Pubblichiamo alcuni articoli sugli stipendi dei docenti inferiori del 30% rispetto a quelli degli operai specializzati, sulla mancanza nelle scuole del sud di scale e servizi igienici a norma per gli studenti disabili e sull'Italia maglia nera nel recepimento delle direttive Ue.
Gli insegnanti lavorano 36 ore a settimana come gli operai specializzati, ma guadagnano il 30% in meno
Adnkronos: Scuola: Anief, insegnanti lavorano come operai ma -30% guadagno=enorme mole di impegno sommerso Roma, 11 mag. - (Adnkronos) - Gli insegnanti italiani «svolgono un'enorme mole di lavoro sommerso: lavorano in media 1.643 ore annue, che equivalgono ad un normale impiego a tempo pieno, pari a circa 36 ore a settimana per 45 settimane l'anno. Peccato che guadagnano un buon 30% in meno di altre categorie, anche non intellettuali, come gli operai specializzati». Il dato è riferito dall'Anief ed è contenuto in un'ampia ricerca commissionata della Giunta provinciale dell'Alto Adige, che è andata a indagare sull'impegno lavorativo annuale di 5.200 insegnanti su 7.400 complessivi della provincia trentina. La ricerca, riferisce ancora l'Anief, «ha fatto emergere che i prof delle scuole superiori, con 1.677 ore annue, lavorano poco più di quelli delle medie (1.630 ore). Quelli di ruolo sono impegnati per 1.660 ore, mentre i supplenti poco meno (1.580 ore). Ma soprattutto, la ricerca ha fatto emergere che il lavoro 'oscurò, la metà delle 1.643 ore complessive, si deve alle tante incombenze burocratiche che un insegnante italiano è chiamato quotidianamente ad assolvere: colloqui con i genitori, riunioni con i colleghi, compilazione dei registri, stesura di relazioni e programmazioni e progetti, preparazione delle lezioni, correzioni dei compiti degli alunni. Oltre che per la formazione, peraltro quasi sempre a proprie spese».
ANSA: Scuola: Anief,insegnanti guadagnano il 30% in meno di operai (ANSA) - ROMA, 11 MAG - "Gli insegnanti italiani svolgono un'enorme mole di lavoro sommerso: lavorano in media 1.643 ore annue, che equivalgono a un normale impiego a tempo pieno, pari a circa 36 ore a settimana per 45 settimane l'anno. Peccato che guadagnano un buon 30% in meno di altre categorie, anche non intellettuali, come gli operai specializzati". Lo afferma Marcello Pacifico, presidente di Anief e segretario organizzativo di Confedir, commentando i dati di una ricerca commissionata della Giunta provinciale dell'Alto Adige, che ha analizzato l'impegno lavorativo annuale di 5.200 insegnanti su 7.400 complessivi della provincia trentina. "La ricerca ha fatto emergere - si ricorda - che i prof delle scuole superiori, con 1.677 ore annue, lavorano poco più di quelli delle medie (1.630 ore). Quelli di ruolo sono impegnati per 1.660 ore, mentre i supplenti poco meno (1.580 ore). Ma soprattutto la ricerca ha fatto emergere che il lavoro 'oscuro', la metà delle 1643 ore complessive, si deve alle tante incombenze burocratiche che un insegnante italiano è chiamato quotidianamente ad assolvere: colloqui con i genitori, riunioni con i colleghi, compilazione dei registri, stesura di relazioni e programmazioni e progetti, preparazione delle lezioni, correzioni dei compiti degli alunni, oltre curare la propria formazione, peraltro quasi sempre a proprie spese". "Il problema - afferma Pacifico - è che nell'opinione pubblica prevale l'idea del docente che svolge solo le ore frontali con gli alunni. Ma questo errore di fondo - conclude - lo fa anche il ministro Giannini quando dice che vuole presentare un nuovo contratto con aumenti solo legati al merito".(ANSA).
ANSA: Scuola: disabili; Anief, a Sud mancano scale e servizi a norma Agli ultimi posti Molise, Basilicata Calabria e Campania
(ANSA) - ROMA, 10 MAG - Per gli studenti disabili del Sud andare a scuola rappresenta sempre più un percorso ad ostacoli: è quanto denuncia l'Anief, per la quale "non bastava che lo Stato riducesse il numero di docenti di sostegno, con oltre 4 mila posti tagliati negli ultimi anni di cui 2.275 solo in Sicilia e 900 in Campania". Ora si scopre anche che "il Mezzogiorno presenta la percentuale più bassa di scuole con scale e servizi igienici a norma", strutture indispensabili per favorire un apprendimento migliore e una vera integrazione scolastica". A Nord invece, osserva ancora l'Anief, le cose vanno molto meglio, come dimostra l'incrocio degli ultimi dati Miur e Istat, sono gli organizzatori di Exposanità, l'evento nazionale dedicato alla sanità e all'assistenza che si svolgerà a Bologna dal 21 al 24 maggio. I ricercatori, viene ricordato, hanno sottolineato che gli alunni con disabilità non necessitano solo del docente di sostegno, ma anche "di servizi con determinate caratteristiche per il superamento delle barriere architettoniche, come le scale a norma, gli ascensori, servizi igienici specifici, segnali visivi e acustici, percorsi interni ed esterni che facilitino gli spostamenti". Analizzando le scuole con scale e servizi igienici a norma è emerso che agli ultimi posti figurano Molise, Basilicata, Calabria e Campania. Mentre le Regioni Settentrionali sono quelle più attrezzate, in particolare Trentino Alto Adige, Valle d'Aosta e Lombardia. "Ancora una volta - afferma Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - ci ritroviamo a commentare la carenza di supporto e di strutture adeguate a dei ragazzi già deprivati che non meritano proprio trattamenti discriminanti. Il Sud e le Isole già vantano la più alta concentrazione tra le province più depresse economicamente del Paese, il più alto tasso di dispersione scolastica, di Neet, di disoccupati. Con punte superiori al 40%. Non è possibile accettare che lo Stato si dimentichi pure di assistere adeguatamente i disabili. E poi - conclude - ci si lamenta se le famiglie ricorrono in tribunale".(ANSA).
Pubblichiamo alcuni articoli sugli stipendi dei docenti inferiori del 30% rispetto a quelli degli operai specializzati, sulla mancanza nelle scuole del sud di scale e servizi igienici a norma per gli studenti disabili e sull'Italia maglia nera nel recepimento delle direttive Ue.
Gli insegnanti lavorano 36 ore a settimana come gli operai specializzati, ma guadagnano il 30% in meno
Adnkronos: Scuola: Anief, insegnanti lavorano come operai ma -30% guadagno=enorme mole di impegno sommerso Roma, 11 mag. - (Adnkronos) - Gli insegnanti italiani «svolgono un'enorme mole di lavoro sommerso: lavorano in media 1.643 ore annue, che equivalgono ad un normale impiego a tempo pieno, pari a circa 36 ore a settimana per 45 settimane l'anno. Peccato che guadagnano un buon 30% in meno di altre categorie, anche non intellettuali, come gli operai specializzati». Il dato è riferito dall'Anief ed è contenuto in un'ampia ricerca commissionata della Giunta provinciale dell'Alto Adige, che è andata a indagare sull'impegno lavorativo annuale di 5.200 insegnanti su 7.400 complessivi della provincia trentina. La ricerca, riferisce ancora l'Anief, «ha fatto emergere che i prof delle scuole superiori, con 1.677 ore annue, lavorano poco più di quelli delle medie (1.630 ore). Quelli di ruolo sono impegnati per 1.660 ore, mentre i supplenti poco meno (1.580 ore). Ma soprattutto, la ricerca ha fatto emergere che il lavoro 'oscurò, la metà delle 1.643 ore complessive, si deve alle tante incombenze burocratiche che un insegnante italiano è chiamato quotidianamente ad assolvere: colloqui con i genitori, riunioni con i colleghi, compilazione dei registri, stesura di relazioni e programmazioni e progetti, preparazione delle lezioni, correzioni dei compiti degli alunni. Oltre che per la formazione, peraltro quasi sempre a proprie spese».
ANSA: Scuola: Anief,insegnanti guadagnano il 30% in meno di operai (ANSA) - ROMA, 11 MAG - "Gli insegnanti italiani svolgono un'enorme mole di lavoro sommerso: lavorano in media 1.643 ore annue, che equivalgono a un normale impiego a tempo pieno, pari a circa 36 ore a settimana per 45 settimane l'anno. Peccato che guadagnano un buon 30% in meno di altre categorie, anche non intellettuali, come gli operai specializzati". Lo afferma Marcello Pacifico, presidente di Anief e segretario organizzativo di Confedir, commentando i dati di una ricerca commissionata della Giunta provinciale dell'Alto Adige, che ha analizzato l'impegno lavorativo annuale di 5.200 insegnanti su 7.400 complessivi della provincia trentina. "La ricerca ha fatto emergere - si ricorda - che i prof delle scuole superiori, con 1.677 ore annue, lavorano poco più di quelli delle medie (1.630 ore). Quelli di ruolo sono impegnati per 1.660 ore, mentre i supplenti poco meno (1.580 ore). Ma soprattutto la ricerca ha fatto emergere che il lavoro 'oscuro', la metà delle 1643 ore complessive, si deve alle tante incombenze burocratiche che un insegnante italiano è chiamato quotidianamente ad assolvere: colloqui con i genitori, riunioni con i colleghi, compilazione dei registri, stesura di relazioni e programmazioni e progetti, preparazione delle lezioni, correzioni dei compiti degli alunni, oltre curare la propria formazione, peraltro quasi sempre a proprie spese". "Il problema - afferma Pacifico - è che nell'opinione pubblica prevale l'idea del docente che svolge solo le ore frontali con gli alunni. Ma questo errore di fondo - conclude - lo fa anche il ministro Giannini quando dice che vuole presentare un nuovo contratto con aumenti solo legati al merito".(ANSA).
ANSA: Scuola: disabili; Anief, a Sud mancano scale e servizi a norma Agli ultimi posti Molise, Basilicata Calabria e Campania
(ANSA) - ROMA, 10 MAG - Per gli studenti disabili del Sud andare a scuola rappresenta sempre più un percorso ad ostacoli: è quanto denuncia l'Anief, per la quale "non bastava che lo Stato riducesse il numero di docenti di sostegno, con oltre 4 mila posti tagliati negli ultimi anni di cui 2.275 solo in Sicilia e 900 in Campania". Ora si scopre anche che "il Mezzogiorno presenta la percentuale più bassa di scuole con scale e servizi igienici a norma", strutture indispensabili per favorire un apprendimento migliore e una vera integrazione scolastica". A Nord invece, osserva ancora l'Anief, le cose vanno molto meglio, come dimostra l'incrocio degli ultimi dati Miur e Istat, sono gli organizzatori di Exposanità, l'evento nazionale dedicato alla sanità e all'assistenza che si svolgerà a Bologna dal 21 al 24 maggio. I ricercatori, viene ricordato, hanno sottolineato che gli alunni con disabilità non necessitano solo del docente di sostegno, ma anche "di servizi con determinate caratteristiche per il superamento delle barriere architettoniche, come le scale a norma, gli ascensori, servizi igienici specifici, segnali visivi e acustici, percorsi interni ed esterni che facilitino gli spostamenti". Analizzando le scuole con scale e servizi igienici a norma è emerso che agli ultimi posti figurano Molise, Basilicata, Calabria e Campania. Mentre le Regioni Settentrionali sono quelle più attrezzate, in particolare Trentino Alto Adige, Valle d'Aosta e Lombardia. "Ancora una volta - afferma Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - ci ritroviamo a commentare la carenza di supporto e di strutture adeguate a dei ragazzi già deprivati che non meritano proprio trattamenti discriminanti. Il Sud e le Isole già vantano la più alta concentrazione tra le province più depresse economicamente del Paese, il più alto tasso di dispersione scolastica, di Neet, di disoccupati. Con punte superiori al 40%. Non è possibile accettare che lo Stato si dimentichi pure di assistere adeguatamente i disabili. E poi - conclude - ci si lamenta se le famiglie ricorrono in tribunale".(ANSA).
Pubblichiamo alcuni articoli sui corsi di recupero attivati da solo metà delle scuole, sull'elevato tasso di dispersione scolastica in Italia e sulla sentenza del Consiglio di Stato che riconosce il valore abilitante del diploma magistrale.
Flop dei corsi di recupero, metà delle scuole non li attivano
ANSA: Scuola: Anief, flop corsi recupero, metà istituti non li fa Crollo di tutte le attività extradidattiche, da gite a teatro
(ANSA) - ROMA, 2 MAR - - Corsi di recupero delle insufficienze, è un vero flop secondo l'Anief (Associazione professionale sindacale): metà delle scuole non li attivano, e laddove vengono organizzati, i casi di pagamento da parte delle famiglie è raddoppiato in un anno. Un fenomeno che va di pari passo al crollo di tutte le attività extra-didattiche: dalle gite all'attività motoria pomeridiana, fino ai corsi di teatro, fotografia, lingua, recupero e di valenza sociale. "Tutta colpa - afferma Marcello Pacifico (Anief-Confedir) - dei tagli al 'Miglioramento dell'offerta formativa' attuati dai Governi nell'ultimo biennio: quest'anno il Miur ha stanziato per le scuole appena un terzo dei fondi del 2011 (da 1.480 a 521 milioni). Poi ci meravigliamo se i dati sull'abbandono scolastico rimangono elevati". Il sindacato cita una recente indagine del portale Skuola.net dal quale è emerso che nelle superiori in media a uno studente su due quest'anno non viene data la possibilità di frequentare i corsi di recupero, un dato raddoppiato rispetto a quello dello scorso anno. Altrettanto preoccupante, sottolinea l'Anief, è il fatto che anche laddove si svolgono i corsi, vi sono comunque tanti problemi organizzativi di cui fanno le spese gli alunni. Ma la notizia che fa più riflettere è che sono in sensibile crescita (l'11%, contro il 5% dello scorso anno) gli istituti che pretendono dei contributi per la frequenza. Il sindacato cita i casi di un liceo scientifico di Cosenza, dove il dirigente scolastico ha deciso di istituire solo lezioni di recupero a 7-8 euro l'ora, o di alcuni istituti di Bologna dove i corsi di recupero sono tenuti dagli alunni più bravi o dagli studenti universitari. La riduzione del Miglioramento dell'offerta formativa, sottolinea l'Anief, ha comportato anche tagli al Fondo d'istituto che va a retribuire, oltre ai corsi di recupero, anche le altre attività a supporto della didattica, come i corsi di teatro, fotografia, lingua, gite, progetti di valenza sociale come ad esempio quelli sul bullismo. E in prospettiva, concludono, andrà sempre peggio: "l'amministrazione scolastica, come ha confermato in questi giorni il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini, ha intenzione attraverso il rinnovo del contratto di trasformare il Fondo d'Istituto in un 'tesoretto' per il merito dei docenti". "La vera intenzione dei nostri governanti - continua Pacifico - è quella di arrivare a pagare gli aumenti in busta paga, gli attuali scatti automatici, esclusivamente attraverso il Fis". (ANSA).
Troppi alunni lasciano i banchi prima 16 anni: no a riduzione di un anno percorso superiori
ANSA: Scuola: Anief, grave errore ridurre di un anno le Superiori Vera arma contro dispersione é obbligo a 18 anni
(ANSA) - ROMA, 28 FEB - E' un "grave errore ridurre di un anno le superiori". Lo afferma l'Anief alla luce dei dati sulla dispersione: "troppi alunni lasciano i banchi prima dei 16 anni, siamo terzultimi in Europa" e "in Sardegna e Sicilia è record: abbandona troppo presto un ragazzo su quattro (il 25%), mentre la media europea è del 12,8% e in diversi paesi dell'Est si arriva anche al 5%". "Se il Governo Renzi vuole puntare sul rilancio dell'istruzione non segua - esorta l'Anief - l'apertura del Ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, alla cancellazione dell'ultimo anno della secondaria di secondo grado". E spiega perché. "L'alto tasso di abbandono scolastico che permane nel nostro Paese - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - è la dimostrazione che diminuendo il tempo scuola non si migliora affatto la formazione scolastica. Se il Governo vuole veramente puntare sul rilancio della scuola e ridurre la disoccupazione, che ha raggiunto il 12,9% con un milione di posti persi dal 2008, porti l'obbligo formativo da 16 a 18 anni. E investa finalmente sull'alternanza scuola-lavoro: su stage e tirocini occorre una seria riforma, in modo da costituire dei poli formativi alternativi ai licei. È avvilente pensare - continua Pacifico - che invece di puntare su questi investimenti, si continui a pensare di ridurre di un anno il percorso della scuola superiore: si tratta di un'operazione anti-pedagogica che non farebbe altro che incrementare la dispersione scolastica. Il tutto per agevolare, è inutile negarlo, il cinico piano ministeriale di soppressione di 40mila cattedre e 50mila posti complessivi: un'operazione che già il Governo Monti aveva quantificato in un risparmio nazionale pari a 1.380 milioni di euro. Producendo su larga scala - conclude il rappresentante Anief - quella contestazione che in questi giorni stanno conducendo i docenti di Filosofia, ma anche di Latino e Greco, a cui si vorrebbero già sottrarre le ore di insegnamento". (ANSA).
ANSA: Consiglio Stato, diploma magistrale è 'abilitante' Anief, ora si renda giustizia a 55mila maestri supplenti
(ANSA) - ROMA, 3 MAR - IL diploma magistrale è 'abilitante'. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato che ha accolto il ricorso di 200 docenti, in possesso del diploma di scuola o di istituto magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001-02, esclusi dalle graduatorie di seconda fascia d'istituto riservate agli abilitati. Ne da' notizia l'Anief osservando che "ancora una volta i giudici sono chiamati a sanare i pasticci di cui si rende protagonista l'amministrazione pubblica". Con il parere n. 4929, i giudici amministrativi della seconda sezione hanno evidenziato - spiega l'Anief - come il diploma magistrale sia da considerarsi a tutti gli effetti 'abilitante ex lege'. "Quella del Consiglio di Stato è una sentenza importante - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - perché non solo potrà essere allargata agli oltre 50mila maestri diplomatisi prima del 2001-02, ma contiene un'altra importante ammissione di errore operata dal Miur: tra il 2002 e la fine del 2006, quando con la Legge 27/12/2006, n. 296 art. 1 comma 605, le graduatorie furono trasformate da permanenti ad esaurimento, a decine di migliaia di diplomati è stato illecitamente negato di inserirsi nelle liste pre-ruolo. In sostanza, dopo 12 anni si scopre che quel titolo è a tutti gli effetti abilitante, dando ragione al nostro sindacato che per primo lo aveva rivendicato". "Ancora una volta - continua Pacifico - la gestione dei supplenti annuali e temporanei da parte del Ministero dell'Istruzione si conferma carente. E la modifica da parte del legislatore delle graduatorie permanenti nelle GaE non cancella di certo il grave danno prodotto a tanti docenti supplenti in possesso del titolo magistrale. Altrettanto scandaloso è che lo stesso trattamento di immotivata esclusione continui a essere attuato per coloro che si sono abilitati dopo la chiusura delle Ssis: chi ha concluso positivamente i Tfa, chi si abiliterà prossimamente con i Pas, come per gli idonei al 'concorsone', non possono essere dimenticati dallo Stato". (ANSA).
Pubblichiamo alcuni articoli sui corsi di recupero attivati da solo metà delle scuole, sull'elevato tasso di dispersione scolastica in Italia e sulla sentenza del Consiglio di Stato che riconosce il valore abilitante del diploma magistrale.
