota ministeriale prot. n. 1972 del 30 giugno 1980, che già all’epoca chiariva la questione: “Appare in contrasto con il sistema previsto dai Decreti Presidenziali 31 maggio 1974, numero 416 e 417, l’imposizione di obblighi di semplice presenza nella scuola che non siano dipendenti da iniziative programmate e attive e rispondenti a reali esigenze delle singole scuole. Si tratterebbe infatti di presenza permanente formale che, in tal caso, non terrebbe conto della peculiare caratteristica dell’istituzione scolastica, che si differenzia della prevalente attività (quella di insegnamento destinato agli alunni) prevista dal calendario scolastico.” Gli stessi concetti sono stati ribaditi con successive note e sentenze. Tra queste ultime ricordiamo quella del Consiglio di Stato n. 173/1987 in cui si decretava: “…Né è ipotizzabile l’imposizione dell’obbligo della semplice presenza nella scuola indipendentemente dall’impegno in attività programmate, non trovando ciò corrispondenza nel sistema delineato dal D.P.R. n. 417/1974”.

░ Il servizio pubblico di istruzione e formazione dovrebbe, a nostro parere, coprire il periodo dai 5 ai 18 anni concludendosi, nella secondaria di II grado, col biennio professionalizzante istruzione/lavoro nel quale intervengano, con la Scuola, i diversi soggetti educativi pubblici in partership con le aziende. Ecco il percorso, nel sistema da noi immaginato: - Primo ciclo: dai 5 anni ai 13 anni (obbligatorio e gratuito); - Biennio comune a tutti gli ordini scolastici: dai 13 ai 15 anni(obbligatorio e gratuito); - Anno di orientamento: dai 15 ai 16 anni (obbligatorio e gratuito); - Biennio terminale professionalizzante, in collaborazione con l’offerta formativa regionale e con l’imprenditoria. Su questo argomento della rimodulazione dell’iter scolastico/formativo con “uscita” a18 anni, è intervenuta il ministro Giannini. Riportiamo due articoli, il primo a firma Giorgio Israel, il secondo. Leonard Berberi.
Il Messaggero – 22 maggio 2014
“Alle elementari a cinque anni, ecco la riforma”
La dichiarazione del ministro Giannini della possibilità di anticipare l’ingresso dei bambini alle scuole primarie a 5 anni, deve aprire una riflessione. … C’è molto buon senso in questo approccio e proviamo a dire per quali ragioni, almeno secondo il nostro punto di vista. Siamo realisti: è evidente che siamo di fronte a una pressione fortissima volta ad accorciare il percorso scolastico di un anno. Rivestire questa pressione di motivazioni didattiche, pedagogiche o culturali è una colossale ipocrisia: è chiaro che le motivazioni sono di risparmio e di tagli, ed è altrettanto chiaro che la pressione è tale che al ministro, qualsiasi cosa ne pensi, risulta difficile resistere. … Dopo anni di sperimentazioni e riforme parziali che hanno fatto della scuola un colabrodo, è bene non farsi prendere da questa tentazione: non esistono le condizioni culturali, politiche, istituzionali (anche in presenza di un ministero inguaribilmente dirigista) per costruire in tempi ragionevoli una soluzione che metta d’accordo le innumerevoli teorie pedagogico-didattiche che si affollano attorno al capezzale del malato. Ricomincerebbe la diatriba sulla saldatura tra l’ultimo anno delle primarie e il primo delle medie, o tra l’ultimo delle medie e il primo dei licei. Non meno devastante – per usare un termine moderato – sarebbe l’idea del liceo quadriennale che porterebbe a distruggere i licei classici e scientifici, rendendo una burletta l’insegnamento della storia, della filosofia e della matematica, per non dire altro: la vicenda della “geostoria” indica con quale spregiudicatezza si può essere capaci di inventare materie-centauro. Allora, se proprio si deve fare qualcosa, meglio agire sul ciclo comprendente i tre anni della scuola dell’infanzia e i cinque della scuola primaria, riducendo a due i primi tre e inserendo i bambini nella scuola primaria a cinque anni. Va osservato, al riguardo, che la scuola dell’infanzia è il settore più in affanno e insufficiente a coprire la domanda, per cui la sua riduzione a due anni permetterebbe un impiego più razionale di insegnanti e aule presentando un’offerta di gran lunga migliore senza tagli. Inoltre, una maggiore interconnessione tra i due percorsi scolastici va nel senso della riforma basata sul progetto formulato anni fa da una commissione ministeriale presieduta da chi scrive, che ha unificato in un’unica laurea quinquennale la formazione degli insegnanti della scuola dell’infanzia e della scuola primaria, restituendo dignità ai primi e creando le condizioni per un’osmosi tra due percorsi che sono strettamente correlati. Possiamo ora constatare che si trattò di una scelta preveggente che, non a caso, è l’unica parte di quella riforma che ha retto e funziona, a fronte dello sfacelo cui è stato ridotto il progetto dei TFA (Tirocini Formativi Attivi). Essa può essere la base per una soluzione agevole nel senso prospettato dal ministro. V’è però un punto importante su cui occorre essere estremamente chiari. I bambini di cinque anni sono maturi per entrare nelle scuole primarie. Parecchi anni fa, vecchie teorie pedagogiche diffusero la tesi che un bambino, prima dell’età di sette/otto anni, non è capace di ragionamenti logici e non è capace di assimilare concetti matematici. Si tratta di tesi ampiamente confutate, screditate e dannose, che hanno legittimato una didattica rinunciataria e mediocre, una “didattica della paura” che ha avuto punte estreme nella tesi secondo cui in prima elementare non si debbono insegnare i numeri oltre al 20. Malauguratamente questi tesi vengono ancora sostenute da chi fa orecchie da mercante alle confutazioni che ne sono state fatte. Purtroppo, esse hanno influenzato sia la prassi di molti maestri, sia molti aspetti delle mediocri Indicazioni nazionali per le primarie varate un paio di anni fa….
Corrieredellasera.it – 22 maggio 2014
“Bimbi sui banchi già a cinque anni Ma è giusto anticipare la scuola ?”
A cinque anni l’americano Kristoffer Von Hassel ha scoperto che il suo videogioco aveva una grossa «falla» informatica. E per questo è stato pure premiato, poche settimane fa, dall’azienda produttrice. Ma chissà se è già pronto per andare a scuola. Sì, secondo Olanda, Regno Unito, Ungheria e Cipro. Decisamente no per altri Paesi come Svezia, Danimarca e Finlandia, dove tra i banchi ci si sede a 7 anni. E per l’Italia? Oggi la Primaria (le vecchie elementari) inizia a 6. Ma ai microfoni di Radio Capital il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha riaperto il dibattito sull’età. «Bisognerebbe dare la possibilità di mandare i figli a scuola un anno prima», ha detto. L’ipotesi di un’anticipazione non va giù ai sindacati. Cisl scuola e Flc-Cgil dicono di no. L’Anief, invece, appoggia il ministro: «Bisogna adeguarsi ai tempi che cambiano, sbagliano gli altri ad essere conservatori». Gli esperti si dividono. I genitori, in tutto questo, si chiedono cosa sia meglio fare per i propri figli. La questione, in realtà, non è nuova. Se ne parlava già alla fine degli anni Novanta, quando il dicastero dell’Istruzione era guidato da Luigi Berlinguer. A un certo punto comparve pure una bozza con tempi e costi, ma poi tutto si bloccò: troppo difficile mettere in pratica. Sui banchi già a 5 anni quindi? «Assolutamente sì», esordisce Silvia Vegetti Finzi, psicoterapeuta per i problemi dell’infanzia. «Ma bisogna fare attenzione: abbiamo comunque a che fare con degli esseri fragili». Per questo, «quando verrà il momento, bisognerà ripensare tutta la prima elementare… A livello didattico, poi, «bisognerebbe puntare molto sulle attività manuali, sul disegno, sulla musica, sul canto… «il programma del primo anno debba fare molta attenzione ai loro sentimenti: si tratta comunque di esseri umani che sono degli analfabeti emotivi». E deve ricordarsi che i bimbi «conoscono poco il proprio corpo, anche nelle cose magari quotidiane come arrampicarsi su un albero, lanciare un sasso, correre». «Quella del ministro Giannini è una buona idea: bisogna anticipare di un anno la fine del ciclo scolastico per allinearsi agli altri Paesi», ragiona Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Giovanni Agnelli. Che, però, parla di «obbligo flessibile», perché ognuno la sua storia e il suo percorso…. La soluzione migliore sarebbe lasciare libertà ai genitori: decidano loro quando iscriverlo, la famiglia è il miglior giudice»…. «C’è un problema tecnico: in questo modo si verificherà l’“onda anomala” con due generazioni di studenti che finiranno per frequentare lo stesso anno scolastico». E a quel punto, «passando da 500 mila a un milione in pochi mesi, bisognerà raddoppiare tutto: le aule, gli insegnanti...». … Secondo Ferraris «la didattica del primo e del secondo anno dovrebbe imitare il programma della scuola dell’Infanzia: molti lavori manuali, ricreazione più lunga, tante esperienze all’aperto, in mezzo alla natura». «E che non si mettano a dare i voti — conclude —. I piccoli non sono pronti ad affrontare lo stress emotivo»….

Pubblichiamo alcuni articoli sull'avvio dei test Invalsi e sul commento di Marcello Pacifico all'appello del presidente Napolitano contro la disoccupazione.

Al via i testi Invalsi

ANSA: Scuola: Invalsi; Anief, no ai test se valutano insegnanti
(ANSA) - ROMA, 5 MAG - I test Invalsi? Utili se utilizzati come indicatore per programmare nuove strategie, disco rosso, invece, se pensati per valutare il merito degli insegnanti. E' questa la posizione dell'Anief. "Anief reputa positiva la pratica dei test Invalsi, ma solo se verrà adottata come indicatore per programmare nuove strategie didattiche. Non è d'accordo, invece - spiega il presidente del sindacato, Marcello Pacifico - se si vuole utilizzare l'esito delle prove standardizzate per etichettare le scuole e per valutare gli insegnanti. Si tratterebbe dell'ennesima beffa, messa in atto proprio quando negli Stati Uniti si firma un contratto che aumenta del 18% gli stipendi nei prossimi anni, mentre in Italia il ministro convoca i sindacati più rappresentativi per avere il beneplacito per la fine degli scatti di anzianità, l'unica forma di carriera del personale scolastico". Per Pacifico la valutazione degli insegnanti "non può passare per test nazionali che non tengono conto della classe degli alunni e del territorio da cui parte ogni programmazione didattica". Anief reputa il sistema di valutazione scolastico a tre "gambe" - Invalsi, Indire e corpo ispettivo - "incompatibile con le esigenze della scuola italiana". "In questo modo - osserva - non si migliora il livello di efficienza dell'istruzione, ma si realizza solo un sistema punitivo e mortificante delle professionalità di chi opera nel settore, spesso in condizioni disagiate e al limite della sopportabilità fisica e mentale". Il sindacato, inoltre, "non può accettare che le sorti dell'istruzione italiana siano legate all'operato di un istituzione, l'Invalsi, che ha già mostrato i suoi limiti, come in occasione degli esami di licenza media, con l'adozione di griglie di valutazione del merito espresse su 4/10 anziché sulla canonica scala 0-10". (ANSA).

ANSA: Scuola: domani Invalsi; presidente, obiettivo migliorare
Proteste Cobas contro "indovinelli". Giannini, valutazione serve
(ANSA) - ROMA, 5 MAG - E' tempo di Invalsi. E delle consuete polemiche. Da domani oltre due milioni di studenti affronteranno i test per la valutazione delle competenze acquisite in Italiano e Matematica. Alla vigilia della prova, mentre la presidente dell'Invalsi, in una lettera inviata agli insegnanti, rassicura che l'obiettivo di queste rilevazioni è il miglioramento delle performance dei ragazzi e che l'Istituto é consapevole della opportunità di tener conto del peso che le diverse variabili (ambiente familiare, territorio...) possono avere nei risultati, i Cobas confermano gli scioperi indetti in concomitanza "con l'insensato rito dei quiz indovinello". Domani in una manifestazione-spettacolo davanti al ministero (hanno arruolato artisti di strada per 'animare' la mattinata) ribadiranno le ragioni del loro 'no', non ultima quella relativa ai costi: "il funzionamento annuo a regime dell'Invalsi richiede l'assegnazione di un finanziamento pari a 14.000.000 euro". L'Anief dal canto suo reputa positiva la pratica dei test Invalsi, "ma solo se verrà adottata come indicatore per programmare nuove strategie didattiche". Non è d'accordo, invece "se si vuole utilizzare l'esito delle prove standardizzate per etichettare le scuole e per valutare gli insegnanti". Ai contestatori risponde indirettamente il ministro Giannini: "la valutazione è una parola d'ordine a cui non posso e non devo rinunciare", "credo che più che discutere e contestare l'esistente si debba insieme - mondo della scuola, insegnanti e dirigenti scolastici e ministero - lavorare affinché lo strumento di valutazione diventi la chiave di cambiamento radicale della figura dell'insegnante, della sua valorizzazione, per premiare chi lavora di più". I primi a cominciare, domani, saranno gli alunni delle seconde e quinte elementari che si cimenteranno con la prova preliminare di lettura e quella di Italiano. Il giorno successivo se la vedranno con la Matematica e con il questionario studente. Il 13 maggio sarà poi la volta degli studenti del secondo anno delle scuole superiori che nello stesso giorno affronteranno sia la prova di Italiano sia quella di Matematica e dovranno compilare pure il questionario studente che raccoglie le informazioni sul contesto di provenienza degli alunni. Si chiude la partita 2014 il 19 giugno con la prova nazionale preparata per gli studenti alle prese con gli esami di licenza media. La novità di quest'anno è la scomparsa del test in prima media: le scuole secondarie di primo grado avranno le informazioni sugli apprendimenti degli studenti "in entrata" attraverso la messa a disposizione da parte dell'Invalsi dei risultati degli alunni che l'anno precedente hanno sostenuto la prova in quinta elementare. Resta allo studio l'ipotesi di differenziare per indirizzo le prove per le Superiori e intanto, in attesa che il test Invalsi venga introdotto all'esame di Maturità (se ne parla da anni) "assaggi" di test verranno sottoposti agli alunni dell'ultimo anno delle superiori (ma non in occasione dell'esame di Stato) per meglio "tarare" le domande in vista di modelli alternativi da proporre in futuro. (ANSA).

Live Sicilia: Scuola, i test Invalsi: "L'obiettivo è migliorare"

Go news: Scuola, test Invalsi per due milioni di studenti. Ma ci sono le solite polemiche. I Cobas contro gli ‘indovinelli’. La Giannini: “La valutazione serve”

Tecnica della Scuola: Partono le prove Invalsi, tornano scioperi e proteste

Regione Valle d'Aosta: Scuola: domani Invalsi; presidente, obiettivo migliorare

AgenParl: Scuola: Anief, domani al via test Invalsi, Miur li utilizzi solo per didattica

Italpress: Scuola: Anief "Bene test Invalsi ma solo come indicatore per strategie"

Corriere della Sera: Invalsi al via per 2 milioni di ragazzi

L'Arena: Test Invalsi, si comincia tra polemiche e proteste

Il Cittadino: Test Invalsi, via tra le polemiche

La Prealpina: Più di due milioni di studenti chiamati alle prove Invalsi

Orizzonte Scuola: Partono le prove Invalsi, perché i sindacati dicono no

L'Arena: Test Invalsi, si comincia tra polemiche e proteste

 

Pacifico su appello di Napolitano contro la disoccupazione

Teleborsa: L'Anief plaude all'appello di Napolitano contro la disoccupazione

Borsa italiana: L'Anief plaude all'appello di Napolitano contro la disoccupazione

Repubblica Finanza: L'Anief plaude all'appello di Napolitano contro la disoccupazione

Il Messaggero: L'Anief plaude all'appello di Napolitano contro la disoccupazione

Qui Finanza: L'Anief plaude all'appello di Napolitano contro la disoccupazione

Pubblichiamo alcuni aricoli sulla storica sentenza del TAR Lazio che consente ai precari di diventare dirigenti scolastici.

Corriere della Sera: La sentenza: anche i supplenti possono diventare presidi

Il Sole 24 Ore: Anche i supplenti possono diventare presidi, lo ha deciso il Tar

ANSA: Scuola: Anief, anche supplenti possono diventare presidi
Tar Lazio ha preso atto pronunce Corte Giustizia europea
(ANSA) - ROMA, 15 MAG - Il Tar del Lazio (con la sentenza 5011/2014) ha ritenuto che per partecipare al concorso per presidi può essere ritenuto valido anche il periodo di precariato perché equivalente a quello svolto dai colleghi di ruolo: due insegnanti oggi ancora precarie, che nel 2011 avevano presentato ricorso e superato tutte le prove preselettive e d'esame, si sono così viste sciogliere la riserva d'accesso al concorso dovuta al difetto, rivelatosi erroneo, della soglia minima dei cinque anni di servizio di ruolo. E siccome le due prof hanno anche vinto il concorso, ora diventeranno a tutti gli effetti dirigenti scolastici. A dare la notizia è l'Anief. "In pratica per il Tar il servizio prestato da precario o post-ruolo va considerato allo stesso modo: esattamente come avviene con i titoli accademici di accesso. Come del resto indicato dall'Unione Europea, non esiste alcuna ragione giustificata per discriminare i precari della scuola" spiega l'Anief che ha attivato il ricorso su cui nelle ultime ore il tribunale si è espresso positivamente. "Dopo anni di supplenze - spiega con soddisfazione Marcello Pacifico, presidente Anief - le due meritevoli insegnanti si ritrovano oggi dall'altra parte della scrivania. Ciò è avvenuto grazie a una sentenza che prende atto di altre pronunce della Corte di Giustizia europea e disapplica la normativa nazionale consentendo alle candidate, all'inizio escluse, che hanno superato tutta la procedura concorsuale, di cambiare mestiere. Confermando che la precarietà lavorativa rimane un paradosso tutto italiano". (ANSA).

Yahoo: Per Tar anche supplenti possono diventare presidi, Anief: storico

TMNews: Per Tar anche supplenti possono diventare presidi, Anief: storico
Pacifico: precarietà lavorativa rimane paradosso tutto italiano
Roma, 15 mag. (TMNews) - Il Tar Lazio ha stabilito che anche i supplenti possono diventare presidi. Con la sentenza 5011/2014, il Tribunale amministrativo ha infatti accolto un ricorso dell'Anief e deciso che per partecipare al concorso per presidi può essere ritenuto valido anche il periodo di precariato perché equivalente a quello svolto dai colleghi di ruolo: due insegnanti oggi ancora precarie, che nel 2011 avevano presentato ricorso e superato tutte le prove preselettive e d'esame, si sono così viste sciogliere la riserva d'accesso al concorso dovuta al difetto, rivelatosi erroneo, della soglia minima dei cinque anni di servizio di ruolo. E siccome le due prof. hanno anche vinto il concorso, ora diventeranno a tutti gli effetti dirigenti scolastici. "Dopo anni di supplenze - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - le due meritevoli insegnanti si ritrovano oggi dall'altra parte della scrivania. Ciò è avvenuto grazie ad una sentenza che prende atto di altre pronunce della Corte di Giustizia europea e disapplica la normativa nazionale consentendo alle candidate, all'inizio escluse, che hanno superato tutta la procedura concorsuale, di cambiare mestiere. Confermando che la precarietà lavorativa rimane un paradosso tutto italiano". In pratica, per il Tar il servizio prestato da precario o post-ruolo va considerato allo stesso modo: esattamente come avviene con i titoli accademici di accesso. Come del resto indicato dall'Unione Europea, non esiste alcuna ragione giustificata per discriminare i precari della scuola. L'Anief ha sempre creduto a questa linea, tanto da attivare il ricorso su cui nelle ultime ore il tribunale si è espresso positivamente.

Il Sole 24 Ore: Tar Lazio, prèsidi: concorso aperto anche ai supplenti

TMNews (canale Youtube): Anche i supplenti possono diventare presidi, lo ha deciso il Tar

Corriere Nazionale: Anche i supplenti possono diventare presidi, lo ha deciso il Tar

Tiscali: Anche i supplenti possono diventare presidi, lo ha deciso il Tar

Today: Anche i supplenti possono diventare presidi, lo ha deciso il Tar

Tuttoscuola: Tar del Lazio: due insegnanti precarie diventeranno presidi

AgenParl: Scuola: Anief, Tar del Lazio stabilisce che anche i supplenti possono diventare presidi

Orizzonte Scuola: Due insegnanti precari diventeranno Presidi. Sentenza storica del TAR

Libero: Scuola: Tar Lazio, anche i supplenti possono diventare presidi

Metronews: Si diventa presidi con il precariato

Repubblica: Scuola, insegnanti "precari" uguali a quelli "in ruolo"

Adnkronos: Scuola: Tar Lazio, anche i supplenti possono diventare presidi
Roma, 15 mag. - (Adnkronos) - Sentenza storica del Tar del Lazio: anche i supplenti possono diventare presidi. Grazie all'accettazione del periodo di precariato tra i titoli d'accesso al concorso per dirigente scolastico, due docenti oggi ancora precarie hanno infatti raggiunto la soglia dei cinque anni di servizio richiesti. Così dopo aver vinto il ricorso, presentato nel 2011, si sono ritrovate a dirigere la scuola (perché nel frattempo hanno vinto il concorso) in base alla sentenza 5011/2014 .
"I giudici italiani non hanno fatto altro che prendere atto delle pronunce della Corte di Giustizia europea e così disapplicare la normativa nazionale. È la conferma che la precarietà lavorativa rimane un paradosso tutto italiano", commenta con una nota Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir.
"Dopo anni di supplenze - prosegue - le due meritevoli insegnanti si ritrovano oggi dall'altra parte della scrivania. Ciò è avvenuto grazie ad una sentenza che prende atto di altre pronunce della Corte di Giustizia Europea e disapplica la normativa nazionale consentendo alle candidate, all'inizio escluse, che hanno superato tutta la procedura concorsuale, di cambiare mestiere. Confermando che la precarietà lavorativa rimane un paradosso tutto italiano ".

Il Messaggero: Scuola, insegnanti “precari” uguali a quelli “in ruolo”

Qui Finanza: Scuola, insegnanti "precari" uguali a quelli "in ruolo"

Teleborsa: Scuola, insegnanti "precari" uguali a quelli "in ruolo"

Avvenire: Carriera "lampo": due precarie diventano presidi

Affari Italiani: Da supplenti a presidi. Precari promossi dal Tar

Filodiretto Monreale: I precari possono accedere al concorso per presidi. Sentenza storica del TAR del Lazio

Quotidiano.net: Anche i supplenti possono diventare presidi, lo ha deciso il Tar. Due ex precarie diventano presidi

Youmedia: Anche i supplenti possono diventare presidi, lo ha deciso il Tar

Orizzonte Scuola: Concorso a Dirigente 2014? ANIEF, ma se il precedente è a rischio ripetizione!

Pubblichiamo alcuni aricoli sulla storica sentenza del TAR Lazio che consente ai precari di diventare dirigenti scolastici.

Corriere della Sera: La sentenza: anche i supplenti possono diventare presidi

Il Sole 24 Ore: Anche i supplenti possono diventare presidi, lo ha deciso il Tar

ANSA: Scuola: Anief, anche supplenti possono diventare presidi
Tar Lazio ha preso atto pronunce Corte Giustizia europea
(ANSA) - ROMA, 15 MAG - Il Tar del Lazio (con la sentenza 5011/2014) ha ritenuto che per partecipare al concorso per presidi può essere ritenuto valido anche il periodo di precariato perché equivalente a quello svolto dai colleghi di ruolo: due insegnanti oggi ancora precarie, che nel 2011 avevano presentato ricorso e superato tutte le prove preselettive e d'esame, si sono così viste sciogliere la riserva d'accesso al concorso dovuta al difetto, rivelatosi erroneo, della soglia minima dei cinque anni di servizio di ruolo. E siccome le due prof hanno anche vinto il concorso, ora diventeranno a tutti gli effetti dirigenti scolastici. A dare la notizia è l'Anief. "In pratica per il Tar il servizio prestato da precario o post-ruolo va considerato allo stesso modo: esattamente come avviene con i titoli accademici di accesso. Come del resto indicato dall'Unione Europea, non esiste alcuna ragione giustificata per discriminare i precari della scuola" spiega l'Anief che ha attivato il ricorso su cui nelle ultime ore il tribunale si è espresso positivamente. "Dopo anni di supplenze - spiega con soddisfazione Marcello Pacifico, presidente Anief - le due meritevoli insegnanti si ritrovano oggi dall'altra parte della scrivania. Ciò è avvenuto grazie a una sentenza che prende atto di altre pronunce della Corte di Giustizia europea e disapplica la normativa nazionale consentendo alle candidate, all'inizio escluse, che hanno superato tutta la procedura concorsuale, di cambiare mestiere. Confermando che la precarietà lavorativa rimane un paradosso tutto italiano". (ANSA).

Yahoo: Per Tar anche supplenti possono diventare presidi, Anief: storico

TMNews: Per Tar anche supplenti possono diventare presidi, Anief: storico
Pacifico: precarietà lavorativa rimane paradosso tutto italiano
Roma, 15 mag. (TMNews) - Il Tar Lazio ha stabilito che anche i supplenti possono diventare presidi. Con la sentenza 5011/2014, il Tribunale amministrativo ha infatti accolto un ricorso dell'Anief e deciso che per partecipare al concorso per presidi può essere ritenuto valido anche il periodo di precariato perché equivalente a quello svolto dai colleghi di ruolo: due insegnanti oggi ancora precarie, che nel 2011 avevano presentato ricorso e superato tutte le prove preselettive e d'esame, si sono così viste sciogliere la riserva d'accesso al concorso dovuta al difetto, rivelatosi erroneo, della soglia minima dei cinque anni di servizio di ruolo. E siccome le due prof. hanno anche vinto il concorso, ora diventeranno a tutti gli effetti dirigenti scolastici. "Dopo anni di supplenze - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - le due meritevoli insegnanti si ritrovano oggi dall'altra parte della scrivania. Ciò è avvenuto grazie ad una sentenza che prende atto di altre pronunce della Corte di Giustizia europea e disapplica la normativa nazionale consentendo alle candidate, all'inizio escluse, che hanno superato tutta la procedura concorsuale, di cambiare mestiere. Confermando che la precarietà lavorativa rimane un paradosso tutto italiano". In pratica, per il Tar il servizio prestato da precario o post-ruolo va considerato allo stesso modo: esattamente come avviene con i titoli accademici di accesso. Come del resto indicato dall'Unione Europea, non esiste alcuna ragione giustificata per discriminare i precari della scuola. L'Anief ha sempre creduto a questa linea, tanto da attivare il ricorso su cui nelle ultime ore il tribunale si è espresso positivamente.

Il Sole 24 Ore: Tar Lazio, prèsidi: concorso aperto anche ai supplenti

TMNews (canale Youtube): Anche i supplenti possono diventare presidi, lo ha deciso il Tar

Corriere Nazionale: Anche i supplenti possono diventare presidi, lo ha deciso il Tar

Tiscali: Anche i supplenti possono diventare presidi, lo ha deciso il Tar

Today: Anche i supplenti possono diventare presidi, lo ha deciso il Tar

Tuttoscuola: Tar del Lazio: due insegnanti precarie diventeranno presidi

AgenParl: Scuola: Anief, Tar del Lazio stabilisce che anche i supplenti possono diventare presidi

Orizzonte Scuola: Due insegnanti precari diventeranno Presidi. Sentenza storica del TAR

Libero: Scuola: Tar Lazio, anche i supplenti possono diventare presidi

Metronews: Si diventa presidi con il precariato

Repubblica: Scuola, insegnanti "precari" uguali a quelli "in ruolo"

Adnkronos: Scuola: Tar Lazio, anche i supplenti possono diventare presidi
Roma, 15 mag. - (Adnkronos) - Sentenza storica del Tar del Lazio: anche i supplenti possono diventare presidi. Grazie all'accettazione del periodo di precariato tra i titoli d'accesso al concorso per dirigente scolastico, due docenti oggi ancora precarie hanno infatti raggiunto la soglia dei cinque anni di servizio richiesti. Così dopo aver vinto il ricorso, presentato nel 2011, si sono ritrovate a dirigere la scuola (perché nel frattempo hanno vinto il concorso) in base alla sentenza 5011/2014 .
"I giudici italiani non hanno fatto altro che prendere atto delle pronunce della Corte di Giustizia europea e così disapplicare la normativa nazionale. È la conferma che la precarietà lavorativa rimane un paradosso tutto italiano", commenta con una nota Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir.
"Dopo anni di supplenze - prosegue - le due meritevoli insegnanti si ritrovano oggi dall'altra parte della scrivania. Ciò è avvenuto grazie ad una sentenza che prende atto di altre pronunce della Corte di Giustizia Europea e disapplica la normativa nazionale consentendo alle candidate, all'inizio escluse, che hanno superato tutta la procedura concorsuale, di cambiare mestiere. Confermando che la precarietà lavorativa rimane un paradosso tutto italiano ".

Il Messaggero: Scuola, insegnanti “precari” uguali a quelli “in ruolo”

Qui Finanza: Scuola, insegnanti "precari" uguali a quelli "in ruolo"

Teleborsa: Scuola, insegnanti "precari" uguali a quelli "in ruolo"

Avvenire: Carriera "lampo": due precarie diventano presidi

Affari Italiani: Da supplenti a presidi. Precari promossi dal Tar

Filodiretto Monreale: I precari possono accedere al concorso per presidi. Sentenza storica del TAR del Lazio

Quotidiano.net: Anche i supplenti possono diventare presidi, lo ha deciso il Tar. Due ex precarie diventano presidi

Youmedia: Anche i supplenti possono diventare presidi, lo ha deciso il Tar

Orizzonte Scuola: Concorso a Dirigente 2014? ANIEF, ma se il precedente è a rischio ripetizione!

 http://www.laricerca.loescher.it/ – 9 maggio2014

La svalutazione della scuola: indagine sull'INVALSI

░ Una profonda, articolata riflessione – che condividiamo -, della quale riportiamo alcuni passi. Marina Boscaino è docente di italiano e latino in un liceo di Roma, blogger del Fatto Quotidiano e di MicroMegaOnline, e coordinatrice dell'Associazione Nazionale Per la Scuola della Repubblica.

… Eccoci qua: per l’ennesimo anno celebriamo i test Invalsi in un clima irrespirabile, tra scioperi coraggiosi (particolarmente attivi Cobas e Unicobas) e diffusissimi mugugni, tra affermazioni serie, iniziative serie, studi seri, materiale utile di tanti insegnantimobilitatiDalle cose che leggo nelle parole e negli atteggiamenti degli amici citati e di altri, mi convinco che un’altra strada sarebbe stata possibile. … Se non si fosse voluta ridurre la valutazione a un’operazione svincolata da qualsiasi valenza culturale e formativa. Da qualsiasi attenta rilevazione degli effettivi bisogni della scuola, delle sue criticità, delle sue eccellenze SostieneVertecchi, a proposito dell’idea che occorrano due anni per preparare i test Invalsi (oggetto di tante critiche, non solo politiche, ma anche e soprattutto di carattere pedagogico): “…. Le prove che si continuano a usare sono varianti tratte da uno strumentario definito fin dalla metà del secolo scorso. L'apparato metodologico che dovrebbe assicurare qualità delle prove non è molto più recente. Lascio immaginare che cosa accadrebbe in qualsiasi altro settore che per oltre mezzo secolo presuma di lasciare inalterato l'apparato interpretativo e quello metodologico con il relativo strumentario”. La neo presidente dell’Invalsi, Anna Maria Ajello, ha recentemente dichiarato al “Messaggero” Hoprovato a leggere le domande del test di seconda elementare, in alcuni casi ho dovuto leggerle due volte prima di capire la domanda. Non è ammissibile (…) Non si possono effettuare le prove sulla base di tranelli o furbizie. Non vanno rese più difficili i test ricorrendo a queste complicazioni. Sto già incontrando gli esperti per capire come all’interno del quadro delle indicazioni nazionali si possano mettere a punto delle prove ben fatte». …. Le riserve, semmai, si rivelano – anno dopo anno – fondate sia nel merito che nel metodo, offrendo persino al presidente dello stesso Invalsi la possibilità di contestare i test, almeno dal punto di vista della formulazione (che, parlando di quesiti, non è poco…). ….Non èAjello la prima ad affermare l’inadeguatezza dei test. L'ostinazione sorda con cui l’azione è stata portata avanti – nonostante numerose critiche, richieste di attenzione da parte della scuola, esplicite affermazioni di pedagogisti illustri – in qualche modo segnala un’ulteriore motivazione dell'operazione.Perché – in un certo momento storico del nostro percorso – c’è stata la necessità di fare abbattere sulla scuola una metodologia valutativa con scarsa fondatezza scientifica e culturale, fonte di atteggiamenti polemici e conflittuali, non pensando, invece, che la valutazione prevede – preventivamente – una profonda e seria “cultura” della valutazione?In alcuni Paesi UE che da tempo prevedono la somministrazione di prove analoghe, esse vengono sostenute da una cultura della valutazione storicamente sviluppata e scientificamente determinataL’impressione è che si tratti da una parte di un’operazione dimaquillage in salsa pseudo-europea, che coglie la scuola totalmente impreparata, sia dal punto di vista delle risorse professionali da mettere in campo che di quelle economiche. Queste “prove tecniche di misurazione” … hanno inoltre un proprio costo specifico, che potrebbe finire di gravare ulteriormente sui massacrati bilanci delle scuole. … Non c’è stato un ministro – da Gelmini a Giannini – che si sia preso la briga di prendere in considerazione le argomentazioni avanzate contro i test. Anzi, Giannini (comunicatrice spregiudicata, fiduciosa della diffusa impreparazione di molti docenti rispetto alle sue evocazioni giuridiche) ha potuto affermare qualche giorno fa: ' C'era un regolamento che non era stato attuato e noi lo stiamo attuando. Dall'anno scolastico 2014-2015 diventerà diffuso in tutte le scuole italiane”Il regolamento di cui parla è quello sulla valutazione, approvato lo scorso luglio nel silenzio generale, di cui mi occuperò in uno dei prossimi interventi. Immobile, per mancanza di fondi e di protagonisti. I test Invalsi ne sarebbero un’attuazione. Si ribadisce la logica del premio, della meritocrazia, della valutazione come strumento di selezione e di determinazione del profilo professionale del docente. … Veniamo dunque al punto. L’ostentato dilettantismo dell’operazione e l’incuria nei confronti delle critiche restituisce l'impressione che quell’affrettato maquillage avesse anche la necessità di accompagnare altre intenzioni: a partire dalle esplicitazioni di Gelmini per giungere alle ultime esternazionidi Giannini sulla formazione coatta dei docenti i cui studenti non abbiano raggiunto la sufficienza ai test. … Per imporre alle scuole, e in particolare agli Organi Collegiali, in materia didattica un obbligo, occorre sempre un fondamento legislativo. Gli Invalsi sononormati da direttive ministeriali, previste dall’art. 3 comma 2 del dlgsl 286/04, in attuazione della legge delega 53/03 (Moratti) che istituì l’Invalsi. L’avv. Corrado Mauceri (Per la Scuola della Repubblica) afferma cheesiste un “contrasto tra la norma che conferisce al ministro la facoltà di emanare direttive invasive dell’ambito dell’attività didattica con il principio della libertà di insegnamento, costituzionalmente riconosciutoL’art. 51 del dl 5/ 2012 prevede, al secondo comma: “Le istituzioni scolastiche partecipano, come attività ordinaria d’istituto, alle rilevazioni nazionali degli apprendimenti degli studenti, di cui all’articolo 1, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2007, n. 176 Ciò non toglie che, per rendere l’Invalsi vincolante, occorra una delibera del Collegio dei docenti, che – nella dimensione della volontà collettiva su temi di competenza esclusiva – contempera il principio della libertà di insegnamento, costituzionalmente determinato.. È (in)valsa la pena di istituzionalizzare un sistema scolastico che abbia come scopo principale la semplificazione, vincolando l'apprendimento degli individui ad un sistema nozionistico e totalmente acritico, procedendo a sottolineare il divario di chi ha possibilità di accesso alla cultura maggiori o alternative alla scuola per diritto di nascita ed estrazione sociale? Addestramento, si chiama: è la propedeutica all'obbedienza acritica.

 

www.latecnicadellascuola.it – 10 maggio 2014

"Il ruolo degli insegnanti non è riconosciuto"

░ Pasquale Almirante segnala la scarsa considerazione sociale verso i docenti una delle ragioni per cui il sistema scolastico italiano non è tra i migliori del mondo.

L'istituto di ricerca inglese The EconomistIntelligence Unit ha stilato la prima classifica mondiale delle scuole perfette. Quaranta i paesi esaminati, dal Regno Unito all'Australia al Giappone. Per l'Italia un risultato mediocre perché si colloca solo venticinquesima nella graduatoria, scavalcata dalle scuole dell'Est asiatico e da quelle dell'Europa del nord. Rimandati, invece, Colombia, Argentina, Brasile, Messico e, peggiore del mondo, Indonesia. La classifica, scrive Huffingtonpost.it, si basa sulla cosiddetta "curva di apprendimento", che comprende una serie di fattori come la considerazione del ruolo dell'insegnante, l'attenzione per la formazione continua e per quella di base, l'interesse per materie tradizionali (come italiano, matematica e scienze) e per quelle del futuro (uso della tecnologia, problem solvingteam working). … Tra i punti deboli del nostro sistema di istruzione v’è l'idea che si ha del ruolo dell'insegnante, una professione spesso vista come ripiego. 

 

http://www.repubblica.it – 11 maggio 2014

Galleria Borghese: “…impianti fuori uso ma l’aria del parco protegge le opere 

░ Da Raffaello a Canova un guasto minaccia i capolavori di RomaI condizionatori della Galleria Borghese fermi da due mesi.

Alla Galleria Borghese di Roma, tempio dell’arte fra i più prestigiosi in Italia, l’emergenza si chiama climatizzazione. Da due mesi, nel nono monumento statale più visitato del 2013 (quasi 500 mila visitatori e oltre 3 milioni di incassi), l’impianto è guasto. E le temperature — uno dei fattori più delicati per la conservazione delle opere, insieme all’umidità — sono fuori controllo. Soprattutto nella Pinacoteca, culla di gioielli come l’”Amor Sacro e Amor Profano” di Tiziano, che il personale stesso ormai definisce «un forno».…. «Da due mesi siamo alle prese con questa emergenza — spiega Anna Coliva, direttrice del museo — L’impianto di climatizzazione, costruito nel 1997, è completamente usurato e sconta anni di cronica mancanza di manutenzione »…. Nel frattempo, si tampona la situazione con le finestre aperte. «È il male minore, rispetto agli sbalzi di temperatura — sostiene la direttrice  Quella che sembra una soluzione temporanea potrebbe mettere ancor più a rischio le opere se dovesse protrarsi a lungo. «Bisogna cercare di evitarla il più possibile perché quel che entra dall’esterno, e parlo di inquinanti non solo chimici ma biologici, è fuori controllo — spiega Elisabetta Giani, fisica dell’Istituto superiore per la conservazione e il restauro — Soprattutto, ci vuole un monitoraggio costante dell’umidità, sia all’interno che all’esterno». È quello, infatti, il peggior nemico delle tele e, soprattutto, delle tavole: «Il parametro per l’umidità relativa è del 50-55 per cento, sbalzi troppo elevati possono deformare o danneggiare i materiali». Ma anche le temperature, «se dovessero superare a lungo i 30 gradi», potrebbero causare danni.

 

www.orizzontescuola.it – 12 maggio 2014

Graduatorie di istituto. Chiarire anno durata legale TFA, refuso tabella III fascia, come avviene passaggio dalla III alla II fascia

░ Le tabelle di valutazione dei titoli per le graduatorie di istituto di II e III fascia sono ancora in bozza, ma è già possibile avere un'idea su punteggi derivanti da servizi e titoli.

Per l'abilitazione conseguito attraverso la frequenza dei percorsi a numero programmato di Tirocinio formativo attivo ai sensi dell'art. 15 comma 1 del dm 249/10, nonché dei percorsi formativi di cui all'art. 3 comma 3 del dm 249/10, sono attribuiti:

fino a punti 12 per il voto da abilitazione
ulteriori punti 42 (12 per la durata annuale del percorso di formazione e 30 per il superamento dell'esame finale del percorso selettivo)Non sono valutabili i servizi di insegnamento prestati durante il periodo di durata legale dei corsi, qualora utilizzati come titolo di accesso. Per il I ciclo TFA bisogna considerare che esso attiene, secondo il Decreto Direttoriale 23 aprile 2012 n. 74, all'anno accademico 2011/2, ma in concreto si svolto nell'a.a.2012/13. Quale sarà l'anno di servizio da non considerare, in quanto già compreso nel punteggio aggiuntivo? E' bene che il Miurlo chiarisca già dall'apertura delle domande, al fine di evitare interpretazionidifformi

 

 

http://www.left.it/ – 12 maggio 2014

Note di vita civile

░ Il disegno di legge della senatrice Elena Ferrara propone la musica in tutte le scuole. Nel nome di Claudio Abbado. E un vasto movimento di associazioni culturali lo sostiene. (di Donatella Coccoli)

Il Maestro Claudio Abbado scomparso a gennaio. Per tutta la vita si è impegnato ad avvicinare i giovani alla musica Ia musica in ogni scuola italiana, dagli asili nido fino ai licei. Come componente fondamentale per lo sviluppo della personalità umana, della capacità creativa e della conoscenza. Un sogno? Un'utopia? «Una rivoluzione culturale», dice Elena Ferrara, senatrice Pd che ha appena depositato il disegno di legge 1365 «per la valorizzazione dell'espressione musicale e artistica nel sistema dell'istruzione». Dedicato a Claudio Abbado che si è sempre battuto per la musica nelle scuole, il ddl rappresenta una svolta. Intanto, perché è sottoscritto da esponenti di tutti i partiti (oltre che dai senatori a vita Renzo Piano, Carlo Rubbia ed Elena Cattaneo). E poi perché è appoggiato da un intero mondo, vivace ma finora inascoltato, fatto di associazioni, scuole civiche, cori e bande. Gruppi culturali che hanno tentato di mettere una toppa alla grave lacuna presente nell'istruzione pubblica. Oggi l'unica ora di educazione musicale nella scuola primaria scompare del tutto nella secondaria. Esistono sì le scuole medie a indirizzo musicale ma sono appena 1.400, mentre i licei musicali sfornati dalla riforma Gelmini raggiungono solo un'ottantina di sezioni in tutta Italia. Il risultato: zero cultura musicale per intere generazioni. E quindi zero curiosità, partecipazione. E anche zero pubblico. Un gap che segna l'Italia rispetto ad altri Paesi europei dove invece la musica è praticata fin dall'infanzia. Il ddl di Elena Ferrara, laureata al Dams, docente di Educazione musicale a Oleggio (Novara) ha lo scopo di «mettere a sistema l'esistente: la formazione scolastica attraverso dei curricula non frammentari come quelli attuali e la rete delle associazioni. Stabilendo partnership con università e conservatori». L'obiettivo, continua la senatrice, «è quello di non disperdere definitivamente un enorme patrimonio che negli ultimi anni, soprattutto nella musica e nella danza, ha già subìto duri colpi». Così, anche «al fine di contrastare la decadenza culturale» il ddl si pone l'obiettivo di fornire «occasioni formative basate sull'acquisizione di una piena consapevolezza degli aspetti pratici, teorico-analitici e storico-culturali». In sintesi: formazione artistica (musica, teatro e danza) nelle scuole d'infanzia ma soprattutto ecco la novità sostanziale 100 ore annuali nei curricula della scuola elementare e media e 50 in quelli delle superiori. Non solo. Si prevede la trasformazione degli istituti comprensivi in poli formativi artistici, la collaborazione con la rete dei "soggetti terzi" accreditati dalMiur e dalle Regioni, la formazione dei docenti, rassegne e spettacoli a prezzo ridotto per studenti e insegnanti e detassazioni per le famiglie che iscrivono i figli a corsi amatoriali musicali, teatrali o coreutici. E dopo i tagli furibondi di Gelmini-Tremonti, il ddl stanzia 75 milioni di euro all'anno dal 2015 al 2017, 25 milioni dal 2018.

 

Il Messaggero – 13 maggio 2014

I test a scuola che uccidono la gioia di apprendere

░ di Giorgio Israel.

Si constata, anche quest’anno, una miscela di test ragionevoli e di altri che suscitano dubbi circa le competenze di chi li ha pensati. La via del miglioramento è lunga, soprattutto se le critiche saranno ancora ignorate. Ma resta aperta la domanda: per andare dove? Cosa può dare l’analisi dello stato dell’istruzione mediante test, pur al massimo delle sue possibilità? La domanda è resa impellente dal torrente polemico che si rovescia sul più famoso sistema internazionale di valutazione mediante test, Ocse-Pisa… il 10% degli studenti dei vari Paesi sostiene effettivamente i test di lettura Pisa, mentre gli altri entrano nelle statistiche simulando le risposte mancanti con numeri casuali. Ne è nata una polemica furiosa in cui la difesa ha opposto che questa è una prassi usuale in statistica, mentre uno statistico di fama come David Spiegelhalter ha sostenuto che i metodi usati sono sbagliati e che «ricavare lezioni da Pisa è difficile quanto prevedere chi vincerà una partita di calcio». Ora, una lettera firmata da un stuolo di autorevoli personalità a livello internazionale (pubblicata sul Guardian col titolo “I test Ocse-Pisa stanno danneggiando l’educazione in tutto il mondo”) contesta il metodo dei test al di là delle questioni tecniche. Difatti, gli articoli di critica tecnica pullulano, ma gli enti di valutazione fanno orecchie da mercante. Per esempio, il nostro Invalsi considera come Verbo un modello matematico largamente criticato e di cui recenti ricerche indicano l’inapplicabilità proprio ai test usati nel 2009 per le scuole medie. L’appello internazionale considera inammissibile alla radice l’idea di costruire un intero sistema di valutazione sui test e mette in luce i guasti che sta producendo questa prassiDenuncia una visione angustamente economicista che cancella il fatto che l’istruzione non forma solo forza-lavoro ma soggetti capaci di partecipare a una società democratica, all’azione morale e a una vita di crescita personale; per cui, per molti versi, inclusa la disastrosa tendenza a bandire la conoscenza dall’istruzione, compromette il futuro della democrazia. Questa tendenza tecnocratica è manifestata dal fatto che l’istruzione sta diventando terreno riservato a economisti, statistici e psicometrici, escludendo soggetti che non hanno minori diritti a “sedersi al tavolo”: insegnanti, educatori, studiosi disciplinari di ogni sorta, famiglie, studenti, amministratori. Infine, il ciclo continuo di testing produce un clima nevrotico nelle scuole e, sostituendo l’insegnamento con l’addestramento, «uccide la gioia di apprendere». Tra le molte altre osservazioni ne ricordiamo una fondamentale: «misurare grandi diversità di tradizioni educative con un criterio unico, ristretto e parziale, può danneggiare irreparabilmente i nostri studenti e le nostre scuole». Siamo di fronte a un documento che ha un valore cruciale, particolarmente importante per un Paese come l’Italia che sta costruendo il suo sistema di valutazione. E va respinto il solito ammonimento: chi critica non vuole la valutazione. il ministro ha osservato che, come un buon medico si valuta se i suoi malati guariscono o restano in buona salute, così l’insegnante si valuta dal risultato del processo di apprendimento. Ma già qui non ci siamo. Perché quel che fa la differenza è l’oggetto: altrimenti, i peggiori medici sarebbero gli oncologi e i migliori quelli che curano i raffreddori. Inoltre, i concetti di salute e malattie sono tutt’altro che univoci. Ciò è materia di dibattito scientifico e valutare un medico è cosa molto più complessa che non fare test sull’evoluzione dello stato dei suoi pazienti. Lo stesso dicasi per gli insegnanti: la bravura di un insegnante può essere offuscata da un contesto difficile mentre può rifulgere la mediocre qualità di un insegnante che opera in un contesto facile. Né la qualità degli apprendimenti è riflessa, se non a livelli minimali, dalle prestazioni nei test. Del resto, se il ministro ha accolto l’idea di sostituire i test d’ingresso a medicina con un modello di tipo francese, in cui la selezione viene fatta con esami di merito dopo un anno, non può ritenere che i testi possano servire a valutare il sistema dell’istruzione, gli studenti e addirittura gliinsegnanti. Curiosi tempi i nostri, in cui si straparla di “complessità” e poi si pretende di ridurre tutto a schemini semplici.

 

www.orizzontescuola.it – 14 maggio 2014

Graduatorie istituto: 42 punti TFA, nessuna riserva PAS. Conferma differenziazione punteggi. La prima volta dei diplomati magistrale in II fascia. Anticipazioni

░ Si è svolto l'incontro tra Amministrazione e sindacati per la definizione di decreto e tabelle per le graduatorie di istituto 2014/16.

Le tabelle sono già state pubblicate dal Miur e rimangono invariate rispetto alle bozze già pubblicate su OrizzonteScuola.it, anche se non mancano dei refusi Le Organizzazioni sindacali hanno chiesto la proroga per l'inserimento del titolo PAS entro il 30 luglio (data che avrebbe potuto comunque consentire l'avvio ordinato delle lezioni con i supplenti già in classe), ma l'Amministrazione non ha acconsentito. Dovrebbero essere quindi confermate le due finestre, a giugno e dicembre, per l'inserimento del titolo di abilitazione. Questo provvedimento è quello più contestato dai sindacati, in quanto l'inserimento del titolo a dicembre, fatta salva la continuità didattica, potrebbe significare per i docenti PAS la perdita di opportunità lavorative. I contorni della questione in effetti non sono ancora definiti, se si ascolta infatti una dichiarazione del Ministro rilasciata oggi in Piemonte, quest'ultimo ritiene certo l'inserimento dei docenti PAS in tempo utile per l'assegnazione delle supplenze. Le tabelle confermano la valorizzazione del titolo TF, in base al decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica 24 novembre 1998, n. 460, e in particolare l’articolo 3, che prevede “nei concorsi a cattedre, per titoli ed esami, nella scuola secondaria ed in quelli per soli titoli, a coloro che abbiano concluso positivamente la specifica scuola di specializzazione, i bandi di concorso attribuiscono un punteggio aggiuntivo rispetto a quello spettante per l’abilitazione conseguita secondo le norme previgenti alla istituzione delle scuole di specializzazione all'insegnamento secondario e più elevato rispetto a quello attribuito per la frequenza ad altre scuole e corsi di specializzazione e perfezionamento universitari”.Il punteggio aggiuntivo spetterà ad abilitazione conseguite con SsisBifordoc,Cobaslid Diploma di didattica della musica punti 54TFA punti 42Diploma accademico di II livello + TFA punti 66Scienze della formazione primaria dm 249/19 punti 72Scienze della formazione primaria precedente al dm 249/10 punti 60 (la tabella presenta un refuso)Non sono valutabili i servizi di insegnamento prestati durante il periodo di durata legale dei corsi, qualora utilizzati come titoli di accesso ad una graduatoria di una qualsiasi posto o classe di concorsoVisto il parere del Consiglio di Stato, Sezione II, del 5 giugno 2013 su un ricorso straordinario in merito al valore abilitante all’insegnamento dei titoli di diploma magistrale, secondo il quale tra i “docenti in possesso dell’abilitazione all’insegnamento” devono intendersi compresi anche coloro i quali “abbiano conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002 il titolo di studio attribuito dagli istituti magistrali al termine di corsi triennali e quinquennali sperimentali di scuola magistrale e dei corsi quadriennali e quinquennali sperimentali di istituto magistrale (per la scuola dell’infanzia) o al termine dei corsi quadriennali e quinquennali sperimentali dell’ istituto magistrale (per la scuola primaria)”, sarà consentito l'inserimento nella II fascia delle graduatoriedi istituto.

 

www.larepubblica.it – 15 maggio 2014

Giovani ribelli del test

░ Prove Invalsi tra le proteste. In prima fila gli studenti delle superiori che hanno boicottato il quiz e disertato le aule in tuttaItalia. Accusano questo meccanismo di valutazione di mettere la scuola al servizio di logiche manageriali. Mentre solo un istituto su cinque ne usano i risultati

Protestano gli studenti, che sono scesi in piazza srotolando striscioni in tutta Italia, da Milano a Siena, da Roma a Napoli, e hanno chiesto ai loro compagni di boicottare i test e di disertare le aule:…. Tace (o almeno taceva ieri) il ministro Stefania Giannini, alla sua prima esperienza con l’ondata di malumore che fin dall’inizio le prove hanno portato con loro. E intanto i sindacati diffondono un dato che, forse, è il più preoccupante di tutti: «Soltanto una scuola su cinque — dice FrancescoScrima, segretario generale della Cisl Scuola — utilizza in qualche modo i risultati Invalsi, che vengono restituiti ai singoli istituti dopo le correzioni e le valutazioni a Roma. Questo dimostra che questo sistema calato dall’alto non funziona e che è ora di discutere con chi la scuola la fa davvero, tutti i giorni»….Andreas Schleicher, responsabile del programma Pisa, ha spedito al Guardian una lettera punteggiata di dubbi e preoccupazioni, e pubblicata col titolo “I test danneggiano la scuola?”. Schleicher si chiede se l’ansia di “riuscire” nelle prove nazionali e internazionali (il programma Pisa, promosso dall’Ocse, l’organizzazione per la cooperazione internazionale, aveva come scopo proprio quello di fissare dei parametri comuni per valutare l’efficacia dei programmi scolastici) non rischi di influenzare gli insegnanti e le famiglie, costringendoli a studiare in funzione del risultato piuttosto che per seguire obiettivi educativi. E critica il “sensazionalismo” con il quale i singoli governi sono portati a annunciare le proprie iniziative di valutazione

 

www.corrieredellasera.it – 17 maggio 2014

Quota 96, Giannini rinvia il problema degliesodati della scuola dopo il voto

░ Impotenza: il Governo non è in condizione di affrontare prima delle elezioni europee la situazione vergognosa che tutti, PD compreso, attribuiscono ad un errore nella RiformaFornero. Che dice Speedy-Renzi ?

Pensione scuola e Quota 96, nulla di fatto. I docenti e il personale Ata che attendono di lasciare cattedre e banchi da quattro anni sono delusi. Contro quelle che ritengono promesse «sempre più vaghe» hanno inscenato in questi giorni scioperi e proteste: striscioni nelle scuole il 13 maggio; proteste a Montecitorio il 15; presidio in piazza il 16, con lettura, davanti a Montecitorio, di tutti gli articoli della Costituzione violati per la questione dell’errore della riforma delle pensioniFornero. Tanto che nel pomeriggio di oggi è intervenuta anche Stefania Giannini. «Subito dopo la fine della campagna elettorale per le europee - ha assicurato il ministro dell’Istruzione - verrà affrontato il problema dei pensionati della scuola quota 96». Giannini ha spiegato di aver incontrato il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, per affrontare la questione. «Abbiamo messo vari capitoli specifici tra cui anche questo in agenda - ha detto - non a partire da questa settimana, ma subito dopo ci vedremo». «Questo aspetto - ha sottolineato ancora Giannini - riguarda circa 4.000 persone, sarebbe già un importante impegno, credo che ci sia lo spazio». Ma intanto va avanti la raccolta di firme della Lega per l’abolizione della riforma del ministro del Lavoro del governo Monti, i deputati del Movimento 5 stelle di Beppe Grillo hanno organizzato un flash mob alla Camera, esibendo una maglietta con una doppia scritta : «Quota 96 - Pensionati esasperati da un diritto violato» e «Quota 96 - inFORNERati - un diritto e non un privilegio». Il problema relativo agliesodati della scuola - ovvero quei lavoratori della cosiddetta «Quota 96» che, nonostante avessero già maturato i requisiti per accedere al trattamento pensionistico, sono rimasti senza pensione con l’approvazione della riforma pensioni Fornero che ha innalzato l’età pensionabile - non ha finora trovato soluzione.Cesare Damiano (Pd), presidente della commissione Lavoro della Camera ritiene «necessario porre rimedio a un errore compiuto dalla riforma Fornero delle pensioni, che non ha considerato il fatto che il ciclo scolastico (primo settembre-31 agosto) non coincide con quello solare». Questa «disattenzione» - ha detto Damiano - « ha causato un’ingiustizia e impedito a molti insegnanti di poter andare in pensione». Sulla stessa linea la Cgil, che chiede di «risolvere questo problema per una questione di giustizia per il personale della scuola». L’argomento, peraltro, ricorda l’ex ministro «è già stato oggetto di una risoluzione delle commissioni Bilancio e Lavoro, sottoscritta da tutti i gruppi parlamentari e della risoluzione con la quale la Camera il 17 aprile ha approvato il Def2014. Il governo si è impegnato, in quell’occasione, alla soluzione dei problemi previdenziali del settore scuola oltre a quello degli esodati». Damiano ricorda anche i numeri: «La platea del settore scuola ammonta a poco più di 4mila unità, con un onere stimato dall’Inps di circa 35 milioni di euro per il 2014, 106 per il 2015, 107 milioni di euro per il 2016, 108 milioni di euro per l’anno 2017 e 72 milioni di euro per l’anno 2018. Una copertura finanziaria non eccessiva che risolverebbe una situazione assurda e che consentirebbe di aprire le porte della scuola a 4mila giovani insegnanti». Il Ministro dell’istruzione Stefania Giannini aveva dichiarato in aprile che la questione Pensioni Quota96 «è ormai diventata un “capitolo politico”» e che non intende «farne una “battaglia primaria” ma trovare il modo di rimediare sfruttando le risorse disponibili nell’ambito del DEF 2014». Dichiarazioni che facevano seguito all’approvazione del Parlamento di una Risoluzione che impegna il Governo a risolvere la questione Quota 96. E sempre il ministro, in una recente intervista, aveva ammesso che la situazione dei Quota 96 è «frutto di un errore legislativo» e che «deve essere affrontata» il prima possibile, precisando che «il governo potrebbe anche precedere il Parlamento» nel varare un provvedimento che metta finalmente la parola fine alla situazione. Dichiarazioni politiche che però si sono sin qui scontrate con il no della Ragioneria dello Stato, che aveva stabilito che i 450 milioni di euro necessari per chiudere la partita, semplicemente non ci sono.

 

 http://www.laricerca.loescher.it/ – 9 maggio2014

La svalutazione della scuola: indagine sull'INVALSI

░ Una profonda, articolata riflessione – che condividiamo -, della quale riportiamo alcuni passi. Marina Boscaino è docente di italiano e latino in un liceo di Roma, blogger del Fatto Quotidiano e di MicroMegaOnline, e coordinatrice dell'Associazione Nazionale Per la Scuola della Repubblica.

… Eccoci qua: per l’ennesimo anno celebriamo i test Invalsi in un clima irrespirabile, tra scioperi coraggiosi (particolarmente attivi Cobas e Unicobas) e diffusissimi mugugni, tra affermazioni serie, iniziative serie, studi seri, materiale utile di tanti insegnantimobilitatiDalle cose che leggo nelle parole e negli atteggiamenti degli amici citati e di altri, mi convinco che un’altra strada sarebbe stata possibile. … Se non si fosse voluta ridurre la valutazione a un’operazione svincolata da qualsiasi valenza culturale e formativa. Da qualsiasi attenta rilevazione degli effettivi bisogni della scuola, delle sue criticità, delle sue eccellenze SostieneVertecchi, a proposito dell’idea che occorrano due anni per preparare i test Invalsi (oggetto di tante critiche, non solo politiche, ma anche e soprattutto di carattere pedagogico): “…. Le prove che si continuano a usare sono varianti tratte da uno strumentario definito fin dalla metà del secolo scorso. L'apparato metodologico che dovrebbe assicurare qualità delle prove non è molto più recente. Lascio immaginare che cosa accadrebbe in qualsiasi altro settore che per oltre mezzo secolo presuma di lasciare inalterato l'apparato interpretativo e quello metodologico con il relativo strumentario”. La neo presidente dell’Invalsi, Anna Maria Ajello, ha recentemente dichiarato al “Messaggero” Hoprovato a leggere le domande del test di seconda elementare, in alcuni casi ho dovuto leggerle due volte prima di capire la domanda. Non è ammissibile (…) Non si possono effettuare le prove sulla base di tranelli o furbizie. Non vanno rese più difficili i test ricorrendo a queste complicazioni. Sto già incontrando gli esperti per capire come all’interno del quadro delle indicazioni nazionali si possano mettere a punto delle prove ben fatte». …. Le riserve, semmai, si rivelano – anno dopo anno – fondate sia nel merito che nel metodo, offrendo persino al presidente dello stesso Invalsi la possibilità di contestare i test, almeno dal punto di vista della formulazione (che, parlando di quesiti, non è poco…). ….Non èAjello la prima ad affermare l’inadeguatezza dei test. L'ostinazione sorda con cui l’azione è stata portata avanti – nonostante numerose critiche, richieste di attenzione da parte della scuola, esplicite affermazioni di pedagogisti illustri – in qualche modo segnala un’ulteriore motivazione dell'operazione.Perché – in un certo momento storico del nostro percorso – c’è stata la necessità di fare abbattere sulla scuola una metodologia valutativa con scarsa fondatezza scientifica e culturale, fonte di atteggiamenti polemici e conflittuali, non pensando, invece, che la valutazione prevede – preventivamente – una profonda e seria “cultura” della valutazione?In alcuni Paesi UE che da tempo prevedono la somministrazione di prove analoghe, esse vengono sostenute da una cultura della valutazione storicamente sviluppata e scientificamente determinataL’impressione è che si tratti da una parte di un’operazione dimaquillage in salsa pseudo-europea, che coglie la scuola totalmente impreparata, sia dal punto di vista delle risorse professionali da mettere in campo che di quelle economiche. Queste “prove tecniche di misurazione” … hanno inoltre un proprio costo specifico, che potrebbe finire di gravare ulteriormente sui massacrati bilanci delle scuole. … Non c’è stato un ministro – da Gelmini a Giannini – che si sia preso la briga di prendere in considerazione le argomentazioni avanzate contro i test. Anzi, Giannini (comunicatrice spregiudicata, fiduciosa della diffusa impreparazione di molti docenti rispetto alle sue evocazioni giuridiche) ha potuto affermare qualche giorno fa: ' C'era un regolamento che non era stato attuato e noi lo stiamo attuando. Dall'anno scolastico 2014-2015 diventerà diffuso in tutte le scuole italiane”Il regolamento di cui parla è quello sulla valutazione, approvato lo scorso luglio nel silenzio generale, di cui mi occuperò in uno dei prossimi interventi. Immobile, per mancanza di fondi e di protagonisti. I test Invalsi ne sarebbero un’attuazione. Si ribadisce la logica del premio, della meritocrazia, della valutazione come strumento di selezione e di determinazione del profilo professionale del docente. … Veniamo dunque al punto. L’ostentato dilettantismo dell’operazione e l’incuria nei confronti delle critiche restituisce l'impressione che quell’affrettato maquillage avesse anche la necessità di accompagnare altre intenzioni: a partire dalle esplicitazioni di Gelmini per giungere alle ultime esternazionidi Giannini sulla formazione coatta dei docenti i cui studenti non abbiano raggiunto la sufficienza ai test. … Per imporre alle scuole, e in particolare agli Organi Collegiali, in materia didattica un obbligo, occorre sempre un fondamento legislativo. Gli Invalsi sononormati da direttive ministeriali, previste dall’art. 3 comma 2 del dlgsl 286/04, in attuazione della legge delega 53/03 (Moratti) che istituì l’Invalsi. L’avv. Corrado Mauceri (Per la Scuola della Repubblica) afferma cheesiste un “contrasto tra la norma che conferisce al ministro la facoltà di emanare direttive invasive dell’ambito dell’attività didattica con il principio della libertà di insegnamento, costituzionalmente riconosciutoL’art. 51 del dl 5/ 2012 prevede, al secondo comma: “Le istituzioni scolastiche partecipano, come attività ordinaria d’istituto, alle rilevazioni nazionali degli apprendimenti degli studenti, di cui all’articolo 1, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2007, n. 176 Ciò non toglie che, per rendere l’Invalsi vincolante, occorra una delibera del Collegio dei docenti, che – nella dimensione della volontà collettiva su temi di competenza esclusiva – contempera il principio della libertà di insegnamento, costituzionalmente determinato.. È (in)valsa la pena di istituzionalizzare un sistema scolastico che abbia come scopo principale la semplificazione, vincolando l'apprendimento degli individui ad un sistema nozionistico e totalmente acritico, procedendo a sottolineare il divario di chi ha possibilità di accesso alla cultura maggiori o alternative alla scuola per diritto di nascita ed estrazione sociale? Addestramento, si chiama: è la propedeutica all'obbedienza acritica.

 

www.latecnicadellascuola.it – 10 maggio 2014

"Il ruolo degli insegnanti non è riconosciuto"

░ Pasquale Almirante segnala la scarsa considerazione sociale verso i docenti una delle ragioni per cui il sistema scolastico italiano non è tra i migliori del mondo.

L'istituto di ricerca inglese The EconomistIntelligence Unit ha stilato la prima classifica mondiale delle scuole perfette. Quaranta i paesi esaminati, dal Regno Unito all'Australia al Giappone. Per l'Italia un risultato mediocre perché si colloca solo venticinquesima nella graduatoria, scavalcata dalle scuole dell'Est asiatico e da quelle dell'Europa del nord. Rimandati, invece, Colombia, Argentina, Brasile, Messico e, peggiore del mondo, Indonesia. La classifica, scrive Huffingtonpost.it, si basa sulla cosiddetta "curva di apprendimento", che comprende una serie di fattori come la considerazione del ruolo dell'insegnante, l'attenzione per la formazione continua e per quella di base, l'interesse per materie tradizionali (come italiano, matematica e scienze) e per quelle del futuro (uso della tecnologia, problem solvingteam working). … Tra i punti deboli del nostro sistema di istruzione v’è l'idea che si ha del ruolo dell'insegnante, una professione spesso vista come ripiego. 

 

http://www.repubblica.it – 11 maggio 2014

Galleria Borghese: “…impianti fuori uso ma l’aria del parco protegge le opere 

░ Da Raffaello a Canova un guasto minaccia i capolavori di RomaI condizionatori della Galleria Borghese fermi da due mesi.

Alla Galleria Borghese di Roma, tempio dell’arte fra i più prestigiosi in Italia, l’emergenza si chiama climatizzazione. Da due mesi, nel nono monumento statale più visitato del 2013 (quasi 500 mila visitatori e oltre 3 milioni di incassi), l’impianto è guasto. E le temperature — uno dei fattori più delicati per la conservazione delle opere, insieme all’umidità — sono fuori controllo. Soprattutto nella Pinacoteca, culla di gioielli come l’”Amor Sacro e Amor Profano” di Tiziano, che il personale stesso ormai definisce «un forno».…. «Da due mesi siamo alle prese con questa emergenza — spiega Anna Coliva, direttrice del museo — L’impianto di climatizzazione, costruito nel 1997, è completamente usurato e sconta anni di cronica mancanza di manutenzione »…. Nel frattempo, si tampona la situazione con le finestre aperte. «È il male minore, rispetto agli sbalzi di temperatura — sostiene la direttrice  Quella che sembra una soluzione temporanea potrebbe mettere ancor più a rischio le opere se dovesse protrarsi a lungo. «Bisogna cercare di evitarla il più possibile perché quel che entra dall’esterno, e parlo di inquinanti non solo chimici ma biologici, è fuori controllo — spiega Elisabetta Giani, fisica dell’Istituto superiore per la conservazione e il restauro — Soprattutto, ci vuole un monitoraggio costante dell’umidità, sia all’interno che all’esterno». È quello, infatti, il peggior nemico delle tele e, soprattutto, delle tavole: «Il parametro per l’umidità relativa è del 50-55 per cento, sbalzi troppo elevati possono deformare o danneggiare i materiali». Ma anche le temperature, «se dovessero superare a lungo i 30 gradi», potrebbero causare danni.

 

www.orizzontescuola.it – 12 maggio 2014

Graduatorie di istituto. Chiarire anno durata legale TFA, refuso tabella III fascia, come avviene passaggio dalla III alla II fascia

░ Le tabelle di valutazione dei titoli per le graduatorie di istituto di II e III fascia sono ancora in bozza, ma è già possibile avere un'idea su punteggi derivanti da servizi e titoli.