Flop dei corsi di recupero, metà delle scuole non li attivano
ANSA: Scuola: Anief, flop corsi recupero, metà istituti non li fa Crollo di tutte le attività extradidattiche, da gite a teatro
(ANSA) - ROMA, 2 MAR - - Corsi di recupero delle insufficienze, è un vero flop secondo l'Anief (Associazione professionale sindacale): metà delle scuole non li attivano, e laddove vengono organizzati, i casi di pagamento da parte delle famiglie è raddoppiato in un anno. Un fenomeno che va di pari passo al crollo di tutte le attività extra-didattiche: dalle gite all'attività motoria pomeridiana, fino ai corsi di teatro, fotografia, lingua, recupero e di valenza sociale. "Tutta colpa - afferma Marcello Pacifico (Anief-Confedir) - dei tagli al 'Miglioramento dell'offerta formativa' attuati dai Governi nell'ultimo biennio: quest'anno il Miur ha stanziato per le scuole appena un terzo dei fondi del 2011 (da 1.480 a 521 milioni). Poi ci meravigliamo se i dati sull'abbandono scolastico rimangono elevati". Il sindacato cita una recente indagine del portale Skuola.net dal quale è emerso che nelle superiori in media a uno studente su due quest'anno non viene data la possibilità di frequentare i corsi di recupero, un dato raddoppiato rispetto a quello dello scorso anno. Altrettanto preoccupante, sottolinea l'Anief, è il fatto che anche laddove si svolgono i corsi, vi sono comunque tanti problemi organizzativi di cui fanno le spese gli alunni. Ma la notizia che fa più riflettere è che sono in sensibile crescita (l'11%, contro il 5% dello scorso anno) gli istituti che pretendono dei contributi per la frequenza. Il sindacato cita i casi di un liceo scientifico di Cosenza, dove il dirigente scolastico ha deciso di istituire solo lezioni di recupero a 7-8 euro l'ora, o di alcuni istituti di Bologna dove i corsi di recupero sono tenuti dagli alunni più bravi o dagli studenti universitari. La riduzione del Miglioramento dell'offerta formativa, sottolinea l'Anief, ha comportato anche tagli al Fondo d'istituto che va a retribuire, oltre ai corsi di recupero, anche le altre attività a supporto della didattica, come i corsi di teatro, fotografia, lingua, gite, progetti di valenza sociale come ad esempio quelli sul bullismo. E in prospettiva, concludono, andrà sempre peggio: "l'amministrazione scolastica, come ha confermato in questi giorni il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini, ha intenzione attraverso il rinnovo del contratto di trasformare il Fondo d'Istituto in un 'tesoretto' per il merito dei docenti". "La vera intenzione dei nostri governanti - continua Pacifico - è quella di arrivare a pagare gli aumenti in busta paga, gli attuali scatti automatici, esclusivamente attraverso il Fis". (ANSA).
Troppi alunni lasciano i banchi prima 16 anni: no a riduzione di un anno percorso superiori
ANSA: Scuola: Anief, grave errore ridurre di un anno le Superiori Vera arma contro dispersione é obbligo a 18 anni
(ANSA) - ROMA, 28 FEB - E' un "grave errore ridurre di un anno le superiori". Lo afferma l'Anief alla luce dei dati sulla dispersione: "troppi alunni lasciano i banchi prima dei 16 anni, siamo terzultimi in Europa" e "in Sardegna e Sicilia è record: abbandona troppo presto un ragazzo su quattro (il 25%), mentre la media europea è del 12,8% e in diversi paesi dell'Est si arriva anche al 5%". "Se il Governo Renzi vuole puntare sul rilancio dell'istruzione non segua - esorta l'Anief - l'apertura del Ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, alla cancellazione dell'ultimo anno della secondaria di secondo grado". E spiega perché. "L'alto tasso di abbandono scolastico che permane nel nostro Paese - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - è la dimostrazione che diminuendo il tempo scuola non si migliora affatto la formazione scolastica. Se il Governo vuole veramente puntare sul rilancio della scuola e ridurre la disoccupazione, che ha raggiunto il 12,9% con un milione di posti persi dal 2008, porti l'obbligo formativo da 16 a 18 anni. E investa finalmente sull'alternanza scuola-lavoro: su stage e tirocini occorre una seria riforma, in modo da costituire dei poli formativi alternativi ai licei. È avvilente pensare - continua Pacifico - che invece di puntare su questi investimenti, si continui a pensare di ridurre di un anno il percorso della scuola superiore: si tratta di un'operazione anti-pedagogica che non farebbe altro che incrementare la dispersione scolastica. Il tutto per agevolare, è inutile negarlo, il cinico piano ministeriale di soppressione di 40mila cattedre e 50mila posti complessivi: un'operazione che già il Governo Monti aveva quantificato in un risparmio nazionale pari a 1.380 milioni di euro. Producendo su larga scala - conclude il rappresentante Anief - quella contestazione che in questi giorni stanno conducendo i docenti di Filosofia, ma anche di Latino e Greco, a cui si vorrebbero già sottrarre le ore di insegnamento". (ANSA).
ANSA: Consiglio Stato, diploma magistrale è 'abilitante' Anief, ora si renda giustizia a 55mila maestri supplenti
(ANSA) - ROMA, 3 MAR - IL diploma magistrale è 'abilitante'. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato che ha accolto il ricorso di 200 docenti, in possesso del diploma di scuola o di istituto magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001-02, esclusi dalle graduatorie di seconda fascia d'istituto riservate agli abilitati. Ne da' notizia l'Anief osservando che "ancora una volta i giudici sono chiamati a sanare i pasticci di cui si rende protagonista l'amministrazione pubblica". Con il parere n. 4929, i giudici amministrativi della seconda sezione hanno evidenziato - spiega l'Anief - come il diploma magistrale sia da considerarsi a tutti gli effetti 'abilitante ex lege'. "Quella del Consiglio di Stato è una sentenza importante - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - perché non solo potrà essere allargata agli oltre 50mila maestri diplomatisi prima del 2001-02, ma contiene un'altra importante ammissione di errore operata dal Miur: tra il 2002 e la fine del 2006, quando con la Legge 27/12/2006, n. 296 art. 1 comma 605, le graduatorie furono trasformate da permanenti ad esaurimento, a decine di migliaia di diplomati è stato illecitamente negato di inserirsi nelle liste pre-ruolo. In sostanza, dopo 12 anni si scopre che quel titolo è a tutti gli effetti abilitante, dando ragione al nostro sindacato che per primo lo aveva rivendicato". "Ancora una volta - continua Pacifico - la gestione dei supplenti annuali e temporanei da parte del Ministero dell'Istruzione si conferma carente. E la modifica da parte del legislatore delle graduatorie permanenti nelle GaE non cancella di certo il grave danno prodotto a tanti docenti supplenti in possesso del titolo magistrale. Altrettanto scandaloso è che lo stesso trattamento di immotivata esclusione continui a essere attuato per coloro che si sono abilitati dopo la chiusura delle Ssis: chi ha concluso positivamente i Tfa, chi si abiliterà prossimamente con i Pas, come per gli idonei al 'concorsone', non possono essere dimenticati dallo Stato". (ANSA).
www.ilsole24ore.com/art/notizie – 3 maggio 2014
“In tre anni, porte aperte a oltre 63mila nuovi docenti»"
░ Nel prossimo triennio saranno assunti circa 63mila insegnanti: il 50% dei posti sarà attribuito sulla base delle GaE (dove stazionano circa 170mila precari "storici") e il restante 50% sulla base dei concorsi. Non è quello che sarebbe giusto fare, visto il gran numero di supplenti su posti liberi, e che sarebbe possibile fare, ma ci incoraggia il fatto che con il prossimo agosto si avrà la “infornata” più numerosa, e questo non rimandare alle calende greche è una cifra di questo governo. Per gli anni a venire, si vedrà: agiremo sindacalmente dalla base; ci potrà essere un trend migliore dell’economia nazionale; potrebbe esserci un allentamento delle regole Fornero per i pensionamenti. Insomma, siamo qui al lavoro.
…. Per l'anno scolastico 2014/2015, a organico invariato, sono in programma circa 29mila immissioni in ruolo. Le prime 14mila serviranno a coprire i pensionamenti intervenuti nel frattempo… Vi rientreranno quasi sicuramente gli ultimi 7mila vincitori del concorso bandito nel 2012 dall'allora ministro Francesco Profumo (per gli altri 4mila l'ingresso in servizio è già avvenuto lo scorso anno, ndr) e 7mila nominativi scelti dalle graduatorie a esaurimento. A questi si sommeranno 15mila assunzioni sul sostegno (la seconda tranche di stabilizzazioni previste dal decreto Carrozza dell'autunno 2013). Il bottino potrebbe essere ancora più sostanzioso se il Mef darà l'ok a coprire pure i circa 8mila posti oggi esistenti, ma non autorizzati per via degli esuberi. La terza e ultima quota da 8mila docenti di sostegno (sempre previsti dal decreto Carrozza) arriverà nell'anno scolastico 2015/2016. A questi andranno aggiunti i circa 14mila "buchi" che andranno riempiti per il turn over stimato. Anche in questo caso varrà la regola del fifty fifty. Come annunciato mercoledì scorso dal ministro Stefania Giannini, 7mila posti andranno agli idonei (ma non vincitori) della scorsa selezione e 7mila ad altrettanti precari. Nel complesso il conto dei professori che entreranno di ruolo al prossimo giro (settembre 2015) sarà di 22mila unità.
www.latecnicadellascuola.it – 5 maggio 2014
“Se fosse una terapia per la scuola, l’Invalsi sarebbe un pannicello caldo”
░ Sottoscriviamo in toto, e aggiungiamo il nostro riconoscimento al prof. Giovanni Sicali per l’efficacia della presentazione dell’argomento.
… Secondo il suo Statuto - allegato al Decreto Dir. Gen. MIUR n.11/2011, GU n.229 del 1° ottobre 2011 - l’INVALSI è un Ente di ricerca dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, sottoposto alla vigilanza del MIUR (art. 17 del D.leg.vo 213/2009)…. La Direttiva MIUR n.88 del 3/10/2011 recita testualmente: “Obiettivo di sistema della valutazione esterna degli apprendimenti è quello di promuovere un generale e diffuso miglioramento della qualità degli apprendimenti nel nostro Paese, avendo riguardo, in particolare, agli apprendimenti di base. Per ciascuna scuola le rilevazioni nazionali consentiranno di acquisire i risultati nazionali di riferimento e i propri dati aggregati a livello di classe e disaggregati per ogni singolo item. Ciò con l’obiettivo di disporre della necessaria base conoscitiva per: individuare elementi di criticità in relazione ai quali realizzare piani di miglioramento dell’efficacia dell’azione educativa; evidenziare situazioni di qualità da mantenere e rafforzare; apprezzare il valore aggiunto realizzato in relazione al contesto socio-economico culturale, al fine di promuovere i processi di autovalutazione d’istituto”….. In base poi al comma 2 dell’art. 51, della Legge n. 35 del 4/4/2012 su “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo” al fine di ottenere il “Potenziamento del sistema nazionale di valutazione”, è stato stabilita l’obbligatorietà delle prove INVALSI con questa dicitura “Le istituzioni scolastiche partecipano, come attività ordinaria d’istituto, alle rilevazioni nazionali degli apprendimenti degli studenti”…… Solo però che “le istituzione scolastiche” non coincidono con i singoli docenti, soggetti responsabili che godono di pochi diritti e devono rispondere a molti doveri. Le istituzioni non sono “persone fisiche” e anche se il collegio dei docenti viene equiparato a “persone giuridiche” la giurisprudenza si è espressa in senso contrario. All’interno del mondo della scuola, le maggiori critiche all’INVALSI derivano dai sindacati, che hanno mosso obiezioni di incostituzionalità ed evidenti conflitti rispetto a norme di leggi non abrogate. Quel comma 2, sarebbe in conflitto con l’Art. 5, c.7, del D.leg.vo 297/94 (il Testo Unico) che afferma: “Negli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore, le competenze relative alla valutazione periodica e finale degli alunni spettano al consiglio di classe con la sola presenza dei docenti.” Inoltre risulterebbe anche in conflitto con l’Art. 21, comma 9 della Legge 59/97, che assegna all’autonomia didattica degli istituti i processi di autovalutazione. L'autonomia didattica è finalizzata al perseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione ma nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto ad apprendere. Il D.P.R. n. 275 dell’8/3/1999: Regolamento attuativo della Legge sull'autonomia scolastica, prevede che l'autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l'esigenza di migliorare l'efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento. Infine, quel comma 2 che “obbliga” le istituzioni scolastiche a sottoporre tutti gli studenti a test standardizzati preparati dall’INVALSI, contrasta col comma 1 dell’art. 33 della Costituzione italiana: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento” e col comma 3 dell’art. 117 che riguarda l’autonomia delle istituzioni scolastiche….
ItaliaOggi – 6 maggio 2014
“Non valuteremo i prof con i test”
░ Intervistato da Alessandra Ricciardi, il sottosegretario all'istruzione Reggi avrebbe avuto il bisogno di dire questa ovvietà: “Sostenere che lo strumento per valutare i docenti siano le prove Invalsi è una tesi, portata avanti in passato, che non ci appartiene e non ha fondamento scientifico”. Ok Reggi, ma con l’esperienza che abbiamo di certi decisori politici che non hanno competenza alcuna né esperienza di insegnamento tranquilli non siamo, perché letteralmente, non sanno quello che fanno.
Da oggi e fino al 13 maggio si svolgono le prove nazionali di italiano e matematica per testare le capacità degli alunni delle elementari e delle medie, in un clima effervescente in cui alle proteste e agli scioperi dei docenti, contro il potenziale uso strumentale dei risultati, si associano le contestazioni degli studenti contro la scuola-quiz. «I docenti stiano tranquilli, non c'è nessuna intenzione di utilizzare i dati per valutare i prof. E ai ragazzi dico di viverla con serenità, è solo un tassello di un rapporto con la scuola che è molto più ampio», dice Roberto Reggi, sottosegretario all'istruzione, con delega sulla valutazione. …. Più del 70% delle scuole utilizza efficacemente i dati di dettaglio sugli esiti delle singole classi che forniamo loro. Sono pochissimi i docenti che protestano e non collaborano. Altro discorso per chi avanza critiche costruttive su specifici aspetti: di queste teniamo sempre conto e non a caso le prove Invalsi si adattano continuamente.
D. La valutazione del rendimento degli studenti sarà elemento per valutare anche i docenti? Le dichiarazioni del ministro sembrano andare in questa direzione. R. Bisogna distinguere. Un conto è affermare, come ha fatto il ministro Giannini, che l'aumento della retribuzione dei docenti non può essere legato solo all'anzianità, e su questo anche io sono d'accordo. Un conto sostenere che lo strumento per valutare i docenti siano le prove Invalsi. Questa tesi, portata avanti in passato, non ci appartiene e non ha fondamento scientifico, dato che non possiamo dedurre dal solo uso dei dati delle prove altri aspetti che riguardano il funzionamento della scuola e tanto meno l'efficacia dell'insegnamento del singolo insegnante.
D. La valutazione potrà essere finalizzata anche a differenziare i finanziamenti alle scuole ? R. Dobbiamo intenderci: se dalle prove Invalsi scopriamo che in una determinata area geografica ci sono particolari ritardi in un determinato ambito, non trovo disdicevole concentrare le poche risorse economiche che abbiamo per l'aggiornamento dei docenti o per l'ammodernamento dei laboratori per colmare quei ritardi. Questo non vuol dire dare pagelle ai docenti, ma misurare gli andamenti per decidere come intervenire.
D. Cosa cambia con le prove di quest'anno ? R. Quest'anno le novità principali saranno tre. Si completa l'ancoraggio esplicito di tutte le domande delle prove Invalsi alle Indicazioni nazionali, fornendo così ai docenti utili strumenti di riflessione sui possibili usi didattici delle prove; non si fa la prova in prima media grazie all'affinamento del sistema informativo del ministero che consente la restituzione ai docenti delle medie dei risultati di V primaria. E poi sarà anticipata rispetto al passato la restituzione alle scuole delle prove: nel mese di settembre arriveranno i risultati, sia a livello di scuola sia di classe, per tutti. A ottobre alle sole scuole secondarie di secondo grado verranno dati riferimenti per singolo indirizzo di studio, favorendo così comparazioni più omogenee e maggiormente informative.
D. Ce la farete a far partire a settembre il più complessivo sistema nazionale di valutazione ? R. Sì, sarà così effettivamente possibile la valutazione analitica delle scuole, grazie al mix di autovalutazione, valutazione esterna e piano di miglioramento. Fino ad oggi le prove Invalsi hanno rappresentato l'unico elemento di valutazione del sistema, ma così non può essere, visto che misurano solo i risultati in matematica e lingua. Con Snv affianchiamo elementi diversi e tutti importanti e ciò renderà ancora più evidente la funzione di induzione del miglioramento che si attribuisce alla valutazione……….
D. Sull'organico funzionale il mef ha detto più volte di no. R. Stiamo lavorando perché con l'istituto dell'organico funzionale si esca da una logica emergenziale, mettendo le scuole nelle condizioni di programmare le attività. … Al Mef devono trovare la soluzione al problema finanziario, di ragionieri che si limitano a dire che non si può fare non abbiamo bisogno.
l’Unità – 7 maggio 2014
“Test Invalsi ? No, grazie”
░ Riportiamo la lezione inequivocabile dell’autorevole docimologo. A Benedetto Vertecchi, il nostro ringraziamento per il costante magistero.
In questo periodo dell’anno la scuola è dominata dalle operazioni per le rilevazioni periodiche sui livelli di apprendimento (i «test Invalsi»). Si tratta di un’operazione che richiede rilevante impegno organizzativo, perché gli allievi coinvolti sono alcuni milioni. Si tratta anche di un’operazione molto costosa, che prevede una fase preliminare di messa a punto delle prove, la loro distribuzione sul territorio, lo svolgimento da parte degli allievi, la rilevazione dei dati e il loro trattamento, la diffusione dei risultati. Tali risultati dovrebbero poi costituire il punto di partenza per interventi rivolti a migliorare la qualità dell’educazione scolastica: invece di intervenire in modo generico, sulla scorta d’impressioni più o meno condivise, si assumerebbero decisioni fondate sulla costatazione delle esigenze riscontrate. Gli argomenti a favore delle pratiche valutative che investono il sistema scolastico hanno una loro suggestione, derivante dalla semplicità dell’impianto interpretativo. È una semplicità che contrasta col carattere di «sistema» che si afferma di voler conferire alla valutazione. Un sistema rappresenta, infatti, una realtà complessa, a determinare la quale concorre un gran numero di variabili. Tali variabili assumono valori in un lungo periodo di tempo e con riferimento ai singoli contesti in cui l’educazione è praticata. Ne deriva che in un momento determinato sono molte le variabili che nel complesso orientano le caratteristiche del sistema e che esse costituiscono un reticolo che non consente di porle in successione. La valutazione che si sta praticando nelle nostre scuole suppone invece che ci si possa limitare a prendere atto di un certo numero di variabili indipendenti (alle quali si riconosce un significato causale) che identificano il profilo dei singoli allievi, di altre variabili collegabili ad alcune condizioni di processo (per esempio, le competenze degli insegnanti) e delle variabili dipendenti che danno conto dei risultati conseguiti dagli allievi. Chiunque abbia una qualche consuetudine con la ricerca educativa (non con l’assunzione di interpretazioni prese a prestito da altri settori della vita sociale, per esempio la gestione aziendale) sa bene che la conoscenza dei processi nei quali sono coinvolti bambini e ragazzi non tollera semplificazioni. Se poi dal piano sincronico (rilevazioni che si riferiscono a un breve periodo di tempo) passiamo a quello diacronico (guardando i mutamenti che interessano il succedersi delle generazioni), lo schematismo delle interpretazioni ora alla moda, e ossessivamente ripetute da moltitudini di sedicenti esperti, appare ancora meno consistente. … Le considerazioni che precedono assumono significato se le rilevazioni valutative di «sistema» presentano, almeno, il requisito della correttezza metodologica. Non mi riferisco tanto alle elaborazioni statistiche, che ormai non rappresentano più un problema perché quasi del tutto automatizzate, quanto alla consapevolezza delle implicazioni della valutazione sullo svolgimento dell’attività quotidiana delle scuole. Un segno evidente della trascuratezza con la quale si è intrapreso il percorso valutativo è che di fronte al dilagare di comportamenti di rifiuto, variamente espressi, non si sia trovato di meglio che invocare a scusante la propensione delle scuole al cheating, ovvero, in italiano corrente, all’imbroglio. Al fenomeno si è cercato di porre un argine ricorrendo a espedienti statistici, senza chiedersi se non fosse prima di tutto necessario capire la ragione che negli anni passati (e nessuno può escludere che qualcosa del genere continui ad accadere) ha spinto un numero consistente di scuole ad assumere comportamenti che avevano come conseguenza l’alterazione dei dati…. Se l’intento delle rilevazioni nazionali consiste nel migliorare la qualità delle decisioni, tale intento può essere con attendibilità maggiore conseguito compiendo rilevazioni su campione. Oltre tutto, si realizzerebbero economie consistenti, da impegnare per la messa a punto e la verifica sul campo di procedure didattiche innovative.
ltaonline.wordpress.com/ – 7 maggio 2014
“Test PISA e l’omologazione dei modelli educativi”
░ Più di cento educatori e studiosi appartenenti a diverse istituzioni educative di tutto il mondo hanno lanciato una sfida importante al Programme for International Student Assessment (PISA), e a quelle che definiscono “le conseguenze negative” delle sue note classifiche. A scrivere è Mario Pireddu, ricercatore per il Dipartimento di Scienze della Formazione dell'Università Roma Tre, membro del Laboratorio di Tecnologie Audiovisive (LTA), e docente presso la IULM di Milano. L’OCSE non ha legittimazione democratica ? Questa delle “cupole” di “soloni” è un segno dei tempi ? Se così fosse, sarebbe molto, molto pericoloso per la democrazia e per la libertà stessa sulla Terra.