Per l'abilitazione conseguito attraverso la frequenza dei percorsi a numero programmato di Tirocinio formativo attivo ai sensi dell'art. 15 comma 1 del dm 249/10, nonché dei percorsi formativi di cui all'art. 3 comma 3 del dm 249/10, sono attribuiti:

fino a punti 12 per il voto da abilitazione
ulteriori punti 42 (12 per la durata annuale del percorso di formazione e 30 per il superamento dell'esame finale del percorso selettivo)Non sono valutabili i servizi di insegnamento prestati durante il periodo di durata legale dei corsi, qualora utilizzati come titolo di accesso. Per il I ciclo TFA bisogna considerare che esso attiene, secondo il Decreto Direttoriale 23 aprile 2012 n. 74, all'anno accademico 2011/2, ma in concreto si svolto nell'a.a.2012/13. Quale sarà l'anno di servizio da non considerare, in quanto già compreso nel punteggio aggiuntivo? E' bene che il Miurlo chiarisca già dall'apertura delle domande, al fine di evitare interpretazionidifformi

 

 

http://www.left.it/ – 12 maggio 2014

Note di vita civile

░ Il disegno di legge della senatrice Elena Ferrara propone la musica in tutte le scuole. Nel nome di Claudio Abbado. E un vasto movimento di associazioni culturali lo sostiene. (di Donatella Coccoli)

Il Maestro Claudio Abbado scomparso a gennaio. Per tutta la vita si è impegnato ad avvicinare i giovani alla musica Ia musica in ogni scuola italiana, dagli asili nido fino ai licei. Come componente fondamentale per lo sviluppo della personalità umana, della capacità creativa e della conoscenza. Un sogno? Un'utopia? «Una rivoluzione culturale», dice Elena Ferrara, senatrice Pd che ha appena depositato il disegno di legge 1365 «per la valorizzazione dell'espressione musicale e artistica nel sistema dell'istruzione». Dedicato a Claudio Abbado che si è sempre battuto per la musica nelle scuole, il ddl rappresenta una svolta. Intanto, perché è sottoscritto da esponenti di tutti i partiti (oltre che dai senatori a vita Renzo Piano, Carlo Rubbia ed Elena Cattaneo). E poi perché è appoggiato da un intero mondo, vivace ma finora inascoltato, fatto di associazioni, scuole civiche, cori e bande. Gruppi culturali che hanno tentato di mettere una toppa alla grave lacuna presente nell'istruzione pubblica. Oggi l'unica ora di educazione musicale nella scuola primaria scompare del tutto nella secondaria. Esistono sì le scuole medie a indirizzo musicale ma sono appena 1.400, mentre i licei musicali sfornati dalla riforma Gelmini raggiungono solo un'ottantina di sezioni in tutta Italia. Il risultato: zero cultura musicale per intere generazioni. E quindi zero curiosità, partecipazione. E anche zero pubblico. Un gap che segna l'Italia rispetto ad altri Paesi europei dove invece la musica è praticata fin dall'infanzia. Il ddl di Elena Ferrara, laureata al Dams, docente di Educazione musicale a Oleggio (Novara) ha lo scopo di «mettere a sistema l'esistente: la formazione scolastica attraverso dei curricula non frammentari come quelli attuali e la rete delle associazioni. Stabilendo partnership con università e conservatori». L'obiettivo, continua la senatrice, «è quello di non disperdere definitivamente un enorme patrimonio che negli ultimi anni, soprattutto nella musica e nella danza, ha già subìto duri colpi». Così, anche «al fine di contrastare la decadenza culturale» il ddl si pone l'obiettivo di fornire «occasioni formative basate sull'acquisizione di una piena consapevolezza degli aspetti pratici, teorico-analitici e storico-culturali». In sintesi: formazione artistica (musica, teatro e danza) nelle scuole d'infanzia ma soprattutto ecco la novità sostanziale 100 ore annuali nei curricula della scuola elementare e media e 50 in quelli delle superiori. Non solo. Si prevede la trasformazione degli istituti comprensivi in poli formativi artistici, la collaborazione con la rete dei "soggetti terzi" accreditati dalMiur e dalle Regioni, la formazione dei docenti, rassegne e spettacoli a prezzo ridotto per studenti e insegnanti e detassazioni per le famiglie che iscrivono i figli a corsi amatoriali musicali, teatrali o coreutici. E dopo i tagli furibondi di Gelmini-Tremonti, il ddl stanzia 75 milioni di euro all'anno dal 2015 al 2017, 25 milioni dal 2018.

 

Il Messaggero – 13 maggio 2014

I test a scuola che uccidono la gioia di apprendere

░ di Giorgio Israel.

Si constata, anche quest’anno, una miscela di test ragionevoli e di altri che suscitano dubbi circa le competenze di chi li ha pensati. La via del miglioramento è lunga, soprattutto se le critiche saranno ancora ignorate. Ma resta aperta la domanda: per andare dove? Cosa può dare l’analisi dello stato dell’istruzione mediante test, pur al massimo delle sue possibilità? La domanda è resa impellente dal torrente polemico che si rovescia sul più famoso sistema internazionale di valutazione mediante test, Ocse-Pisa… il 10% degli studenti dei vari Paesi sostiene effettivamente i test di lettura Pisa, mentre gli altri entrano nelle statistiche simulando le risposte mancanti con numeri casuali. Ne è nata una polemica furiosa in cui la difesa ha opposto che questa è una prassi usuale in statistica, mentre uno statistico di fama come David Spiegelhalter ha sostenuto che i metodi usati sono sbagliati e che «ricavare lezioni da Pisa è difficile quanto prevedere chi vincerà una partita di calcio». Ora, una lettera firmata da un stuolo di autorevoli personalità a livello internazionale (pubblicata sul Guardian col titolo “I test Ocse-Pisa stanno danneggiando l’educazione in tutto il mondo”) contesta il metodo dei test al di là delle questioni tecniche. Difatti, gli articoli di critica tecnica pullulano, ma gli enti di valutazione fanno orecchie da mercante. Per esempio, il nostro Invalsi considera come Verbo un modello matematico largamente criticato e di cui recenti ricerche indicano l’inapplicabilità proprio ai test usati nel 2009 per le scuole medie. L’appello internazionale considera inammissibile alla radice l’idea di costruire un intero sistema di valutazione sui test e mette in luce i guasti che sta producendo questa prassiDenuncia una visione angustamente economicista che cancella il fatto che l’istruzione non forma solo forza-lavoro ma soggetti capaci di partecipare a una società democratica, all’azione morale e a una vita di crescita personale; per cui, per molti versi, inclusa la disastrosa tendenza a bandire la conoscenza dall’istruzione, compromette il futuro della democrazia. Questa tendenza tecnocratica è manifestata dal fatto che l’istruzione sta diventando terreno riservato a economisti, statistici e psicometrici, escludendo soggetti che non hanno minori diritti a “sedersi al tavolo”: insegnanti, educatori, studiosi disciplinari di ogni sorta, famiglie, studenti, amministratori. Infine, il ciclo continuo di testing produce un clima nevrotico nelle scuole e, sostituendo l’insegnamento con l’addestramento, «uccide la gioia di apprendere». Tra le molte altre osservazioni ne ricordiamo una fondamentale: «misurare grandi diversità di tradizioni educative con un criterio unico, ristretto e parziale, può danneggiare irreparabilmente i nostri studenti e le nostre scuole». Siamo di fronte a un documento che ha un valore cruciale, particolarmente importante per un Paese come l’Italia che sta costruendo il suo sistema di valutazione. E va respinto il solito ammonimento: chi critica non vuole la valutazione. il ministro ha osservato che, come un buon medico si valuta se i suoi malati guariscono o restano in buona salute, così l’insegnante si valuta dal risultato del processo di apprendimento. Ma già qui non ci siamo. Perché quel che fa la differenza è l’oggetto: altrimenti, i peggiori medici sarebbero gli oncologi e i migliori quelli che curano i raffreddori. Inoltre, i concetti di salute e malattie sono tutt’altro che univoci. Ciò è materia di dibattito scientifico e valutare un medico è cosa molto più complessa che non fare test sull’evoluzione dello stato dei suoi pazienti. Lo stesso dicasi per gli insegnanti: la bravura di un insegnante può essere offuscata da un contesto difficile mentre può rifulgere la mediocre qualità di un insegnante che opera in un contesto facile. Né la qualità degli apprendimenti è riflessa, se non a livelli minimali, dalle prestazioni nei test. Del resto, se il ministro ha accolto l’idea di sostituire i test d’ingresso a medicina con un modello di tipo francese, in cui la selezione viene fatta con esami di merito dopo un anno, non può ritenere che i testi possano servire a valutare il sistema dell’istruzione, gli studenti e addirittura gliinsegnanti. Curiosi tempi i nostri, in cui si straparla di “complessità” e poi si pretende di ridurre tutto a schemini semplici.

 

www.orizzontescuola.it – 14 maggio 2014

Graduatorie istituto: 42 punti TFA, nessuna riserva PAS. Conferma differenziazione punteggi. La prima volta dei diplomati magistrale in II fascia. Anticipazioni

░ Si è svolto l'incontro tra Amministrazione e sindacati per la definizione di decreto e tabelle per le graduatorie di istituto 2014/16.

Le tabelle sono già state pubblicate dal Miur e rimangono invariate rispetto alle bozze già pubblicate su OrizzonteScuola.it, anche se non mancano dei refusi Le Organizzazioni sindacali hanno chiesto la proroga per l'inserimento del titolo PAS entro il 30 luglio (data che avrebbe potuto comunque consentire l'avvio ordinato delle lezioni con i supplenti già in classe), ma l'Amministrazione non ha acconsentito. Dovrebbero essere quindi confermate le due finestre, a giugno e dicembre, per l'inserimento del titolo di abilitazione. Questo provvedimento è quello più contestato dai sindacati, in quanto l'inserimento del titolo a dicembre, fatta salva la continuità didattica, potrebbe significare per i docenti PAS la perdita di opportunità lavorative. I contorni della questione in effetti non sono ancora definiti, se si ascolta infatti una dichiarazione del Ministro rilasciata oggi in Piemonte, quest'ultimo ritiene certo l'inserimento dei docenti PAS in tempo utile per l'assegnazione delle supplenze. Le tabelle confermano la valorizzazione del titolo TF, in base al decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica 24 novembre 1998, n. 460, e in particolare l’articolo 3, che prevede “nei concorsi a cattedre, per titoli ed esami, nella scuola secondaria ed in quelli per soli titoli, a coloro che abbiano concluso positivamente la specifica scuola di specializzazione, i bandi di concorso attribuiscono un punteggio aggiuntivo rispetto a quello spettante per l’abilitazione conseguita secondo le norme previgenti alla istituzione delle scuole di specializzazione all'insegnamento secondario e più elevato rispetto a quello attribuito per la frequenza ad altre scuole e corsi di specializzazione e perfezionamento universitari”.Il punteggio aggiuntivo spetterà ad abilitazione conseguite con SsisBifordoc,Cobaslid Diploma di didattica della musica punti 54TFA punti 42Diploma accademico di II livello + TFA punti 66Scienze della formazione primaria dm 249/19 punti 72Scienze della formazione primaria precedente al dm 249/10 punti 60 (la tabella presenta un refuso)Non sono valutabili i servizi di insegnamento prestati durante il periodo di durata legale dei corsi, qualora utilizzati come titoli di accesso ad una graduatoria di una qualsiasi posto o classe di concorsoVisto il parere del Consiglio di Stato, Sezione II, del 5 giugno 2013 su un ricorso straordinario in merito al valore abilitante all’insegnamento dei titoli di diploma magistrale, secondo il quale tra i “docenti in possesso dell’abilitazione all’insegnamento” devono intendersi compresi anche coloro i quali “abbiano conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002 il titolo di studio attribuito dagli istituti magistrali al termine di corsi triennali e quinquennali sperimentali di scuola magistrale e dei corsi quadriennali e quinquennali sperimentali di istituto magistrale (per la scuola dell’infanzia) o al termine dei corsi quadriennali e quinquennali sperimentali dell’ istituto magistrale (per la scuola primaria)”, sarà consentito l'inserimento nella II fascia delle graduatoriedi istituto.

 

www.larepubblica.it – 15 maggio 2014

Giovani ribelli del test

░ Prove Invalsi tra le proteste. In prima fila gli studenti delle superiori che hanno boicottato il quiz e disertato le aule in tuttaItalia. Accusano questo meccanismo di valutazione di mettere la scuola al servizio di logiche manageriali. Mentre solo un istituto su cinque ne usano i risultati

Protestano gli studenti, che sono scesi in piazza srotolando striscioni in tutta Italia, da Milano a Siena, da Roma a Napoli, e hanno chiesto ai loro compagni di boicottare i test e di disertare le aule:…. Tace (o almeno taceva ieri) il ministro Stefania Giannini, alla sua prima esperienza con l’ondata di malumore che fin dall’inizio le prove hanno portato con loro. E intanto i sindacati diffondono un dato che, forse, è il più preoccupante di tutti: «Soltanto una scuola su cinque — dice FrancescoScrima, segretario generale della Cisl Scuola — utilizza in qualche modo i risultati Invalsi, che vengono restituiti ai singoli istituti dopo le correzioni e le valutazioni a Roma. Questo dimostra che questo sistema calato dall’alto non funziona e che è ora di discutere con chi la scuola la fa davvero, tutti i giorni»….Andreas Schleicher, responsabile del programma Pisa, ha spedito al Guardian una lettera punteggiata di dubbi e preoccupazioni, e pubblicata col titolo “I test danneggiano la scuola?”. Schleicher si chiede se l’ansia di “riuscire” nelle prove nazionali e internazionali (il programma Pisa, promosso dall’Ocse, l’organizzazione per la cooperazione internazionale, aveva come scopo proprio quello di fissare dei parametri comuni per valutare l’efficacia dei programmi scolastici) non rischi di influenzare gli insegnanti e le famiglie, costringendoli a studiare in funzione del risultato piuttosto che per seguire obiettivi educativi. E critica il “sensazionalismo” con il quale i singoli governi sono portati a annunciare le proprie iniziative di valutazione

 

www.corrieredellasera.it – 17 maggio 2014

Quota 96, Giannini rinvia il problema degliesodati della scuola dopo il voto

░ Impotenza: il Governo non è in condizione di affrontare prima delle elezioni europee la situazione vergognosa che tutti, PD compreso, attribuiscono ad un errore nella RiformaFornero. Che dice Speedy-Renzi ?

Pensione scuola e Quota 96, nulla di fatto. I docenti e il personale Ata che attendono di lasciare cattedre e banchi da quattro anni sono delusi. Contro quelle che ritengono promesse «sempre più vaghe» hanno inscenato in questi giorni scioperi e proteste: striscioni nelle scuole il 13 maggio; proteste a Montecitorio il 15; presidio in piazza il 16, con lettura, davanti a Montecitorio, di tutti gli articoli della Costituzione violati per la questione dell’errore della riforma delle pensioniFornero. Tanto che nel pomeriggio di oggi è intervenuta anche Stefania Giannini. «Subito dopo la fine della campagna elettorale per le europee - ha assicurato il ministro dell’Istruzione - verrà affrontato il problema dei pensionati della scuola quota 96». Giannini ha spiegato di aver incontrato il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, per affrontare la questione. «Abbiamo messo vari capitoli specifici tra cui anche questo in agenda - ha detto - non a partire da questa settimana, ma subito dopo ci vedremo». «Questo aspetto - ha sottolineato ancora Giannini - riguarda circa 4.000 persone, sarebbe già un importante impegno, credo che ci sia lo spazio». Ma intanto va avanti la raccolta di firme della Lega per l’abolizione della riforma del ministro del Lavoro del governo Monti, i deputati del Movimento 5 stelle di Beppe Grillo hanno organizzato un flash mob alla Camera, esibendo una maglietta con una doppia scritta : «Quota 96 - Pensionati esasperati da un diritto violato» e «Quota 96 - inFORNERati - un diritto e non un privilegio». Il problema relativo agliesodati della scuola - ovvero quei lavoratori della cosiddetta «Quota 96» che, nonostante avessero già maturato i requisiti per accedere al trattamento pensionistico, sono rimasti senza pensione con l’approvazione della riforma pensioni Fornero che ha innalzato l’età pensionabile - non ha finora trovato soluzione.Cesare Damiano (Pd), presidente della commissione Lavoro della Camera ritiene «necessario porre rimedio a un errore compiuto dalla riforma Fornero delle pensioni, che non ha considerato il fatto che il ciclo scolastico (primo settembre-31 agosto) non coincide con quello solare». Questa «disattenzione» - ha detto Damiano - « ha causato un’ingiustizia e impedito a molti insegnanti di poter andare in pensione». Sulla stessa linea la Cgil, che chiede di «risolvere questo problema per una questione di giustizia per il personale della scuola». L’argomento, peraltro, ricorda l’ex ministro «è già stato oggetto di una risoluzione delle commissioni Bilancio e Lavoro, sottoscritta da tutti i gruppi parlamentari e della risoluzione con la quale la Camera il 17 aprile ha approvato il Def2014. Il governo si è impegnato, in quell’occasione, alla soluzione dei problemi previdenziali del settore scuola oltre a quello degli esodati». Damiano ricorda anche i numeri: «La platea del settore scuola ammonta a poco più di 4mila unità, con un onere stimato dall’Inps di circa 35 milioni di euro per il 2014, 106 per il 2015, 107 milioni di euro per il 2016, 108 milioni di euro per l’anno 2017 e 72 milioni di euro per l’anno 2018. Una copertura finanziaria non eccessiva che risolverebbe una situazione assurda e che consentirebbe di aprire le porte della scuola a 4mila giovani insegnanti». Il Ministro dell’istruzione Stefania Giannini aveva dichiarato in aprile che la questione Pensioni Quota96 «è ormai diventata un “capitolo politico”» e che non intende «farne una “battaglia primaria” ma trovare il modo di rimediare sfruttando le risorse disponibili nell’ambito del DEF 2014». Dichiarazioni che facevano seguito all’approvazione del Parlamento di una Risoluzione che impegna il Governo a risolvere la questione Quota 96. E sempre il ministro, in una recente intervista, aveva ammesso che la situazione dei Quota 96 è «frutto di un errore legislativo» e che «deve essere affrontata» il prima possibile, precisando che «il governo potrebbe anche precedere il Parlamento» nel varare un provvedimento che metta finalmente la parola fine alla situazione. Dichiarazioni politiche che però si sono sin qui scontrate con il no della Ragioneria dello Stato, che aveva stabilito che i 450 milioni di euro necessari per chiudere la partita, semplicemente non ci sono.

 

Pubblichiamo alcuni articoli sulla chiusura dell'aggiornamento delle GaE e sul prossimo concorso per DS.

Precari, ore cruciali per oltre mezzo milione di insegnanti

ANSA: Scuola: Anief, per graduatorie c'è rischio migliaia ricorsi
Scade domani termine per presentare domande
(ANSA) - ROMA, 16 MAG - Domani scade il tempo per presentare la domanda d'aggiornamento o di nuovo inserimento nelle graduatorie ex permanenti. Lo ricorda l'Anief sottolineando che se 200mila supplenti stanno già dentro, 140mila neo abilitati rischiano l'esclusione e preannunciando una valanga di ricorsi. "In giornata dovrebbe poi essere pubblicato - rileva l'Anief - il decreto di aggiornamento delle Graduatorie d'Istituto, al quale sono interessati in 500mila: la nuova tabella di valutazione, realizzata senza le consultazioni di tutte le istituzioni previste per legge, getta nel caos anche questo versante". Nelle scorse settimane, migliaia di docenti hanno già deciso di ricorrere contro il D.M. 235/2014, compilando il modello cartaceo (per via telematica non è possibile candidarsi) - sottolinea l'Anief ricordando che a essere interessati all'impugnazione sono 12mila nuovi abilitati con Tfa, 70mila con titoli di servizio e abilitandi Pas, 55mila diplomati magistrali e ad alcune migliaia di idonei al concorso a cattedra, nonché laureati in Sfp o abilitati in Europa. "Nei loro confronti - osserva l'Anief - il Miur continua a perpetrare un'insensata disparità di trattamento, discriminandoli rispetto ai precari che sono stati selezionati e preparati dallo Stato con le stesse modalità dei colleghi inclusi nelle graduatorie fino a pochi anni fa".(ANSA).

AgenParl: Scuola: Pacifico (Anief), ore cruciali per oltre mezzo milione di insegnanti

Orizzonte Scuola: Precari: 17 maggio scade domanda graduatorie ad esaurimento. 200mila sono già dentro, ma in molti pronti ai ricorsi

Calabria 24 ore: Scuola – Precari, ore cruciali per oltre mezzo milione di insegnanti

Tecnica della Scuola: Precari, ore cruciali per oltre mezzo milione di insegnanti

Italpress: Scuola: Precari, Anief "ore cruciali per oltre mezzo mln insegnanti"

 

Perché il Miur annuncia nuovo concorso per dirigenti se l’ultimo rimane a rischio ripetizione?

Ansa: Scuola: Anief, prima nuovo concorso presidi aspettare sentenze
(ANSA) - ROMA, 16 MAG - Perché il ministero dell'Istruzione annuncia un nuovo concorso per dirigenti se l'ultimo rimane a rischio ripetizione? A porsi l'interrogativo è l'Anief alla luce di quanto dichiarato dal ministro Giannini. "Prima di bandire un nuovo concorso per dirigenti scolastici, come annunciato in queste ore dal Ministro dell'Istruzione Stefania Giannini, occorre attendere - afferma l'Anief - la sentenza del Consiglio di Stato sulla fondatezza dei ricorsi presentati a seguito del pasticcio dei quiz preselettivi all'ultima tornata concorsuale, svolti nell'ottobre del 2011, a cui parteciparono oltre 33mila insegnanti e un quarto dei quali si è poi rivolto al giudice. Bisogna anche andare a rivedere l'ormai superata figura professionale dei presidi e ripristinare i 2mila posti tagliati nell'ultimo triennio. Per il sindacato, "anziché continuare con la politica degli annunci a effetto, il Ministro farebbe bene a consultare gli esperti del suo Dicastero e farsi raccontare le difficoltà incontrate quotidianamente degli attuali 8.400 dirigenti scolastici in servizio. Premesso che quelli incaricati da lungo tempo meriterebbero di essere promossi in virtù dell'esperienza acquisita sul campo, non si può dimenticare che molti di loro hanno in reggenza un alto numero di sedi (anche sette), non di rado appartenenti a livelli scolastici che hanno davvero poco a che vedere l'uno con l'altro (come la scuola dell'infanzia a la secondaria di primo grado)". (ANSA).

La Discussione: Scuola nuovo concorso Dirigenti ,ma per Anief ultimo a rischio ripetizione

Italpress: Scuola: Anief "Nuovo concorso dirigenti, ma ultimo a rischio ripetizione"

 

Pubblichiamo alcuni articoli sulla chiusura dell'aggiornamento delle GaE e sul prossimo concorso per DS.

Precari, ore cruciali per oltre mezzo milione di insegnanti

ANSA: Scuola: Anief, per graduatorie c'è rischio migliaia ricorsi
Scade domani termine per presentare domande
(ANSA) - ROMA, 16 MAG - Domani scade il tempo per presentare la domanda d'aggiornamento o di nuovo inserimento nelle graduatorie ex permanenti. Lo ricorda l'Anief sottolineando che se 200mila supplenti stanno già dentro, 140mila neo abilitati rischiano l'esclusione e preannunciando una valanga di ricorsi. "In giornata dovrebbe poi essere pubblicato - rileva l'Anief - il decreto di aggiornamento delle Graduatorie d'Istituto, al quale sono interessati in 500mila: la nuova tabella di valutazione, realizzata senza le consultazioni di tutte le istituzioni previste per legge, getta nel caos anche questo versante". Nelle scorse settimane, migliaia di docenti hanno già deciso di ricorrere contro il D.M. 235/2014, compilando il modello cartaceo (per via telematica non è possibile candidarsi) - sottolinea l'Anief ricordando che a essere interessati all'impugnazione sono 12mila nuovi abilitati con Tfa, 70mila con titoli di servizio e abilitandi Pas, 55mila diplomati magistrali e ad alcune migliaia di idonei al concorso a cattedra, nonché laureati in Sfp o abilitati in Europa. "Nei loro confronti - osserva l'Anief - il Miur continua a perpetrare un'insensata disparità di trattamento, discriminandoli rispetto ai precari che sono stati selezionati e preparati dallo Stato con le stesse modalità dei colleghi inclusi nelle graduatorie fino a pochi anni fa".(ANSA).

AgenParl: Scuola: Pacifico (Anief), ore cruciali per oltre mezzo milione di insegnanti

Orizzonte Scuola: Precari: 17 maggio scade domanda graduatorie ad esaurimento. 200mila sono già dentro, ma in molti pronti ai ricorsi

Calabria 24 ore: Scuola – Precari, ore cruciali per oltre mezzo milione di insegnanti

Tecnica della Scuola: Precari, ore cruciali per oltre mezzo milione di insegnanti

Italpress: Scuola: Precari, Anief "ore cruciali per oltre mezzo mln insegnanti"

 

Perché il Miur annuncia nuovo concorso per dirigenti se l’ultimo rimane a rischio ripetizione?

Ansa: Scuola: Anief, prima nuovo concorso presidi aspettare sentenze
(ANSA) - ROMA, 16 MAG - Perché il ministero dell'Istruzione annuncia un nuovo concorso per dirigenti se l'ultimo rimane a rischio ripetizione? A porsi l'interrogativo è l'Anief alla luce di quanto dichiarato dal ministro Giannini. "Prima di bandire un nuovo concorso per dirigenti scolastici, come annunciato in queste ore dal Ministro dell'Istruzione Stefania Giannini, occorre attendere - afferma l'Anief - la sentenza del Consiglio di Stato sulla fondatezza dei ricorsi presentati a seguito del pasticcio dei quiz preselettivi all'ultima tornata concorsuale, svolti nell'ottobre del 2011, a cui parteciparono oltre 33mila insegnanti e un quarto dei quali si è poi rivolto al giudice. Bisogna anche andare a rivedere l'ormai superata figura professionale dei presidi e ripristinare i 2mila posti tagliati nell'ultimo triennio. Per il sindacato, "anziché continuare con la politica degli annunci a effetto, il Ministro farebbe bene a consultare gli esperti del suo Dicastero e farsi raccontare le difficoltà incontrate quotidianamente degli attuali 8.400 dirigenti scolastici in servizio. Premesso che quelli incaricati da lungo tempo meriterebbero di essere promossi in virtù dell'esperienza acquisita sul campo, non si può dimenticare che molti di loro hanno in reggenza un alto numero di sedi (anche sette), non di rado appartenenti a livelli scolastici che hanno davvero poco a che vedere l'uno con l'altro (come la scuola dell'infanzia a la secondaria di primo grado)". (ANSA).

La Discussione: Scuola nuovo concorso Dirigenti ,ma per Anief ultimo a rischio ripetizione

Italpress: Scuola: Anief "Nuovo concorso dirigenti, ma ultimo a rischio ripetizione"

 

Pubblichiamo alcuni articoli sui numeri pazzi del Miur per le prossime immissioni in ruolo e sulle graduatorie ancora in alto mare del concorso 2012.

Dal Miur numeri da 'terno al lotto'

Repubblica: Giannini: nel 2015 concorso a cattedra per 17mila docenti

ANSA:Scuola: Anief, soluzioni Giannini non risolvono problemi
"Non serve nuovo concorso, ci sono già 17 mila idonei"
(ANSA) - ROMA, 25 APR - "A cosa serve bandire un nuovo concorso per 14.000 posti quanto ci sono 17.000 idonei appena valutati dalle Commissioni?". A chiederlo è Marcello Pacifico (Anief-Confedir). "Perché il ministro Giannini - afferma Marcello Pacifico, che è presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - piuttosto che pensare a nuovi concorsi, quando l'ultimo in alcune regioni (Sicilia, Toscana, Lazio) non si è ancora concluso, non chiede ai suoi direttori la verifica dell'organico di fatto e l'autorizzazione ad assumere su tutti i posti assegnati in supplenza senza ragioni sostitutive? Perché non ordina l'adeguamento dell'organico di diritto sul sostegno (90.000 unità entro il 2017) al parametro stabilito dal legislatore in base al rapporto 1:2 tra docenti e alunni con handicap (già 222.000 nell'anno scolastico 2013/2014)? Perché non programma l'assunzione immediata dei 30.000 supplenti docenti e del personale Ata assunti anche quest'anno fino al 31 agosto, al di là del prossimo turn-over? Perché, ancora, si preoccupa dei nuovi docenti da abilitare quando, all'atto dell'aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento, impedisce loro l'accesso alla professione? Queste domande - conclude Pacifico - esigono delle risposte serie e immediate". (ANSA).

Tecnica della Scuola: Assunzioni: numeri da terno al lotto?

Mister X: Numeri pazzi al Miur: le soluzioni pensate dal ministro Giannini non risolvono il problema precariato

Corriere del web: Scuola – Numeri pazzi al Miur: le soluzioni pensate dal ministro Giannini non risolvono il problema precariato

Italpress: Scuola: Anief "Proposte Giannini non risolvono problema precariato"

Online news: Assunzioni in arrivo per i docenti precari?

Agenzia ARIS: Amianto nelle scuole italiane e assunzione di docenti precari

Corriere del web: Scuola - Assunzioni, siamo al caos totale: il Ministro smentisce l’avvocatura dello Stato

Italpress: Assunzioni, Ministro smentisce Avvocatura dello Stato

 

Il concorso per diventare prof si trasforma in calvario: a 20 mesi dal bando graduatorie ancora in alto mare

Il Sito di Palermo: Concorso per prof. si trasforma in calvario: graduatorie in alto mare

Tiscali: Scuola, concorso beffa in Sicilia: niente cattedra per molti docenti

Sì24: Concorso a cattedra, a rischio le assunzioni dei nuovi insegnanti. I commissari danno forfait: bloccate le graduatorie

Blog Sicilia: Scuola, concorso beffa in Sicilia. Niente cattedra per molti docenti

Tecnica della Scuola: Concorsi a cattedra: un fallimento. Meglio estrarre a sorte?

Orizzonte Scuola: Il concorso per diventare prof si trasforma in calvario: a 20 mesi dal bando graduatorie ancora in alto mare

IMG Press: Il concorso per diventare prof si trasforma in calvario: a 20 mesi dal bando graduatorie ancora in alto mare

L'Espresso: Commissari in fuga

Pubblichiamo alcuni articoli sui numeri pazzi del Miur per le prossime immissioni in ruolo e sulle graduatorie ancora in alto mare del concorso 2012.

Dal Miur numeri da 'terno al lotto'

Repubblica: Giannini: nel 2015 concorso a cattedra per 17mila docenti

ANSA:Scuola: Anief, soluzioni Giannini non risolvono problemi
"Non serve nuovo concorso, ci sono già 17 mila idonei"
(ANSA) - ROMA, 25 APR - "A cosa serve bandire un nuovo concorso per 14.000 posti quanto ci sono 17.000 idonei appena valutati dalle Commissioni?". A chiederlo è Marcello Pacifico (Anief-Confedir). "Perché il ministro Giannini - afferma Marcello Pacifico, che è presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - piuttosto che pensare a nuovi concorsi, quando l'ultimo in alcune regioni (Sicilia, Toscana, Lazio) non si è ancora concluso, non chiede ai suoi direttori la verifica dell'organico di fatto e l'autorizzazione ad assumere su tutti i posti assegnati in supplenza senza ragioni sostitutive? Perché non ordina l'adeguamento dell'organico di diritto sul sostegno (90.000 unità entro il 2017) al parametro stabilito dal legislatore in base al rapporto 1:2 tra docenti e alunni con handicap (già 222.000 nell'anno scolastico 2013/2014)? Perché non programma l'assunzione immediata dei 30.000 supplenti docenti e del personale Ata assunti anche quest'anno fino al 31 agosto, al di là del prossimo turn-over? Perché, ancora, si preoccupa dei nuovi docenti da abilitare quando, all'atto dell'aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento, impedisce loro l'accesso alla professione? Queste domande - conclude Pacifico - esigono delle risposte serie e immediate". (ANSA).

Tecnica della Scuola: Assunzioni: numeri da terno al lotto?

Mister X: Numeri pazzi al Miur: le soluzioni pensate dal ministro Giannini non risolvono il problema precariato

Corriere del web: Scuola – Numeri pazzi al Miur: le soluzioni pensate dal ministro Giannini non risolvono il problema precariato

Italpress: Scuola: Anief "Proposte Giannini non risolvono problema precariato"

Online news: Assunzioni in arrivo per i docenti precari?

Agenzia ARIS: Amianto nelle scuole italiane e assunzione di docenti precari

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Italpress: Assunzioni, Ministro smentisce Avvocatura dello Stato

 

Il concorso per diventare prof si trasforma in calvario: a 20 mesi dal bando graduatorie ancora in alto mare

Il Sito di Palermo: Concorso per prof. si trasforma in calvario: graduatorie in alto mare

Tiscali: Scuola, concorso beffa in Sicilia: niente cattedra per molti docenti

Sì24: Concorso a cattedra, a rischio le assunzioni dei nuovi insegnanti. I commissari danno forfait: bloccate le graduatorie

Blog Sicilia: Scuola, concorso beffa in Sicilia. Niente cattedra per molti docenti

Tecnica della Scuola: Concorsi a cattedra: un fallimento. Meglio estrarre a sorte?

Orizzonte Scuola: Il concorso per diventare prof si trasforma in calvario: a 20 mesi dal bando graduatorie ancora in alto mare

IMG Press: Il concorso per diventare prof si trasforma in calvario: a 20 mesi dal bando graduatorie ancora in alto mare

L'Espresso: Commissari in fuga

Pubblichiamo alcuni articoli sulla riduzione a 4 anni delle superiori, che a settembre vedrà altri 5 istituti coinvolti nella sperimentazione.

Il Mattino: Scuole superiori ridotte a quattro anni, l'esperimento parte a Napoli dal liceo Garibaldi

La Padania: Miur insiste con le superiori ridotte a 4 anni: da settembre via libera ad altri 5 istituti

Il Fogliettone: Miur, ancora scuole superiori ridotte a 4 anni

ANSA: Scuola: Anief,superiori ridotte a 4 anni in altri 5 istituti
(ANSA) - ROMA, 27 APR - Il Miur continua la sua opera di avvicinamento alla riduzione di un anno della scuola superiore: per l'anno prossimo il dicastero di Viale Trastevere ha autorizzato la sperimentazione del percorso di studi di 4 anni, anziché 5, agli istituti statali "Orazio" di Bari, "Garibaldi" di Napoli e "Telesi@" di Telese Terme, oltre che agli istituti paritari "Esedra"» di Lucca e "Visconti" di Roma. Il via libera si va ad aggiungere a quelli dell'anno in corso accordati gli istituti paritari "Olga Fiorini" di Busto Arsizio, "San Carlo" di Milano e "Guido Carli" di Brescia. A renderlo noto è l'Anief, Associazione professionale sindacale, che teme che si voglia "allargare la sperimentazione della didattica con i tempi di apprendimento compressi a tutte le scuole superiori italiane: già il Governo Monti aveva quantificato un risparmio nazionale, attraverso la sparizione di 40 mila docenti oggi impegnati nelle classi quinte di tutte le superiori d'Italia, pari a un miliardo e 380 milioni di euro". "Non riusciamo a comprendere - dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - come l'amministrazione scolastica possa continuare a insistere sul progetto di riduzione delle superiori. È infatti provato che la riduzione dell'offerta formativa e del tempo scuola non farebbe che acuire il problema degli abbandoni scolastici, con Sicilia, Campania, Calabria e Puglia dove vi sono aree con il 45% di studenti che non arrivano al diploma. Il tutto in Italia è aggravato dall'alta presenza di neet, che nel 2012, come ha rilevato il Cnel, sono arrivati a 2 milioni 250 mila, praticamente un giovane su quattro tra i 15 e i 29 anni". Per il sindacato le strade da intraprendere sono altre: occorre estendere l'istruzione a 13 anni, allargando l'obbligo scolastico dagli attuali 16 fino ai 18 anni di età, in modo da 'coprire' tutti i cicli scolastici, sino al conseguimento del diploma di maturità. Per superare così l'obbligo scolastico oggi fermo a 16 anni. Ma bisogna anche aprire all'alternanza scuola-lavoro in modo organico, per coinvolgere tutti gli studenti impegnati nel triennio finale delle superiori. E, infine, anticipare l'inizio della scuola a 5 anziché 6 anni. (ANSA).

Mister X: Il Miur insiste con le superiori ridotte a 4 anni: da settembre via libera ad altri 5 istituti

Tecnica della Scuola: Liceo in 4 anni ? La sperimentazione si estende

Il Terremoto: Miur insiste con le superiori ridotte a 4 anni: da settembre via libera ad altri 5 istituti

Il Mattino - Ed. Benevento: Scuole superiori ridotte a quattro anni, l'esperimento parte a Telese Terme dal liceo Telesi

IMG Press: Miur insiste con le superiori ridotte a 4 anni: da settembre via libera ad altri 5 istituti

Corriere del web: Scuola - Il Miur insiste con le superiori ridotte a 4 anni: da settembre via libera ad altri 5 istituti

Italpress: Scuola: Anief "Miur insiste con le superiori ridotte a 4 anni"

Repubblica: Quattro anni sono meglio di 5?

La Stampa: Superiori di 4 anni, via libera ad altri 5 istituti da parte del Miur

Il Messaggero: Superiori in 4 quattro anni, ok per altri cinque istituti

Roma: Diploma superiore in quattro anni, la sperimentazione al Garibaldi

Il Mattino: Al 'Garibaldi' il liceo in 4 anni: sperimentazione al via

Campania su web: Liceo: quattro anni anziché cinque. L'esperimento del "Garibaldi" di Napoli

Fai Informazione: Miur, ancora scuole superiori ridotte a 4 anni

Otto pagine: Alle superiori per 4 anni anziché 5, autorizzati altri 5 istituti

Vesuvio Live: Scuole superiori ridotte da cinque a quattro anni: Napoli pronta a sperimentare!

Corriere dell'Università: Liceo di 4 anni: il Miur accelera, ma i sindacati denunciano: “così si tagliano 40mila cattedre”

Tecnica della Scuola: Autorizzazioni, sperimentazioni e riduzione a 4 anni

Il Tempo: Anche nella Capitale il liceo breve. Solo 4 anni

Roma: Diploma superiore in quattro anni, la sperimentazione al Garibaldi

Pubblichiamo alcuni articoli sulla riduzione a 4 anni delle superiori, che a settembre vedrà altri 5 istituti coinvolti nella sperimentazione.

Il Mattino: Scuole superiori ridotte a quattro anni, l'esperimento parte a Napoli dal liceo Garibaldi

La Padania: Miur insiste con le superiori ridotte a 4 anni: da settembre via libera ad altri 5 istituti

Il Fogliettone: Miur, ancora scuole superiori ridotte a 4 anni

ANSA: Scuola: Anief,superiori ridotte a 4 anni in altri 5 istituti
(ANSA) - ROMA, 27 APR - Il Miur continua la sua opera di avvicinamento alla riduzione di un anno della scuola superiore: per l'anno prossimo il dicastero di Viale Trastevere ha autorizzato la sperimentazione del percorso di studi di 4 anni, anziché 5, agli istituti statali "Orazio" di Bari, "Garibaldi" di Napoli e "Telesi@" di Telese Terme, oltre che agli istituti paritari "Esedra"» di Lucca e "Visconti" di Roma. Il via libera si va ad aggiungere a quelli dell'anno in corso accordati gli istituti paritari "Olga Fiorini" di Busto Arsizio, "San Carlo" di Milano e "Guido Carli" di Brescia. A renderlo noto è l'Anief, Associazione professionale sindacale, che teme che si voglia "allargare la sperimentazione della didattica con i tempi di apprendimento compressi a tutte le scuole superiori italiane: già il Governo Monti aveva quantificato un risparmio nazionale, attraverso la sparizione di 40 mila docenti oggi impegnati nelle classi quinte di tutte le superiori d'Italia, pari a un miliardo e 380 milioni di euro". "Non riusciamo a comprendere - dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - come l'amministrazione scolastica possa continuare a insistere sul progetto di riduzione delle superiori. È infatti provato che la riduzione dell'offerta formativa e del tempo scuola non farebbe che acuire il problema degli abbandoni scolastici, con Sicilia, Campania, Calabria e Puglia dove vi sono aree con il 45% di studenti che non arrivano al diploma. Il tutto in Italia è aggravato dall'alta presenza di neet, che nel 2012, come ha rilevato il Cnel, sono arrivati a 2 milioni 250 mila, praticamente un giovane su quattro tra i 15 e i 29 anni". Per il sindacato le strade da intraprendere sono altre: occorre estendere l'istruzione a 13 anni, allargando l'obbligo scolastico dagli attuali 16 fino ai 18 anni di età, in modo da 'coprire' tutti i cicli scolastici, sino al conseguimento del diploma di maturità. Per superare così l'obbligo scolastico oggi fermo a 16 anni. Ma bisogna anche aprire all'alternanza scuola-lavoro in modo organico, per coinvolgere tutti gli studenti impegnati nel triennio finale delle superiori. E, infine, anticipare l'inizio della scuola a 5 anziché 6 anni. (ANSA).

Mister X: Il Miur insiste con le superiori ridotte a 4 anni: da settembre via libera ad altri 5 istituti

Tecnica della Scuola: Liceo in 4 anni ? La sperimentazione si estende

Il Terremoto: Miur insiste con le superiori ridotte a 4 anni: da settembre via libera ad altri 5 istituti

Il Mattino - Ed. Benevento: Scuole superiori ridotte a quattro anni, l'esperimento parte a Telese Terme dal liceo Telesi

IMG Press: Miur insiste con le superiori ridotte a 4 anni: da settembre via libera ad altri 5 istituti

Corriere del web: Scuola - Il Miur insiste con le superiori ridotte a 4 anni: da settembre via libera ad altri 5 istituti

Italpress: Scuola: Anief "Miur insiste con le superiori ridotte a 4 anni"

Repubblica: Quattro anni sono meglio di 5?

La Stampa: Superiori di 4 anni, via libera ad altri 5 istituti da parte del Miur

Il Messaggero: Superiori in 4 quattro anni, ok per altri cinque istituti

Roma: Diploma superiore in quattro anni, la sperimentazione al Garibaldi

Il Mattino: Al 'Garibaldi' il liceo in 4 anni: sperimentazione al via

Campania su web: Liceo: quattro anni anziché cinque. L'esperimento del "Garibaldi" di Napoli

Fai Informazione: Miur, ancora scuole superiori ridotte a 4 anni

Otto pagine: Alle superiori per 4 anni anziché 5, autorizzati altri 5 istituti

Vesuvio Live: Scuole superiori ridotte da cinque a quattro anni: Napoli pronta a sperimentare!

Corriere dell'Università: Liceo di 4 anni: il Miur accelera, ma i sindacati denunciano: “così si tagliano 40mila cattedre”

Tecnica della Scuola: Autorizzazioni, sperimentazioni e riduzione a 4 anni

Il Tempo: Anche nella Capitale il liceo breve. Solo 4 anni

Roma: Diploma superiore in quattro anni, la sperimentazione al Garibaldi

Pubblichiamo alcuni articoli sugli stipendi dei docenti inferiori del 30% rispetto a quelli degli operai specializzati, sulla mancanza nelle scuole del sud di scale e servizi igienici a norma per gli studenti disabili e sull'Italia maglia nera nel recepimento delle direttive Ue.

Gli insegnanti lavorano 36 ore a settimana come gli operai specializzati, ma guadagnano il 30% in meno

Il Gazzettino vesuviano: Gli insegnanti lavorano 36 ore a settimana

Adnkronos: Scuola: Anief, insegnanti lavorano come operai ma -30% guadagno=enorme mole di impegno sommerso
Roma, 11 mag. - (Adnkronos) - Gli insegnanti italiani «svolgono un'enorme mole di lavoro sommerso: lavorano in media 1.643 ore annue, che equivalgono ad un normale impiego a tempo pieno, pari a circa 36 ore a settimana per 45 settimane l'anno. Peccato che guadagnano un buon 30% in meno di altre categorie, anche non intellettuali, come gli operai specializzati». Il dato è riferito dall'Anief ed è contenuto in un'ampia ricerca commissionata della Giunta provinciale dell'Alto Adige, che è andata a indagare sull'impegno lavorativo annuale di 5.200 insegnanti su 7.400 complessivi della provincia trentina. La ricerca, riferisce ancora l'Anief, «ha fatto emergere che i prof delle scuole superiori, con 1.677 ore annue, lavorano poco più di quelli delle medie (1.630 ore). Quelli di ruolo sono impegnati per 1.660 ore, mentre i supplenti poco meno (1.580 ore). Ma soprattutto, la ricerca ha fatto emergere che il lavoro 'oscurò, la metà delle 1.643 ore complessive, si deve alle tante incombenze burocratiche che un insegnante italiano è chiamato quotidianamente ad assolvere: colloqui con i genitori, riunioni con i colleghi, compilazione dei registri, stesura di relazioni e programmazioni e progetti, preparazione delle lezioni, correzioni dei compiti degli alunni. Oltre che per la formazione, peraltro quasi sempre a proprie spese».

L'Adige: «Gli insegnanti prendono meno di un operaio»

ANSA: Scuola: Anief,insegnanti guadagnano il 30% in meno di operai
(ANSA) - ROMA, 11 MAG - "Gli insegnanti italiani svolgono un'enorme mole di lavoro sommerso: lavorano in media 1.643 ore annue, che equivalgono a un normale impiego a tempo pieno, pari a circa 36 ore a settimana per 45 settimane l'anno. Peccato che guadagnano un buon 30% in meno di altre categorie, anche non intellettuali, come gli operai specializzati". Lo afferma Marcello Pacifico, presidente di Anief e segretario organizzativo di Confedir, commentando i dati di una ricerca commissionata della Giunta provinciale dell'Alto Adige, che ha analizzato l'impegno lavorativo annuale di 5.200 insegnanti su 7.400 complessivi della provincia trentina. "La ricerca ha fatto emergere - si ricorda - che i prof delle scuole superiori, con 1.677 ore annue, lavorano poco più di quelli delle medie (1.630 ore). Quelli di ruolo sono impegnati per 1.660 ore, mentre i supplenti poco meno (1.580 ore). Ma soprattutto la ricerca ha fatto emergere che il lavoro 'oscuro', la metà delle 1643 ore complessive, si deve alle tante incombenze burocratiche che un insegnante italiano è chiamato quotidianamente ad assolvere: colloqui con i genitori, riunioni con i colleghi, compilazione dei registri, stesura di relazioni e programmazioni e progetti, preparazione delle lezioni, correzioni dei compiti degli alunni, oltre curare la propria formazione, peraltro quasi sempre a proprie spese". "Il problema - afferma Pacifico - è che nell'opinione pubblica prevale l'idea del docente che svolge solo le ore frontali con gli alunni. Ma questo errore di fondo - conclude - lo fa anche il ministro Giannini quando dice che vuole presentare un nuovo contratto con aumenti solo legati al merito".(ANSA).

La Discussione: Gli insegnanti italiani lavorano in "silenzio"

Virgilio: "Gli insegnanti prendono meno di un operaio"

Scoop Square: «Gli insegnanti prendono meno di un operaio»

News Locali: «Gli insegnanti prendono meno di un operaio»

IMG Press: Gli insegnanti lavorano 36 ore a settimana come gli operai specializzati, ma guadagnano il 30% in meno

Italpress: Scuola: Anief "Docenti lavorano come operai specializzati, guadagno -30%"

 

Alunni disabili, negli istituti del Sud mancano scale e servizi igienici a norma

ANSA: In scuole Sud no servizi per disabili

Corriere della Sera: Disabili: Anief, in scuole Sud mancano scale e servizi a norma

ANSA: Scuola: disabili; Anief, a Sud mancano scale e servizi a norma
Agli ultimi posti Molise, Basilicata Calabria e Campania
(ANSA) - ROMA, 10 MAG - Per gli studenti disabili del Sud andare a scuola rappresenta sempre più un percorso ad ostacoli: è quanto denuncia l'Anief, per la quale "non bastava che lo Stato riducesse il numero di docenti di sostegno, con oltre 4 mila posti tagliati negli ultimi anni di cui 2.275 solo in Sicilia e 900 in Campania". Ora si scopre anche che "il Mezzogiorno presenta la percentuale più bassa di scuole con scale e servizi igienici a norma", strutture indispensabili per favorire un apprendimento migliore e una vera integrazione scolastica". A Nord invece, osserva ancora l'Anief, le cose vanno molto meglio, come dimostra l'incrocio degli ultimi dati Miur e Istat, sono gli organizzatori di Exposanità, l'evento nazionale dedicato alla sanità e all'assistenza che si svolgerà a Bologna dal 21 al 24 maggio. I ricercatori, viene ricordato, hanno sottolineato che gli alunni con disabilità non necessitano solo del docente di sostegno, ma anche "di servizi con determinate caratteristiche per il superamento delle barriere architettoniche, come le scale a norma, gli ascensori, servizi igienici specifici, segnali visivi e acustici, percorsi interni ed esterni che facilitino gli spostamenti". Analizzando le scuole con scale e servizi igienici a norma è emerso che agli ultimi posti figurano Molise, Basilicata, Calabria e Campania. Mentre le Regioni Settentrionali sono quelle più attrezzate, in particolare Trentino Alto Adige, Valle d'Aosta e Lombardia. "Ancora una volta - afferma Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - ci ritroviamo a commentare la carenza di supporto e di strutture adeguate a dei ragazzi già deprivati che non meritano proprio trattamenti discriminanti. Il Sud e le Isole già vantano la più alta concentrazione tra le province più depresse economicamente del Paese, il più alto tasso di dispersione scolastica, di Neet, di disoccupati. Con punte superiori al 40%. Non è possibile accettare che lo Stato si dimentichi pure di assistere adeguatamente i disabili. E poi - conclude - ci si lamenta se le famiglie ricorrono in tribunale".(ANSA).

Virgilio: In scuole Sud no servizi per disabili

Catanzaro Web Oggi: Disabili a scuola, Anief: al Sud mancano i servizi a norma

Repubblica: Fermare la dismissione dell’istruzione

Il Fogliettone: Alunni disabili, al Sud mancano strutture a norma

Italpress: Scuola: Anief "Al Sud mancano strutture a norma per alunni disabili"

 

Festa dell’Europa, ma l’Italia è la maglia nera per mancati recepimenti direttive UE

Notizie 23 e 59: Festa dell’Europa, ma l’Italia è la maglia nera per mancati recepimenti direttive UE

IMG Press: Lavoro: oggi è Festa dell’Europa, ma l’Italia è la maglia nera per mancati recepimenti direttive UE

Italpress: Lavoro: Anief "Italia maglia nera per mancati recepimenti direttive Ue"

Pubblichiamo alcuni articoli sugli stipendi dei docenti inferiori del 30% rispetto a quelli degli operai specializzati, sulla mancanza nelle scuole del sud di scale e servizi igienici a norma per gli studenti disabili e sull'Italia maglia nera nel recepimento delle direttive Ue.

Gli insegnanti lavorano 36 ore a settimana come gli operai specializzati, ma guadagnano il 30% in meno

Il Gazzettino vesuviano: Gli insegnanti lavorano 36 ore a settimana

Adnkronos: Scuola: Anief, insegnanti lavorano come operai ma -30% guadagno=enorme mole di impegno sommerso
Roma, 11 mag. - (Adnkronos) - Gli insegnanti italiani «svolgono un'enorme mole di lavoro sommerso: lavorano in media 1.643 ore annue, che equivalgono ad un normale impiego a tempo pieno, pari a circa 36 ore a settimana per 45 settimane l'anno. Peccato che guadagnano un buon 30% in meno di altre categorie, anche non intellettuali, come gli operai specializzati». Il dato è riferito dall'Anief ed è contenuto in un'ampia ricerca commissionata della Giunta provinciale dell'Alto Adige, che è andata a indagare sull'impegno lavorativo annuale di 5.200 insegnanti su 7.400 complessivi della provincia trentina. La ricerca, riferisce ancora l'Anief, «ha fatto emergere che i prof delle scuole superiori, con 1.677 ore annue, lavorano poco più di quelli delle medie (1.630 ore). Quelli di ruolo sono impegnati per 1.660 ore, mentre i supplenti poco meno (1.580 ore). Ma soprattutto, la ricerca ha fatto emergere che il lavoro 'oscurò, la metà delle 1.643 ore complessive, si deve alle tante incombenze burocratiche che un insegnante italiano è chiamato quotidianamente ad assolvere: colloqui con i genitori, riunioni con i colleghi, compilazione dei registri, stesura di relazioni e programmazioni e progetti, preparazione delle lezioni, correzioni dei compiti degli alunni. Oltre che per la formazione, peraltro quasi sempre a proprie spese».

L'Adige: «Gli insegnanti prendono meno di un operaio»

ANSA: Scuola: Anief,insegnanti guadagnano il 30% in meno di operai
(ANSA) - ROMA, 11 MAG - "Gli insegnanti italiani svolgono un'enorme mole di lavoro sommerso: lavorano in media 1.643 ore annue, che equivalgono a un normale impiego a tempo pieno, pari a circa 36 ore a settimana per 45 settimane l'anno. Peccato che guadagnano un buon 30% in meno di altre categorie, anche non intellettuali, come gli operai specializzati". Lo afferma Marcello Pacifico, presidente di Anief e segretario organizzativo di Confedir, commentando i dati di una ricerca commissionata della Giunta provinciale dell'Alto Adige, che ha analizzato l'impegno lavorativo annuale di 5.200 insegnanti su 7.400 complessivi della provincia trentina. "La ricerca ha fatto emergere - si ricorda - che i prof delle scuole superiori, con 1.677 ore annue, lavorano poco più di quelli delle medie (1.630 ore). Quelli di ruolo sono impegnati per 1.660 ore, mentre i supplenti poco meno (1.580 ore). Ma soprattutto la ricerca ha fatto emergere che il lavoro 'oscuro', la metà delle 1643 ore complessive, si deve alle tante incombenze burocratiche che un insegnante italiano è chiamato quotidianamente ad assolvere: colloqui con i genitori, riunioni con i colleghi, compilazione dei registri, stesura di relazioni e programmazioni e progetti, preparazione delle lezioni, correzioni dei compiti degli alunni, oltre curare la propria formazione, peraltro quasi sempre a proprie spese". "Il problema - afferma Pacifico - è che nell'opinione pubblica prevale l'idea del docente che svolge solo le ore frontali con gli alunni. Ma questo errore di fondo - conclude - lo fa anche il ministro Giannini quando dice che vuole presentare un nuovo contratto con aumenti solo legati al merito".(ANSA).

La Discussione: Gli insegnanti italiani lavorano in "silenzio"

Virgilio: "Gli insegnanti prendono meno di un operaio"

Scoop Square: «Gli insegnanti prendono meno di un operaio»

News Locali: «Gli insegnanti prendono meno di un operaio»

IMG Press: Gli insegnanti lavorano 36 ore a settimana come gli operai specializzati, ma guadagnano il 30% in meno

Italpress: Scuola: Anief "Docenti lavorano come operai specializzati, guadagno -30%"

 

Alunni disabili, negli istituti del Sud mancano scale e servizi igienici a norma

ANSA: In scuole Sud no servizi per disabili

Corriere della Sera: Disabili: Anief, in scuole Sud mancano scale e servizi a norma

ANSA: Scuola: disabili; Anief, a Sud mancano scale e servizi a norma
Agli ultimi posti Molise, Basilicata Calabria e Campania
(ANSA) - ROMA, 10 MAG - Per gli studenti disabili del Sud andare a scuola rappresenta sempre più un percorso ad ostacoli: è quanto denuncia l'Anief, per la quale "non bastava che lo Stato riducesse il numero di docenti di sostegno, con oltre 4 mila posti tagliati negli ultimi anni di cui 2.275 solo in Sicilia e 900 in Campania". Ora si scopre anche che "il Mezzogiorno presenta la percentuale più bassa di scuole con scale e servizi igienici a norma", strutture indispensabili per favorire un apprendimento migliore e una vera integrazione scolastica". A Nord invece, osserva ancora l'Anief, le cose vanno molto meglio, come dimostra l'incrocio degli ultimi dati Miur e Istat, sono gli organizzatori di Exposanità, l'evento nazionale dedicato alla sanità e all'assistenza che si svolgerà a Bologna dal 21 al 24 maggio. I ricercatori, viene ricordato, hanno sottolineato che gli alunni con disabilità non necessitano solo del docente di sostegno, ma anche "di servizi con determinate caratteristiche per il superamento delle barriere architettoniche, come le scale a norma, gli ascensori, servizi igienici specifici, segnali visivi e acustici, percorsi interni ed esterni che facilitino gli spostamenti". Analizzando le scuole con scale e servizi igienici a norma è emerso che agli ultimi posti figurano Molise, Basilicata, Calabria e Campania. Mentre le Regioni Settentrionali sono quelle più attrezzate, in particolare Trentino Alto Adige, Valle d'Aosta e Lombardia. "Ancora una volta - afferma Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - ci ritroviamo a commentare la carenza di supporto e di strutture adeguate a dei ragazzi già deprivati che non meritano proprio trattamenti discriminanti. Il Sud e le Isole già vantano la più alta concentrazione tra le province più depresse economicamente del Paese, il più alto tasso di dispersione scolastica, di Neet, di disoccupati. Con punte superiori al 40%. Non è possibile accettare che lo Stato si dimentichi pure di assistere adeguatamente i disabili. E poi - conclude - ci si lamenta se le famiglie ricorrono in tribunale".(ANSA).

Virgilio: In scuole Sud no servizi per disabili

Catanzaro Web Oggi: Disabili a scuola, Anief: al Sud mancano i servizi a norma

Repubblica: Fermare la dismissione dell’istruzione

Il Fogliettone: Alunni disabili, al Sud mancano strutture a norma

Italpress: Scuola: Anief "Al Sud mancano strutture a norma per alunni disabili"

 

Festa dell’Europa, ma l’Italia è la maglia nera per mancati recepimenti direttive UE

Notizie 23 e 59: Festa dell’Europa, ma l’Italia è la maglia nera per mancati recepimenti direttive UE

IMG Press: Lavoro: oggi è Festa dell’Europa, ma l’Italia è la maglia nera per mancati recepimenti direttive UE

Italpress: Lavoro: Anief "Italia maglia nera per mancati recepimenti direttive Ue"

Pubblichiamo alcuni articoli sui corsi di recupero attivati da solo metà delle scuole, sull'elevato tasso di dispersione scolastica in Italia e sulla sentenza del Consiglio di Stato che riconosce il valore abilitante del diploma magistrale.

Flop dei corsi di recupero, metà delle scuole non li attivano

ANSA: Scuola: Anief, flop corsi recupero, metà istituti non li fa
Crollo di tutte le attività extradidattiche, da gite a teatro
(ANSA) - ROMA, 2 MAR - - Corsi di recupero delle insufficienze, è un vero flop secondo l'Anief (Associazione professionale sindacale): metà delle scuole non li attivano, e laddove vengono organizzati, i casi di pagamento da parte delle famiglie è raddoppiato in un anno. Un fenomeno che va di pari passo al crollo di tutte le attività extra-didattiche: dalle gite all'attività motoria pomeridiana, fino ai corsi di teatro, fotografia, lingua, recupero e di valenza sociale. "Tutta colpa - afferma Marcello Pacifico (Anief-Confedir) - dei tagli al 'Miglioramento dell'offerta formativa' attuati dai Governi nell'ultimo biennio: quest'anno il Miur ha stanziato per le scuole appena un terzo dei fondi del 2011 (da 1.480 a 521 milioni). Poi ci meravigliamo se i dati sull'abbandono scolastico rimangono elevati". Il sindacato cita una recente indagine del portale Skuola.net dal quale è emerso che nelle superiori in media a uno studente su due quest'anno non viene data la possibilità di frequentare i corsi di recupero, un dato raddoppiato rispetto a quello dello scorso anno. Altrettanto preoccupante, sottolinea l'Anief, è il fatto che anche laddove si svolgono i corsi, vi sono comunque tanti problemi organizzativi di cui fanno le spese gli alunni. Ma la notizia che fa più riflettere è che sono in sensibile crescita (l'11%, contro il 5% dello scorso anno) gli istituti che pretendono dei contributi per la frequenza. Il sindacato cita i casi di un liceo scientifico di Cosenza, dove il dirigente scolastico ha deciso di istituire solo lezioni di recupero a 7-8 euro l'ora, o di alcuni istituti di Bologna dove i corsi di recupero sono tenuti dagli alunni più bravi o dagli studenti universitari. La riduzione del Miglioramento dell'offerta formativa, sottolinea l'Anief, ha comportato anche tagli al Fondo d'istituto che va a retribuire, oltre ai corsi di recupero, anche le altre attività a supporto della didattica, come i corsi di teatro, fotografia, lingua, gite, progetti di valenza sociale come ad esempio quelli sul bullismo. E in prospettiva, concludono, andrà sempre peggio: "l'amministrazione scolastica, come ha confermato in questi giorni il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini, ha intenzione attraverso il rinnovo del contratto di trasformare il Fondo d'Istituto in un 'tesoretto' per il merito dei docenti". "La vera intenzione dei nostri governanti - continua Pacifico - è quella di arrivare a pagare gli aumenti in busta paga, gli attuali scatti automatici, esclusivamente attraverso il Fis". (ANSA).

Tecnica della Scuola: Corsi di recupero, ormai si fanno solo nella metà degli istituti

Online news: Tagli al ‘Miglioramento dell’offerta formativa’, Anief: ‘Metà degli istituti non fa corsi di recupero e attività extra-didattiche’

Corriere del web: Corsi di recupero delle insufficienze, è un vero flop: metà delle scuole non li attivano

IMG Press: Corsi di recupero delle insufficienze, è un vero flop: metà delle scuole non li attivano

Orizzonte Scuola: Corsi di recupero delle insufficienze, è un vero flop: metà delle scuole non li attivano

Italpress: Scuola: Anief "Corsi di recupero insufficienze, un vero flop"

Leggo: La scuola non recupera più

Il Giornale del Lazio: Corsi di recupero delle insufficienze, è un vero flop: metà delle scuole non li attivano

 

Troppi alunni lasciano i banchi prima 16 anni: no a riduzione di un anno percorso superiori

ANSA: Scuola: Anief, grave errore ridurre di un anno le Superiori
Vera arma contro dispersione é obbligo a 18 anni
(ANSA) - ROMA, 28 FEB - E' un "grave errore ridurre di un anno le superiori". Lo afferma l'Anief alla luce dei dati sulla dispersione: "troppi alunni lasciano i banchi prima dei 16 anni, siamo terzultimi in Europa" e "in Sardegna e Sicilia è record: abbandona troppo presto un ragazzo su quattro (il 25%), mentre la media europea è del 12,8% e in diversi paesi dell'Est si arriva anche al 5%". "Se il Governo Renzi vuole puntare sul rilancio dell'istruzione non segua - esorta l'Anief - l'apertura del Ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, alla cancellazione dell'ultimo anno della secondaria di secondo grado". E spiega perché. "L'alto tasso di abbandono scolastico che permane nel nostro Paese - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - è la dimostrazione che diminuendo il tempo scuola non si migliora affatto la formazione scolastica. Se il Governo vuole veramente puntare sul rilancio della scuola e ridurre la disoccupazione, che ha raggiunto il 12,9% con un milione di posti persi dal 2008, porti l'obbligo formativo da 16 a 18 anni. E investa finalmente sull'alternanza scuola-lavoro: su stage e tirocini occorre una seria riforma, in modo da costituire dei poli formativi alternativi ai licei. È avvilente pensare - continua Pacifico - che invece di puntare su questi investimenti, si continui a pensare di ridurre di un anno il percorso della scuola superiore: si tratta di un'operazione anti-pedagogica che non farebbe altro che incrementare la dispersione scolastica. Il tutto per agevolare, è inutile negarlo, il cinico piano ministeriale di soppressione di 40mila cattedre e 50mila posti complessivi: un'operazione che già il Governo Monti aveva quantificato in un risparmio nazionale pari a 1.380 milioni di euro. Producendo su larga scala - conclude il rappresentante Anief - quella contestazione che in questi giorni stanno conducendo i docenti di Filosofia, ma anche di Latino e Greco, a cui si vorrebbero già sottrarre le ore di insegnamento". (ANSA).
 

Life Gate: Troppi alunni via da scuola prima dei 16 anni: siamo terzultimi in Europa

Tecnica della Scuola: Giannini: largo a merito e premialità

Online news: Troppi alunni lasciano i banchi prima dei 16 anni, grave errore ridurre di un anno le superiori

IMG Press: Troppi alunni lasciano i banchi prima dei 16 anni, siamo terzultimi in Europa...

Calabria 24 ore: Troppi alunni lasciano i banchi prima dei 16 anni, siamo terzultimi in Europa

Italpress: Scuola: Anief "Troppi alunni lasciano i banchi prima dei 16 anni"

Avanti: Dispersione scolastica, Italia maglia nera d’Europa

 

Consiglio di Stato dà ragione a 55mila diplomati istituto magistrale: il loro titolo è abilitante

Giornale di Sicilia: Potevano insegnare: lo scoprono dopo 12 anni

Avvenire: E' abilitante il diploma magistrale conseguito prima del 2001

Il Sole 24 Ore: Consiglio di Stato: Scuola, diploma magistrale abilitante

ANSA: Consiglio Stato, diploma magistrale è 'abilitante'
Anief, ora si renda giustizia a 55mila maestri supplenti
(ANSA) - ROMA, 3 MAR - IL diploma magistrale è 'abilitante'. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato che ha accolto il ricorso di 200 docenti, in possesso del diploma di scuola o di istituto magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001-02, esclusi dalle graduatorie di seconda fascia d'istituto riservate agli abilitati. Ne da' notizia l'Anief osservando che "ancora una volta i giudici sono chiamati a sanare i pasticci di cui si rende protagonista l'amministrazione pubblica". Con il parere n. 4929, i giudici amministrativi della seconda sezione hanno evidenziato - spiega l'Anief - come il diploma magistrale sia da considerarsi a tutti gli effetti 'abilitante ex lege'. "Quella del Consiglio di Stato è una sentenza importante - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - perché non solo potrà essere allargata agli oltre 50mila maestri diplomatisi prima del 2001-02, ma contiene un'altra importante ammissione di errore operata dal Miur: tra il 2002 e la fine del 2006, quando con la Legge 27/12/2006, n. 296 art. 1 comma 605, le graduatorie furono trasformate da permanenti ad esaurimento, a decine di migliaia di diplomati è stato illecitamente negato di inserirsi nelle liste pre-ruolo. In sostanza, dopo 12 anni si scopre che quel titolo è a tutti gli effetti abilitante, dando ragione al nostro sindacato che per primo lo aveva rivendicato". "Ancora una volta - continua Pacifico - la gestione dei supplenti annuali e temporanei da parte del Ministero dell'Istruzione si conferma carente. E la modifica da parte del legislatore delle graduatorie permanenti nelle GaE non cancella di certo il grave danno prodotto a tanti docenti supplenti in possesso del titolo magistrale. Altrettanto scandaloso è che lo stesso trattamento di immotivata esclusione continui a essere attuato per coloro che si sono abilitati dopo la chiusura delle Ssis: chi ha concluso positivamente i Tfa, chi si abiliterà prossimamente con i Pas, come per gli idonei al 'concorsone', non possono essere dimenticati dallo Stato". (ANSA).

Corriere dell'Università: Scuola – Il Consiglio di Stato accoglie il ricorso: sperano in 55.000

Vortex news Calabria: Il Consiglio di Stato dà ragione all'Anief

Radio città Fujiko: L'esercito dei docenti abilitati senza lavoro

Tuttoscuola: Consiglio di Stato: il diploma magistrale è abilitante

Orizzonte Scuola: Valore abilitante diploma magistrale: superflua la partecipazione ai PAS per infanzia e primaria? I docenti non si sentono tutelati dai sindacati

IMG Press: Consiglio di Stato dà ragione a 55mila diplomati istituto magistrale: il loro titolo è abilitante

Tecnica della Scuola: Diplomati istituto magistrale: il loro titolo è abilitante. Chi li ripagherà del danno subìto?

Italpress: Scuola: Anief "Consiglio Stato dà ragione a 55 mila diplomati magistrale"

Blasting news: Diploma magistrale valido per partecipare ai corsi di sostegno

Dottor salute: Diploma magistrale abilitante: valido per il sostegno

Pubblichiamo alcuni articoli sui corsi di recupero attivati da solo metà delle scuole, sull'elevato tasso di dispersione scolastica in Italia e sulla sentenza del Consiglio di Stato che riconosce il valore abilitante del diploma magistrale.

Flop dei corsi di recupero, metà delle scuole non li attivano

ANSA: Scuola: Anief, flop corsi recupero, metà istituti non li fa
Crollo di tutte le attività extradidattiche, da gite a teatro
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Tecnica della Scuola: Corsi di recupero, ormai si fanno solo nella metà degli istituti

Online news: Tagli al ‘Miglioramento dell’offerta formativa’, Anief: ‘Metà degli istituti non fa corsi di recupero e attività extra-didattiche’

Corriere del web: Corsi di recupero delle insufficienze, è un vero flop: metà delle scuole non li attivano

IMG Press: Corsi di recupero delle insufficienze, è un vero flop: metà delle scuole non li attivano

Orizzonte Scuola: Corsi di recupero delle insufficienze, è un vero flop: metà delle scuole non li attivano

Italpress: Scuola: Anief "Corsi di recupero insufficienze, un vero flop"

Leggo: La scuola non recupera più

Il Giornale del Lazio: Corsi di recupero delle insufficienze, è un vero flop: metà delle scuole non li attivano

 

Troppi alunni lasciano i banchi prima 16 anni: no a riduzione di un anno percorso superiori

ANSA: Scuola: Anief, grave errore ridurre di un anno le Superiori
Vera arma contro dispersione é obbligo a 18 anni
(ANSA) - ROMA, 28 FEB - E' un "grave errore ridurre di un anno le superiori". Lo afferma l'Anief alla luce dei dati sulla dispersione: "troppi alunni lasciano i banchi prima dei 16 anni, siamo terzultimi in Europa" e "in Sardegna e Sicilia è record: abbandona troppo presto un ragazzo su quattro (il 25%), mentre la media europea è del 12,8% e in diversi paesi dell'Est si arriva anche al 5%". "Se il Governo Renzi vuole puntare sul rilancio dell'istruzione non segua - esorta l'Anief - l'apertura del Ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, alla cancellazione dell'ultimo anno della secondaria di secondo grado". E spiega perché. "L'alto tasso di abbandono scolastico che permane nel nostro Paese - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - è la dimostrazione che diminuendo il tempo scuola non si migliora affatto la formazione scolastica. Se il Governo vuole veramente puntare sul rilancio della scuola e ridurre la disoccupazione, che ha raggiunto il 12,9% con un milione di posti persi dal 2008, porti l'obbligo formativo da 16 a 18 anni. E investa finalmente sull'alternanza scuola-lavoro: su stage e tirocini occorre una seria riforma, in modo da costituire dei poli formativi alternativi ai licei. È avvilente pensare - continua Pacifico - che invece di puntare su questi investimenti, si continui a pensare di ridurre di un anno il percorso della scuola superiore: si tratta di un'operazione anti-pedagogica che non farebbe altro che incrementare la dispersione scolastica. Il tutto per agevolare, è inutile negarlo, il cinico piano ministeriale di soppressione di 40mila cattedre e 50mila posti complessivi: un'operazione che già il Governo Monti aveva quantificato in un risparmio nazionale pari a 1.380 milioni di euro. Producendo su larga scala - conclude il rappresentante Anief - quella contestazione che in questi giorni stanno conducendo i docenti di Filosofia, ma anche di Latino e Greco, a cui si vorrebbero già sottrarre le ore di insegnamento". (ANSA).
 

Life Gate: Troppi alunni via da scuola prima dei 16 anni: siamo terzultimi in Europa

Tecnica della Scuola: Giannini: largo a merito e premialità

Online news: Troppi alunni lasciano i banchi prima dei 16 anni, grave errore ridurre di un anno le superiori

IMG Press: Troppi alunni lasciano i banchi prima dei 16 anni, siamo terzultimi in Europa...

Calabria 24 ore: Troppi alunni lasciano i banchi prima dei 16 anni, siamo terzultimi in Europa

Italpress: Scuola: Anief "Troppi alunni lasciano i banchi prima dei 16 anni"

Avanti: Dispersione scolastica, Italia maglia nera d’Europa

 

Consiglio di Stato dà ragione a 55mila diplomati istituto magistrale: il loro titolo è abilitante

Giornale di Sicilia: Potevano insegnare: lo scoprono dopo 12 anni

Avvenire: E' abilitante il diploma magistrale conseguito prima del 2001

Il Sole 24 Ore: Consiglio di Stato: Scuola, diploma magistrale abilitante

ANSA: Consiglio Stato, diploma magistrale è 'abilitante'
Anief, ora si renda giustizia a 55mila maestri supplenti
(ANSA) - ROMA, 3 MAR - IL diploma magistrale è 'abilitante'. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato che ha accolto il ricorso di 200 docenti, in possesso del diploma di scuola o di istituto magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001-02, esclusi dalle graduatorie di seconda fascia d'istituto riservate agli abilitati. Ne da' notizia l'Anief osservando che "ancora una volta i giudici sono chiamati a sanare i pasticci di cui si rende protagonista l'amministrazione pubblica". Con il parere n. 4929, i giudici amministrativi della seconda sezione hanno evidenziato - spiega l'Anief - come il diploma magistrale sia da considerarsi a tutti gli effetti 'abilitante ex lege'. "Quella del Consiglio di Stato è una sentenza importante - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - perché non solo potrà essere allargata agli oltre 50mila maestri diplomatisi prima del 2001-02, ma contiene un'altra importante ammissione di errore operata dal Miur: tra il 2002 e la fine del 2006, quando con la Legge 27/12/2006, n. 296 art. 1 comma 605, le graduatorie furono trasformate da permanenti ad esaurimento, a decine di migliaia di diplomati è stato illecitamente negato di inserirsi nelle liste pre-ruolo. In sostanza, dopo 12 anni si scopre che quel titolo è a tutti gli effetti abilitante, dando ragione al nostro sindacato che per primo lo aveva rivendicato". "Ancora una volta - continua Pacifico - la gestione dei supplenti annuali e temporanei da parte del Ministero dell'Istruzione si conferma carente. E la modifica da parte del legislatore delle graduatorie permanenti nelle GaE non cancella di certo il grave danno prodotto a tanti docenti supplenti in possesso del titolo magistrale. Altrettanto scandaloso è che lo stesso trattamento di immotivata esclusione continui a essere attuato per coloro che si sono abilitati dopo la chiusura delle Ssis: chi ha concluso positivamente i Tfa, chi si abiliterà prossimamente con i Pas, come per gli idonei al 'concorsone', non possono essere dimenticati dallo Stato". (ANSA).

Corriere dell'Università: Scuola – Il Consiglio di Stato accoglie il ricorso: sperano in 55.000

Vortex news Calabria: Il Consiglio di Stato dà ragione all'Anief

Radio città Fujiko: L'esercito dei docenti abilitati senza lavoro

Tuttoscuola: Consiglio di Stato: il diploma magistrale è abilitante

Orizzonte Scuola: Valore abilitante diploma magistrale: superflua la partecipazione ai PAS per infanzia e primaria? I docenti non si sentono tutelati dai sindacati

IMG Press: Consiglio di Stato dà ragione a 55mila diplomati istituto magistrale: il loro titolo è abilitante

Tecnica della Scuola: Diplomati istituto magistrale: il loro titolo è abilitante. Chi li ripagherà del danno subìto?

Italpress: Scuola: Anief "Consiglio Stato dà ragione a 55 mila diplomati magistrale"

Blasting news: Diploma magistrale valido per partecipare ai corsi di sostegno

Dottor salute: Diploma magistrale abilitante: valido per il sostegno

 www.ilsole24ore.com/art/notizie – 3 maggio 2014
“In tre anni, porte aperte a oltre 63mila nuovi docenti»"
░ Nel prossimo triennio saranno assunti circa 63mila insegnanti: il 50% dei posti sarà attribuito sulla base delle GaE (dove stazionano circa 170mila precari "storici") e il restante 50% sulla base dei concorsi. Non è quello che sarebbe giusto fare, visto il gran numero di supplenti su posti liberi, e che sarebbe possibile fare, ma ci incoraggia il fatto che con il prossimo agosto si avrà la “infornata” più numerosa, e questo non rimandare alle calende greche è una cifra di questo governo. Per gli anni a venire, si vedrà: agiremo sindacalmente dalla base; ci potrà essere un trend migliore dell’economia nazionale; potrebbe esserci un allentamento delle regole Fornero per i pensionamenti. Insomma, siamo qui al lavoro.
…. Per l'anno scolastico 2014/2015, a organico invariato, sono in programma circa 29mila immissioni in ruolo. Le prime 14mila serviranno a coprire i pensionamenti intervenuti nel frattempo… Vi rientreranno quasi sicuramente gli ultimi 7mila vincitori del concorso bandito nel 2012 dall'allora ministro Francesco Profumo (per gli altri 4mila l'ingresso in servizio è già avvenuto lo scorso anno, ndr) e 7mila nominativi scelti dalle graduatorie a esaurimento. A questi si sommeranno 15mila assunzioni sul sostegno (la seconda tranche di stabilizzazioni previste dal decreto Carrozza dell'autunno 2013). Il bottino potrebbe essere ancora più sostanzioso se il Mef darà l'ok a coprire pure i circa 8mila posti oggi esistenti, ma non autorizzati per via degli esuberi. La terza e ultima quota da 8mila docenti di sostegno (sempre previsti dal decreto Carrozza) arriverà nell'anno scolastico 2015/2016. A questi andranno aggiunti i circa 14mila "buchi" che andranno riempiti per il turn over stimato. Anche in questo caso varrà la regola del fifty fifty. Come annunciato mercoledì scorso dal ministro Stefania Giannini, 7mila posti andranno agli idonei (ma non vincitori) della scorsa selezione e 7mila ad altrettanti precari. Nel complesso il conto dei professori che entreranno di ruolo al prossimo giro (settembre 2015) sarà di 22mila unità.

www.latecnicadellascuola.it – 5 maggio 2014
“Se fosse una terapia per la scuola, l’Invalsi sarebbe un pannicello caldo”
░ Sottoscriviamo in toto, e aggiungiamo il nostro riconoscimento al prof. Giovanni Sicali per l’efficacia della presentazione dell’argomento.
… Secondo il suo Statuto - allegato al Decreto Dir. Gen. MIUR n.11/2011, GU n.229 del 1° ottobre 2011 - l’INVALSI è un Ente di ricerca dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, sottoposto alla vigilanza del MIUR (art. 17 del D.leg.vo 213/2009)…. La Direttiva MIUR n.88 del 3/10/2011 recita testualmente: “Obiettivo di sistema della valutazione esterna degli apprendimenti è quello di promuovere un generale e diffuso miglioramento della qualità degli apprendimenti nel nostro Paese, avendo riguardo, in particolare, agli apprendimenti di base. Per ciascuna scuola le rilevazioni nazionali consentiranno di acquisire i risultati nazionali di riferimento e i propri dati aggregati a livello di classe e disaggregati per ogni singolo item. Ciò con l’obiettivo di disporre della necessaria base conoscitiva per: individuare elementi di criticità in relazione ai quali realizzare piani di miglioramento dell’efficacia dell’azione educativa; evidenziare situazioni di qualità da mantenere e rafforzare; apprezzare il valore aggiunto realizzato in relazione al contesto socio-economico culturale, al fine di promuovere i processi di autovalutazione d’istituto”….. In base poi al comma 2 dell’art. 51, della Legge n. 35 del 4/4/2012 su “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo” al fine di ottenere il “Potenziamento del sistema nazionale di valutazione”, è stato stabilita l’obbligatorietà delle prove INVALSI con questa dicitura “Le istituzioni scolastiche partecipano, come attività ordinaria d’istituto, alle rilevazioni nazionali degli apprendimenti degli studenti”…… Solo però che “le istituzione scolastiche” non coincidono con i singoli docenti, soggetti responsabili che godono di pochi diritti e devono rispondere a molti doveri. Le istituzioni non sono “persone fisiche” e anche se il collegio dei docenti viene equiparato a “persone giuridiche” la giurisprudenza si è espressa in senso contrario. All’interno del mondo della scuola, le maggiori critiche all’INVALSI derivano dai sindacati, che hanno mosso obiezioni di incostituzionalità ed evidenti conflitti rispetto a norme di leggi non abrogate. Quel comma 2, sarebbe in conflitto con l’Art. 5, c.7, del D.leg.vo 297/94 (il Testo Unico) che afferma: “Negli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore, le competenze relative alla valutazione periodica e finale degli alunni spettano al consiglio di classe con la sola presenza dei docenti.” Inoltre risulterebbe anche in conflitto con l’Art. 21, comma 9 della Legge 59/97, che assegna all’autonomia didattica degli istituti i processi di autovalutazione. L'autonomia didattica è finalizzata al perseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione ma nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto ad apprendere. Il D.P.R. n. 275 dell’8/3/1999: Regolamento attuativo della Legge sull'autonomia scolastica, prevede che l'autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l'esigenza di migliorare l'efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento. Infine, quel comma 2 che “obbliga” le istituzioni scolastiche a sottoporre tutti gli studenti a test standardizzati preparati dall’INVALSI, contrasta col comma 1 dell’art. 33 della Costituzione italiana: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento” e col comma 3 dell’art. 117 che riguarda l’autonomia delle istituzioni scolastiche….

ItaliaOggi – 6 maggio 2014
“Non valuteremo i prof con i test”
░ Intervistato da Alessandra Ricciardi, il sottosegretario all'istruzione Reggi avrebbe avuto il bisogno di dire questa ovvietà: “Sostenere che lo strumento per valutare i docenti siano le prove Invalsi è una tesi, portata avanti in passato, che non ci appartiene e non ha fondamento scientifico”. Ok Reggi, ma con l’esperienza che abbiamo di certi decisori politici che non hanno competenza alcuna né esperienza di insegnamento tranquilli non siamo, perché letteralmente, non sanno quello che fanno.
Da oggi e fino al 13 maggio si svolgono le prove nazionali di italiano e matematica per testare le capacità degli alunni delle elementari e delle medie, in un clima effervescente in cui alle proteste e agli scioperi dei docenti, contro il potenziale uso strumentale dei risultati, si associano le contestazioni degli studenti contro la scuola-quiz. «I docenti stiano tranquilli, non c'è nessuna intenzione di utilizzare i dati per valutare i prof. E ai ragazzi dico di viverla con serenità, è solo un tassello di un rapporto con la scuola che è molto più ampio», dice Roberto Reggi, sottosegretario all'istruzione, con delega sulla valutazione. …. Più del 70% delle scuole utilizza efficacemente i dati di dettaglio sugli esiti delle singole classi che forniamo loro. Sono pochissimi i docenti che protestano e non collaborano. Altro discorso per chi avanza critiche costruttive su specifici aspetti: di queste teniamo sempre conto e non a caso le prove Invalsi si adattano continuamente.
D. La valutazione del rendimento degli studenti sarà elemento per valutare anche i docenti? Le dichiarazioni del ministro sembrano andare in questa direzione. R. Bisogna distinguere. Un conto è affermare, come ha fatto il ministro Giannini, che l'aumento della retribuzione dei docenti non può essere legato solo all'anzianità, e su questo anche io sono d'accordo. Un conto sostenere che lo strumento per valutare i docenti siano le prove Invalsi. Questa tesi, portata avanti in passato, non ci appartiene e non ha fondamento scientifico, dato che non possiamo dedurre dal solo uso dei dati delle prove altri aspetti che riguardano il funzionamento della scuola e tanto meno l'efficacia dell'insegnamento del singolo insegnante.
D. La valutazione potrà essere finalizzata anche a differenziare i finanziamenti alle scuole ? R. Dobbiamo intenderci: se dalle prove Invalsi scopriamo che in una determinata area geografica ci sono particolari ritardi in un determinato ambito, non trovo disdicevole concentrare le poche risorse economiche che abbiamo per l'aggiornamento dei docenti o per l'ammodernamento dei laboratori per colmare quei ritardi. Questo non vuol dire dare pagelle ai docenti, ma misurare gli andamenti per decidere come intervenire.
D. Cosa cambia con le prove di quest'anno ? R. Quest'anno le novità principali saranno tre. Si completa l'ancoraggio esplicito di tutte le domande delle prove Invalsi alle Indicazioni nazionali, fornendo così ai docenti utili strumenti di riflessione sui possibili usi didattici delle prove; non si fa la prova in prima media grazie all'affinamento del sistema informativo del ministero che consente la restituzione ai docenti delle medie dei risultati di V primaria. E poi sarà anticipata rispetto al passato la restituzione alle scuole delle prove: nel mese di settembre arriveranno i risultati, sia a livello di scuola sia di classe, per tutti. A ottobre alle sole scuole secondarie di secondo grado verranno dati riferimenti per singolo indirizzo di studio, favorendo così comparazioni più omogenee e maggiormente informative.
D. Ce la farete a far partire a settembre il più complessivo sistema nazionale di valutazione ? R. Sì, sarà così effettivamente possibile la valutazione analitica delle scuole, grazie al mix di autovalutazione, valutazione esterna e piano di miglioramento. Fino ad oggi le prove Invalsi hanno rappresentato l'unico elemento di valutazione del sistema, ma così non può essere, visto che misurano solo i risultati in matematica e lingua. Con Snv affianchiamo elementi diversi e tutti importanti e ciò renderà ancora più evidente la funzione di induzione del miglioramento che si attribuisce alla valutazione……….
D. Sull'organico funzionale il mef ha detto più volte di no. R. Stiamo lavorando perché con l'istituto dell'organico funzionale si esca da una logica emergenziale, mettendo le scuole nelle condizioni di programmare le attività. … Al Mef devono trovare la soluzione al problema finanziario, di ragionieri che si limitano a dire che non si può fare non abbiamo bisogno.

l’Unità – 7 maggio 2014
“Test Invalsi ? No, grazie”
░ Riportiamo la lezione inequivocabile dell’autorevole docimologo. A Benedetto Vertecchi, il nostro ringraziamento per il costante magistero.
In questo periodo dell’anno la scuola è dominata dalle operazioni per le rilevazioni periodiche sui livelli di apprendimento (i «test Invalsi»). Si tratta di un’operazione che richiede rilevante impegno organizzativo, perché gli allievi coinvolti sono alcuni milioni. Si tratta anche di un’operazione molto costosa, che prevede una fase preliminare di messa a punto delle prove, la loro distribuzione sul territorio, lo svolgimento da parte degli allievi, la rilevazione dei dati e il loro trattamento, la diffusione dei risultati. Tali risultati dovrebbero poi costituire il punto di partenza per interventi rivolti a migliorare la qualità dell’educazione scolastica: invece di intervenire in modo generico, sulla scorta d’impressioni più o meno condivise, si assumerebbero decisioni fondate sulla costatazione delle esigenze riscontrate. Gli argomenti a favore delle pratiche valutative che investono il sistema scolastico hanno una loro suggestione, derivante dalla semplicità dell’impianto interpretativo. È una semplicità che contrasta col carattere di «sistema» che si afferma di voler conferire alla valutazione. Un sistema rappresenta, infatti, una realtà complessa, a determinare la quale concorre un gran numero di variabili. Tali variabili assumono valori in un lungo periodo di tempo e con riferimento ai singoli contesti in cui l’educazione è praticata. Ne deriva che in un momento determinato sono molte le variabili che nel complesso orientano le caratteristiche del sistema e che esse costituiscono un reticolo che non consente di porle in successione. La valutazione che si sta praticando nelle nostre scuole suppone invece che ci si possa limitare a prendere atto di un certo numero di variabili indipendenti (alle quali si riconosce un significato causale) che identificano il profilo dei singoli allievi, di altre variabili collegabili ad alcune condizioni di processo (per esempio, le competenze degli insegnanti) e delle variabili dipendenti che danno conto dei risultati conseguiti dagli allievi. Chiunque abbia una qualche consuetudine con la ricerca educativa (non con l’assunzione di interpretazioni prese a prestito da altri settori della vita sociale, per esempio la gestione aziendale) sa bene che la conoscenza dei processi nei quali sono coinvolti bambini e ragazzi non tollera semplificazioni. Se poi dal piano sincronico (rilevazioni che si riferiscono a un breve periodo di tempo) passiamo a quello diacronico (guardando i mutamenti che interessano il succedersi delle generazioni), lo schematismo delle interpretazioni ora alla moda, e ossessivamente ripetute da moltitudini di sedicenti esperti, appare ancora meno consistente. … Le considerazioni che precedono assumono significato se le rilevazioni valutative di «sistema» presentano, almeno, il requisito della correttezza metodologica. Non mi riferisco tanto alle elaborazioni statistiche, che ormai non rappresentano più un problema perché quasi del tutto automatizzate, quanto alla consapevolezza delle implicazioni della valutazione sullo svolgimento dell’attività quotidiana delle scuole. Un segno evidente della trascuratezza con la quale si è intrapreso il percorso valutativo è che di fronte al dilagare di comportamenti di rifiuto, variamente espressi, non si sia trovato di meglio che invocare a scusante la propensione delle scuole al cheating, ovvero, in italiano corrente, all’imbroglio. Al fenomeno si è cercato di porre un argine ricorrendo a espedienti statistici, senza chiedersi se non fosse prima di tutto necessario capire la ragione che negli anni passati (e nessuno può escludere che qualcosa del genere continui ad accadere) ha spinto un numero consistente di scuole ad assumere comportamenti che avevano come conseguenza l’alterazione dei dati…. Se l’intento delle rilevazioni nazionali consiste nel migliorare la qualità delle decisioni, tale intento può essere con attendibilità maggiore conseguito compiendo rilevazioni su campione. Oltre tutto, si realizzerebbero economie consistenti, da impegnare per la messa a punto e la verifica sul campo di procedure didattiche innovative.

ltaonline.wordpress.com/ – 7 maggio 2014
“Test PISA e l’omologazione dei modelli educativi”
░ Più di cento educatori e studiosi appartenenti a diverse istituzioni educative di tutto il mondo hanno lanciato una sfida importante al Programme for International Student Assessment (PISA), e a quelle che definiscono “le conseguenze negative” delle sue note classifiche. A scrivere è Mario Pireddu, ricercatore per il Dipartimento di Scienze della Formazione dell'Università Roma Tre, membro del Laboratorio di Tecnologie Audiovisive (LTA), e docente presso la IULM di Milano. L’OCSE non ha legittimazione democratica ? Questa delle “cupole” di “soloni” è un segno dei tempi ? Se così fosse, sarebbe molto, molto pericoloso per la democrazia e per la libertà stessa sulla Terra.
I test PISA, organizzati dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE, in inglese Organisation for Economic Co-operation and Development – OECD), danno vita a indagini internazionali triennali che vengono svolte per valutare i diversi sistemi educativi del mondo e il livello di istruzione degli adolescenti (quindicenni). Nella lettera - inviata ad Andreas Schleicher, responsabile del PISA…, i firmatari sostengono che l’OECD ha assunto di fatto il potere di plasmare le politiche educative in tutto il mondo, utilizzando test “notoriamente imperfetti” e incoraggiando i governi a cercare “soluzioni a breve termine” per scalare la propria classifica. Questo tipo di approccio, sostengono i firmatari – tra i quali accademici di Cambridge, Oxford, Londra, Bristol, Stanford (California), Columbia (New York), Ballarat (Australia), Canterbury (Nuova Zelanda), Stoccolma, e nessun italiano – ha influenze tutt’altro che positive sui modelli e le idee di educazione possibile, e uccide la “gioia di imparare” trasformandola in mera “fatica”. Il sistema PISA aumenterebbe quindi notevolmente il ricorso a “misure quantitative” per classificare e etichettare alunni, insegnanti e dirigenti. I test otterrebbero l’obiettivo di ridurre l’autonomia degli insegnanti e di aumentare i livelli di stress nelle scuole, peraltro già alti. I firmatari della lettera sottolineano che l’OECD – composto da 34 paesi membri, in gran parte europei – è interessata in modo particolare al ruolo economico delle scuole nella società, ma qualsiasi riforma scolastica non può e non dovrebbe ignorare il ruolo fondamentale che le disuguaglianze socio-economiche rivestono nell’influenzare il rendimento degli allievi. Un’altra critica mossa all’OECD riguarda la sua stessa legittimità: si tratta infatti di una organizzazione che – al contrario di altre agenzie come Unesco e Unicef, per esempio – non ha nessun mandato democratico in ambito educativo. La sua influenza sarebbe quindi l’influenza di un “club” chiuso i cui membri sono tali soltanto su invito.

www.latecnicadellascuola.it – 7 maggio 2014
“Partono i TFA: il 9 maggio esce il bando”
░ Di Alessandro Giuliani.
In palio 22.450 posti per l'insegnamento nella secondaria: come titolo di accesso serve la laurea attinente alla disciplina prescelta. Altri 6.630 posti saranno riservati a docenti già abilitati che vogliono specializzarsi sul sostegno. I candidati avranno tempo fino al 10 giugno per presentare la domanda di partecipazione al test preliminare (tre step) che si svolgerà a luglio: sarà identico su tutto il territorio nazionale per ciascuna classe di abilitazione. Possibile partecipare alla preselezione per più materie. Servono almeno 21 punti su 30 per passare allo scritto che si svolgerà nel mese di ottobre. Anche qui sono necessari almeno 21 punti su 30 per passare all'orale che viene superato con un voto minimo di 15 su 20. I corsi partiranno a novembre e saranno tenuti dalle Università già accreditate dall'Anvur…. l'Agenzia di valutazione del sistema universitario, per il primo ciclo Tfa. Nessun posto bandito - assicura il ministero - andrà perso: la copertura sarà garantita anche con l'eventuale mobilità di coloro che supereranno le prove di selezione (test preliminare, scritto e orale) fino a esaurimento delle disponibilità”…. Le attività formative prenderanno il via nel mese di novembre. Sempre il Miur ha specificato che quest'anno saranno ammessi in soprannumero ai Tfa, senza dover fare alcuna prova, sia i cosiddetti 'congelati' Ssis (aspiranti docenti che si erano iscritti ai vecchi corsi abilitanti poi sospesi prima che potessero conseguire l'abilitazione), sia tutti coloro che hanno superato nel 2013 la procedura selettiva per entrare nei Tfa ma sono rimasti fuori, benché idonei, perché non c'erano posti a sufficienza negli atenei dove hanno sostenuto la selezione. Saranno iscritti in soprannumero anche coloro che nel 2013 hanno superato la selezione per l'ingresso in più corsi, ma hanno potuto scegliere solo un percorso abilitante.

la Repubblica – 8 maggio 2014
“Scuola, due decreti ministeriali nel ginepraio delle graduatorie”
░ Ieri il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini ha firmato due decreti importanti per dare ordine a questioni complicate della Scuola: le graduatorie di merito e di anzianità (scuola per scuola) per diventare insegnanti e, secondo decreto, le tappe per lo svolgimento del nuovo TFA per l’insegnamento secondario. Di un avvilito Corrado Zunino. Ha ragione.
Ieri il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini ha firmato due decreti ministeriali importanti per dare ordine alla questione più complicata che oggi c'è nella scuola italiana: le graduatorie di merito e di anzianità (scuola per scuola) per diventare insegnanti e, secondo decreto, le tappe per lo svolgimento delle prove che consentiranno l'ingresso nelle scuole secondarie superiori a nuovi docenti. … Innanzitutto, le graduatorie di istituto, utilizzate dalle ottomila scuole presenti sul territorio per l'assegnazione delle supplenze. Bene, il ministero fa sapere che lì dentro ci sono 500 mila aspiranti prof, ed è un numero impressionante. C'è un bacino di italiani, largo mezzo milione di persone, che chiede un lavoro alla scuola italiana, almeno per un anno. Le graduatorie di istituto affiancano le graduatorie a esaurimento (le storiche Gae provinciali), ma servono a gestire a livello di istituto le supplenze anno per anno. Quelle ad esaurimento, invece, regolano l'accesso in ruolo, l'assunzione definitiva e solo a inizio anno si incrociano con le graduatorie d'istituto per le supplenze, poi gestite dai singoli presidi. Le graduatorie a esaurimento ospitano "aspiranti prof" anche da dieci, venti anni: c'è chi ha trovato un altro impiego eppure non si toglie dal listone perché vorrebbe davvero fare l'insegnante o perché aspira a uno stipendio certo (anche se basso), alle ferie, alla malattia pagata…. L'aggiornamento delle graduatorie di istituto prevede punteggi per i titoli di abilitazione conseguiti negli ultimi anni dalle nuove leve dell'insegnamento attraverso percorsi di laurea specifici e tirocini di formazione particolarmente selettivi. Per valorizzare i diversi percorsi abilitanti, sia rispetto alla loro durata che alla selettività nell'accesso, vengono attribuiti specifici punteggi ai docenti. I laureati in Scienze della formazione primaria avranno fra i 48 e i 60 punti sulla base della durata del percorso di laurea (vecchio e nuovo ordinamento) e 12 punti legati alla selettività dell'accesso al percorso. Gli abilitati all'insegnamento nella scuola secondaria attraverso i Tfa, i Tirocini formativi attivi, avranno 12 punti sulla base della durata del percorso e 30 sulla base della selettività dell'accesso al percorso di abilitazione. Con l'aggiornamento di quest'anno vengono inseriti nella seconda fascia delle graduatorie di istituto, fra gli abilitati, 55.000 diplomati magistrali a cui fino ad oggi non era stato dato questo riconoscimento. Il Miur dà seguito, così, a una recente sentenza del Consiglio di Stato. Le graduatorie di istituto continueranno ad essere aggiornate ogni tre anni per tutti gli iscritti. Nel frattempo, però, il decreto prevede che ogni anno si aprano due "finestre", una a giugno e l'altra a dicembre, per l'inserimento nella seconda fascia delle Gae (quella riservata a chi è abilitato) di chi ha acquisito nel frattempo l'abilitazione attraverso i Tfa, i Percorsi abilitanti speciali (Pas) riservati a chi aveva già alcuni anni di servizio alle spalle, i corsi di laurea in Scienze della formazione primaria. In attesa di una delle due finestre i nuovi abilitati restano in terza fascia Gae (non abilitati) con un distinguo: a seguito dell'abilitazione viene loro riservata la precedenza assoluta nell'attribuzione delle supplenze…. Riassumendo, la prima fascia delle graduatorie di istituto (i docenti chiamati dai presidi per le supplenze) è riservata ai docenti inseriti nella terza fascia delle Gae, la seconda fascia delle graduatorie di istituto è riservata a tutti i docenti in possesso di un'abilitazione esclusi dalle Gae, la terza fascia ai laureati. Secondo il sindacato Anief centomila aspiranti, già abilitati o con in corso una procedura abilitante, avrebbero diritto a inserirsi almeno nella fascia aggiuntiva delle Gae per poter aspirare a una supplenza annuale o al termine delle attività didattiche o all'immissione in ruolo una volta esaurite le graduatorie di terza fascia. È pronto, per loro, visto che il decreto ministeriale non prevede questa soluzione, il milionesimo ricorso al Tar del Lazio. Nel secondo decreto il ministero dell'Istruzione ricorda che andranno inviate entro il prossimo 10 giugno le domande per partecipare alla preselezione per l'accesso al secondo ciclo del Tfa, il Tirocinio formativo attivo che serve per abilitarsi all'insegnamento nella scuola secondaria. Il ministro Giannini ha firmato il bando da 22.450 posti che apre le porte dell'insegnamento ai concorsi a cattedra ad altrettanti laureati. Altri 6.630 posti saranno riservati a docenti già abilitati che vogliono specializzarsi sul sostegno. Il test preliminare per l'ingresso nei Tfa sarà identico su tutto il territorio nazionale per ciascuna classe di abilitazione, la prova si svolgerà a luglio. I corsi partiranno a novembre e saranno tenuti dalle università già accreditate dall'Anvur, l'Agenzia di valutazione del sistema universitario, per il primo ciclo Tfa. Nessun posto bandito andrà perso: la copertura sarà garantita con l'eventuale mobilità di coloro che supereranno le prove di selezione (test preliminare, scritto e orale) fino a esaurimento delle disponibilità. Le domande andranno presentate per via telematica entro il prossimo 10 giugno all'Ufficio scolastico regionale di riferimento. Si può partecipare alla preselezione per più classi di abilitazione. La prova di accesso si compone di un test preliminare, una prova scritta, una prova orale. La prova preselettiva, che verifica le conoscenze disciplinari sulla materia che si vuole insegnare, si svolgerà entro luglio. Servono almeno 21 punti su 30 per passare allo scritto che si svolgerà a ottobre. Anche qui sono necessari almeno 21 punti su 30 per passare all'orale che viene superato con un voto minimo di 15 su 20. I corsi saranno attivati a novembre. Quest'anno saranno ammessi in soprannumero ai Tfa, senza dover fare alcuna prova, sia i cosiddetti "congelati" Ssis (aspiranti docenti che si erano iscritti ai vecchi corsi abilitanti poi sospesi prima che potessero conseguire l'abilitazione), sia tutti coloro che hanno superato nel 2013 la procedura selettiva per entrare nei Tfa, ma sono rimasti fuori, benché idonei, perché non c'erano posti a sufficienza negli atenei dove hanno sostenuto la selezione. Saranno iscritti in soprannumero anche coloro che nel 2013 hanno superato la selezione per l'ingresso in più corsi abilitanti e ne hanno potuto scegliere solo uno. Anche qui, contestazioni dei sindacati. "Penalizzati i 65.000 docenti che frequenteranno i Pas dopo aver svolto tre anni di servizio come insegnanti. Premiata la selezione ai corsi Tfa senza supporto normativo. Esclusi i 7.000 idonei dell'ultimo concorso". Non c'è via d'uscita: è necessario far ripartire la macchina delle assunzioni in ruolo o temporanee e poi non legiferare né normare più. Almeno per i prossimi dieci anni. Il ministero dovrà solo garantire che chiamate e corsi avvengano in maniera regolare e che le benedette graduatorie - o liste d'attesa - si esauriscano davvero.

 www.ilsole24ore.com/art/notizie – 3 maggio 2014
“In tre anni, porte aperte a oltre 63mila nuovi docenti»"
░ Nel prossimo triennio saranno assunti circa 63mila insegnanti: il 50% dei posti sarà attribuito sulla base delle GaE (dove stazionano circa 170mila precari "storici") e il restante 50% sulla base dei concorsi. Non è quello che sarebbe giusto fare, visto il gran numero di supplenti su posti liberi, e che sarebbe possibile fare, ma ci incoraggia il fatto che con il prossimo agosto si avrà la “infornata” più numerosa, e questo non rimandare alle calende greche è una cifra di questo governo. Per gli anni a venire, si vedrà: agiremo sindacalmente dalla base; ci potrà essere un trend migliore dell’economia nazionale; potrebbe esserci un allentamento delle regole Fornero per i pensionamenti. Insomma, siamo qui al lavoro.
…. Per l'anno scolastico 2014/2015, a organico invariato, sono in programma circa 29mila immissioni in ruolo. Le prime 14mila serviranno a coprire i pensionamenti intervenuti nel frattempo… Vi rientreranno quasi sicuramente gli ultimi 7mila vincitori del concorso bandito nel 2012 dall'allora ministro Francesco Profumo (per gli altri 4mila l'ingresso in servizio è già avvenuto lo scorso anno, ndr) e 7mila nominativi scelti dalle graduatorie a esaurimento. A questi si sommeranno 15mila assunzioni sul sostegno (la seconda tranche di stabilizzazioni previste dal decreto Carrozza dell'autunno 2013). Il bottino potrebbe essere ancora più sostanzioso se il Mef darà l'ok a coprire pure i circa 8mila posti oggi esistenti, ma non autorizzati per via degli esuberi. La terza e ultima quota da 8mila docenti di sostegno (sempre previsti dal decreto Carrozza) arriverà nell'anno scolastico 2015/2016. A questi andranno aggiunti i circa 14mila "buchi" che andranno riempiti per il turn over stimato. Anche in questo caso varrà la regola del fifty fifty. Come annunciato mercoledì scorso dal ministro Stefania Giannini, 7mila posti andranno agli idonei (ma non vincitori) della scorsa selezione e 7mila ad altrettanti precari. Nel complesso il conto dei professori che entreranno di ruolo al prossimo giro (settembre 2015) sarà di 22mila unità.

www.latecnicadellascuola.it – 5 maggio 2014
“Se fosse una terapia per la scuola, l’Invalsi sarebbe un pannicello caldo”
░ Sottoscriviamo in toto, e aggiungiamo il nostro riconoscimento al prof. Giovanni Sicali per l’efficacia della presentazione dell’argomento.
… Secondo il suo Statuto - allegato al Decreto Dir. Gen. MIUR n.11/2011, GU n.229 del 1° ottobre 2011 - l’INVALSI è un Ente di ricerca dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, sottoposto alla vigilanza del MIUR (art. 17 del D.leg.vo 213/2009)…. La Direttiva MIUR n.88 del 3/10/2011 recita testualmente: “Obiettivo di sistema della valutazione esterna degli apprendimenti è quello di promuovere un generale e diffuso miglioramento della qualità degli apprendimenti nel nostro Paese, avendo riguardo, in particolare, agli apprendimenti di base. Per ciascuna scuola le rilevazioni nazionali consentiranno di acquisire i risultati nazionali di riferimento e i propri dati aggregati a livello di classe e disaggregati per ogni singolo item. Ciò con l’obiettivo di disporre della necessaria base conoscitiva per: individuare elementi di criticità in relazione ai quali realizzare piani di miglioramento dell’efficacia dell’azione educativa; evidenziare situazioni di qualità da mantenere e rafforzare; apprezzare il valore aggiunto realizzato in relazione al contesto socio-economico culturale, al fine di promuovere i processi di autovalutazione d’istituto”….. In base poi al comma 2 dell’art. 51, della Legge n. 35 del 4/4/2012 su “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo” al fine di ottenere il “Potenziamento del sistema nazionale di valutazione”, è stato stabilita l’obbligatorietà delle prove INVALSI con questa dicitura “Le istituzioni scolastiche partecipano, come attività ordinaria d’istituto, alle rilevazioni nazionali degli apprendimenti degli studenti”…… Solo però che “le istituzione scolastiche” non coincidono con i singoli docenti, soggetti responsabili che godono di pochi diritti e devono rispondere a molti doveri. Le istituzioni non sono “persone fisiche” e anche se il collegio dei docenti viene equiparato a “persone giuridiche” la giurisprudenza si è espressa in senso contrario. All’interno del mondo della scuola, le maggiori critiche all’INVALSI derivano dai sindacati, che hanno mosso obiezioni di incostituzionalità ed evidenti conflitti rispetto a norme di leggi non abrogate. Quel comma 2, sarebbe in conflitto con l’Art. 5, c.7, del D.leg.vo 297/94 (il Testo Unico) che afferma: “Negli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore, le competenze relative alla valutazione periodica e finale degli alunni spettano al consiglio di classe con la sola presenza dei docenti.” Inoltre risulterebbe anche in conflitto con l’Art. 21, comma 9 della Legge 59/97, che assegna all’autonomia didattica degli istituti i processi di autovalutazione. L'autonomia didattica è finalizzata al perseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione ma nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto ad apprendere. Il D.P.R. n. 275 dell’8/3/1999: Regolamento attuativo della Legge sull'autonomia scolastica, prevede che l'autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l'esigenza di migliorare l'efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento. Infine, quel comma 2 che “obbliga” le istituzioni scolastiche a sottoporre tutti gli studenti a test standardizzati preparati dall’INVALSI, contrasta col comma 1 dell’art. 33 della Costituzione italiana: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento” e col comma 3 dell’art. 117 che riguarda l’autonomia delle istituzioni scolastiche….

ItaliaOggi – 6 maggio 2014
“Non valuteremo i prof con i test”
░ Intervistato da Alessandra Ricciardi, il sottosegretario all'istruzione Reggi avrebbe avuto il bisogno di dire questa ovvietà: “Sostenere che lo strumento per valutare i docenti siano le prove Invalsi è una tesi, portata avanti in passato, che non ci appartiene e non ha fondamento scientifico”. Ok Reggi, ma con l’esperienza che abbiamo di certi decisori politici che non hanno competenza alcuna né esperienza di insegnamento tranquilli non siamo, perché letteralmente, non sanno quello che fanno.
Da oggi e fino al 13 maggio si svolgono le prove nazionali di italiano e matematica per testare le capacità degli alunni delle elementari e delle medie, in un clima effervescente in cui alle proteste e agli scioperi dei docenti, contro il potenziale uso strumentale dei risultati, si associano le contestazioni degli studenti contro la scuola-quiz. «I docenti stiano tranquilli, non c'è nessuna intenzione di utilizzare i dati per valutare i prof. E ai ragazzi dico di viverla con serenità, è solo un tassello di un rapporto con la scuola che è molto più ampio», dice Roberto Reggi, sottosegretario all'istruzione, con delega sulla valutazione. …. Più del 70% delle scuole utilizza efficacemente i dati di dettaglio sugli esiti delle singole classi che forniamo loro. Sono pochissimi i docenti che protestano e non collaborano. Altro discorso per chi avanza critiche costruttive su specifici aspetti: di queste teniamo sempre conto e non a caso le prove Invalsi si adattano continuamente.
D. La valutazione del rendimento degli studenti sarà elemento per valutare anche i docenti? Le dichiarazioni del ministro sembrano andare in questa direzione. R. Bisogna distinguere. Un conto è affermare, come ha fatto il ministro Giannini, che l'aumento della retribuzione dei docenti non può essere legato solo all'anzianità, e su questo anche io sono d'accordo. Un conto sostenere che lo strumento per valutare i docenti siano le prove Invalsi. Questa tesi, portata avanti in passato, non ci appartiene e non ha fondamento scientifico, dato che non possiamo dedurre dal solo uso dei dati delle prove altri aspetti che riguardano il funzionamento della scuola e tanto meno l'efficacia dell'insegnamento del singolo insegnante.
D. La valutazione potrà essere finalizzata anche a differenziare i finanziamenti alle scuole ? R. Dobbiamo intenderci: se dalle prove Invalsi scopriamo che in una determinata area geografica ci sono particolari ritardi in un determinato ambito, non trovo disdicevole concentrare le poche risorse economiche che abbiamo per l'aggiornamento dei docenti o per l'ammodernamento dei laboratori per colmare quei ritardi. Questo non vuol dire dare pagelle ai docenti, ma misurare gli andamenti per decidere come intervenire.
D. Cosa cambia con le prove di quest'anno ? R. Quest'anno le novità principali saranno tre. Si completa l'ancoraggio esplicito di tutte le domande delle prove Invalsi alle Indicazioni nazionali, fornendo così ai docenti utili strumenti di riflessione sui possibili usi didattici delle prove; non si fa la prova in prima media grazie all'affinamento del sistema informativo del ministero che consente la restituzione ai docenti delle medie dei risultati di V primaria. E poi sarà anticipata rispetto al passato la restituzione alle scuole delle prove: nel mese di settembre arriveranno i risultati, sia a livello di scuola sia di classe, per tutti. A ottobre alle sole scuole secondarie di secondo grado verranno dati riferimenti per singolo indirizzo di studio, favorendo così comparazioni più omogenee e maggiormente informative.
D. Ce la farete a far partire a settembre il più complessivo sistema nazionale di valutazione ? R. Sì, sarà così effettivamente possibile la valutazione analitica delle scuole, grazie al mix di autovalutazione, valutazione esterna e piano di miglioramento. Fino ad oggi le prove Invalsi hanno rappresentato l'unico elemento di valutazione del sistema, ma così non può essere, visto che misurano solo i risultati in matematica e lingua. Con Snv affianchiamo elementi diversi e tutti importanti e ciò renderà ancora più evidente la funzione di induzione del miglioramento che si attribuisce alla valutazione……….
D. Sull'organico funzionale il mef ha detto più volte di no. R. Stiamo lavorando perché con l'istituto dell'organico funzionale si esca da una logica emergenziale, mettendo le scuole nelle condizioni di programmare le attività. … Al Mef devono trovare la soluzione al problema finanziario, di ragionieri che si limitano a dire che non si può fare non abbiamo bisogno.

l’Unità – 7 maggio 2014
“Test Invalsi ? No, grazie”
░ Riportiamo la lezione inequivocabile dell’autorevole docimologo. A Benedetto Vertecchi, il nostro ringraziamento per il costante magistero.
In questo periodo dell’anno la scuola è dominata dalle operazioni per le rilevazioni periodiche sui livelli di apprendimento (i «test Invalsi»). Si tratta di un’operazione che richiede rilevante impegno organizzativo, perché gli allievi coinvolti sono alcuni milioni. Si tratta anche di un’operazione molto costosa, che prevede una fase preliminare di messa a punto delle prove, la loro distribuzione sul territorio, lo svolgimento da parte degli allievi, la rilevazione dei dati e il loro trattamento, la diffusione dei risultati. Tali risultati dovrebbero poi costituire il punto di partenza per interventi rivolti a migliorare la qualità dell’educazione scolastica: invece di intervenire in modo generico, sulla scorta d’impressioni più o meno condivise, si assumerebbero decisioni fondate sulla costatazione delle esigenze riscontrate. Gli argomenti a favore delle pratiche valutative che investono il sistema scolastico hanno una loro suggestione, derivante dalla semplicità dell’impianto interpretativo. È una semplicità che contrasta col carattere di «sistema» che si afferma di voler conferire alla valutazione. Un sistema rappresenta, infatti, una realtà complessa, a determinare la quale concorre un gran numero di variabili. Tali variabili assumono valori in un lungo periodo di tempo e con riferimento ai singoli contesti in cui l’educazione è praticata. Ne deriva che in un momento determinato sono molte le variabili che nel complesso orientano le caratteristiche del sistema e che esse costituiscono un reticolo che non consente di porle in successione. La valutazione che si sta praticando nelle nostre scuole suppone invece che ci si possa limitare a prendere atto di un certo numero di variabili indipendenti (alle quali si riconosce un significato causale) che identificano il profilo dei singoli allievi, di altre variabili collegabili ad alcune condizioni di processo (per esempio, le competenze degli insegnanti) e delle variabili dipendenti che danno conto dei risultati conseguiti dagli allievi. Chiunque abbia una qualche consuetudine con la ricerca educativa (non con l’assunzione di interpretazioni prese a prestito da altri settori della vita sociale, per esempio la gestione aziendale) sa bene che la conoscenza dei processi nei quali sono coinvolti bambini e ragazzi non tollera semplificazioni. Se poi dal piano sincronico (rilevazioni che si riferiscono a un breve periodo di tempo) passiamo a quello diacronico (guardando i mutamenti che interessano il succedersi delle generazioni), lo schematismo delle interpretazioni ora alla moda, e ossessivamente ripetute da moltitudini di sedicenti esperti, appare ancora meno consistente. … Le considerazioni che precedono assumono significato se le rilevazioni valutative di «sistema» presentano, almeno, il requisito della correttezza metodologica. Non mi riferisco tanto alle elaborazioni statistiche, che ormai non rappresentano più un problema perché quasi del tutto automatizzate, quanto alla consapevolezza delle implicazioni della valutazione sullo svolgimento dell’attività quotidiana delle scuole. Un segno evidente della trascuratezza con la quale si è intrapreso il percorso valutativo è che di fronte al dilagare di comportamenti di rifiuto, variamente espressi, non si sia trovato di meglio che invocare a scusante la propensione delle scuole al cheating, ovvero, in italiano corrente, all’imbroglio. Al fenomeno si è cercato di porre un argine ricorrendo a espedienti statistici, senza chiedersi se non fosse prima di tutto necessario capire la ragione che negli anni passati (e nessuno può escludere che qualcosa del genere continui ad accadere) ha spinto un numero consistente di scuole ad assumere comportamenti che avevano come conseguenza l’alterazione dei dati…. Se l’intento delle rilevazioni nazionali consiste nel migliorare la qualità delle decisioni, tale intento può essere con attendibilità maggiore conseguito compiendo rilevazioni su campione. Oltre tutto, si realizzerebbero economie consistenti, da impegnare per la messa a punto e la verifica sul campo di procedure didattiche innovative.

ltaonline.wordpress.com/ – 7 maggio 2014
“Test PISA e l’omologazione dei modelli educativi”
░ Più di cento educatori e studiosi appartenenti a diverse istituzioni educative di tutto il mondo hanno lanciato una sfida importante al Programme for International Student Assessment (PISA), e a quelle che definiscono “le conseguenze negative” delle sue note classifiche. A scrivere è Mario Pireddu, ricercatore per il Dipartimento di Scienze della Formazione dell'Università Roma Tre, membro del Laboratorio di Tecnologie Audiovisive (LTA), e docente presso la IULM di Milano. L’OCSE non ha legittimazione democratica ? Questa delle “cupole” di “soloni” è un segno dei tempi ? Se così fosse, sarebbe molto, molto pericoloso per la democrazia e per la libertà stessa sulla Terra.
I test PISA, organizzati dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE, in inglese Organisation for Economic Co-operation and Development – OECD), danno vita a indagini internazionali triennali che vengono svolte per valutare i diversi sistemi educativi del mondo e il livello di istruzione degli adolescenti (quindicenni). Nella lettera - inviata ad Andreas Schleicher, responsabile del PISA…, i firmatari sostengono che l’OECD ha assunto di fatto il potere di plasmare le politiche educative in tutto il mondo, utilizzando test “notoriamente imperfetti” e incoraggiando i governi a cercare “soluzioni a breve termine” per scalare la propria classifica. Questo tipo di approccio, sostengono i firmatari – tra i quali accademici di Cambridge, Oxford, Londra, Bristol, Stanford (California), Columbia (New York), Ballarat (Australia), Canterbury (Nuova Zelanda), Stoccolma, e nessun italiano – ha influenze tutt’altro che positive sui modelli e le idee di educazione possibile, e uccide la “gioia di imparare” trasformandola in mera “fatica”. Il sistema PISA aumenterebbe quindi notevolmente il ricorso a “misure quantitative” per classificare e etichettare alunni, insegnanti e dirigenti. I test otterrebbero l’obiettivo di ridurre l’autonomia degli insegnanti e di aumentare i livelli di stress nelle scuole, peraltro già alti. I firmatari della lettera sottolineano che l’OECD – composto da 34 paesi membri, in gran parte europei – è interessata in modo particolare al ruolo economico delle scuole nella società, ma qualsiasi riforma scolastica non può e non dovrebbe ignorare il ruolo fondamentale che le disuguaglianze socio-economiche rivestono nell’influenzare il rendimento degli allievi. Un’altra critica mossa all’OECD riguarda la sua stessa legittimità: si tratta infatti di una organizzazione che – al contrario di altre agenzie come Unesco e Unicef, per esempio – non ha nessun mandato democratico in ambito educativo. La sua influenza sarebbe quindi l’influenza di un “club” chiuso i cui membri sono tali soltanto su invito.

www.latecnicadellascuola.it – 7 maggio 2014
“Partono i TFA: il 9 maggio esce il bando”
░ Di Alessandro Giuliani.
In palio 22.450 posti per l'insegnamento nella secondaria: come titolo di accesso serve la laurea attinente alla disciplina prescelta. Altri 6.630 posti saranno riservati a docenti già abilitati che vogliono specializzarsi sul sostegno. I candidati avranno tempo fino al 10 giugno per presentare la domanda di partecipazione al test preliminare (tre step) che si svolgerà a luglio: sarà identico su tutto il territorio nazionale per ciascuna classe di abilitazione. Possibile partecipare alla preselezione per più materie. Servono almeno 21 punti su 30 per passare allo scritto che si svolgerà nel mese di ottobre. Anche qui sono necessari almeno 21 punti su 30 per passare all'orale che viene superato con un voto minimo di 15 su 20. I corsi partiranno a novembre e saranno tenuti dalle Università già accreditate dall'Anvur…. l'Agenzia di valutazione del sistema universitario, per il primo ciclo Tfa. Nessun posto bandito - assicura il ministero - andrà perso: la copertura sarà garantita anche con l'eventuale mobilità di coloro che supereranno le prove di selezione (test preliminare, scritto e orale) fino a esaurimento delle disponibilità”…. Le attività formative prenderanno il via nel mese di novembre. Sempre il Miur ha specificato che quest'anno saranno ammessi in soprannumero ai Tfa, senza dover fare alcuna prova, sia i cosiddetti 'congelati' Ssis (aspiranti docenti che si erano iscritti ai vecchi corsi abilitanti poi sospesi prima che potessero conseguire l'abilitazione), sia tutti coloro che hanno superato nel 2013 la procedura selettiva per entrare nei Tfa ma sono rimasti fuori, benché idonei, perché non c'erano posti a sufficienza negli atenei dove hanno sostenuto la selezione. Saranno iscritti in soprannumero anche coloro che nel 2013 hanno superato la selezione per l'ingresso in più corsi, ma hanno potuto scegliere solo un percorso abilitante.

la Repubblica – 8 maggio 2014
“Scuola, due decreti ministeriali nel ginepraio delle graduatorie”
░ Ieri il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini ha firmato due decreti importanti per dare ordine a questioni complicate della Scuola: le graduatorie di merito e di anzianità (scuola per scuola) per diventare insegnanti e, secondo decreto, le tappe per lo svolgimento del nuovo TFA per l’insegnamento secondario. Di un avvilito Corrado Zunino. Ha ragione.
Ieri il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini ha firmato due decreti ministeriali importanti per dare ordine alla questione più complicata che oggi c'è nella scuola italiana: le graduatorie di merito e di anzianità (scuola per scuola) per diventare insegnanti e, secondo decreto, le tappe per lo svolgimento delle prove che consentiranno l'ingresso nelle scuole secondarie superiori a nuovi docenti. … Innanzitutto, le graduatorie di istituto, utilizzate dalle ottomila scuole presenti sul territorio per l'assegnazione delle supplenze. Bene, il ministero fa sapere che lì dentro ci sono 500 mila aspiranti prof, ed è un numero impressionante. C'è un bacino di italiani, largo mezzo milione di persone, che chiede un lavoro alla scuola italiana, almeno per un anno. Le graduatorie di istituto affiancano le graduatorie a esaurimento (le storiche Gae provinciali), ma servono a gestire a livello di istituto le supplenze anno per anno. Quelle ad esaurimento, invece, regolano l'accesso in ruolo, l'assunzione definitiva e solo a inizio anno si incrociano con le graduatorie d'istituto per le supplenze, poi gestite dai singoli presidi. Le graduatorie a esaurimento ospitano "aspiranti prof" anche da dieci, venti anni: c'è chi ha trovato un altro impiego eppure non si toglie dal listone perché vorrebbe davvero fare l'insegnante o perché aspira a uno stipendio certo (anche se basso), alle ferie, alla malattia pagata…. L'aggiornamento delle graduatorie di istituto prevede punteggi per i titoli di abilitazione conseguiti negli ultimi anni dalle nuove leve dell'insegnamento attraverso percorsi di laurea specifici e tirocini di formazione particolarmente selettivi. Per valorizzare i diversi percorsi abilitanti, sia rispetto alla loro durata che alla selettività nell'accesso, vengono attribuiti specifici punteggi ai docenti. I laureati in Scienze della formazione primaria avranno fra i 48 e i 60 punti sulla base della durata del percorso di laurea (vecchio e nuovo ordinamento) e 12 punti legati alla selettività dell'accesso al percorso. Gli abilitati all'insegnamento nella scuola secondaria attraverso i Tfa, i Tirocini formativi attivi, avranno 12 punti sulla base della durata del percorso e 30 sulla base della selettività dell'accesso al percorso di abilitazione. Con l'aggiornamento di quest'anno vengono inseriti nella seconda fascia delle graduatorie di istituto, fra gli abilitati, 55.000 diplomati magistrali a cui fino ad oggi non era stato dato questo riconoscimento. Il Miur dà seguito, così, a una recente sentenza del Consiglio di Stato. Le graduatorie di istituto continueranno ad essere aggiornate ogni tre anni per tutti gli iscritti. Nel frattempo, però, il decreto prevede che ogni anno si aprano due "finestre", una a giugno e l'altra a dicembre, per l'inserimento nella seconda fascia delle Gae (quella riservata a chi è abilitato) di chi ha acquisito nel frattempo l'abilitazione attraverso i Tfa, i Percorsi abilitanti speciali (Pas) riservati a chi aveva già alcuni anni di servizio alle spalle, i corsi di laurea in Scienze della formazione primaria. In attesa di una delle due finestre i nuovi abilitati restano in terza fascia Gae (non abilitati) con un distinguo: a seguito dell'abilitazione viene loro riservata la precedenza assoluta nell'attribuzione delle supplenze…. Riassumendo, la prima fascia delle graduatorie di istituto (i docenti chiamati dai presidi per le supplenze) è riservata ai docenti inseriti nella terza fascia delle Gae, la seconda fascia delle graduatorie di istituto è riservata a tutti i docenti in possesso di un'abilitazione esclusi dalle Gae, la terza fascia ai laureati. Secondo il sindacato Anief centomila aspiranti, già abilitati o con in corso una procedura abilitante, avrebbero diritto a inserirsi almeno nella fascia aggiuntiva delle Gae per poter aspirare a una supplenza annuale o al termine delle attività didattiche o all'immissione in ruolo una volta esaurite le graduatorie di terza fascia. È pronto, per loro, visto che il decreto ministeriale non prevede questa soluzione, il milionesimo ricorso al Tar del Lazio. Nel secondo decreto il ministero dell'Istruzione ricorda che andranno inviate entro il prossimo 10 giugno le domande per partecipare alla preselezione per l'accesso al secondo ciclo del Tfa, il Tirocinio formativo attivo che serve per abilitarsi all'insegnamento nella scuola secondaria. Il ministro Giannini ha firmato il bando da 22.450 posti che apre le porte dell'insegnamento ai concorsi a cattedra ad altrettanti laureati. Altri 6.630 posti saranno riservati a docenti già abilitati che vogliono specializzarsi sul sostegno. Il test preliminare per l'ingresso nei Tfa sarà identico su tutto il territorio nazionale per ciascuna classe di abilitazione, la prova si svolgerà a luglio. I corsi partiranno a novembre e saranno tenuti dalle università già accreditate dall'Anvur, l'Agenzia di valutazione del sistema universitario, per il primo ciclo Tfa. Nessun posto bandito andrà perso: la copertura sarà garantita con l'eventuale mobilità di coloro che supereranno le prove di selezione (test preliminare, scritto e orale) fino a esaurimento delle disponibilità. Le domande andranno presentate per via telematica entro il prossimo 10 giugno all'Ufficio scolastico regionale di riferimento. Si può partecipare alla preselezione per più classi di abilitazione. La prova di accesso si compone di un test preliminare, una prova scritta, una prova orale. La prova preselettiva, che verifica le conoscenze disciplinari sulla materia che si vuole insegnare, si svolgerà entro luglio. Servono almeno 21 punti su 30 per passare allo scritto che si svolgerà a ottobre. Anche qui sono necessari almeno 21 punti su 30 per passare all'orale che viene superato con un voto minimo di 15 su 20. I corsi saranno attivati a novembre. Quest'anno saranno ammessi in soprannumero ai Tfa, senza dover fare alcuna prova, sia i cosiddetti "congelati" Ssis (aspiranti docenti che si erano iscritti ai vecchi corsi abilitanti poi sospesi prima che potessero conseguire l'abilitazione), sia tutti coloro che hanno superato nel 2013 la procedura selettiva per entrare nei Tfa, ma sono rimasti fuori, benché idonei, perché non c'erano posti a sufficienza negli atenei dove hanno sostenuto la selezione. Saranno iscritti in soprannumero anche coloro che nel 2013 hanno superato la selezione per l'ingresso in più corsi abilitanti e ne hanno potuto scegliere solo uno. Anche qui, contestazioni dei sindacati. "Penalizzati i 65.000 docenti che frequenteranno i Pas dopo aver svolto tre anni di servizio come insegnanti. Premiata la selezione ai corsi Tfa senza supporto normativo. Esclusi i 7.000 idonei dell'ultimo concorso". Non c'è via d'uscita: è necessario far ripartire la macchina delle assunzioni in ruolo o temporanee e poi non legiferare né normare più. Almeno per i prossimi dieci anni. Il ministero dovrà solo garantire che chiamate e corsi avvengano in maniera regolare e che le benedette graduatorie - o liste d'attesa - si esauriscano davvero.

Pubblichiamo alcuni articoli sulla richiesta Anief di aumento delle immissioni in ruolo, sugli stipendi dei docenti italiani divorati dall'inflazione, sulla bocciatura di Anief-Confedir agli emendamenti al collegato al Lavoro, sul primo maggio amaro per 3 milioni di dipendenti pubblici e sulla firma del ministro Giannini dell'atto di indirizzo sugli scatti.

Ecco perché i nostri insegnanti invecchiano da precari: in tre anni dal Miur solo 63mila assunzioni, ma i posti liberi sono 125mila

La Discussione: Scuola : Anief in 3 anni solo 63mila assunzioni

In Abruzzo: Gli insegnanti? Invecchiano da precari – Invece di stabilizzare, onerosi contratti a termine

IMGPress: Scuola: Ecco perché i nostri insegnanti invecchiano da precari

Orizzonte Scuola: Ecco perché i nostri insegnanti invecchiano da precari: in tre anni dal Miur solo 63mila assunzioni, ma i posti liberi sono 125mila

Corriere del web: Scuola - Ecco perché i nostri insegnanti invecchiano da precari

AgenParl: AgenParl: Scuola: Anief, in tre anni dal Miur solo 63mila assunzioni ma i posti liberi sono 125mila

Online News: Ecco perché i docenti nvecchiano da precari: in tre anni solo 63mila assunzioni, ma i posti liberi sono 125mila

 

Mentre in Italia gli stipendi sono divorati dall'inflazione e fermi fino al 2018, agli insegnanti di New York +18% di aumenti e 3,4 miliardi di arretrati

TMNews: Anief: in Italia stipendi insegnanti divorati mentre in Usa volano
Agli insegnanti di New York +18% di aumenti e 3,4 mld arretrati
Roma, 3 mag. (TMNews) - Mentre in Italia gli stipendi degli insegnanti sono divorati dall'inflazione e fermi fino al 2018, agli insegnanti di New York vanno +18% di aumenti e 3,4 miliardi di arretrati: a portare il significativo paragone il sindacato Anief-Confedir.
"Mentre in Italia il governo continua a tenere in vita una ridicola melina sul rinnovo contrattuale dei nostri docenti, in tutti i paesi più sviluppati del mondo gli insegnanti sono valorizzati e incentivati", commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir. Ad iniziare dagli Stati Uniti, sottolinea l'Anief: in queste ore da New York è giunta la notizia che l'amministrazione, grazie all'apporto decisivo del sindaco di origini italiane Bill de Blasio, ha dato il via libera ad aumenti in favore dei docenti pari al 18% in nove anni e al finanziamento di 3,4 miliardi di arretrati. E ciò malgrado siano previsti per quest'anno ben due miliardi di dollari di 'buco'.
In Italia, invece, ricorda il sindacato, il contratto non è rinnovato dal 2010, e "si continua a parlare di investimento sulla scuola solo a parole ed in corrispondenza delle compagne elettorali", mentre "la realtà è che con la Legge di Stabilità 2014, l'unico aumento, quello dell'indennità di vacanza contrattuale, sarà sospeso almeno sino al 2017". Quindi, spiega Anief, "i valori stipendiali del personale della scuola rimangono di fatto fermi addirittura al 2009" e "nei mesi scorsi, per certi docenti si è arrivati addirittura al paradosso dello stipendio diminuito per effetto del pasticcio sugli scatti".
"Solo nel nostro Paese - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - i sindacati rappresentativi e il Governo continuano a concentrarsi su 350 milioni di euro di ulteriori risparmi per pagare gli scatti del 2012, mentre la Ragioneria dello stato rileva che gli stipendi rimangono 4 punti sotto l'inflazione registrata negli ultimi anni. Come se solo il mancato adeguamento al costo della vita non avesse fatto perdere ai nostri insegnanti almeno 3.600 euro. E facendo finta che l'attuale blocco contrattuale, irrecuperabile, non sia stato procrastinato per altri tre anni".
"Anche gli ultimi provvedimenti governativi non cambiano la sostanza. Perché a maggio la metà dei docenti italiani non riceverà i famosi 80 euro di incremento previsto dal governo solo per gli stipendi fino a 26mila euro lordi: nella somma vanno infatti compresi tredicesima e indennità, quindi riguarderanno solo i precari e le prime due fasce stipendiali. E per chi non fruirà degli 80 euro si tratterà di una vera beffa, perché dovrà invece pagare l'aumento della tassazione sui pochi risparmi lasciati nelle banche. Così il gap di 600 euro che a fine carriera prendono in più i loro colleghi che insegnano negli altri Paesi OCDE - conclude Pacifico - diventerà una voragine".

ANSA: Scuola: Anief, per stipendi prof Italia guardi a Usa
Dove è stato dato via libera a finanziamento 3,4 mld arretrati
(ANSA) - ROMA, 3 MAG - Stipendi degli insegnanti? l'Italia prenda esempio dagli Usa. Il consiglio arriva dall'Anief. "Mentre in Italia il Governo continua a tenere in vita una ridicola melina sul rinnovo contrattuale dei nostri docenti, in tutti i paesi più sviluppati del mondo gli insegnanti sono valorizzati e incentivati. A iniziare dagli Stati Uniti: in queste ore da New York - sottolinea l'Anief - è giunta la notizia che l'amministrazione, grazie all'apporto decisivo del sindaco di origini italiane Bill de Blasio, ha dato il via libera ad aumenti in favore dei docenti pari al 18% in nove anni e al finanziamento di 3,4 miliardi di arretrati. E ciò malgrado siano previsti per quest'anno ben due miliardi di dollari di 'buco'. Si tratta della conferma di quanto in Italia, dove il contratto non è rinnovato dal 2010, si continui a parlare di investimento sulla scuola solo a parole e in corrispondenza delle compagne elettorali". "La realtà - sostiene il sindacato - è che con il comma 452 dell'articolo 1 della Legge di Stabilità 2014, la 147/13, l'unico aumento, quello dell'indennità di vacanza contrattuale, sarà 'sospeso' almeno sino al 2017. Considerando che la norma si riferisce al comma 17 dell'art. 9 della Legge 122/2010, i valori stipendiali del personale della scuola rimangono di fatto fermi addirittura al 2009. Nei mesi scorsi, per certi docenti si è arrivati addirittura al paradosso dello stipendio diminuito per effetto del 'pasticcio' sugli scatti". "Solo nel nostro Paese - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - i sindacati rappresentativi e il Governo continuano a concentrarsi su 350 milioni di euro di ulteriori risparmi per pagare gli scatti del 2012, mentre la Ragioneria dello stato rileva che gli stipendi rimangono 4 punti sotto l'inflazione registrata negli ultimi anni. Come se solo il mancato adeguamento al costo della vita non avesse fatto perdere ai nostri insegnanti almeno 3.600 euro. E facendo finta che l'attuale blocco contrattuale, irrecuperabile, non sia stato procrastinato per altri tre anni. Anche gli ultimi nostri provvedimenti governativi non cambiano la sostanza. Perché a maggio la metà dei docenti italiani non riceverà i famosi 80 euro di incremento previsto dal Governo solo per gli stipendi fino a 26mila euro lordi: nella somma vanno infatti compresi tredicesima e indennità, quindi riguarderanno solo i precari e le prime due fasce stipendiali. E per chi non fruirà degli 80 euro si tratterà di una vera beffa, perché dovrà invece pagare l'aumento della tassazione sui pochi risparmi lasciati nelle banche. Così il gap di 600 euro che a fine carriera prendono in più i loro colleghi che insegnano negli altri Paesi Ocde - conclude Pacifico - diventerà una voragine". (ANSA).