I test PISA, organizzati dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE, in inglese Organisation for Economic Co-operation and Development – OECD), danno vita a indagini internazionali triennali che vengono svolte per valutare i diversi sistemi educativi del mondo e il livello di istruzione degli adolescenti (quindicenni). Nella lettera - inviata ad Andreas Schleicher, responsabile del PISA…, i firmatari sostengono che l’OECD ha assunto di fatto il potere di plasmare le politiche educative in tutto il mondo, utilizzando test “notoriamente imperfetti” e incoraggiando i governi a cercare “soluzioni a breve termine” per scalare la propria classifica. Questo tipo di approccio, sostengono i firmatari – tra i quali accademici di Cambridge, Oxford, Londra, Bristol, Stanford (California), Columbia (New York), Ballarat (Australia), Canterbury (Nuova Zelanda), Stoccolma, e nessun italiano – ha influenze tutt’altro che positive sui modelli e le idee di educazione possibile, e uccide la “gioia di imparare” trasformandola in mera “fatica”. Il sistema PISA aumenterebbe quindi notevolmente il ricorso a “misure quantitative” per classificare e etichettare alunni, insegnanti e dirigenti. I test otterrebbero l’obiettivo di ridurre l’autonomia degli insegnanti e di aumentare i livelli di stress nelle scuole, peraltro già alti. I firmatari della lettera sottolineano che l’OECD – composto da 34 paesi membri, in gran parte europei – è interessata in modo particolare al ruolo economico delle scuole nella società, ma qualsiasi riforma scolastica non può e non dovrebbe ignorare il ruolo fondamentale che le disuguaglianze socio-economiche rivestono nell’influenzare il rendimento degli allievi. Un’altra critica mossa all’OECD riguarda la sua stessa legittimità: si tratta infatti di una organizzazione che – al contrario di altre agenzie come Unesco e Unicef, per esempio – non ha nessun mandato democratico in ambito educativo. La sua influenza sarebbe quindi l’influenza di un “club” chiuso i cui membri sono tali soltanto su invito.
www.latecnicadellascuola.it – 7 maggio 2014
“Partono i TFA: il 9 maggio esce il bando”
░ Di Alessandro Giuliani.
In palio 22.450 posti per l'insegnamento nella secondaria: come titolo di accesso serve la laurea attinente alla disciplina prescelta. Altri 6.630 posti saranno riservati a docenti già abilitati che vogliono specializzarsi sul sostegno. I candidati avranno tempo fino al 10 giugno per presentare la domanda di partecipazione al test preliminare (tre step) che si svolgerà a luglio: sarà identico su tutto il territorio nazionale per ciascuna classe di abilitazione. Possibile partecipare alla preselezione per più materie. Servono almeno 21 punti su 30 per passare allo scritto che si svolgerà nel mese di ottobre. Anche qui sono necessari almeno 21 punti su 30 per passare all'orale che viene superato con un voto minimo di 15 su 20. I corsi partiranno a novembre e saranno tenuti dalle Università già accreditate dall'Anvur…. l'Agenzia di valutazione del sistema universitario, per il primo ciclo Tfa. Nessun posto bandito - assicura il ministero - andrà perso: la copertura sarà garantita anche con l'eventuale mobilità di coloro che supereranno le prove di selezione (test preliminare, scritto e orale) fino a esaurimento delle disponibilità”…. Le attività formative prenderanno il via nel mese di novembre. Sempre il Miur ha specificato che quest'anno saranno ammessi in soprannumero ai Tfa, senza dover fare alcuna prova, sia i cosiddetti 'congelati' Ssis (aspiranti docenti che si erano iscritti ai vecchi corsi abilitanti poi sospesi prima che potessero conseguire l'abilitazione), sia tutti coloro che hanno superato nel 2013 la procedura selettiva per entrare nei Tfa ma sono rimasti fuori, benché idonei, perché non c'erano posti a sufficienza negli atenei dove hanno sostenuto la selezione. Saranno iscritti in soprannumero anche coloro che nel 2013 hanno superato la selezione per l'ingresso in più corsi, ma hanno potuto scegliere solo un percorso abilitante.
la Repubblica – 8 maggio 2014
“Scuola, due decreti ministeriali nel ginepraio delle graduatorie”
░ Ieri il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini ha firmato due decreti importanti per dare ordine a questioni complicate della Scuola: le graduatorie di merito e di anzianità (scuola per scuola) per diventare insegnanti e, secondo decreto, le tappe per lo svolgimento del nuovo TFA per l’insegnamento secondario. Di un avvilito Corrado Zunino. Ha ragione.
Ieri il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini ha firmato due decreti ministeriali importanti per dare ordine alla questione più complicata che oggi c'è nella scuola italiana: le graduatorie di merito e di anzianità (scuola per scuola) per diventare insegnanti e, secondo decreto, le tappe per lo svolgimento delle prove che consentiranno l'ingresso nelle scuole secondarie superiori a nuovi docenti. … Innanzitutto, le graduatorie di istituto, utilizzate dalle ottomila scuole presenti sul territorio per l'assegnazione delle supplenze. Bene, il ministero fa sapere che lì dentro ci sono 500 mila aspiranti prof, ed è un numero impressionante. C'è un bacino di italiani, largo mezzo milione di persone, che chiede un lavoro alla scuola italiana, almeno per un anno. Le graduatorie di istituto affiancano le graduatorie a esaurimento (le storiche Gae provinciali), ma servono a gestire a livello di istituto le supplenze anno per anno. Quelle ad esaurimento, invece, regolano l'accesso in ruolo, l'assunzione definitiva e solo a inizio anno si incrociano con le graduatorie d'istituto per le supplenze, poi gestite dai singoli presidi. Le graduatorie a esaurimento ospitano "aspiranti prof" anche da dieci, venti anni: c'è chi ha trovato un altro impiego eppure non si toglie dal listone perché vorrebbe davvero fare l'insegnante o perché aspira a uno stipendio certo (anche se basso), alle ferie, alla malattia pagata…. L'aggiornamento delle graduatorie di istituto prevede punteggi per i titoli di abilitazione conseguiti negli ultimi anni dalle nuove leve dell'insegnamento attraverso percorsi di laurea specifici e tirocini di formazione particolarmente selettivi. Per valorizzare i diversi percorsi abilitanti, sia rispetto alla loro durata che alla selettività nell'accesso, vengono attribuiti specifici punteggi ai docenti. I laureati in Scienze della formazione primaria avranno fra i 48 e i 60 punti sulla base della durata del percorso di laurea (vecchio e nuovo ordinamento) e 12 punti legati alla selettività dell'accesso al percorso. Gli abilitati all'insegnamento nella scuola secondaria attraverso i Tfa, i Tirocini formativi attivi, avranno 12 punti sulla base della durata del percorso e 30 sulla base della selettività dell'accesso al percorso di abilitazione. Con l'aggiornamento di quest'anno vengono inseriti nella seconda fascia delle graduatorie di istituto, fra gli abilitati, 55.000 diplomati magistrali a cui fino ad oggi non era stato dato questo riconoscimento. Il Miur dà seguito, così, a una recente sentenza del Consiglio di Stato. Le graduatorie di istituto continueranno ad essere aggiornate ogni tre anni per tutti gli iscritti. Nel frattempo, però, il decreto prevede che ogni anno si aprano due "finestre", una a giugno e l'altra a dicembre, per l'inserimento nella seconda fascia delle Gae (quella riservata a chi è abilitato) di chi ha acquisito nel frattempo l'abilitazione attraverso i Tfa, i Percorsi abilitanti speciali (Pas) riservati a chi aveva già alcuni anni di servizio alle spalle, i corsi di laurea in Scienze della formazione primaria. In attesa di una delle due finestre i nuovi abilitati restano in terza fascia Gae (non abilitati) con un distinguo: a seguito dell'abilitazione viene loro riservata la precedenza assoluta nell'attribuzione delle supplenze…. Riassumendo, la prima fascia delle graduatorie di istituto (i docenti chiamati dai presidi per le supplenze) è riservata ai docenti inseriti nella terza fascia delle Gae, la seconda fascia delle graduatorie di istituto è riservata a tutti i docenti in possesso di un'abilitazione esclusi dalle Gae, la terza fascia ai laureati. Secondo il sindacato Anief centomila aspiranti, già abilitati o con in corso una procedura abilitante, avrebbero diritto a inserirsi almeno nella fascia aggiuntiva delle Gae per poter aspirare a una supplenza annuale o al termine delle attività didattiche o all'immissione in ruolo una volta esaurite le graduatorie di terza fascia. È pronto, per loro, visto che il decreto ministeriale non prevede questa soluzione, il milionesimo ricorso al Tar del Lazio. Nel secondo decreto il ministero dell'Istruzione ricorda che andranno inviate entro il prossimo 10 giugno le domande per partecipare alla preselezione per l'accesso al secondo ciclo del Tfa, il Tirocinio formativo attivo che serve per abilitarsi all'insegnamento nella scuola secondaria. Il ministro Giannini ha firmato il bando da 22.450 posti che apre le porte dell'insegnamento ai concorsi a cattedra ad altrettanti laureati. Altri 6.630 posti saranno riservati a docenti già abilitati che vogliono specializzarsi sul sostegno. Il test preliminare per l'ingresso nei Tfa sarà identico su tutto il territorio nazionale per ciascuna classe di abilitazione, la prova si svolgerà a luglio. I corsi partiranno a novembre e saranno tenuti dalle università già accreditate dall'Anvur, l'Agenzia di valutazione del sistema universitario, per il primo ciclo Tfa. Nessun posto bandito andrà perso: la copertura sarà garantita con l'eventuale mobilità di coloro che supereranno le prove di selezione (test preliminare, scritto e orale) fino a esaurimento delle disponibilità. Le domande andranno presentate per via telematica entro il prossimo 10 giugno all'Ufficio scolastico regionale di riferimento. Si può partecipare alla preselezione per più classi di abilitazione. La prova di accesso si compone di un test preliminare, una prova scritta, una prova orale. La prova preselettiva, che verifica le conoscenze disciplinari sulla materia che si vuole insegnare, si svolgerà entro luglio. Servono almeno 21 punti su 30 per passare allo scritto che si svolgerà a ottobre. Anche qui sono necessari almeno 21 punti su 30 per passare all'orale che viene superato con un voto minimo di 15 su 20. I corsi saranno attivati a novembre. Quest'anno saranno ammessi in soprannumero ai Tfa, senza dover fare alcuna prova, sia i cosiddetti "congelati" Ssis (aspiranti docenti che si erano iscritti ai vecchi corsi abilitanti poi sospesi prima che potessero conseguire l'abilitazione), sia tutti coloro che hanno superato nel 2013 la procedura selettiva per entrare nei Tfa, ma sono rimasti fuori, benché idonei, perché non c'erano posti a sufficienza negli atenei dove hanno sostenuto la selezione. Saranno iscritti in soprannumero anche coloro che nel 2013 hanno superato la selezione per l'ingresso in più corsi abilitanti e ne hanno potuto scegliere solo uno. Anche qui, contestazioni dei sindacati. "Penalizzati i 65.000 docenti che frequenteranno i Pas dopo aver svolto tre anni di servizio come insegnanti. Premiata la selezione ai corsi Tfa senza supporto normativo. Esclusi i 7.000 idonei dell'ultimo concorso". Non c'è via d'uscita: è necessario far ripartire la macchina delle assunzioni in ruolo o temporanee e poi non legiferare né normare più. Almeno per i prossimi dieci anni. Il ministero dovrà solo garantire che chiamate e corsi avvengano in maniera regolare e che le benedette graduatorie - o liste d'attesa - si esauriscano davvero.
www.ilsole24ore.com/art/notizie – 3 maggio 2014
“In tre anni, porte aperte a oltre 63mila nuovi docenti»"
░ Nel prossimo triennio saranno assunti circa 63mila insegnanti: il 50% dei posti sarà attribuito sulla base delle GaE (dove stazionano circa 170mila precari "storici") e il restante 50% sulla base dei concorsi. Non è quello che sarebbe giusto fare, visto il gran numero di supplenti su posti liberi, e che sarebbe possibile fare, ma ci incoraggia il fatto che con il prossimo agosto si avrà la “infornata” più numerosa, e questo non rimandare alle calende greche è una cifra di questo governo. Per gli anni a venire, si vedrà: agiremo sindacalmente dalla base; ci potrà essere un trend migliore dell’economia nazionale; potrebbe esserci un allentamento delle regole Fornero per i pensionamenti. Insomma, siamo qui al lavoro.
…. Per l'anno scolastico 2014/2015, a organico invariato, sono in programma circa 29mila immissioni in ruolo. Le prime 14mila serviranno a coprire i pensionamenti intervenuti nel frattempo… Vi rientreranno quasi sicuramente gli ultimi 7mila vincitori del concorso bandito nel 2012 dall'allora ministro Francesco Profumo (per gli altri 4mila l'ingresso in servizio è già avvenuto lo scorso anno, ndr) e 7mila nominativi scelti dalle graduatorie a esaurimento. A questi si sommeranno 15mila assunzioni sul sostegno (la seconda tranche di stabilizzazioni previste dal decreto Carrozza dell'autunno 2013). Il bottino potrebbe essere ancora più sostanzioso se il Mef darà l'ok a coprire pure i circa 8mila posti oggi esistenti, ma non autorizzati per via degli esuberi. La terza e ultima quota da 8mila docenti di sostegno (sempre previsti dal decreto Carrozza) arriverà nell'anno scolastico 2015/2016. A questi andranno aggiunti i circa 14mila "buchi" che andranno riempiti per il turn over stimato. Anche in questo caso varrà la regola del fifty fifty. Come annunciato mercoledì scorso dal ministro Stefania Giannini, 7mila posti andranno agli idonei (ma non vincitori) della scorsa selezione e 7mila ad altrettanti precari. Nel complesso il conto dei professori che entreranno di ruolo al prossimo giro (settembre 2015) sarà di 22mila unità.
www.latecnicadellascuola.it – 5 maggio 2014
“Se fosse una terapia per la scuola, l’Invalsi sarebbe un pannicello caldo”
░ Sottoscriviamo in toto, e aggiungiamo il nostro riconoscimento al prof. Giovanni Sicali per l’efficacia della presentazione dell’argomento.
… Secondo il suo Statuto - allegato al Decreto Dir. Gen. MIUR n.11/2011, GU n.229 del 1° ottobre 2011 - l’INVALSI è un Ente di ricerca dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, sottoposto alla vigilanza del MIUR (art. 17 del D.leg.vo 213/2009)…. La Direttiva MIUR n.88 del 3/10/2011 recita testualmente: “Obiettivo di sistema della valutazione esterna degli apprendimenti è quello di promuovere un generale e diffuso miglioramento della qualità degli apprendimenti nel nostro Paese, avendo riguardo, in particolare, agli apprendimenti di base. Per ciascuna scuola le rilevazioni nazionali consentiranno di acquisire i risultati nazionali di riferimento e i propri dati aggregati a livello di classe e disaggregati per ogni singolo item. Ciò con l’obiettivo di disporre della necessaria base conoscitiva per: individuare elementi di criticità in relazione ai quali realizzare piani di miglioramento dell’efficacia dell’azione educativa; evidenziare situazioni di qualità da mantenere e rafforzare; apprezzare il valore aggiunto realizzato in relazione al contesto socio-economico culturale, al fine di promuovere i processi di autovalutazione d’istituto”….. In base poi al comma 2 dell’art. 51, della Legge n. 35 del 4/4/2012 su “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo” al fine di ottenere il “Potenziamento del sistema nazionale di valutazione”, è stato stabilita l’obbligatorietà delle prove INVALSI con questa dicitura “Le istituzioni scolastiche partecipano, come attività ordinaria d’istituto, alle rilevazioni nazionali degli apprendimenti degli studenti”…… Solo però che “le istituzione scolastiche” non coincidono con i singoli docenti, soggetti responsabili che godono di pochi diritti e devono rispondere a molti doveri. Le istituzioni non sono “persone fisiche” e anche se il collegio dei docenti viene equiparato a “persone giuridiche” la giurisprudenza si è espressa in senso contrario. All’interno del mondo della scuola, le maggiori critiche all’INVALSI derivano dai sindacati, che hanno mosso obiezioni di incostituzionalità ed evidenti conflitti rispetto a norme di leggi non abrogate. Quel comma 2, sarebbe in conflitto con l’Art. 5, c.7, del D.leg.vo 297/94 (il Testo Unico) che afferma: “Negli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore, le competenze relative alla valutazione periodica e finale degli alunni spettano al consiglio di classe con la sola presenza dei docenti.” Inoltre risulterebbe anche in conflitto con l’Art. 21, comma 9 della Legge 59/97, che assegna all’autonomia didattica degli istituti i processi di autovalutazione. L'autonomia didattica è finalizzata al perseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione ma nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto ad apprendere. Il D.P.R. n. 275 dell’8/3/1999: Regolamento attuativo della Legge sull'autonomia scolastica, prevede che l'autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l'esigenza di migliorare l'efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento. Infine, quel comma 2 che “obbliga” le istituzioni scolastiche a sottoporre tutti gli studenti a test standardizzati preparati dall’INVALSI, contrasta col comma 1 dell’art. 33 della Costituzione italiana: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento” e col comma 3 dell’art. 117 che riguarda l’autonomia delle istituzioni scolastiche….
ItaliaOggi – 6 maggio 2014
“Non valuteremo i prof con i test”
░ Intervistato da Alessandra Ricciardi, il sottosegretario all'istruzione Reggi avrebbe avuto il bisogno di dire questa ovvietà: “Sostenere che lo strumento per valutare i docenti siano le prove Invalsi è una tesi, portata avanti in passato, che non ci appartiene e non ha fondamento scientifico”. Ok Reggi, ma con l’esperienza che abbiamo di certi decisori politici che non hanno competenza alcuna né esperienza di insegnamento tranquilli non siamo, perché letteralmente, non sanno quello che fanno.
Da oggi e fino al 13 maggio si svolgono le prove nazionali di italiano e matematica per testare le capacità degli alunni delle elementari e delle medie, in un clima effervescente in cui alle proteste e agli scioperi dei docenti, contro il potenziale uso strumentale dei risultati, si associano le contestazioni degli studenti contro la scuola-quiz. «I docenti stiano tranquilli, non c'è nessuna intenzione di utilizzare i dati per valutare i prof. E ai ragazzi dico di viverla con serenità, è solo un tassello di un rapporto con la scuola che è molto più ampio», dice Roberto Reggi, sottosegretario all'istruzione, con delega sulla valutazione. …. Più del 70% delle scuole utilizza efficacemente i dati di dettaglio sugli esiti delle singole classi che forniamo loro. Sono pochissimi i docenti che protestano e non collaborano. Altro discorso per chi avanza critiche costruttive su specifici aspetti: di queste teniamo sempre conto e non a caso le prove Invalsi si adattano continuamente.
D. La valutazione del rendimento degli studenti sarà elemento per valutare anche i docenti? Le dichiarazioni del ministro sembrano andare in questa direzione. R. Bisogna distinguere. Un conto è affermare, come ha fatto il ministro Giannini, che l'aumento della retribuzione dei docenti non può essere legato solo all'anzianità, e su questo anche io sono d'accordo. Un conto sostenere che lo strumento per valutare i docenti siano le prove Invalsi. Questa tesi, portata avanti in passato, non ci appartiene e non ha fondamento scientifico, dato che non possiamo dedurre dal solo uso dei dati delle prove altri aspetti che riguardano il funzionamento della scuola e tanto meno l'efficacia dell'insegnamento del singolo insegnante.
D. La valutazione potrà essere finalizzata anche a differenziare i finanziamenti alle scuole ? R. Dobbiamo intenderci: se dalle prove Invalsi scopriamo che in una determinata area geografica ci sono particolari ritardi in un determinato ambito, non trovo disdicevole concentrare le poche risorse economiche che abbiamo per l'aggiornamento dei docenti o per l'ammodernamento dei laboratori per colmare quei ritardi. Questo non vuol dire dare pagelle ai docenti, ma misurare gli andamenti per decidere come intervenire.