Italian Network: Lavoro - Insegnanti - dall'Anief: mentre in Italia stipendi divorati da inflazione a New York il sindaco italo/americano De Blasio aumenta del 18% gli stipendi

Yahoo: Anief: in Italia stipendi insegnati divorati mentre in Usa volano

AgenParl: Scuola: Anief, mentre in Italia stipendi sono divorati dall’inflazione e fermi fino al 2018 gli insegnanti di NY sono aumentati del 18%

Corriere del web: Scuola - Mentre in Italia stipendi divorati da inflazione e fermi al 2018, a insegnanti New York +18% aumenti

IMGPress: In Italia gli stipendi sono divorati dall'inflazione e fermi fino al 2018. New York +18% di aumenti e 3,4 miliardi di arretrati

Agenzia Aris: Prove Invalsi e stipendi degli insegnanti

 

Anief-Confedir boccia gli emendamenti del Governo al Collegato Lavoro: assunzioni eluse sono contro la direttiva comunitaria

Ansa: Lavoro: Anief boccia emendamenti governo a decreto Poletti
Modifiche ci allontanano da Europa
(ANSA) - ROMA, 2 MAG - Gli emendamenti presentati dal Governo al decreto legge Poletti sul lavoro "sono contro la normativa Ue che impone l'assunzione dopo tre anni di servizio anche non continuativo". Lo afferma l'Anief-Confedir ribadendo che su questo punto "la direttiva 1999/70 è chiara: dopo 36 mesi di servizio, senza ragioni oggettive, i lavoratori precari del settore privato come del pubblico impiego devono essere stabilizzati. Mentre i datori di lavoro devono ricevere sanzioni tali da dissuaderli a continuare a utilizzare i contratti a termine". "Perché, invece, si continua a disapplicare questo principio base per tutti i lavoratori dell'Europa unita? Sembrava che tale direttiva fosse stata recepita nel nostro ordinamento nel 2001 con il decreto legislativo - tiene a dire Marcello Pacifico, presidente Anief - salvo scoprire nel 2011-12 che per il Parlamento italiano non trovava applicazione per la Scuola e la Sanità. E oggi gli emendamenti annunciati dal Governo allontanano sempre più l'Italia dall'Europa. Sottoponendo il nostro paese a nuove procedure d'infrazione e a nuove condanne dalla Corte di Giustizia europea". Per Pacifico questo "avverrà inevitabilmente sia perché in questo modo si deroga proprio al principio della stabilizzazione sia perché la sanzione per essere dissuasiva non può essere inferiore allo stipendio". Il presidente dell'Anief invita pertanto il Governo "a riflettere bene sulle condanne alle spese per violazione del diritto comunitario del nuovo testo sul collegato il lavoro" anche perché - conclude - "l'art. 117 della Costituzione ci ricorda come ogni norma nazionale debba essere conforme al diritto comunitario. E continuare ad aggirare certi dettati basilari, alla lunga costerà molto caro ai nostri governanti". (ANSA).

Roma Daily News: Lavoro - Anief-Confedir: assunzioni eluse sono contro la direttiva comunitaria

Nove Colonne: Lavoro: Anief, assunzioni eluse sono contro direttiva comunitaria
(9Colonne) Roma, 2 mag - Le modifiche al testo continuano a non contenere l' obbligo di assunzione dopo 36 mesi di servizio previsto dalla direttiva 1999/70 per i dipendenti pubblici e privati, con i datori di lavoro che dovrebbero ricevere sanzioni tali da dissuadere a continuare ad abusare dei contratti a termine. E' quanto denuncia in una nota Marcello Pacifico (Anief-Confedir), secondo il quale "gli emendamenti presentati oggi dal Governo al decreto legge Poletti sul lavoro sono contro la normativa UE che impone l' assunzione dopo tre anni di servizio anche non continuativo". Anief-Confedir torna a ribadire che "su questo punto la direttiva 1999/70 è chiara: dopo 36 mesi di servizio, senza ragioni oggettive, i lavoratori precari del settore privato come del pubblico impiego devono essere stabilizzati. Mentre i datori di lavoro devono ricevere sanzioni tali da dissuaderlo a continuare a utilizzare i contratti a termine. Perché, invece, si continua a disapplicare questo principio base per tutti i lavoratori dell' Europa unita?".
"Sembrava che tale direttiva fosse stata recepita nel nostro ordinamento nel 2001 con il decreto legislativo - spiega Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - , salvo scoprire nel 2011/12 che per il Parlamento italiano non trovava applicazione per la Scuola e la Sanità. E oggi gli emendamenti annunciati dal Governo allontanano sempre più l' Italia dall' Europa. Sottoponendo il nostro paese a nuove procedure d'infrazione e a nuove condanne dalla Corte di Giustizia europea". "Questo avverrà inevitabilmente - continua il sindacalista Anief-Confedir - , sia perché in questo modo si deroga proprio al principio della stabilizzazione sia perché la sanzione per essere dissuasiva non può essere inferiore allo stipendio". "Anche perché l' articolo 117 della Costituzione ci ricorda come ogni norma nazionale debba essere conforme al diritto comunitario. E continuare ad aggirare certi dettati basilari, alla lunga costerà molto caro ai nostri governanti", conclude Pacifico.

Orizzonte Scuola: Collegato lavoro: le modifiche al testo continuano a non contenere l'obbligo di assunzione dopo 36 mesi di servizio

AgenParl: Lavoro: Anief-Confedir boccia emendamenti del Governo

Online News: Anief-Confedir boccia gli emendamenti del Governo al Collegato Lavoro: assunzioni eluse sono contro la direttiva Ue

Teleborsa: Il Decreto lavoro torna alla Camera per il sì definitivo

 

Primo maggio amaro per 3 milioni di dipendenti pubblici

IMGPress: Primo maggio - sarà amaro per più di 3 milioni di dipendenti pubblici

AgenParl: 1° maggio: Anief, sarà amaro per più di 3 milioni di dipendenti pubblici

Italpress: 1 maggio: Anief "Sarà amaro per più di 3 milioni dipendenti pubblici"

 

Ministro Giannini firma atto indirizzo scatt

ANSA: Scuola: scatti; Anief, ok "scatti" ma restano stipendi fame
(ANSA) - ROMA, 29 APR - "Basta firmare contratti a perdere per il personale della scuola: servono risorse nuove, non aumenti finanziati con risorse tolte da capitoli di spesa dello stesso settore scolastico". Così Marcello Pacifico, presidente Anief, commenta la volontà espressa oggi dal Ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini,di firmare l'atto d'indirizzo che permetterà il recupero degli scatti stipendiali in maniera strutturale. "Già i contratti firmati per il biennio 2006-2009 - spiega il sindacalista - hanno registrato aumenti di un punto percentuale in meno degli altri dipendenti pubblici. E comunque questi aumenti, che potranno essere pagati soltanto attraverso ulteriori risparmi certificati, si applicheranno su stipendi sempre più ridotti all'osso: tanto è vero che la Ragioneria dello Stato li ha collocati 4 punti sotto l'inflazione, salita del 12% negli ultimi sei anni rispetto al 2006". Anief sostiene quindi che gli scatti non bastano a sanare il gap degli stipendi del personale scolastico rispetto al costo della vita: "al di là degli scatti relativi all'atto di indirizzo - continua Pacifico - dovrebbero arrivare arretrati per 3.600 euro lordi in media per 860.000 dipendenti. Senza parlare dello stipendio iniziale pagato ai precari della scuola contro il diritto comunitario, ragion per cui si aprirà presto una causa della Commissione Ue contro l'Italia alla Corte di Giustizia europea". "I sindacati rifiutino di firmare la proletarizzazione della categoria e chiedano al Governo risorse da mettere nel prossima legge di stabilità. E poi guardino ai Paesi Ocde, dove a fine carriera lo stipendio di un insegnante è in media di 600 euro in più al mese, quindi un terzo in più di quello italiano. Che - conclude il sindacalista - rimarrà fermo per altri tre anni". (ANSA).

Orizzonte Scuola: ANIEF. Il Ministro firma l’atto d’indirizzo per recuperare gli scatti, ma il personale rimane con stipendi da fame

Tecnica della Scuola: Il Ministro firma l’atto d’indirizzo per recuperare gli scatti, ma il personale rimane con stipendi da fame

IMGPress: Scuola - Ministro firma l’atto d’indirizzo per recuperare gli scatti, ma il personale rimane con stipendi da fame

Orizzonte Scuola: Scatti di anzianità 2012. Oggi il Ministro firmerà l'atto di indirizzo per avviare le trattative

Italpress: Scuola: Anief "Atto indirizzo per scatti, ma rimangono stipendi da fame"

 

I corsi di recupero li tengono gli studenti più bravi

Tuttoscuola: Gli studenti bravi diventano insegnanti

IMG Press: Scuole a corto di fondi, ora i corsi di recupero li tengono gli studenti più bravi

Pubblichiamo alcuni articoli sulla richiesta Anief di aumento delle immissioni in ruolo, sugli stipendi dei docenti italiani divorati dall'inflazione, sulla bocciatura di Anief-Confedir agli emendamenti al collegato al Lavoro, sul primo maggio amaro per 3 milioni di dipendenti pubblici e sulla firma del ministro Giannini dell'atto di indirizzo sugli scatti.

Ecco perché i nostri insegnanti invecchiano da precari: in tre anni dal Miur solo 63mila assunzioni, ma i posti liberi sono 125mila

La Discussione: Scuola : Anief in 3 anni solo 63mila assunzioni

In Abruzzo: Gli insegnanti? Invecchiano da precari – Invece di stabilizzare, onerosi contratti a termine

IMGPress: Scuola: Ecco perché i nostri insegnanti invecchiano da precari

Orizzonte Scuola: Ecco perché i nostri insegnanti invecchiano da precari: in tre anni dal Miur solo 63mila assunzioni, ma i posti liberi sono 125mila

Corriere del web: Scuola - Ecco perché i nostri insegnanti invecchiano da precari

AgenParl: AgenParl: Scuola: Anief, in tre anni dal Miur solo 63mila assunzioni ma i posti liberi sono 125mila

Online News: Ecco perché i docenti nvecchiano da precari: in tre anni solo 63mila assunzioni, ma i posti liberi sono 125mila

 

Mentre in Italia gli stipendi sono divorati dall'inflazione e fermi fino al 2018, agli insegnanti di New York +18% di aumenti e 3,4 miliardi di arretrati

TMNews: Anief: in Italia stipendi insegnanti divorati mentre in Usa volano
Agli insegnanti di New York +18% di aumenti e 3,4 mld arretrati
Roma, 3 mag. (TMNews) - Mentre in Italia gli stipendi degli insegnanti sono divorati dall'inflazione e fermi fino al 2018, agli insegnanti di New York vanno +18% di aumenti e 3,4 miliardi di arretrati: a portare il significativo paragone il sindacato Anief-Confedir.
"Mentre in Italia il governo continua a tenere in vita una ridicola melina sul rinnovo contrattuale dei nostri docenti, in tutti i paesi più sviluppati del mondo gli insegnanti sono valorizzati e incentivati", commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir. Ad iniziare dagli Stati Uniti, sottolinea l'Anief: in queste ore da New York è giunta la notizia che l'amministrazione, grazie all'apporto decisivo del sindaco di origini italiane Bill de Blasio, ha dato il via libera ad aumenti in favore dei docenti pari al 18% in nove anni e al finanziamento di 3,4 miliardi di arretrati. E ciò malgrado siano previsti per quest'anno ben due miliardi di dollari di 'buco'.
In Italia, invece, ricorda il sindacato, il contratto non è rinnovato dal 2010, e "si continua a parlare di investimento sulla scuola solo a parole ed in corrispondenza delle compagne elettorali", mentre "la realtà è che con la Legge di Stabilità 2014, l'unico aumento, quello dell'indennità di vacanza contrattuale, sarà sospeso almeno sino al 2017". Quindi, spiega Anief, "i valori stipendiali del personale della scuola rimangono di fatto fermi addirittura al 2009" e "nei mesi scorsi, per certi docenti si è arrivati addirittura al paradosso dello stipendio diminuito per effetto del pasticcio sugli scatti".
"Solo nel nostro Paese - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - i sindacati rappresentativi e il Governo continuano a concentrarsi su 350 milioni di euro di ulteriori risparmi per pagare gli scatti del 2012, mentre la Ragioneria dello stato rileva che gli stipendi rimangono 4 punti sotto l'inflazione registrata negli ultimi anni. Come se solo il mancato adeguamento al costo della vita non avesse fatto perdere ai nostri insegnanti almeno 3.600 euro. E facendo finta che l'attuale blocco contrattuale, irrecuperabile, non sia stato procrastinato per altri tre anni".
"Anche gli ultimi provvedimenti governativi non cambiano la sostanza. Perché a maggio la metà dei docenti italiani non riceverà i famosi 80 euro di incremento previsto dal governo solo per gli stipendi fino a 26mila euro lordi: nella somma vanno infatti compresi tredicesima e indennità, quindi riguarderanno solo i precari e le prime due fasce stipendiali. E per chi non fruirà degli 80 euro si tratterà di una vera beffa, perché dovrà invece pagare l'aumento della tassazione sui pochi risparmi lasciati nelle banche. Così il gap di 600 euro che a fine carriera prendono in più i loro colleghi che insegnano negli altri Paesi OCDE - conclude Pacifico - diventerà una voragine".

ANSA: Scuola: Anief, per stipendi prof Italia guardi a Usa
Dove è stato dato via libera a finanziamento 3,4 mld arretrati
(ANSA) - ROMA, 3 MAG - Stipendi degli insegnanti? l'Italia prenda esempio dagli Usa. Il consiglio arriva dall'Anief. "Mentre in Italia il Governo continua a tenere in vita una ridicola melina sul rinnovo contrattuale dei nostri docenti, in tutti i paesi più sviluppati del mondo gli insegnanti sono valorizzati e incentivati. A iniziare dagli Stati Uniti: in queste ore da New York - sottolinea l'Anief - è giunta la notizia che l'amministrazione, grazie all'apporto decisivo del sindaco di origini italiane Bill de Blasio, ha dato il via libera ad aumenti in favore dei docenti pari al 18% in nove anni e al finanziamento di 3,4 miliardi di arretrati. E ciò malgrado siano previsti per quest'anno ben due miliardi di dollari di 'buco'. Si tratta della conferma di quanto in Italia, dove il contratto non è rinnovato dal 2010, si continui a parlare di investimento sulla scuola solo a parole e in corrispondenza delle compagne elettorali". "La realtà - sostiene il sindacato - è che con il comma 452 dell'articolo 1 della Legge di Stabilità 2014, la 147/13, l'unico aumento, quello dell'indennità di vacanza contrattuale, sarà 'sospeso' almeno sino al 2017. Considerando che la norma si riferisce al comma 17 dell'art. 9 della Legge 122/2010, i valori stipendiali del personale della scuola rimangono di fatto fermi addirittura al 2009. Nei mesi scorsi, per certi docenti si è arrivati addirittura al paradosso dello stipendio diminuito per effetto del 'pasticcio' sugli scatti". "Solo nel nostro Paese - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - i sindacati rappresentativi e il Governo continuano a concentrarsi su 350 milioni di euro di ulteriori risparmi per pagare gli scatti del 2012, mentre la Ragioneria dello stato rileva che gli stipendi rimangono 4 punti sotto l'inflazione registrata negli ultimi anni. Come se solo il mancato adeguamento al costo della vita non avesse fatto perdere ai nostri insegnanti almeno 3.600 euro. E facendo finta che l'attuale blocco contrattuale, irrecuperabile, non sia stato procrastinato per altri tre anni. Anche gli ultimi nostri provvedimenti governativi non cambiano la sostanza. Perché a maggio la metà dei docenti italiani non riceverà i famosi 80 euro di incremento previsto dal Governo solo per gli stipendi fino a 26mila euro lordi: nella somma vanno infatti compresi tredicesima e indennità, quindi riguarderanno solo i precari e le prime due fasce stipendiali. E per chi non fruirà degli 80 euro si tratterà di una vera beffa, perché dovrà invece pagare l'aumento della tassazione sui pochi risparmi lasciati nelle banche. Così il gap di 600 euro che a fine carriera prendono in più i loro colleghi che insegnano negli altri Paesi Ocde - conclude Pacifico - diventerà una voragine". (ANSA).

Italian Network: Lavoro - Insegnanti - dall'Anief: mentre in Italia stipendi divorati da inflazione a New York il sindaco italo/americano De Blasio aumenta del 18% gli stipendi

Yahoo: Anief: in Italia stipendi insegnati divorati mentre in Usa volano

AgenParl: Scuola: Anief, mentre in Italia stipendi sono divorati dall’inflazione e fermi fino al 2018 gli insegnanti di NY sono aumentati del 18%

Corriere del web: Scuola - Mentre in Italia stipendi divorati da inflazione e fermi al 2018, a insegnanti New York +18% aumenti

IMGPress: In Italia gli stipendi sono divorati dall'inflazione e fermi fino al 2018. New York +18% di aumenti e 3,4 miliardi di arretrati

Agenzia Aris: Prove Invalsi e stipendi degli insegnanti

 

Anief-Confedir boccia gli emendamenti del Governo al Collegato Lavoro: assunzioni eluse sono contro la direttiva comunitaria

Ansa: Lavoro: Anief boccia emendamenti governo a decreto Poletti
Modifiche ci allontanano da Europa
(ANSA) - ROMA, 2 MAG - Gli emendamenti presentati dal Governo al decreto legge Poletti sul lavoro "sono contro la normativa Ue che impone l'assunzione dopo tre anni di servizio anche non continuativo". Lo afferma l'Anief-Confedir ribadendo che su questo punto "la direttiva 1999/70 è chiara: dopo 36 mesi di servizio, senza ragioni oggettive, i lavoratori precari del settore privato come del pubblico impiego devono essere stabilizzati. Mentre i datori di lavoro devono ricevere sanzioni tali da dissuaderli a continuare a utilizzare i contratti a termine". "Perché, invece, si continua a disapplicare questo principio base per tutti i lavoratori dell'Europa unita? Sembrava che tale direttiva fosse stata recepita nel nostro ordinamento nel 2001 con il decreto legislativo - tiene a dire Marcello Pacifico, presidente Anief - salvo scoprire nel 2011-12 che per il Parlamento italiano non trovava applicazione per la Scuola e la Sanità. E oggi gli emendamenti annunciati dal Governo allontanano sempre più l'Italia dall'Europa. Sottoponendo il nostro paese a nuove procedure d'infrazione e a nuove condanne dalla Corte di Giustizia europea". Per Pacifico questo "avverrà inevitabilmente sia perché in questo modo si deroga proprio al principio della stabilizzazione sia perché la sanzione per essere dissuasiva non può essere inferiore allo stipendio". Il presidente dell'Anief invita pertanto il Governo "a riflettere bene sulle condanne alle spese per violazione del diritto comunitario del nuovo testo sul collegato il lavoro" anche perché - conclude - "l'art. 117 della Costituzione ci ricorda come ogni norma nazionale debba essere conforme al diritto comunitario. E continuare ad aggirare certi dettati basilari, alla lunga costerà molto caro ai nostri governanti". (ANSA).

Roma Daily News: Lavoro - Anief-Confedir: assunzioni eluse sono contro la direttiva comunitaria

Nove Colonne: Lavoro: Anief, assunzioni eluse sono contro direttiva comunitaria
(9Colonne) Roma, 2 mag - Le modifiche al testo continuano a non contenere l' obbligo di assunzione dopo 36 mesi di servizio previsto dalla direttiva 1999/70 per i dipendenti pubblici e privati, con i datori di lavoro che dovrebbero ricevere sanzioni tali da dissuadere a continuare ad abusare dei contratti a termine. E' quanto denuncia in una nota Marcello Pacifico (Anief-Confedir), secondo il quale "gli emendamenti presentati oggi dal Governo al decreto legge Poletti sul lavoro sono contro la normativa UE che impone l' assunzione dopo tre anni di servizio anche non continuativo". Anief-Confedir torna a ribadire che "su questo punto la direttiva 1999/70 è chiara: dopo 36 mesi di servizio, senza ragioni oggettive, i lavoratori precari del settore privato come del pubblico impiego devono essere stabilizzati. Mentre i datori di lavoro devono ricevere sanzioni tali da dissuaderlo a continuare a utilizzare i contratti a termine. Perché, invece, si continua a disapplicare questo principio base per tutti i lavoratori dell' Europa unita?".
"Sembrava che tale direttiva fosse stata recepita nel nostro ordinamento nel 2001 con il decreto legislativo - spiega Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - , salvo scoprire nel 2011/12 che per il Parlamento italiano non trovava applicazione per la Scuola e la Sanità. E oggi gli emendamenti annunciati dal Governo allontanano sempre più l' Italia dall' Europa. Sottoponendo il nostro paese a nuove procedure d'infrazione e a nuove condanne dalla Corte di Giustizia europea". "Questo avverrà inevitabilmente - continua il sindacalista Anief-Confedir - , sia perché in questo modo si deroga proprio al principio della stabilizzazione sia perché la sanzione per essere dissuasiva non può essere inferiore allo stipendio". "Anche perché l' articolo 117 della Costituzione ci ricorda come ogni norma nazionale debba essere conforme al diritto comunitario. E continuare ad aggirare certi dettati basilari, alla lunga costerà molto caro ai nostri governanti", conclude Pacifico.

Orizzonte Scuola: Collegato lavoro: le modifiche al testo continuano a non contenere l'obbligo di assunzione dopo 36 mesi di servizio

AgenParl: Lavoro: Anief-Confedir boccia emendamenti del Governo

Online News: Anief-Confedir boccia gli emendamenti del Governo al Collegato Lavoro: assunzioni eluse sono contro la direttiva Ue

Teleborsa: Il Decreto lavoro torna alla Camera per il sì definitivo

 

Primo maggio amaro per 3 milioni di dipendenti pubblici

IMGPress: Primo maggio - sarà amaro per più di 3 milioni di dipendenti pubblici

AgenParl: 1° maggio: Anief, sarà amaro per più di 3 milioni di dipendenti pubblici

Italpress: 1 maggio: Anief "Sarà amaro per più di 3 milioni dipendenti pubblici"

 

Ministro Giannini firma atto indirizzo scatt

ANSA: Scuola: scatti; Anief, ok "scatti" ma restano stipendi fame
(ANSA) - ROMA, 29 APR - "Basta firmare contratti a perdere per il personale della scuola: servono risorse nuove, non aumenti finanziati con risorse tolte da capitoli di spesa dello stesso settore scolastico". Così Marcello Pacifico, presidente Anief, commenta la volontà espressa oggi dal Ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini,di firmare l'atto d'indirizzo che permetterà il recupero degli scatti stipendiali in maniera strutturale. "Già i contratti firmati per il biennio 2006-2009 - spiega il sindacalista - hanno registrato aumenti di un punto percentuale in meno degli altri dipendenti pubblici. E comunque questi aumenti, che potranno essere pagati soltanto attraverso ulteriori risparmi certificati, si applicheranno su stipendi sempre più ridotti all'osso: tanto è vero che la Ragioneria dello Stato li ha collocati 4 punti sotto l'inflazione, salita del 12% negli ultimi sei anni rispetto al 2006". Anief sostiene quindi che gli scatti non bastano a sanare il gap degli stipendi del personale scolastico rispetto al costo della vita: "al di là degli scatti relativi all'atto di indirizzo - continua Pacifico - dovrebbero arrivare arretrati per 3.600 euro lordi in media per 860.000 dipendenti. Senza parlare dello stipendio iniziale pagato ai precari della scuola contro il diritto comunitario, ragion per cui si aprirà presto una causa della Commissione Ue contro l'Italia alla Corte di Giustizia europea". "I sindacati rifiutino di firmare la proletarizzazione della categoria e chiedano al Governo risorse da mettere nel prossima legge di stabilità. E poi guardino ai Paesi Ocde, dove a fine carriera lo stipendio di un insegnante è in media di 600 euro in più al mese, quindi un terzo in più di quello italiano. Che - conclude il sindacalista - rimarrà fermo per altri tre anni". (ANSA).

Orizzonte Scuola: ANIEF. Il Ministro firma l’atto d’indirizzo per recuperare gli scatti, ma il personale rimane con stipendi da fame

Tecnica della Scuola: Il Ministro firma l’atto d’indirizzo per recuperare gli scatti, ma il personale rimane con stipendi da fame

IMGPress: Scuola - Ministro firma l’atto d’indirizzo per recuperare gli scatti, ma il personale rimane con stipendi da fame

Orizzonte Scuola: Scatti di anzianità 2012. Oggi il Ministro firmerà l'atto di indirizzo per avviare le trattative

Italpress: Scuola: Anief "Atto indirizzo per scatti, ma rimangono stipendi da fame"

 

I corsi di recupero li tengono gli studenti più bravi

Tuttoscuola: Gli studenti bravi diventano insegnanti

IMG Press: Scuole a corto di fondi, ora i corsi di recupero li tengono gli studenti più bravi

 latecnicadellascuola.it – 26 aprile 2014
“Aggiornamento GaE, ancora inconvenienti"
░ Stavolta le anomalie riguardano un ‘errore di sistema’ che impedisce l’accesso alle pagine di aggiornamento. Spariti anche gli indirizzi PEC. I sindacati chiedono di tornare ai modelli cartacei: è l’unico modo per prevenire l'insorgere di contenziosi di cui nessuno ha bisogno. Capiscono, al MIUR quale ansia il malfunzionamento stia provocando ai docenti precari che, per parte loro, non mancano di preoccupazioni ?
Continuano a pervenire lamentele riguardo l’aggiornamento telematico delle Graduatorie ad esaurimento. Dopo la richiesta da parte del Miur di inviare di nuovo le domande inoltrate fino al 22 aprile, seguendo una precisa procedura, stavolta diversi utenti ci hanno indicato una grave carenza del sistema di aggiornamento. Digitando username e password, questi docenti precari si sono ritrovati davanti una pagina con al centro solo le seguenti parole: Errore di Sistema - SERVIZIO MOMENTANEAMENTE NON DISPONIBILE. Praticamente, l’utente viene invitato ad attendere. E a riprovare in un secondo momento. Inoltre, è confermato che il software di aggiornamento cancella in modo automatico tutti gli indirizzi PEC, senza dare peraltro la possibilità di inserirli di nuovo…. Da Viale Trastevere farebbero bene a prendere le dovute contromisure. In caso contrario, il ministero dell’Istruzione si esporrebbe a “numerosi contenziosi che, inevitabilmente, il Miur potrà aspettarsi a seguito – concluda la docente precaria - delle ormai solite e note disorganizzazioni, incoerenze e inefficienze… La scelta finale spetta chiaramente al Miur. Ma qualora gli evidenti limiti tecnici dovessero permanere, al Ministero non sembrano avere troppe possibilità.

orizzontescuola.it – 26 aprile 2014
“Si lavora a 28mila immissioni, 14mila con nuovo concorso. Giannini chiude porta idonei concorso 2012. "Graduatorie male cronico"
░ 15000 posti andranno al sostegno e 13000 per il turn over, ha affermato il Ministro durante l'audizione in VII Commissione Cultura.
Ci sarà un nuovo concorso, lo ha detto giovedì il Ministro durante la sua audizione conclusiva alla Camera. "Quello che vorrei fare - ha detto la Giannini - è di aprire il concorso per dare una regolarità a quanto è stato fatto nell'ultimo biennio e di dare assegnazione dei posti al 50% concorso e 50% graduatorie, che non è possibile sopprimere; male cronico che dovremo assorbire in una prospettiva di medio termine." Quindi dei 28mila posti a disposizione, metà andrà alla graduatoria ad esaurimento e metà da nuovo concorso (14mila posti). I calcoli per lo "smaltimento" delle graduatorie sono già stati fatti, sempre in audizione, a fine aprile, quando il Ministro, riferendo dei 170mila iscritti, ha azzardato tempi per il loro esaurimento in 10 anni. Durante l'audizione di giovedì si è parlato anche degli idonei al concorso 2012, su sollecitazione di alcuni parlamentari che hanno chiesto la sorte dei 7mila rimasti in graduatoria. Il Ministro ha affermato, che il nuovo concorso "può essere un'occasione per questo assorbimento. Credo - ha continuato - che sui 14mila posti (si riferisce a quelli che saranno banditi per il nuovo concorso ndr.) ci debba essere una destinazione, almeno la metà, di cosiddetti posti nuovi, freschi, per vittoria di cattedra e non per assorbimento delle graduatorie antiche." Insomma, ci sembra di capire dalle parole del Ministro che coloro che hanno superato le prove del concorso 2012, ma non rientreranno nel numero dei vincitori in relazione ai posti banditi, si troveranno a dover rifare il concorso, non potendo contare in uno scorrimento delle graduatorie oltre il limite dei posti messi a bando.

latecnicadellascuola.it – 27 aprile 2014
“Decreto 66: nuovi obblighi per le scuole"
░ Registro delle fatture e pagamenti entro 60 giorni: ritardi e inadempienze determineranno responsabilità per gli uffici di segreteria. Ma spesso le scuole hanno problemi di cassa provocati dai ritardi Miur.
Due articoli del recente decreto legge n. 66 (“Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale”) pongono a carico delle scuole nuove incombenze e ulteriori obblighi. Si tratta degli articoli 41 e 42 finalizzati entrambi a “prevenire il formarsi di ritardi dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni”. In particolare l’articolo 41 prevede che la relazione al conto consuntivo delle istituzioni scolastiche sia corredata da un prospetto sottoscritto sia dal dirigente scolastico sia dal DSGA “attestante l'importo dei pagamenti relativi a transazioni commerciali effettuati dopo la scadenza dei termini previsti dal decreto legislativo 231/2002, nonché il tempo medio dei pagamenti effettuati”. Va precisato che il decreto citato prevede l’obbligo di liquidare fatture e altri titoli di spesa entro il tempo massimo di 60 giorni, decorsi i quali scatta automaticamente l’obbligo di riconoscere al creditore gli interessi legali, che ovviamente dovranno essere rimborsati dai responsabili del ritardo del pagamento. Per evitare equivoci e malintesi, gli estensori del decreto 66 hanno introdotto anche una ulteriore disposizione: l’articolo 42, infatti, prevede l’istituzione di un registro ufficiale delle fatture (molte scuole hanno già creato strumenti analoghi, ma d’ora in poi non basteranno più elenchi sommari e “casalinghi”) dove, per ogni singolo documento contabile, dovrà essere indicata una discreta quantità di dati. A questo punto, le norme in questione si sommano alle disposizioni che prevedono l’obbligo anche per le scuole della cosiddetta “fatturazione elettronica”…

Il Fatto Quotidiano – 28 aprile 2014
“Scuola, “concorso da 14mila posti”: i dubbi sul destino di docenti idonei e precari"
░ Il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini lo ha annunciato in commissione Cultura. E' una buona notizia per neolaureati e docenti non iscritti nelle graduatorie, ma rimangono diverse incertezze
In arrivo un nuovo concorso della scuola da 14mila posti. Lo ha annunciato nei giorni scorsi nel corso di un’audizione in Commissione Cultura alla Camera il ministro Stefania Giannini. Ed è una buona notizia per tutti quei docenti abilitati che non sono iscritti nelle Graduatorie ad esaurimento (GaE), e per i neolaureati che erano stati esclusi dalla prova del 2012. Per tutti quelli, insomma, che solo attraverso un nuovo concorso possono sperare di poter essere assunti. I tempi, però, non dovrebbero essere brevissimi. Per il momento Giannini ha solo ufficializzato l’intenzione di avviare le procedure per l’indizione. Possibile, dunque, che il bando possa uscire a fine 2014, in modo da svolgere gli esami nel corso del prossimo anno. Una ipotesi già anticipata in via informale dai dirigenti del Ministero a ilfattoquotidiano.it a gennaio. Il ministro ha spiegato in Commissione che, dopo le recenti consultazioni sul sistema di reclutamento, il passo successivo sarà quello di dare “una risposta concreta alle assunzioni”. E per far questo, almeno per ora, ha scelto di operare nello stesso solco dei suoi predecessori: “Bisogna dare regolarità”, ha spiegato, al sistema messo appunto dall’ex ministro Francesco Profumo, che prevede un doppio canale di reclutamento: il 50% per concorso e il 50% attraverso le liste delle vecchie graduatorie. Da Giannini sono arrivate anche delle prime indicazioni numeriche sul bando, che dovrebbe mettere in palio circa 14mila posti. L’ultimo, quello del 2012, era stato leggermente inferiore (11mila cattedre). Mentre per il prossimo anno il Miur dovrebbe autorizzare circa 28mila assunzioni, 15mila sul sostegno, e 13mila dal turnover. Una stima in linea col piano da 69mila posti in tre anni previsto dall’ultimo Dl scuola. Sui termini del prossimo Concorsone restano però anche tanti dubbi. Il fatto, ad esempio, che la prova del 2012 sia ancora lontana dall’essere esaurita: ad agosto 2013 alcune graduatorie non erano ancora pronte e questo ha determinato in diverse regioni (soprattutto in Lazio, Toscana e Sicilia) lo slittamento delle assunzioni. Fino a quando gli 11mila posti del concorso 2012 non saranno tutti assegnati sarà impossibile procedere col nuovo bando. E poi c’è la questione degli idonei dell’ultima prova, i candidati che hanno superato il punteggio minimo richiesto ma non sono risultati vincitori: rispondendo ad un’interrogazione del Movimento 5 Stelle, il ministro ha affermato che il prossimo concorso potrebbe essere “un’occasione per il loro assorbimento”. Ma questo ridurrebbe notevolmente i posti a disposizione dei candidati. Tanti docenti precari di tutta Italia aspettano comunque ulteriori notizie da viale Trastevere. Di certo c’è che la promessa fatta dall’ex ministro Profumo di bandire concorsi a cadenza regolare di due anni è già stata disattesa: salvo sorprese, le nuove assunzioni non arriveranno prima del 2015. Ma rispetto al passato – quando c’erano voluti addirittura 13 anni per bandire un nuovo concorso dopo l’ultimo del 1999 – sarebbe comunque un grande passo avanti.

ItaliaOggi – 29 aprile 2014
“Il Scatti, la trattativa è ai blocchi”
░ Prossima la soluzione per il riconoscimento degli “scatti” di carriera al personale della Scuola. Si risolve un problema aprendone un altro: Il provvedimento costerà 350 milioni che vengono presi dal Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa. La negoziazione si farà all'Aran.
Sindacati ai blocchi di partenza in vista dell'apertura delle trattative all'Aran, per la reintegrazione dell'utilità del 2012 ai fini dei gradoni. É prevista entro questa settimana la firma dell'atto di indirizzo da inviare all'Aran che darà il via alla tornata negoziale salvascatti…. Sembra volgere al termine, dunque, l'annosa querelle sul recupero dell'utilità del 2012 ai fini dei gradoni…. Un recupero che comporterà la restituzione, ai docenti e al personale Ata, del diritto di avvalersi anche dell'anno 2012 ai fini della maturazione degli scatti di anzianità. Che vale mediamente 1000 euro. A tanto ammonta, infatti, la perdita dell'utilità di un anno nella maturazione della progressione di carriera. Che secondo il contratto, dovrebbe essere articolate in 5 scatti, i cui termini dovrebbero scadere, rispettivamente, in coincidenza della maturazione dell'8°, del 15esimo, del 21esimo, del 28esimo e del 35esimo anno di servizio. E che adesso invece è spostato di due anni in avanti. Perché ai 3 anni di ritardo disposti dal governo Berlusconi (due dei quali sono stati già recuperati) si è aggiunto un ulteriore anno di ritardo disposto dal governo Letta. Il recupero dell'utilità del 2012 non determinerà il ripristino dei termini di maturazione dei gradoni previsti dal contratto. Il decreto del presidente della repubblica 122/2013 all'articolo 1, comma 1, lettera b), dispone, infatti, la cancellazione dell'utilità del 2013 ai fini dei gradoni, prorogando di un anno le disposizioni contenute nell'articolo 9, comma 23, del decreto legge 78/2010 (la norma che ha cancellato l'utilità del 2010 del 2011 e del 2012 ai fini dei gradoni). E quindi, dopo il recupero del 2012 rimarrà comunque un ritardo di un anno derivante dalla cancellazione dell'utilità del 2013.


www.gov.it/governoinforma – 30 aprile 2014
“Vogliamo fare sul serio".
░ Nell’ultimo mezzo secolo il timone è stato nelle mani di politici maturi e perfino attempati che hanno trascorso quasi tutta la vita nelle stanze del potere. Tocca ora – ma per periodi più brevi, speriamo - ai Serracchiani, Mosca, Di Maio, Taverna, Buccarella. Per esperienza che abbiamo dei giovani, siamo fiduciosi. In abstract, il comunicato, a firma Matteo Renzi e Marianna Madia, sulla riforma della Pubblica Amministrazione; scrivono: Sarà per noi importante leggere le proposte vostre, considerazioni i suggerimenti. Scrivete a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. la consultazione sarà aperta dal 30 aprile al 30 maggio. Evidenziando in neretto alcuni punti, segnaliamo che su questi il cittadino farà fatica a pronunciarsi, perché non sono formulati in modo esplicito o esauriente.
L'Italia ha potenzialità incredibili. Se finalmente riusciamo a mettere in ordine le regole del gioco (dalla politica alla burocrazia, dal fisco alla giustizia) torniamo rapidamente fra i Paesi leader del mondo. Il tempo della globalizzazione ci lascia inquieti ma è in realtà una gigantesca opportunità per l'Italia e per il suo futuro. Non possiamo perdere questa occasione. … Vogliamo ricostruire un'Italia più semplice e più giusta. Dove ci siano meno politici e più occupazione giovanile…. Fare sul serio richiede dunque un investimento straordinario sulla Pubblica Amministrazione. … Abbiamo maturato alcune idee concrete. Prima di portarle in Parlamento le offriamo per un mese alla discussione dei soggetti sociali protagonisti e di chiunque avrà suggerimenti, critiche, proposte e alternative. …Le nostre linee guida sono tre. 1. Il cambiamento comincia dalle persone. Abbiamo bisogno di innovazioni strutturali: programmazione strategica dei fabbisogni; ricambio generazionale, maggiore mobilità, mercato del lavoro della dirigenza, misurazione reale dei risultati, conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, asili nido nelle amministrazioni. 2. Tagli agli sprechi e riorganizzazione dell’Amministrazione. … Dobbiamo cancellare i doppioni, abolendo enti che non servono più … O che sono semplicemente non più efficienti come nel passato. 3. Gli Open Data come strumento di trasparenza. Semplificazione e digitalizzazione dei servizi. Possiamo utilizzare le nuove tecnologie per rendere pubblici e comprensibili i dati di spesa e di processo di tutte le amministrazioni centrali e territoriali, ma anche semplificare la vita del cittadini… Ciascuna di queste tre linee guida richiede provvedimenti concreti. Ne indichiamo alcuni su cui il Governo ascolterà la voce diretta dei protagonisti…
1) abrogazione dell’istituto del trattenimento in servizio; sono oltre 10.000 posti in più per giovani nella p.a., a costo zero. 2) modifica dell'istituto della mobilità volontaria e obbligatoria. 3) introduzione dell’esonero dal servizio. 4) agevolazione del part-time. 5) applicazione rigorosa delle norme sui limiti ai compensi che un singolo può percepire dalla pubblica amministrazione, compreso il cumulo con il reddito da pensione. 6) possibilità di affidare mansioni assimilabili quale alternativa opzionale per il lavoratore in esubero. 7) semplificazione e maggiore flessibilità delle regole sul turn over fermo restando il vincolo sulle risorse per tutte le amministrazioni. 8) riduzione del 50% del monte ore dei permessi sindacali nel pubblico impiego. 9) introduzione del ruolo unico della dirigenza. 10) abolizione delle fasce per la dirigenza, carriera basata su incarichi a termine
11) possibilità di licenziamento per il dirigente che rimane privo di incarico, oltre un termine. 12) valutazione dei risultati fatta seriamente e retribuzione di risultato erogata anche in funzione dell’andamento dell’economia. 13) abolizione della figura del segretario comunale. 14) rendere più rigoroso il sistema di incompatibilità dei magistrati amministrativi. 15) conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, asili nido nelle amministrazioni. 16) riorganizzazione strategica della ricerca pubblica, aggregando gli oltre 20 enti che svolgono funzioni simili, per dare vita a centri di eccellenza. 17) gestione associata dei servizi di supporto per le amministrazioni centrali e locali (ufficio per il personale, per la contabilità, per gli acquisti, ecc.) 18) riorganizzazione del sistema delle autorità indipendenti. 19) soppressione della Commissione di vigilanza sui fondi pensione e attribuzione delle funzioni alla Banca d'Italia. 20) centrale unica per gli acquisti per tutte le forze di polizia. 21) abolizione del concerto e dei pareri tra ministeri, un solo rappresentante dello Stato nelle conferenze di servizi, con tempi certi. 22) leggi auto-applicative; decreti attuativi, da emanare entro tempi certi, solo se strettamente necessari. 23) controllo della Ragioneria generale dello Stato solo sui profili di spesa. 24) divieto di sospendere il procedimento amministrativo e di chiedere pareri facoltativi salvo casi gravi, sanzioni per i funzionari che lo violano. 25) censimento di tutti gli enti pubblici. 26) una sola scuola nazionale dell’Amministrazione. 27) accorpamento di Aci, Pra e Motorizzazione civile. 28) riorganizzazione della presenza dello Stato sul territorio (es. ragionerie provinciali e sedi regionali Istat) e riduzione delle Prefetture a non più di 40 (nei capoluoghi di regione e nelle zone più strategiche per la criminalità organizzata). 29) eliminazione dell'obbligo di iscrizione alle camere di commercio. 30) accorpamento delle sovrintendenze e gestione manageriale dei poli museali. 31) razionalizzazione delle autorità portuali. 32) modifica del codice degli appalti pubblici. 33) inasprimento delle sanzioni, nelle controversie amministrative, a carico dei ricorrenti e degli avvocati per le liti temerarie. 34) modifica alla disciplina della sospensione cautelare nel processo amministrativo, udienza di merito entro 30 giorni in caso di sospensione cautelare negli appalti pubblici, condanna automatica alle spese nel giudizio cautelare se il ricorso non è accolto. 35) riforma delle funzioni e degli onorari dell’Avvocatura generale dello Stato. 36) riduzione delle aziende municipalizzate. 37) introduzione del Pin del cittadino: dobbiamo garantire a tutti l’accesso a qualsiasi servizio pubblico attraverso un'unica identità digitale. 38) trasparenza nell’uso delle risorse pubbliche: il sistema Siope diventa “open data”. 39) unificazione e standardizzazione della modulistica in materia di edilizia ed ambiente. 40) concreta attuazione del sistema della fatturazione elettronica per tutte le amministrazioni. 41) unificazione e interoperabilità delle banche dati (es. società partecipate). 42) dematerializzazione dei documenti amministrativi e loro pubblicazione in formato aperto. 43) accelerazione della riforma fiscale e delle relative misure di semplificazione. 44) obbligo di trasparenza da parte dei sindacati: ogni spesa online.

corrieredellasera.it – 1 maggio 2014
“Test Invalsi e Sistema di valutazione, Ajello: «Così miglioreremo la scuola»"
░ Direttore nuovo, direzione vecchia. La Presidente non ha capito che la resistenza dei docenti non si vince con una sua lettera; per dare legittimità alla prova INVALSI di Terza media, occorre togliere dalla Costituzione l’autonomia professionale degli insegnanti e dalla normativa l’autonomia docimologica dei consigli di classe e del collegio docenti.
Ancora pochi giorni e sarà tempo di Invalsi. Una stagione di prove per migliaia di studenti, che dovranno affrontare quiz, brani e problemi che proveranno la loro preparazione in matematica, lettura e italiano. Una routine, ormai, che nonostante molte voci contrarie si è affermata come il principale strumento di valutazione degli apprendimenti e delle competenze dei ragazzi. L’edizione 2014 dei test non presenta novità rispetto all’anno scorso, nonostante l’arrivo, ai vertici dell’ente di ricerca che prepara e somministra le prove, di un nuovo presidente, Annamaria Ajello, docente dal profilo internazionale e con una pluriennale competenza sui temi dell’apprendimento e della valutazione. «I test sono predisposti con due anni di anticipo - spiega la docente -, io sono qui da poco più di due mesi. Quello che ho fatto è stato riunire gli esperti, i professori di matematica, chi fa ricerca sulla didattica, per ragionare insieme a loro su come condividere una cultura comune della materia e migliorare le competenze dei ragazzi italiani sul piano scientifico. Ci lavoreremo, ma i frutti di questo lavoro si potranno vedere più avanti». Intanto si parte (il 6 maggio con le prove di lettura per i bambini di seconda elementare e di italiano per quelli di quinta; il 7 domande di matematica per le primarie, il 13 tocca alla seconda media), mentre sui test si addensano nubi minacciose: proteste e scioperi, contestazioni di studenti per la «scuola-quiz», timori degli insegnanti che la valutazione verta sul loro operato, più che sulle conoscenze acquisite dai ragazzi. «Pregiudizi che vanno combattuti - dice Ajello -. Deve passare l’idea che la valutazione è un percorso di formazione che permette alla scuola di migliorare, non un controllo burocratico. Se non si capisce la reale finalità di queste prove, si rischia di attribuire loro una funzione punitiva, e si portano le persone a barare». «I dati che raccogliamo servono a inserire la singola scuola in un contesto, a far sì che si confronti con le altre - spiega -. È un po’ come dal medico: se si bara sulle proprie misure la diagnosi non sarà affidabile. Questi test rispondono a un criterio informativo, servono a individuare punti di forza e di debolezza in alcuni ambiti: non sono valutazioni esaustive di tutta la didattica». Come convincere i prof della bontà dello strumento? «Stiamo preparando una lettera aperta, rivolta ai docenti, che pubblicheremo la prossima settimana sul sito Invalsi per chiarire che la valutazione non è “della” scuola, ma per la scuola e che non facciamo che garantire un servizio», dice Ajello. «Quando sono informati sul livello di preparazione dei propri allievi e i punti di criticità, gli operatori della singola scuola potranno progettare interventi didattici mirati». Da settembre dovrebbe poi partire il Sistema nazionale di valutazione: il «treppiede» che vedrà in campo Invalsi (attivo dal 2007 e coordinato dal Miur), Indire (l’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa) e ispettori scolastici che dialogheranno con i professori e negozieranno - sulla base di un’autovalutazione fatta in precedenza da insegnanti e dirigenti - che cosa potrebbe funzionare meglio e che cosa va cambiato. «Non si tratta di un test, in questo caso - spiega la presidente Invalsi - ma di una novità teorica e metodologica: sarà una valutazione complessiva, non soltanto degli apprendimenti, ma delle scuole»…..

 latecnicadellascuola.it – 26 aprile 2014
“Aggiornamento GaE, ancora inconvenienti"
░ Stavolta le anomalie riguardano un ‘errore di sistema’ che impedisce l’accesso alle pagine di aggiornamento. Spariti anche gli indirizzi PEC. I sindacati chiedono di tornare ai modelli cartacei: è l’unico modo per prevenire l'insorgere di contenziosi di cui nessuno ha bisogno. Capiscono, al MIUR quale ansia il malfunzionamento stia provocando ai docenti precari che, per parte loro, non mancano di preoccupazioni ?
Continuano a pervenire lamentele riguardo l’aggiornamento telematico delle Graduatorie ad esaurimento. Dopo la richiesta da parte del Miur di inviare di nuovo le domande inoltrate fino al 22 aprile, seguendo una precisa procedura, stavolta diversi utenti ci hanno indicato una grave carenza del sistema di aggiornamento. Digitando username e password, questi docenti precari si sono ritrovati davanti una pagina con al centro solo le seguenti parole: Errore di Sistema - SERVIZIO MOMENTANEAMENTE NON DISPONIBILE. Praticamente, l’utente viene invitato ad attendere. E a riprovare in un secondo momento. Inoltre, è confermato che il software di aggiornamento cancella in modo automatico tutti gli indirizzi PEC, senza dare peraltro la possibilità di inserirli di nuovo…. Da Viale Trastevere farebbero bene a prendere le dovute contromisure. In caso contrario, il ministero dell’Istruzione si esporrebbe a “numerosi contenziosi che, inevitabilmente, il Miur potrà aspettarsi a seguito – concluda la docente precaria - delle ormai solite e note disorganizzazioni, incoerenze e inefficienze… La scelta finale spetta chiaramente al Miur. Ma qualora gli evidenti limiti tecnici dovessero permanere, al Ministero non sembrano avere troppe possibilità.

orizzontescuola.it – 26 aprile 2014
“Si lavora a 28mila immissioni, 14mila con nuovo concorso. Giannini chiude porta idonei concorso 2012. "Graduatorie male cronico"
░ 15000 posti andranno al sostegno e 13000 per il turn over, ha affermato il Ministro durante l'audizione in VII Commissione Cultura.
Ci sarà un nuovo concorso, lo ha detto giovedì il Ministro durante la sua audizione conclusiva alla Camera. "Quello che vorrei fare - ha detto la Giannini - è di aprire il concorso per dare una regolarità a quanto è stato fatto nell'ultimo biennio e di dare assegnazione dei posti al 50% concorso e 50% graduatorie, che non è possibile sopprimere; male cronico che dovremo assorbire in una prospettiva di medio termine." Quindi dei 28mila posti a disposizione, metà andrà alla graduatoria ad esaurimento e metà da nuovo concorso (14mila posti). I calcoli per lo "smaltimento" delle graduatorie sono già stati fatti, sempre in audizione, a fine aprile, quando il Ministro, riferendo dei 170mila iscritti, ha azzardato tempi per il loro esaurimento in 10 anni. Durante l'audizione di giovedì si è parlato anche degli idonei al concorso 2012, su sollecitazione di alcuni parlamentari che hanno chiesto la sorte dei 7mila rimasti in graduatoria. Il Ministro ha affermato, che il nuovo concorso "può essere un'occasione per questo assorbimento. Credo - ha continuato - che sui 14mila posti (si riferisce a quelli che saranno banditi per il nuovo concorso ndr.) ci debba essere una destinazione, almeno la metà, di cosiddetti posti nuovi, freschi, per vittoria di cattedra e non per assorbimento delle graduatorie antiche." Insomma, ci sembra di capire dalle parole del Ministro che coloro che hanno superato le prove del concorso 2012, ma non rientreranno nel numero dei vincitori in relazione ai posti banditi, si troveranno a dover rifare il concorso, non potendo contare in uno scorrimento delle graduatorie oltre il limite dei posti messi a bando.

latecnicadellascuola.it – 27 aprile 2014
“Decreto 66: nuovi obblighi per le scuole"
░ Registro delle fatture e pagamenti entro 60 giorni: ritardi e inadempienze determineranno responsabilità per gli uffici di segreteria. Ma spesso le scuole hanno problemi di cassa provocati dai ritardi Miur.
Due articoli del recente decreto legge n. 66 (“Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale”) pongono a carico delle scuole nuove incombenze e ulteriori obblighi. Si tratta degli articoli 41 e 42 finalizzati entrambi a “prevenire il formarsi di ritardi dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni”. In particolare l’articolo 41 prevede che la relazione al conto consuntivo delle istituzioni scolastiche sia corredata da un prospetto sottoscritto sia dal dirigente scolastico sia dal DSGA “attestante l'importo dei pagamenti relativi a transazioni commerciali effettuati dopo la scadenza dei termini previsti dal decreto legislativo 231/2002, nonché il tempo medio dei pagamenti effettuati”. Va precisato che il decreto citato prevede l’obbligo di liquidare fatture e altri titoli di spesa entro il tempo massimo di 60 giorni, decorsi i quali scatta automaticamente l’obbligo di riconoscere al creditore gli interessi legali, che ovviamente dovranno essere rimborsati dai responsabili del ritardo del pagamento. Per evitare equivoci e malintesi, gli estensori del decreto 66 hanno introdotto anche una ulteriore disposizione: l’articolo 42, infatti, prevede l’istituzione di un registro ufficiale delle fatture (molte scuole hanno già creato strumenti analoghi, ma d’ora in poi non basteranno più elenchi sommari e “casalinghi”) dove, per ogni singolo documento contabile, dovrà essere indicata una discreta quantità di dati. A questo punto, le norme in questione si sommano alle disposizioni che prevedono l’obbligo anche per le scuole della cosiddetta “fatturazione elettronica”…

Il Fatto Quotidiano – 28 aprile 2014
“Scuola, “concorso da 14mila posti”: i dubbi sul destino di docenti idonei e precari"
░ Il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini lo ha annunciato in commissione Cultura. E' una buona notizia per neolaureati e docenti non iscritti nelle graduatorie, ma rimangono diverse incertezze
In arrivo un nuovo concorso della scuola da 14mila posti. Lo ha annunciato nei giorni scorsi nel corso di un’audizione in Commissione Cultura alla Camera il ministro Stefania Giannini. Ed è una buona notizia per tutti quei docenti abilitati che non sono iscritti nelle Graduatorie ad esaurimento (GaE), e per i neolaureati che erano stati esclusi dalla prova del 2012. Per tutti quelli, insomma, che solo attraverso un nuovo concorso possono sperare di poter essere assunti. I tempi, però, non dovrebbero essere brevissimi. Per il momento Giannini ha solo ufficializzato l’intenzione di avviare le procedure per l’indizione. Possibile, dunque, che il bando possa uscire a fine 2014, in modo da svolgere gli esami nel corso del prossimo anno. Una ipotesi già anticipata in via informale dai dirigenti del Ministero a ilfattoquotidiano.it a gennaio. Il ministro ha spiegato in Commissione che, dopo le recenti consultazioni sul sistema di reclutamento, il passo successivo sarà quello di dare “una risposta concreta alle assunzioni”. E per far questo, almeno per ora, ha scelto di operare nello stesso solco dei suoi predecessori: “Bisogna dare regolarità”, ha spiegato, al sistema messo appunto dall’ex ministro Francesco Profumo, che prevede un doppio canale di reclutamento: il 50% per concorso e il 50% attraverso le liste delle vecchie graduatorie. Da Giannini sono arrivate anche delle prime indicazioni numeriche sul bando, che dovrebbe mettere in palio circa 14mila posti. L’ultimo, quello del 2012, era stato leggermente inferiore (11mila cattedre). Mentre per il prossimo anno il Miur dovrebbe autorizzare circa 28mila assunzioni, 15mila sul sostegno, e 13mila dal turnover. Una stima in linea col piano da 69mila posti in tre anni previsto dall’ultimo Dl scuola. Sui termini del prossimo Concorsone restano però anche tanti dubbi. Il fatto, ad esempio, che la prova del 2012 sia ancora lontana dall’essere esaurita: ad agosto 2013 alcune graduatorie non erano ancora pronte e questo ha determinato in diverse regioni (soprattutto in Lazio, Toscana e Sicilia) lo slittamento delle assunzioni. Fino a quando gli 11mila posti del concorso 2012 non saranno tutti assegnati sarà impossibile procedere col nuovo bando. E poi c’è la questione degli idonei dell’ultima prova, i candidati che hanno superato il punteggio minimo richiesto ma non sono risultati vincitori: rispondendo ad un’interrogazione del Movimento 5 Stelle, il ministro ha affermato che il prossimo concorso potrebbe essere “un’occasione per il loro assorbimento”. Ma questo ridurrebbe notevolmente i posti a disposizione dei candidati. Tanti docenti precari di tutta Italia aspettano comunque ulteriori notizie da viale Trastevere. Di certo c’è che la promessa fatta dall’ex ministro Profumo di bandire concorsi a cadenza regolare di due anni è già stata disattesa: salvo sorprese, le nuove assunzioni non arriveranno prima del 2015. Ma rispetto al passato – quando c’erano voluti addirittura 13 anni per bandire un nuovo concorso dopo l’ultimo del 1999 – sarebbe comunque un grande passo avanti.

ItaliaOggi – 29 aprile 2014
“Il Scatti, la trattativa è ai blocchi”
░ Prossima la soluzione per il riconoscimento degli “scatti” di carriera al personale della Scuola. Si risolve un problema aprendone un altro: Il provvedimento costerà 350 milioni che vengono presi dal Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa. La negoziazione si farà all'Aran.
Sindacati ai blocchi di partenza in vista dell'apertura delle trattative all'Aran, per la reintegrazione dell'utilità del 2012 ai fini dei gradoni. É prevista entro questa settimana la firma dell'atto di indirizzo da inviare all'Aran che darà il via alla tornata negoziale salvascatti…. Sembra volgere al termine, dunque, l'annosa querelle sul recupero dell'utilità del 2012 ai fini dei gradoni…. Un recupero che comporterà la restituzione, ai docenti e al personale Ata, del diritto di avvalersi anche dell'anno 2012 ai fini della maturazione degli scatti di anzianità. Che vale mediamente 1000 euro. A tanto ammonta, infatti, la perdita dell'utilità di un anno nella maturazione della progressione di carriera. Che secondo il contratto, dovrebbe essere articolate in 5 scatti, i cui termini dovrebbero scadere, rispettivamente, in coincidenza della maturazione dell'8°, del 15esimo, del 21esimo, del 28esimo e del 35esimo anno di servizio. E che adesso invece è spostato di due anni in avanti. Perché ai 3 anni di ritardo disposti dal governo Berlusconi (due dei quali sono stati già recuperati) si è aggiunto un ulteriore anno di ritardo disposto dal governo Letta. Il recupero dell'utilità del 2012 non determinerà il ripristino dei termini di maturazione dei gradoni previsti dal contratto. Il decreto del presidente della repubblica 122/2013 all'articolo 1, comma 1, lettera b), dispone, infatti, la cancellazione dell'utilità del 2013 ai fini dei gradoni, prorogando di un anno le disposizioni contenute nell'articolo 9, comma 23, del decreto legge 78/2010 (la norma che ha cancellato l'utilità del 2010 del 2011 e del 2012 ai fini dei gradoni). E quindi, dopo il recupero del 2012 rimarrà comunque un ritardo di un anno derivante dalla cancellazione dell'utilità del 2013.


www.gov.it/governoinforma – 30 aprile 2014
“Vogliamo fare sul serio".
░ Nell’ultimo mezzo secolo il timone è stato nelle mani di politici maturi e perfino attempati che hanno trascorso quasi tutta la vita nelle stanze del potere. Tocca ora – ma per periodi più brevi, speriamo - ai Serracchiani, Mosca, Di Maio, Taverna, Buccarella. Per esperienza che abbiamo dei giovani, siamo fiduciosi. In abstract, il comunicato, a firma Matteo Renzi e Marianna Madia, sulla riforma della Pubblica Amministrazione; scrivono: Sarà per noi importante leggere le proposte vostre, considerazioni i suggerimenti. Scrivete a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. la consultazione sarà aperta dal 30 aprile al 30 maggio. Evidenziando in neretto alcuni punti, segnaliamo che su questi il cittadino farà fatica a pronunciarsi, perché non sono formulati in modo esplicito o esauriente.
L'Italia ha potenzialità incredibili. Se finalmente riusciamo a mettere in ordine le regole del gioco (dalla politica alla burocrazia, dal fisco alla giustizia) torniamo rapidamente fra i Paesi leader del mondo. Il tempo della globalizzazione ci lascia inquieti ma è in realtà una gigantesca opportunità per l'Italia e per il suo futuro. Non possiamo perdere questa occasione. … Vogliamo ricostruire un'Italia più semplice e più giusta. Dove ci siano meno politici e più occupazione giovanile…. Fare sul serio richiede dunque un investimento straordinario sulla Pubblica Amministrazione. … Abbiamo maturato alcune idee concrete. Prima di portarle in Parlamento le offriamo per un mese alla discussione dei soggetti sociali protagonisti e di chiunque avrà suggerimenti, critiche, proposte e alternative. …Le nostre linee guida sono tre. 1. Il cambiamento comincia dalle persone. Abbiamo bisogno di innovazioni strutturali: programmazione strategica dei fabbisogni; ricambio generazionale, maggiore mobilità, mercato del lavoro della dirigenza, misurazione reale dei risultati, conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, asili nido nelle amministrazioni. 2. Tagli agli sprechi e riorganizzazione dell’Amministrazione. … Dobbiamo cancellare i doppioni, abolendo enti che non servono più … O che sono semplicemente non più efficienti come nel passato. 3. Gli Open Data come strumento di trasparenza. Semplificazione e digitalizzazione dei servizi. Possiamo utilizzare le nuove tecnologie per rendere pubblici e comprensibili i dati di spesa e di processo di tutte le amministrazioni centrali e territoriali, ma anche semplificare la vita del cittadini… Ciascuna di queste tre linee guida richiede provvedimenti concreti. Ne indichiamo alcuni su cui il Governo ascolterà la voce diretta dei protagonisti…
1) abrogazione dell’istituto del trattenimento in servizio; sono oltre 10.000 posti in più per giovani nella p.a., a costo zero. 2) modifica dell'istituto della mobilità volontaria e obbligatoria. 3) introduzione dell’esonero dal servizio. 4) agevolazione del part-time. 5) applicazione rigorosa delle norme sui limiti ai compensi che un singolo può percepire dalla pubblica amministrazione, compreso il cumulo con il reddito da pensione. 6) possibilità di affidare mansioni assimilabili quale alternativa opzionale per il lavoratore in esubero. 7) semplificazione e maggiore flessibilità delle regole sul turn over fermo restando il vincolo sulle risorse per tutte le amministrazioni. 8) riduzione del 50% del monte ore dei permessi sindacali nel pubblico impiego. 9) introduzione del ruolo unico della dirigenza. 10) abolizione delle fasce per la dirigenza, carriera basata su incarichi a termine
11) possibilità di licenziamento per il dirigente che rimane privo di incarico, oltre un termine. 12) valutazione dei risultati fatta seriamente e retribuzione di risultato erogata anche in funzione dell’andamento dell’economia. 13) abolizione della figura del segretario comunale. 14) rendere più rigoroso il sistema di incompatibilità dei magistrati amministrativi. 15) conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, asili nido nelle amministrazioni. 16) riorganizzazione strategica della ricerca pubblica, aggregando gli oltre 20 enti che svolgono funzioni simili, per dare vita a centri di eccellenza. 17) gestione associata dei servizi di supporto per le amministrazioni centrali e locali (ufficio per il personale, per la contabilità, per gli acquisti, ecc.) 18) riorganizzazione del sistema delle autorità indipendenti. 19) soppressione della Commissione di vigilanza sui fondi pensione e attribuzione delle funzioni alla Banca d'Italia. 20) centrale unica per gli acquisti per tutte le forze di polizia. 21) abolizione del concerto e dei pareri tra ministeri, un solo rappresentante dello Stato nelle conferenze di servizi, con tempi certi. 22) leggi auto-applicative; decreti attuativi, da emanare entro tempi certi, solo se strettamente necessari. 23) controllo della Ragioneria generale dello Stato solo sui profili di spesa. 24) divieto di sospendere il procedimento amministrativo e di chiedere pareri facoltativi salvo casi gravi, sanzioni per i funzionari che lo violano. 25) censimento di tutti gli enti pubblici. 26) una sola scuola nazionale dell’Amministrazione. 27) accorpamento di Aci, Pra e Motorizzazione civile. 28) riorganizzazione della presenza dello Stato sul territorio (es. ragionerie provinciali e sedi regionali Istat) e riduzione delle Prefetture a non più di 40 (nei capoluoghi di regione e nelle zone più strategiche per la criminalità organizzata). 29) eliminazione dell'obbligo di iscrizione alle camere di commercio. 30) accorpamento delle sovrintendenze e gestione manageriale dei poli museali. 31) razionalizzazione delle autorità portuali. 32) modifica del codice degli appalti pubblici. 33) inasprimento delle sanzioni, nelle controversie amministrative, a carico dei ricorrenti e degli avvocati per le liti temerarie. 34) modifica alla disciplina della sospensione cautelare nel processo amministrativo, udienza di merito entro 30 giorni in caso di sospensione cautelare negli appalti pubblici, condanna automatica alle spese nel giudizio cautelare se il ricorso non è accolto. 35) riforma delle funzioni e degli onorari dell’Avvocatura generale dello Stato. 36) riduzione delle aziende municipalizzate. 37) introduzione del Pin del cittadino: dobbiamo garantire a tutti l’accesso a qualsiasi servizio pubblico attraverso un'unica identità digitale. 38) trasparenza nell’uso delle risorse pubbliche: il sistema Siope diventa “open data”. 39) unificazione e standardizzazione della modulistica in materia di edilizia ed ambiente. 40) concreta attuazione del sistema della fatturazione elettronica per tutte le amministrazioni. 41) unificazione e interoperabilità delle banche dati (es. società partecipate). 42) dematerializzazione dei documenti amministrativi e loro pubblicazione in formato aperto. 43) accelerazione della riforma fiscale e delle relative misure di semplificazione. 44) obbligo di trasparenza da parte dei sindacati: ogni spesa online.

corrieredellasera.it – 1 maggio 2014
“Test Invalsi e Sistema di valutazione, Ajello: «Così miglioreremo la scuola»"
░ Direttore nuovo, direzione vecchia. La Presidente non ha capito che la resistenza dei docenti non si vince con una sua lettera; per dare legittimità alla prova INVALSI di Terza media, occorre togliere dalla Costituzione l’autonomia professionale degli insegnanti e dalla normativa l’autonomia docimologica dei consigli di classe e del collegio docenti.
Ancora pochi giorni e sarà tempo di Invalsi. Una stagione di prove per migliaia di studenti, che dovranno affrontare quiz, brani e problemi che proveranno la loro preparazione in matematica, lettura e italiano. Una routine, ormai, che nonostante molte voci contrarie si è affermata come il principale strumento di valutazione degli apprendimenti e delle competenze dei ragazzi. L’edizione 2014 dei test non presenta novità rispetto all’anno scorso, nonostante l’arrivo, ai vertici dell’ente di ricerca che prepara e somministra le prove, di un nuovo presidente, Annamaria Ajello, docente dal profilo internazionale e con una pluriennale competenza sui temi dell’apprendimento e della valutazione. «I test sono predisposti con due anni di anticipo - spiega la docente -, io sono qui da poco più di due mesi. Quello che ho fatto è stato riunire gli esperti, i professori di matematica, chi fa ricerca sulla didattica, per ragionare insieme a loro su come condividere una cultura comune della materia e migliorare le competenze dei ragazzi italiani sul piano scientifico. Ci lavoreremo, ma i frutti di questo lavoro si potranno vedere più avanti». Intanto si parte (il 6 maggio con le prove di lettura per i bambini di seconda elementare e di italiano per quelli di quinta; il 7 domande di matematica per le primarie, il 13 tocca alla seconda media), mentre sui test si addensano nubi minacciose: proteste e scioperi, contestazioni di studenti per la «scuola-quiz», timori degli insegnanti che la valutazione verta sul loro operato, più che sulle conoscenze acquisite dai ragazzi. «Pregiudizi che vanno combattuti - dice Ajello -. Deve passare l’idea che la valutazione è un percorso di formazione che permette alla scuola di migliorare, non un controllo burocratico. Se non si capisce la reale finalità di queste prove, si rischia di attribuire loro una funzione punitiva, e si portano le persone a barare». «I dati che raccogliamo servono a inserire la singola scuola in un contesto, a far sì che si confronti con le altre - spiega -. È un po’ come dal medico: se si bara sulle proprie misure la diagnosi non sarà affidabile. Questi test rispondono a un criterio informativo, servono a individuare punti di forza e di debolezza in alcuni ambiti: non sono valutazioni esaustive di tutta la didattica». Come convincere i prof della bontà dello strumento? «Stiamo preparando una lettera aperta, rivolta ai docenti, che pubblicheremo la prossima settimana sul sito Invalsi per chiarire che la valutazione non è “della” scuola, ma per la scuola e che non facciamo che garantire un servizio», dice Ajello. «Quando sono informati sul livello di preparazione dei propri allievi e i punti di criticità, gli operatori della singola scuola potranno progettare interventi didattici mirati». Da settembre dovrebbe poi partire il Sistema nazionale di valutazione: il «treppiede» che vedrà in campo Invalsi (attivo dal 2007 e coordinato dal Miur), Indire (l’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa) e ispettori scolastici che dialogheranno con i professori e negozieranno - sulla base di un’autovalutazione fatta in precedenza da insegnanti e dirigenti - che cosa potrebbe funzionare meglio e che cosa va cambiato. «Non si tratta di un test, in questo caso - spiega la presidente Invalsi - ma di una novità teorica e metodologica: sarà una valutazione complessiva, non soltanto degli apprendimenti, ma delle scuole»…..

Pubblichiamo alcuni articoli sulla conferma nel DEF del blocco degli stipendi del personale insegnante e Ata fino al 2018.

TMNews: Scuola,Anief:In Def blocco stipendi insegnanti e Ata fino a 2018
Si tradurrà in quasi 16 mila euro mancati aumenti per dipendente
Roma, 11 apr. (TMNews) - "Il DEF conferma il blocco degli stipendi del personale insegnante e Ata fino al 2018". Lo afferma l'Anief. "Gli stipendi degli insegnanti e del personale scolastico - secondo il sindacato Anief - rimarranno fermi per altri 3 anni. Il dato si evince da una attenta lettura di alcuni capitoli del Documento di Economia e Finanza 2014 approvato l'altro ieri dal consiglio dei ministri: "Nel quadro a legislazione vigente - si legge nel DEF - la spesa per redditi da lavoro dipendente delle Amministrazioni Pubbliche è stimata diminuire dello 0,7 per cento circa per il 2014, per poi stabilizzarsi nel triennio successivo e crescere dello 0,3 per cento nel 2018, per effetto dell'attribuzione dell'indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio contrattuale 2018-2020".
"Considerando che nel comparto scuola il contratto è stato bloccato nel 2009 dalla legge Tremonti (122/2010) e dalla proroga voluta dal Governo Letta (DPR 122/2013), - osserva Anief - le buste paga di circa un milione di lavoratori sono destinate a rimanere ferme per 8 atti consecutivi. Un record che porterà docenti e personale Ata a perdere quasi 16 mila euro lordi di mancati aumenti a dipendente: tra il 2006 e il 2012 l'inflazione è salita del 12% rispetto agli aumenti contrattuali fermi all'8% per uno stipendio medio annuale lordo di 30 mila euro. Quindi, anche qualora rimanesse ferma l'inflazione per i prossimi anni, stiamo parlando della sparizione di uno stipendio annuale".
Inoltre, sempre dal DEF risulta che sulla formazione a tutti i livelli - scolastica, universitaria e di ricerca - si continua a disinvestire. Si tratta di una tendenza aggravata dal fatto che nello stesso periodo la spesa generale è continuata a salire: i 'consumi intermedi', le spese per il funzionamento ordinario di istituti scolastici, atenei ed enti di ricerca, sono passate dagli 1,11 miliardi del 2011 ai 0,95 del 2013. "Peccato - sottolinea ancora Anief - che nello stesso frangente temporale la spesa complessivamente sostenuta dallo Stato è aumentata da 12,49 a 13,78 miliardi. Al ministero dell'Economia è quasi raddoppiata, da 2,62 a 4,79 miliardi".
Per l'Anief si tratta di uno "sgonfiamento delle buste" paga partito dall'approvazione del D.lgs. 'brunettiano' 150/09, che ha di fatto annullato la futura progressione di carriera per scatti di anzianità per fare spazio a quel merito che condivide in pieno l'attuale Ministro Giannini, ma che può essere finanziato solamente con nuovi tagli allo stesso comparto Scuola.

ANSA: Def: scuola; Anief, blocco stipendi prof a Ata fino a 2018
(ANSA) - ROMA, 11 APR - Gli stipendi degli insegnanti e del personale scolastico rimarranno fermi per altri 3 anni. E' quanto afferma l'associazione sindacale Anief, spiegando in una nota che "il dato si evince da una attenta lettura di alcuni capitoli del Documento di Economia e Finanza 2014 approvato l'altro ieri dal CdM". "Nel quadro a legislazione vigente - si legge nel DEF - la spesa per redditi da lavoro dipendente delle Amministrazioni Pubbliche è stimata diminuire dello 0,7 per cento circa per il 2014, per poi stabilizzarsi nel triennio successivo e crescere dello 0,3 per cento nel 2018, per effetto dell'attribuzione dell'indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio contrattuale 2018-2020". "Considerando che nel comparto scuola il contratto è stato bloccato nel 2009 dalla legge Tremonti (122/2010) e dalla proroga voluta dal Governo Letta (DPR 122/2013), le buste paga di circa un milione di lavoratori sono destinate a rimanere ferme per 8 atti consecutivi. Un record che porterà docenti e personale Ata a perdere quasi 16 mila euro lordi di mancati aumenti a dipendente: tra il 2006 e il 2012 l'inflazione è salita del 12% rispetto agli aumenti contrattuali fermi all'8% per uno stipendio medio annuale lordo di 30 mila euro. Quindi, anche qualora rimanesse ferma l'inflazione per i prossimi anni, stiamo parlando della sparizione di uno stipendio annuale". "Inoltre, sempre dal Def risulta che sulla formazione a tutti i livelli, scolastica, universitaria e di ricerca, si continua a disinvestire", prosegue l'Anief. "Con questo Def - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - si va sempre più verso la proletarizzazione del lavoro del personale della scuola. Altro che valorizzazione di competenze: a dispetto di quanto avviene nel settore privato, lo stipendio di chi opera nella scuola si allontana sempre più dal costo della vita, con la perpetrata negazione di diversi articoli della Costituzione. E pensare che solo qualche giorno fa avevamo fatto notare che nella media dei Paesi Ocde a fine carriera i docenti delle superiori percepiscano 8 mila euro in più l'anno. E non certo una 'mancia' di 80 euro, rispetto ai 120 euro lordi che i vari Governi avrebbero dovuto versare per questo decennio". (ANSA).

Yahoo: Scuola,Anief: In Def blocco stipendi insegnanti e Ata fino a 2018

AgenParl: Scuola: Anief, Def conferma blocco stipendi insegnanti e ata fino a 2018

Orizzonte Scuola: Il DEF conferma il blocco degli stipendi del personale insegnante e Ata fino al 2018

Tecnica della Scuola: Il Def conferma il blocco degli stipendi del personale insegnante e ata fino al 2018

Italpress: Scuola: Anief "Def conferma blocco stipendi docenti e ata fino al 2018"

ANSA: Def: Anief; rassicurazioni Tesoro non cambiano la realtà
Fino al 2018 gli stipendi pubblico impiego rimarranno fermi
(ANSA) - ROMA, 12 APR - Sul blocco degli stipendi per il pubblico impiego ''le rassicurazioni provenienti dal Ministero dell'Economia non cambiano la posizione del sindacato: l'attuale Governo sta sposando in pieno la linea assunta dai precedenti, confermando il blocco degli stipendi del personale insegnante e Ata almeno fino all'inizio del 2018''. Lo afferma Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir. ''Lo stesso riferimento del Mef alla Legge di stabilità 2014, che ha fissato l'indennità di vacanza contrattuale 'per il triennio 2015-2017 al livello di quella in godimento dal mese di luglio 2010', rappresenta un'indiretta ammissione di conferma della linea del blocco stipendiale: il Ministero di Via XX Settembre sottolinea, in pratica, che ad oggi e fino al 2017 rimane in vigore il blocco dell'indennità di vacanza contrattuale''. ''In realtà - dice Pacifico - il chiarimento arrivato ieri dal Ministero dell'Economia non fa altro che confermare, seppure indirettamente, l'intero blocco contrattuale. Questo perché l'indennità di vacanza contrattuale non è altro che un anticipo degli aumenti di stipendio, per cui se rimane ferma fino al 2017 ai valori del 2010 significa che per i prossimi tre anni e mezzo non vi sarà alcun aumento di stipendio''. Il sindacato, quindi, torna a chiedere risorse vere per il personale. In mancanza delle quali sarà impossibile sbloccare il contratto di lavoro: ''l'aumento di 80 euro previsto dallo stesso Def, rappresenta poco più di un 'obolo', visto che tra i paesi moderni europei i nostri docenti continuano ad avere lo stipendio più basso dopo la Grecia, con quasi 8mila euro in meno a fine carriera rispetto alla media di tutto il vecchio Continente''. (ANSA).

Tecnica della Scuola: Stipendi bloccati fino al 2018? Il Tesoro smentisce, ma il pericolo rimane

Orizzonte Scuola: Mef smentisce blocco stipendi fino 2018. ANIEF: "allora perché indennità di vacanza è bloccata? Ci stanno abituando al merito senza scatti"

IMG Press: DEF – Le rassicurazioni del MEF sul blocco degli scatti non cambiano la realtà

Il Manifesto: Una mano taglia l’altra
Def. Spunta il prolungamento del blocco dei contratti fino al 2020. Dai sindacati di base alla Cgil scuola pronti a scendere in piazza. Annullati di colpo gli 80 euro in più promessi dal premier
L’aumento netto men­sile di 80 euro che 10 milioni di lavo­ra­tori dipen­denti, per la mag­gior parte nel pub­blico impiego, rice­ve­ranno in busta paga dal 27 mag­gio ver­ranno com­pen­sati dai risparmi otte­nuti dal blocco dei con­tratti degli impie­gati pub­blici fino al 2020. È la poli­tica della mano che dà e della mano che toglie, così Cesare Damiano — pre­si­dente della com­mis­sione Lavoro della Camera ed espo­nente dello stesso par­tito del pre­si­dente del con­si­glio Renzi – ha defi­nito il con­te­nuto prin­ci­pale, e al momento più chiaro, della spen­ding review con la quale il governo finan­zierà il taglio dell’Irpef e la cam­pa­gna elet­to­rale del Pd.
Dopo il fuoco di fila da parte dell’opposizione interna a que­sto par­tito, nel pome­rig­gio di ieri il governo è corso ai ripari. Il mini­stero dell’Economia ha infatti smen­tito che nel Def sia pre­vi­sto il blocco dei con­tratti fino al 2020. Il Mef sostiene di avere ripro­po­sto il blocco già pre­vi­sto fino al 2017 da Letta e che le even­tuali risorse per i rin­novi ver­ranno tro­vate nella legge di sta­bi­lità. In attesa, dun­que, della finan­zia­ria non è pos­si­bile dire se il blocco sarà pro­lun­gato di tre anni in più. Ciò non toglie che la ridu­zione della spesa sugli sti­pendi durerà fino al 2017 e non depo­ten­zia la pro­te­sta cre­scente. Il governo ha dovuto incas­sare ieri anche il giu­di­zio in chia­ro­scuro del Fondo Mone­ta­rio Inter­na­zio­nale che ha apprez­zato l’idea di ridurre l’Irpef con il taglio della spesa pub­blica, ma ha avver­tito via XX set­tem­bre: il taglio deve essere per­ma­nente, quindi deve durare più a lungo del 2017 preventivato.
La ridu­zione delle tasse sta pro­du­cendo con­trac­colpi pro­prio nel mondo del lavoro dipen­dente che dovrebbe bene­fi­ciare dei suoi effetti. È uno dei para­dossi dell’austerità espan­siva, di cui Renzi è un volen­te­roso, ma tar­divo pro­pa­gan­di­sta. Quella messa in can­tiere in set­ti­mana è, in effetti, «una mano­vra che taglia e resti­tui­sce i soldi», così l’ha defi­nita ieri Renzi che ha anche smen­tito la noti­zia che sia in arrivo una mano­vra aggiun­tiva da 4,5 miliardi di euro. Il taglio, e la resti­tu­zione dei soldi, andranno a par­ziale risar­ci­mento di alcune delle vit­time delle poli­ti­che fiscali restrit­tive, ma non rime­die­ranno alle per­dite pro­vo­cate dal blocco dei con­tratti per 8,5 milioni di per­sone nel pub­blico e nel privato.
L’Unione Sin­da­cale di Base ha annun­ciato uno scio­pero gene­rale. Il Def «è una fol­lia – sostiene Luigi Roma­gnoli, dell’esecutivo nazio­nale Usb Pub­blico Impiego — i con­tratti sono ormai fermi dal dicem­bre del 2009 e i lavo­ra­tori pub­blici hanno abbon­dan­te­mente pagato il costo della crisi». La Flc-Cgil ha lan­ciato la mobi­li­ta­zione sull’istruzione. «Nel Def c’è anche la revi­sione del con­tratto degli inse­gnanti, il reclu­ta­mento degli inse­gnanti e dei diri­genti, incen­tivi alle uni­ver­sità e valu­ta­zione indi­vi­duale con i quali si vuole can­cel­lare il con­tratto nazio­nale» denun­cia il segre­ta­rio Dome­nico Pantaleo.
Il blocco dei con­tratti, e delle retri­bu­zioni, nella scuola sarà ancora più duro, durerà per 4 e non per 3 anni. In que­ste con­di­zioni, dif­fi­cil­mente il mini­stro dell’Istruzione Gian­nini potrà dare seguito ai suoi annunci sulla meri­to­cra­zia tra gli inse­gnanti. Nelle sue inten­zioni, infatti, c’è il desi­de­rio di pre­miare il «merito» e non l’anzianità otte­nuta con gli scatti con­trat­tuali. riguarda in par­ti­co­lare il mec­ca­ni­smo degli scatti di anzia­nità. Se la pro­gram­ma­zione del governo di cui fa parte verrà con­fer­mata, dif­fi­cil­mente il mini­stro potrà con­ti­nuare ad usare il Fondo di isti­tuto con il quale i suoi pre­de­ces­sori sono riu­sciti a sal­vare gli sti­pendi dal blocco degli scatti.
L’Anief aggiunge un altro tas­sello in que­sto mosaico. Tra tagli, bloc­chi e risparmi tra il 2006 e il 2012, il per­so­nale della scuola ha perso uno sti­pen­dio annuo da 30 mila euro. Que­sta ten­denza con­ti­nuerà fino al 2017: «Si va sem­pre più verso la pro­le­ta­riz­za­zione del lavoro del per­so­nale» com­menta il pre­si­dente Anief Mar­cello Pacifico.
La spen­ding review pro­lunga inol­tre il blocco del turn-over per i dipen­denti pub­blici fino al 2017, met­tendo i bastoni tra le ruote al mini­stro per il pub­blico impiego Madia sul pre­pen­sio­na­mento di que­sti lavo­ra­tori che dovreb­bero essere par­zial­mente sosti­tuiti dall’ingresso dei gio­vani. La «staf­fetta gene­ra­zio­nale» è ferma ai bloc­chi di partenza.

Economia Sicilia: Il DEF conferma il blocco degli stipendi del personale insegnante e Ata fino al 2018

ARIS: Il DEF conferma il blocco degli stipendi del personale insegnante e Ata fino al 2018

Corriere di Roma: Il DEF conferma il blocco degli stipendi del personale insegnante e Ata fino al 2018

Pubblichiamo alcuni articoli sulla conferma nel DEF del blocco degli stipendi del personale insegnante e Ata fino al 2018.

TMNews: Scuola,Anief:In Def blocco stipendi insegnanti e Ata fino a 2018
Si tradurrà in quasi 16 mila euro mancati aumenti per dipendente
Roma, 11 apr. (TMNews) - "Il DEF conferma il blocco degli stipendi del personale insegnante e Ata fino al 2018". Lo afferma l'Anief. "Gli stipendi degli insegnanti e del personale scolastico - secondo il sindacato Anief - rimarranno fermi per altri 3 anni. Il dato si evince da una attenta lettura di alcuni capitoli del Documento di Economia e Finanza 2014 approvato l'altro ieri dal consiglio dei ministri: "Nel quadro a legislazione vigente - si legge nel DEF - la spesa per redditi da lavoro dipendente delle Amministrazioni Pubbliche è stimata diminuire dello 0,7 per cento circa per il 2014, per poi stabilizzarsi nel triennio successivo e crescere dello 0,3 per cento nel 2018, per effetto dell'attribuzione dell'indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio contrattuale 2018-2020".
"Considerando che nel comparto scuola il contratto è stato bloccato nel 2009 dalla legge Tremonti (122/2010) e dalla proroga voluta dal Governo Letta (DPR 122/2013), - osserva Anief - le buste paga di circa un milione di lavoratori sono destinate a rimanere ferme per 8 atti consecutivi. Un record che porterà docenti e personale Ata a perdere quasi 16 mila euro lordi di mancati aumenti a dipendente: tra il 2006 e il 2012 l'inflazione è salita del 12% rispetto agli aumenti contrattuali fermi all'8% per uno stipendio medio annuale lordo di 30 mila euro. Quindi, anche qualora rimanesse ferma l'inflazione per i prossimi anni, stiamo parlando della sparizione di uno stipendio annuale".
Inoltre, sempre dal DEF risulta che sulla formazione a tutti i livelli - scolastica, universitaria e di ricerca - si continua a disinvestire. Si tratta di una tendenza aggravata dal fatto che nello stesso periodo la spesa generale è continuata a salire: i 'consumi intermedi', le spese per il funzionamento ordinario di istituti scolastici, atenei ed enti di ricerca, sono passate dagli 1,11 miliardi del 2011 ai 0,95 del 2013. "Peccato - sottolinea ancora Anief - che nello stesso frangente temporale la spesa complessivamente sostenuta dallo Stato è aumentata da 12,49 a 13,78 miliardi. Al ministero dell'Economia è quasi raddoppiata, da 2,62 a 4,79 miliardi".
Per l'Anief si tratta di uno "sgonfiamento delle buste" paga partito dall'approvazione del D.lgs. 'brunettiano' 150/09, che ha di fatto annullato la futura progressione di carriera per scatti di anzianità per fare spazio a quel merito che condivide in pieno l'attuale Ministro Giannini, ma che può essere finanziato solamente con nuovi tagli allo stesso comparto Scuola.

ANSA: Def: scuola; Anief, blocco stipendi prof a Ata fino a 2018
(ANSA) - ROMA, 11 APR - Gli stipendi degli insegnanti e del personale scolastico rimarranno fermi per altri 3 anni. E' quanto afferma l'associazione sindacale Anief, spiegando in una nota che "il dato si evince da una attenta lettura di alcuni capitoli del Documento di Economia e Finanza 2014 approvato l'altro ieri dal CdM". "Nel quadro a legislazione vigente - si legge nel DEF - la spesa per redditi da lavoro dipendente delle Amministrazioni Pubbliche è stimata diminuire dello 0,7 per cento circa per il 2014, per poi stabilizzarsi nel triennio successivo e crescere dello 0,3 per cento nel 2018, per effetto dell'attribuzione dell'indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio contrattuale 2018-2020". "Considerando che nel comparto scuola il contratto è stato bloccato nel 2009 dalla legge Tremonti (122/2010) e dalla proroga voluta dal Governo Letta (DPR 122/2013), le buste paga di circa un milione di lavoratori sono destinate a rimanere ferme per 8 atti consecutivi. Un record che porterà docenti e personale Ata a perdere quasi 16 mila euro lordi di mancati aumenti a dipendente: tra il 2006 e il 2012 l'inflazione è salita del 12% rispetto agli aumenti contrattuali fermi all'8% per uno stipendio medio annuale lordo di 30 mila euro. Quindi, anche qualora rimanesse ferma l'inflazione per i prossimi anni, stiamo parlando della sparizione di uno stipendio annuale". "Inoltre, sempre dal Def risulta che sulla formazione a tutti i livelli, scolastica, universitaria e di ricerca, si continua a disinvestire", prosegue l'Anief. "Con questo Def - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - si va sempre più verso la proletarizzazione del lavoro del personale della scuola. Altro che valorizzazione di competenze: a dispetto di quanto avviene nel settore privato, lo stipendio di chi opera nella scuola si allontana sempre più dal costo della vita, con la perpetrata negazione di diversi articoli della Costituzione. E pensare che solo qualche giorno fa avevamo fatto notare che nella media dei Paesi Ocde a fine carriera i docenti delle superiori percepiscano 8 mila euro in più l'anno. E non certo una 'mancia' di 80 euro, rispetto ai 120 euro lordi che i vari Governi avrebbero dovuto versare per questo decennio". (ANSA).

Yahoo: Scuola,Anief: In Def blocco stipendi insegnanti e Ata fino a 2018

AgenParl: Scuola: Anief, Def conferma blocco stipendi insegnanti e ata fino a 2018

Orizzonte Scuola: Il DEF conferma il blocco degli stipendi del personale insegnante e Ata fino al 2018

Tecnica della Scuola: Il Def conferma il blocco degli stipendi del personale insegnante e ata fino al 2018

Italpress: Scuola: Anief "Def conferma blocco stipendi docenti e ata fino al 2018"

ANSA: Def: Anief; rassicurazioni Tesoro non cambiano la realtà
Fino al 2018 gli stipendi pubblico impiego rimarranno fermi
(ANSA) - ROMA, 12 APR - Sul blocco degli stipendi per il pubblico impiego ''le rassicurazioni provenienti dal Ministero dell'Economia non cambiano la posizione del sindacato: l'attuale Governo sta sposando in pieno la linea assunta dai precedenti, confermando il blocco degli stipendi del personale insegnante e Ata almeno fino all'inizio del 2018''. Lo afferma Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir. ''Lo stesso riferimento del Mef alla Legge di stabilità 2014, che ha fissato l'indennità di vacanza contrattuale 'per il triennio 2015-2017 al livello di quella in godimento dal mese di luglio 2010', rappresenta un'indiretta ammissione di conferma della linea del blocco stipendiale: il Ministero di Via XX Settembre sottolinea, in pratica, che ad oggi e fino al 2017 rimane in vigore il blocco dell'indennità di vacanza contrattuale''. ''In realtà - dice Pacifico - il chiarimento arrivato ieri dal Ministero dell'Economia non fa altro che confermare, seppure indirettamente, l'intero blocco contrattuale. Questo perché l'indennità di vacanza contrattuale non è altro che un anticipo degli aumenti di stipendio, per cui se rimane ferma fino al 2017 ai valori del 2010 significa che per i prossimi tre anni e mezzo non vi sarà alcun aumento di stipendio''. Il sindacato, quindi, torna a chiedere risorse vere per il personale. In mancanza delle quali sarà impossibile sbloccare il contratto di lavoro: ''l'aumento di 80 euro previsto dallo stesso Def, rappresenta poco più di un 'obolo', visto che tra i paesi moderni europei i nostri docenti continuano ad avere lo stipendio più basso dopo la Grecia, con quasi 8mila euro in meno a fine carriera rispetto alla media di tutto il vecchio Continente''. (ANSA).

Tecnica della Scuola: Stipendi bloccati fino al 2018? Il Tesoro smentisce, ma il pericolo rimane

Orizzonte Scuola: Mef smentisce blocco stipendi fino 2018. ANIEF: "allora perché indennità di vacanza è bloccata? Ci stanno abituando al merito senza scatti"

IMG Press: DEF – Le rassicurazioni del MEF sul blocco degli scatti non cambiano la realtà

Il Manifesto: Una mano taglia l’altra
Def. Spunta il prolungamento del blocco dei contratti fino al 2020. Dai sindacati di base alla Cgil scuola pronti a scendere in piazza. Annullati di colpo gli 80 euro in più promessi dal premier
L’aumento netto men­sile di 80 euro che 10 milioni di lavo­ra­tori dipen­denti, per la mag­gior parte nel pub­blico impiego, rice­ve­ranno in busta paga dal 27 mag­gio ver­ranno com­pen­sati dai risparmi otte­nuti dal blocco dei con­tratti degli impie­gati pub­blici fino al 2020. È la poli­tica della mano che dà e della mano che toglie, così Cesare Damiano — pre­si­dente della com­mis­sione Lavoro della Camera ed espo­nente dello stesso par­tito del pre­si­dente del con­si­glio Renzi – ha defi­nito il con­te­nuto prin­ci­pale, e al momento più chiaro, della spen­ding review con la quale il governo finan­zierà il taglio dell’Irpef e la cam­pa­gna elet­to­rale del Pd.
Dopo il fuoco di fila da parte dell’opposizione interna a que­sto par­tito, nel pome­rig­gio di ieri il governo è corso ai ripari. Il mini­stero dell’Economia ha infatti smen­tito che nel Def sia pre­vi­sto il blocco dei con­tratti fino al 2020. Il Mef sostiene di avere ripro­po­sto il blocco già pre­vi­sto fino al 2017 da Letta e che le even­tuali risorse per i rin­novi ver­ranno tro­vate nella legge di sta­bi­lità. In attesa, dun­que, della finan­zia­ria non è pos­si­bile dire se il blocco sarà pro­lun­gato di tre anni in più. Ciò non toglie che la ridu­zione della spesa sugli sti­pendi durerà fino al 2017 e non depo­ten­zia la pro­te­sta cre­scente. Il governo ha dovuto incas­sare ieri anche il giu­di­zio in chia­ro­scuro del Fondo Mone­ta­rio Inter­na­zio­nale che ha apprez­zato l’idea di ridurre l’Irpef con il taglio della spesa pub­blica, ma ha avver­tito via XX set­tem­bre: il taglio deve essere per­ma­nente, quindi deve durare più a lungo del 2017 preventivato.
La ridu­zione delle tasse sta pro­du­cendo con­trac­colpi pro­prio nel mondo del lavoro dipen­dente che dovrebbe bene­fi­ciare dei suoi effetti. È uno dei para­dossi dell’austerità espan­siva, di cui Renzi è un volen­te­roso, ma tar­divo pro­pa­gan­di­sta. Quella messa in can­tiere in set­ti­mana è, in effetti, «una mano­vra che taglia e resti­tui­sce i soldi», così l’ha defi­nita ieri Renzi che ha anche smen­tito la noti­zia che sia in arrivo una mano­vra aggiun­tiva da 4,5 miliardi di euro. Il taglio, e la resti­tu­zione dei soldi, andranno a par­ziale risar­ci­mento di alcune delle vit­time delle poli­ti­che fiscali restrit­tive, ma non rime­die­ranno alle per­dite pro­vo­cate dal blocco dei con­tratti per 8,5 milioni di per­sone nel pub­blico e nel privato.
L’Unione Sin­da­cale di Base ha annun­ciato uno scio­pero gene­rale. Il Def «è una fol­lia – sostiene Luigi Roma­gnoli, dell’esecutivo nazio­nale Usb Pub­blico Impiego — i con­tratti sono ormai fermi dal dicem­bre del 2009 e i lavo­ra­tori pub­blici hanno abbon­dan­te­mente pagato il costo della crisi». La Flc-Cgil ha lan­ciato la mobi­li­ta­zione sull’istruzione. «Nel Def c’è anche la revi­sione del con­tratto degli inse­gnanti, il reclu­ta­mento degli inse­gnanti e dei diri­genti, incen­tivi alle uni­ver­sità e valu­ta­zione indi­vi­duale con i quali si vuole can­cel­lare il con­tratto nazio­nale» denun­cia il segre­ta­rio Dome­nico Pantaleo.
Il blocco dei con­tratti, e delle retri­bu­zioni, nella scuola sarà ancora più duro, durerà per 4 e non per 3 anni. In que­ste con­di­zioni, dif­fi­cil­mente il mini­stro dell’Istruzione Gian­nini potrà dare seguito ai suoi annunci sulla meri­to­cra­zia tra gli inse­gnanti. Nelle sue inten­zioni, infatti, c’è il desi­de­rio di pre­miare il «merito» e non l’anzianità otte­nuta con gli scatti con­trat­tuali. riguarda in par­ti­co­lare il mec­ca­ni­smo degli scatti di anzia­nità. Se la pro­gram­ma­zione del governo di cui fa parte verrà con­fer­mata, dif­fi­cil­mente il mini­stro potrà con­ti­nuare ad usare il Fondo di isti­tuto con il quale i suoi pre­de­ces­sori sono riu­sciti a sal­vare gli sti­pendi dal blocco degli scatti.
L’Anief aggiunge un altro tas­sello in que­sto mosaico. Tra tagli, bloc­chi e risparmi tra il 2006 e il 2012, il per­so­nale della scuola ha perso uno sti­pen­dio annuo da 30 mila euro. Que­sta ten­denza con­ti­nuerà fino al 2017: «Si va sem­pre più verso la pro­le­ta­riz­za­zione del lavoro del per­so­nale» com­menta il pre­si­dente Anief Mar­cello Pacifico.
La spen­ding review pro­lunga inol­tre il blocco del turn-over per i dipen­denti pub­blici fino al 2017, met­tendo i bastoni tra le ruote al mini­stro per il pub­blico impiego Madia sul pre­pen­sio­na­mento di que­sti lavo­ra­tori che dovreb­bero essere par­zial­mente sosti­tuiti dall’ingresso dei gio­vani. La «staf­fetta gene­ra­zio­nale» è ferma ai bloc­chi di partenza.

Economia Sicilia: Il DEF conferma il blocco degli stipendi del personale insegnante e Ata fino al 2018

ARIS: Il DEF conferma il blocco degli stipendi del personale insegnante e Ata fino al 2018

Corriere di Roma: Il DEF conferma il blocco degli stipendi del personale insegnante e Ata fino al 2018

Pubblichiamo alcuni articoli sull'aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento.

Ansa: Scuola: Anief, Miur lascia fuori 140 mila docenti precari
Parte corsa ad aggiornamento graduatorie
(ANSA) - ROMA, 15 APR - È partita la corsa all'aggiornamento delle graduatorie degli insegnanti precari della scuola, utili per le assunzioni in ruolo e le supplenze annuali del periodo 2014-2017 (fino alle 14:00 del 10 maggio viene data loro la possibilità di aggiornare il punteggio sulla base dei titoli acquisiti e dei servizi svolti nell'ultimo triennio); al provvedimento sono interessati 170 mila supplenti già inclusi, che potranno inserire on line i titoli di studio e i servizi svolti. "Mentre i 140 mila tra nuovi abilitati con Tfa e Pas, diplomati magistrali e idonei all'ultimo concorso a cattedra vengono abbandonati al loro destino", denuncia l'Anief: che si schiera a fianco dei precari "illegittimamente esclusi", pronto a dare battaglia legale. "Premesso che ancora una volta potrebbe decidere il tribunale al posto del legislatore, vale la pena ricordare - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief - che il Miur vuole estromettere delle graduatorie tutti docenti selezionati, formati e abilitati nelle nostre università statali. Una parte di loro ha addirittura vinto un concorso pubblico che dà diretto accesso al ruolo. Ma invece di dare loro il via libera per inserirsi nelle graduatorie pre-ruolo, come è stato fatto per tanti anni con i loro colleghi formati dalle stesse università e con gli stessi percorsi di studi, si fa finta di nulla. Continuano anche a disapplicare la direttiva comunitaria del 1999 che obbliga alla stabilizzazione dopo tre anni di servizio anche non continuativo. Infine privano la scuola dell'assunzione su posti vacanti e disponibili anche laddove sono esaurite le stesse graduatorie. In un Paese civile e moderno la pratica del ricorso dovrebbe rappresentare l'extrema ratio - continua Pacifico - alla quale però siamo costretti a ricorrere, dal momento che l'amministrazione continua a fare ostruzione nei confronti di tantissimi docenti precari". (ANSA).

Sicilia on press: Graduatorie - Parte la corsa all’aggiornamento delle graduatorie: il Miur lascia fuori 140 mila docenti precari

Teleborsa: Scuola, fuori dall'aggiornamento delle graduatorie 140 mila docenti precari

Tuttoscuola: Tutte le graduatorie GAE in linea

Qui Finanza: Scuola, fuori dall'aggiornamento delle graduatorie 140 mila docenti precari

Online news: Parte la corsa all’aggiornamento delle graduatorie: il Miur lascia fuori 140 mila docenti precari

Scoop Square: Parte la corsa all’aggiornamento delle graduatorie: il Miur lascia fuori 140 mila docenti precari

IMG Press: Parte la corsa all’aggiornamento delle graduatorie: il Miur lascia fuori 140 mila docenti precari

Corriere del web: Parte la corsa all’aggiornamento delle graduatorie: il Miur lascia fuori 140 mila docenti precari

Blasting news: Aggiornamento graduatorie: Anief modello iscrizione per tutti i docenti abilitati

Orizzonte Scuola: Aggiornamento delle graduatorie. il Miur lascia fuori 140 mila docenti precari: TFA, PAS, Diplomi magistrale, idonei concorso

Italpress: Scuola: graduatorie, Anief "Miur lascia fuori 140 mila docenti precari"

Repubblica: Scuola, fuori dall'aggiornamento delle graduatorie 140 mila docenti precari

La Voce Sociale: Scuola, la denuncia dell’Anief: il Miur lascia fuori 140 mila prof precari

Democrazia nelle regole: Scuola - parte la corsa all’aggiornamento delle graduatorie

Blasting news: L'aggiornamento Gae esclude 140 mila precari; procedere con la richiesta cartacea

Corriere dell'Umbria: Graduatorie nel caos

Italy Work News: Insegnanti, caos assunzioni

Corriere di Arezzo: Graduatorie nel caos

Tecnica della Scuola: Aggiornamento GaE, da mercoledì 23 niente più bug e l’inoltro diventerà attivo

Blasting news: Iscrizione Graduatoria a Esaurimento: online il modello cartaceo

Corriere del web: Caos graduatorie 177mila docenti supplenti: il sistema telematico del Miur fa acqua da tutte le parti

Blasting news: Inserimento graduatorie a esaurimento: fare domanda per poi fare ricorso?

Dottor Salute: Graduatorie ad esaurimento: passaggio dalla IV alla III fascia, ricorso

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Parte corsa ad aggiornamento graduatorie
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 larepubblica.it – 19 aprile 2014
“Scuole. Ecco le dieci che bocciano di più. Il Sud vince la classifica della dispersione"
░ Sono scuole di Napoli e di Palermo! Dice niente, al MIUR e all’INVALSI ? Sembra che, quando vagheggiano di “merito” e “valutazione di sistema”, né l’uno né l’altro abbiano chiaro il quadro complessivo dei fattori interattivi che intervengono nell’apprendimento scolastico. Un genio ha perfino proposto corsi obbligatori di aggiornamento ai quali sottoporre gli insegnanti delle scuole nelle quali gli alunni conseguono risultati modesti. Usque tandem, abutere patientia nostra ? Vedremo mai, al MIUR, un ministro con adeguata esperienza di lavoro nella Scuola ?
Ecco la classifica che le scuole temono di più: quella delle bocciature e di chi ha abbandonato le aule prima della fine dell'anno scolastico. O di coloro che a scuola non ci hanno messo piede neppure per un giorno o che hanno collezionato tante di quelle assenze da impedire ai professori di scrutinarli. Con una sola parola: dispersione. Che ovviamente vede in testa gli istituti superiori di quella parte di Napoli, come Scampia, dove i ragazzi a 14 o 15 anni sono già mezzi uomini che considerano la scuola soltanto una perdita di tempo. Quelle scuole dove i ragazzi non ne vogliono sentire di stare fermi per ore in una classe e che spesso sono l'incubo dei malcapitati supplenti costretti ad accettare quell'incarico pur di guadagnarsi la pagnotta. A stilare il ranking della dispersione scolastica in Italia è stata Skuola.net. Nella top ten, le prime cinque posizioni sono occupate da altrettanti istituti superiori di Napoli. Al Melissa Bassi, proprio nel rione noto in tutto il mondo per le famigerate Vele, nel 2012/2013 i promossi sono stati addirittura meno dei bocciati: il 45,5 per cento. Ovviamente, nel 54,5 per cento rimanente ci sono i bocciati e tantissimi dispersi che a scuola, nonostante l'obbligo, non hanno mai messo piede. Ma anche coloro che hanno gettato la spugna dopo qualche mese o qualche settimana di lezioni. Al secondo posto, con il 46,3 per cento di promossi, il tecnico economico Caracciolo, sempre di Napoli. Molti o pochi tutti questi bocciati? In Campania, la media dei promossi - per tutti gli indirizzi scolastici - è stata dell'87,1 per cento. A livello nazionale, le medie degli indirizzi interessati sono decisamente più alte. Nei professionali i promossi toccano quota 80,6 per cento che sale all'85,2 nei tecnici…. C'è poi, al settimo posto, il Rosa Luxemburg di Roma, con il 58,9 per cento di promossi e il Duca Abruzzi di Palermo che è riuscito a collezionare poco più di 60 promossi su cento: il 60,9, per la precisione. Esattamente gli stessi di un altro istituto del capoluogo siciliano: l'alberghiero Piazza. La dispersione impera quasi sempre negli istituti tecnici e professionali, come un altro alberghiero, questa volta l'Artusi della capitale con 61 promossi e 39 tra bocciati e desaparecidos su cento. Chiude la top ten meno ambita dai presidi italiani il Sassetti-Peruzzi di Firenze, con il 61,7 per cento di promossi e l'istituto professionale per l'agricoltura Paolo Balsamo, ancora di Palermo, che ha promosso il 61,8 per cento di studenti. …

corrieredellasera.it – 20 aprile 2014
“I bambini dell'asilo sanno usare i tablet ma non le costruzioni"
░ Il sindacato britannico Association of Teachers and Lecturers segnala: i bambini hanno abilità maggiore a scorrere lo schermo che nelle attività manipolative; segnala anche problemi nella socializzazione.
Sempre più piccoli, sempre più esperti. I bambini si avvicinano al cellulare di mammà con quella che sembra un’innata maestria: sbloccano gli smartphone in un attimo, sfogliano lo schermo dei tablet meglio degli adulti, imparano presto come arrivare ai loro giochi preferiti. Ma quella può sembrare un’innocua attività - peraltro propiziata proprio dai genitori che quei giochi cercano con ansia, scaricano e presentano al bambino sperando che attraggano la sua attenzione per qualche oretta - nasconde più di qualche insidia. L’allarme lo ha lanciato la Association of Teachers and Lecturers, sindacato degli educatori britannici: i bambini della «generazione smartphone» sanno usare il tablet prima ancora di parlare, ma di fronte alle «vecchie» costruzioni non sanno cosa fare.
Secondo il sindacato, l’abitudine all’uso del computer così piccoli ha effetti anche sulla concentrazione e sulla capacita di socializzare dei bimbi. Durante il congresso dell’associazione a Manchester sono stati raccolti diversi esempi di effetti deleteri dell’uso del computer. «Ho parlato con diverse maestre di scuola materna - spiega Colin Kinney, uno degli insegnanti dell’associazione, al Guardian - e sono preoccupate per il numero sempre più alto di bambini che sanno come far scorrere uno schermo ma hanno poche, se non nessuna, abilità manipolative con le costruzioni, o non sono in grado di socializzare con gli altri, ma i cui genitori parlano con orgoglio di come sanno maneggiare smartphone e tablet». Per l’associazione sindacale sarebbero necessari studi sugli effetti dei gadget elettronici su bambini così piccoli. «Gli insegnanti parlano a bambini che sono arrivati nelle loro classi dopo aver passato parte della notte a giocare con il computer - afferma Kinney -. La loro attenzione è così limitata che potrebbero tranquillamente non stare in classe». La principale associazione di pediatri britannici ha già emanato delle linee guida in cui si sconsiglia l’esposizione a smartphone, tablet, ma anche alla tv sotto i due anni, e si consiglia di limitarla a un’ora al giorno nei bimbi più grandi.

latecnicadellascuola.it – 22 aprile 2014
“TFA, II ciclo a rischio: per attivarlo bisogna sentire il CNPI che non c'è più"
░ A sostenerlo è il Consiglio di Stato; i giudici di Palazzo Spada chiedono poi il coinvolgimento di Cnam, Mef e Funzione Pubblica. Giudizio 'sospeso' pure su PAS e rinnovo graduatorie d'Istituto. Dunque, altri nodi al pettine, per il MIUR. Hanno la colla, in testa ? Nodi al pettine. Quanti se ne sarebbero evitati, al MIUR, se avessero prestato maggiore attenzione agli avvertimenti dei giovani dell’ANIEF ?
L’organismo scolastico super partes non è stato rinnovato: una bella “grana” per il Miur. …. Il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, continua a tranquillizzare i candidati al secondo ciclo di Tfa ordinario, dicendo loro che entro un periodo congruo verranno organizzate le selezioni per l’accesso ai corsi, e mentre gli abilitati del primo ciclo dei Tfa tornano a chiedere a gran voce di essere inseriti nelle GaE e maggior considerazione rispetto a chi conseguirà lo stesso titolo con i Pas, dal Consiglio di Stato arriva una bella doccia fredda: secondo i giudici di Palazzo Spada per avviarli sarebbe servito il parere del Cnpi e del Consiglio Nazionale per l’Alta Formazione Artistica e Musicale. Come anche dei Ministeri dell’Economia e della Funzione Pubblica. Tutti passaggi che, evidentemente, il Dicastero dell’Istruzione non ha attuato e non ha intenzione di attuare. E che ora potrebbero creare più di un problema per l’attivazione della seconda tornata di corsi. Soprattutto perché, nel frattempo, il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione è praticamente decaduto (anche se tecnicamente sarebbe più corretto dire non rinnovato). La questione del loro mancato coinvolgimento era arrivata in mano ai giudici dopo che alcuni ricorrenti avevano fatto ricorso contro le modifiche ai requisiti richiesti dal Miur per l’accesso riservato prima dell’inizio dei corsi, ma soprattutto per permettere agli idonei del nuovo TFA di scegliere altri atenei (con posti liberi). E anche per l'iscrizione dei nuovi abilitati in terza fascia d’istituto, nelle more dell’aggiornamento. L’Anief lo aveva denunciato fin dall’inizio: “Il mancato rinnovo del Consiglio nazionale della Pubblica Istruzione non è soltanto un elemento formale, ma sostanziale prevista dalla norma primaria, ragion per cui senza di esso non si può attivare una modifica al Regolamento su cui lo stesso organo si è espresso. A questo punto – conclude l’Anief - il Governo farebbe bene a rinnovare subito le elezioni o a rinnovare i suoi membri come nel caso del Cnam, nonché a sollecitare il parere del Ministero dell’Economia e della Funzione pubblica perché migliaia di giovani laureati in un Paese che ha il 60% del suo personale over 50 aspettano”. Ma i dubbi espressi dal Consiglio di Stato non riguardano solo il TFA: coinvolgono anche i PAS, per altro già avviati, e il prossimo rinnovo delle graduatorie d'Istituto. In quest'ultimo caso, i giudici avrebbero dovuto esprimersi a proposito della possibilità (derivante dalla modifica al D.M. 81 del 25 marzo scorso) di far inserire anche coloro che hanno conseguito il titolo dopo il 19 luglio del 2013. Sempre per la mancanza degli organismi suddetti, oltre che del MEF e della Funzione Pubblica, il CdS ha sospeso il parere.

░ Nuove disposizioni in materia di permessi per le visite mediche. Ne tratta Franco Bastianini su ItaliaOggi. Riportiamo, anche, la nota emanata che il MIUR – D.G. per le Risorse Umane del Ministero, Acquisti e Affari Generali – ha emanato con riferimento alla Circolare n.2 - 17 febbraio 2014, del Dipartimento Funzione Pubblica.
ItaliaOggi – 22 aprile 2014
“Permessi per le visite mediche, ancora nessuna risposta dal governo"
Finita la tregua pasquale, minaccia di riesplodere ancora con più virulenza la polemica in merito alle nebulose disposizioni in materia di assenze per visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici contenute nella circolare del dipartimento della funzione pubblica del 17 febbraio 2014 a firma dell'allora ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione Gianpiero D'Elia (si veda tra l'altro ItaliaOggi di martedì scorso). Una circolare che doveva avere l'obiettivo di assicurare l'interpretazione omogenea delle nuove disposizioni in materia di assenze per malattia dei pubblici dipendenti introdotte dall'articolo 4, comma 16 bis, del decreto legge 101/2013 entrato in vigore il 31 ottobre 2013, e contrastare il fenomeno dell'assenteismo nelle amministrazioni. E che rischia, invece, di favorirlo introducendo, nell'ipotesi di permessi, nuove formalità per giustificare di averli utilizzati per lo scopo per il quale erano stati chiesti al dirigente scolastico. É infatti richiesta una attestazione di presenza che deve essere rilasciata dal medico o dalla struttura sanitaria anche privata che hanno svolto la visita o adempiuto la prestazione e trasmessa mediante posta elettronica al datore di lavoro.
Nell'attestazione di presenza deve inoltre risultare la qualifica e la sottoscrizione del soggetto che la redige, l'indicazione del medico e/o della struttura presso cui si è svolta la visita o la prestazione, il giorno, l'orario di entrata e di uscita del dipendente dalla struttura sanitaria erogante la prestazione. Poiché l'attestazione di presenza non è sostanzialmente un certificato di malattia non deve invece recare l'indicazione della diagnosi né del tipo di prestazione somministrata. Immediato è stato il concerto di reazioni negative da parte sia dei dirigenti scolastici sui quali dovrebbe ricadere l'onere di applicazione delle nuove disposizioni, che da parte del personale, ed in particolare di quello docente, per le conseguenze negative che una applicazione letterale delle nuove disposizione potrebbe avere sulla regolarità degli obblighi di servizio. La domanda che il personale si è immediatamente posto è semplicissima: per l'espletamento delle visite mediche, delle terapie, delle prestazioni specialistiche o degli esami diagnostici deve obbligatoriamente chiedere un permesso o, previa presentazione di certificazione medica, un giorno di assenza per motivi di salute? Una domanda rimasta fino ad oggi senza una risposta. Una risposta chiara è auspicata anche dai sindacati che hanno chiesto il ritiro della circolare al ministro Marianna Madia. Quanto alle motivazioni che sarebbero alla base della volontà del legislatore (contrastare il fenomeno dell'assenteismo), concretizzatasi appunto nell'articolo 4, comma 16 bis del decreto legge 101/2013, queste non possono interessare il personale della scuola che in materia di assenteismo per motivi di salute occupa uno degli ultimi posti nella graduatoria dei dipendenti pubblici.
www.istruzione.it – 22 aprile 2014
“Decreto Legge n. 101 del 31 agosto 2013, convertito in legge n. 125 del 30 ottobre 2013 - "Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni" - art.4 comma 16 bis - assenze per visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici”.
Con circolare n. 2 del 17 febbraio 2014, registrata alla Corte dei Conti il 19 marzo, il Dipartimento della Funzione Pubblica ha fornito indirizzi applicativi sull’art. 55 septies del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come novellato dall’art. 4, comma 16 bis, del decreto legge 101 del 31/8/2013, per quanto attiene alle assenze per visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici dei pubblici dipendenti.
Si trasmette pertanto la circolare in argomento, sottolineando in particolare quanto segue: 1. per l’effettuazione di visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici, il personale non potrà usufruire, di regola, di assenze per malattia, dovendo invece fruire dei permessi per documentati motivi personali (art. 18 CCNL 16.5.1995) o di istituti contrattuali similari o alternativi (permessi brevi di cui all’art. 20 del CCNL 16.5.1995 o riposi compensativi di cui agli artt. 26 e 27 CCNI 16.5.2001, integrativo del CCNL 16.2.1999). In assenza di ulteriori specifiche indicazioni in merito, si ritiene che, nell’ipotesi in cui l’assenza si verifichi prima dell’entrata in servizio del dipendente, il computo della durata della medesima dovrà effettuarsi riferendosi all’orario di ingresso al lavoro in ciascun ufficio, fermo restando il principio di flessibilità in entrata. 2. La giustificazione dell’assenza, nelle ipotesi in cui sia necessaria per poter usufruire dell’istituto richiesto (ad es. permessi per documentati motivi personali), deve avvenire mediante attestazione redatta dal medico o dal personale amministrativo della struttura pubblica o privata che ha erogato la prestazione (attestazione di presenza, v. p. 2 circolare Funzione Pubblica, cpv. 3 e 4). In alternativa, è possibile presentare dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà redatta, ai sensi del combinato disposto degli artt. 47 e 38 del DPR n. 445/2000, in conformità al modello inserito nella circolare ed allegato alla presente. 3. Se le visite specialistiche, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici sono concomitanti con una situazione di incapacità lavorativa del dipendente, troveranno applicazione le ordinarie regole sulla giustificazione dell’assenza per malattia. In tali casi, il medico (individuato ai sensi dell’art. 55 septies, comma 1, del d.lgs 165/01) redigerà pertanto la relativa attestazione di malattia, comunicandola all’amministrazione secondo le consuete modalità (cfr. Circolari nn. 1 e 2 DFP/DDI 2010). In assenza di ulteriori specifiche indicazioni sulla circolare, si ritiene che la situazione di “concomitanza” possa riferirsi tanto ai casi di accertamenti diagnostici tali da compromettere la capacità lavorativa del dipendente, quanto ai casi in cui il dipendente, già in situazione di incapacità lavorativa, debba essere sottoposto a visita (ad es. visita di controllo nel periodo di convalescenza successivo ad un intervento chirurgico). La circolare prevede invece espressamente le ipotesi in cui, a causa delle patologie sofferte, il dipendente debba sottoporsi periodicamente, anche per lunghi periodi, a terapie comportanti incapacità al lavoro. In tali casi, a fini di semplificazione, per poter usufruire dell’assenza per malattia si ritiene sufficiente anche un’unica certificazione del medico curante, redatta in forma cartacea, che attesti la necessità di trattamenti sanitari ricorrenti comportanti incapacità lavorativa, secondo cicli o un calendario stabilito dal medico. Tale certificazione, da presentare prima dell’inizio delle terapie, dovrà essere integrata, di volta in volta, dalle singole attestazioni di presenza dalle quali risulti l’effettuazione delle terapie per ciascuna giornata. In tali casi, l’attestazione di presenza – redatta secondo le modalità di cui al punto 2 – dovrà contenere anche l’indicazione che la prestazione è somministrata nell’ambito del ciclo o calendario di terapia prescritto dal medico curante. Eventuali ulteriori chiarimenti interpretativi potranno essere richiesti al seguente indirizzo di posta elettronica: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Si ringrazia per la collaborazione.

Il Sole 24Ore – 23 aprile 2014
“Dietrofront del Governo sul taglio agli enti di ricerca e alle università"
░ Nell'ultima versione del decreto sul cuneo fiscale - che è stato approvato dal C.dM.,venerdì scorso ed è ancora in attesa di pubblicazione sull Gazzetta Ufficiale - scompare la riduzione di 30 milioni al Fondo di finanziamento ordinario degli atenei. Analogamente è eliminata la doppia stretta sugli enti di ricerca prevista inizialmente. Di Eugenio Bruno
Nelle bozze precedenti del provvedimento, all'articolo 50 che contiene le disposizioni finanziarie, erano contenuti 2 commi che avevano fatto sussultare il mondo accademico e della ricerca. Il primo prevedeva la riduzione dei trasferimenti dello Stato per gli enti di ricerca contenuti in una tabella allegata che non era però disponibile; il secondo imponeva agli enti di ricerca vigilati dal Miur, eccetto l'Invalsi, una riduzione del Fondo ordinario con cui assicurare il contenimento della spesa per consumi intermedi. Sempre per la stessa finalità quest'ultima norma decurtava il Fondo di finanziamento ordinario delle università (il cosiddetto Ffo) di 30 milioni nel 2014 e 45 milioni nel 2015. … Nella versione definitiva del dl che sta per essere inviata al Colle per la firma del capo dello Stato quella doppia stretta in realtà non c'è più. Dall'articolo 50 sulle coperture del decreto è sparito sia il comma con i sacrifici imposti agli enti di ricerca sia la sforbiciata al Ffo. L'unico sacrificio che il Miur è chiamato a sopportare, come tutti gli altri ministeri, riguarda invece la spesa per beni e servizi. Dei 200 milioni di decurtazioni imposte alle amministrazioni centrali dello Stato, da viale Trastevere ne dovranno arrivare 6,3 per il 2014 e 9,4 milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016. A esclusione, specifica il testo, delle spese per il funzionamento delle istituzioni scolastiche.

latecnicadellascuola.it – 24 aprile 2014
Dopo i “ponti" sarà tempo di scioperi università"
░ Il primo è programmato per il 28 aprile con l’astensione dal lavoro di docenti e Ata organizzata dall’Unicobas. Il 6 e 7 maggio si asterrà dalle lezioni il personale della scuola dell’infanzia e primaria per ribadire il no alle prove Invalsi (ma non solo); il 13 maggio sarà la volta di medie e superiori. Seguirà l’astensione proclamata dai Cobas, in corrispondenza delle invise prove Invalsi.
Dopo il ponte della Festa della Liberazione, che in alcuni istituti è stato “attaccato” con le festività pasquali, lunedì 28 aprile riprenderanno le lezioni nelle scuola italiane. Ma non dappertutto. “Contro la politica del Ministro Giannini”, l’Unicobas ha infatti confermato lo sciopero per l'intera giornata, sia per il personale docente che Ata, di ruolo e non, delle scuole pubbliche di ogni ordine e grado. La conferma è arrivata anche dal ministero dell'Istruzione.
Secondo il segretario nazionale Unicobas, Stefano d’Errico, lo sciopero servirà a rivendicare tanti problemi irrisolti. Ma stavolta prima di tutto a educare “il Ministro a minor protervia: abbiamo capito cosa vuole la Giannini: 1) eliminare la libertà d'insegnamento e d'apprendimento tramite 'valutazioni' discrezionali d'autorità da parte dei dirigenti collegata ai risultati dei vergognosi test Invalsi ed una gestione privatistica incardinata sul capitale privato (inteso come committenza); 2) sopprimere gli scatti d’anzianità, già ‘congelati’ e restituiti solo in parte (grazie ad un accordo-truffa sottoscritto da CISL, UIL, SNALS e Gilda) a detrimento del fondo di istituto, ormai privo di risorse; 3) fingere di non accorgersi che retribuendo al livello più basso d’Europa i docenti ed investendo meno di chiunque in percentuale di PIL destinata ad istruzione, università e ricerca, si sviluppa una ‘pedagogia sociale’ che deprime il valore della scuola e della cultura; 4) realizzare l'ultimo punto del programma della Loggia P2 rimasto ‘inevaso’: eliminare il valore legale del titolo di studio; 5) eliminare gli organi collegiali, trasformare le scuole in fondazioni e farle gestire da consigli di amministrazione presieduti dal 'dirigente', assumere il personale per chiamata diretta e discrezionale come nelle scuole private; 6) ridurre i Licei a 4 anni”. Il sindacato coglie anche l’occasione per ricordare la necessità di avere “un contratto specifico per tutta la scuola fuori dall'area del pubblico impiego (dove non è prevista certo la 'libertà di impiegamento' e dove non esistono le responsabilità penali che gravano su chi a che fare con minori) e l'istituzione di un Consiglio Superiore della Docenza adibito a garantire, così come per la Magistratura, l'autonomia e la terzietà della Scuola pubblica”. Appena qualche giorno dopo un altro lungo ponte, quello della Festa del Lavoro, il mondo della scuola sarà di nuovo in sciopero. Stavolta a proclamarlo sono stati i Cobas, in corrispondenza delle invise prove Invalsi: “A noi – ha spiegato qualche giorno fa Piero Bernocchi, portavoce nazionale Cobas - sembra un rito distruttivo e insensato quello dei quiz Invalsi, reiterati malgrado il loro fallimento acclarato. E ora non è più solo l’opinione dei Cobas e dei docenti, anche universitari, e intellettuali che la pensano come noi: ma addirittura è l’ammissione dei nostri principali avversari in questa battaglia culturale e sindacale, e cioè la Fondazione Agnelli, finora protagonista dell’infatuazione ‘invalsiana’”. Il 6 e 7 maggio si asterrà dalle lezioni il personale della scuola dell’infanzia e primaria. Il 13 maggio sarà la volta di quello delle medie e delle superiori….

orizzonte scuola.it – 25 aprile 2014
“Licei quadriennali. Il prossimo anno altre tre sperimentazioni. Il Ministero rassicura, ne verificheremo l'affidabilità"
░ A una interrogazione parlamentare dell’on. Vacca del Movimento5stelle, il Sottosegretario Donghia ha dato assicurazioni in materia dei progetti di innovazione metodologico-didattica che attivano percorsi quadriennali di scuola secondaria di II grado sperimentali: il Governo ne verificherà l'affidabilità e la trasparenza delle procedure. Inoltre, con i decreti autorizzativi delle sperimentazioni i competenti UU.SS.RR. sono chiamati a costituire specifici comitati tecnico-scientifici che provvederanno annualmente a valutare gli esiti dei progetti di innovazione, di cui il Ministero potrà fornire puntuale documentazione. Riportiamo la trascrizione a verbale della replica con cui Gianluca Vacca si è dichiarato insoddisfatto della risposta del rappresentante del Governo.
“Rileva, infatti, come vi sia assoluta mancanza di trasparenza sulla sperimentazione in atto presso talune istituzioni scolastiche, mancando sia i relativi dati sia ulteriori elementi di valutazione come progetti o decreti attuativi, i quali non sono reperibili neppure sul sito istituzionale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Ritiene, quindi, che il progetto di riduzione di un anno dei percorsi di studio della scuola secondaria di secondo grado sia frammentario, non avendo un quadro di riferimento nazionale certo. Reputa, inoltre, non opportuno iniziare tale sperimentazione presso gli istituti paritari, perché questa sia poi riportata alle scuole statali, in quanto la stessa sperimentazione dovrebbe essere attivata anzitutto nelle istituzioni scolastiche statali, per poi, eventualmente, essere trasferita alle scuole paritarie. Il dubbio avanzato dall'Onorevole è se dietro questo atteggiamento vi sia la volontà di attuare, al fine di reperire nuove risorse, un repentino taglio di fondi per la scuola, realizzato tramite la riduzione di un anno del corso di studi superiori. Questo reale obiettivo, che sembra confermato da quanto indicato nell'atto di indirizzo del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 4 febbraio 2013 che, nella priorità n. 5, punto c), connette la riduzione di un anno del corso di studi superiori «anche alla destinazione delle maggiori risorse disponibili per il miglioramento della qualità e della quantità dell'offerta formativa», sarebbe perseguito in assenza di una reale attività di sperimentazione controllabile da parte dei cittadini. Rileva, infine, come, di fronte a questa ipotesi di taglio di circa 40 mila cattedre, con un risparmio di alcune centinaia di milioni di euro, altri Stati, come gli Stati Uniti d'America, stiano sperimentando l'allungamento sino a 6 anni degli studi secondari superiori, in particolare ad indirizzo tecnico. Precisa, quindi, che ridurre di un anno il corso di studi superiori, per immettere gli studenti prima nel circuito universitario, non è utile, se poi gli stessi studenti abbandonano precocemente gli studi, come dimostrano le rilevazioni sul tasso di abbandono universitario che in Italia è il più elevato d'Europa.

 larepubblica.it – 19 aprile 2014
“Scuole. Ecco le dieci che bocciano di più. Il Sud vince la classifica della dispersione"
░ Sono scuole di Napoli e di Palermo! Dice niente, al MIUR e all’INVALSI ? Sembra che, quando vagheggiano di “merito” e “valutazione di sistema”, né l’uno né l’altro abbiano chiaro il quadro complessivo dei fattori interattivi che intervengono nell’apprendimento scolastico. Un genio ha perfino proposto corsi obbligatori di aggiornamento ai quali sottoporre gli insegnanti delle scuole nelle quali gli alunni conseguono risultati modesti. Usque tandem, abutere patientia nostra ? Vedremo mai, al MIUR, un ministro con adeguata esperienza di lavoro nella Scuola ?
Ecco la classifica che le scuole temono di più: quella delle bocciature e di chi ha abbandonato le aule prima della fine dell'anno scolastico. O di coloro che a scuola non ci hanno messo piede neppure per un giorno o che hanno collezionato tante di quelle assenze da impedire ai professori di scrutinarli. Con una sola parola: dispersione. Che ovviamente vede in testa gli istituti superiori di quella parte di Napoli, come Scampia, dove i ragazzi a 14 o 15 anni sono già mezzi uomini che considerano la scuola soltanto una perdita di tempo. Quelle scuole dove i ragazzi non ne vogliono sentire di stare fermi per ore in una classe e che spesso sono l'incubo dei malcapitati supplenti costretti ad accettare quell'incarico pur di guadagnarsi la pagnotta. A stilare il ranking della dispersione scolastica in Italia è stata Skuola.net. Nella top ten, le prime cinque posizioni sono occupate da altrettanti istituti superiori di Napoli. Al Melissa Bassi, proprio nel rione noto in tutto il mondo per le famigerate Vele, nel 2012/2013 i promossi sono stati addirittura meno dei bocciati: il 45,5 per cento. Ovviamente, nel 54,5 per cento rimanente ci sono i bocciati e tantissimi dispersi che a scuola, nonostante l'obbligo, non hanno mai messo piede. Ma anche coloro che hanno gettato la spugna dopo qualche mese o qualche settimana di lezioni. Al secondo posto, con il 46,3 per cento di promossi, il tecnico economico Caracciolo, sempre di Napoli. Molti o pochi tutti questi bocciati? In Campania, la media dei promossi - per tutti gli indirizzi scolastici - è stata dell'87,1 per cento. A livello nazionale, le medie degli indirizzi interessati sono decisamente più alte. Nei professionali i promossi toccano quota 80,6 per cento che sale all'85,2 nei tecnici…. C'è poi, al settimo posto, il Rosa Luxemburg di Roma, con il 58,9 per cento di promossi e il Duca Abruzzi di Palermo che è riuscito a collezionare poco più di 60 promossi su cento: il 60,9, per la precisione. Esattamente gli stessi di un altro istituto del capoluogo siciliano: l'alberghiero Piazza. La dispersione impera quasi sempre negli istituti tecnici e professionali, come un altro alberghiero, questa volta l'Artusi della capitale con 61 promossi e 39 tra bocciati e desaparecidos su cento. Chiude la top ten meno ambita dai presidi italiani il Sassetti-Peruzzi di Firenze, con il 61,7 per cento di promossi e l'istituto professionale per l'agricoltura Paolo Balsamo, ancora di Palermo, che ha promosso il 61,8 per cento di studenti. …

corrieredellasera.it – 20 aprile 2014
“I bambini dell'asilo sanno usare i tablet ma non le costruzioni"
░ Il sindacato britannico Association of Teachers and Lecturers segnala: i bambini hanno abilità maggiore a scorrere lo schermo che nelle attività manipolative; segnala anche problemi nella socializzazione.
Sempre più piccoli, sempre più esperti. I bambini si avvicinano al cellulare di mammà con quella che sembra un’innata maestria: sbloccano gli smartphone in un attimo, sfogliano lo schermo dei tablet meglio degli adulti, imparano presto come arrivare ai loro giochi preferiti. Ma quella può sembrare un’innocua attività - peraltro propiziata proprio dai genitori che quei giochi cercano con ansia, scaricano e presentano al bambino sperando che attraggano la sua attenzione per qualche oretta - nasconde più di qualche insidia. L’allarme lo ha lanciato la Association of Teachers and Lecturers, sindacato degli educatori britannici: i bambini della «generazione smartphone» sanno usare il tablet prima ancora di parlare, ma di fronte alle «vecchie» costruzioni non sanno cosa fare.
Secondo il sindacato, l’abitudine all’uso del computer così piccoli ha effetti anche sulla concentrazione e sulla capacita di socializzare dei bimbi. Durante il congresso dell’associazione a Manchester sono stati raccolti diversi esempi di effetti deleteri dell’uso del computer. «Ho parlato con diverse maestre di scuola materna - spiega Colin Kinney, uno degli insegnanti dell’associazione, al Guardian - e sono preoccupate per il numero sempre più alto di bambini che sanno come far scorrere uno schermo ma hanno poche, se non nessuna, abilità manipolative con le costruzioni, o non sono in grado di socializzare con gli altri, ma i cui genitori parlano con orgoglio di come sanno maneggiare smartphone e tablet». Per l’associazione sindacale sarebbero necessari studi sugli effetti dei gadget elettronici su bambini così piccoli. «Gli insegnanti parlano a bambini che sono arrivati nelle loro classi dopo aver passato parte della notte a giocare con il computer - afferma Kinney -. La loro attenzione è così limitata che potrebbero tranquillamente non stare in classe». La principale associazione di pediatri britannici ha già emanato delle linee guida in cui si sconsiglia l’esposizione a smartphone, tablet, ma anche alla tv sotto i due anni, e si consiglia di limitarla a un’ora al giorno nei bimbi più grandi.

latecnicadellascuola.it – 22 aprile 2014
“TFA, II ciclo a rischio: per attivarlo bisogna sentire il CNPI che non c'è più"
░ A sostenerlo è il Consiglio di Stato; i giudici di Palazzo Spada chiedono poi il coinvolgimento di Cnam, Mef e Funzione Pubblica. Giudizio 'sospeso' pure su PAS e rinnovo graduatorie d'Istituto. Dunque, altri nodi al pettine, per il MIUR. Hanno la colla, in testa ? Nodi al pettine. Quanti se ne sarebbero evitati, al MIUR, se avessero prestato maggiore attenzione agli avvertimenti dei giovani dell’ANIEF ?
L’organismo scolastico super partes non è stato rinnovato: una bella “grana” per il Miur. …. Il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, continua a tranquillizzare i candidati al secondo ciclo di Tfa ordinario, dicendo loro che entro un periodo congruo verranno organizzate le selezioni per l’accesso ai corsi, e mentre gli abilitati del primo ciclo dei Tfa tornano a chiedere a gran voce di essere inseriti nelle GaE e maggior considerazione rispetto a chi conseguirà lo stesso titolo con i Pas, dal Consiglio di Stato arriva una bella doccia fredda: secondo i giudici di Palazzo Spada per avviarli sarebbe servito il parere del Cnpi e del Consiglio Nazionale per l’Alta Formazione Artistica e Musicale. Come anche dei Ministeri dell’Economia e della Funzione Pubblica. Tutti passaggi che, evidentemente, il Dicastero dell’Istruzione non ha attuato e non ha intenzione di attuare. E che ora potrebbero creare più di un problema per l’attivazione della seconda tornata di corsi. Soprattutto perché, nel frattempo, il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione è praticamente decaduto (anche se tecnicamente sarebbe più corretto dire non rinnovato). La questione del loro mancato coinvolgimento era arrivata in mano ai giudici dopo che alcuni ricorrenti avevano fatto ricorso contro le modifiche ai requisiti richiesti dal Miur per l’accesso riservato prima dell’inizio dei corsi, ma soprattutto per permettere agli idonei del nuovo TFA di scegliere altri atenei (con posti liberi). E anche per l'iscrizione dei nuovi abilitati in terza fascia d’istituto, nelle more dell’aggiornamento. L’Anief lo aveva denunciato fin dall’inizio: “Il mancato rinnovo del Consiglio nazionale della Pubblica Istruzione non è soltanto un elemento formale, ma sostanziale prevista dalla norma primaria, ragion per cui senza di esso non si può attivare una modifica al Regolamento su cui lo stesso organo si è espresso. A questo punto – conclude l’Anief - il Governo farebbe bene a rinnovare subito le elezioni o a rinnovare i suoi membri come nel caso del Cnam, nonché a sollecitare il parere del Ministero dell’Economia e della Funzione pubblica perché migliaia di giovani laureati in un Paese che ha il 60% del suo personale over 50 aspettano”. Ma i dubbi espressi dal Consiglio di Stato non riguardano solo il TFA: coinvolgono anche i PAS, per altro già avviati, e il prossimo rinnovo delle graduatorie d'Istituto. In quest'ultimo caso, i giudici avrebbero dovuto esprimersi a proposito della possibilità (derivante dalla modifica al D.M. 81 del 25 marzo scorso) di far inserire anche coloro che hanno conseguito il titolo dopo il 19 luglio del 2013. Sempre per la mancanza degli organismi suddetti, oltre che del MEF e della Funzione Pubblica, il CdS ha sospeso il parere.