D. Cosa cambia con le prove di quest'anno ? R. Quest'anno le novità principali saranno tre. Si completa l'ancoraggio esplicito di tutte le domande delle prove Invalsi alle Indicazioni nazionali, fornendo così ai docenti utili strumenti di riflessione sui possibili usi didattici delle prove; non si fa la prova in prima media grazie all'affinamento del sistema informativo del ministero che consente la restituzione ai docenti delle medie dei risultati di V primaria. E poi sarà anticipata rispetto al passato la restituzione alle scuole delle prove: nel mese di settembre arriveranno i risultati, sia a livello di scuola sia di classe, per tutti. A ottobre alle sole scuole secondarie di secondo grado verranno dati riferimenti per singolo indirizzo di studio, favorendo così comparazioni più omogenee e maggiormente informative.
D. Ce la farete a far partire a settembre il più complessivo sistema nazionale di valutazione ? R. Sì, sarà così effettivamente possibile la valutazione analitica delle scuole, grazie al mix di autovalutazione, valutazione esterna e piano di miglioramento. Fino ad oggi le prove Invalsi hanno rappresentato l'unico elemento di valutazione del sistema, ma così non può essere, visto che misurano solo i risultati in matematica e lingua. Con Snv affianchiamo elementi diversi e tutti importanti e ciò renderà ancora più evidente la funzione di induzione del miglioramento che si attribuisce alla valutazione……….
D. Sull'organico funzionale il mef ha detto più volte di no. R. Stiamo lavorando perché con l'istituto dell'organico funzionale si esca da una logica emergenziale, mettendo le scuole nelle condizioni di programmare le attività. … Al Mef devono trovare la soluzione al problema finanziario, di ragionieri che si limitano a dire che non si può fare non abbiamo bisogno.
l’Unità – 7 maggio 2014
“Test Invalsi ? No, grazie”
░ Riportiamo la lezione inequivocabile dell’autorevole docimologo. A Benedetto Vertecchi, il nostro ringraziamento per il costante magistero.
In questo periodo dell’anno la scuola è dominata dalle operazioni per le rilevazioni periodiche sui livelli di apprendimento (i «test Invalsi»). Si tratta di un’operazione che richiede rilevante impegno organizzativo, perché gli allievi coinvolti sono alcuni milioni. Si tratta anche di un’operazione molto costosa, che prevede una fase preliminare di messa a punto delle prove, la loro distribuzione sul territorio, lo svolgimento da parte degli allievi, la rilevazione dei dati e il loro trattamento, la diffusione dei risultati. Tali risultati dovrebbero poi costituire il punto di partenza per interventi rivolti a migliorare la qualità dell’educazione scolastica: invece di intervenire in modo generico, sulla scorta d’impressioni più o meno condivise, si assumerebbero decisioni fondate sulla costatazione delle esigenze riscontrate. Gli argomenti a favore delle pratiche valutative che investono il sistema scolastico hanno una loro suggestione, derivante dalla semplicità dell’impianto interpretativo. È una semplicità che contrasta col carattere di «sistema» che si afferma di voler conferire alla valutazione. Un sistema rappresenta, infatti, una realtà complessa, a determinare la quale concorre un gran numero di variabili. Tali variabili assumono valori in un lungo periodo di tempo e con riferimento ai singoli contesti in cui l’educazione è praticata. Ne deriva che in un momento determinato sono molte le variabili che nel complesso orientano le caratteristiche del sistema e che esse costituiscono un reticolo che non consente di porle in successione. La valutazione che si sta praticando nelle nostre scuole suppone invece che ci si possa limitare a prendere atto di un certo numero di variabili indipendenti (alle quali si riconosce un significato causale) che identificano il profilo dei singoli allievi, di altre variabili collegabili ad alcune condizioni di processo (per esempio, le competenze degli insegnanti) e delle variabili dipendenti che danno conto dei risultati conseguiti dagli allievi. Chiunque abbia una qualche consuetudine con la ricerca educativa (non con l’assunzione di interpretazioni prese a prestito da altri settori della vita sociale, per esempio la gestione aziendale) sa bene che la conoscenza dei processi nei quali sono coinvolti bambini e ragazzi non tollera semplificazioni. Se poi dal piano sincronico (rilevazioni che si riferiscono a un breve periodo di tempo) passiamo a quello diacronico (guardando i mutamenti che interessano il succedersi delle generazioni), lo schematismo delle interpretazioni ora alla moda, e ossessivamente ripetute da moltitudini di sedicenti esperti, appare ancora meno consistente. … Le considerazioni che precedono assumono significato se le rilevazioni valutative di «sistema» presentano, almeno, il requisito della correttezza metodologica. Non mi riferisco tanto alle elaborazioni statistiche, che ormai non rappresentano più un problema perché quasi del tutto automatizzate, quanto alla consapevolezza delle implicazioni della valutazione sullo svolgimento dell’attività quotidiana delle scuole. Un segno evidente della trascuratezza con la quale si è intrapreso il percorso valutativo è che di fronte al dilagare di comportamenti di rifiuto, variamente espressi, non si sia trovato di meglio che invocare a scusante la propensione delle scuole al cheating, ovvero, in italiano corrente, all’imbroglio. Al fenomeno si è cercato di porre un argine ricorrendo a espedienti statistici, senza chiedersi se non fosse prima di tutto necessario capire la ragione che negli anni passati (e nessuno può escludere che qualcosa del genere continui ad accadere) ha spinto un numero consistente di scuole ad assumere comportamenti che avevano come conseguenza l’alterazione dei dati…. Se l’intento delle rilevazioni nazionali consiste nel migliorare la qualità delle decisioni, tale intento può essere con attendibilità maggiore conseguito compiendo rilevazioni su campione. Oltre tutto, si realizzerebbero economie consistenti, da impegnare per la messa a punto e la verifica sul campo di procedure didattiche innovative.
ltaonline.wordpress.com/ – 7 maggio 2014
“Test PISA e l’omologazione dei modelli educativi”
░ Più di cento educatori e studiosi appartenenti a diverse istituzioni educative di tutto il mondo hanno lanciato una sfida importante al Programme for International Student Assessment (PISA), e a quelle che definiscono “le conseguenze negative” delle sue note classifiche. A scrivere è Mario Pireddu, ricercatore per il Dipartimento di Scienze della Formazione dell'Università Roma Tre, membro del Laboratorio di Tecnologie Audiovisive (LTA), e docente presso la IULM di Milano. L’OCSE non ha legittimazione democratica ? Questa delle “cupole” di “soloni” è un segno dei tempi ? Se così fosse, sarebbe molto, molto pericoloso per la democrazia e per la libertà stessa sulla Terra.
I test PISA, organizzati dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE, in inglese Organisation for Economic Co-operation and Development – OECD), danno vita a indagini internazionali triennali che vengono svolte per valutare i diversi sistemi educativi del mondo e il livello di istruzione degli adolescenti (quindicenni). Nella lettera - inviata ad Andreas Schleicher, responsabile del PISA…, i firmatari sostengono che l’OECD ha assunto di fatto il potere di plasmare le politiche educative in tutto il mondo, utilizzando test “notoriamente imperfetti” e incoraggiando i governi a cercare “soluzioni a breve termine” per scalare la propria classifica. Questo tipo di approccio, sostengono i firmatari – tra i quali accademici di Cambridge, Oxford, Londra, Bristol, Stanford (California), Columbia (New York), Ballarat (Australia), Canterbury (Nuova Zelanda), Stoccolma, e nessun italiano – ha influenze tutt’altro che positive sui modelli e le idee di educazione possibile, e uccide la “gioia di imparare” trasformandola in mera “fatica”. Il sistema PISA aumenterebbe quindi notevolmente il ricorso a “misure quantitative” per classificare e etichettare alunni, insegnanti e dirigenti. I test otterrebbero l’obiettivo di ridurre l’autonomia degli insegnanti e di aumentare i livelli di stress nelle scuole, peraltro già alti. I firmatari della lettera sottolineano che l’OECD – composto da 34 paesi membri, in gran parte europei – è interessata in modo particolare al ruolo economico delle scuole nella società, ma qualsiasi riforma scolastica non può e non dovrebbe ignorare il ruolo fondamentale che le disuguaglianze socio-economiche rivestono nell’influenzare il rendimento degli allievi. Un’altra critica mossa all’OECD riguarda la sua stessa legittimità: si tratta infatti di una organizzazione che – al contrario di altre agenzie come Unesco e Unicef, per esempio – non ha nessun mandato democratico in ambito educativo. La sua influenza sarebbe quindi l’influenza di un “club” chiuso i cui membri sono tali soltanto su invito.
www.latecnicadellascuola.it – 7 maggio 2014
“Partono i TFA: il 9 maggio esce il bando”
░ Di Alessandro Giuliani.
In palio 22.450 posti per l'insegnamento nella secondaria: come titolo di accesso serve la laurea attinente alla disciplina prescelta. Altri 6.630 posti saranno riservati a docenti già abilitati che vogliono specializzarsi sul sostegno. I candidati avranno tempo fino al 10 giugno per presentare la domanda di partecipazione al test preliminare (tre step) che si svolgerà a luglio: sarà identico su tutto il territorio nazionale per ciascuna classe di abilitazione. Possibile partecipare alla preselezione per più materie. Servono almeno 21 punti su 30 per passare allo scritto che si svolgerà nel mese di ottobre. Anche qui sono necessari almeno 21 punti su 30 per passare all'orale che viene superato con un voto minimo di 15 su 20. I corsi partiranno a novembre e saranno tenuti dalle Università già accreditate dall'Anvur…. l'Agenzia di valutazione del sistema universitario, per il primo ciclo Tfa. Nessun posto bandito - assicura il ministero - andrà perso: la copertura sarà garantita anche con l'eventuale mobilità di coloro che supereranno le prove di selezione (test preliminare, scritto e orale) fino a esaurimento delle disponibilità”…. Le attività formative prenderanno il via nel mese di novembre. Sempre il Miur ha specificato che quest'anno saranno ammessi in soprannumero ai Tfa, senza dover fare alcuna prova, sia i cosiddetti 'congelati' Ssis (aspiranti docenti che si erano iscritti ai vecchi corsi abilitanti poi sospesi prima che potessero conseguire l'abilitazione), sia tutti coloro che hanno superato nel 2013 la procedura selettiva per entrare nei Tfa ma sono rimasti fuori, benché idonei, perché non c'erano posti a sufficienza negli atenei dove hanno sostenuto la selezione. Saranno iscritti in soprannumero anche coloro che nel 2013 hanno superato la selezione per l'ingresso in più corsi, ma hanno potuto scegliere solo un percorso abilitante.
la Repubblica – 8 maggio 2014
“Scuola, due decreti ministeriali nel ginepraio delle graduatorie”
░ Ieri il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini ha firmato due decreti importanti per dare ordine a questioni complicate della Scuola: le graduatorie di merito e di anzianità (scuola per scuola) per diventare insegnanti e, secondo decreto, le tappe per lo svolgimento del nuovo TFA per l’insegnamento secondario. Di un avvilito Corrado Zunino. Ha ragione.
Ieri il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini ha firmato due decreti ministeriali importanti per dare ordine alla questione più complicata che oggi c'è nella scuola italiana: le graduatorie di merito e di anzianità (scuola per scuola) per diventare insegnanti e, secondo decreto, le tappe per lo svolgimento delle prove che consentiranno l'ingresso nelle scuole secondarie superiori a nuovi docenti. … Innanzitutto, le graduatorie di istituto, utilizzate dalle ottomila scuole presenti sul territorio per l'assegnazione delle supplenze. Bene, il ministero fa sapere che lì dentro ci sono 500 mila aspiranti prof, ed è un numero impressionante. C'è un bacino di italiani, largo mezzo milione di persone, che chiede un lavoro alla scuola italiana, almeno per un anno. Le graduatorie di istituto affiancano le graduatorie a esaurimento (le storiche Gae provinciali), ma servono a gestire a livello di istituto le supplenze anno per anno. Quelle ad esaurimento, invece, regolano l'accesso in ruolo, l'assunzione definitiva e solo a inizio anno si incrociano con le graduatorie d'istituto per le supplenze, poi gestite dai singoli presidi. Le graduatorie a esaurimento ospitano "aspiranti prof" anche da dieci, venti anni: c'è chi ha trovato un altro impiego eppure non si toglie dal listone perché vorrebbe davvero fare l'insegnante o perché aspira a uno stipendio certo (anche se basso), alle ferie, alla malattia pagata…. L'aggiornamento delle graduatorie di istituto prevede punteggi per i titoli di abilitazione conseguiti negli ultimi anni dalle nuove leve dell'insegnamento attraverso percorsi di laurea specifici e tirocini di formazione particolarmente selettivi. Per valorizzare i diversi percorsi abilitanti, sia rispetto alla loro durata che alla selettività nell'accesso, vengono attribuiti specifici punteggi ai docenti. I laureati in Scienze della formazione primaria avranno fra i 48 e i 60 punti sulla base della durata del percorso di laurea (vecchio e nuovo ordinamento) e 12 punti legati alla selettività dell'accesso al percorso. Gli abilitati all'insegnamento nella scuola secondaria attraverso i Tfa, i Tirocini formativi attivi, avranno 12 punti sulla base della durata del percorso e 30 sulla base della selettività dell'accesso al percorso di abilitazione. Con l'aggiornamento di quest'anno vengono inseriti nella seconda fascia delle graduatorie di istituto, fra gli abilitati, 55.000 diplomati magistrali a cui fino ad oggi non era stato dato questo riconoscimento. Il Miur dà seguito, così, a una recente sentenza del Consiglio di Stato. Le graduatorie di istituto continueranno ad essere aggiornate ogni tre anni per tutti gli iscritti. Nel frattempo, però, il decreto prevede che ogni anno si aprano due "finestre", una a giugno e l'altra a dicembre, per l'inserimento nella seconda fascia delle Gae (quella riservata a chi è abilitato) di chi ha acquisito nel frattempo l'abilitazione attraverso i Tfa, i Percorsi abilitanti speciali (Pas) riservati a chi aveva già alcuni anni di servizio alle spalle, i corsi di laurea in Scienze della formazione primaria. In attesa di una delle due finestre i nuovi abilitati restano in terza fascia Gae (non abilitati) con un distinguo: a seguito dell'abilitazione viene loro riservata la precedenza assoluta nell'attribuzione delle supplenze…. Riassumendo, la prima fascia delle graduatorie di istituto (i docenti chiamati dai presidi per le supplenze) è riservata ai docenti inseriti nella terza fascia delle Gae, la seconda fascia delle graduatorie di istituto è riservata a tutti i docenti in possesso di un'abilitazione esclusi dalle Gae, la terza fascia ai laureati. Secondo il sindacato Anief centomila aspiranti, già abilitati o con in corso una procedura abilitante, avrebbero diritto a inserirsi almeno nella fascia aggiuntiva delle Gae per poter aspirare a una supplenza annuale o al termine delle attività didattiche o all'immissione in ruolo una volta esaurite le graduatorie di terza fascia. È pronto, per loro, visto che il decreto ministeriale non prevede questa soluzione, il milionesimo ricorso al Tar del Lazio. Nel secondo decreto il ministero dell'Istruzione ricorda che andranno inviate entro il prossimo 10 giugno le domande per partecipare alla preselezione per l'accesso al secondo ciclo del Tfa, il Tirocinio formativo attivo che serve per abilitarsi all'insegnamento nella scuola secondaria. Il ministro Giannini ha firmato il bando da 22.450 posti che apre le porte dell'insegnamento ai concorsi a cattedra ad altrettanti laureati. Altri 6.630 posti saranno riservati a docenti già abilitati che vogliono specializzarsi sul sostegno. Il test preliminare per l'ingresso nei Tfa sarà identico su tutto il territorio nazionale per ciascuna classe di abilitazione, la prova si svolgerà a luglio. I corsi partiranno a novembre e saranno tenuti dalle università già accreditate dall'Anvur, l'Agenzia di valutazione del sistema universitario, per il primo ciclo Tfa. Nessun posto bandito andrà perso: la copertura sarà garantita con l'eventuale mobilità di coloro che supereranno le prove di selezione (test preliminare, scritto e orale) fino a esaurimento delle disponibilità. Le domande andranno presentate per via telematica entro il prossimo 10 giugno all'Ufficio scolastico regionale di riferimento. Si può partecipare alla preselezione per più classi di abilitazione. La prova di accesso si compone di un test preliminare, una prova scritta, una prova orale. La prova preselettiva, che verifica le conoscenze disciplinari sulla materia che si vuole insegnare, si svolgerà entro luglio. Servono almeno 21 punti su 30 per passare allo scritto che si svolgerà a ottobre. Anche qui sono necessari almeno 21 punti su 30 per passare all'orale che viene superato con un voto minimo di 15 su 20. I corsi saranno attivati a novembre. Quest'anno saranno ammessi in soprannumero ai Tfa, senza dover fare alcuna prova, sia i cosiddetti "congelati" Ssis (aspiranti docenti che si erano iscritti ai vecchi corsi abilitanti poi sospesi prima che potessero conseguire l'abilitazione), sia tutti coloro che hanno superato nel 2013 la procedura selettiva per entrare nei Tfa, ma sono rimasti fuori, benché idonei, perché non c'erano posti a sufficienza negli atenei dove hanno sostenuto la selezione. Saranno iscritti in soprannumero anche coloro che nel 2013 hanno superato la selezione per l'ingresso in più corsi abilitanti e ne hanno potuto scegliere solo uno. Anche qui, contestazioni dei sindacati. "Penalizzati i 65.000 docenti che frequenteranno i Pas dopo aver svolto tre anni di servizio come insegnanti. Premiata la selezione ai corsi Tfa senza supporto normativo. Esclusi i 7.000 idonei dell'ultimo concorso". Non c'è via d'uscita: è necessario far ripartire la macchina delle assunzioni in ruolo o temporanee e poi non legiferare né normare più. Almeno per i prossimi dieci anni. Il ministero dovrà solo garantire che chiamate e corsi avvengano in maniera regolare e che le benedette graduatorie - o liste d'attesa - si esauriscano davvero.
Pubblichiamo alcuni articoli sulla richiesta Anief di aumento delle immissioni in ruolo, sugli stipendi dei docenti italiani divorati dall'inflazione, sulla bocciatura di Anief-Confedir agli emendamenti al collegato al Lavoro, sul primo maggio amaro per 3 milioni di dipendenti pubblici e sulla firma del ministro Giannini dell'atto di indirizzo sugli scatti.
Ecco perché i nostri insegnanti invecchiano da precari: in tre anni dal Miur solo 63mila assunzioni, ma i posti liberi sono 125mila
Mentre in Italia gli stipendi sono divorati dall'inflazione e fermi fino al 2018, agli insegnanti di New York +18% di aumenti e 3,4 miliardi di arretrati
TMNews: Anief: in Italia stipendi insegnanti divorati mentre in Usa volano Agli insegnanti di New York +18% di aumenti e 3,4 mld arretrati
Roma, 3 mag. (TMNews) - Mentre in Italia gli stipendi degli insegnanti sono divorati dall'inflazione e fermi fino al 2018, agli insegnanti di New York vanno +18% di aumenti e 3,4 miliardi di arretrati: a portare il significativo paragone il sindacato Anief-Confedir.
"Mentre in Italia il governo continua a tenere in vita una ridicola melina sul rinnovo contrattuale dei nostri docenti, in tutti i paesi più sviluppati del mondo gli insegnanti sono valorizzati e incentivati", commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir. Ad iniziare dagli Stati Uniti, sottolinea l'Anief: in queste ore da New York è giunta la notizia che l'amministrazione, grazie all'apporto decisivo del sindaco di origini italiane Bill de Blasio, ha dato il via libera ad aumenti in favore dei docenti pari al 18% in nove anni e al finanziamento di 3,4 miliardi di arretrati. E ciò malgrado siano previsti per quest'anno ben due miliardi di dollari di 'buco'.
In Italia, invece, ricorda il sindacato, il contratto non è rinnovato dal 2010, e "si continua a parlare di investimento sulla scuola solo a parole ed in corrispondenza delle compagne elettorali", mentre "la realtà è che con la Legge di Stabilità 2014, l'unico aumento, quello dell'indennità di vacanza contrattuale, sarà sospeso almeno sino al 2017". Quindi, spiega Anief, "i valori stipendiali del personale della scuola rimangono di fatto fermi addirittura al 2009" e "nei mesi scorsi, per certi docenti si è arrivati addirittura al paradosso dello stipendio diminuito per effetto del pasticcio sugli scatti".