░ Nuove disposizioni in materia di permessi per le visite mediche. Ne tratta Franco Bastianini su ItaliaOggi. Riportiamo, anche, la nota emanata che il MIUR – D.G. per le Risorse Umane del Ministero, Acquisti e Affari Generali – ha emanato con riferimento alla Circolare n.2 - 17 febbraio 2014, del Dipartimento Funzione Pubblica.
ItaliaOggi – 22 aprile 2014
“Permessi per le visite mediche, ancora nessuna risposta dal governo"
Finita la tregua pasquale, minaccia di riesplodere ancora con più virulenza la polemica in merito alle nebulose disposizioni in materia di assenze per visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici contenute nella circolare del dipartimento della funzione pubblica del 17 febbraio 2014 a firma dell'allora ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione Gianpiero D'Elia (si veda tra l'altro ItaliaOggi di martedì scorso). Una circolare che doveva avere l'obiettivo di assicurare l'interpretazione omogenea delle nuove disposizioni in materia di assenze per malattia dei pubblici dipendenti introdotte dall'articolo 4, comma 16 bis, del decreto legge 101/2013 entrato in vigore il 31 ottobre 2013, e contrastare il fenomeno dell'assenteismo nelle amministrazioni. E che rischia, invece, di favorirlo introducendo, nell'ipotesi di permessi, nuove formalità per giustificare di averli utilizzati per lo scopo per il quale erano stati chiesti al dirigente scolastico. É infatti richiesta una attestazione di presenza che deve essere rilasciata dal medico o dalla struttura sanitaria anche privata che hanno svolto la visita o adempiuto la prestazione e trasmessa mediante posta elettronica al datore di lavoro.
Nell'attestazione di presenza deve inoltre risultare la qualifica e la sottoscrizione del soggetto che la redige, l'indicazione del medico e/o della struttura presso cui si è svolta la visita o la prestazione, il giorno, l'orario di entrata e di uscita del dipendente dalla struttura sanitaria erogante la prestazione. Poiché l'attestazione di presenza non è sostanzialmente un certificato di malattia non deve invece recare l'indicazione della diagnosi né del tipo di prestazione somministrata. Immediato è stato il concerto di reazioni negative da parte sia dei dirigenti scolastici sui quali dovrebbe ricadere l'onere di applicazione delle nuove disposizioni, che da parte del personale, ed in particolare di quello docente, per le conseguenze negative che una applicazione letterale delle nuove disposizione potrebbe avere sulla regolarità degli obblighi di servizio. La domanda che il personale si è immediatamente posto è semplicissima: per l'espletamento delle visite mediche, delle terapie, delle prestazioni specialistiche o degli esami diagnostici deve obbligatoriamente chiedere un permesso o, previa presentazione di certificazione medica, un giorno di assenza per motivi di salute? Una domanda rimasta fino ad oggi senza una risposta. Una risposta chiara è auspicata anche dai sindacati che hanno chiesto il ritiro della circolare al ministro Marianna Madia. Quanto alle motivazioni che sarebbero alla base della volontà del legislatore (contrastare il fenomeno dell'assenteismo), concretizzatasi appunto nell'articolo 4, comma 16 bis del decreto legge 101/2013, queste non possono interessare il personale della scuola che in materia di assenteismo per motivi di salute occupa uno degli ultimi posti nella graduatoria dei dipendenti pubblici.
www.istruzione.it – 22 aprile 2014
“Decreto Legge n. 101 del 31 agosto 2013, convertito in legge n. 125 del 30 ottobre 2013 - "Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni" - art.4 comma 16 bis - assenze per visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici”.
Con circolare n. 2 del 17 febbraio 2014, registrata alla Corte dei Conti il 19 marzo, il Dipartimento della Funzione Pubblica ha fornito indirizzi applicativi sull’art. 55 septies del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come novellato dall’art. 4, comma 16 bis, del decreto legge 101 del 31/8/2013, per quanto attiene alle assenze per visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici dei pubblici dipendenti.
Si trasmette pertanto la circolare in argomento, sottolineando in particolare quanto segue: 1. per l’effettuazione di visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici, il personale non potrà usufruire, di regola, di assenze per malattia, dovendo invece fruire dei permessi per documentati motivi personali (art. 18 CCNL 16.5.1995) o di istituti contrattuali similari o alternativi (permessi brevi di cui all’art. 20 del CCNL 16.5.1995 o riposi compensativi di cui agli artt. 26 e 27 CCNI 16.5.2001, integrativo del CCNL 16.2.1999). In assenza di ulteriori specifiche indicazioni in merito, si ritiene che, nell’ipotesi in cui l’assenza si verifichi prima dell’entrata in servizio del dipendente, il computo della durata della medesima dovrà effettuarsi riferendosi all’orario di ingresso al lavoro in ciascun ufficio, fermo restando il principio di flessibilità in entrata. 2. La giustificazione dell’assenza, nelle ipotesi in cui sia necessaria per poter usufruire dell’istituto richiesto (ad es. permessi per documentati motivi personali), deve avvenire mediante attestazione redatta dal medico o dal personale amministrativo della struttura pubblica o privata che ha erogato la prestazione (attestazione di presenza, v. p. 2 circolare Funzione Pubblica, cpv. 3 e 4). In alternativa, è possibile presentare dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà redatta, ai sensi del combinato disposto degli artt. 47 e 38 del DPR n. 445/2000, in conformità al modello inserito nella circolare ed allegato alla presente. 3. Se le visite specialistiche, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici sono concomitanti con una situazione di incapacità lavorativa del dipendente, troveranno applicazione le ordinarie regole sulla giustificazione dell’assenza per malattia. In tali casi, il medico (individuato ai sensi dell’art. 55 septies, comma 1, del d.lgs 165/01) redigerà pertanto la relativa attestazione di malattia, comunicandola all’amministrazione secondo le consuete modalità (cfr. Circolari nn. 1 e 2 DFP/DDI 2010). In assenza di ulteriori specifiche indicazioni sulla circolare, si ritiene che la situazione di “concomitanza” possa riferirsi tanto ai casi di accertamenti diagnostici tali da compromettere la capacità lavorativa del dipendente, quanto ai casi in cui il dipendente, già in situazione di incapacità lavorativa, debba essere sottoposto a visita (ad es. visita di controllo nel periodo di convalescenza successivo ad un intervento chirurgico). La circolare prevede invece espressamente le ipotesi in cui, a causa delle patologie sofferte, il dipendente debba sottoporsi periodicamente, anche per lunghi periodi, a terapie comportanti incapacità al lavoro. In tali casi, a fini di semplificazione, per poter usufruire dell’assenza per malattia si ritiene sufficiente anche un’unica certificazione del medico curante, redatta in forma cartacea, che attesti la necessità di trattamenti sanitari ricorrenti comportanti incapacità lavorativa, secondo cicli o un calendario stabilito dal medico. Tale certificazione, da presentare prima dell’inizio delle terapie, dovrà essere integrata, di volta in volta, dalle singole attestazioni di presenza dalle quali risulti l’effettuazione delle terapie per ciascuna giornata. In tali casi, l’attestazione di presenza – redatta secondo le modalità di cui al punto 2 – dovrà contenere anche l’indicazione che la prestazione è somministrata nell’ambito del ciclo o calendario di terapia prescritto dal medico curante. Eventuali ulteriori chiarimenti interpretativi potranno essere richiesti al seguente indirizzo di posta elettronica: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Si ringrazia per la collaborazione.

Il Sole 24Ore – 23 aprile 2014
“Dietrofront del Governo sul taglio agli enti di ricerca e alle università"
░ Nell'ultima versione del decreto sul cuneo fiscale - che è stato approvato dal C.dM.,venerdì scorso ed è ancora in attesa di pubblicazione sull Gazzetta Ufficiale - scompare la riduzione di 30 milioni al Fondo di finanziamento ordinario degli atenei. Analogamente è eliminata la doppia stretta sugli enti di ricerca prevista inizialmente. Di Eugenio Bruno
Nelle bozze precedenti del provvedimento, all'articolo 50 che contiene le disposizioni finanziarie, erano contenuti 2 commi che avevano fatto sussultare il mondo accademico e della ricerca. Il primo prevedeva la riduzione dei trasferimenti dello Stato per gli enti di ricerca contenuti in una tabella allegata che non era però disponibile; il secondo imponeva agli enti di ricerca vigilati dal Miur, eccetto l'Invalsi, una riduzione del Fondo ordinario con cui assicurare il contenimento della spesa per consumi intermedi. Sempre per la stessa finalità quest'ultima norma decurtava il Fondo di finanziamento ordinario delle università (il cosiddetto Ffo) di 30 milioni nel 2014 e 45 milioni nel 2015. … Nella versione definitiva del dl che sta per essere inviata al Colle per la firma del capo dello Stato quella doppia stretta in realtà non c'è più. Dall'articolo 50 sulle coperture del decreto è sparito sia il comma con i sacrifici imposti agli enti di ricerca sia la sforbiciata al Ffo. L'unico sacrificio che il Miur è chiamato a sopportare, come tutti gli altri ministeri, riguarda invece la spesa per beni e servizi. Dei 200 milioni di decurtazioni imposte alle amministrazioni centrali dello Stato, da viale Trastevere ne dovranno arrivare 6,3 per il 2014 e 9,4 milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016. A esclusione, specifica il testo, delle spese per il funzionamento delle istituzioni scolastiche.

latecnicadellascuola.it – 24 aprile 2014
Dopo i “ponti" sarà tempo di scioperi università"
░ Il primo è programmato per il 28 aprile con l’astensione dal lavoro di docenti e Ata organizzata dall’Unicobas. Il 6 e 7 maggio si asterrà dalle lezioni il personale della scuola dell’infanzia e primaria per ribadire il no alle prove Invalsi (ma non solo); il 13 maggio sarà la volta di medie e superiori. Seguirà l’astensione proclamata dai Cobas, in corrispondenza delle invise prove Invalsi.
Dopo il ponte della Festa della Liberazione, che in alcuni istituti è stato “attaccato” con le festività pasquali, lunedì 28 aprile riprenderanno le lezioni nelle scuola italiane. Ma non dappertutto. “Contro la politica del Ministro Giannini”, l’Unicobas ha infatti confermato lo sciopero per l'intera giornata, sia per il personale docente che Ata, di ruolo e non, delle scuole pubbliche di ogni ordine e grado. La conferma è arrivata anche dal ministero dell'Istruzione.
Secondo il segretario nazionale Unicobas, Stefano d’Errico, lo sciopero servirà a rivendicare tanti problemi irrisolti. Ma stavolta prima di tutto a educare “il Ministro a minor protervia: abbiamo capito cosa vuole la Giannini: 1) eliminare la libertà d'insegnamento e d'apprendimento tramite 'valutazioni' discrezionali d'autorità da parte dei dirigenti collegata ai risultati dei vergognosi test Invalsi ed una gestione privatistica incardinata sul capitale privato (inteso come committenza); 2) sopprimere gli scatti d’anzianità, già ‘congelati’ e restituiti solo in parte (grazie ad un accordo-truffa sottoscritto da CISL, UIL, SNALS e Gilda) a detrimento del fondo di istituto, ormai privo di risorse; 3) fingere di non accorgersi che retribuendo al livello più basso d’Europa i docenti ed investendo meno di chiunque in percentuale di PIL destinata ad istruzione, università e ricerca, si sviluppa una ‘pedagogia sociale’ che deprime il valore della scuola e della cultura; 4) realizzare l'ultimo punto del programma della Loggia P2 rimasto ‘inevaso’: eliminare il valore legale del titolo di studio; 5) eliminare gli organi collegiali, trasformare le scuole in fondazioni e farle gestire da consigli di amministrazione presieduti dal 'dirigente', assumere il personale per chiamata diretta e discrezionale come nelle scuole private; 6) ridurre i Licei a 4 anni”. Il sindacato coglie anche l’occasione per ricordare la necessità di avere “un contratto specifico per tutta la scuola fuori dall'area del pubblico impiego (dove non è prevista certo la 'libertà di impiegamento' e dove non esistono le responsabilità penali che gravano su chi a che fare con minori) e l'istituzione di un Consiglio Superiore della Docenza adibito a garantire, così come per la Magistratura, l'autonomia e la terzietà della Scuola pubblica”. Appena qualche giorno dopo un altro lungo ponte, quello della Festa del Lavoro, il mondo della scuola sarà di nuovo in sciopero. Stavolta a proclamarlo sono stati i Cobas, in corrispondenza delle invise prove Invalsi: “A noi – ha spiegato qualche giorno fa Piero Bernocchi, portavoce nazionale Cobas - sembra un rito distruttivo e insensato quello dei quiz Invalsi, reiterati malgrado il loro fallimento acclarato. E ora non è più solo l’opinione dei Cobas e dei docenti, anche universitari, e intellettuali che la pensano come noi: ma addirittura è l’ammissione dei nostri principali avversari in questa battaglia culturale e sindacale, e cioè la Fondazione Agnelli, finora protagonista dell’infatuazione ‘invalsiana’”. Il 6 e 7 maggio si asterrà dalle lezioni il personale della scuola dell’infanzia e primaria. Il 13 maggio sarà la volta di quello delle medie e delle superiori….

orizzonte scuola.it – 25 aprile 2014
“Licei quadriennali. Il prossimo anno altre tre sperimentazioni. Il Ministero rassicura, ne verificheremo l'affidabilità"
░ A una interrogazione parlamentare dell’on. Vacca del Movimento5stelle, il Sottosegretario Donghia ha dato assicurazioni in materia dei progetti di innovazione metodologico-didattica che attivano percorsi quadriennali di scuola secondaria di II grado sperimentali: il Governo ne verificherà l'affidabilità e la trasparenza delle procedure. Inoltre, con i decreti autorizzativi delle sperimentazioni i competenti UU.SS.RR. sono chiamati a costituire specifici comitati tecnico-scientifici che provvederanno annualmente a valutare gli esiti dei progetti di innovazione, di cui il Ministero potrà fornire puntuale documentazione. Riportiamo la trascrizione a verbale della replica con cui Gianluca Vacca si è dichiarato insoddisfatto della risposta del rappresentante del Governo.
“Rileva, infatti, come vi sia assoluta mancanza di trasparenza sulla sperimentazione in atto presso talune istituzioni scolastiche, mancando sia i relativi dati sia ulteriori elementi di valutazione come progetti o decreti attuativi, i quali non sono reperibili neppure sul sito istituzionale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Ritiene, quindi, che il progetto di riduzione di un anno dei percorsi di studio della scuola secondaria di secondo grado sia frammentario, non avendo un quadro di riferimento nazionale certo. Reputa, inoltre, non opportuno iniziare tale sperimentazione presso gli istituti paritari, perché questa sia poi riportata alle scuole statali, in quanto la stessa sperimentazione dovrebbe essere attivata anzitutto nelle istituzioni scolastiche statali, per poi, eventualmente, essere trasferita alle scuole paritarie. Il dubbio avanzato dall'Onorevole è se dietro questo atteggiamento vi sia la volontà di attuare, al fine di reperire nuove risorse, un repentino taglio di fondi per la scuola, realizzato tramite la riduzione di un anno del corso di studi superiori. Questo reale obiettivo, che sembra confermato da quanto indicato nell'atto di indirizzo del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 4 febbraio 2013 che, nella priorità n. 5, punto c), connette la riduzione di un anno del corso di studi superiori «anche alla destinazione delle maggiori risorse disponibili per il miglioramento della qualità e della quantità dell'offerta formativa», sarebbe perseguito in assenza di una reale attività di sperimentazione controllabile da parte dei cittadini. Rileva, infine, come, di fronte a questa ipotesi di taglio di circa 40 mila cattedre, con un risparmio di alcune centinaia di milioni di euro, altri Stati, come gli Stati Uniti d'America, stiano sperimentando l'allungamento sino a 6 anni degli studi secondari superiori, in particolare ad indirizzo tecnico. Precisa, quindi, che ridurre di un anno il corso di studi superiori, per immettere gli studenti prima nel circuito universitario, non è utile, se poi gli stessi studenti abbandonano precocemente gli studi, come dimostrano le rilevazioni sul tasso di abbandono universitario che in Italia è il più elevato d'Europa.

 Governarelascuola.it – 13 aprile 2014

La scuola. Un modo senza prospettive"

░ Riportiamo, da Pietro Perziani, unainteressante proposta per dare prospettive di carriera nel lavoro a Scuola.

Un docente va in pensione facendo esattamente le stesse cose che faceva nel suo primo giorno di lavoro, lo stesso avviene per il dirigente scolastico; nessuno dei due ha la prospettiva di un arricchimento professionale della sua prestazione lavorativa, di un avanzamento di carriera e di una maggiore soddisfazione economica, a parte gli scatti di anzianità per i docenti. Questa è la conseguenza della marginalizzazione della scuola autonoma rispetto al sistema di istruzione e dell’anomiagiuridico-istituzionale che caratterizza la singola istituzione scolastica; le deficienze strutturali hanno pesanti ricadute sul personale e l’insoddisfazione di docenti, ATA e dirigenti ha naturalmente pesanti ricadute sulla qualità del servizio. Non si dice forse che la scuola è il regno del burnout? Si potrebbe dire che almeno una forma di carriera nella scuola esiste: un docente può diventare dirigente scolastico; ma si tratta veramente di una carriera? La risposta è no.

Intanto, va considerato un fatto puramente quantitativo: non più dell’1% dei docenti può diventare dirigente, un’altra piccolissima percentuale ispettore; la cosa più importante, però, è che quello che un docente fa o non fa nell’ambito della sua prestazione professionale non ha alcuna influenza sulla possibilità di diventare dirigente Un impiegato laureato che viene assunto al MIUR ha davanti a sé la prospettiva di una carriera che, per gradi intermedi, lo può portare fino ai massimi livelli dell’Amministrazione; tutto questo, per il docente non vale: nasce docente, muore docente. Forse non ci si è mai fatto mente locale, ma lo stesso vale per il dirigente scolastico; un giovane di 35 che è stato appena assunto ha davanti a sé più di 30 anni di lavoro sempre uguale, quello che fa oggi lo farà per sempre; particolare da non sottovalutare: non avrà alcuna possibilità di guadagnare di più. Anche nella scuola, come in qualsiasi posto di lavoro, ci dovrebbe essere la possibilità di più alternative professionali e di un avanzamento di carriera, che dai livelli di ingresso porti ai livelli più alti di gestione dell’amministrazione di appartenenza. Cosa fare? Proviamo a delineare una “Carriera della Scuola”, senza trascurare il personale ATA e i DSGA; non andiamo oltre delle semplici suggestioni, il tema andrà ripreso con un approfondimento ben maggiore.Per prima cosa, va istituzionalizzata una diversificazione della funzione docente, lungo tre direttrici:

1-Creazione del middle managment con funzione di line; dovrebbero essere istituzionalizzate tutte le figure di collaborazione del dirigente nella gestione della scuola che già esistono, senza una veste giuridica precisa

2-Creazione della funzione vicaria, nella veste giuridica di una vice dirigenza o qualcosa di equivalente, come ruolo a se stante

3-Creazione delle figure di staff, istituzionalizzando le funzioni di quanti contribuiscono all’elaborazione e alla gestione della didattica, eliminando nel contempo tutte le figure spurie di origine contrattuale.

Per quanto riguarda il personale ATA, dove la possibilità di un avanzamento di carriera esiste, va previsto il riconoscimento della Vice Dirigenza anche al DSGA. Arrivati alla dirigenza dell’istituzione scolastica autonoma, il percorso non si deve fermare; se l’autonomia scolastica si deve espandere sul territorio, lo stesso deve succedere per la sua dirigenza. Il sistema di istruzione e formazione deve essere gestito da chi gestisce la scuola, cioè dai dirigenti scolastici, fino ai massimi livelli, sia a livello centrale che periferico. Quanto appena detto vale tanto più se si va verso una dirigenza apicale a tempo determinato.

l’Unità – 14 aprile 2014

Laureati, disoccupati, scoraggiati"

░ Le risultanze di un’indagine realizzata dalConsorzio Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureatiDal 2008 al 2012, il tasso di disoccupazione dei laureati di I livello è cresciuto di 11 punti. Di CarloButtaroni, Presidente Tecnè.

… Le grandi trasformazioni avvenute in quegli anni alimentavano l’idea che in Italia, come in altri paesi occidentali, la rigida divisione in classi appartenesse ormai al passato. E, in effetti, il cambio di struttura economica iniziato negli anni Cinquanta con il processo d’industrializzazione prima e di terziarizzazione poi, hanno segnato una rapida crescita della classe operaia urbana e della classe media impiegatizia, insieme all’affermarsi di una borghesia legata alla piccola industria e al commercio, registrando tassi elevati di mobilità sociale ascendente.Una mobilità che ha consentito non solo a milioni d’italiani di raggiungere condizioni di benessere individuale, ma a tutto il Paese di crescere e acquistare fiducia in se stesso, dando corpo a un ceto medio sempre più diffuso e dinamico. Questo imponente processo di mobilità sociale ha avuto il suo apice negli anni Sessanta per rallentare progressivamente nei decenni successivi. E mentre diminuivano le possibilità di ascesa sociale, crescevano contestualmente i vantaggi determinati dalla posizione di partenza ereditata della famiglia. Con il risultato che, dagli anni Ottanta, gli eredi delle classi medie e superiori riuscivano con minore frequenza a ricalcare la dinamica ascendente dei padri, e assai più fatica dovevano fare i figli delle classi inferiori per emanciparsi dalle loro origini. Già negli anni Novanta, le possibilità che avevano i figli d’imprenditori, liberi professionisti, dirigenti di accedere ai vertici della gerarchia sociale superavano di dodici volte le possibilità su cui potevano contare i giovani provenienti da famiglie di classi inferiori. Non solo: le classi più elevate riescono anche a garantire una protezione più elevata contro i rischi di discesa verso posizioni inferiori, riducendo, quindi, le opportunità di ricambio ai vertici della piramide sociale. Questo fenomeno si accentua ancora di più nel decennio successivo fino a quando, a cavallo tra il nuovo secolo e i giorni nostri, le traiettorie sociali invertono la direzione. Gli ascensori sociali si bloccano in salita, mentre aumentano le frequenze delle discese e l’Italia sperimenta, complice anche la crisi economica, una radicale discontinuità storica rispetto agli ultimi cinquant’anni. … Paradossalmente, ad aggravare gli effetti del blocco della mobilità sociale ascendente è la crescita dei livelli d’istruzione dei giovani. A parità di titolo di studio, infatti, i figli si collocano in posizioni professionali meno qualificate rispetto a quelle dei loro genitori, rendendo inevitabilmente meno produttivo il loro capitale umano. A un anno dal conseguimento del titolo, il tasso di disoccupazione dei laureati di primo livello è cresciuto di oltre 11 punti in soli 4 anni, passando dal 15,1% del 2008 al 26,5% del 2012. E mentre è cresciuta la difficoltà a trovare un lavoro, per gli occupati si sono ridotti i guadagni netti mensili, inferiori di un quinto per i laureati nel 2012 rispetto ai colleghi che hanno conseguito il titolo nel 2008. Un fenomeno che inevitabilmente induce a ritenere la laurea meno efficace rispetto al passato.

 

ItaliaOggi – 15 aprile 2014

Visite specialistiche, che caos !"

░ Difformità tra una circolare della Funzione pubblica e la legge.

 

 

 

Monta la protesta dei lavoratori della scuola contro il divieto di utilizzare le assenze per malattia per le visite specialistiche e gli esami diagnostici. Divieto che è stato introdotto dalla Funzione pubblica, con la circolare n. 2 emanata il 17 febbraio scorso.Secondo il dipartimento, l'articolo 4, comma 16-bis, del decreto legge 101/2013 precluderebbe ai dipendenti pubblici di imputare ad assenza per malattia quelle dovute a visite specialistiche ed esami clinici. E quindi, per questo genere di assenze, bisognerebbe utilizzare i permessi per motivi personali. La questione … sembrerebbe fondarsi su un equivoco, indotto dall'adozione di un criterio meramente letterale nell'interpretazione della disposizione contestata. La quale prevede che, quando si utilizza un'assenza per malattia per questo genere di motivi, il permesso debba essere giustificato con un'attestazione del medico o della struttura sanitaria. Ciò ha indotto la Funzione pubblica a ritenere che non si tratti di assenze per malattia, ma di permessi. E quindi, essendo il permesso per motivi personali l'unico utilizzabile in alternativa alle assenze per malattia, questa sarebbe l'unica soluzione possibile. Il ragionamento non fa una grinza, se non fosse per il fatto che l'intenzione del legislatore sembrerebbe diversa. Leggendo la relazione illustrativa si scopre, infatti, che il comma 16-bis, altro non sarebbe se non «una modifica tecnica volta a stabilire che la giustificazione è da riferirsi al permesso richiesto e non all'assenza in quanto tale». In buona sostanza, dunque, ciò che deve essere dimostrato ai fini del diritto non è lo stato morboso (come nel caso delle assenze per malattia in senso stretto) ma il titolo (il permesso) che abbia determinato l'insorgenza del diritto. Nel caso specifico: la sottoposizione ad una visita specialistica o ad un esame clinico. I cui esiti potrebbero anche essere negativi. E quindi, siccome il dipendente che dovesse sottoporsi a visite o esami potrebbe anche risultare sano come un pesce, la giustificazione non può consistere in un certificato medico che accerti l'esistenza dello stato patologico (come nelle assenze per malattia in senso stretto). Di qui la necessità della semplice attestazione del medico che lo abbia visitato oppure della struttura sanitaria dove sia stato sottoposto ad accertamenti. Fin qui l'interpretazione delle parole.

Ma ci sono anche aspetti più complessi da considerare, quali le necessità dei lavoratori affetti da gravi patologie, che ,anche quando sono abili al lavoro, necessitano di continui accertamenti e conseguenti visite specialistiche per il dosaggio dei farmaci salvavita. Si pensi, per esempio, ai diabetici o ai malati di cancro. In questi casi, i controlli e le visite possono essere anche molto frequenti. E quindi, i permessi per motivi personali sono assolutamente insufficienti. …. Insomma, una bella gatta da pelare per il ministro Maria Anna Madia, chiamata a dirimere una questione emersa a causa di una circolare che porta la firma del suo predecessore Gianpiero D'Alia. E che, considerati gli interessi in gioco, rischia di scatenare un contenzioso di enormi proporzioni.

 

http://www.laricerca.loescher.it – 15 aprile 2014

“Una squadra fortissimi"

░ MarinBoscaino interviene sul tema del reclutamento degli insegnanti, che la Giannini auspicherebbe fosse affidato ai dirigentiscolastici.

Si tratta di un tema delicato, sul quale sarebbe il caso di riflettere con minore velocità e maggiore ponderatezza. All’ipotesi si oppone, innanzitutto, l’art. 97 della Costituzione, che al comma 3 recita: “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge…. Il concorso pubblico – senza dubbio perfettibile, in alcuni casi inficiato dall’italica propensione almalcostume o da errori – è non solo garanzia del principio di pari opportunità nel reclutamento; ma anche di pari opportunità per il diritto all’apprendimento degli studenti. Nonché del fatto che, tra i principali strumenti che lo Stato ha a disposizione per configurare il principio di uguaglianza (comma 2 dell’art. 3 della Carta: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”), c’è anche e soprattutto la scuola pubblica. L’abbassamento dei livelli di competenze, i salari con un potere d’acquisto sempre più avvilente, lo scarso investimento sul ruolo del docente e sulla scuola pubblica che ha – trasversalmente, purtroppo – scandito le politiche scolastiche degli ultimi lustri, hanno avuto effetti negativi sulla motivazione di molti. La perdita di una funzione culturale e di uno statuto sociale dei docenti di una società che si alimenta di ben altri miti, sono sintetizzati da due estremi, altrettanto demagogici e occhieggianti a consensi opposti, che danno in maniera analoga il senso di una professione che non riesce più a trovare una collocazione significativa all’interno di questa società: da una parte la glorificazione – a salario fermo e contratto bloccato da tanti anni – di coloro che ci hanno chiamato e ci chiamano eroi; dall’altra la ventata di strategie diffamatorie dell’intera categoria degli insegnanti – inaugurata da alcuni interventi sui più importanti quotidiani di economisti editorialisti come Ichino,Panebianco, Giavazzi – che sono alla base di un’asfittica e punitiva visione della valutazione e di una premialità legata a criteri fluttuanti, lontani anni luce da ciò che si deve sapere e saper fare per interpretare dignitosamente ed efficacemente la nostra professione. Spesso inconsapevoli di ciò che la scuola è, nella sostanza. O ansiosi di giustapporre al “luogo scuola” – con le sue particolarità e specificità – i limiti angusti, e ad esso incoerenti, delle realtà aziendaliGli insegnanti oscillano tra una sfiduciata dismissione culturale e relazionale, che accompagna quella sociale; e un ostinato esercizio della vocazione missionaria che molti di noi hanno; quella vocazione che ha consentito  alla scuola di andare avanti comunque, tentando di tamponare e di neutralizzare i danni che gli strateghi delle politiche dell’istruzione producevano impunemente. Nessuno dei nostri politici ha pagato il conto di errori marchiani (l’abbassamento dell’obbligo scolastico, la diminuzione drammatica delle competenze dilettoscrittura nei quindicenni scolarizzati nel nostro Paese, ad esempio), di scoop ad uso della stampa che si sono tradotti in nulla o – peggio – in operazioni opinabili (la geostoria, il portfolio, il tempo pieno ridotto da diritto a fortunata opportunità, la politica della “semplificazione”). A nessuno è stato presentato il conto di cambiamenti continui – traumatici o a colpi di “cacciavite” – che la scuola ha subito protestando o no, ma troppo spesso sostituendo all’opposizione e alla condivisione della resistenza l’adattamento (responsabile o di comodo) alle novità. Le responsabilità sono fluttuanti: non sappiamo o preferiamo non assegnare a nomi e cognomi, per chiedere ragione delle continue bizzarrie che di pedagogico – da qualsiasi parte politica siano provenute – non hanno nulla … In questo contesto si inserisce l’insistenza sul tema della chiamata diretta. Inopportuno, dunque, sia dal punto di vista normativo che delle condizioni concrete. Quali sarebbero i criteri che garantiranno identiche condizioni di accesso? Quali le caratteristiche dei profili più richiesti? Per quali motivi gli istituti scolastici meno rinomati (e dunque meno ambiti), già caratterizzati da una popolazione studentesca svantaggiata, dalla localizzazione in zone marginali, dovrebbero – come è ovvio e fisiologico che sia – accontentarsi dei docenti meno titolati, meno referenziati dal punto di vista culturale – ampliando così i margini di svantaggio già esistenti?  Come si misura la capacità di relazione e di cura che un insegnante è in grado di sviluppare? Qual è il vantaggio di amplificare il gap che già esiste tra zone del Paese e – nell’ambito del Paese – tra scuola e scuola? Queste e tante altre ledomande.

 

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. – 15 aprile 2014

Già accolto un ricorso su tre Concorsi universitari nel caos"

░ I risultati dell’Abilitazione Nazionale universitaria sono stati contestati dinanzi ai tribunali, da 600 aspiranti professori. Se alla fine i giudici daranno ragione al candidato bisognerà fare tutto daccapo.

Non c’è pace per l’Abilitazione scientifica nazionale. È la tappa che può aprire la strada — o sbarrarla — ai concorsi universitari per diventare docenti ordinari (prima fascia) o associati (seconda) nei prossimi anni. Un appuntamento per quasi sessantamila persone. Ma che ora per il ministero dell’Istruzione è diventato una grana giudiziaria, oltre che accademica. Con risvolti legali che potrebbero tirare in ballo anche la Corte costituzionale. Soprattutto quando a giugno e luglio saranno esaminati i ricorsi che mettono in discussione addirittura la costituzionalità delle norme che regolano l’abilitazione. E così prima di arrivare nelle aule universitarie bisognerà vedere che succede in quelle dei tribunali. Fino a ieri 66 commissioni (su 184, più di un terzo) hanno chiesto interventi di «autotutela». Per rivedere alcuni giudizi, certo. Ma anche per evitare possibili ricorsi al Tar. E proprio al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione terza, di ricorsi inviati dai candidati «non idonei» ne sono arrivati quasi 600. Di questi — secondo le prime stime — ne sono stati accolti circa 200. Uno su tre. E per ognuno il ministero deve rinominare entro sessanta giorni una nuova commissione (quattro docenti italiani, uno straniero) per rigiudicare chi ha proposto ricorso. Quattro sono i punti critici. Il primo: quando i candidati sono stati giudicati da commissioni senza membri esperti. Il secondo: quando gli indicatori bibliometricisulle pubblicazioni scientifiche — essenziali per essere valutati — si sono rivelati errati. Il terzo: quando la mancata idoneità è stata accompagnata da cinque giudizi tutti negativi, ma con motivazioni non omogenee. Il quarto: quando i commissari non hanno abilitato pur valutando «accettabili» i titoli dell’aspirante docente. Per il Tar «accettabile» non è un giudizio negativo. A complicare ancora di più la situazione, proprio in questi giorni leuniversità stanno attivando le procedure di chiamata. Per non parlare della seconda tornata dell’Abilitazione: i lavori sono stati prorogati di un altro mese. 

 

L’Unità – 16 aprile 2014

La riforma dell’apprendistato: quali i rischi di effetti negativi (inattesi)?"

░ Il tema della formazione in apprendistato, visto da Ugo Ascoli e Emmanuele PavoliniLe riflessioni si basano sull’esperienza di amministratore di uno dei due autori di questo articolo (che è stato per vari anni Assessore regionale al Lavoro) e sui risultati di una ricerca condotta nell’ultimo biennio all’interno di un progetto di ricerca del MIUR (PRIN) sui temi del welfare, in cui una parte specifica è stata dedicata al funzionamento dell’apprendistato. Riportiamo in parte.

L’attuale governo ha ritenuto di dover intervenire con celerità su questioni relative al mercato del lavoro con un decreto legge, il 34 del 20 marzo 2014, onde modificare la regolazione di alcune importanti forme di contratto: l’apprendistato (incidendo soprattutto su quello più praticato, ovvero quello ‘professionalizzante’) ed il contratto a tempo determinato. Renzi, tramite il decreto “Poletti”, interviene sul contratto di apprendistato. Nel corso degli ultimi decenni si è ripetutamente intervenuto sui limiti di età per avere accesso a tale strumento: seguendo una direzione di progressivo innalzamento di tale limite nel 1997 si elevò l’età dell’apprendista fino a 24 anni; nel 2003 si portò tale limite fino a 29 anni e si elevò il periodo possibile dell’apprendistato ‘professionalizzante’ a sei anni; nel 2011 venne approvato il Testo Unico che riportava la durata massima a tre anni; nel 2012 si rivedevano gli sgravi contributivi a favore del datore di lavoro (fino al 100% per un impresa con meno di nove addetti). Da un punto di vista degli strumenti per facilitare l’inserimento sul mercato del lavoro dei giovani, il valore e l’importanza del contratto di apprendistato risiedono nell’essere un contratto ‘a causa mista’: la doppia attenzione su inserimento lavorativo e formazione ne costituiscono l’essenza e la forza.  L’idea di coniugare esperienza in azienda con attività formative, spendibili in un contesto più ampio di mercato del lavoro, si è andata affievolendo nel corso del tempo. Dieci anni fa le ore della ‘formazione trasversale’ erano 120 annue. Si è giunti successivamente a 120 in tre anni. Con il decreto Poletti l’obbligo è stato praticamente azzerato. Per essere più precisi il decreto del marzo 2014 rende facoltativa e non obbligatoria la formazione trasversale. …Il nodo della formazione ha da sempre rappresentato una questione spinosa nell’ambito dei rapporti fra datori di lavoro, organizzazioni sindacali e soggetti pubblici, spesso responsabili dei percorsi formativi ‘esterni’: in nessuna regione italiana si è mai riusciti a mettere in formazione più di un terzo dei giovani in apprendistato e tutte le ricerche hanno mostrato un funzionamento profondamente insoddisfacente per le modalità dei percorsi attivati. Tuttavia erano in molti a pensare che occorresse ridisegnare tale formazione, facendone veramente una leva per migliorare la capacità dei giovani di ricollocarsi efficacemente in un’altra attività lavorativa, dopo la conclusione di un periodo di apprendistato, piuttosto che abdicare nella sostanza all’aspirazione di investire in tale direzione. Contemporaneamente buona parte dei datori di lavoro l’ha sempre considerata come ‘una perdita di tempo’ che riduce il monte ore investito nel lavoro e quindi un costo per l’impresa.

 

orizzontescuola.it – 18.04.20145

Graduatorie di istituto: abilitati TFA alMiur. Aggiornamento a maggio, ancora nessuna soluzione per i punteggi, impossibile accontentare tutti"

░ Il prestigioso periodico professionale – tra i più completi e puntuali – ospita una lettera del prof. Edoardo Ricci. Si inserisce nella disputa tra abilitati con TFA e abilitandi con PAS.

Una delegazione di docenti abilitati con TFA è stata ricevuta a colloquio, durante la manifestazione di giovedì 17 aprile, dal Capo di Gabinetto dott. Fusacchia e dalla dott.ssa Montesarchio. La rappresentanza tieffina ha avuto modo di illustrare, in questa sede, il dossier con le proposte atte a valorizzare il titolo di abilitazione conseguito con merito.Sono state presentate all’attenzione degli interlocutori istituzionali le seguenti questioni: a) La distinzione di punteggio tra TFA e PAS da ottenere tramite la valorizzazione della discriminante oggettiva che rende differenti i due percorsi, ossia la presenza di una triplice prova selettiva in ingresso, da quantificare in almeno 24 punti a favore dei percorsi ordinari basati sul fabbisogno. E’ stata presentata, a tal fine, una bozza di tabella di valutazione dei titoli per l’aggiornamento imminente della seconda fascia delle graduatorie di istituto; b)l’illegittimità dell’inserimento con riservadei PAS, da sciogliere a conseguimento del titolo, nella seconda fascia delle graduatorie di istituto, non essendo contemplata dal Regolamento delle supplenze (D.M. 131/07)….. c)la necessità di superare il limite della scelta di venti scuole, incrociando le graduatorie di seconda fascia degli istituti su base provinciale, in modo da assicurare il conferimento degli incarichi annuali e delle supplenze su organico di fatto a personale abilitato; d) l’affermazione del diritto degli abilitati TFA al doppio canale di reclutamento, previo inserimento nella fascia aggiuntiva delle graduatorie ad esaurimento e l’indizione di un nuovo concorso a cattedra, nel rispetto della Legge 124/99. E’ stato sottolineato, a proposito, come l’inserimento dei docenti abilitati con TFA e dei laureati in Scienze della Formazione Primaria entro l’a.a. 2012-13 nella quarta fascia delle Graduatorie ad esaurimento, rispettando la chiusura di queste ultime, avrebbe il merito di rispettare il principio di priorità temporale tra i titoli di abilitazione all’insegnamento, in attesa di una nuova riforma del reclutamento che dovrà interessare esclusivamente i futuri abilitati, tramite l’istituzione regime le lauree magistrali abilitanti con tirocinio formativo previste dal DM 249/10. e) I casi particolari dei vincitori di più classi di concorso e degli idonei al primo ciclo TFA e la paradossale condizione dei futuri abilitati del TFA sostegno, che rischiano di non poter fruire del titolo di specializzazione fino al rinnovo delle graduatorie del 2017. La componente ministeriale ha rassicurato i tieffini chel’aggiornamento delle graduatorie d’istituto avverrà nel mese di maggio e che entro fine aprile porterà a conoscenza le scelte operate in merito alla questione della differente valutazione dei titoli di abilitazione TFA ePASSe chiaro è parso il riconoscimento del valore del percorso formativo TFA e vivo l’interesse nei confronti delle soluzioni prospettate, non è stata tuttavia fornita alcuna risposta sulle soluzioni che il Ministro intenderà adottare

 

 Governarelascuola.it – 13 aprile 2014

La scuola. Un modo senza prospettive"

░ Riportiamo, da Pietro Perziani, unainteressante proposta per dare prospettive di carriera nel lavoro a Scuola.

Un docente va in pensione facendo esattamente le stesse cose che faceva nel suo primo giorno di lavoro, lo stesso avviene per il dirigente scolastico; nessuno dei due ha la prospettiva di un arricchimento professionale della sua prestazione lavorativa, di un avanzamento di carriera e di una maggiore soddisfazione economica, a parte gli scatti di anzianità per i docenti. Questa è la conseguenza della marginalizzazione della scuola autonoma rispetto al sistema di istruzione e dell’anomiagiuridico-istituzionale che caratterizza la singola istituzione scolastica; le deficienze strutturali hanno pesanti ricadute sul personale e l’insoddisfazione di docenti, ATA e dirigenti ha naturalmente pesanti ricadute sulla qualità del servizio. Non si dice forse che la scuola è il regno del burnout? Si potrebbe dire che almeno una forma di carriera nella scuola esiste: un docente può diventare dirigente scolastico; ma si tratta veramente di una carriera? La risposta è no.

Intanto, va considerato un fatto puramente quantitativo: non più dell’1% dei docenti può diventare dirigente, un’altra piccolissima percentuale ispettore; la cosa più importante, però, è che quello che un docente fa o non fa nell’ambito della sua prestazione professionale non ha alcuna influenza sulla possibilità di diventare dirigente Un impiegato laureato che viene assunto al MIUR ha davanti a sé la prospettiva di una carriera che, per gradi intermedi, lo può portare fino ai massimi livelli dell’Amministrazione; tutto questo, per il docente non vale: nasce docente, muore docente. Forse non ci si è mai fatto mente locale, ma lo stesso vale per il dirigente scolastico; un giovane di 35 che è stato appena assunto ha davanti a sé più di 30 anni di lavoro sempre uguale, quello che fa oggi lo farà per sempre; particolare da non sottovalutare: non avrà alcuna possibilità di guadagnare di più. Anche nella scuola, come in qualsiasi posto di lavoro, ci dovrebbe essere la possibilità di più alternative professionali e di un avanzamento di carriera, che dai livelli di ingresso porti ai livelli più alti di gestione dell’amministrazione di appartenenza. Cosa fare? Proviamo a delineare una “Carriera della Scuola”, senza trascurare il personale ATA e i DSGA; non andiamo oltre delle semplici suggestioni, il tema andrà ripreso con un approfondimento ben maggiore.Per prima cosa, va istituzionalizzata una diversificazione della funzione docente, lungo tre direttrici:

1-Creazione del middle managment con funzione di line; dovrebbero essere istituzionalizzate tutte le figure di collaborazione del dirigente nella gestione della scuola che già esistono, senza una veste giuridica precisa

2-Creazione della funzione vicaria, nella veste giuridica di una vice dirigenza o qualcosa di equivalente, come ruolo a se stante

3-Creazione delle figure di staff, istituzionalizzando le funzioni di quanti contribuiscono all’elaborazione e alla gestione della didattica, eliminando nel contempo tutte le figure spurie di origine contrattuale.

Per quanto riguarda il personale ATA, dove la possibilità di un avanzamento di carriera esiste, va previsto il riconoscimento della Vice Dirigenza anche al DSGA. Arrivati alla dirigenza dell’istituzione scolastica autonoma, il percorso non si deve fermare; se l’autonomia scolastica si deve espandere sul territorio, lo stesso deve succedere per la sua dirigenza. Il sistema di istruzione e formazione deve essere gestito da chi gestisce la scuola, cioè dai dirigenti scolastici, fino ai massimi livelli, sia a livello centrale che periferico. Quanto appena detto vale tanto più se si va verso una dirigenza apicale a tempo determinato.

l’Unità – 14 aprile 2014

Laureati, disoccupati, scoraggiati"

░ Le risultanze di un’indagine realizzata dalConsorzio Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureatiDal 2008 al 2012, il tasso di disoccupazione dei laureati di I livello è cresciuto di 11 punti. Di CarloButtaroni, Presidente Tecnè.

… Le grandi trasformazioni avvenute in quegli anni alimentavano l’idea che in Italia, come in altri paesi occidentali, la rigida divisione in classi appartenesse ormai al passato. E, in effetti, il cambio di struttura economica iniziato negli anni Cinquanta con il processo d’industrializzazione prima e di terziarizzazione poi, hanno segnato una rapida crescita della classe operaia urbana e della classe media impiegatizia, insieme all’affermarsi di una borghesia legata alla piccola industria e al commercio, registrando tassi elevati di mobilità sociale ascendente.Una mobilità che ha consentito non solo a milioni d’italiani di raggiungere condizioni di benessere individuale, ma a tutto il Paese di crescere e acquistare fiducia in se stesso, dando corpo a un ceto medio sempre più diffuso e dinamico. Questo imponente processo di mobilità sociale ha avuto il suo apice negli anni Sessanta per rallentare progressivamente nei decenni successivi. E mentre diminuivano le possibilità di ascesa sociale, crescevano contestualmente i vantaggi determinati dalla posizione di partenza ereditata della famiglia. Con il risultato che, dagli anni Ottanta, gli eredi delle classi medie e superiori riuscivano con minore frequenza a ricalcare la dinamica ascendente dei padri, e assai più fatica dovevano fare i figli delle classi inferiori per emanciparsi dalle loro origini. Già negli anni Novanta, le possibilità che avevano i figli d’imprenditori, liberi professionisti, dirigenti di accedere ai vertici della gerarchia sociale superavano di dodici volte le possibilità su cui potevano contare i giovani provenienti da famiglie di classi inferiori. Non solo: le classi più elevate riescono anche a garantire una protezione più elevata contro i rischi di discesa verso posizioni inferiori, riducendo, quindi, le opportunità di ricambio ai vertici della piramide sociale. Questo fenomeno si accentua ancora di più nel decennio successivo fino a quando, a cavallo tra il nuovo secolo e i giorni nostri, le traiettorie sociali invertono la direzione. Gli ascensori sociali si bloccano in salita, mentre aumentano le frequenze delle discese e l’Italia sperimenta, complice anche la crisi economica, una radicale discontinuità storica rispetto agli ultimi cinquant’anni. … Paradossalmente, ad aggravare gli effetti del blocco della mobilità sociale ascendente è la crescita dei livelli d’istruzione dei giovani. A parità di titolo di studio, infatti, i figli si collocano in posizioni professionali meno qualificate rispetto a quelle dei loro genitori, rendendo inevitabilmente meno produttivo il loro capitale umano. A un anno dal conseguimento del titolo, il tasso di disoccupazione dei laureati di primo livello è cresciuto di oltre 11 punti in soli 4 anni, passando dal 15,1% del 2008 al 26,5% del 2012. E mentre è cresciuta la difficoltà a trovare un lavoro, per gli occupati si sono ridotti i guadagni netti mensili, inferiori di un quinto per i laureati nel 2012 rispetto ai colleghi che hanno conseguito il titolo nel 2008. Un fenomeno che inevitabilmente induce a ritenere la laurea meno efficace rispetto al passato.

 

ItaliaOggi – 15 aprile 2014

Visite specialistiche, che caos !"

░ Difformità tra una circolare della Funzione pubblica e la legge.

 

 

 

Monta la protesta dei lavoratori della scuola contro il divieto di utilizzare le assenze per malattia per le visite specialistiche e gli esami diagnostici. Divieto che è stato introdotto dalla Funzione pubblica, con la circolare n. 2 emanata il 17 febbraio scorso.Secondo il dipartimento, l'articolo 4, comma 16-bis, del decreto legge 101/2013 precluderebbe ai dipendenti pubblici di imputare ad assenza per malattia quelle dovute a visite specialistiche ed esami clinici. E quindi, per questo genere di assenze, bisognerebbe utilizzare i permessi per motivi personali. La questione … sembrerebbe fondarsi su un equivoco, indotto dall'adozione di un criterio meramente letterale nell'interpretazione della disposizione contestata. La quale prevede che, quando si utilizza un'assenza per malattia per questo genere di motivi, il permesso debba essere giustificato con un'attestazione del medico o della struttura sanitaria. Ciò ha indotto la Funzione pubblica a ritenere che non si tratti di assenze per malattia, ma di permessi. E quindi, essendo il permesso per motivi personali l'unico utilizzabile in alternativa alle assenze per malattia, questa sarebbe l'unica soluzione possibile. Il ragionamento non fa una grinza, se non fosse per il fatto che l'intenzione del legislatore sembrerebbe diversa. Leggendo la relazione illustrativa si scopre, infatti, che il comma 16-bis, altro non sarebbe se non «una modifica tecnica volta a stabilire che la giustificazione è da riferirsi al permesso richiesto e non all'assenza in quanto tale». In buona sostanza, dunque, ciò che deve essere dimostrato ai fini del diritto non è lo stato morboso (come nel caso delle assenze per malattia in senso stretto) ma il titolo (il permesso) che abbia determinato l'insorgenza del diritto. Nel caso specifico: la sottoposizione ad una visita specialistica o ad un esame clinico. I cui esiti potrebbero anche essere negativi. E quindi, siccome il dipendente che dovesse sottoporsi a visite o esami potrebbe anche risultare sano come un pesce, la giustificazione non può consistere in un certificato medico che accerti l'esistenza dello stato patologico (come nelle assenze per malattia in senso stretto). Di qui la necessità della semplice attestazione del medico che lo abbia visitato oppure della struttura sanitaria dove sia stato sottoposto ad accertamenti. Fin qui l'interpretazione delle parole.

Ma ci sono anche aspetti più complessi da considerare, quali le necessità dei lavoratori affetti da gravi patologie, che ,anche quando sono abili al lavoro, necessitano di continui accertamenti e conseguenti visite specialistiche per il dosaggio dei farmaci salvavita. Si pensi, per esempio, ai diabetici o ai malati di cancro. In questi casi, i controlli e le visite possono essere anche molto frequenti. E quindi, i permessi per motivi personali sono assolutamente insufficienti. …. Insomma, una bella gatta da pelare per il ministro Maria Anna Madia, chiamata a dirimere una questione emersa a causa di una circolare che porta la firma del suo predecessore Gianpiero D'Alia. E che, considerati gli interessi in gioco, rischia di scatenare un contenzioso di enormi proporzioni.

 

http://www.laricerca.loescher.it – 15 aprile 2014

“Una squadra fortissimi"

░ MarinBoscaino interviene sul tema del reclutamento degli insegnanti, che la Giannini auspicherebbe fosse affidato ai dirigentiscolastici.

Si tratta di un tema delicato, sul quale sarebbe il caso di riflettere con minore velocità e maggiore ponderatezza. All’ipotesi si oppone, innanzitutto, l’art. 97 della Costituzione, che al comma 3 recita: “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge…. Il concorso pubblico – senza dubbio perfettibile, in alcuni casi inficiato dall’italica propensione almalcostume o da errori – è non solo garanzia del principio di pari opportunità nel reclutamento; ma anche di pari opportunità per il diritto all’apprendimento degli studenti. Nonché del fatto che, tra i principali strumenti che lo Stato ha a disposizione per configurare il principio di uguaglianza (comma 2 dell’art. 3 della Carta: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”), c’è anche e soprattutto la scuola pubblica. L’abbassamento dei livelli di competenze, i salari con un potere d’acquisto sempre più avvilente, lo scarso investimento sul ruolo del docente e sulla scuola pubblica che ha – trasversalmente, purtroppo – scandito le politiche scolastiche degli ultimi lustri, hanno avuto effetti negativi sulla motivazione di molti. La perdita di una funzione culturale e di uno statuto sociale dei docenti di una società che si alimenta di ben altri miti, sono sintetizzati da due estremi, altrettanto demagogici e occhieggianti a consensi opposti, che danno in maniera analoga il senso di una professione che non riesce più a trovare una collocazione significativa all’interno di questa società: da una parte la glorificazione – a salario fermo e contratto bloccato da tanti anni – di coloro che ci hanno chiamato e ci chiamano eroi; dall’altra la ventata di strategie diffamatorie dell’intera categoria degli insegnanti – inaugurata da alcuni interventi sui più importanti quotidiani di economisti editorialisti come Ichino,Panebianco, Giavazzi – che sono alla base di un’asfittica e punitiva visione della valutazione e di una premialità legata a criteri fluttuanti, lontani anni luce da ciò che si deve sapere e saper fare per interpretare dignitosamente ed efficacemente la nostra professione. Spesso inconsapevoli di ciò che la scuola è, nella sostanza. O ansiosi di giustapporre al “luogo scuola” – con le sue particolarità e specificità – i limiti angusti, e ad esso incoerenti, delle realtà aziendaliGli insegnanti oscillano tra una sfiduciata dismissione culturale e relazionale, che accompagna quella sociale; e un ostinato esercizio della vocazione missionaria che molti di noi hanno; quella vocazione che ha consentito  alla scuola di andare avanti comunque, tentando di tamponare e di neutralizzare i danni che gli strateghi delle politiche dell’istruzione producevano impunemente. Nessuno dei nostri politici ha pagato il conto di errori marchiani (l’abbassamento dell’obbligo scolastico, la diminuzione drammatica delle competenze dilettoscrittura nei quindicenni scolarizzati nel nostro Paese, ad esempio), di scoop ad uso della stampa che si sono tradotti in nulla o – peggio – in operazioni opinabili (la geostoria, il portfolio, il tempo pieno ridotto da diritto a fortunata opportunità, la politica della “semplificazione”). A nessuno è stato presentato il conto di cambiamenti continui – traumatici o a colpi di “cacciavite” – che la scuola ha subito protestando o no, ma troppo spesso sostituendo all’opposizione e alla condivisione della resistenza l’adattamento (responsabile o di comodo) alle novità. Le responsabilità sono fluttuanti: non sappiamo o preferiamo non assegnare a nomi e cognomi, per chiedere ragione delle continue bizzarrie che di pedagogico – da qualsiasi parte politica siano provenute – non hanno nulla … In questo contesto si inserisce l’insistenza sul tema della chiamata diretta. Inopportuno, dunque, sia dal punto di vista normativo che delle condizioni concrete. Quali sarebbero i criteri che garantiranno identiche condizioni di accesso? Quali le caratteristiche dei profili più richiesti? Per quali motivi gli istituti scolastici meno rinomati (e dunque meno ambiti), già caratterizzati da una popolazione studentesca svantaggiata, dalla localizzazione in zone marginali, dovrebbero – come è ovvio e fisiologico che sia – accontentarsi dei docenti meno titolati, meno referenziati dal punto di vista culturale – ampliando così i margini di svantaggio già esistenti?  Come si misura la capacità di relazione e di cura che un insegnante è in grado di sviluppare? Qual è il vantaggio di amplificare il gap che già esiste tra zone del Paese e – nell’ambito del Paese – tra scuola e scuola? Queste e tante altre ledomande.

 

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. – 15 aprile 2014

Già accolto un ricorso su tre Concorsi universitari nel caos"

░ I risultati dell’Abilitazione Nazionale universitaria sono stati contestati dinanzi ai tribunali, da 600 aspiranti professori. Se alla fine i giudici daranno ragione al candidato bisognerà fare tutto daccapo.

Non c’è pace per l’Abilitazione scientifica nazionale. È la tappa che può aprire la strada — o sbarrarla — ai concorsi universitari per diventare docenti ordinari (prima fascia) o associati (seconda) nei prossimi anni. Un appuntamento per quasi sessantamila persone. Ma che ora per il ministero dell’Istruzione è diventato una grana giudiziaria, oltre che accademica. Con risvolti legali che potrebbero tirare in ballo anche la Corte costituzionale. Soprattutto quando a giugno e luglio saranno esaminati i ricorsi che mettono in discussione addirittura la costituzionalità delle norme che regolano l’abilitazione. E così prima di arrivare nelle aule universitarie bisognerà vedere che succede in quelle dei tribunali. Fino a ieri 66 commissioni (su 184, più di un terzo) hanno chiesto interventi di «autotutela». Per rivedere alcuni giudizi, certo. Ma anche per evitare possibili ricorsi al Tar. E proprio al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione terza, di ricorsi inviati dai candidati «non idonei» ne sono arrivati quasi 600. Di questi — secondo le prime stime — ne sono stati accolti circa 200. Uno su tre. E per ognuno il ministero deve rinominare entro sessanta giorni una nuova commissione (quattro docenti italiani, uno straniero) per rigiudicare chi ha proposto ricorso. Quattro sono i punti critici. Il primo: quando i candidati sono stati giudicati da commissioni senza membri esperti. Il secondo: quando gli indicatori bibliometricisulle pubblicazioni scientifiche — essenziali per essere valutati — si sono rivelati errati. Il terzo: quando la mancata idoneità è stata accompagnata da cinque giudizi tutti negativi, ma con motivazioni non omogenee. Il quarto: quando i commissari non hanno abilitato pur valutando «accettabili» i titoli dell’aspirante docente. Per il Tar «accettabile» non è un giudizio negativo. A complicare ancora di più la situazione, proprio in questi giorni leuniversità stanno attivando le procedure di chiamata. Per non parlare della seconda tornata dell’Abilitazione: i lavori sono stati prorogati di un altro mese. 

 

L’Unità – 16 aprile 2014

La riforma dell’apprendistato: quali i rischi di effetti negativi (inattesi)?"

░ Il tema della formazione in apprendistato, visto da Ugo Ascoli e Emmanuele PavoliniLe riflessioni si basano sull’esperienza di amministratore di uno dei due autori di questo articolo (che è stato per vari anni Assessore regionale al Lavoro) e sui risultati di una ricerca condotta nell’ultimo biennio all’interno di un progetto di ricerca del MIUR (PRIN) sui temi del welfare, in cui una parte specifica è stata dedicata al funzionamento dell’apprendistato. Riportiamo in parte.

L’attuale governo ha ritenuto di dover intervenire con celerità su questioni relative al mercato del lavoro con un decreto legge, il 34 del 20 marzo 2014, onde modificare la regolazione di alcune importanti forme di contratto: l’apprendistato (incidendo soprattutto su quello più praticato, ovvero quello ‘professionalizzante’) ed il contratto a tempo determinato. Renzi, tramite il decreto “Poletti”, interviene sul contratto di apprendistato. Nel corso degli ultimi decenni si è ripetutamente intervenuto sui limiti di età per avere accesso a tale strumento: seguendo una direzione di progressivo innalzamento di tale limite nel 1997 si elevò l’età dell’apprendista fino a 24 anni; nel 2003 si portò tale limite fino a 29 anni e si elevò il periodo possibile dell’apprendistato ‘professionalizzante’ a sei anni; nel 2011 venne approvato il Testo Unico che riportava la durata massima a tre anni; nel 2012 si rivedevano gli sgravi contributivi a favore del datore di lavoro (fino al 100% per un impresa con meno di nove addetti). Da un punto di vista degli strumenti per facilitare l’inserimento sul mercato del lavoro dei giovani, il valore e l’importanza del contratto di apprendistato risiedono nell’essere un contratto ‘a causa mista’: la doppia attenzione su inserimento lavorativo e formazione ne costituiscono l’essenza e la forza.  L’idea di coniugare esperienza in azienda con attività formative, spendibili in un contesto più ampio di mercato del lavoro, si è andata affievolendo nel corso del tempo. Dieci anni fa le ore della ‘formazione trasversale’ erano 120 annue. Si è giunti successivamente a 120 in tre anni. Con il decreto Poletti l’obbligo è stato praticamente azzerato. Per essere più precisi il decreto del marzo 2014 rende facoltativa e non obbligatoria la formazione trasversale. …Il nodo della formazione ha da sempre rappresentato una questione spinosa nell’ambito dei rapporti fra datori di lavoro, organizzazioni sindacali e soggetti pubblici, spesso responsabili dei percorsi formativi ‘esterni’: in nessuna regione italiana si è mai riusciti a mettere in formazione più di un terzo dei giovani in apprendistato e tutte le ricerche hanno mostrato un funzionamento profondamente insoddisfacente per le modalità dei percorsi attivati. Tuttavia erano in molti a pensare che occorresse ridisegnare tale formazione, facendone veramente una leva per migliorare la capacità dei giovani di ricollocarsi efficacemente in un’altra attività lavorativa, dopo la conclusione di un periodo di apprendistato, piuttosto che abdicare nella sostanza all’aspirazione di investire in tale direzione. Contemporaneamente buona parte dei datori di lavoro l’ha sempre considerata come ‘una perdita di tempo’ che riduce il monte ore investito nel lavoro e quindi un costo per l’impresa.

 

orizzontescuola.it – 18.04.20145

Graduatorie di istituto: abilitati TFA alMiur. Aggiornamento a maggio, ancora nessuna soluzione per i punteggi, impossibile accontentare tutti"

░ Il prestigioso periodico professionale – tra i più completi e puntuali – ospita una lettera del prof. Edoardo Ricci. Si inserisce nella disputa tra abilitati con TFA e abilitandi con PAS.

Una delegazione di docenti abilitati con TFA è stata ricevuta a colloquio, durante la manifestazione di giovedì 17 aprile, dal Capo di Gabinetto dott. Fusacchia e dalla dott.ssa Montesarchio. La rappresentanza tieffina ha avuto modo di illustrare, in questa sede, il dossier con le proposte atte a valorizzare il titolo di abilitazione conseguito con merito.Sono state presentate all’attenzione degli interlocutori istituzionali le seguenti questioni: a) La distinzione di punteggio tra TFA e PAS da ottenere tramite la valorizzazione della discriminante oggettiva che rende differenti i due percorsi, ossia la presenza di una triplice prova selettiva in ingresso, da quantificare in almeno 24 punti a favore dei percorsi ordinari basati sul fabbisogno. E’ stata presentata, a tal fine, una bozza di tabella di valutazione dei titoli per l’aggiornamento imminente della seconda fascia delle graduatorie di istituto; b)l’illegittimità dell’inserimento con riservadei PAS, da sciogliere a conseguimento del titolo, nella seconda fascia delle graduatorie di istituto, non essendo contemplata dal Regolamento delle supplenze (D.M. 131/07)….. c)la necessità di superare il limite della scelta di venti scuole, incrociando le graduatorie di seconda fascia degli istituti su base provinciale, in modo da assicurare il conferimento degli incarichi annuali e delle supplenze su organico di fatto a personale abilitato; d) l’affermazione del diritto degli abilitati TFA al doppio canale di reclutamento, previo inserimento nella fascia aggiuntiva delle graduatorie ad esaurimento e l’indizione di un nuovo concorso a cattedra, nel rispetto della Legge 124/99. E’ stato sottolineato, a proposito, come l’inserimento dei docenti abilitati con TFA e dei laureati in Scienze della Formazione Primaria entro l’a.a. 2012-13 nella quarta fascia delle Graduatorie ad esaurimento, rispettando la chiusura di queste ultime, avrebbe il merito di rispettare il principio di priorità temporale tra i titoli di abilitazione all’insegnamento, in attesa di una nuova riforma del reclutamento che dovrà interessare esclusivamente i futuri abilitati, tramite l’istituzione regime le lauree magistrali abilitanti con tirocinio formativo previste dal DM 249/10. e) I casi particolari dei vincitori di più classi di concorso e degli idonei al primo ciclo TFA e la paradossale condizione dei futuri abilitati del TFA sostegno, che rischiano di non poter fruire del titolo di specializzazione fino al rinnovo delle graduatorie del 2017. La componente ministeriale ha rassicurato i tieffini chel’aggiornamento delle graduatorie d’istituto avverrà nel mese di maggio e che entro fine aprile porterà a conoscenza le scelte operate in merito alla questione della differente valutazione dei titoli di abilitazione TFA ePASSe chiaro è parso il riconoscimento del valore del percorso formativo TFA e vivo l’interesse nei confronti delle soluzioni prospettate, non è stata tuttavia fornita alcuna risposta sulle soluzioni che il Ministro intenderà adottare

 

 http://www.infiltrato.it/inchieste
“Rapporto-shock-della-commissione-europea-2023-la-poverta-diventera-la-norma”
E’ il titolo di un articolo redazionale che “infiltrato.it” riprende – con riferimento al Quarterly Report on the Euro Are, il Rapporto della Commissione europea “The euro area's growth prospects over the coming decade” portato all’attenzione da fai notizia.it ma ben presente su: http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/qr_euro_area/2013/pdf/qrea4_section_1_en.pdf. I grandi media, invece, non gli hanno dato rilievo. Il Rapporto ha toni che lasciano poco sperare alla generazione giovane.
Nell'ultimo rapporto trimestrale dell'Unione Europea sull'euro redatto dalla Commissione europea e pubblicato alcune settimane fa, c'è un passaggio sfuggito a vari commentatori. A un certo punto c'è una previsione a 10 anni. Si legge: "Presumendo che l’area euro e le previsioni sugli Stati Uniti sostengano che questo scenario sia accurato, è previsto che l’Area euro finisca nel 2023 con degli standard di vita che potrebbero essere più bassi di quelli di metà Anni 60 relativamente agli Stati Uniti. Se questo accadesse nel 2033 gli standard di vita dell’area euro (PIL pro capite) sarebbero circa il 60% di quello degli Stati Uniti, con una differenza di quasi 2/3 nello standard di vita a causa dell’abbassamento dei livelli di produttività del lavoro e col rimanente terzo dovuto alle differenze nell’utilizzazione del lavoro".

www.repubblica.it/scuola 4 aprile 2014
“Scuola, molti prof d'accordo sulla pensione. E la petizione fa il pieno di firme".
░ Ventiduemila adesioni per la richiesta rivolta al premier Matteo Renzi. Ancora da risolvere il problema dei 4mila "quota '96". E la nostra è la classe docente più anziana, impegnata in un lavoro sempre più logorante.
Fino ad oggi, la petizione online lanciata da Mila Spicola sul prepensionamento degli insegnanti ha raggiunto 22mila adesioni. Un numero destinato sicuramente a crescere visto che gli insegnanti over 60 attualmente in servizio sono tantissimi e che una consistente fetta non vede l'ora di togliere il disturbo. Per rendersene conto basta fare un giretto nei corridoi di qualsiasi scuola. I 4mila "quota '96" - coloro che sono stati bloccati dalla riforma Fornero con i requisiti per andare in pensione già maturati: 35 anni di servizio e 61 anni di età o 36 anni di servizio e 60 anni - sono alla ricerca di qualcuno che comunichi loro la fine dell'attesa. E poi ci sono gli insegnanti over 50 - che in Italia abbondano davvero, visto che ammontano al 62 per cento del totale - che quando sono entrati di ruolo potevano lasciare la cattedra a 54 anni, ma che adesso si ritrovano imbrigliati in un lavoro sempre più stressante fino a 67 anni: ben 13 in più rispetto a quanto ipotizzato all'inizio della carriera. Un'eternità. Diversi partiti, di maggioranza e opposizione, sembrano intenzionati a trovare una soluzione per il pasticcio dei Quota 96, generato dalla riforma delle pensioni. Ma anche all'interno del Pd, e del governo, sono parecchi coloro che si mostrano sensibili verso le ragioni dei prof che raccontano di una fatica del lavoro quotidiano in classe che si trasforma in realtà controproducente per l'insegnamento. La Spicola, oltre ad essere insegnante, è anche componente della direzione nazionale del Pd di Renzi. E pur non essendo esclusivamente rivolta alla classe docente, qualche giorno fa, anche il ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione, Maria Anna Madia, ha avanzato la proposta di una staffetta generazionale per inserire i giovani nel mercato del lavoro. Una eventualità che interessa da vicino i docenti che rappresentano circa un terzo degli impiegati pubblici italiani. … La petizione chiede al premier Matteo Renzi di prevedere che, "su base volontaria, i docenti di 60 anni (e perché no, anche 58) possano optare per modalità di prepensionamento o per meccanismi di riconversione ad altre funzioni strumentali all'insegnamento o alla gestione scolastica interne alla scuola, attuando una diversificazione nella carriera dei docenti e una funzionalizzazione del management scolastico che all'estero è norma e da noi non esiste". E sono bastati pochissimi giorni per raccogliere il favore di migliaia di insegnanti italiani. Gli oltre 22mila like alla proposta di prevedere una via d'uscita anticipata per coloro che volessero percorrerla potrebbero sembrare pochi rispetto agli oltre 700mila docenti della scuola nostrana. Ma rappresentano una percentuale considerevole - oltre il 30 per cento - rispetto ai circa 60/70 mila maestri e professori italiani over 60. Una quota eccessiva per qualsiasi sistema formativo al mondo, che di ultrasessantenni ne conta in media la metà. E che fa leva su giovani insegnanti - under 30 - che in Italia rappresentano una specie da proteggere: appena lo 0,27 per cento, poco più di 2mila.

http://www.corriere.it/scuola – 6 aprile 2014
“Perché i «nativi digitali» snobbano le scienze?".
░ Richiesti dalle aziende, i laureati in discipline «Stem» scarseggiano dappertutto tranne che nei Paesi in via di sviluppo. Lo «spread» italiano: solo 12 laureati su 1.000 in materie scientifico-tecnologiche.
I numeri sono importanti: negli Stati Uniti, tra cinque anni ci saranno due milioni e mezzo di posti da occupare, per esperti di discipline «Stem» (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica). In Francia il buco, lo scorso anno, era di 130mila unità, con il 10% di scienziati e tecnici in meno rispetto al 2000. Nel Regno Unito, il calo in dieci anni è stato del 18%. Arretra anche il Giappone. E in Italia, Unioncamere e ministero del Lavoro contano in 47mila le figure professionali introvabili, principalmente tra i profili tecnici. Una tendenza contraria a quella che sembra interessare le economie «emergenti», Asia in testa, come ha sottolineato nei giorni scorsi il quotidiano Les Echos… È una sorta di «morbo», partito dagli Stati Uniti negli anni ‘80, arrivato in Europa nei ‘90, esploso in Italia nel 2000, con iscritti al blocco delle Scienze «dure» in caduta libera, precipitati da 10 a 4mila: le smagliature più evidenti a Matematica e Fisica. … Ma all’annus horribilis, il Paese di Galileo e Volta, di Fermi e Montalcini, ha reagito schierando l’artiglieria. Nella forma di un Piano pluriennale (2005-2008, poi rinnovato per altri 4 anni, e nuovamente finanziato nel 2013/14, con fondi per due milioni di euro), per incrementare il numero di iscritti. Migliorando la conoscenza e l’orientamento, avvicinando i giovani, sensibilizzandoli durante le scuole superiori; «formando» i docenti, aumentando le attività di laboratorio (in maniera «consistente», indica il Piano lauree scientifiche-Pls: almeno 20ore di lavoro degli studenti), adottando e insegnando attività di didattica sperimentale. Il Progetto - frutto della collaborazione tra Miur, Confindustria e Presidi delle 40 facoltà scientifiche e tecnologiche - ha coinvolto 173mila studenti e duemila insegnanti, in oltre 800 scuole ogni anno, cercando di rendere più amichevole l’approccio alle scienze dure. Lo sforzo - insieme a una migliore informazione sui fabbisogni delle imprese - ha contribuito ad invertita la tendenza. In otto anni le matricole delle facoltà scientifiche sono aumentate del 26%...Per i laureati in materie scientifiche, il bilancio è positivo anche sul fronte occupazionale: i laureati triennali, a un anno dalla laurea, lavorano nel 42% dei casi, proseguono gli studi (20%), o sono in cerca di lavoro (31%). Mentre 85 laureati magistrali su 100, a tre anni hanno un posto stabile (contro il 69,8% della media delle altre discipline), con retribuzioni medie del 10,5% superiori a quelle dei laureati triennali. Fisica la più richiesta (85,3%); un po’ sotto alle altre Matematica (79,9%)….

www.larepubblica.it – 8 aprile 2014
“Concorsi a scuola e all'università, aboliti per farsa".
░ Farsa ! Non c’è un "concorso" indetto dal Miur che sia finito bene. Zunino lo scrive; lo diciamo da 4 anni ed è significativo che nello sviluppare il suo ragionamento, il giornalista abbia voluto citarci (a proposito della vergognosa prova preselettiva del concorso a dd.ss.) ricordando che va a sentenza, il 18 aprile, il maxi ricorso dell’Anief.
Uno dei motivi per cui il ministro Stefania Giannini vuole tornare indietro sui concorsi scolastici e universitari è il fatto che non c’è un "concorso" indetto dal Miur che sia finito bene. Uno. Partiamo dall’Abilitazione nazionale scientifica, che in realtà è una prova per curricula organizzata per scegliere chi potrà insegnare in università. Di fatto, si è trasformata in un concorso. E poi, nell’ennesimo concorso ad personam della squalificata università italiana. … È dallo scorso gennaio che alle interrogazioni parlamentari sono seguiti articoli e poi ricorsi. Curriculum falsi sia dei commissari che dei candidati, "fake" nella presentazione dei materiali per via telematica, idonei diventati tali nonostante i pareri negativi, promozioni date sulla buona fede (mancando i fogli d’appoggio a giustificare il curriculum annunciato). Un Far West… Andando indietro con la memoria, c’è stato il concorso per diventare dirigenti scolastici, i vecchi presidi. Questo data 13 luglio 2011(2.386 posti disponibili, 33 mila partecipanti) e in quell’estate rappresentò una nuova apertura di possibilità e di carriere dopo anni di vuoto concorsuale. Dopo trenta mesi di diatribe, un decreto del Consiglio dei ministri ha mantenuto in servizio fino alla fine di quest’anno scolastico i 112 selezionati in Toscana: rischiavano di perdere il posto avendo vinto un concorso parzialmente annullato dal Consiglio di Stato. È possibile che con l’inizio del nuovo anno scolastico i magistrati amministrativi ordinino un nuovo bando, lasciando nuovamente a casa i 112 vincitori del precedente. Attenzione, sul concorso presidi ci sono ottomila ricorsi in attesa: un aspirante preside su quattro si è rivolto al Tar. In rapida rassegna per quella prova nazionale si sono registrate esclusioni illegittime di docenti, domande cancellate per marchiani errori a pochi giorni dall’avvio della prova: 975 domande (su 5.500 ufficiali) sono state buttate al secchio. Improponibili. Quindi, fughe di notizie sui contenuti della prova preselettiva e la soppressione degli stessi quiz somministrati errati (38 su 100). C’è stato, nel concorso presidi, il casus delle buste semi-trasparenti che hanno portato — per presunto mancato anonimato — all’annullamento delle prove in Lombardia e solo in Lombardia. Non c’è soluzione ancora oggi per i 355 vincitori lombardi che, per ora, restano in servizio come normali docenti (rischiavano di lasciare 40 mila alunni senza insegnante) e contemporaneamente iniziano il tirocinio necessario per diventare presidi il prossimo 30 giugno. Il rischio di far partire la selezione per la terza volta in tre anni, dopo che le prime due hanno dato esiti tra loro sensibilmente diversi, è tutt’altro che scongiurato. E i commissari d’esame incompatibili? Sì, ci sono stati pure quelli: il concorso per presidi è stato il più brutto concorso pubblico degli ultimi vent’anni. Ecco, su tutte queste questioni c’è un maxi-ricorso aperto (si chiude il 18 aprile) del sindacato Anief. La conflittualità più aspra si è accesa persino sul mitico concorsone dei 300 mila per diventare insegnanti di scuola elementare, media e superiore. Lo varò l’ex ministro Francesco Profumo il 24 settembre 2012 dopo tredici anni di silenzio pubblico. Oggi ci sono 17 mila "idonei alla professione che non possono insegnare". Sono stati selezionati e poi lasciati a casa. Le loro conoscenze sono state accertate (inutilmente) da commissioni di Stato…. Se si scende di livello e di affollamento, si scoprono molti concorsini Miur presi di mira dai tribunali regionali. Difficile reclutare in queste condizioni, con questa credibilità.
www.latecnicadellascuola.it – 9 aprile 2014
“Il Governo approva il DEF: si punta su nuovo reclutamento e sviluppo delle carriere".
░ Nel Documento di Economia e Finanza, approvato l’8 aprile in Consiglio dei Ministri, c’è anche: la previsione di un nuovo metodo di reclutamento di insegnanti e ds, l’impegno a rafforzare lo sviluppo professionale, l’impegno ad intervenire su sicurezza, apprendistato, istruzione tecnica, lotta a Neet e dispersione, più lingua inglese e connettività wi-fi.
Sono diversi i passaggi riguardanti la scuola nel Documento di Economia e Finanza. Si va dall’edilizia, passando per l’apprendistato, per la lotta alla dispersione e il miglioramento della lingua inglese a tutti i livelli scolastici e per l’avanzamento delle tecnologie digitali nelle scuole italiane. Ma il punto più controverso, su cui si sposterà sicuramente l’attenzione nei prossimi giorni, è quello dalla valutazione. Di istituti e docenti che vi operano. All’interno del documento si indica la necessità di dare “piena attuazione, a partire dall’inizio del prossimo anno scolastico, del Regolamento per l’applicazione del Sistema Nazionale di Valutazione delle istituzioni scolastiche. Valutazione e incentivi alle università migliori (ANVUR)”. Si parla anche di nuove metodologie da adottare per reperire il personale: bisogna rivedere i modelli… Quindi, è giunta l’ora di “fornire alle scuole strumenti di raffronto, verifica e riconoscimento del merito e dell’efficienza. Disporre, a livello nazionale, di un sistema trasparente dove i risultati relativi al miglioramento delle attività didattiche e formative siano comparabili tra istituti e tra il nostro sistema nazionale e quelli dei principali paesi europei”. …Nel DEF, inoltre, si indica l’esigenza di “migliorare qualità e risultati della scuola, anche rafforzando lo sviluppo professionale degli insegnanti e diversificandone lo sviluppo della carriera”. Un punto, quest’ultimo, che il Ministro intende ratificare all’interno del prossimo rinnovo del Ccnl. Con l’amministrazione che, con ogni probabilità, chiederà di abbandonare del tutto la logica degli aumenti a ‘pioggia’. Mentre i rappresentanti del lavoratori hanno già detto che, seppure favorevoli al merito, non intendono abbandonare del tutto gli attuali scatti: un minimo per tutti, almeno per adeguare gli stipendi all’inflazione, deve essere garantito.
… È confermato uno stanziamento iniziale di “2 miliardi per rendere le scuole più sicure, con interventi di messa in sicurezza, efficienza energetica, adeguamento antisismico e costruzione di nuove scuole, e per rilanciare l’edilizia anche attraverso una riallocazione delle risorse non utilizzate”. Maggiore sostegno va poi conferito “all’apprendistato, ai tirocini formativi presso le aziende, e all’alternanza scuola-lavoro, trasformando le sperimentazioni in pratiche diffuse, aumentando il numero di ore che i giovani delle passano in azienda nel periodo scolastico ed universitario, e certificando le competenze che acquisiscono. Predisposizione, nell’ambito del Piano Garanzia Giovani, di programmi di orientamento che diminuiscano la dispersione e migliorino la qualità delle scelte degli studenti”. Via libera anche al “rafforzamento dell’istruzione tecnica e valorizzazione delle esperienze positive come il modello ITS (Istituti Tecnici Superiori), scuole ad alta specializzazione tecnologica…” Per favorire un miglior raccordo tra scuola e mondo del lavoro, “è in fase di elaborazione un piano triennale d’interventi per tirocini extracurriculari degli studenti delle quarte classi delle scuole secondarie di secondo grado, con priorità per quelli degli istituti tecnici e degli istituti professionali presso imprese, altre strutture produttive di beni e servizi o enti pubblici”. Tra gli obiettivi che si prefigge il Governo Renzi vi è anche quello di “fornire la risposta più efficace all’aumento dei NEET… “la lotta alla dispersione si deve attuare fin dalla scuola per l’infanzia, la cui diffusione vede ancora oggi disparità inaccettabili tra le diverse aree del paese. … Nel DEF si indica, inoltre, la necessità di “diffondere l’insegnamento della lingua inglese dalla scuola primaria fino all’università attraverso il CLIL, metodologia di insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera”. Largo anche alla “messa a disposizione di connettività wi-fi all’interno delle scuole … Sostegno alla diffusione e all’utilizzo, soprattutto nell’istruzione superiore, di Open Educational Resources.