"Solo nel nostro Paese - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - i sindacati rappresentativi e il Governo continuano a concentrarsi su 350 milioni di euro di ulteriori risparmi per pagare gli scatti del 2012, mentre la Ragioneria dello stato rileva che gli stipendi rimangono 4 punti sotto l'inflazione registrata negli ultimi anni. Come se solo il mancato adeguamento al costo della vita non avesse fatto perdere ai nostri insegnanti almeno 3.600 euro. E facendo finta che l'attuale blocco contrattuale, irrecuperabile, non sia stato procrastinato per altri tre anni".
"Anche gli ultimi provvedimenti governativi non cambiano la sostanza. Perché a maggio la metà dei docenti italiani non riceverà i famosi 80 euro di incremento previsto dal governo solo per gli stipendi fino a 26mila euro lordi: nella somma vanno infatti compresi tredicesima e indennità, quindi riguarderanno solo i precari e le prime due fasce stipendiali. E per chi non fruirà degli 80 euro si tratterà di una vera beffa, perché dovrà invece pagare l'aumento della tassazione sui pochi risparmi lasciati nelle banche. Così il gap di 600 euro che a fine carriera prendono in più i loro colleghi che insegnano negli altri Paesi OCDE - conclude Pacifico - diventerà una voragine".
ANSA: Scuola: Anief, per stipendi prof Italia guardi a Usa Dove è stato dato via libera a finanziamento 3,4 mld arretrati
(ANSA) - ROMA, 3 MAG - Stipendi degli insegnanti? l'Italia prenda esempio dagli Usa. Il consiglio arriva dall'Anief. "Mentre in Italia il Governo continua a tenere in vita una ridicola melina sul rinnovo contrattuale dei nostri docenti, in tutti i paesi più sviluppati del mondo gli insegnanti sono valorizzati e incentivati. A iniziare dagli Stati Uniti: in queste ore da New York - sottolinea l'Anief - è giunta la notizia che l'amministrazione, grazie all'apporto decisivo del sindaco di origini italiane Bill de Blasio, ha dato il via libera ad aumenti in favore dei docenti pari al 18% in nove anni e al finanziamento di 3,4 miliardi di arretrati. E ciò malgrado siano previsti per quest'anno ben due miliardi di dollari di 'buco'. Si tratta della conferma di quanto in Italia, dove il contratto non è rinnovato dal 2010, si continui a parlare di investimento sulla scuola solo a parole e in corrispondenza delle compagne elettorali". "La realtà - sostiene il sindacato - è che con il comma 452 dell'articolo 1 della Legge di Stabilità 2014, la 147/13, l'unico aumento, quello dell'indennità di vacanza contrattuale, sarà 'sospeso' almeno sino al 2017. Considerando che la norma si riferisce al comma 17 dell'art. 9 della Legge 122/2010, i valori stipendiali del personale della scuola rimangono di fatto fermi addirittura al 2009. Nei mesi scorsi, per certi docenti si è arrivati addirittura al paradosso dello stipendio diminuito per effetto del 'pasticcio' sugli scatti". "Solo nel nostro Paese - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - i sindacati rappresentativi e il Governo continuano a concentrarsi su 350 milioni di euro di ulteriori risparmi per pagare gli scatti del 2012, mentre la Ragioneria dello stato rileva che gli stipendi rimangono 4 punti sotto l'inflazione registrata negli ultimi anni. Come se solo il mancato adeguamento al costo della vita non avesse fatto perdere ai nostri insegnanti almeno 3.600 euro. E facendo finta che l'attuale blocco contrattuale, irrecuperabile, non sia stato procrastinato per altri tre anni. Anche gli ultimi nostri provvedimenti governativi non cambiano la sostanza. Perché a maggio la metà dei docenti italiani non riceverà i famosi 80 euro di incremento previsto dal Governo solo per gli stipendi fino a 26mila euro lordi: nella somma vanno infatti compresi tredicesima e indennità, quindi riguarderanno solo i precari e le prime due fasce stipendiali. E per chi non fruirà degli 80 euro si tratterà di una vera beffa, perché dovrà invece pagare l'aumento della tassazione sui pochi risparmi lasciati nelle banche. Così il gap di 600 euro che a fine carriera prendono in più i loro colleghi che insegnano negli altri Paesi Ocde - conclude Pacifico - diventerà una voragine". (ANSA).
Anief-Confedir boccia gli emendamenti del Governo al Collegato Lavoro: assunzioni eluse sono contro la direttiva comunitaria
Ansa: Lavoro: Anief boccia emendamenti governo a decreto Poletti Modifiche ci allontanano da Europa
(ANSA) - ROMA, 2 MAG - Gli emendamenti presentati dal Governo al decreto legge Poletti sul lavoro "sono contro la normativa Ue che impone l'assunzione dopo tre anni di servizio anche non continuativo". Lo afferma l'Anief-Confedir ribadendo che su questo punto "la direttiva 1999/70 è chiara: dopo 36 mesi di servizio, senza ragioni oggettive, i lavoratori precari del settore privato come del pubblico impiego devono essere stabilizzati. Mentre i datori di lavoro devono ricevere sanzioni tali da dissuaderli a continuare a utilizzare i contratti a termine". "Perché, invece, si continua a disapplicare questo principio base per tutti i lavoratori dell'Europa unita? Sembrava che tale direttiva fosse stata recepita nel nostro ordinamento nel 2001 con il decreto legislativo - tiene a dire Marcello Pacifico, presidente Anief - salvo scoprire nel 2011-12 che per il Parlamento italiano non trovava applicazione per la Scuola e la Sanità. E oggi gli emendamenti annunciati dal Governo allontanano sempre più l'Italia dall'Europa. Sottoponendo il nostro paese a nuove procedure d'infrazione e a nuove condanne dalla Corte di Giustizia europea". Per Pacifico questo "avverrà inevitabilmente sia perché in questo modo si deroga proprio al principio della stabilizzazione sia perché la sanzione per essere dissuasiva non può essere inferiore allo stipendio". Il presidente dell'Anief invita pertanto il Governo "a riflettere bene sulle condanne alle spese per violazione del diritto comunitario del nuovo testo sul collegato il lavoro" anche perché - conclude - "l'art. 117 della Costituzione ci ricorda come ogni norma nazionale debba essere conforme al diritto comunitario. E continuare ad aggirare certi dettati basilari, alla lunga costerà molto caro ai nostri governanti". (ANSA).
Nove Colonne: Lavoro: Anief, assunzioni eluse sono contro direttiva comunitaria (9Colonne) Roma, 2 mag - Le modifiche al testo continuano a non contenere l' obbligo di assunzione dopo 36 mesi di servizio previsto dalla direttiva 1999/70 per i dipendenti pubblici e privati, con i datori di lavoro che dovrebbero ricevere sanzioni tali da dissuadere a continuare ad abusare dei contratti a termine. E' quanto denuncia in una nota Marcello Pacifico (Anief-Confedir), secondo il quale "gli emendamenti presentati oggi dal Governo al decreto legge Poletti sul lavoro sono contro la normativa UE che impone l' assunzione dopo tre anni di servizio anche non continuativo". Anief-Confedir torna a ribadire che "su questo punto la direttiva 1999/70 è chiara: dopo 36 mesi di servizio, senza ragioni oggettive, i lavoratori precari del settore privato come del pubblico impiego devono essere stabilizzati. Mentre i datori di lavoro devono ricevere sanzioni tali da dissuaderlo a continuare a utilizzare i contratti a termine. Perché, invece, si continua a disapplicare questo principio base per tutti i lavoratori dell' Europa unita?".
"Sembrava che tale direttiva fosse stata recepita nel nostro ordinamento nel 2001 con il decreto legislativo - spiega Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - , salvo scoprire nel 2011/12 che per il Parlamento italiano non trovava applicazione per la Scuola e la Sanità. E oggi gli emendamenti annunciati dal Governo allontanano sempre più l' Italia dall' Europa. Sottoponendo il nostro paese a nuove procedure d'infrazione e a nuove condanne dalla Corte di Giustizia europea". "Questo avverrà inevitabilmente - continua il sindacalista Anief-Confedir - , sia perché in questo modo si deroga proprio al principio della stabilizzazione sia perché la sanzione per essere dissuasiva non può essere inferiore allo stipendio". "Anche perché l' articolo 117 della Costituzione ci ricorda come ogni norma nazionale debba essere conforme al diritto comunitario. E continuare ad aggirare certi dettati basilari, alla lunga costerà molto caro ai nostri governanti", conclude Pacifico.
ANSA: Scuola: scatti; Anief, ok "scatti" ma restano stipendi fame (ANSA) - ROMA, 29 APR - "Basta firmare contratti a perdere per il personale della scuola: servono risorse nuove, non aumenti finanziati con risorse tolte da capitoli di spesa dello stesso settore scolastico". Così Marcello Pacifico, presidente Anief, commenta la volontà espressa oggi dal Ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini,di firmare l'atto d'indirizzo che permetterà il recupero degli scatti stipendiali in maniera strutturale. "Già i contratti firmati per il biennio 2006-2009 - spiega il sindacalista - hanno registrato aumenti di un punto percentuale in meno degli altri dipendenti pubblici. E comunque questi aumenti, che potranno essere pagati soltanto attraverso ulteriori risparmi certificati, si applicheranno su stipendi sempre più ridotti all'osso: tanto è vero che la Ragioneria dello Stato li ha collocati 4 punti sotto l'inflazione, salita del 12% negli ultimi sei anni rispetto al 2006". Anief sostiene quindi che gli scatti non bastano a sanare il gap degli stipendi del personale scolastico rispetto al costo della vita: "al di là degli scatti relativi all'atto di indirizzo - continua Pacifico - dovrebbero arrivare arretrati per 3.600 euro lordi in media per 860.000 dipendenti. Senza parlare dello stipendio iniziale pagato ai precari della scuola contro il diritto comunitario, ragion per cui si aprirà presto una causa della Commissione Ue contro l'Italia alla Corte di Giustizia europea". "I sindacati rifiutino di firmare la proletarizzazione della categoria e chiedano al Governo risorse da mettere nel prossima legge di stabilità. E poi guardino ai Paesi Ocde, dove a fine carriera lo stipendio di un insegnante è in media di 600 euro in più al mese, quindi un terzo in più di quello italiano. Che - conclude il sindacalista - rimarrà fermo per altri tre anni". (ANSA).
Pubblichiamo alcuni articoli sulla richiesta Anief di aumento delle immissioni in ruolo, sugli stipendi dei docenti italiani divorati dall'inflazione, sulla bocciatura di Anief-Confedir agli emendamenti al collegato al Lavoro, sul primo maggio amaro per 3 milioni di dipendenti pubblici e sulla firma del ministro Giannini dell'atto di indirizzo sugli scatti.
Ecco perché i nostri insegnanti invecchiano da precari: in tre anni dal Miur solo 63mila assunzioni, ma i posti liberi sono 125mila
Mentre in Italia gli stipendi sono divorati dall'inflazione e fermi fino al 2018, agli insegnanti di New York +18% di aumenti e 3,4 miliardi di arretrati
TMNews: Anief: in Italia stipendi insegnanti divorati mentre in Usa volano Agli insegnanti di New York +18% di aumenti e 3,4 mld arretrati
Roma, 3 mag. (TMNews) - Mentre in Italia gli stipendi degli insegnanti sono divorati dall'inflazione e fermi fino al 2018, agli insegnanti di New York vanno +18% di aumenti e 3,4 miliardi di arretrati: a portare il significativo paragone il sindacato Anief-Confedir.
"Mentre in Italia il governo continua a tenere in vita una ridicola melina sul rinnovo contrattuale dei nostri docenti, in tutti i paesi più sviluppati del mondo gli insegnanti sono valorizzati e incentivati", commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir. Ad iniziare dagli Stati Uniti, sottolinea l'Anief: in queste ore da New York è giunta la notizia che l'amministrazione, grazie all'apporto decisivo del sindaco di origini italiane Bill de Blasio, ha dato il via libera ad aumenti in favore dei docenti pari al 18% in nove anni e al finanziamento di 3,4 miliardi di arretrati. E ciò malgrado siano previsti per quest'anno ben due miliardi di dollari di 'buco'.
In Italia, invece, ricorda il sindacato, il contratto non è rinnovato dal 2010, e "si continua a parlare di investimento sulla scuola solo a parole ed in corrispondenza delle compagne elettorali", mentre "la realtà è che con la Legge di Stabilità 2014, l'unico aumento, quello dell'indennità di vacanza contrattuale, sarà sospeso almeno sino al 2017". Quindi, spiega Anief, "i valori stipendiali del personale della scuola rimangono di fatto fermi addirittura al 2009" e "nei mesi scorsi, per certi docenti si è arrivati addirittura al paradosso dello stipendio diminuito per effetto del pasticcio sugli scatti".
"Solo nel nostro Paese - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - i sindacati rappresentativi e il Governo continuano a concentrarsi su 350 milioni di euro di ulteriori risparmi per pagare gli scatti del 2012, mentre la Ragioneria dello stato rileva che gli stipendi rimangono 4 punti sotto l'inflazione registrata negli ultimi anni. Come se solo il mancato adeguamento al costo della vita non avesse fatto perdere ai nostri insegnanti almeno 3.600 euro. E facendo finta che l'attuale blocco contrattuale, irrecuperabile, non sia stato procrastinato per altri tre anni".
"Anche gli ultimi provvedimenti governativi non cambiano la sostanza. Perché a maggio la metà dei docenti italiani non riceverà i famosi 80 euro di incremento previsto dal governo solo per gli stipendi fino a 26mila euro lordi: nella somma vanno infatti compresi tredicesima e indennità, quindi riguarderanno solo i precari e le prime due fasce stipendiali. E per chi non fruirà degli 80 euro si tratterà di una vera beffa, perché dovrà invece pagare l'aumento della tassazione sui pochi risparmi lasciati nelle banche. Così il gap di 600 euro che a fine carriera prendono in più i loro colleghi che insegnano negli altri Paesi OCDE - conclude Pacifico - diventerà una voragine".
ANSA: Scuola: Anief, per stipendi prof Italia guardi a Usa Dove è stato dato via libera a finanziamento 3,4 mld arretrati
(ANSA) - ROMA, 3 MAG - Stipendi degli insegnanti? l'Italia prenda esempio dagli Usa. Il consiglio arriva dall'Anief. "Mentre in Italia il Governo continua a tenere in vita una ridicola melina sul rinnovo contrattuale dei nostri docenti, in tutti i paesi più sviluppati del mondo gli insegnanti sono valorizzati e incentivati. A iniziare dagli Stati Uniti: in queste ore da New York - sottolinea l'Anief - è giunta la notizia che l'amministrazione, grazie all'apporto decisivo del sindaco di origini italiane Bill de Blasio, ha dato il via libera ad aumenti in favore dei docenti pari al 18% in nove anni e al finanziamento di 3,4 miliardi di arretrati. E ciò malgrado siano previsti per quest'anno ben due miliardi di dollari di 'buco'. Si tratta della conferma di quanto in Italia, dove il contratto non è rinnovato dal 2010, si continui a parlare di investimento sulla scuola solo a parole e in corrispondenza delle compagne elettorali". "La realtà - sostiene il sindacato - è che con il comma 452 dell'articolo 1 della Legge di Stabilità 2014, la 147/13, l'unico aumento, quello dell'indennità di vacanza contrattuale, sarà 'sospeso' almeno sino al 2017. Considerando che la norma si riferisce al comma 17 dell'art. 9 della Legge 122/2010, i valori stipendiali del personale della scuola rimangono di fatto fermi addirittura al 2009. Nei mesi scorsi, per certi docenti si è arrivati addirittura al paradosso dello stipendio diminuito per effetto del 'pasticcio' sugli scatti". "Solo nel nostro Paese - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - i sindacati rappresentativi e il Governo continuano a concentrarsi su 350 milioni di euro di ulteriori risparmi per pagare gli scatti del 2012, mentre la Ragioneria dello stato rileva che gli stipendi rimangono 4 punti sotto l'inflazione registrata negli ultimi anni. Come se solo il mancato adeguamento al costo della vita non avesse fatto perdere ai nostri insegnanti almeno 3.600 euro. E facendo finta che l'attuale blocco contrattuale, irrecuperabile, non sia stato procrastinato per altri tre anni. Anche gli ultimi nostri provvedimenti governativi non cambiano la sostanza. Perché a maggio la metà dei docenti italiani non riceverà i famosi 80 euro di incremento previsto dal Governo solo per gli stipendi fino a 26mila euro lordi: nella somma vanno infatti compresi tredicesima e indennità, quindi riguarderanno solo i precari e le prime due fasce stipendiali. E per chi non fruirà degli 80 euro si tratterà di una vera beffa, perché dovrà invece pagare l'aumento della tassazione sui pochi risparmi lasciati nelle banche. Così il gap di 600 euro che a fine carriera prendono in più i loro colleghi che insegnano negli altri Paesi Ocde - conclude Pacifico - diventerà una voragine". (ANSA).
Anief-Confedir boccia gli emendamenti del Governo al Collegato Lavoro: assunzioni eluse sono contro la direttiva comunitaria
Ansa: Lavoro: Anief boccia emendamenti governo a decreto Poletti Modifiche ci allontanano da Europa
(ANSA) - ROMA, 2 MAG - Gli emendamenti presentati dal Governo al decreto legge Poletti sul lavoro "sono contro la normativa Ue che impone l'assunzione dopo tre anni di servizio anche non continuativo". Lo afferma l'Anief-Confedir ribadendo che su questo punto "la direttiva 1999/70 è chiara: dopo 36 mesi di servizio, senza ragioni oggettive, i lavoratori precari del settore privato come del pubblico impiego devono essere stabilizzati. Mentre i datori di lavoro devono ricevere sanzioni tali da dissuaderli a continuare a utilizzare i contratti a termine". "Perché, invece, si continua a disapplicare questo principio base per tutti i lavoratori dell'Europa unita? Sembrava che tale direttiva fosse stata recepita nel nostro ordinamento nel 2001 con il decreto legislativo - tiene a dire Marcello Pacifico, presidente Anief - salvo scoprire nel 2011-12 che per il Parlamento italiano non trovava applicazione per la Scuola e la Sanità. E oggi gli emendamenti annunciati dal Governo allontanano sempre più l'Italia dall'Europa. Sottoponendo il nostro paese a nuove procedure d'infrazione e a nuove condanne dalla Corte di Giustizia europea". Per Pacifico questo "avverrà inevitabilmente sia perché in questo modo si deroga proprio al principio della stabilizzazione sia perché la sanzione per essere dissuasiva non può essere inferiore allo stipendio". Il presidente dell'Anief invita pertanto il Governo "a riflettere bene sulle condanne alle spese per violazione del diritto comunitario del nuovo testo sul collegato il lavoro" anche perché - conclude - "l'art. 117 della Costituzione ci ricorda come ogni norma nazionale debba essere conforme al diritto comunitario. E continuare ad aggirare certi dettati basilari, alla lunga costerà molto caro ai nostri governanti". (ANSA).
Nove Colonne: Lavoro: Anief, assunzioni eluse sono contro direttiva comunitaria (9Colonne) Roma, 2 mag - Le modifiche al testo continuano a non contenere l' obbligo di assunzione dopo 36 mesi di servizio previsto dalla direttiva 1999/70 per i dipendenti pubblici e privati, con i datori di lavoro che dovrebbero ricevere sanzioni tali da dissuadere a continuare ad abusare dei contratti a termine. E' quanto denuncia in una nota Marcello Pacifico (Anief-Confedir), secondo il quale "gli emendamenti presentati oggi dal Governo al decreto legge Poletti sul lavoro sono contro la normativa UE che impone l' assunzione dopo tre anni di servizio anche non continuativo". Anief-Confedir torna a ribadire che "su questo punto la direttiva 1999/70 è chiara: dopo 36 mesi di servizio, senza ragioni oggettive, i lavoratori precari del settore privato come del pubblico impiego devono essere stabilizzati. Mentre i datori di lavoro devono ricevere sanzioni tali da dissuaderlo a continuare a utilizzare i contratti a termine. Perché, invece, si continua a disapplicare questo principio base per tutti i lavoratori dell' Europa unita?".