Scuola oggi.org – 10 aprile 2014
“La scuola con le ganasce"
░ Pippo Frisone commenta l’assegnazione, per l’a.s.2014/2015, delle dotazioni organiche alle regioni: Sono 600.839 né un posto in più né un posto in meno rispetto al 2011/12.
Dopo i tagli epocali della Gelmini, -81mila posti dal 2008 al 2011, i tagli in effetti sono stati bloccati. Alla scuola sono state applicate le ganasce, lasciando inalterato dal 2011 il dato complessivo sugli organici a livello nazionale. Sono invece continuate le fluttuazioni in più o in meno dei posti assegnati a livello regionale, in base all’andamento della popolazione scolastica. Mentre il dato nazionale sugli alunni registra un incremento di 34mila unità rispetto all’anno scorso e al netto delle iscrizioni dell’Infanzia, 87mila unità nell’ultimo triennio, va precisato che l’andamento a livello locale vede concentrati gli incrementi soprattutto nelle regioni del centro-nord e i decrementi maggiori in quelle del centro-sud. Delle 18 regioni italiane, 9 registrano tagli agli organici mentre 9 hanno incrementi di posti. In testa la Lombardia con +410, seguono l’E.Romagna con +396, la Toscana con +269, il Lazio con +246. Subiscono, invece, tagli pesanti la Sicilia con -504, la Campania -387, la Puglia -340, la Calabria -183. A invarianza d’organico nazionale, il Miur dà un po’ meno di quanto spetterebbe alle regioni del nord mentre taglia un po’ meno alle regioni del sud…. Le ganasce messe agli organici a livello nazionale, rischiano così di aumentare le contraddizioni… La risposta doveva arrivare con l’introduzione dell’organico funzionale. Ma le ganasce messe alla scuola dal duo Gelmini-Tremonti sono ancora lì, salde più che mai, ad impedirlo.

www.latecnicadellascuola.it – 10 aprile 2014
“La spesa per la scuola diminuirà ancora: lo dice il DEF".
░ Per il 2014 è previsto un ulteriore calo della spesa per gli stipendi del personale della scuola. Dal 2015 si prevede la stabilizzazione, ma non ci sarà nessun aumento. Di Reginaldo Palermo.
Al di là delle buone intenzioni e delle dichiarazioni ad effetto, contano i numeri che, per la verità, non sono molto rassicuranti. Basta leggere alcuni capitoli del DEF (Documento di Economia e Finanza) per rendersene conto. Parliamo per esempio della spesa che lo Stato deve sostenere per pagare gli stipendi pubblici. Nel 2013 - si legge nel documento - la spesa è ammontata a circa 164 miliardi, in calo dello 0,7% circa rispetto all’anno precedente…. Se poi si calcolano gli stipendi in rapporto al PIL, si ha la conferma che il pubblico impiego (e la scuola soprattutto) hanno pagato in questi anni un prezzo particolarmente alto: nel 2013 la spesa è stata del 10,5% rispetto al PIL, così come nel 2012, ed in netto calo rispetto agli anni precedenti (11,3% nel 2009, 11,1% nel 2010, 10,7% nel 2011)….. Ma cosa si prevede per il futuro ? Nulla di buono per le tasche di docenti e Ata. “Nel quadro a legislazione vigente - si legge infatti nel DEF - la spesa per redditi da lavoro dipendente delle Amministrazioni Pubbliche è stimata diminuire dello 0,7 per cento circa per il 2014, per poi stabilizzarsi nel triennio successivo e crescere dello 0,3 per cento nel 2018, per effetto dell’attribuzione dell’indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio contrattuale 2018-2020”. Esaminando poi alcuni dati di dettaglio si ha la conferma che il settore della scuola è stato particolarmente penalizzato negli ultimi anni. La spesa per i cosiddetti “consumi intermedi” (in pratica si tratta delle spese per il funzionamento ordinario di scuole, università ed enti di ricerca) è passata da 1,11 miliardi del 2011 a 0,95 del 2013, mentre nello stesso periodo la spesa complessivamente sostenuta dallo Stato è aumentata da 12,49 a 13,78 miliardi. Al MEF è quasi raddoppiata, da 2,62 a 4,79 e nelle Agenzie fiscali è passata da un miliardo a 1,64. …

www.larepubblica.it – 11 aprile 2014
“Contratti pubblici congelati fino al 2020, sindacati sul piede di guerra".
░ Nel Documento di economia e finanza non si prevedono spese per il rinnovo dei contratti, confermato anche il blocco del turn-over fino al 2017. Le OO.SS. chiedono certezze o annunciano la mobilitazione.
In arrivo una nuova stretta per il pubblico impiego. I contratti degli statali, già bloccati dal 2010, rischiano di rimanere congelati fino al 2020 con un'ulteriore proroga rispetto al termine del 2017 deciso dal governo Letta. I sindacati sono già sul piede di guerra e si dicono pronti a opporsi "con tutti i mezzi" a un nuovo colpo per i dipendenti della pubblica amministrazione. Nel Documento di economia e finanza varato dal governo e pubblicato in versione definitiva non è prevista, infatti, alcuna erogazione di spesa per il rinnovo contrattuale. Al contrario, si legge nel Documento, "nel quadro a legislazione vigente la spesa per redditi da lavoro dipendente delle amministrazioni pubbliche è stimata diminuire dello 0,7% circa per il 2014 per poi stabilizzarsi nel triennio successivo e crescere dello 0,3% nel 2018, per effetto dell'attribuzione dell'indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio contrattuale 2018-2020". Nel Documento si prevede di pagare per il 2018 la nuova indennità di vacanza contrattuale relativa al triennio 2018-2020, finora congelata, perché non si ha in programma un rinnovo. Confermato anche il blocco del turn-over fino al 2017. "Il rinnovo dei contratti - spiega Michele Gentile, coordinatore dei settori pubblici della Cgil - comporta un'uscita di spesa che nel Def non è prevista. Nulla si dice sul questo tema. Si va dunque verso un nuovo blocco. Se aggiungiamo a questo le voci sullo scioglimento dell'Aran, che è la sede del rinnovo dei contratti privatistici, quanto contenuto nel disegno di legge di riforma costituzionale in cui si parla di 'disciplina giuridica del rapporto di lavoro', la somma di tutte queste cose è che il governo vuole dare un ulteriore colpo al lavoro pubblico, dopo tutto quello che è successo dal 2008 in poi. Se questo è il quadro - conclude - una risposta del lavoro sarà assolutamente necessaria"…

il Manifesto – 11 aprile 2014
“Il governo investe un po' nelle aule ma taglia ancora gli stipendi dei professori"
░ La ministra Giannini si dice all'oscuro ma nel Def c'è la verità: i fondi per docenti e ata saranno fermi fino al 2017.
Il governo Renzi investe sull'edilizia scolastica (3,7 miliardi), ma continua a tagliare gli stipendi dei docenti e del personale Ata che permettono le lezioni, mantengono aperte le aule, tengono in vita i laboratori e le altre attività. E in più non offre ancora una risposta agli esodati della scuola (i circa 4 mila «Quota 96»), malgrado una mozione parlamentare l'abbia impegnato a farlo. Per il sottosegretario Graziano Del Río la spending review da 32 miliardi di euro «coinvolgerà anche la scuola e toglieremo le incrostazioni». Per la precisione queste incrostazioni corrispondono, al momento, agli stipendi di chi insegna. La ministra dell'Istruzione Stefania Giannini ha ammesso di non saperne niente. «Sarei stupita se ci fossero tagli alla scuola» ha detto l'esponente di Scelta Civica che solo un paio di settimane fa aveva addirittura promesso di «creare un problema politico al governo» se non avesse rifinanziato il fondo per scuola e università. «A me non è stato comunicato niente di specifico, quindi credo che la spending riguarderà l'alta dirigenza dello stato e quindi includerà anche il nostro ministero». Il Documento di Economia e Finanza (Def) però parla di tutt'altra realtà. Insieme al taglio degli stipendi dei dirigenti strombazzato da Renzi c'è infatti il taglio degli stipendi dei docenti e ata ordinari. Nell'insieme la strategia economica del governo potrebbe essere così descritta: investire sul capitale fisso, e non su quello «umano». Con il risultato, se e quando arriveranno i soldi, che verranno create occasioni di lavoro grazie ai cantieri, mentre il personale impegnato dentro le aule verrà pagato sempre meno, sarà sempre più precario e non recupererà il potere d'acquisto mangiato dalle spending revieiv dei governi Monti e Letta. Scelte confermate anche nel Def che fa un resoconto della spesa nel pubblico impiego. Dal 2007 al 2012 è calata del 5,6%. Nel 2013 i tagli hanno comportato una riduzione degli stipendi e la riduzione del numero dei dipendenti nella PA. il settore che più ha contribuito alla causa dell'austerità programmata è stato appunto la scuola dove i contratti di lavoro non vengono rinnovati dal 2010. Il blocco è stato prolungato da Letta e Saccomanni fino al 2015, poi confermato da Renzi e Padoan. Sulla base di questa programmazione, i fondi per la scuola sono destinati a scendere dello 0,7%, verranno stabilizzati nel triennio successivo, per iniziare a crescere di un microscopico 0,3% a partire dal 2018. Considerata l'incertezza che regna sovrana sulla spesa pubblica, non è detto che queste previsioni verranno rispettate. In realtà quello preventivato non è un "aumento" della spesa per il personale, bensì solo l'effetto dell'attribuzione dell'indennità di vacanza contrattuale per il triennio successivo 2018-2020. A oggi, questa indennità resta ancora bloccata e non verrà restituita. La scuola si conferma uno dei settori più colpiti del pubblico, insieme alla sanità. La spesa per il funzionamento ordinario di scuole, università o enti di ricerca è passata da 1,11 miliardi del 2011 a 0,95 del 2013. Nello stesso periodo per il ministero dell'Economia è quasi raddoppiata da 2,62 a 4,79 miliardi. Quello tra Giannini e Del Río non è dunque solo un problema di comunicazione. È una decisione ponderata e nota da tempo. La prima non ne è al corrente. Il secondo, che porta i conti, invece sì.

 

 http://www.infiltrato.it/inchieste
“Rapporto-shock-della-commissione-europea-2023-la-poverta-diventera-la-norma”
E’ il titolo di un articolo redazionale che “infiltrato.it” riprende – con riferimento al Quarterly Report on the Euro Are, il Rapporto della Commissione europea “The euro area's growth prospects over the coming decade” portato all’attenzione da fai notizia.it ma ben presente su: http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/qr_euro_area/2013/pdf/qrea4_section_1_en.pdf. I grandi media, invece, non gli hanno dato rilievo. Il Rapporto ha toni che lasciano poco sperare alla generazione giovane.
Nell'ultimo rapporto trimestrale dell'Unione Europea sull'euro redatto dalla Commissione europea e pubblicato alcune settimane fa, c'è un passaggio sfuggito a vari commentatori. A un certo punto c'è una previsione a 10 anni. Si legge: "Presumendo che l’area euro e le previsioni sugli Stati Uniti sostengano che questo scenario sia accurato, è previsto che l’Area euro finisca nel 2023 con degli standard di vita che potrebbero essere più bassi di quelli di metà Anni 60 relativamente agli Stati Uniti. Se questo accadesse nel 2033 gli standard di vita dell’area euro (PIL pro capite) sarebbero circa il 60% di quello degli Stati Uniti, con una differenza di quasi 2/3 nello standard di vita a causa dell’abbassamento dei livelli di produttività del lavoro e col rimanente terzo dovuto alle differenze nell’utilizzazione del lavoro".

www.repubblica.it/scuola 4 aprile 2014
“Scuola, molti prof d'accordo sulla pensione. E la petizione fa il pieno di firme".
░ Ventiduemila adesioni per la richiesta rivolta al premier Matteo Renzi. Ancora da risolvere il problema dei 4mila "quota '96". E la nostra è la classe docente più anziana, impegnata in un lavoro sempre più logorante.
Fino ad oggi, la petizione online lanciata da Mila Spicola sul prepensionamento degli insegnanti ha raggiunto 22mila adesioni. Un numero destinato sicuramente a crescere visto che gli insegnanti over 60 attualmente in servizio sono tantissimi e che una consistente fetta non vede l'ora di togliere il disturbo. Per rendersene conto basta fare un giretto nei corridoi di qualsiasi scuola. I 4mila "quota '96" - coloro che sono stati bloccati dalla riforma Fornero con i requisiti per andare in pensione già maturati: 35 anni di servizio e 61 anni di età o 36 anni di servizio e 60 anni - sono alla ricerca di qualcuno che comunichi loro la fine dell'attesa. E poi ci sono gli insegnanti over 50 - che in Italia abbondano davvero, visto che ammontano al 62 per cento del totale - che quando sono entrati di ruolo potevano lasciare la cattedra a 54 anni, ma che adesso si ritrovano imbrigliati in un lavoro sempre più stressante fino a 67 anni: ben 13 in più rispetto a quanto ipotizzato all'inizio della carriera. Un'eternità. Diversi partiti, di maggioranza e opposizione, sembrano intenzionati a trovare una soluzione per il pasticcio dei Quota 96, generato dalla riforma delle pensioni. Ma anche all'interno del Pd, e del governo, sono parecchi coloro che si mostrano sensibili verso le ragioni dei prof che raccontano di una fatica del lavoro quotidiano in classe che si trasforma in realtà controproducente per l'insegnamento. La Spicola, oltre ad essere insegnante, è anche componente della direzione nazionale del Pd di Renzi. E pur non essendo esclusivamente rivolta alla classe docente, qualche giorno fa, anche il ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione, Maria Anna Madia, ha avanzato la proposta di una staffetta generazionale per inserire i giovani nel mercato del lavoro. Una eventualità che interessa da vicino i docenti che rappresentano circa un terzo degli impiegati pubblici italiani. … La petizione chiede al premier Matteo Renzi di prevedere che, "su base volontaria, i docenti di 60 anni (e perché no, anche 58) possano optare per modalità di prepensionamento o per meccanismi di riconversione ad altre funzioni strumentali all'insegnamento o alla gestione scolastica interne alla scuola, attuando una diversificazione nella carriera dei docenti e una funzionalizzazione del management scolastico che all'estero è norma e da noi non esiste". E sono bastati pochissimi giorni per raccogliere il favore di migliaia di insegnanti italiani. Gli oltre 22mila like alla proposta di prevedere una via d'uscita anticipata per coloro che volessero percorrerla potrebbero sembrare pochi rispetto agli oltre 700mila docenti della scuola nostrana. Ma rappresentano una percentuale considerevole - oltre il 30 per cento - rispetto ai circa 60/70 mila maestri e professori italiani over 60. Una quota eccessiva per qualsiasi sistema formativo al mondo, che di ultrasessantenni ne conta in media la metà. E che fa leva su giovani insegnanti - under 30 - che in Italia rappresentano una specie da proteggere: appena lo 0,27 per cento, poco più di 2mila.

http://www.corriere.it/scuola – 6 aprile 2014
“Perché i «nativi digitali» snobbano le scienze?".
░ Richiesti dalle aziende, i laureati in discipline «Stem» scarseggiano dappertutto tranne che nei Paesi in via di sviluppo. Lo «spread» italiano: solo 12 laureati su 1.000 in materie scientifico-tecnologiche.
I numeri sono importanti: negli Stati Uniti, tra cinque anni ci saranno due milioni e mezzo di posti da occupare, per esperti di discipline «Stem» (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica). In Francia il buco, lo scorso anno, era di 130mila unità, con il 10% di scienziati e tecnici in meno rispetto al 2000. Nel Regno Unito, il calo in dieci anni è stato del 18%. Arretra anche il Giappone. E in Italia, Unioncamere e ministero del Lavoro contano in 47mila le figure professionali introvabili, principalmente tra i profili tecnici. Una tendenza contraria a quella che sembra interessare le economie «emergenti», Asia in testa, come ha sottolineato nei giorni scorsi il quotidiano Les Echos… È una sorta di «morbo», partito dagli Stati Uniti negli anni ‘80, arrivato in Europa nei ‘90, esploso in Italia nel 2000, con iscritti al blocco delle Scienze «dure» in caduta libera, precipitati da 10 a 4mila: le smagliature più evidenti a Matematica e Fisica. … Ma all’annus horribilis, il Paese di Galileo e Volta, di Fermi e Montalcini, ha reagito schierando l’artiglieria. Nella forma di un Piano pluriennale (2005-2008, poi rinnovato per altri 4 anni, e nuovamente finanziato nel 2013/14, con fondi per due milioni di euro), per incrementare il numero di iscritti. Migliorando la conoscenza e l’orientamento, avvicinando i giovani, sensibilizzandoli durante le scuole superiori; «formando» i docenti, aumentando le attività di laboratorio (in maniera «consistente», indica il Piano lauree scientifiche-Pls: almeno 20ore di lavoro degli studenti), adottando e insegnando attività di didattica sperimentale. Il Progetto - frutto della collaborazione tra Miur, Confindustria e Presidi delle 40 facoltà scientifiche e tecnologiche - ha coinvolto 173mila studenti e duemila insegnanti, in oltre 800 scuole ogni anno, cercando di rendere più amichevole l’approccio alle scienze dure. Lo sforzo - insieme a una migliore informazione sui fabbisogni delle imprese - ha contribuito ad invertita la tendenza. In otto anni le matricole delle facoltà scientifiche sono aumentate del 26%...Per i laureati in materie scientifiche, il bilancio è positivo anche sul fronte occupazionale: i laureati triennali, a un anno dalla laurea, lavorano nel 42% dei casi, proseguono gli studi (20%), o sono in cerca di lavoro (31%). Mentre 85 laureati magistrali su 100, a tre anni hanno un posto stabile (contro il 69,8% della media delle altre discipline), con retribuzioni medie del 10,5% superiori a quelle dei laureati triennali. Fisica la più richiesta (85,3%); un po’ sotto alle altre Matematica (79,9%)….

www.larepubblica.it – 8 aprile 2014
“Concorsi a scuola e all'università, aboliti per farsa".
░ Farsa ! Non c’è un "concorso" indetto dal Miur che sia finito bene. Zunino lo scrive; lo diciamo da 4 anni ed è significativo che nello sviluppare il suo ragionamento, il giornalista abbia voluto citarci (a proposito della vergognosa prova preselettiva del concorso a dd.ss.) ricordando che va a sentenza, il 18 aprile, il maxi ricorso dell’Anief.
Uno dei motivi per cui il ministro Stefania Giannini vuole tornare indietro sui concorsi scolastici e universitari è il fatto che non c’è un "concorso" indetto dal Miur che sia finito bene. Uno. Partiamo dall’Abilitazione nazionale scientifica, che in realtà è una prova per curricula organizzata per scegliere chi potrà insegnare in università. Di fatto, si è trasformata in un concorso. E poi, nell’ennesimo concorso ad personam della squalificata università italiana. … È dallo scorso gennaio che alle interrogazioni parlamentari sono seguiti articoli e poi ricorsi. Curriculum falsi sia dei commissari che dei candidati, "fake" nella presentazione dei materiali per via telematica, idonei diventati tali nonostante i pareri negativi, promozioni date sulla buona fede (mancando i fogli d’appoggio a giustificare il curriculum annunciato). Un Far West… Andando indietro con la memoria, c’è stato il concorso per diventare dirigenti scolastici, i vecchi presidi. Questo data 13 luglio 2011(2.386 posti disponibili, 33 mila partecipanti) e in quell’estate rappresentò una nuova apertura di possibilità e di carriere dopo anni di vuoto concorsuale. Dopo trenta mesi di diatribe, un decreto del Consiglio dei ministri ha mantenuto in servizio fino alla fine di quest’anno scolastico i 112 selezionati in Toscana: rischiavano di perdere il posto avendo vinto un concorso parzialmente annullato dal Consiglio di Stato. È possibile che con l’inizio del nuovo anno scolastico i magistrati amministrativi ordinino un nuovo bando, lasciando nuovamente a casa i 112 vincitori del precedente. Attenzione, sul concorso presidi ci sono ottomila ricorsi in attesa: un aspirante preside su quattro si è rivolto al Tar. In rapida rassegna per quella prova nazionale si sono registrate esclusioni illegittime di docenti, domande cancellate per marchiani errori a pochi giorni dall’avvio della prova: 975 domande (su 5.500 ufficiali) sono state buttate al secchio. Improponibili. Quindi, fughe di notizie sui contenuti della prova preselettiva e la soppressione degli stessi quiz somministrati errati (38 su 100). C’è stato, nel concorso presidi, il casus delle buste semi-trasparenti che hanno portato — per presunto mancato anonimato — all’annullamento delle prove in Lombardia e solo in Lombardia. Non c’è soluzione ancora oggi per i 355 vincitori lombardi che, per ora, restano in servizio come normali docenti (rischiavano di lasciare 40 mila alunni senza insegnante) e contemporaneamente iniziano il tirocinio necessario per diventare presidi il prossimo 30 giugno. Il rischio di far partire la selezione per la terza volta in tre anni, dopo che le prime due hanno dato esiti tra loro sensibilmente diversi, è tutt’altro che scongiurato. E i commissari d’esame incompatibili? Sì, ci sono stati pure quelli: il concorso per presidi è stato il più brutto concorso pubblico degli ultimi vent’anni. Ecco, su tutte queste questioni c’è un maxi-ricorso aperto (si chiude il 18 aprile) del sindacato Anief. La conflittualità più aspra si è accesa persino sul mitico concorsone dei 300 mila per diventare insegnanti di scuola elementare, media e superiore. Lo varò l’ex ministro Francesco Profumo il 24 settembre 2012 dopo tredici anni di silenzio pubblico. Oggi ci sono 17 mila "idonei alla professione che non possono insegnare". Sono stati selezionati e poi lasciati a casa. Le loro conoscenze sono state accertate (inutilmente) da commissioni di Stato…. Se si scende di livello e di affollamento, si scoprono molti concorsini Miur presi di mira dai tribunali regionali. Difficile reclutare in queste condizioni, con questa credibilità.
www.latecnicadellascuola.it – 9 aprile 2014
“Il Governo approva il DEF: si punta su nuovo reclutamento e sviluppo delle carriere".
░ Nel Documento di Economia e Finanza, approvato l’8 aprile in Consiglio dei Ministri, c’è anche: la previsione di un nuovo metodo di reclutamento di insegnanti e ds, l’impegno a rafforzare lo sviluppo professionale, l’impegno ad intervenire su sicurezza, apprendistato, istruzione tecnica, lotta a Neet e dispersione, più lingua inglese e connettività wi-fi.
Sono diversi i passaggi riguardanti la scuola nel Documento di Economia e Finanza. Si va dall’edilizia, passando per l’apprendistato, per la lotta alla dispersione e il miglioramento della lingua inglese a tutti i livelli scolastici e per l’avanzamento delle tecnologie digitali nelle scuole italiane. Ma il punto più controverso, su cui si sposterà sicuramente l’attenzione nei prossimi giorni, è quello dalla valutazione. Di istituti e docenti che vi operano. All’interno del documento si indica la necessità di dare “piena attuazione, a partire dall’inizio del prossimo anno scolastico, del Regolamento per l’applicazione del Sistema Nazionale di Valutazione delle istituzioni scolastiche. Valutazione e incentivi alle università migliori (ANVUR)”. Si parla anche di nuove metodologie da adottare per reperire il personale: bisogna rivedere i modelli… Quindi, è giunta l’ora di “fornire alle scuole strumenti di raffronto, verifica e riconoscimento del merito e dell’efficienza. Disporre, a livello nazionale, di un sistema trasparente dove i risultati relativi al miglioramento delle attività didattiche e formative siano comparabili tra istituti e tra il nostro sistema nazionale e quelli dei principali paesi europei”. …Nel DEF, inoltre, si indica l’esigenza di “migliorare qualità e risultati della scuola, anche rafforzando lo sviluppo professionale degli insegnanti e diversificandone lo sviluppo della carriera”. Un punto, quest’ultimo, che il Ministro intende ratificare all’interno del prossimo rinnovo del Ccnl. Con l’amministrazione che, con ogni probabilità, chiederà di abbandonare del tutto la logica degli aumenti a ‘pioggia’. Mentre i rappresentanti del lavoratori hanno già detto che, seppure favorevoli al merito, non intendono abbandonare del tutto gli attuali scatti: un minimo per tutti, almeno per adeguare gli stipendi all’inflazione, deve essere garantito.
… È confermato uno stanziamento iniziale di “2 miliardi per rendere le scuole più sicure, con interventi di messa in sicurezza, efficienza energetica, adeguamento antisismico e costruzione di nuove scuole, e per rilanciare l’edilizia anche attraverso una riallocazione delle risorse non utilizzate”. Maggiore sostegno va poi conferito “all’apprendistato, ai tirocini formativi presso le aziende, e all’alternanza scuola-lavoro, trasformando le sperimentazioni in pratiche diffuse, aumentando il numero di ore che i giovani delle passano in azienda nel periodo scolastico ed universitario, e certificando le competenze che acquisiscono. Predisposizione, nell’ambito del Piano Garanzia Giovani, di programmi di orientamento che diminuiscano la dispersione e migliorino la qualità delle scelte degli studenti”. Via libera anche al “rafforzamento dell’istruzione tecnica e valorizzazione delle esperienze positive come il modello ITS (Istituti Tecnici Superiori), scuole ad alta specializzazione tecnologica…” Per favorire un miglior raccordo tra scuola e mondo del lavoro, “è in fase di elaborazione un piano triennale d’interventi per tirocini extracurriculari degli studenti delle quarte classi delle scuole secondarie di secondo grado, con priorità per quelli degli istituti tecnici e degli istituti professionali presso imprese, altre strutture produttive di beni e servizi o enti pubblici”. Tra gli obiettivi che si prefigge il Governo Renzi vi è anche quello di “fornire la risposta più efficace all’aumento dei NEET… “la lotta alla dispersione si deve attuare fin dalla scuola per l’infanzia, la cui diffusione vede ancora oggi disparità inaccettabili tra le diverse aree del paese. … Nel DEF si indica, inoltre, la necessità di “diffondere l’insegnamento della lingua inglese dalla scuola primaria fino all’università attraverso il CLIL, metodologia di insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera”. Largo anche alla “messa a disposizione di connettività wi-fi all’interno delle scuole … Sostegno alla diffusione e all’utilizzo, soprattutto nell’istruzione superiore, di Open Educational Resources.

Scuola oggi.org – 10 aprile 2014
“La scuola con le ganasce"
░ Pippo Frisone commenta l’assegnazione, per l’a.s.2014/2015, delle dotazioni organiche alle regioni: Sono 600.839 né un posto in più né un posto in meno rispetto al 2011/12.
Dopo i tagli epocali della Gelmini, -81mila posti dal 2008 al 2011, i tagli in effetti sono stati bloccati. Alla scuola sono state applicate le ganasce, lasciando inalterato dal 2011 il dato complessivo sugli organici a livello nazionale. Sono invece continuate le fluttuazioni in più o in meno dei posti assegnati a livello regionale, in base all’andamento della popolazione scolastica. Mentre il dato nazionale sugli alunni registra un incremento di 34mila unità rispetto all’anno scorso e al netto delle iscrizioni dell’Infanzia, 87mila unità nell’ultimo triennio, va precisato che l’andamento a livello locale vede concentrati gli incrementi soprattutto nelle regioni del centro-nord e i decrementi maggiori in quelle del centro-sud. Delle 18 regioni italiane, 9 registrano tagli agli organici mentre 9 hanno incrementi di posti. In testa la Lombardia con +410, seguono l’E.Romagna con +396, la Toscana con +269, il Lazio con +246. Subiscono, invece, tagli pesanti la Sicilia con -504, la Campania -387, la Puglia -340, la Calabria -183. A invarianza d’organico nazionale, il Miur dà un po’ meno di quanto spetterebbe alle regioni del nord mentre taglia un po’ meno alle regioni del sud…. Le ganasce messe agli organici a livello nazionale, rischiano così di aumentare le contraddizioni… La risposta doveva arrivare con l’introduzione dell’organico funzionale. Ma le ganasce messe alla scuola dal duo Gelmini-Tremonti sono ancora lì, salde più che mai, ad impedirlo.

www.latecnicadellascuola.it – 10 aprile 2014
“La spesa per la scuola diminuirà ancora: lo dice il DEF".
░ Per il 2014 è previsto un ulteriore calo della spesa per gli stipendi del personale della scuola. Dal 2015 si prevede la stabilizzazione, ma non ci sarà nessun aumento. Di Reginaldo Palermo.
Al di là delle buone intenzioni e delle dichiarazioni ad effetto, contano i numeri che, per la verità, non sono molto rassicuranti. Basta leggere alcuni capitoli del DEF (Documento di Economia e Finanza) per rendersene conto. Parliamo per esempio della spesa che lo Stato deve sostenere per pagare gli stipendi pubblici. Nel 2013 - si legge nel documento - la spesa è ammontata a circa 164 miliardi, in calo dello 0,7% circa rispetto all’anno precedente…. Se poi si calcolano gli stipendi in rapporto al PIL, si ha la conferma che il pubblico impiego (e la scuola soprattutto) hanno pagato in questi anni un prezzo particolarmente alto: nel 2013 la spesa è stata del 10,5% rispetto al PIL, così come nel 2012, ed in netto calo rispetto agli anni precedenti (11,3% nel 2009, 11,1% nel 2010, 10,7% nel 2011)….. Ma cosa si prevede per il futuro ? Nulla di buono per le tasche di docenti e Ata. “Nel quadro a legislazione vigente - si legge infatti nel DEF - la spesa per redditi da lavoro dipendente delle Amministrazioni Pubbliche è stimata diminuire dello 0,7 per cento circa per il 2014, per poi stabilizzarsi nel triennio successivo e crescere dello 0,3 per cento nel 2018, per effetto dell’attribuzione dell’indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio contrattuale 2018-2020”. Esaminando poi alcuni dati di dettaglio si ha la conferma che il settore della scuola è stato particolarmente penalizzato negli ultimi anni. La spesa per i cosiddetti “consumi intermedi” (in pratica si tratta delle spese per il funzionamento ordinario di scuole, università ed enti di ricerca) è passata da 1,11 miliardi del 2011 a 0,95 del 2013, mentre nello stesso periodo la spesa complessivamente sostenuta dallo Stato è aumentata da 12,49 a 13,78 miliardi. Al MEF è quasi raddoppiata, da 2,62 a 4,79 e nelle Agenzie fiscali è passata da un miliardo a 1,64. …

www.larepubblica.it – 11 aprile 2014
“Contratti pubblici congelati fino al 2020, sindacati sul piede di guerra".
░ Nel Documento di economia e finanza non si prevedono spese per il rinnovo dei contratti, confermato anche il blocco del turn-over fino al 2017. Le OO.SS. chiedono certezze o annunciano la mobilitazione.
In arrivo una nuova stretta per il pubblico impiego. I contratti degli statali, già bloccati dal 2010, rischiano di rimanere congelati fino al 2020 con un'ulteriore proroga rispetto al termine del 2017 deciso dal governo Letta. I sindacati sono già sul piede di guerra e si dicono pronti a opporsi "con tutti i mezzi" a un nuovo colpo per i dipendenti della pubblica amministrazione. Nel Documento di economia e finanza varato dal governo e pubblicato in versione definitiva non è prevista, infatti, alcuna erogazione di spesa per il rinnovo contrattuale. Al contrario, si legge nel Documento, "nel quadro a legislazione vigente la spesa per redditi da lavoro dipendente delle amministrazioni pubbliche è stimata diminuire dello 0,7% circa per il 2014 per poi stabilizzarsi nel triennio successivo e crescere dello 0,3% nel 2018, per effetto dell'attribuzione dell'indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio contrattuale 2018-2020". Nel Documento si prevede di pagare per il 2018 la nuova indennità di vacanza contrattuale relativa al triennio 2018-2020, finora congelata, perché non si ha in programma un rinnovo. Confermato anche il blocco del turn-over fino al 2017. "Il rinnovo dei contratti - spiega Michele Gentile, coordinatore dei settori pubblici della Cgil - comporta un'uscita di spesa che nel Def non è prevista. Nulla si dice sul questo tema. Si va dunque verso un nuovo blocco. Se aggiungiamo a questo le voci sullo scioglimento dell'Aran, che è la sede del rinnovo dei contratti privatistici, quanto contenuto nel disegno di legge di riforma costituzionale in cui si parla di 'disciplina giuridica del rapporto di lavoro', la somma di tutte queste cose è che il governo vuole dare un ulteriore colpo al lavoro pubblico, dopo tutto quello che è successo dal 2008 in poi. Se questo è il quadro - conclude - una risposta del lavoro sarà assolutamente necessaria"…

il Manifesto – 11 aprile 2014
“Il governo investe un po' nelle aule ma taglia ancora gli stipendi dei professori"
░ La ministra Giannini si dice all'oscuro ma nel Def c'è la verità: i fondi per docenti e ata saranno fermi fino al 2017.
Il governo Renzi investe sull'edilizia scolastica (3,7 miliardi), ma continua a tagliare gli stipendi dei docenti e del personale Ata che permettono le lezioni, mantengono aperte le aule, tengono in vita i laboratori e le altre attività. E in più non offre ancora una risposta agli esodati della scuola (i circa 4 mila «Quota 96»), malgrado una mozione parlamentare l'abbia impegnato a farlo. Per il sottosegretario Graziano Del Río la spending review da 32 miliardi di euro «coinvolgerà anche la scuola e toglieremo le incrostazioni». Per la precisione queste incrostazioni corrispondono, al momento, agli stipendi di chi insegna. La ministra dell'Istruzione Stefania Giannini ha ammesso di non saperne niente. «Sarei stupita se ci fossero tagli alla scuola» ha detto l'esponente di Scelta Civica che solo un paio di settimane fa aveva addirittura promesso di «creare un problema politico al governo» se non avesse rifinanziato il fondo per scuola e università. «A me non è stato comunicato niente di specifico, quindi credo che la spending riguarderà l'alta dirigenza dello stato e quindi includerà anche il nostro ministero». Il Documento di Economia e Finanza (Def) però parla di tutt'altra realtà. Insieme al taglio degli stipendi dei dirigenti strombazzato da Renzi c'è infatti il taglio degli stipendi dei docenti e ata ordinari. Nell'insieme la strategia economica del governo potrebbe essere così descritta: investire sul capitale fisso, e non su quello «umano». Con il risultato, se e quando arriveranno i soldi, che verranno create occasioni di lavoro grazie ai cantieri, mentre il personale impegnato dentro le aule verrà pagato sempre meno, sarà sempre più precario e non recupererà il potere d'acquisto mangiato dalle spending revieiv dei governi Monti e Letta. Scelte confermate anche nel Def che fa un resoconto della spesa nel pubblico impiego. Dal 2007 al 2012 è calata del 5,6%. Nel 2013 i tagli hanno comportato una riduzione degli stipendi e la riduzione del numero dei dipendenti nella PA. il settore che più ha contribuito alla causa dell'austerità programmata è stato appunto la scuola dove i contratti di lavoro non vengono rinnovati dal 2010. Il blocco è stato prolungato da Letta e Saccomanni fino al 2015, poi confermato da Renzi e Padoan. Sulla base di questa programmazione, i fondi per la scuola sono destinati a scendere dello 0,7%, verranno stabilizzati nel triennio successivo, per iniziare a crescere di un microscopico 0,3% a partire dal 2018. Considerata l'incertezza che regna sovrana sulla spesa pubblica, non è detto che queste previsioni verranno rispettate. In realtà quello preventivato non è un "aumento" della spesa per il personale, bensì solo l'effetto dell'attribuzione dell'indennità di vacanza contrattuale per il triennio successivo 2018-2020. A oggi, questa indennità resta ancora bloccata e non verrà restituita. La scuola si conferma uno dei settori più colpiti del pubblico, insieme alla sanità. La spesa per il funzionamento ordinario di scuole, università o enti di ricerca è passata da 1,11 miliardi del 2011 a 0,95 del 2013. Nello stesso periodo per il ministero dell'Economia è quasi raddoppiata da 2,62 a 4,79 miliardi. Quello tra Giannini e Del Río non è dunque solo un problema di comunicazione. È una decisione ponderata e nota da tempo. La prima non ne è al corrente. Il secondo, che porta i conti, invece sì.

 

Pubblichiamo alcuni articoli sulle lezioni che saltano in caso di assenza dei prof e sugli stipendi del personale scolastico 4 punti sotto l'inflazione.

Se manca l’insegnante gli alunni 8 volte su 10 non fanno lezione

Corriere della Sera: Se manca il prof, 8 volte su 10 i ragazzi saltano la lezione

Gazzetta di Parma: Scuola: se manca il prof 8 volte su 10 niente lezione

La Gazzetta del Mezzogiorno: Se manca il prof, 8 su 10 niente lezione

9 Colonne: Se manca l'insegnante, 8 volte su 10 gli studenti non fanno lezione

ANSA: Scuola: se manca docente 8 volte su 10 non si fa lezione
Indagine Skuola.net. Anief, fallimento della riforma Gelmini
(ANSA) - ROMA, 30 MAR - Nelle scuole italiane quando il prof è assente in 8 casi su 10 la lezione salta, con gli alunni che rimangono in classe senza fare nulla. La denuncia arriva da un'indagine del portale 'Skuola.net', che su questo tema ha intervistato circa 1.500 studenti. Secondo l'Anief, questa è la dimostrazione del fallimento della riforma Gelmini, "che per risparmiare fondi ha ridotto ai minimi termini la possibilità ai docenti in servizio negli istituti superiori di primo e secondo grado di fornire la propria disponibilità alla supplenza". L'indagine di Skuola.net rivela che quando il docente di ruolo manca per qualche giorno "le classi sono spesso lasciate a se stesse e circa l'80% dei ragazzi non fa lezione, anche quando un altro docente presenzia in aula. Durante l'ora di buco, uno studente su tre dichiara che la classe rimane scoperta senza alcun tipo di sorveglianza". La situazione non migliora nel caso in cui il prof manchi per più di 15 giorni: il 43% degli studenti sostiene che per settimane o mesi non ha avuto né docente né supplente e una percentuale simile non ha iniziato regolarmente le lezioni a settembre. Quando un docente manca per pochi giorni, la scuola non può chiamare un supplente esterno ma deve coprire l'assenza con i prof interni. Gli insegnanti di ruolo possono però rifiutarsi, e inoltre non sempre le scuole hanno a disposizione i fondi per pagare queste ore extra. Così accade spesso, come denuncia il 35% degli studenti, che rimangano completamente da soli. Anche quando c'è un supplente, questo lascia fare agli studenti quello che vogliono: solo il 15% dei ragazzi fa lezione in classe con un supplente regolare o con il professore di un'altra classe, mentre per un ragazzo su 10 la classe viene divisa. Più complicato se un professore manca per periodi lunghi: niente supplente per mesi o settimane intere per quasi la metà degli studenti intervistati. A settembre circa il 40% non ha trovato un insegnante dietro la cattedra e ha dovuto aspettare prima che le lezioni per quella materia iniziassero regolarmente. Insomma continuità didattica addio, commentano gli autori del portale, se è vero, come dichiara il 70% degli intervistati, che quest'anno hanno cambiato almeno un prof in quelle materie in cui invece doveva rimanere lo stesso docente. L'Anief punta il dito contro "le nuove norme, come quella che prevede, se si eccettua la scuola dell'infanzia e la primaria dove è possibile assumere un supplente anche per un solo giorno, che negli istituti frequentati da alunni delle medie e superiori il ricorso alla convocazione di un nuovo docente deve rappresentare una necessità estrema". Il risultato è che "non ci sono alternative valide per assegnare un docente nuovo e sostituire in tal modo il collega che si assenti uno o comunque pochi giorni. Basta dire che per queste emergenze, purtroppo quasi all'ordine del giorno, mediamente una scuola pubblica italiana percepisce annualmente un forfait che non supera i 2 mila o i 3 mila euro. Considerando che un'ora di supplenze nella scuola pubblica viene compensata con 35 euro, è evidente che si tratta di un budget a dir poco risibile: utile a 'coprire' neanche cento ore di sostituzioni". Prima della riforma Gelmini, invece, "ogni insegnante collocava nell'orario scolastico alcune ore a settimana proprio per sopperire a queste necessità". (ANSA).

Redattore Sociale: Scuola, se manca l’insegnante gli alunni 8 volte su 10 non fanno lezione

Il Cittadino: Scuola: se manca il prof 8 volte su 10 niente lezione

ANSA: Se manca il prof, 8 su 10 niente lezione

MSN Notizie: Se manca il prof, 8 su 10 niente lezione

Fai Informazione: Se manca l'insegnante, 8 volte su 10 gli studenti non fanno lezione

Globalist: Scuola, se manca l'insegnante gli alunni 8 volte su 10 non fanno lezione

Tiscali notizie: Se manca il prof, 8 su 10 niente lezione

Il Bloggatore: Se manca l'insegnante, 8 volte su 10 gli studenti non fanno lezione

Il Salone della Giustizia: Se manca il prof 8 volte su 10 niente lezione

Orizzonte Scuola: Povera scuola, se manca l’insegnante gli alunni 8 volte su 10 non fanno lezione

Italpress: Scuola: Anief "Se manca insegnante alunni non fanno lezione 8 volte su 10"

Il Messaggero: Scuola, niente supplenti se il prof è assente

Il Secolo XIX: Se manca il prof niente lezione 8 volte su 10

L'Adige: Se manca il prof, 8 su 10 niente lezione

Quotidiano nazionale: L'insegnante non c'è? La lezione salta 8 volte su 10

Roma: Crac scuola, se manca un docente otto volte su dieci non si fa lezione

Articolo 21: Scuola, se manca l’insegnante gli alunni 8 volte su 10 non fanno lezione

 

Stipendi 4 punti sotto l’inflazione, ANIEF: restituire 25 mila euro a dipendente

ANSA: Scuola: Anief, stipendi 4 punti sotto l'inflazione
'Per cancellarli restituire 25 mila euro a dipendente'
(ANSA) - ROMA, 30 MAR - L'approvazione del decreto sugli scatti di anzianità ha prodotto un incremento in busta paga limitato a qualche decina di migliaia di dipendenti della scuola passati a una nuova fascia stipendiale. Ma per tutto il personale rimane ancora da sciogliere il nodo sulla restituzione dei soldi per il mancato adeguamento delle buste paga al costo della vita negli ultimi 40 mesi. Lo denuncia l'Anifef. Secondo le stime del sindacato, l'adeguamento corrisponde, numeri alla mano, a una media di 25 mila euro a dipendente. Per effetto dell'art. 9 della Legge 122/2010 - si legge in una nota - al personale della scuola è stato bloccato il rinnovo del contratto a partire dal 2010. E per effetto dell'ultima legge di stabilità, l'indennità di vacanza contrattuale è stata 'sospesa' sino al 2017. Con il risultato che i valori stipendiali di docenti e Ata non sono stati adeguati all'inflazione, rimanendo di fatto fermi addirittura al 2009. "Considerando che ai docenti - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - sono stati sottratti pure gli incentivi derivanti dagli incarichi di lavoro extra dedicato al potenziamento dell'offerta formativa, visto che gli scatti del 2012 e del 2013 sono stati finanziati in buona parte con il Fondo d'istituto, il sindacato reputa che è giunto il momento di dire basta". (ANSA).

Corriere del web: Scuola. Stipendi 4 punti sotto l'inflazione, per cancellarli vanno restituiti 25 mila euro a dipendente

Calabria 24 ore: Scuola - Stipendi 4 punti sotto l'inflazione, per cancellarli vanno restituiti 25 mila euro a dipendente

MNews: Stipendi 4 punti sotto l'inflazione, per cancellarli vanno restituiti 25 mila euro a dipendente

Italpress: Scuola: Anief "Stipendi 4 punti sotto l'inflazione”

Orizzonte Scuola: 80 euro in busta paga, sapremo l'8 aprile. Ma stipendi 8 punto sotto inflazione

ANSA: Scuola: Anief, stipendi da fame altro che pizze!
Sindacato intende rivolgersi a Corte europea diritti uomo
(ANSA) - ROMA, 31 MAR - "Se si dovessero adeguare gli stipendi del personale della scuola al solo costo dell'inflazione certificata nel periodo 2007-2013 bisognerebbe assegnare 93 lorde al mese dall'anno 2010, altro che 80 da maggio 2014: 5.000 euro lordi di arretrati". Lo afferma l'Anief che ha intenzione di rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell'uomo "per tutelare non soltanto il diritto a un contratto, al lavoro e a una giusta retribuzione ma anche alla parità di trattamento tra i lavoratori italiani ed europei". "Se si dovessero rapportare gli stipendi a quelli dei colleghi Ocde, a parità di lavoro nelle superiori, da quando è stato bloccato il contratto, la cifra quintuplica perché a fine carriera gli stipendi dei nostri insegnanti sono inferiori di 8.000 euro. Ecco perché gli 80 euro promessi dal Governo non bastano. Per pagare anche i soli arretrati, servirebbero subito 5 miliardi. Di certo non servono regali. Se si fossero applicati i parametri europei nella paga dei nostri insegnanti da quando è stato bloccato il contratto e si fossero adeguati gli stipendi al costo dell'inflazione, il Governo avrebbe dovuto mettere nelle finanziarie, per onorare il contratto, almeno 25.000 euro di arretrati per ciascun insegnante. Se l'inflazione è salita al 12% tra il 2007 e il 2013, gli aumenti disposti dall'ultimo contratto collettivo nazionale 2006-2009 si sono fermati all'8%, un punto in meno di tutto il pubblico impiego (9%): questa la situazione per il comparto scuola, dove il contratto è stato bloccato dal 2009 dalla legge Tremonti (122/2010) e dalla proroga voluta dal Governo Letta (DPR 122/2013) nonostante siano stati pagati gli scatti per il biennio 2010-2011 ma ai valori del 2009, grazie ai tagli di 50.000 posti di lavoro e alla riduzione di un terzo del Mof (- 500 milioni di euro)". L'Anief fa notare che se si allarga il confronto ai Paesi più economicamente sviluppati dell'area Ocde, "un docente italiano guadagna molto di meno a fine carriera: 8.000 euro, e lavora soltanto 30 ore in meno. E se si considera che il 60% del personale è over 50, si comprende come la categoria sia la più maltrattata d'Europa. Non si parla dei 100.000 euro lordi annui dei colleghi del Lussemburgo o delle 50.000 sterline dei colleghi inglesi: lo stipendio medio dei docenti italiani (30.000 euro lordi) è sceso di mille euro negli ultimi sei anni e tutto per colpa del blocco dei contratti nel pubblico impiego". (ANSA).

Mister X: Scuola: stipendi da fame, mentre si aspettano gli 80 euro promessi dal Governo, Anief ne chiede 25mila

IMG Press: Stipendi da fame, altro che pizze

AgenParl: Scuola: Anief, stipendi da fame

Italpress: Scuola: Anief "A insegnanti dovrebbero andare 25 mila euro arretrati"

L'Unità: Anief: «Nella scuola gli stipendi più bassi»

AgenParl: Istruzione: Anief, nella scuola stipendi più bassi

IMG Press: Nella scuola gli stipendi più bassi di tutti i comparti: in 12 anni l’inflazione ha corso di più

Corriere del web: Nella scuola gli stipendi più bassi di tutti i comparti: in 12 anni l'inflazione ha corso di più

Italpress: Scuola: Anief "Stipendi più bassi di tutti i comparti della P.A."

Tecnica della Scuola: Giannini entusiasta per il Def 2014: c’è tutta la nostra linea

Italpress: Def: Anief "A lavoratori scuola aumento 80 euro non basta"

AgenParl: Scuola: Pacifico (Anief-Confedir), a lavoratori scuola aumento 80 euro non basta

Pubblichiamo alcuni articoli sulle lezioni che saltano in caso di assenza dei prof e sugli stipendi del personale scolastico 4 punti sotto l'inflazione.

Se manca l’insegnante gli alunni 8 volte su 10 non fanno lezione

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La Gazzetta del Mezzogiorno: Se manca il prof, 8 su 10 niente lezione

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(ANSA) - ROMA, 30 MAR - Nelle scuole italiane quando il prof è assente in 8 casi su 10 la lezione salta, con gli alunni che rimangono in classe senza fare nulla. La denuncia arriva da un'indagine del portale 'Skuola.net', che su questo tema ha intervistato circa 1.500 studenti. Secondo l'Anief, questa è la dimostrazione del fallimento della riforma Gelmini, "che per risparmiare fondi ha ridotto ai minimi termini la possibilità ai docenti in servizio negli istituti superiori di primo e secondo grado di fornire la propria disponibilità alla supplenza". L'indagine di Skuola.net rivela che quando il docente di ruolo manca per qualche giorno "le classi sono spesso lasciate a se stesse e circa l'80% dei ragazzi non fa lezione, anche quando un altro docente presenzia in aula. Durante l'ora di buco, uno studente su tre dichiara che la classe rimane scoperta senza alcun tipo di sorveglianza". La situazione non migliora nel caso in cui il prof manchi per più di 15 giorni: il 43% degli studenti sostiene che per settimane o mesi non ha avuto né docente né supplente e una percentuale simile non ha iniziato regolarmente le lezioni a settembre. Quando un docente manca per pochi giorni, la scuola non può chiamare un supplente esterno ma deve coprire l'assenza con i prof interni. Gli insegnanti di ruolo possono però rifiutarsi, e inoltre non sempre le scuole hanno a disposizione i fondi per pagare queste ore extra. Così accade spesso, come denuncia il 35% degli studenti, che rimangano completamente da soli. Anche quando c'è un supplente, questo lascia fare agli studenti quello che vogliono: solo il 15% dei ragazzi fa lezione in classe con un supplente regolare o con il professore di un'altra classe, mentre per un ragazzo su 10 la classe viene divisa. Più complicato se un professore manca per periodi lunghi: niente supplente per mesi o settimane intere per quasi la metà degli studenti intervistati. A settembre circa il 40% non ha trovato un insegnante dietro la cattedra e ha dovuto aspettare prima che le lezioni per quella materia iniziassero regolarmente. Insomma continuità didattica addio, commentano gli autori del portale, se è vero, come dichiara il 70% degli intervistati, che quest'anno hanno cambiato almeno un prof in quelle materie in cui invece doveva rimanere lo stesso docente. L'Anief punta il dito contro "le nuove norme, come quella che prevede, se si eccettua la scuola dell'infanzia e la primaria dove è possibile assumere un supplente anche per un solo giorno, che negli istituti frequentati da alunni delle medie e superiori il ricorso alla convocazione di un nuovo docente deve rappresentare una necessità estrema". Il risultato è che "non ci sono alternative valide per assegnare un docente nuovo e sostituire in tal modo il collega che si assenti uno o comunque pochi giorni. Basta dire che per queste emergenze, purtroppo quasi all'ordine del giorno, mediamente una scuola pubblica italiana percepisce annualmente un forfait che non supera i 2 mila o i 3 mila euro. Considerando che un'ora di supplenze nella scuola pubblica viene compensata con 35 euro, è evidente che si tratta di un budget a dir poco risibile: utile a 'coprire' neanche cento ore di sostituzioni". Prima della riforma Gelmini, invece, "ogni insegnante collocava nell'orario scolastico alcune ore a settimana proprio per sopperire a queste necessità". (ANSA).

Redattore Sociale: Scuola, se manca l’insegnante gli alunni 8 volte su 10 non fanno lezione

Il Cittadino: Scuola: se manca il prof 8 volte su 10 niente lezione

ANSA: Se manca il prof, 8 su 10 niente lezione

MSN Notizie: Se manca il prof, 8 su 10 niente lezione

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Globalist: Scuola, se manca l'insegnante gli alunni 8 volte su 10 non fanno lezione

Tiscali notizie: Se manca il prof, 8 su 10 niente lezione

Il Bloggatore: Se manca l'insegnante, 8 volte su 10 gli studenti non fanno lezione

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Stipendi 4 punti sotto l’inflazione, ANIEF: restituire 25 mila euro a dipendente

ANSA: Scuola: Anief, stipendi 4 punti sotto l'inflazione
'Per cancellarli restituire 25 mila euro a dipendente'
(ANSA) - ROMA, 30 MAR - L'approvazione del decreto sugli scatti di anzianità ha prodotto un incremento in busta paga limitato a qualche decina di migliaia di dipendenti della scuola passati a una nuova fascia stipendiale. Ma per tutto il personale rimane ancora da sciogliere il nodo sulla restituzione dei soldi per il mancato adeguamento delle buste paga al costo della vita negli ultimi 40 mesi. Lo denuncia l'Anifef. Secondo le stime del sindacato, l'adeguamento corrisponde, numeri alla mano, a una media di 25 mila euro a dipendente. Per effetto dell'art. 9 della Legge 122/2010 - si legge in una nota - al personale della scuola è stato bloccato il rinnovo del contratto a partire dal 2010. E per effetto dell'ultima legge di stabilità, l'indennità di vacanza contrattuale è stata 'sospesa' sino al 2017. Con il risultato che i valori stipendiali di docenti e Ata non sono stati adeguati all'inflazione, rimanendo di fatto fermi addirittura al 2009. "Considerando che ai docenti - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - sono stati sottratti pure gli incentivi derivanti dagli incarichi di lavoro extra dedicato al potenziamento dell'offerta formativa, visto che gli scatti del 2012 e del 2013 sono stati finanziati in buona parte con il Fondo d'istituto, il sindacato reputa che è giunto il momento di dire basta". (ANSA).

Corriere del web: Scuola. Stipendi 4 punti sotto l'inflazione, per cancellarli vanno restituiti 25 mila euro a dipendente

Calabria 24 ore: Scuola - Stipendi 4 punti sotto l'inflazione, per cancellarli vanno restituiti 25 mila euro a dipendente

MNews: Stipendi 4 punti sotto l'inflazione, per cancellarli vanno restituiti 25 mila euro a dipendente

Italpress: Scuola: Anief "Stipendi 4 punti sotto l'inflazione”

Orizzonte Scuola: 80 euro in busta paga, sapremo l'8 aprile. Ma stipendi 8 punto sotto inflazione

ANSA: Scuola: Anief, stipendi da fame altro che pizze!
Sindacato intende rivolgersi a Corte europea diritti uomo
(ANSA) - ROMA, 31 MAR - "Se si dovessero adeguare gli stipendi del personale della scuola al solo costo dell'inflazione certificata nel periodo 2007-2013 bisognerebbe assegnare 93 lorde al mese dall'anno 2010, altro che 80 da maggio 2014: 5.000 euro lordi di arretrati". Lo afferma l'Anief che ha intenzione di rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell'uomo "per tutelare non soltanto il diritto a un contratto, al lavoro e a una giusta retribuzione ma anche alla parità di trattamento tra i lavoratori italiani ed europei". "Se si dovessero rapportare gli stipendi a quelli dei colleghi Ocde, a parità di lavoro nelle superiori, da quando è stato bloccato il contratto, la cifra quintuplica perché a fine carriera gli stipendi dei nostri insegnanti sono inferiori di 8.000 euro. Ecco perché gli 80 euro promessi dal Governo non bastano. Per pagare anche i soli arretrati, servirebbero subito 5 miliardi. Di certo non servono regali. Se si fossero applicati i parametri europei nella paga dei nostri insegnanti da quando è stato bloccato il contratto e si fossero adeguati gli stipendi al costo dell'inflazione, il Governo avrebbe dovuto mettere nelle finanziarie, per onorare il contratto, almeno 25.000 euro di arretrati per ciascun insegnante. Se l'inflazione è salita al 12% tra il 2007 e il 2013, gli aumenti disposti dall'ultimo contratto collettivo nazionale 2006-2009 si sono fermati all'8%, un punto in meno di tutto il pubblico impiego (9%): questa la situazione per il comparto scuola, dove il contratto è stato bloccato dal 2009 dalla legge Tremonti (122/2010) e dalla proroga voluta dal Governo Letta (DPR 122/2013) nonostante siano stati pagati gli scatti per il biennio 2010-2011 ma ai valori del 2009, grazie ai tagli di 50.000 posti di lavoro e alla riduzione di un terzo del Mof (- 500 milioni di euro)". L'Anief fa notare che se si allarga il confronto ai Paesi più economicamente sviluppati dell'area Ocde, "un docente italiano guadagna molto di meno a fine carriera: 8.000 euro, e lavora soltanto 30 ore in meno. E se si considera che il 60% del personale è over 50, si comprende come la categoria sia la più maltrattata d'Europa. Non si parla dei 100.000 euro lordi annui dei colleghi del Lussemburgo o delle 50.000 sterline dei colleghi inglesi: lo stipendio medio dei docenti italiani (30.000 euro lordi) è sceso di mille euro negli ultimi sei anni e tutto per colpa del blocco dei contratti nel pubblico impiego". (ANSA).

Mister X: Scuola: stipendi da fame, mentre si aspettano gli 80 euro promessi dal Governo, Anief ne chiede 25mila

IMG Press: Stipendi da fame, altro che pizze

AgenParl: Scuola: Anief, stipendi da fame

Italpress: Scuola: Anief "A insegnanti dovrebbero andare 25 mila euro arretrati"

L'Unità: Anief: «Nella scuola gli stipendi più bassi»

AgenParl: Istruzione: Anief, nella scuola stipendi più bassi

IMG Press: Nella scuola gli stipendi più bassi di tutti i comparti: in 12 anni l’inflazione ha corso di più

Corriere del web: Nella scuola gli stipendi più bassi di tutti i comparti: in 12 anni l'inflazione ha corso di più

Italpress: Scuola: Anief "Stipendi più bassi di tutti i comparti della P.A."

Tecnica della Scuola: Giannini entusiasta per il Def 2014: c’è tutta la nostra linea

Italpress: Def: Anief "A lavoratori scuola aumento 80 euro non basta"

AgenParl: Scuola: Pacifico (Anief-Confedir), a lavoratori scuola aumento 80 euro non basta

Pubblichiamo alcuni articoli sull'ipotesi di chiamata diretta dei docenti, rilanciata dal ministro Giannini, e sulla penalizzazione del Sud nel numero di immissioni in ruolo di sostegno.

Il Ministro Giannini scambia la scuola pubblica per quella privata, i prof non si scelgono per chiamata diretta

ANSA: Anief, Giannini vuole imporre scelta prof da presidi
Anche in Def si chiede di rivedere metodo di reclutamento
(ANSA) - ROMA, 9 APR - "Procedere alla chiamata diretta degli insegnanti, come se le scuole fossero delle aziende private, significherebbe la fine e non l'inizio della meritocrazia". Così risponde Marcello Pacifico, presidente Anief, alle aperture del Ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, all'introduzione di un nuovo metodo di scelta degli insegnanti nelle nostre scuole pubbliche. Premettendo che anche nel Def 2014 si chiede di rivedere il "metodo di reclutamento di insegnanti", l'Anief si chiede "come si fa ad approvare un nuovo reclutamento che bypassi in un colpo solo le selezioni pubbliche di 100 mila docenti, tra concorsi, Tfa ordinario e Pas? E che fine farebbero i quasi 200mila docenti abilitati inseriti nelle Gae?". Laddove non vi siano più aspiranti nelle GaE, Anief propone l'introduzione di una quarta fascia: all'interno si collocherebbero tutti gli idonei all'ultimo concorso, che per vari motivi non sono stati ancora immessi in ruolo, ma anche gli abilitati con il Tfa, coloro che hanno conseguito il diploma magistrale fino al 2001. E, per finire, i circa 70mila che si abiliteranno con i PAS. "In tal modo - spiega Pacifico - le graduatorie rimarrebbero ad esaurimento, ma si scongiurerebbe la possibilità che possano rimanere senza candidati. E di aprire alla chiamata diretta auspicata dal Ministro Giannini. Che rimane un'operazione legata a scelte soggettive e discrezionali. Abbandonando l'attuale assegnazione di un punteggio oggettivo, sulla base dei titoli di studio e culturali acquisiti, nonché del servizio svolto". Secondo il sindacato, per scongiurare questo pericolo, si potrebbe introdurre una graduatoria unica nazionale, all'interno della quale inserire tutti gli abilitati: le convocazioni sarebbero inoltre interamente telematiche, senza più il vincolo delle 20 scuole per le graduatorie d'istituto. Per Pacifico "in un Paese dove i cittadini non possono scegliere i ministri e dove gli stessi ministri non rispondono del loro operato, dove si diventa dirigenti dopo aver risposto a quesiti sbagliati, dove si può vincere un concorso a preside da precario, è inaccettabile la chiamata diretta degli insegnanti. Il ministro Giannini dovrebbe avere più rispetto delle commissioni che hanno valutato e rilasciato un titolo abilitante agli attuali 170 mila docenti precari inseriti nelle GaE: lasci stare la chiamata diretta, che è anche incostituzionale, e proceda, come l'Europa ci chiede dal 1999, all'assunzione di tutti i precari con più di 36 mesi di supplenze". (ANSA).

IMG Press: Il Ministro Giannini vuole imporre la scelta dei prof da parte dei presidi, il sindacato si oppone

Mister X: Il Ministro Giannini vuole imporre la scelta dei prof da parte dei presidi, il sindacato si oppone

Corriere del web: Il Ministro Giannini vuole imporre la scelta dei prof da parte dei presidi, il sindacato si oppone

AgenParl: Scuola: Anief si oppone a Giannini su scelta dei prof. da parte dei presidi

Free news pos: Il Ministro Giannini vuole imporre la scelta dei prof da parte dei presidi, il sindacato si oppone

Italpress: "Giannini vuole imporre scelta prof da parte dei presidi"

Il Messaggero: Scuola, è subito polemica sulla chiamata diretta degli insegnanti

ANSA: Anief, prof non si scelgono per chiamata diretta
(ANSA) - ROMA, 25 FEB - Il reclutamento degli insegnanti della scuola pubblica "non può essere quello della chiamata diretta adottata negli istituti privati: per rimodulare il sistema d'istruzione italiano non servono colpi di mano, ma basterebbe solo rispettare l'imparzialità derivante dall'esito dei pubblici concorsi, che devono rimanere l'unico 'filtro' meritocratico per l'accesso nell'istruzione come già avviene per legge in tutti i comparti dell'amministrazione statale". È quanto sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief, riferendosi a quanto dichiarato dal neo-Ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini. "Forse il Ministro - continua Pacifico - non ha ben chiaro che creare un modello di scelta del personale docente gestito a livello di singola scuola andrebbe a determinare una parcellizzazione dei criteri e delle modalità selettive. Con la risultante sicura di incrementare il già alto numero di contenziosi. Viene poi da chiedersi chi avrebbe l'onere di gestire la selezione dei docenti e la valutazione dei loro curricula di studio e professionali: non è bastata - conclude il sindacalista Anief-Confedir - l'esperienza dei commissari dell'ultimo concorsone, malpagati e costretti a rinunciare alle ferie per portare a termine le graduatorie dei vincitori?". Per l'Anief "sarebbe decisamente più opportuno adottare un modello selettivo e meritocratico nazionale" e suggerisce di utilizzare come riferimento quanto stabilito di recente dal Miur per l'accesso alle Facoltà universitarie di Medicina. Anief non comprende, infine, come si possa pensare di introdurre un modello organizzativo di reclutamento che superi le già avvenute selezioni pubbliche di tante decine di migliaia di docenti, tra concorsi, Tfa ordinario e Pas: " Invece di trovare una collocazione a questi insegnanti, come meritano, all'interno delle graduatorie a esaurimento, si continua a mettere in discussione le loro capacità di futuri docenti. Come se non fossero già in possesso di adeguati titoli di studio, abilitazioni, specializzazioni e idoneità all'insegnamento". (ANSA).

Repubblica: Scuola, è subito polemica sulla chiamata diretta degli insegnanti

IMG Press: Il Ministro Giannini scambia la scuola pubblica per quella privata, i prof non si scelgono per chiamata diretta

Qui Finanza: Scuola, è subito polemica sulla chiamata diretta degli insegnanti

Orizzonte Scuola: Anief. Non servono colpi di mano sul reclutamento, ma rispettare l'imparzialità dei concorsi pubblici

Teleborsa: Scuola, è subito polemica sulla chiamata diretta degli insegnanti

Online news: Anief, il Ministro Giannini scambia la scuola pubblica per quella privata, i prof non si scelgono per chiamata diretta

Corriere di Roma: Anief, il Ministro Giannini scambia la scuola pubblica per quella privata, i prof non si scelgono per chiamata diretta

Italpress: Istruzione, Anief "Giannini scambia scuola pubblica per quella privata"

Democrazia nelle regole: Anief, il Ministro Giannini scambia la scuola pubblica per quella privata, i prof non si scelgono per chiamata diretta

Orizzonte Scuola: Sindacati a Giannini, no chiamata diretta. ANIEF: "aumento stipendi 7%, inflazione 12%". Cobas: "istruzione a partito che non conta niente". USB: "Cancellare spending review"

Il Corriere di Roma: I prof non si scelgono per chiamata diretta

 

Il Miur penalizza il Meridione: 80% delle 22mila assunzioni andranno al Nord

ANSA: Scuola: sostegno; Anief, ministero penalizza il Meridione
(ANSA) - ROMA, 26 FEB - "Gli errori del Ministero dell' Istruzione continuano a penalizzare le regioni del Sud: stavolta a rimetterci saranno gli alunni disabili, che nel prossimo biennio continueranno ad avere i loro insegnanti precari". Lo denuncia l'Anief riferendo che delle 22mila assunzioni di docenti di sostegno programmate (attraverso il D.L. 104/13) addirittura l'80% si effettueranno al Nord. "In alcune regioni, come Basilicata, Campania e Calabria, le immissioni in ruolo potrebbero infatti quasi saltare. Il motivo non sarebbe però quello che tutti possono immaginare, la mancanza di posti liberi, ma - spiega il sindacato - il rapporto troppo alto, attorno all'80%, tra organico di diritto e di fatto. Con il risultato che ancora una volta le assurde logiche della burocrazia prevarranno su quelle della funzionalità di un servizio pubblico essenziale quale è il diritto allo studio rivolto ai disabili". Secondo l'Anief "se si confrontano i dati programmatici delle assunzioni richieste dal Miur nel prossimo triennio si scopre che alla fine della 'giostra' Sud e Isole saranno nuovamente penalizzate perché avranno meno insegnanti di quelli che dovrebbero avere: ne mancheranno all'appello 881 in Sicilia, 710 in Campania, 382 in Puglia, 259 in Sardegna e 129 in Basilicata". "È evidente - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - che il Meridione esce ancora una volta penalizzato dalle scelte cervellotiche del Ministero dell'Istruzione: per evitare questo sbilanciamento di assunzioni sarebbe bastato tenere conto degli squilibri pregressi e applicare la percentuale del 70% rispetto all'organico regionale". "Considerando poi che l'amministrazione su questo fronte è recidiva, poiché le assunzioni dovevano essere il doppio rispetto alle 26mila programmate in tre anni, per il Sud si preannuncia una vera beffa" conclude Pacifico secondo cui il rischio é che nelle regioni con meno immissioni in ruolo si produrrà un servizio didattico contrassegnato da un'alta percentuale di docenti di sostegno che rimarranno precari, costretti quasi sempre a cambiare scuola ogni anno e non garantendo quella continuità didattica che nel caso dell'apprendimento degli alunni disabili diventa elemento essenziale e cogente". (ANSA).

Ileana Argentin (PD): Scuola: sostegno, Anief “il Miur penalizza il meridione”

Corriere del web: Sostegno, il Miur penalizza il Meridione: 80% delle 22mila assunzioni al Nord

Tecnica della Scuola: Sostegno, il Miur penalizza il meridione: 80% delle 22mila assunzioni al nord

Calabria 24 Ore: Sostegno, il Miur penalizza il Meridione: 80% delle 22mila assunzioni al Nord

Italpress: Scuola: sostegno, Anief "Il Miur penalizza il meridione"

Il Mattino: Ecco i numeri delle due Italie: Napoli paga tasse, tariffe e polizze doppie di Milano 

Pubblichiamo alcuni articoli sull'ipotesi di chiamata diretta dei docenti, rilanciata dal ministro Giannini, e sulla penalizzazione del Sud nel numero di immissioni in ruolo di sostegno.

Il Ministro Giannini scambia la scuola pubblica per quella privata, i prof non si scelgono per chiamata diretta

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Anche in Def si chiede di rivedere metodo di reclutamento
(ANSA) - ROMA, 9 APR - "Procedere alla chiamata diretta degli insegnanti, come se le scuole fossero delle aziende private, significherebbe la fine e non l'inizio della meritocrazia". Così risponde Marcello Pacifico, presidente Anief, alle aperture del Ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, all'introduzione di un nuovo metodo di scelta degli insegnanti nelle nostre scuole pubbliche. Premettendo che anche nel Def 2014 si chiede di rivedere il "metodo di reclutamento di insegnanti", l'Anief si chiede "come si fa ad approvare un nuovo reclutamento che bypassi in un colpo solo le selezioni pubbliche di 100 mila docenti, tra concorsi, Tfa ordinario e Pas? E che fine farebbero i quasi 200mila docenti abilitati inseriti nelle Gae?". Laddove non vi siano più aspiranti nelle GaE, Anief propone l'introduzione di una quarta fascia: all'interno si collocherebbero tutti gli idonei all'ultimo concorso, che per vari motivi non sono stati ancora immessi in ruolo, ma anche gli abilitati con il Tfa, coloro che hanno conseguito il diploma magistrale fino al 2001. E, per finire, i circa 70mila che si abiliteranno con i PAS. "In tal modo - spiega Pacifico - le graduatorie rimarrebbero ad esaurimento, ma si scongiurerebbe la possibilità che possano rimanere senza candidati. E di aprire alla chiamata diretta auspicata dal Ministro Giannini. Che rimane un'operazione legata a scelte soggettive e discrezionali. Abbandonando l'attuale assegnazione di un punteggio oggettivo, sulla base dei titoli di studio e culturali acquisiti, nonché del servizio svolto". Secondo il sindacato, per scongiurare questo pericolo, si potrebbe introdurre una graduatoria unica nazionale, all'interno della quale inserire tutti gli abilitati: le convocazioni sarebbero inoltre interamente telematiche, senza più il vincolo delle 20 scuole per le graduatorie d'istituto. Per Pacifico "in un Paese dove i cittadini non possono scegliere i ministri e dove gli stessi ministri non rispondono del loro operato, dove si diventa dirigenti dopo aver risposto a quesiti sbagliati, dove si può vincere un concorso a preside da precario, è inaccettabile la chiamata diretta degli insegnanti. Il ministro Giannini dovrebbe avere più rispetto delle commissioni che hanno valutato e rilasciato un titolo abilitante agli attuali 170 mila docenti precari inseriti nelle GaE: lasci stare la chiamata diretta, che è anche incostituzionale, e proceda, come l'Europa ci chiede dal 1999, all'assunzione di tutti i precari con più di 36 mesi di supplenze". (ANSA).

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ANSA: Anief, prof non si scelgono per chiamata diretta
(ANSA) - ROMA, 25 FEB - Il reclutamento degli insegnanti della scuola pubblica "non può essere quello della chiamata diretta adottata negli istituti privati: per rimodulare il sistema d'istruzione italiano non servono colpi di mano, ma basterebbe solo rispettare l'imparzialità derivante dall'esito dei pubblici concorsi, che devono rimanere l'unico 'filtro' meritocratico per l'accesso nell'istruzione come già avviene per legge in tutti i comparti dell'amministrazione statale". È quanto sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief, riferendosi a quanto dichiarato dal neo-Ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini. "Forse il Ministro - continua Pacifico - non ha ben chiaro che creare un modello di scelta del personale docente gestito a livello di singola scuola andrebbe a determinare una parcellizzazione dei criteri e delle modalità selettive. Con la risultante sicura di incrementare il già alto numero di contenziosi. Viene poi da chiedersi chi avrebbe l'onere di gestire la selezione dei docenti e la valutazione dei loro curricula di studio e professionali: non è bastata - conclude il sindacalista Anief-Confedir - l'esperienza dei commissari dell'ultimo concorsone, malpagati e costretti a rinunciare alle ferie per portare a termine le graduatorie dei vincitori?". Per l'Anief "sarebbe decisamente più opportuno adottare un modello selettivo e meritocratico nazionale" e suggerisce di utilizzare come riferimento quanto stabilito di recente dal Miur per l'accesso alle Facoltà universitarie di Medicina. Anief non comprende, infine, come si possa pensare di introdurre un modello organizzativo di reclutamento che superi le già avvenute selezioni pubbliche di tante decine di migliaia di docenti, tra concorsi, Tfa ordinario e Pas: " Invece di trovare una collocazione a questi insegnanti, come meritano, all'interno delle graduatorie a esaurimento, si continua a mettere in discussione le loro capacità di futuri docenti. Come se non fossero già in possesso di adeguati titoli di studio, abilitazioni, specializzazioni e idoneità all'insegnamento". (ANSA).

Repubblica: Scuola, è subito polemica sulla chiamata diretta degli insegnanti

IMG Press: Il Ministro Giannini scambia la scuola pubblica per quella privata, i prof non si scelgono per chiamata diretta

Qui Finanza: Scuola, è subito polemica sulla chiamata diretta degli insegnanti

Orizzonte Scuola: Anief. Non servono colpi di mano sul reclutamento, ma rispettare l'imparzialità dei concorsi pubblici

Teleborsa: Scuola, è subito polemica sulla chiamata diretta degli insegnanti

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Democrazia nelle regole: Anief, il Ministro Giannini scambia la scuola pubblica per quella privata, i prof non si scelgono per chiamata diretta

Orizzonte Scuola: Sindacati a Giannini, no chiamata diretta. ANIEF: "aumento stipendi 7%, inflazione 12%". Cobas: "istruzione a partito che non conta niente". USB: "Cancellare spending review"

Il Corriere di Roma: I prof non si scelgono per chiamata diretta

 

Il Miur penalizza il Meridione: 80% delle 22mila assunzioni andranno al Nord

ANSA: Scuola: sostegno; Anief, ministero penalizza il Meridione
(ANSA) - ROMA, 26 FEB - "Gli errori del Ministero dell' Istruzione continuano a penalizzare le regioni del Sud: stavolta a rimetterci saranno gli alunni disabili, che nel prossimo biennio continueranno ad avere i loro insegnanti precari". Lo denuncia l'Anief riferendo che delle 22mila assunzioni di docenti di sostegno programmate (attraverso il D.L. 104/13) addirittura l'80% si effettueranno al Nord. "In alcune regioni, come Basilicata, Campania e Calabria, le immissioni in ruolo potrebbero infatti quasi saltare. Il motivo non sarebbe però quello che tutti possono immaginare, la mancanza di posti liberi, ma - spiega il sindacato - il rapporto troppo alto, attorno all'80%, tra organico di diritto e di fatto. Con il risultato che ancora una volta le assurde logiche della burocrazia prevarranno su quelle della funzionalità di un servizio pubblico essenziale quale è il diritto allo studio rivolto ai disabili". Secondo l'Anief "se si confrontano i dati programmatici delle assunzioni richieste dal Miur nel prossimo triennio si scopre che alla fine della 'giostra' Sud e Isole saranno nuovamente penalizzate perché avranno meno insegnanti di quelli che dovrebbero avere: ne mancheranno all'appello 881 in Sicilia, 710 in Campania, 382 in Puglia, 259 in Sardegna e 129 in Basilicata". "È evidente - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - che il Meridione esce ancora una volta penalizzato dalle scelte cervellotiche del Ministero dell'Istruzione: per evitare questo sbilanciamento di assunzioni sarebbe bastato tenere conto degli squilibri pregressi e applicare la percentuale del 70% rispetto all'organico regionale". "Considerando poi che l'amministrazione su questo fronte è recidiva, poiché le assunzioni dovevano essere il doppio rispetto alle 26mila programmate in tre anni, per il Sud si preannuncia una vera beffa" conclude Pacifico secondo cui il rischio é che nelle regioni con meno immissioni in ruolo si produrrà un servizio didattico contrassegnato da un'alta percentuale di docenti di sostegno che rimarranno precari, costretti quasi sempre a cambiare scuola ogni anno e non garantendo quella continuità didattica che nel caso dell'apprendimento degli alunni disabili diventa elemento essenziale e cogente". (ANSA).

Ileana Argentin (PD): Scuola: sostegno, Anief “il Miur penalizza il meridione”

Corriere del web: Sostegno, il Miur penalizza il Meridione: 80% delle 22mila assunzioni al Nord

Tecnica della Scuola: Sostegno, il Miur penalizza il meridione: 80% delle 22mila assunzioni al nord

Calabria 24 Ore: Sostegno, il Miur penalizza il Meridione: 80% delle 22mila assunzioni al Nord

Italpress: Scuola: sostegno, Anief "Il Miur penalizza il meridione"

Il Mattino: Ecco i numeri delle due Italie: Napoli paga tasse, tariffe e polizze doppie di Milano 

Pubblichiamo alcuni articoli sullo sciopero e sul presidio dei precari al Miur dell'11 aprile, sulla proposta di staffetta generazionale del ministro Madia e sull'avvio dei ricorsi Anief per l'aggiornamento delle GaE.

Sciopero e presidio dei precari al Miur dell'11 aprile 2014

L'Unità: Scuola, giovedì in piazza i precari. I prof: «Giannini ci riceva»

ANSA: Scuola: Anief, domani protesta precari davanti a ministero
Per chiedere garanzie su futuri sistemi di reclutamento
(ANSA) - ROMA, 10 APR - Domani i precari della scuola si fermano e scendono in piazza a Roma: lo sciopero generale della categoria è stato indetto da una serie di organizzazioni, tra cui il "Coordinamento nazionale Precari Uniti contro i Tagli", che nella stessa giornata ha organizzato un presidio, a partire dalle 10,00 davanti al Ministero dell'Istruzione. I precari chiedono di incontrare il Ministro Giannini, per rivolgerle quesiti su ritiro dei tagli, assunzioni, scatti di anzianità, ferie non godute, futuri sistemi di reclutamento. Il sindacato Anief reputa giuste le rivendicazioni dei precari della scuola ed è solidale con i manifestanti. "L'Anief - sostiene il presidente Marcello Pacifico - combatte da anni per la salvaguardia del diritto alla parità di trattamento, all'equa retribuzione, alla stabilizzazione, al lavoro, alla dignità della professione di insegnante: sono tutti punti presenti nelle nostra Costituzione e protetti dall'ordinamento comunitario, ma sempre dimenticati dai nostri governanti. I quali preferiscono calpestarli per presunte ragioni finanziarie. Che, tra l'altro, nemmeno esistono: di recente la Ragioneria dello Stato ha dimostrato che tenere in piedi il meccanismo infernale del nostro precariato scolastico costa alle casse pubbliche centinaia di milioni di euro in più". A tal proposito, un recente studio Anief - ricorda Pacifico - ha evidenziato come per il funzionamento ordinario degli istituti scolastici tra il 2001 e il 2013 i supplenti annuali sono passati da 105 mila a 140 mila. E nel contempo le spese per il personale a tempo determinato si sono incrementate di 348 milioni di euro dal 2007 (+68%), mentre nello stesso periodo nel settore della Sanità pubblica - dove si è proceduto alla stabilizzazione di 24 mila unità - si è prodotto un risparmio di 80 milioni di euro. (ANSA).

IMG Press: Domani 11 aprile sciopero dei sindacati e manifestazione coordinamenti precari

Italpress: Scuola: Anief, domani manifestazione coordinamenti precari

 

Boom di adesioni a petizione Spicola e largo a staffetta generazionale del Ministro Madia

Teleborsa: Scuola, professori in pensione a 60 anni? Molti appoggiano la petizione

ANSA: Anief, 25 mila sì a petizione per pensione a 60 anni
(ANSA) - ROMA, 8 APR - "Si dia seguito alla staffetta generazionale del Ministro Madia approvando una deroga per il comparto" scuola. Lo chiede l'Anief segnalando che ha raccolto oltre 25 mila adesioni la petizione di Mila Spicola, la scrittrice, docente e componente della direzione nazionale del Pd, che intende convincere il Premier Renzi a trovare "un rimedio all'ingiusta legge che pone il personale scolastico sullo stesso piano degli altri dipendenti pubblici" in materia di pensione. L'Anief ricorda dall'ultimo rapporto 'Education at a glance' risulta che nel 2011 in Italia aveva più di 50 anni il 47,6% dei docenti della primaria, il 61% di quelli delle medie inferiori e il 62,5% di quelli delle superiori. Mentre solo lo 0,27 per cento dei nostri insegnanti ha meno di 30 anni. Contro la presenza di insegnanti under 30 che in Germania si colloca al 3,6%, in Austria e Islanda al 6%, in Spagna al 6,8%. "Il conflitto, è proprio il caso di dire, si creerebbe continuando a tenere gli aspiranti docenti lontani dalla scuola e costringendo a lasciare in cattedra chi ci sta da una vita" afferma il sindacato. "È scientificamente provato - osserva Marcello Pacifico, presidente Anief - che chi opera nella scuola svolge uno dei lavori più stressanti e a rischio burnout: è il mestiere che impegna di più in relazioni umane e nello sviluppo della persona. Ma che purtroppo, paradossalmente, è anche quello che è stato più sacrificato sull'altare dei tagli nella pubblica amministrazione. Da un nostro recente studio risulta che negli ultimi 10 anni le immissioni in ruolo dei docenti sono state di gran lunga inferiori ai pensionamenti. Se a questo aggiungiamo che il 62% degli stessi insegnanti è over 50 e che, grazie alla riforma Fornero, entro qualche anno ci ritroveremo con oltre 100 mila insegnanti ultra 60enni, non c'è altra scelta: bisogna dare subito pieno credito a petizioni come quelle della scrittrice Mila Spicola, che vanno nella stessa direzione della proposta del ministro Madia di agevolare il ricambio generazionale. Altrimenti - conclude Pacifico - sulla scuola si continuerà a fare solo tanta demagogia". (ANSA).

Repubblica: Scuola, professori in pensione a 60 anni? Molti appoggiano la petizione

AgenParl: Pensioni: Anief, 25mila sì alla petizione della scrittrice Spicola per liberare prof a 60 anni

Online news: Pensioni, 25 mila sì alla petizione della scrittrice Mila Spicola per liberare i prof a 60 anni

Italpress: Scuola: pensioni. Anief, 25 mila sì a petizione scrittrice Mila Spicola

 

Anief avvia i ricorsi per l'aggiornamento della GaE

Orizzonte Scuola: Miur pubblica decreto aggiornamento Graduatorie ad esaurimento, Anief avvia i ricorsi

Blasting News: Decreto aggiornamento GAE: tutto quel che c'è da sapere

AgenParl: Scuola: Anief, Miur pubblica graduatorie ad esaurimento docenti

Italpress: Scuola: Anief "Illegittima esclusione personale abilitato ex graduatorie"

 

Pubblichiamo alcuni articoli sullo sciopero e sul presidio dei precari al Miur dell'11 aprile, sulla proposta di staffetta generazionale del ministro Madia e sull'avvio dei ricorsi Anief per l'aggiornamento delle GaE.

Sciopero e presidio dei precari al Miur dell'11 aprile 2014

L'Unità: Scuola, giovedì in piazza i precari. I prof: «Giannini ci riceva»

ANSA: Scuola: Anief, domani protesta precari davanti a ministero
Per chiedere garanzie su futuri sistemi di reclutamento
(ANSA) - ROMA, 10 APR - Domani i precari della scuola si fermano e scendono in piazza a Roma: lo sciopero generale della categoria è stato indetto da una serie di organizzazioni, tra cui il "Coordinamento nazionale Precari Uniti contro i Tagli", che nella stessa giornata ha organizzato un presidio, a partire dalle 10,00 davanti al Ministero dell'Istruzione. I precari chiedono di incontrare il Ministro Giannini, per rivolgerle quesiti su ritiro dei tagli, assunzioni, scatti di anzianità, ferie non godute, futuri sistemi di reclutamento. Il sindacato Anief reputa giuste le rivendicazioni dei precari della scuola ed è solidale con i manifestanti. "L'Anief - sostiene il presidente Marcello Pacifico - combatte da anni per la salvaguardia del diritto alla parità di trattamento, all'equa retribuzione, alla stabilizzazione, al lavoro, alla dignità della professione di insegnante: sono tutti punti presenti nelle nostra Costituzione e protetti dall'ordinamento comunitario, ma sempre dimenticati dai nostri governanti. I quali preferiscono calpestarli per presunte ragioni finanziarie. Che, tra l'altro, nemmeno esistono: di recente la Ragioneria dello Stato ha dimostrato che tenere in piedi il meccanismo infernale del nostro precariato scolastico costa alle casse pubbliche centinaia di milioni di euro in più". A tal proposito, un recente studio Anief - ricorda Pacifico - ha evidenziato come per il funzionamento ordinario degli istituti scolastici tra il 2001 e il 2013 i supplenti annuali sono passati da 105 mila a 140 mila. E nel contempo le spese per il personale a tempo determinato si sono incrementate di 348 milioni di euro dal 2007 (+68%), mentre nello stesso periodo nel settore della Sanità pubblica - dove si è proceduto alla stabilizzazione di 24 mila unità - si è prodotto un risparmio di 80 milioni di euro. (ANSA).

IMG Press: Domani 11 aprile sciopero dei sindacati e manifestazione coordinamenti precari

Italpress: Scuola: Anief, domani manifestazione coordinamenti precari

 

Boom di adesioni a petizione Spicola e largo a staffetta generazionale del Ministro Madia

Teleborsa: Scuola, professori in pensione a 60 anni? Molti appoggiano la petizione

ANSA: Anief, 25 mila sì a petizione per pensione a 60 anni
(ANSA) - ROMA, 8 APR - "Si dia seguito alla staffetta generazionale del Ministro Madia approvando una deroga per il comparto" scuola. Lo chiede l'Anief segnalando che ha raccolto oltre 25 mila adesioni la petizione di Mila Spicola, la scrittrice, docente e componente della direzione nazionale del Pd, che intende convincere il Premier Renzi a trovare "un rimedio all'ingiusta legge che pone il personale scolastico sullo stesso piano degli altri dipendenti pubblici" in materia di pensione. L'Anief ricorda dall'ultimo rapporto 'Education at a glance' risulta che nel 2011 in Italia aveva più di 50 anni il 47,6% dei docenti della primaria, il 61% di quelli delle medie inferiori e il 62,5% di quelli delle superiori. Mentre solo lo 0,27 per cento dei nostri insegnanti ha meno di 30 anni. Contro la presenza di insegnanti under 30 che in Germania si colloca al 3,6%, in Austria e Islanda al 6%, in Spagna al 6,8%. "Il conflitto, è proprio il caso di dire, si creerebbe continuando a tenere gli aspiranti docenti lontani dalla scuola e costringendo a lasciare in cattedra chi ci sta da una vita" afferma il sindacato. "È scientificamente provato - osserva Marcello Pacifico, presidente Anief - che chi opera nella scuola svolge uno dei lavori più stressanti e a rischio burnout: è il mestiere che impegna di più in relazioni umane e nello sviluppo della persona. Ma che purtroppo, paradossalmente, è anche quello che è stato più sacrificato sull'altare dei tagli nella pubblica amministrazione. Da un nostro recente studio risulta che negli ultimi 10 anni le immissioni in ruolo dei docenti sono state di gran lunga inferiori ai pensionamenti. Se a questo aggiungiamo che il 62% degli stessi insegnanti è over 50 e che, grazie alla riforma Fornero, entro qualche anno ci ritroveremo con oltre 100 mila insegnanti ultra 60enni, non c'è altra scelta: bisogna dare subito pieno credito a petizioni come quelle della scrittrice Mila Spicola, che vanno nella stessa direzione della proposta del ministro Madia di agevolare il ricambio generazionale. Altrimenti - conclude Pacifico - sulla scuola si continuerà a fare solo tanta demagogia". (ANSA).

Repubblica: Scuola, professori in pensione a 60 anni? Molti appoggiano la petizione

AgenParl: Pensioni: Anief, 25mila sì alla petizione della scrittrice Spicola per liberare prof a 60 anni

Online news: Pensioni, 25 mila sì alla petizione della scrittrice Mila Spicola per liberare i prof a 60 anni

Italpress: Scuola: pensioni. Anief, 25 mila sì a petizione scrittrice Mila Spicola

 

Anief avvia i ricorsi per l'aggiornamento della GaE

Orizzonte Scuola: Miur pubblica decreto aggiornamento Graduatorie ad esaurimento, Anief avvia i ricorsi

Blasting News: Decreto aggiornamento GAE: tutto quel che c'è da sapere

AgenParl: Scuola: Anief, Miur pubblica graduatorie ad esaurimento docenti

Italpress: Scuola: Anief "Illegittima esclusione personale abilitato ex graduatorie"

 

Pubblichiamo alcuni articoli sull'aumento di 64mila alunni negli ultimi due anni a parità di docenti e sull'attesa del parere del Consiglio di Stato sul concorso DS.

Negli ultimi due anni 64 mila alunni in più, ma i docenti non aumentano

TMNews: Anief: 64 mila alunni in più in 2 anni, no a classi pollaio
Fermo il numero dei docenti, cresce solo quelli di sostegno
Roma, 4 apr. (TMNews) - Nell'ultimo biennio il numero di alunni è aumentato di circa 64 mila unità, a seguito di un incremento di 30 mila iscritti in più nell'anno in corso e di 34mila nel prossimo, che corrispondono a circa 3mila nuove classi. Il numero di insegnanti è rimasto sempre lo stesso: 600.839 posti di docente comuni. Lo rivela il sindacato Anief-Confedir. "Questo significa - spiega una nota - che gli alunni nuovi arrivati si sono in larga parte accomodati nelle classi esistenti: allargando il già alto numero, che nei primi anni di medie e superiori arriva sempre più spesso alle soglie dei 30 iscritti. Violando, in questo modo, le misure in vigore che, soprattutto in presenza di spazi ridotti, impongono precisi vincoli per non ledere il diritto allo studio. E superando i limiti previsti dalle norme sulla sicurezza e dalla prevenzione degli infortuni". Gli unici docenti che aumenteranno - sottolinea l'Anief-Confedit - sono quelli di sostegno. Che da 63.348 saranno incrementati di circa 20mila unità. Ma si tratta, anche in questo caso, di una notizia che stona con la realtà. Quella che deve fare i conti con un organico di diritto sottodimensionato del 30%. Tanto è vero che anche se entro tre anni i docenti di ruolo specializzati nell'insegnamento ai disabili saliranno a 90.032, pari all'organico di quasi 10 anni fa, nello stesso periodo i docenti di sostegno di cui avranno bisogno i nostri alunni saranno molti di più degli attuali 110.216: basti pensare il trend positivo a partire dal 2001, quando gli iscritti nelle scuole con handicap certificato erano appena 138.000, mentre oggi sono diventati 222.000.Per ovviare a questo problema, il sindacato ha chiesto fin da subito di autorizzare almeno altre 25.000 assunzioni su sostegno in più: ciò eviterebbe inevitabili disagi didattici e problemi di apprendimento per migliaia di disabili, ma anche tantissimi ricorsi in tribunale con danno erariale per lo Stato di chi, gioco forza, dimostrerà di essere stato chiamato per più di 36 mesi su posti liberi. Inoltre, seppure più contenuto rispetto a 10 anni fa, continua ad aumentare il numero di alunni stranieri: appena pochi giorni fa il Miur ha rilevato, assieme all'Ismu, che "dall'analisi statistica emerge che gli alunni con cittadinanza non italiana continuano a crescere di numero e anche di percentuale: sono 786.630, l'8,8% sul totale degli iscritti nelle scuole italiane". Come se non bastasse, nel prossimo anno alcune zone d'Italia avranno meno cattedre per tutte le discipline: in Sicilia, ad esempio, si perderanno più di 500 insegnanti. La rivista specializzata 'Orizzonte Scuola', nell'articolo riassuntivo, suddiviso per regioni e ordine di scuola, sugli organici degli insegnanti 2014/15 messi a confronto con quelli dell'anno in corso, ha rilevato che "come nel gioco delle tre carte, poiché gli organici non possono essere modificati e gli alunni in talune regioni aumentano, spostiamo cattedre da una regione all'altra. A saldo invariato". "Governo e Miur - afferma Marcello Pacifico (Anief-Confedir)-facciano una seria riflessione sugli organici, iniziando a cancellare la norma che prevede il loro blocco contenuta nella Legge 111/2011. Quando fu approvata, il legislatore pensò solo a risparmiare sugli stipendi, ma non ha fatto i conti con l'aumento demografico e l'ulteriore incremento di alunni stranieri.

La Voce Sociale: Scuola, allarme Anief: in due anni 64 mila alunni in più, no alle “classi pollaio”

ANSA: Anief, si moltiplicano le classi-pollaio
(ANSA) - ROMA, 4 APR - Si moltiplicano le classi-pollaio. A lanciare l'allarme è l'Anief. Nell'ultimo biennio il numero di alunni è aumentato di circa 64 mila unità, ma siccome il numero di insegnanti, in seguito alla Legge 111/2011, è rimasto sempre lo stesso, 600.839, questo significa - spiega il sindacato - che gli alunni nuovi arrivati si sono in larga parte accomodati nelle classi esistenti: allargando il già alto numero, che nei primi anni di medie e superiori arriva sempre più spesso alle soglie dei 30 iscritti. Violando, in questo modo, le misure in vigore che, soprattutto in presenza di spazi ridotti, impongono precisi vincoli per non ledere il diritto allo studio. E superando i limiti previsti dalle norme sulla sicurezza e dalla prevenzione degli infortuni. Gli unici docenti che aumenteranno - osserva l'Anief - sono quelli di sostegno. Che da 63.348 saranno incrementati di circa 20mila unità. Ma si tratta, anche in questo caso, di una notizia che stona con la realtà. Quella che deve fare i conti con un organico di diritto sottodimensionato del 30%. Per ovviare a questo problema, il sindacato ha chiesto di autorizzare almeno altre 25.000 assunzioni su sostegno in più: ciò eviterebbe inevitabili disagi didattici e problemi di apprendimento per migliaia di disabili, ma anche - fa notare - tantissimi ricorsi in tribunale con danno erariale per lo Stato di chi, gioco forza, dimostrerà di essere stato chiamato per più di 36 mesi su posti liberi. Inoltre, seppure più contenuto rispetto a 10 anni fa, continua ad aumentare il numero di alunni stranieri. E nel prossimo anno alcune zone d'Italia avranno meno cattedre per tutte le discipline: in Sicilia, ad esempio, si perderanno più di 500 insegnanti. "E' giunto il momento di fare una seria riflessione sugli organici" afferma il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico, che chiede al Governo e al Miur di "mettersi all'opera per cancellare la norma anacronistica che vieta di incrementare i posti complessivi di insegnamento nella scuola pubblica: il comma 7 dell'art. 19 della legge 111 del 2011 aveva il compito di frenare l'innalzarsi delle cattedra, calmierando in tal modo la spesa per gli stipendi del personale. Ma il legislatore non aveva di certo fatto i conti con il ritorno all'aumento demografico e all'incremento costante di alunni stranieri".(ANSA).

Yahoo notizie: Anief: 64 mila alunni in più in 2 anni, no a classi pollaio

IMG Press: Negli ultimi due anni 64 mila alunni in più, ma i docenti non aumentano

Corriere del web: Negli ultimi due anni +64mila alunni ma i docenti non aumentano: si moltiplicano le classi pollaio

Italpress: Scuola: Anief "In due anni +64 mila alunni ma docenti non aumentano"

Giornale di Sicilia: Più alunni e meno docenti. Anief: “Aumentano le classi-pollaio”

Scoop Square: In Sicilia scompariranno 500 insegnanti

Italy Work News: Aumentano gli alunni, docenti carenti

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Resto al Sud: In Sicilia scompariranno 500 insegnanti

 

Caos concorso presidi: il Governo tampona con i decreti legge, ma in migliaia attendono il parere del Consiglio di Stato

Corriere della Sera: Pasticcio presidi toscani, resteranno in servizio fino al nuovo concorso

Repubblica: Concorsi a scuola e all'università, aboliti per farsa

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Italy Work News: Anief: concorso dirigenti resta nel caos

ANSA: Scuola: Anief, concorso per dirigenti resta nel caos
Decreto emanato é solo 'ennesima toppa'
(ANSA) - ROMA, 6 APR - Il concorso per dirigenti scolastici "rimane nel caos. Il decreto emanato in settimana dal Consiglio dei Ministri, per mantenere in servizio sino alla fine di quest'anno scolastico i 112 vincitori della selezione in Toscana, rappresenta l'ennesima 'toppa' alla procedura concorsuale per 2.386 posti a disposizione bandita il 13 luglio 2011, cui parteciparono oltre 33 mila aspiranti". Lo sostiene l'Anief secondo cui la parola fine "é ancora lontana dall'arrivare". "I tribunali della Repubblica devono ancora esprimersi in via definitiva - osserva - su tante situazioni, che hanno avuto destini diversi a livello regionale: si va dall'esclusione illegittima di tanti docenti dalle prove alla cancellazione inaspettata, a pochi giorni dall'avvio della prova iniziale, di 975 domande su 5.500 ufficiali pubblicate dal Miur. Dalla fuga di notizie sui contenuti della preselettiva, ai tanti quiz somministrati errati (almeno 38 su 100). Dalla scelta di buste semi-trasparenti per contenere i dati degli aspiranti a quella, altrettanto incauta, di alcuni componenti delle commissioni d'esame con evidenti incompatibilità di ruolo". "E' evidente - afferma Marcello Pacifico, presidente Anief - che se a fine giugno queste irregolarità venissero ribadite aumenterebbero in modo esponenziale le prospettive di decadimento. Con alcune regioni, come la Lombardia, che si ritroverebbero a dover iniziare la selezione per la terza volta in tre anni". L'Anief a giugno, in occasione dell'udienza di merito tenuta dai giudici di Palazzo Spada, chiederà la trattazione congiunta dei ricorsi già pendenti e proporrà l'intervento ad adiuvandum di tutti i ricorrenti costituitisi nei giudizi di primo grado: "stavolta, se l'appello verrà accolto, il Miur dovrà rinnovare integralmente per loro la procedura, mentre potrebbe salvare con un nuovo decreto-legge i vincitori che hanno superato tutte le valutazioni delle prove successive". "In questo modo - conclude Pacifico - si darebbe un'altra opportunità di diventare dirigenti scolastici a coloro che hanno svolto delle prove selettive nate male e finite peggio. Ma, come indicato da più parti della giurisprudenza, si permetterebbe anche di non penalizzare coloro che hanno dimostrato, superando tutte le prove selettive, scritte e orali, di meritare di mettersi a capo di un istituto scolastico autonomo". (ANSA).

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Roma, 4 apr. (TMNews) - Nell'ultimo biennio il numero di alunni è aumentato di circa 64 mila unità, a seguito di un incremento di 30 mila iscritti in più nell'anno in corso e di 34mila nel prossimo, che corrispondono a circa 3mila nuove classi. Il numero di insegnanti è rimasto sempre lo stesso: 600.839 posti di docente comuni. Lo rivela il sindacato Anief-Confedir. "Questo significa - spiega una nota - che gli alunni nuovi arrivati si sono in larga parte accomodati nelle classi esistenti: allargando il già alto numero, che nei primi anni di medie e superiori arriva sempre più spesso alle soglie dei 30 iscritti. Violando, in questo modo, le misure in vigore che, soprattutto in presenza di spazi ridotti, impongono precisi vincoli per non ledere il diritto allo studio. E superando i limiti previsti dalle norme sulla sicurezza e dalla prevenzione degli infortuni". Gli unici docenti che aumenteranno - sottolinea l'Anief-Confedit - sono quelli di sostegno. Che da 63.348 saranno incrementati di circa 20mila unità. Ma si tratta, anche in questo caso, di una notizia che stona con la realtà. Quella che deve fare i conti con un organico di diritto sottodimensionato del 30%. Tanto è vero che anche se entro tre anni i docenti di ruolo specializzati nell'insegnamento ai disabili saliranno a 90.032, pari all'organico di quasi 10 anni fa, nello stesso periodo i docenti di sostegno di cui avranno bisogno i nostri alunni saranno molti di più degli attuali 110.216: basti pensare il trend positivo a partire dal 2001, quando gli iscritti nelle scuole con handicap certificato erano appena 138.000, mentre oggi sono diventati 222.000.Per ovviare a questo problema, il sindacato ha chiesto fin da subito di autorizzare almeno altre 25.000 assunzioni su sostegno in più: ciò eviterebbe inevitabili disagi didattici e problemi di apprendimento per migliaia di disabili, ma anche tantissimi ricorsi in tribunale con danno erariale per lo Stato di chi, gioco forza, dimostrerà di essere stato chiamato per più di 36 mesi su posti liberi. Inoltre, seppure più contenuto rispetto a 10 anni fa, continua ad aumentare il numero di alunni stranieri: appena pochi giorni fa il Miur ha rilevato, assieme all'Ismu, che "dall'analisi statistica emerge che gli alunni con cittadinanza non italiana continuano a crescere di numero e anche di percentuale: sono 786.630, l'8,8% sul totale degli iscritti nelle scuole italiane". Come se non bastasse, nel prossimo anno alcune zone d'Italia avranno meno cattedre per tutte le discipline: in Sicilia, ad esempio, si perderanno più di 500 insegnanti. La rivista specializzata 'Orizzonte Scuola', nell'articolo riassuntivo, suddiviso per regioni e ordine di scuola, sugli organici degli insegnanti 2014/15 messi a confronto con quelli dell'anno in corso, ha rilevato che "come nel gioco delle tre carte, poiché gli organici non possono essere modificati e gli alunni in talune regioni aumentano, spostiamo cattedre da una regione all'altra. A saldo invariato". "Governo e Miur - afferma Marcello Pacifico (Anief-Confedir)-facciano una seria riflessione sugli organici, iniziando a cancellare la norma che prevede il loro blocco contenuta nella Legge 111/2011. Quando fu approvata, il legislatore pensò solo a risparmiare sugli stipendi, ma non ha fatto i conti con l'aumento demografico e l'ulteriore incremento di alunni stranieri.

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Italpress: Scuola: Anief "Concorso presidi rimane nel caos"

 Il Messaggero -28 marzo 2014

" Prepensionamenti. Pronta l'uscita per diecimila dipendenti statali

░ Per i dipendenti in esubero, l’accesso alla pensione con le regole ante-Fornero è possibile con una norma 2012.

L’operazione di prepensionamento dei dipendenti pubblici in esubero… è già iniziata. … La norma che permette di applicare ai lavoratori pubblici le regole pensionistiche più favorevoli antecedenti alla riforma Fornero è contenuta nel decreto 95 del 2012, il provvedimento di revisione della spesa del governo Monti. In quel testo è prevista questa possibilità (purché il relativo trattamento decorra entro l’anno 2014) per gestire i dipendenti in soprannumero, altrimenti avviati alla mobilità ed in ultima analisi anche al licenziamento. E nella relazione tecnica che accompagna il decreto sono stati anche conteggiati i possibili interessati. Più precisamente, viene ipotizzato che si ritrovino in esubero 11.000 persone nelle amministrazioni centrali (di cui 5.600 nei soli ministeri) e 13.000 negli enti locali. Non tutti però avrebbero i requisiti per andare in pensione con le vecchie regole: secondo le valutazioni della Ragioneria si troverebbero in questa situazione, avendoli già conseguiti entro fine 2011, 6.000 lavoratori di ministeri ed enti pubblici e 2.000 delle amministrazioni locali. In tutto dunque 8.000. Per queste persone l’onere sui conti pubblici si limiterebbe alle sole liquidazioni visto che le pensioni in più sarebbero compensate dagli stipendi in meno, ovviamente nell’ipotesi di non assumere nessuno in sostituzione. Ci sarebbe poi una quota non quantificata di dipendenti che maturando i requisiti - sempre secondo le vecchie regole - dal 2012 in poi non avrebbero particolari costi perché l’erogazione della liquidazione sarebbe ritardata. In totale dunque il numero dei posti disponibili può essere pari ad oltre 10 mila.Tutto il meccanismo però, come già detto, si regge sul fatto che la sostanziale equivalenza tra stipendi risparmiati e pensioni erogate azzeri o quanto meno riduca gli oneri per il bilancio pubblico. Se invece, come annunciato dal ministro Marianna Madia, si tratterà di far uscire dipendenti anziani per immetterne in servizio di giovani, allora la questione dovrà essere in parte rivista almeno sotto il profilo finanziario.

 

Scuola oggi.org – 29 marzo 2014

" Apprendistato senza apprendimento

░ di Fabrizio Dacrema

Il primo approccio del Governo Renzi in tema di formazione e lavoro è tutt’altro che innovativo. Si muove nel solco, purtroppo consolidato nel nostro paese, di un'idea povera del lavoro e della flessibilità, abbassa ulteriormente l'asticella dei diritti e della qualità del lavoro. … Le modifiche introdotte dal decreto del governo in materia di apprendistato snaturano questo specifico tipo di contratto "a causa mista" e rendono ancora più improbabile la prospettiva, diffusamente condivisa, di offrire ai giovani un ingresso al lavoro di tipo formativo. Il decreto Poletti: -elimina il vincolo, recentemente introdotto dalla legge Fornero, della conferma in servizio di una parte degli apprendisti assunti in precedenza ai fini dell'assunzione di nuovi apprendisti (attraverso la contrattazione si era fissata la quota del 30 per cento); -cancella l'obbligo della forma scritta per il piano formativo individuale dell'apprendista; -nell'apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualifica contrattuale viene soppresso l'obbligo di integrazione della formazione tecnico-professionale, di responsabilità dell'azienda, con l'offerta formativa pubblica (non più di 120 ore nel triennio di formazione di base e trasversale disciplinate dalle Regioni); -nell'apprendistato per la qualifica e il diploma professionale la retribuzione dell'apprendista, per la parte riferita alle ore di formazione, sarà del 35 per cento della retribuzione del livello contrattuale di inquadramento. Non è difficile cogliere l'idea di fondo che guida questi interventi sull'apprendistato: la componente formativa del contratto è considerata prevalentemente come una fonte di intoppi burocratici e di inutili perdite di tempo. … A questo punto, se il governo non accetta modifiche, è lecito domandarsi se l'apprendistato professionalizzante, dopo la deregolazionesubita, sia ancora un contratto a causa mista meritevole di sostegno da parte dello stato (sgravi contributivi al 100 per cento) e che possa usufruire della possibilità di sottoinquadramento contrattuale fino a due livelli oppure di percentualizzazione della retribuzione. L’indebolimento della componente formativa, fra l’altro, rischia anche un intervento sanzionatorio europeo per violazione della disciplina in materia di aiuti di stato, come già accaduto con i contratti diformazione-lavoroL’ultima indagine Isfolsulla formazione continua ha evidenziato che sono le imprese che formano i lavoratori quelle che innovano e crescono. Occorre creare le condizioni perché tutte le imprese che assumono apprendisti siano in grado di realizzare un percorso formativo intenzionalmente finalizzato a formare le competenze contenute nella qualificazione professionale cui il contratto di apprendistato è finalizzato e per la quale sono giustificati gli sgravi contributivi e gli sconti contrattuali. Se le imprese non sono in grado di formare l’insieme delle competenze di base, trasversali e tecnico-professionali che compongono un profilo contrattuale, allora devono interagire con le reti formative del territorio per avvalersi di competenze esterne e co-progettare i percorsi. Un ruolo decisivo lo giocano i sistemi regionali della formazione professionale e la diffusione dei poli tecnico-professionali al fine sostenere, in particolare, le piccole imprese nella formazione di professionalità specifiche (tutor aziendali) e nello sviluppo della capacità formativa dell’impresa. In questo modo l’apprendistato può diventare stimolo e occasione di miglioramento dell’intero capitale umano dell’impresa.

 

Corrieredellasera.it – 30 marzo 2014

" L'esercito di riserva dei precari E i costi umani anche per i ragazzi

░ La chiarezza con la quale finalmente la grande stampa fotografa la situazione significa che la situazione (imminet la sentenza della Corte di Giustizia Europea) non lascia più margini all’ipocrisia con cui si è tollerato l’assurdo meccanismo delle graduatorie permanenti (modificate, poi, in Graduatorie ad Esaurimento. Centinaia di migliaia di aspiranti docenti vi sono invecchiati dentro e la superficialità con la quale si è gestita la loro sorte lavorativa si inserisce nel più generale fenomeno dell’ostracismo al quale è stata consegnata un’intera generazione – di certo culturalmente qualificata – stringendola nell’alternativa diabolica: lasciare l’Italia oppure, rinunciando a un proprio progetto di vita, caricarsi la soma dei debiti fatti dalla generazione precedente.

Sono tanti (140 mila), senza un posto fisso (lavorano a chiamata, una volta qui, un’altra volta là: ovunque ci sia bisogno) e non hanno diritto a scatti di anzianità e nemmeno alle ferie pagate. Sono i precari della scuola: un esercito di donne e uomini, maestri e maestre, professori, insegnanti di sostegno e personale ausiliario, senza i quali le scuole semplicemente non potrebbero funzionare ma che ogni anno vengono licenziati a giugno e riassunti a settembre per risparmiare sui due mesi di stipendio che altrimenti gli spetterebbero. Sulla sorte di questi dannati della scuola è chiamata a decidere la Corte di Giustizia europea che potrebbe condannare definitivamente lo Stato italiano per infrazione del diritto comunitario, coerentemente con altre prese di posizione analoghe dei mesi scorsi. Alla base del verdetto, una direttiva comunitaria del 1999 che prevede l’assunzione in via definitiva per tutti quei dipendenti che hanno svolto almeno 36 mesi di servizio anche non continuativo. La sentenza non è attesa prima di un paio di mesi. Ma se, come i sindacati si augurano, fosse positiva provocherebbe un terremoto in Italia. E se già al Miur non dormono sonni tranquilli, ancor più preoccupati sono i funzionari del Ministero dell’Economia per il timore che un verdetto sfavorevole scarichi sulle casse statali un peso considerevole, viste le pesantissime sanzioni che ci verrebbero comminate: si parla di diversi miliardi di euro, arretrati compresi, senza pensare ai costi per stabilizzare i precari. L’unica carta che il governo può giocare a proprio favore è l’articolo 15 del decreto legge 104/13 («L’istruzione riparte») che prevede nel triennio 2014-2016 la copertura di circa 87 mila posti vacanti, fra docenti ordinari, insegnanti di sostegno e assistenti tecnico-amministrativi (personale Ata). Posti che andrebbero assegnati per metà ai precari storici e per l’altra metà ai vincitori dei concorsi. E che certo non possono bastare a stabilizzare tutti i precariQuanti sono effettivamente i precari della scuola? Centoquarantamila infatti sono «solo» quelli che lavorano. Ma in realtà sono molti di più. Il gruppo più consistente è rappresentato dai 180 mila «precari storici» delle graduatorie a esaurimento (Gae). In queste liste provinciali, chiuse ormai da 6 anni (salvo periodiche sanatorie), stanno coloro che hanno conseguito l’abilitazione con le Ssis (le scuole di specializzazione all’insegnamento secondario in funzione fino al 2008) o che hanno vinto un concorso (l’ultimo, prima che il ministro Profumo decidesse di bandirne uno nuovo nel 2012, risaliva al 1999). Data la loro anzianità di servizio, rappresentano l’élite, o comunque il girone meno diabolico, nell’inferno dei precari. A loro spettano infatti la metà dei posti concessi per le immissioni in ruolo e la prima scelta delle supplenze annuali e fino al termine delle lezioni. E questo spiega anche perché gli insegnanti italiani siano così vecchi (più della metà ha dai 50 anni in su, mentre gli under trenta sono appena il 2,5%). Poi ci sono i precari non abilitati con almeno tre anni di supplenze che hanno fatto domanda per i cosiddetti percorsi abilitanti speciali (Pas). In tutto 66 mila persone che attualmente stanno in terza fascia nelle liste di istituto da cui i dirigenti scolastici scelgono i supplenti lunghi e brevi ma che grazie ai Pashanno la possibilità di acciuffare l’abilitazione in un anno senza nemmeno dover sostenere una selezione all’ingresso. Gli ultimi della fila sono i cosiddetti tieffini, coloro cioè che hanno conseguito l’abilitazione con i tirocini formativi attivi (Tfa) a numero chiuso e con test di accesso: costoro sono in molti casi neolaureati fuori da tutte le graduatorie e da tutte le liste, in altri casidocenti di terza fascia o docenti che hanno già un’abilitazione ma ne vogliono rendere un’altra. Passini e tieffini si contendono il diritto di precedenza nelle supplenze in nome gli uni dell’anzianità di servizio gli altri del merito. … Quest’anno su 728.325 docenti si contano 120.339 supplenti: 108.284 assunti fino al 30 giugno e solo 12.055 «con le ferie pagate» (contratto al 31 agosto). Ai 120 mila insegnanti bisogna poi aggiungere 18.979 Ata: in tutto 139.318 persone (senza contare i 40-50 mila supplenti temporanei chiamati dai dirigenti scolastici a coprire i buchi di organico imprevisti). Nel linguaggio burocratico della pubblica amministrazione questi 140 mila rappresentano l’«organico di fatto» della scuola, quell’esercito di riserva che ogni anno a luglio si aggiunge, con decreto del Miur, all’«organico di diritto» per sopperire alle esigenze variabili dellescuole.

 

larepubblica.it – 01 aprile 2014

" Ocse-Pisa, nei test di "soluzione dei problemi quotidiani" la rivincita degli studenti italiani

░ I giornali continuano a dare credito all’esito delle rilevazioni mediante test, ed enfatizzano una notizia buona: gli studenti italiani si piazzano discretamente nel "problemsolving", una delle prove svolte dagli studenti di 44 paesi. E non è un Pesce d’Aprile

Rivincita dei quindicenni italiani nei testOcse-Pisa. Nel problem-solving - la risoluzione di problemi che richiedono un approccio più pragmatico e adattivo che teorico e di routine  -  l'Italia si piazza nella parte alta della speciale classifica stilata dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che sonda le capacità di risolvere problemi della vita quotidiana. Superando nazioni come Germania e Stati Uniti e mantenendosi "significativamente" al di sopra della media dei paesi Ocse che hanno partecipato all'indagine svolta nel 2012. … Dopo anni di delusioni per le cattive performance in Lettura, Matematica e Scienze, gli adolescenti italiani surclassano i coetanei di nazioni industrializzate o emergenti come Spagna, Russia e Svezia. Il 15° posto occupato dall'Italia nella classifica dei 44 paesi che hanno partecipato all'indagine sulle "Competenze degli studenti alle prese con i problemi della vita quotidiana", presentata oggi a Parigi, lascia ben sperare per il futuro di una scuola che negli ultimi anni è stata oggetto di critiche, riforme e soprattutto tagli perché considerata inefficiente Pare che la capacità di individuare e risolvere i problemi sia la competenza-chiave del futuro. Quella necessaria per inserirsi in un mondo del lavoro ormai globalizzato e sempre più competitivo. E gli studenti italiani sembrano già sulla buona strada. In cima alla classifica dell'Ocse sul Problem-solving si piazzano i paesi asiatici: Singapore (con 562 punti), Corea e Giappone. Seguiti dalle regioni più sviluppate della Cina: Macao, Hong Kong, Shanghai e Taipei, che sopravanzano Canada e Australia. Il primo paese europeo è la Finlandia che totalizza 523 punti, ma il nostro Paese è al sesto posto in Europa, con 510 punti. E i giovani delle regioni nord orientali ne totalizzano addirittura 533 di punti. La Germania, con 509, ci segue. Mentre la Russia (con 489 punti) e la Spagna (con 477 punti) sono distanti decine di punti dall'Italia. L'unico neo è la quota di top-performer che in Italia è del 6,2 per cento, contro una media Ocse dell'8,2. Ma perché all'Ocse considerano così importante la capacità di problem-solving? La risposta si trova nel grafico che mette in relazione la variazione dell'occupazione nell'area Ocse di coloro che hanno buone capacità di risoluzione dei problemi. Per questi ultimi, infatti, si è registrata una crescita del 4 per cento, a scapito di coloro che mostrano basse performance proprio nella competenza sondata dal rapporto odierno. Una circostanza che, secondo gli esperti dell'Osce, dovrebbe indirizzare le scelte politiche sull'istruzione.

 

scuolaoggi.org - 1 aprile. 2014

"L’istruzione in ospedale e a domicilio

 Salvatore Nocera - Componente del Comitato dei Garanti della FISH -tratta, in sintesi,della NOTA MIUR dell’11 marzo 2014 riguardante la ripartizione dei fondi per la scuola in ospedale e a domicilio, e i criteri di funzionamento del servizio.

A seguito di presentazione della domanda da parte della famiglia (corredata della certificazione medica), il Dirigente Scolastico della scuola polo, con la sezione ospedaliera competente per territorio, provvede all’iscrizione nella sezione di scuola ospedaliera, secondo l’ordine e grado di scolarizzazione dell’alunno. Per l’istruzione domiciliare, invece, il Dirigente Scolastico deve prendere contatti con l’Ufficio Scolastico Regionale. Dal momento dell’accettazione del progetto, la scuola ospedaliera o la scuola di competenza dell’alunno con istruzione a domicilio prendono in carico il progetto stesso e ciò comporta che le assenze dalla scuola di origine non valgano più, mentre si tiene conto delle assenze nell’àmbito della scuola in ospedale o a domicilio nel solo caso in cui esse non consentano ai docenti di poter valutare l’alunno. Viene inoltre ribadito l’obbligo di presa in carico da parte della scuola di origine con la quale la scuola ospedaliera o i docenti che seguono l’alunno nell’istruzione a domicilio devono tenere un costante contatto, anche tramite mezzi elettronici. Qualora poi la durata di istruzione in ospedale o a domicilio superi la durata di frequenza della scuola di origine, sono i docenti che svolgono questa attività a fornire indicazioni ai Consigli di Classe per la valutazione formale, secondo quanto stabilito dagli articoli 11 e 14 comma 7 del Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 122/09È prevista pure la possibilità di attività didattiche ospedaliere estive, svolte con docenti volontari o dichiaratisi disponibili a ciò e si chiarisce ancora che gli insegnanti devono utilizzare il registro elettronico, concordando le modalità con la scuola di origine dell’alunno. Infine, si fa riferimento all’apposito portale del Ministero dedicato alla scuola in ospedale e a domicilio.Alcune osservazioni sono doverose. Merita innanzitutto plauso il riferimento alle possibili attività estive con docenti volontari o resisi disponibili a ciò, ovviamente nel rispetto del principio costituzionale di irrinunciabilità delle ferie. Lascia invece perplessi l’individuazione dei requisiti per accedere all’istruzione domiciliare indicati dalla normativa successiva al 2002. … Nnon si comprende in base a quale norma primaria il Ministero abbia previsto la condizione della preventiva ospedalizzazione, dal momento che l’articolo 12, comma 9 della Legge 104/92, concernente la scuola in ospedale, ai cuiprincìpi si è ispirata la normativa sull’istruzione domiciliare, recita come segue: «[…] per i quali sia accertata l’impossibilità della frequenza della scuola dell’obbligo per un periodo non inferiore a trenta giorni di lezione». Su questo punto, quindi, l’Osservatorio Ministeriale sull’Inclusione Scolastica degli Alunni con Disabilità ha avanzato la richiesta di modifica della normativa secondaria successiva al 2002, riportandola a quella anteriore, nel rispetto appunto del citato articolo 12, comma 9 della Legge 104/92. E tuttavia, ad oggi, il Ministero non ha ancora preso alcuna decisione.

 

Corrieredellasera.it - 2 aprile. 2014

"L’incontenibile vanità dei Rettori Ministri

 Stefania Giannini, terzo rettore consecutivo, dopo Carrozza e Profumo, ad assidersi sul trono del MIUR

Il bello dei rettori entrati (saliti? discesi?) in politica è quella loro arietta non già, come si potrebbe presumere, da primi della classe (antiquata, antiquatissima, per carità!), ma da qualcosa di mezzo tra Candide e la Vispa Teresa. Comune peraltro anche ad altri personaggi di simile parabola, come ad esempio il sindaco di Roma, Ignazio Marino. L’arietta di chi dice: guardate bene che io con i politici — sottinteso: quei lazzaroni, quei farabutti — non ho niente a che spartire. Guardate che sono allibito quanto voi e anzi ve ne racconto io una nuova. Guardate che io mi occupo non dei pasticci che ho ereditato e che non sono miei, ma di scrutare nuovi orizzonti e, soprattutto, di farvi vedere un nuovo stile. Direttamente impersonato, non a caso, da me medesimo. Se i rettori finiranno all’Inferno, dove è assai probabile che finiscano, sarà per la loro incommensurabile, incontenibile, vanità. L’ultimo caso è quello di Stefania Giannini, terzo rettore consecutivo, dopo Carrozza e Profumo, ad assidersi sul trono del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Trono in quanto da lì si governa all’incirca un milione di dipendenti e si spende, per il funzionamento, più di ogni altro ministero. Né il Rettore Primo, Francesco Profumo, né il Rettore Secondo, Maria Chiara Carrozza, hanno lasciato esaltante o incancellabile memoria di sé medesimi. Profumo, un ingegnere, sembrava uomo con i piedi per terra. Anche se a insospettire avrebbe dovuto essere il fatto che il governo Monti in cui militava era quello che vantava il più alto tasso di rettori nella storia non già d’Italia, ma di tutti i tempi e di tutti i paesi. Comunque sia, di Profumo si ricorda solo la graziosa idea del campionato nazionale dei primi della classe, teso a individuare e incoronare il Super Primissimo di Tutte le Classi. Una cosa tra Dickens e De Amicis, quanto mai adatta al terzo millennio. Della Carrozza viceversa, un bioingegnere di cui si celebravano le virtù scientifiche e la propensione all’eccellenza, non si ricorda nulla, dato che se non proprio nulla, certo assai poco deve avere fatto. Ammaestrato da questi precedenti, il Rettore Terzo, la Giannini, di natura sua una glottologa, appare fermamente intenzionata a lasciare duratura traccia di sé. Ha dunque sdegnosamente smentito che i precari della scuola siano mezzo milione e, ispirandosi al nominalismo e sfidando l’aritmetica, ne ha determinato la consistenza in «poco meno di centosettantamila». Salvo aggiungere che «ci sono anche 460 mila in graduatorie d’istituto, 10 mila abilitati con Tfa, 70 mila abilitati con Pas, 55 mila diplomati magistrali, e 40 mila idonei dei vecchi concorsi». Un po’ criptico, ma non male.Non contenta della performance numerica, la Giannini si è poi cimentata in un paio di occasioni con il pensiero vero e proprio, come quando, parlando degli esami di accesso alle scuole di specializzazione «mi piacerebbe — ha osservato — che mirassero a misurare principalmente le competenze e l’attitudine relative alla specializzazione futura». Perché, vien fatto di chiedere, che cos’altro dovrebbero misurare? E, soprattutto, contestando la sua collega Madia che aveva parlato di prepensionamenti per far spazio ai giovani, ha vibratamente e insieme pensosamente asserito «non amo il collegamento tra chi va a casa e chi entra. Un sistema sano non manda a casa gli anziani per far entrare i giovani. È necessaria un’alternanza costante». Precetto, quest’ultimo, di cui far tesoro (come di quello sulla necessità della maglia di lana e altri similari). Ma che forse non è di grande aiuto nelle presenti circostanze, quando di ingresso di giovani son vent’anni che non si parla. Il manto che avvolge l’avvento in politica dei rettori (come per altro, ma simile verso degli alti dirigenti della Banca d’Italia) è la competenza, la probità, la dedizione all’interesse nazionale e non di parte. La sostanza è una sottile, ma tenace idea corporativa. L’idea, antica, che la democrazia è debole, soprattutto in Italia, e che le sue piaghe devono essere medicate da mani delicate ed esperte, non lasciate in balia dei tristi amori dell’elettorato. Solo i corpi organizzati — l’accademia, l’alta burocrazia, gli istituti finanziari — possono garantire e proteggere l’interesse comune. In cambio, naturalmente, del riconoscimento di una sorta di patronato perenne, di un diritto inalienabile. Il risultato, la realtà che abbiamo sotto gli occhi, è la pasta collosa e burbanzosa che avvolge la dimensione pubblica e maschera la sua sostanziale paralisi. Meglio, molto meglio, la politica.

 

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. – 3 aprile 2014

Geografia economica disciplina "tappabuchi".

░ Il Giga (Gruppo Insegnanti GeografiaAutorganizzati) ci fa pervenire il documento con cui chiede la revisione della nota ministeriale 3119 e la revoca totale dell'atipicità.

Continua da parte del Ministero della Pubblica Istruzione lo scempio nei riguardi della “Geografia Economica”. Dopo il colpo letale assegnato alla disciplina dal riordino Gelmini del 2010, non solo con eliminazione dagli Istituti Nautici e dai Professionali per il Commercio, ma soprattutto con la drastica riduzione del potenziale formativo, nonché della funzione di disciplina di indirizzo negli Istituti Tecnici Commerciali (gli unici in cui è sopravvissuta) spostandola dal triennio al biennio, derubricandola a semplice "Geografia" e attribuendole persino il carattere di atipicità. Con la nota ministeriale 3119 del 1 aprile 2014, al danno si aggiunge  la beffa: l'insignificante ora di Geografia Economica  introdotta nei bienni dei Professionali e dei Tecnici per il prossimo anno scolastico dalla Ministra Carrozza, viene illegittimamente assegnata anche ad altre classi di concorso mediante l'assegnazione di disciplina atipica. In tal modo il Ministero non si limita ad ignorare le proprie direttive ministeriali che prevedono l'esclusivo insegnamento della Geografia Economica da parte dei docenti della A039, ma cade in contrasto con quanto stabilito dell'articolo 33 della nostra Costituzione. Tutto questo sembra essere un macabro "pesce d'aprile" se si considera infatti che i vari Atenei Italiani hanno rimpinguato le loro casse con diverse decine di migliaia di euro mediante i TFA e i PAS che abilitavano i precari proprio all’insegnamento della A039, e adesso la sopra citata nota ministeriale condanna gli abilitati non al precariato a vita, bensì alla perenne disoccupazione. Sopraggiunge per cui come stridente pressapochismo e come manovra volutamente oscurantista la possibilità offerta dal Ministero a docenti non abilitati e nemmeno competenti di insegnare una materia affascinante quanto complessa come la "Geografia Economica". Nell’era del mondo globalizzato e della finanziarizzazionedell'economia, la “Geografia Economica“, secondo l’immaginario del Ministero, continua ad essere esclusivo appannaggio di quell'ossidato dizionario nozionistico di “mari e monti” tanto da relegarla a materia subalterna e “tappabuchi”. La fulminea conseguenza è un'inesorabile banalizzazione di una delle poche discipline scolastiche che fungono da punto di intersezione tra il mondo reale e quello scolastico. Questo va ad inficiare non solo sui docenti della Classe A039, gli unici con le competenze e i requisiti per insegnarla, ma soprattutto sulla formazione dei ragazzi, di quelle generazioni cioè che questa società dovrebbero viverla, governarla e renderla migliore. Per tali motivi il Giga (Gruppo Insegnanti Geografia Autorganizzati) chiede la revisione della nota ministeriale 3119 e la revoca totale dell'atipicità dalle poche, residuali ore di insegnamento di Geografia rimaste nell'ordinamento scolastico italiano.