"Sembrava che tale direttiva fosse stata recepita nel nostro ordinamento nel 2001 con il decreto legislativo - spiega Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - , salvo scoprire nel 2011/12 che per il Parlamento italiano non trovava applicazione per la Scuola e la Sanità. E oggi gli emendamenti annunciati dal Governo allontanano sempre più l' Italia dall' Europa. Sottoponendo il nostro paese a nuove procedure d'infrazione e a nuove condanne dalla Corte di Giustizia europea". "Questo avverrà inevitabilmente - continua il sindacalista Anief-Confedir - , sia perché in questo modo si deroga proprio al principio della stabilizzazione sia perché la sanzione per essere dissuasiva non può essere inferiore allo stipendio". "Anche perché l' articolo 117 della Costituzione ci ricorda come ogni norma nazionale debba essere conforme al diritto comunitario. E continuare ad aggirare certi dettati basilari, alla lunga costerà molto caro ai nostri governanti", conclude Pacifico.
ANSA: Scuola: scatti; Anief, ok "scatti" ma restano stipendi fame (ANSA) - ROMA, 29 APR - "Basta firmare contratti a perdere per il personale della scuola: servono risorse nuove, non aumenti finanziati con risorse tolte da capitoli di spesa dello stesso settore scolastico". Così Marcello Pacifico, presidente Anief, commenta la volontà espressa oggi dal Ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini,di firmare l'atto d'indirizzo che permetterà il recupero degli scatti stipendiali in maniera strutturale. "Già i contratti firmati per il biennio 2006-2009 - spiega il sindacalista - hanno registrato aumenti di un punto percentuale in meno degli altri dipendenti pubblici. E comunque questi aumenti, che potranno essere pagati soltanto attraverso ulteriori risparmi certificati, si applicheranno su stipendi sempre più ridotti all'osso: tanto è vero che la Ragioneria dello Stato li ha collocati 4 punti sotto l'inflazione, salita del 12% negli ultimi sei anni rispetto al 2006". Anief sostiene quindi che gli scatti non bastano a sanare il gap degli stipendi del personale scolastico rispetto al costo della vita: "al di là degli scatti relativi all'atto di indirizzo - continua Pacifico - dovrebbero arrivare arretrati per 3.600 euro lordi in media per 860.000 dipendenti. Senza parlare dello stipendio iniziale pagato ai precari della scuola contro il diritto comunitario, ragion per cui si aprirà presto una causa della Commissione Ue contro l'Italia alla Corte di Giustizia europea". "I sindacati rifiutino di firmare la proletarizzazione della categoria e chiedano al Governo risorse da mettere nel prossima legge di stabilità. E poi guardino ai Paesi Ocde, dove a fine carriera lo stipendio di un insegnante è in media di 600 euro in più al mese, quindi un terzo in più di quello italiano. Che - conclude il sindacalista - rimarrà fermo per altri tre anni". (ANSA).
latecnicadellascuola.it – 26 aprile 2014
“Aggiornamento GaE, ancora inconvenienti"
░ Stavolta le anomalie riguardano un ‘errore di sistema’ che impedisce l’accesso alle pagine di aggiornamento. Spariti anche gli indirizzi PEC. I sindacati chiedono di tornare ai modelli cartacei: è l’unico modo per prevenire l'insorgere di contenziosi di cui nessuno ha bisogno. Capiscono, al MIUR quale ansia il malfunzionamento stia provocando ai docenti precari che, per parte loro, non mancano di preoccupazioni ?
Continuano a pervenire lamentele riguardo l’aggiornamento telematico delle Graduatorie ad esaurimento. Dopo la richiesta da parte del Miur di inviare di nuovo le domande inoltrate fino al 22 aprile, seguendo una precisa procedura, stavolta diversi utenti ci hanno indicato una grave carenza del sistema di aggiornamento. Digitando username e password, questi docenti precari si sono ritrovati davanti una pagina con al centro solo le seguenti parole: Errore di Sistema - SERVIZIO MOMENTANEAMENTE NON DISPONIBILE. Praticamente, l’utente viene invitato ad attendere. E a riprovare in un secondo momento. Inoltre, è confermato che il software di aggiornamento cancella in modo automatico tutti gli indirizzi PEC, senza dare peraltro la possibilità di inserirli di nuovo…. Da Viale Trastevere farebbero bene a prendere le dovute contromisure. In caso contrario, il ministero dell’Istruzione si esporrebbe a “numerosi contenziosi che, inevitabilmente, il Miur potrà aspettarsi a seguito – concluda la docente precaria - delle ormai solite e note disorganizzazioni, incoerenze e inefficienze… La scelta finale spetta chiaramente al Miur. Ma qualora gli evidenti limiti tecnici dovessero permanere, al Ministero non sembrano avere troppe possibilità.
orizzontescuola.it – 26 aprile 2014
“Si lavora a 28mila immissioni, 14mila con nuovo concorso. Giannini chiude porta idonei concorso 2012. "Graduatorie male cronico"
░ 15000 posti andranno al sostegno e 13000 per il turn over, ha affermato il Ministro durante l'audizione in VII Commissione Cultura.
Ci sarà un nuovo concorso, lo ha detto giovedì il Ministro durante la sua audizione conclusiva alla Camera. "Quello che vorrei fare - ha detto la Giannini - è di aprire il concorso per dare una regolarità a quanto è stato fatto nell'ultimo biennio e di dare assegnazione dei posti al 50% concorso e 50% graduatorie, che non è possibile sopprimere; male cronico che dovremo assorbire in una prospettiva di medio termine." Quindi dei 28mila posti a disposizione, metà andrà alla graduatoria ad esaurimento e metà da nuovo concorso (14mila posti). I calcoli per lo "smaltimento" delle graduatorie sono già stati fatti, sempre in audizione, a fine aprile, quando il Ministro, riferendo dei 170mila iscritti, ha azzardato tempi per il loro esaurimento in 10 anni. Durante l'audizione di giovedì si è parlato anche degli idonei al concorso 2012, su sollecitazione di alcuni parlamentari che hanno chiesto la sorte dei 7mila rimasti in graduatoria. Il Ministro ha affermato, che il nuovo concorso "può essere un'occasione per questo assorbimento. Credo - ha continuato - che sui 14mila posti (si riferisce a quelli che saranno banditi per il nuovo concorso ndr.) ci debba essere una destinazione, almeno la metà, di cosiddetti posti nuovi, freschi, per vittoria di cattedra e non per assorbimento delle graduatorie antiche." Insomma, ci sembra di capire dalle parole del Ministro che coloro che hanno superato le prove del concorso 2012, ma non rientreranno nel numero dei vincitori in relazione ai posti banditi, si troveranno a dover rifare il concorso, non potendo contare in uno scorrimento delle graduatorie oltre il limite dei posti messi a bando.
latecnicadellascuola.it – 27 aprile 2014
“Decreto 66: nuovi obblighi per le scuole"
░ Registro delle fatture e pagamenti entro 60 giorni: ritardi e inadempienze determineranno responsabilità per gli uffici di segreteria. Ma spesso le scuole hanno problemi di cassa provocati dai ritardi Miur.
Due articoli del recente decreto legge n. 66 (“Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale”) pongono a carico delle scuole nuove incombenze e ulteriori obblighi. Si tratta degli articoli 41 e 42 finalizzati entrambi a “prevenire il formarsi di ritardi dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni”. In particolare l’articolo 41 prevede che la relazione al conto consuntivo delle istituzioni scolastiche sia corredata da un prospetto sottoscritto sia dal dirigente scolastico sia dal DSGA “attestante l'importo dei pagamenti relativi a transazioni commerciali effettuati dopo la scadenza dei termini previsti dal decreto legislativo 231/2002, nonché il tempo medio dei pagamenti effettuati”. Va precisato che il decreto citato prevede l’obbligo di liquidare fatture e altri titoli di spesa entro il tempo massimo di 60 giorni, decorsi i quali scatta automaticamente l’obbligo di riconoscere al creditore gli interessi legali, che ovviamente dovranno essere rimborsati dai responsabili del ritardo del pagamento. Per evitare equivoci e malintesi, gli estensori del decreto 66 hanno introdotto anche una ulteriore disposizione: l’articolo 42, infatti, prevede l’istituzione di un registro ufficiale delle fatture (molte scuole hanno già creato strumenti analoghi, ma d’ora in poi non basteranno più elenchi sommari e “casalinghi”) dove, per ogni singolo documento contabile, dovrà essere indicata una discreta quantità di dati. A questo punto, le norme in questione si sommano alle disposizioni che prevedono l’obbligo anche per le scuole della cosiddetta “fatturazione elettronica”…
Il Fatto Quotidiano – 28 aprile 2014
“Scuola, “concorso da 14mila posti”: i dubbi sul destino di docenti idonei e precari"
░ Il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini lo ha annunciato in commissione Cultura. E' una buona notizia per neolaureati e docenti non iscritti nelle graduatorie, ma rimangono diverse incertezze
In arrivo un nuovo concorso della scuola da 14mila posti. Lo ha annunciato nei giorni scorsi nel corso di un’audizione in Commissione Cultura alla Camera il ministro Stefania Giannini. Ed è una buona notizia per tutti quei docenti abilitati che non sono iscritti nelle Graduatorie ad esaurimento (GaE), e per i neolaureati che erano stati esclusi dalla prova del 2012. Per tutti quelli, insomma, che solo attraverso un nuovo concorso possono sperare di poter essere assunti. I tempi, però, non dovrebbero essere brevissimi. Per il momento Giannini ha solo ufficializzato l’intenzione di avviare le procedure per l’indizione. Possibile, dunque, che il bando possa uscire a fine 2014, in modo da svolgere gli esami nel corso del prossimo anno. Una ipotesi già anticipata in via informale dai dirigenti del Ministero a ilfattoquotidiano.it a gennaio. Il ministro ha spiegato in Commissione che, dopo le recenti consultazioni sul sistema di reclutamento, il passo successivo sarà quello di dare “una risposta concreta alle assunzioni”. E per far questo, almeno per ora, ha scelto di operare nello stesso solco dei suoi predecessori: “Bisogna dare regolarità”, ha spiegato, al sistema messo appunto dall’ex ministro Francesco Profumo, che prevede un doppio canale di reclutamento: il 50% per concorso e il 50% attraverso le liste delle vecchie graduatorie. Da Giannini sono arrivate anche delle prime indicazioni numeriche sul bando, che dovrebbe mettere in palio circa 14mila posti. L’ultimo, quello del 2012, era stato leggermente inferiore (11mila cattedre). Mentre per il prossimo anno il Miur dovrebbe autorizzare circa 28mila assunzioni, 15mila sul sostegno, e 13mila dal turnover. Una stima in linea col piano da 69mila posti in tre anni previsto dall’ultimo Dl scuola. Sui termini del prossimo Concorsone restano però anche tanti dubbi. Il fatto, ad esempio, che la prova del 2012 sia ancora lontana dall’essere esaurita: ad agosto 2013 alcune graduatorie non erano ancora pronte e questo ha determinato in diverse regioni (soprattutto in Lazio, Toscana e Sicilia) lo slittamento delle assunzioni. Fino a quando gli 11mila posti del concorso 2012 non saranno tutti assegnati sarà impossibile procedere col nuovo bando. E poi c’è la questione degli idonei dell’ultima prova, i candidati che hanno superato il punteggio minimo richiesto ma non sono risultati vincitori: rispondendo ad un’interrogazione del Movimento 5 Stelle, il ministro ha affermato che il prossimo concorso potrebbe essere “un’occasione per il loro assorbimento”. Ma questo ridurrebbe notevolmente i posti a disposizione dei candidati. Tanti docenti precari di tutta Italia aspettano comunque ulteriori notizie da viale Trastevere. Di certo c’è che la promessa fatta dall’ex ministro Profumo di bandire concorsi a cadenza regolare di due anni è già stata disattesa: salvo sorprese, le nuove assunzioni non arriveranno prima del 2015. Ma rispetto al passato – quando c’erano voluti addirittura 13 anni per bandire un nuovo concorso dopo l’ultimo del 1999 – sarebbe comunque un grande passo avanti.
ItaliaOggi – 29 aprile 2014
“Il Scatti, la trattativa è ai blocchi”
░ Prossima la soluzione per il riconoscimento degli “scatti” di carriera al personale della Scuola. Si risolve un problema aprendone un altro: Il provvedimento costerà 350 milioni che vengono presi dal Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa. La negoziazione si farà all'Aran.
Sindacati ai blocchi di partenza in vista dell'apertura delle trattative all'Aran, per la reintegrazione dell'utilità del 2012 ai fini dei gradoni. É prevista entro questa settimana la firma dell'atto di indirizzo da inviare all'Aran che darà il via alla tornata negoziale salvascatti…. Sembra volgere al termine, dunque, l'annosa querelle sul recupero dell'utilità del 2012 ai fini dei gradoni…. Un recupero che comporterà la restituzione, ai docenti e al personale Ata, del diritto di avvalersi anche dell'anno 2012 ai fini della maturazione degli scatti di anzianità. Che vale mediamente 1000 euro. A tanto ammonta, infatti, la perdita dell'utilità di un anno nella maturazione della progressione di carriera. Che secondo il contratto, dovrebbe essere articolate in 5 scatti, i cui termini dovrebbero scadere, rispettivamente, in coincidenza della maturazione dell'8°, del 15esimo, del 21esimo, del 28esimo e del 35esimo anno di servizio. E che adesso invece è spostato di due anni in avanti. Perché ai 3 anni di ritardo disposti dal governo Berlusconi (due dei quali sono stati già recuperati) si è aggiunto un ulteriore anno di ritardo disposto dal governo Letta. Il recupero dell'utilità del 2012 non determinerà il ripristino dei termini di maturazione dei gradoni previsti dal contratto. Il decreto del presidente della repubblica 122/2013 all'articolo 1, comma 1, lettera b), dispone, infatti, la cancellazione dell'utilità del 2013 ai fini dei gradoni, prorogando di un anno le disposizioni contenute nell'articolo 9, comma 23, del decreto legge 78/2010 (la norma che ha cancellato l'utilità del 2010 del 2011 e del 2012 ai fini dei gradoni). E quindi, dopo il recupero del 2012 rimarrà comunque un ritardo di un anno derivante dalla cancellazione dell'utilità del 2013.
www.gov.it/governoinforma – 30 aprile 2014
“Vogliamo fare sul serio".
░ Nell’ultimo mezzo secolo il timone è stato nelle mani di politici maturi e perfino attempati che hanno trascorso quasi tutta la vita nelle stanze del potere. Tocca ora – ma per periodi più brevi, speriamo - ai Serracchiani, Mosca, Di Maio, Taverna, Buccarella. Per esperienza che abbiamo dei giovani, siamo fiduciosi. In abstract, il comunicato, a firma Matteo Renzi e Marianna Madia, sulla riforma della Pubblica Amministrazione; scrivono: Sarà per noi importante leggere le proposte vostre, considerazioni i suggerimenti. Scrivete a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. la consultazione sarà aperta dal 30 aprile al 30 maggio. Evidenziando in neretto alcuni punti, segnaliamo che su questi il cittadino farà fatica a pronunciarsi, perché non sono formulati in modo esplicito o esauriente.
L'Italia ha potenzialità incredibili. Se finalmente riusciamo a mettere in ordine le regole del gioco (dalla politica alla burocrazia, dal fisco alla giustizia) torniamo rapidamente fra i Paesi leader del mondo. Il tempo della globalizzazione ci lascia inquieti ma è in realtà una gigantesca opportunità per l'Italia e per il suo futuro. Non possiamo perdere questa occasione. … Vogliamo ricostruire un'Italia più semplice e più giusta. Dove ci siano meno politici e più occupazione giovanile…. Fare sul serio richiede dunque un investimento straordinario sulla Pubblica Amministrazione. … Abbiamo maturato alcune idee concrete. Prima di portarle in Parlamento le offriamo per un mese alla discussione dei soggetti sociali protagonisti e di chiunque avrà suggerimenti, critiche, proposte e alternative. …Le nostre linee guida sono tre. 1. Il cambiamento comincia dalle persone. Abbiamo bisogno di innovazioni strutturali: programmazione strategica dei fabbisogni; ricambio generazionale, maggiore mobilità, mercato del lavoro della dirigenza, misurazione reale dei risultati, conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, asili nido nelle amministrazioni. 2. Tagli agli sprechi e riorganizzazione dell’Amministrazione. … Dobbiamo cancellare i doppioni, abolendo enti che non servono più … O che sono semplicemente non più efficienti come nel passato. 3. Gli Open Data come strumento di trasparenza. Semplificazione e digitalizzazione dei servizi. Possiamo utilizzare le nuove tecnologie per rendere pubblici e comprensibili i dati di spesa e di processo di tutte le amministrazioni centrali e territoriali, ma anche semplificare la vita del cittadini… Ciascuna di queste tre linee guida richiede provvedimenti concreti. Ne indichiamo alcuni su cui il Governo ascolterà la voce diretta dei protagonisti…
1) abrogazione dell’istituto del trattenimento in servizio; sono oltre 10.000 posti in più per giovani nella p.a., a costo zero. 2) modifica dell'istituto della mobilità volontaria e obbligatoria. 3) introduzione dell’esonero dal servizio. 4) agevolazione del part-time. 5) applicazione rigorosa delle norme sui limiti ai compensi che un singolo può percepire dalla pubblica amministrazione, compreso il cumulo con il reddito da pensione. 6) possibilità di affidare mansioni assimilabili quale alternativa opzionale per il lavoratore in esubero. 7) semplificazione e maggiore flessibilità delle regole sul turn over fermo restando il vincolo sulle risorse per tutte le amministrazioni. 8) riduzione del 50% del monte ore dei permessi sindacali nel pubblico impiego. 9) introduzione del ruolo unico della dirigenza. 10) abolizione delle fasce per la dirigenza, carriera basata su incarichi a termine
11) possibilità di licenziamento per il dirigente che rimane privo di incarico, oltre un termine. 12) valutazione dei risultati fatta seriamente e retribuzione di risultato erogata anche in funzione dell’andamento dell’economia. 13) abolizione della figura del segretario comunale. 14) rendere più rigoroso il sistema di incompatibilità dei magistrati amministrativi. 15) conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, asili nido nelle amministrazioni. 16) riorganizzazione strategica della ricerca pubblica, aggregando gli oltre 20 enti che svolgono funzioni simili, per dare vita a centri di eccellenza. 17) gestione associata dei servizi di supporto per le amministrazioni centrali e locali (ufficio per il personale, per la contabilità, per gli acquisti, ecc.) 18) riorganizzazione del sistema delle autorità indipendenti. 19) soppressione della Commissione di vigilanza sui fondi pensione e attribuzione delle funzioni alla Banca d'Italia. 20) centrale unica per gli acquisti per tutte le forze di polizia. 21) abolizione del concerto e dei pareri tra ministeri, un solo rappresentante dello Stato nelle conferenze di servizi, con tempi certi. 22) leggi auto-applicative; decreti attuativi, da emanare entro tempi certi, solo se strettamente necessari. 23) controllo della Ragioneria generale dello Stato solo sui profili di spesa. 24) divieto di sospendere il procedimento amministrativo e di chiedere pareri facoltativi salvo casi gravi, sanzioni per i funzionari che lo violano. 25) censimento di tutti gli enti pubblici. 26) una sola scuola nazionale dell’Amministrazione. 27) accorpamento di Aci, Pra e Motorizzazione civile. 28) riorganizzazione della presenza dello Stato sul territorio (es. ragionerie provinciali e sedi regionali Istat) e riduzione delle Prefetture a non più di 40 (nei capoluoghi di regione e nelle zone più strategiche per la criminalità organizzata). 29) eliminazione dell'obbligo di iscrizione alle camere di commercio. 30) accorpamento delle sovrintendenze e gestione manageriale dei poli museali. 31) razionalizzazione delle autorità portuali. 32) modifica del codice degli appalti pubblici. 33) inasprimento delle sanzioni, nelle controversie amministrative, a carico dei ricorrenti e degli avvocati per le liti temerarie. 34) modifica alla disciplina della sospensione cautelare nel processo amministrativo, udienza di merito entro 30 giorni in caso di sospensione cautelare negli appalti pubblici, condanna automatica alle spese nel giudizio cautelare se il ricorso non è accolto. 35) riforma delle funzioni e degli onorari dell’Avvocatura generale dello Stato. 36) riduzione delle aziende municipalizzate. 37) introduzione del Pin del cittadino: dobbiamo garantire a tutti l’accesso a qualsiasi servizio pubblico attraverso un'unica identità digitale. 38) trasparenza nell’uso delle risorse pubbliche: il sistema Siope diventa “open data”. 39) unificazione e standardizzazione della modulistica in materia di edilizia ed ambiente. 40) concreta attuazione del sistema della fatturazione elettronica per tutte le amministrazioni. 41) unificazione e interoperabilità delle banche dati (es. società partecipate). 42) dematerializzazione dei documenti amministrativi e loro pubblicazione in formato aperto. 43) accelerazione della riforma fiscale e delle relative misure di semplificazione. 44) obbligo di trasparenza da parte dei sindacati: ogni spesa online.
corrieredellasera.it – 1 maggio 2014
“Test Invalsi e Sistema di valutazione, Ajello: «Così miglioreremo la scuola»"
░ Direttore nuovo, direzione vecchia. La Presidente non ha capito che la resistenza dei docenti non si vince con una sua lettera; per dare legittimità alla prova INVALSI di Terza media, occorre togliere dalla Costituzione l’autonomia professionale degli insegnanti e dalla normativa l’autonomia docimologica dei consigli di classe e del collegio docenti.
Ancora pochi giorni e sarà tempo di Invalsi. Una stagione di prove per migliaia di studenti, che dovranno affrontare quiz, brani e problemi che proveranno la loro preparazione in matematica, lettura e italiano. Una routine, ormai, che nonostante molte voci contrarie si è affermata come il principale strumento di valutazione degli apprendimenti e delle competenze dei ragazzi. L’edizione 2014 dei test non presenta novità rispetto all’anno scorso, nonostante l’arrivo, ai vertici dell’ente di ricerca che prepara e somministra le prove, di un nuovo presidente, Annamaria Ajello, docente dal profilo internazionale e con una pluriennale competenza sui temi dell’apprendimento e della valutazione. «I test sono predisposti con due anni di anticipo - spiega la docente -, io sono qui da poco più di due mesi. Quello che ho fatto è stato riunire gli esperti, i professori di matematica, chi fa ricerca sulla didattica, per ragionare insieme a loro su come condividere una cultura comune della materia e migliorare le competenze dei ragazzi italiani sul piano scientifico. Ci lavoreremo, ma i frutti di questo lavoro si potranno vedere più avanti». Intanto si parte (il 6 maggio con le prove di lettura per i bambini di seconda elementare e di italiano per quelli di quinta; il 7 domande di matematica per le primarie, il 13 tocca alla seconda media), mentre sui test si addensano nubi minacciose: proteste e scioperi, contestazioni di studenti per la «scuola-quiz», timori degli insegnanti che la valutazione verta sul loro operato, più che sulle conoscenze acquisite dai ragazzi. «Pregiudizi che vanno combattuti - dice Ajello -. Deve passare l’idea che la valutazione è un percorso di formazione che permette alla scuola di migliorare, non un controllo burocratico. Se non si capisce la reale finalità di queste prove, si rischia di attribuire loro una funzione punitiva, e si portano le persone a barare». «I dati che raccogliamo servono a inserire la singola scuola in un contesto, a far sì che si confronti con le altre - spiega -. È un po’ come dal medico: se si bara sulle proprie misure la diagnosi non sarà affidabile. Questi test rispondono a un criterio informativo, servono a individuare punti di forza e di debolezza in alcuni ambiti: non sono valutazioni esaustive di tutta la didattica». Come convincere i prof della bontà dello strumento? «Stiamo preparando una lettera aperta, rivolta ai docenti, che pubblicheremo la prossima settimana sul sito Invalsi per chiarire che la valutazione non è “della” scuola, ma per la scuola e che non facciamo che garantire un servizio», dice Ajello. «Quando sono informati sul livello di preparazione dei propri allievi e i punti di criticità, gli operatori della singola scuola potranno progettare interventi didattici mirati». Da settembre dovrebbe poi partire il Sistema nazionale di valutazione: il «treppiede» che vedrà in campo Invalsi (attivo dal 2007 e coordinato dal Miur), Indire (l’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa) e ispettori scolastici che dialogheranno con i professori e negozieranno - sulla base di un’autovalutazione fatta in precedenza da insegnanti e dirigenti - che cosa potrebbe funzionare meglio e che cosa va cambiato. «Non si tratta di un test, in questo caso - spiega la presidente Invalsi - ma di una novità teorica e metodologica: sarà una valutazione complessiva, non soltanto degli apprendimenti, ma delle scuole»…..
latecnicadellascuola.it – 26 aprile 2014
“Aggiornamento GaE, ancora inconvenienti"
░ Stavolta le anomalie riguardano un ‘errore di sistema’ che impedisce l’accesso alle pagine di aggiornamento. Spariti anche gli indirizzi PEC. I sindacati chiedono di tornare ai modelli cartacei: è l’unico modo per prevenire l'insorgere di contenziosi di cui nessuno ha bisogno. Capiscono, al MIUR quale ansia il malfunzionamento stia provocando ai docenti precari che, per parte loro, non mancano di preoccupazioni ?
Continuano a pervenire lamentele riguardo l’aggiornamento telematico delle Graduatorie ad esaurimento. Dopo la richiesta da parte del Miur di inviare di nuovo le domande inoltrate fino al 22 aprile, seguendo una precisa procedura, stavolta diversi utenti ci hanno indicato una grave carenza del sistema di aggiornamento. Digitando username e password, questi docenti precari si sono ritrovati davanti una pagina con al centro solo le seguenti parole: Errore di Sistema - SERVIZIO MOMENTANEAMENTE NON DISPONIBILE. Praticamente, l’utente viene invitato ad attendere. E a riprovare in un secondo momento. Inoltre, è confermato che il software di aggiornamento cancella in modo automatico tutti gli indirizzi PEC, senza dare peraltro la possibilità di inserirli di nuovo…. Da Viale Trastevere farebbero bene a prendere le dovute contromisure. In caso contrario, il ministero dell’Istruzione si esporrebbe a “numerosi contenziosi che, inevitabilmente, il Miur potrà aspettarsi a seguito – concluda la docente precaria - delle ormai solite e note disorganizzazioni, incoerenze e inefficienze… La scelta finale spetta chiaramente al Miur. Ma qualora gli evidenti limiti tecnici dovessero permanere, al Ministero non sembrano avere troppe possibilità.
orizzontescuola.it – 26 aprile 2014
“Si lavora a 28mila immissioni, 14mila con nuovo concorso. Giannini chiude porta idonei concorso 2012. "Graduatorie male cronico"
░ 15000 posti andranno al sostegno e 13000 per il turn over, ha affermato il Ministro durante l'audizione in VII Commissione Cultura.
Ci sarà un nuovo concorso, lo ha detto giovedì il Ministro durante la sua audizione conclusiva alla Camera. "Quello che vorrei fare - ha detto la Giannini - è di aprire il concorso per dare una regolarità a quanto è stato fatto nell'ultimo biennio e di dare assegnazione dei posti al 50% concorso e 50% graduatorie, che non è possibile sopprimere; male cronico che dovremo assorbire in una prospettiva di medio termine." Quindi dei 28mila posti a disposizione, metà andrà alla graduatoria ad esaurimento e metà da nuovo concorso (14mila posti). I calcoli per lo "smaltimento" delle graduatorie sono già stati fatti, sempre in audizione, a fine aprile, quando il Ministro, riferendo dei 170mila iscritti, ha azzardato tempi per il loro esaurimento in 10 anni. Durante l'audizione di giovedì si è parlato anche degli idonei al concorso 2012, su sollecitazione di alcuni parlamentari che hanno chiesto la sorte dei 7mila rimasti in graduatoria. Il Ministro ha affermato, che il nuovo concorso "può essere un'occasione per questo assorbimento. Credo - ha continuato - che sui 14mila posti (si riferisce a quelli che saranno banditi per il nuovo concorso ndr.) ci debba essere una destinazione, almeno la metà, di cosiddetti posti nuovi, freschi, per vittoria di cattedra e non per assorbimento delle graduatorie antiche." Insomma, ci sembra di capire dalle parole del Ministro che coloro che hanno superato le prove del concorso 2012, ma non rientreranno nel numero dei vincitori in relazione ai posti banditi, si troveranno a dover rifare il concorso, non potendo contare in uno scorrimento delle graduatorie oltre il limite dei posti messi a bando.
latecnicadellascuola.it – 27 aprile 2014
“Decreto 66: nuovi obblighi per le scuole"
░ Registro delle fatture e pagamenti entro 60 giorni: ritardi e inadempienze determineranno responsabilità per gli uffici di segreteria. Ma spesso le scuole hanno problemi di cassa provocati dai ritardi Miur.
Due articoli del recente decreto legge n. 66 (“Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale”) pongono a carico delle scuole nuove incombenze e ulteriori obblighi. Si tratta degli articoli 41 e 42 finalizzati entrambi a “prevenire il formarsi di ritardi dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni”. In particolare l’articolo 41 prevede che la relazione al conto consuntivo delle istituzioni scolastiche sia corredata da un prospetto sottoscritto sia dal dirigente scolastico sia dal DSGA “attestante l'importo dei pagamenti relativi a transazioni commerciali effettuati dopo la scadenza dei termini previsti dal decreto legislativo 231/2002, nonché il tempo medio dei pagamenti effettuati”. Va precisato che il decreto citato prevede l’obbligo di liquidare fatture e altri titoli di spesa entro il tempo massimo di 60 giorni, decorsi i quali scatta automaticamente l’obbligo di riconoscere al creditore gli interessi legali, che ovviamente dovranno essere rimborsati dai responsabili del ritardo del pagamento. Per evitare equivoci e malintesi, gli estensori del decreto 66 hanno introdotto anche una ulteriore disposizione: l’articolo 42, infatti, prevede l’istituzione di un registro ufficiale delle fatture (molte scuole hanno già creato strumenti analoghi, ma d’ora in poi non basteranno più elenchi sommari e “casalinghi”) dove, per ogni singolo documento contabile, dovrà essere indicata una discreta quantità di dati. A questo punto, le norme in questione si sommano alle disposizioni che prevedono l’obbligo anche per le scuole della cosiddetta “fatturazione elettronica”…
Il Fatto Quotidiano – 28 aprile 2014
“Scuola, “concorso da 14mila posti”: i dubbi sul destino di docenti idonei e precari"
░ Il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini lo ha annunciato in commissione Cultura. E' una buona notizia per neolaureati e docenti non iscritti nelle graduatorie, ma rimangono diverse incertezze
In arrivo un nuovo concorso della scuola da 14mila posti. Lo ha annunciato nei giorni scorsi nel corso di un’audizione in Commissione Cultura alla Camera il ministro Stefania Giannini. Ed è una buona notizia per tutti quei docenti abilitati che non sono iscritti nelle Graduatorie ad esaurimento (GaE), e per i neolaureati che erano stati esclusi dalla prova del 2012. Per tutti quelli, insomma, che solo attraverso un nuovo concorso possono sperare di poter essere assunti. I tempi, però, non dovrebbero essere brevissimi. Per il momento Giannini ha solo ufficializzato l’intenzione di avviare le procedure per l’indizione. Possibile, dunque, che il bando possa uscire a fine 2014, in modo da svolgere gli esami nel corso del prossimo anno. Una ipotesi già anticipata in via informale dai dirigenti del Ministero a ilfattoquotidiano.it a gennaio. Il ministro ha spiegato in Commissione che, dopo le recenti consultazioni sul sistema di reclutamento, il passo successivo sarà quello di dare “una risposta concreta alle assunzioni”. E per far questo, almeno per ora, ha scelto di operare nello stesso solco dei suoi predecessori: “Bisogna dare regolarità”, ha spiegato, al sistema messo appunto dall’ex ministro Francesco Profumo, che prevede un doppio canale di reclutamento: il 50% per concorso e il 50% attraverso le liste delle vecchie graduatorie. Da Giannini sono arrivate anche delle prime indicazioni numeriche sul bando, che dovrebbe mettere in palio circa 14mila posti. L’ultimo, quello del 2012, era stato leggermente inferiore (11mila cattedre). Mentre per il prossimo anno il Miur dovrebbe autorizzare circa 28mila assunzioni, 15mila sul sostegno, e 13mila dal turnover. Una stima in linea col piano da 69mila posti in tre anni previsto dall’ultimo Dl scuola. Sui termini del prossimo Concorsone restano però anche tanti dubbi. Il fatto, ad esempio, che la prova del 2012 sia ancora lontana dall’essere esaurita: ad agosto 2013 alcune graduatorie non erano ancora pronte e questo ha determinato in diverse regioni (soprattutto in Lazio, Toscana e Sicilia) lo slittamento delle assunzioni. Fino a quando gli 11mila posti del concorso 2012 non saranno tutti assegnati sarà impossibile procedere col nuovo bando. E poi c’è la questione degli idonei dell’ultima prova, i candidati che hanno superato il punteggio minimo richiesto ma non sono risultati vincitori: rispondendo ad un’interrogazione del Movimento 5 Stelle, il ministro ha affermato che il prossimo concorso potrebbe essere “un’occasione per il loro assorbimento”. Ma questo ridurrebbe notevolmente i posti a disposizione dei candidati. Tanti docenti precari di tutta Italia aspettano comunque ulteriori notizie da viale Trastevere. Di certo c’è che la promessa fatta dall’ex ministro Profumo di bandire concorsi a cadenza regolare di due anni è già stata disattesa: salvo sorprese, le nuove assunzioni non arriveranno prima del 2015. Ma rispetto al passato – quando c’erano voluti addirittura 13 anni per bandire un nuovo concorso dopo l’ultimo del 1999 – sarebbe comunque un grande passo avanti.
ItaliaOggi – 29 aprile 2014
“Il Scatti, la trattativa è ai blocchi”
░ Prossima la soluzione per il riconoscimento degli “scatti” di carriera al personale della Scuola. Si risolve un problema aprendone un altro: Il provvedimento costerà 350 milioni che vengono presi dal Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa. La negoziazione si farà all'Aran.
Sindacati ai blocchi di partenza in vista dell'apertura delle trattative all'Aran, per la reintegrazione dell'utilità del 2012 ai fini dei gradoni. É prevista entro questa settimana la firma dell'atto di indirizzo da inviare all'Aran che darà il via alla tornata negoziale salvascatti…. Sembra volgere al termine, dunque, l'annosa querelle sul recupero dell'utilità del 2012 ai fini dei gradoni…. Un recupero che comporterà la restituzione, ai docenti e al personale Ata, del diritto di avvalersi anche dell'anno 2012 ai fini della maturazione degli scatti di anzianità. Che vale mediamente 1000 euro. A tanto ammonta, infatti, la perdita dell'utilità di un anno nella maturazione della progressione di carriera. Che secondo il contratto, dovrebbe essere articolate in 5 scatti, i cui termini dovrebbero scadere, rispettivamente, in coincidenza della maturazione dell'8°, del 15esimo, del 21esimo, del 28esimo e del 35esimo anno di servizio. E che adesso invece è spostato di due anni in avanti. Perché ai 3 anni di ritardo disposti dal governo Berlusconi (due dei quali sono stati già recuperati) si è aggiunto un ulteriore anno di ritardo disposto dal governo Letta. Il recupero dell'utilità del 2012 non determinerà il ripristino dei termini di maturazione dei gradoni previsti dal contratto. Il decreto del presidente della repubblica 122/2013 all'articolo 1, comma 1, lettera b), dispone, infatti, la cancellazione dell'utilità del 2013 ai fini dei gradoni, prorogando di un anno le disposizioni contenute nell'articolo 9, comma 23, del decreto legge 78/2010 (la norma che ha cancellato l'utilità del 2010 del 2011 e del 2012 ai fini dei gradoni). E quindi, dopo il recupero del 2012 rimarrà comunque un ritardo di un anno derivante dalla cancellazione dell'utilità del 2013.
www.gov.it/governoinforma – 30 aprile 2014
“Vogliamo fare sul serio".
░ Nell’ultimo mezzo secolo il timone è stato nelle mani di politici maturi e perfino attempati che hanno trascorso quasi tutta la vita nelle stanze del potere. Tocca ora – ma per periodi più brevi, speriamo - ai Serracchiani, Mosca, Di Maio, Taverna, Buccarella. Per esperienza che abbiamo dei giovani, siamo fiduciosi. In abstract, il comunicato, a firma Matteo Renzi e Marianna Madia, sulla riforma della Pubblica Amministrazione; scrivono: Sarà per noi importante leggere le proposte vostre, considerazioni i suggerimenti. Scrivete a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. la consultazione sarà aperta dal 30 aprile al 30 maggio. Evidenziando in neretto alcuni punti, segnaliamo che su questi il cittadino farà fatica a pronunciarsi, perché non sono formulati in modo esplicito o esauriente.
L'Italia ha potenzialità incredibili. Se finalmente riusciamo a mettere in ordine le regole del gioco (dalla politica alla burocrazia, dal fisco alla giustizia) torniamo rapidamente fra i Paesi leader del mondo. Il tempo della globalizzazione ci lascia inquieti ma è in realtà una gigantesca opportunità per l'Italia e per il suo futuro. Non possiamo perdere questa occasione. … Vogliamo ricostruire un'Italia più semplice e più giusta. Dove ci siano meno politici e più occupazione giovanile…. Fare sul serio richiede dunque un investimento straordinario sulla Pubblica Amministrazione. … Abbiamo maturato alcune idee concrete. Prima di portarle in Parlamento le offriamo per un mese alla discussione dei soggetti sociali protagonisti e di chiunque avrà suggerimenti, critiche, proposte e alternative. …Le nostre linee guida sono tre. 1. Il cambiamento comincia dalle persone. Abbiamo bisogno di innovazioni strutturali: programmazione strategica dei fabbisogni; ricambio generazionale, maggiore mobilità, mercato del lavoro della dirigenza, misurazione reale dei risultati, conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, asili nido nelle amministrazioni. 2. Tagli agli sprechi e riorganizzazione dell’Amministrazione. … Dobbiamo cancellare i doppioni, abolendo enti che non servono più … O che sono semplicemente non più efficienti come nel passato. 3. Gli Open Data come strumento di trasparenza. Semplificazione e digitalizzazione dei servizi. Possiamo utilizzare le nuove tecnologie per rendere pubblici e comprensibili i dati di spesa e di processo di tutte le amministrazioni centrali e territoriali, ma anche semplificare la vita del cittadini… Ciascuna di queste tre linee guida richiede provvedimenti concreti. Ne indichiamo alcuni su cui il Governo ascolterà la voce diretta dei protagonisti…
1) abrogazione dell’istituto del trattenimento in servizio; sono oltre 10.000 posti in più per giovani nella p.a., a costo zero. 2) modifica dell'istituto della mobilità volontaria e obbligatoria. 3) introduzione dell’esonero dal servizio. 4) agevolazione del part-time. 5) applicazione rigorosa delle norme sui limiti ai compensi che un singolo può percepire dalla pubblica amministrazione, compreso il cumulo con il reddito da pensione. 6) possibilità di affidare mansioni assimilabili quale alternativa opzionale per il lavoratore in esubero. 7) semplificazione e maggiore flessibilità delle regole sul turn over fermo restando il vincolo sulle risorse per tutte le amministrazioni. 8) riduzione del 50% del monte ore dei permessi sindacali nel pubblico impiego. 9) introduzione del ruolo unico della dirigenza. 10) abolizione delle fasce per la dirigenza, carriera basata su incarichi a termine
11) possibilità di licenziamento per il dirigente che rimane privo di incarico, oltre un termine. 12) valutazione dei risultati fatta seriamente e retribuzione di risultato erogata anche in funzione dell’andamento dell’economia. 13) abolizione della figura del segretario comunale. 14) rendere più rigoroso il sistema di incompatibilità dei magistrati amministrativi. 15) conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, asili nido nelle amministrazioni. 16) riorganizzazione strategica della ricerca pubblica, aggregando gli oltre 20 enti che svolgono funzioni simili, per dare vita a centri di eccellenza. 17) gestione associata dei servizi di supporto per le amministrazioni centrali e locali (ufficio per il personale, per la contabilità, per gli acquisti, ecc.) 18) riorganizzazione del sistema delle autorità indipendenti. 19) soppressione della Commissione di vigilanza sui fondi pensione e attribuzione delle funzioni alla Banca d'Italia. 20) centrale unica per gli acquisti per tutte le forze di polizia. 21) abolizione del concerto e dei pareri tra ministeri, un solo rappresentante dello Stato nelle conferenze di servizi, con tempi certi. 22) leggi auto-applicative; decreti attuativi, da emanare entro tempi certi, solo se strettamente necessari. 23) controllo della Ragioneria generale dello Stato solo sui profili di spesa. 24) divieto di sospendere il procedimento amministrativo e di chiedere pareri facoltativi salvo casi gravi, sanzioni per i funzionari che lo violano. 25) censimento di tutti gli enti pubblici. 26) una sola scuola nazionale dell’Amministrazione. 27) accorpamento di Aci, Pra e Motorizzazione civile. 28) riorganizzazione della presenza dello Stato sul territorio (es. ragionerie provinciali e sedi regionali Istat) e riduzione delle Prefetture a non più di 40 (nei capoluoghi di regione e nelle zone più strategiche per la criminalità organizzata). 29) eliminazione dell'obbligo di iscrizione alle camere di commercio. 30) accorpamento delle sovrintendenze e gestione manageriale dei poli museali. 31) razionalizzazione delle autorità portuali. 32) modifica del codice degli appalti pubblici. 33) inasprimento delle sanzioni, nelle controversie amministrative, a carico dei ricorrenti e degli avvocati per le liti temerarie. 34) modifica alla disciplina della sospensione cautelare nel processo amministrativo, udienza di merito entro 30 giorni in caso di sospensione cautelare negli appalti pubblici, condanna automatica alle spese nel giudizio cautelare se il ricorso non è accolto. 35) riforma delle funzioni e degli onorari dell’Avvocatura generale dello Stato. 36) riduzione delle aziende municipalizzate. 37) introduzione del Pin del cittadino: dobbiamo garantire a tutti l’accesso a qualsiasi servizio pubblico attraverso un'unica identità digitale. 38) trasparenza nell’uso delle risorse pubbliche: il sistema Siope diventa “open data”. 39) unificazione e standardizzazione della modulistica in materia di edilizia ed ambiente. 40) concreta attuazione del sistema della fatturazione elettronica per tutte le amministrazioni. 41) unificazione e interoperabilità delle banche dati (es. società partecipate). 42) dematerializzazione dei documenti amministrativi e loro pubblicazione in formato aperto. 43) accelerazione della riforma fiscale e delle relative misure di semplificazione. 44) obbligo di trasparenza da parte dei sindacati: ogni spesa online.
corrieredellasera.it – 1 maggio 2014
“Test Invalsi e Sistema di valutazione, Ajello: «Così miglioreremo la scuola»"
░ Direttore nuovo, direzione vecchia. La Presidente non ha capito che la resistenza dei docenti non si vince con una sua lettera; per dare legittimità alla prova INVALSI di Terza media, occorre togliere dalla Costituzione l’autonomia professionale degli insegnanti e dalla normativa l’autonomia docimologica dei consigli di classe e del collegio docenti.
Ancora pochi giorni e sarà tempo di Invalsi. Una stagione di prove per migliaia di studenti, che dovranno affrontare quiz, brani e problemi che proveranno la loro preparazione in matematica, lettura e italiano. Una routine, ormai, che nonostante molte voci contrarie si è affermata come il principale strumento di valutazione degli apprendimenti e delle competenze dei ragazzi. L’edizione 2014 dei test non presenta novità rispetto all’anno scorso, nonostante l’arrivo, ai vertici dell’ente di ricerca che prepara e somministra le prove, di un nuovo presidente, Annamaria Ajello, docente dal profilo internazionale e con una pluriennale competenza sui temi dell’apprendimento e della valutazione. «I test sono predisposti con due anni di anticipo - spiega la docente -, io sono qui da poco più di due mesi. Quello che ho fatto è stato riunire gli esperti, i professori di matematica, chi fa ricerca sulla didattica, per ragionare insieme a loro su come condividere una cultura comune della materia e migliorare le competenze dei ragazzi italiani sul piano scientifico. Ci lavoreremo, ma i frutti di questo lavoro si potranno vedere più avanti». Intanto si parte (il 6 maggio con le prove di lettura per i bambini di seconda elementare e di italiano per quelli di quinta; il 7 domande di matematica per le primarie, il 13 tocca alla seconda media), mentre sui test si addensano nubi minacciose: proteste e scioperi, contestazioni di studenti per la «scuola-quiz», timori degli insegnanti che la valutazione verta sul loro operato, più che sulle conoscenze acquisite dai ragazzi. «Pregiudizi che vanno combattuti - dice Ajello -. Deve passare l’idea che la valutazione è un percorso di formazione che permette alla scuola di migliorare, non un controllo burocratico. Se non si capisce la reale finalità di queste prove, si rischia di attribuire loro una funzione punitiva, e si portano le persone a barare». «I dati che raccogliamo servono a inserire la singola scuola in un contesto, a far sì che si confronti con le altre - spiega -. È un po’ come dal medico: se si bara sulle proprie misure la diagnosi non sarà affidabile. Questi test rispondono a un criterio informativo, servono a individuare punti di forza e di debolezza in alcuni ambiti: non sono valutazioni esaustive di tutta la didattica». Come convincere i prof della bontà dello strumento? «Stiamo preparando una lettera aperta, rivolta ai docenti, che pubblicheremo la prossima settimana sul sito Invalsi per chiarire che la valutazione non è “della” scuola, ma per la scuola e che non facciamo che garantire un servizio», dice Ajello. «Quando sono informati sul livello di preparazione dei propri allievi e i punti di criticità, gli operatori della singola scuola potranno progettare interventi didattici mirati». Da settembre dovrebbe poi partire il Sistema nazionale di valutazione: il «treppiede» che vedrà in campo Invalsi (attivo dal 2007 e coordinato dal Miur), Indire (l’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa) e ispettori scolastici che dialogheranno con i professori e negozieranno - sulla base di un’autovalutazione fatta in precedenza da insegnanti e dirigenti - che cosa potrebbe funzionare meglio e che cosa va cambiato. «Non si tratta di un test, in questo caso - spiega la presidente Invalsi - ma di una novità teorica e metodologica: sarà una valutazione complessiva, non soltanto degli apprendimenti, ma delle scuole»…..
Pubblichiamo alcuni articoli sulla conferma nel DEF del blocco degli stipendi del personale insegnante e Ata fino al 2018.
TMNews: Scuola,Anief:In Def blocco stipendi insegnanti e Ata fino a 2018 Si tradurrà in quasi 16 mila euro mancati aumenti per dipendente
Roma, 11 apr. (TMNews) - "Il DEF conferma il blocco degli stipendi del personale insegnante e Ata fino al 2018". Lo afferma l'Anief. "Gli stipendi degli insegnanti e del personale scolastico - secondo il sindacato Anief - rimarranno fermi per altri 3 anni. Il dato si evince da una attenta lettura di alcuni capitoli del Documento di Economia e Finanza 2014 approvato l'altro ieri dal consiglio dei ministri: "Nel quadro a legislazione vigente - si legge nel DEF - la spesa per redditi da lavoro dipendente delle Amministrazioni Pubbliche è stimata diminuire dello 0,7 per cento circa per il 2014, per poi stabilizzarsi nel triennio successivo e crescere dello 0,3 per cento nel 2018, per effetto dell'attribuzione dell'indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio contrattuale 2018-2020".
"Considerando che nel comparto scuola il contratto è stato bloccato nel 2009 dalla legge Tremonti (122/2010) e dalla proroga voluta dal Governo Letta (DPR 122/2013), - osserva Anief - le buste paga di circa un milione di lavoratori sono destinate a rimanere ferme per 8 atti consecutivi. Un record che porterà docenti e personale Ata a perdere quasi 16 mila euro lordi di mancati aumenti a dipendente: tra il 2006 e il 2012 l'inflazione è salita del 12% rispetto agli aumenti contrattuali fermi all'8% per uno stipendio medio annuale lordo di 30 mila euro. Quindi, anche qualora rimanesse ferma l'inflazione per i prossimi anni, stiamo parlando della sparizione di uno stipendio annuale".
Inoltre, sempre dal DEF risulta che sulla formazione a tutti i livelli - scolastica, universitaria e di ricerca - si continua a disinvestire. Si tratta di una tendenza aggravata dal fatto che nello stesso periodo la spesa generale è continuata a salire: i 'consumi intermedi', le spese per il funzionamento ordinario di istituti scolastici, atenei ed enti di ricerca, sono passate dagli 1,11 miliardi del 2011 ai 0,95 del 2013. "Peccato - sottolinea ancora Anief - che nello stesso frangente temporale la spesa complessivamente sostenuta dallo Stato è aumentata da 12,49 a 13,78 miliardi. Al ministero dell'Economia è quasi raddoppiata, da 2,62 a 4,79 miliardi".
Per l'Anief si tratta di uno "sgonfiamento delle buste" paga partito dall'approvazione del D.lgs. 'brunettiano' 150/09, che ha di fatto annullato la futura progressione di carriera per scatti di anzianità per fare spazio a quel merito che condivide in pieno l'attuale Ministro Giannini, ma che può essere finanziato solamente con nuovi tagli allo stesso comparto Scuola.
ANSA: Def: scuola; Anief, blocco stipendi prof a Ata fino a 2018 (ANSA) - ROMA, 11 APR - Gli stipendi degli insegnanti e del personale scolastico rimarranno fermi per altri 3 anni. E' quanto afferma l'associazione sindacale Anief, spiegando in una nota che "il dato si evince da una attenta lettura di alcuni capitoli del Documento di Economia e Finanza 2014 approvato l'altro ieri dal CdM". "Nel quadro a legislazione vigente - si legge nel DEF - la spesa per redditi da lavoro dipendente delle Amministrazioni Pubbliche è stimata diminuire dello 0,7 per cento circa per il 2014, per poi stabilizzarsi nel triennio successivo e crescere dello 0,3 per cento nel 2018, per effetto dell'attribuzione dell'indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio contrattuale 2018-2020". "Considerando che nel comparto scuola il contratto è stato bloccato nel 2009 dalla legge Tremonti (122/2010) e dalla proroga voluta dal Governo Letta (DPR 122/2013), le buste paga di circa un milione di lavoratori sono destinate a rimanere ferme per 8 atti consecutivi. Un record che porterà docenti e personale Ata a perdere quasi 16 mila euro lordi di mancati aumenti a dipendente: tra il 2006 e il 2012 l'inflazione è salita del 12% rispetto agli aumenti contrattuali fermi all'8% per uno stipendio medio annuale lordo di 30 mila euro. Quindi, anche qualora rimanesse ferma l'inflazione per i prossimi anni, stiamo parlando della sparizione di uno stipendio annuale". "Inoltre, sempre dal Def risulta che sulla formazione a tutti i livelli, scolastica, universitaria e di ricerca, si continua a disinvestire", prosegue l'Anief. "Con questo Def - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - si va sempre più verso la proletarizzazione del lavoro del personale della scuola. Altro che valorizzazione di competenze: a dispetto di quanto avviene nel settore privato, lo stipendio di chi opera nella scuola si allontana sempre più dal costo della vita, con la perpetrata negazione di diversi articoli della Costituzione. E pensare che solo qualche giorno fa avevamo fatto notare che nella media dei Paesi Ocde a fine carriera i docenti delle superiori percepiscano 8 mila euro in più l'anno. E non certo una 'mancia' di 80 euro, rispetto ai 120 euro lordi che i vari Governi avrebbero dovuto versare per questo decennio". (ANSA).
ANSA: Def: Anief; rassicurazioni Tesoro non cambiano la realtà Fino al 2018 gli stipendi pubblico impiego rimarranno fermi
(ANSA) - ROMA, 12 APR - Sul blocco degli stipendi per il pubblico impiego ''le rassicurazioni provenienti dal Ministero dell'Economia non cambiano la posizione del sindacato: l'attuale Governo sta sposando in pieno la linea assunta dai precedenti, confermando il blocco degli stipendi del personale insegnante e Ata almeno fino all'inizio del 2018''. Lo afferma Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir. ''Lo stesso riferimento del Mef alla Legge di stabilità 2014, che ha fissato l'indennità di vacanza contrattuale 'per il triennio 2015-2017 al livello di quella in godimento dal mese di luglio 2010', rappresenta un'indiretta ammissione di conferma della linea del blocco stipendiale: il Ministero di Via XX Settembre sottolinea, in pratica, che ad oggi e fino al 2017 rimane in vigore il blocco dell'indennità di vacanza contrattuale''. ''In realtà - dice Pacifico - il chiarimento arrivato ieri dal Ministero dell'Economia non fa altro che confermare, seppure indirettamente, l'intero blocco contrattuale. Questo perché l'indennità di vacanza contrattuale non è altro che un anticipo degli aumenti di stipendio, per cui se rimane ferma fino al 2017 ai valori del 2010 significa che per i prossimi tre anni e mezzo non vi sarà alcun aumento di stipendio''. Il sindacato, quindi, torna a chiedere risorse vere per il personale. In mancanza delle quali sarà impossibile sbloccare il contratto di lavoro: ''l'aumento di 80 euro previsto dallo stesso Def, rappresenta poco più di un 'obolo', visto che tra i paesi moderni europei i nostri docenti continuano ad avere lo stipendio più basso dopo la Grecia, con quasi 8mila euro in meno a fine carriera rispetto alla media di tutto il vecchio Continente''. (ANSA).
Il Manifesto: Una mano taglia l’altra Def. Spunta il prolungamento del blocco dei contratti fino al 2020. Dai sindacati di base alla Cgil scuola pronti a scendere in piazza. Annullati di colpo gli 80 euro in più promessi dal premier
L’aumento netto mensile di 80 euro che 10 milioni di lavoratori dipendenti, per la maggior parte nel pubblico impiego, riceveranno in busta paga dal 27 maggio verranno compensati dai risparmi ottenuti dal blocco dei contratti degli impiegati pubblici fino al 2020. È la politica della mano che dà e della mano che toglie, così Cesare Damiano — presidente della commissione Lavoro della Camera ed esponente dello stesso partito del presidente del consiglio Renzi – ha definito il contenuto principale, e al momento più chiaro, della spending review con la quale il governo finanzierà il taglio dell’Irpef e la campagna elettorale del Pd.
Dopo il fuoco di fila da parte dell’opposizione interna a questo partito, nel pomeriggio di ieri il governo è corso ai ripari. Il ministero dell’Economia ha infatti smentito che nel Def sia previsto il blocco dei contratti fino al 2020. Il Mef sostiene di avere riproposto il blocco già previsto fino al 2017 da Letta e che le eventuali risorse per i rinnovi verranno trovate nella legge di stabilità. In attesa, dunque, della finanziaria non è possibile dire se il blocco sarà prolungato di tre anni in più. Ciò non toglie che la riduzione della spesa sugli stipendi durerà fino al 2017 e non depotenzia la protesta crescente. Il governo ha dovuto incassare ieri anche il giudizio in chiaroscuro del Fondo Monetario Internazionale che ha apprezzato l’idea di ridurre l’Irpef con il taglio della spesa pubblica, ma ha avvertito via XX settembre: il taglio deve essere permanente, quindi deve durare più a lungo del 2017 preventivato.
La riduzione delle tasse sta producendo contraccolpi proprio nel mondo del lavoro dipendente che dovrebbe beneficiare dei suoi effetti. È uno dei paradossi dell’austerità espansiva, di cui Renzi è un volenteroso, ma tardivo propagandista. Quella messa in cantiere in settimana è, in effetti, «una manovra che taglia e restituisce i soldi», così l’ha definita ieri Renzi che ha anche smentito la notizia che sia in arrivo una manovra aggiuntiva da 4,5 miliardi di euro. Il taglio, e la restituzione dei soldi, andranno a parziale risarcimento di alcune delle vittime delle politiche fiscali restrittive, ma non rimedieranno alle perdite provocate dal blocco dei contratti per 8,5 milioni di persone nel pubblico e nel privato.
L’Unione Sindacale di Base ha annunciato uno sciopero generale. Il Def «è una follia – sostiene Luigi Romagnoli, dell’esecutivo nazionale Usb Pubblico Impiego — i contratti sono ormai fermi dal dicembre del 2009 e i lavoratori pubblici hanno abbondantemente pagato il costo della crisi». La Flc-Cgil ha lanciato la mobilitazione sull’istruzione. «Nel Def c’è anche la revisione del contratto degli insegnanti, il reclutamento degli insegnanti e dei dirigenti, incentivi alle università e valutazione individuale con i quali si vuole cancellare il contratto nazionale» denuncia il segretario Domenico Pantaleo.
Il blocco dei contratti, e delle retribuzioni, nella scuola sarà ancora più duro, durerà per 4 e non per 3 anni. In queste condizioni, difficilmente il ministro dell’Istruzione Giannini potrà dare seguito ai suoi annunci sulla meritocrazia tra gli insegnanti. Nelle sue intenzioni, infatti, c’è il desiderio di premiare il «merito» e non l’anzianità ottenuta con gli scatti contrattuali. riguarda in particolare il meccanismo degli scatti di anzianità. Se la programmazione del governo di cui fa parte verrà confermata, difficilmente il ministro potrà continuare ad usare il Fondo di istituto con il quale i suoi predecessori sono riusciti a salvare gli stipendi dal blocco degli scatti.
L’Anief aggiunge un altro tassello in questo mosaico. Tra tagli, blocchi e risparmi tra il 2006 e il 2012, il personale della scuola ha perso uno stipendio annuo da 30 mila euro. Questa tendenza continuerà fino al 2017: «Si va sempre più verso la proletarizzazione del lavoro del personale» commenta il presidente Anief Marcello Pacifico.
La spending review prolunga inoltre il blocco del turn-over per i dipendenti pubblici fino al 2017, mettendo i bastoni tra le ruote al ministro per il pubblico impiego Madia sul prepensionamento di questi lavoratori che dovrebbero essere parzialmente sostituiti dall’ingresso dei giovani. La «staffetta generazionale» è ferma ai blocchi di partenza.
Pubblichiamo alcuni articoli sulla conferma nel DEF del blocco degli stipendi del personale insegnante e Ata fino al 2018.
TMNews: Scuola,Anief:In Def blocco stipendi insegnanti e Ata fino a 2018 Si tradurrà in quasi 16 mila euro mancati aumenti per dipendente
Roma, 11 apr. (TMNews) - "Il DEF conferma il blocco degli stipendi del personale insegnante e Ata fino al 2018". Lo afferma l'Anief. "Gli stipendi degli insegnanti e del personale scolastico - secondo il sindacato Anief - rimarranno fermi per altri 3 anni. Il dato si evince da una attenta lettura di alcuni capitoli del Documento di Economia e Finanza 2014 approvato l'altro ieri dal consiglio dei ministri: "Nel quadro a legislazione vigente - si legge nel DEF - la spesa per redditi da lavoro dipendente delle Amministrazioni Pubbliche è stimata diminuire dello 0,7 per cento circa per il 2014, per poi stabilizzarsi nel triennio successivo e crescere dello 0,3 per cento nel 2018, per effetto dell'attribuzione dell'indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio contrattuale 2018-2020".
"Considerando che nel comparto scuola il contratto è stato bloccato nel 2009 dalla legge Tremonti (122/2010) e dalla proroga voluta dal Governo Letta (DPR 122/2013), - osserva Anief - le buste paga di circa un milione di lavoratori sono destinate a rimanere ferme per 8 atti consecutivi. Un record che porterà docenti e personale Ata a perdere quasi 16 mila euro lordi di mancati aumenti a dipendente: tra il 2006 e il 2012 l'inflazione è salita del 12% rispetto agli aumenti contrattuali fermi all'8% per uno stipendio medio annuale lordo di 30 mila euro. Quindi, anche qualora rimanesse ferma l'inflazione per i prossimi anni, stiamo parlando della sparizione di uno stipendio annuale".
Inoltre, sempre dal DEF risulta che sulla formazione a tutti i livelli - scolastica, universitaria e di ricerca - si continua a disinvestire. Si tratta di una tendenza aggravata dal fatto che nello stesso periodo la spesa generale è continuata a salire: i 'consumi intermedi', le spese per il funzionamento ordinario di istituti scolastici, atenei ed enti di ricerca, sono passate dagli 1,11 miliardi del 2011 ai 0,95 del 2013. "Peccato - sottolinea ancora Anief - che nello stesso frangente temporale la spesa complessivamente sostenuta dallo Stato è aumentata da 12,49 a 13,78 miliardi. Al ministero dell'Economia è quasi raddoppiata, da 2,62 a 4,79 miliardi".
Per l'Anief si tratta di uno "sgonfiamento delle buste" paga partito dall'approvazione del D.lgs. 'brunettiano' 150/09, che ha di fatto annullato la futura progressione di carriera per scatti di anzianità per fare spazio a quel merito che condivide in pieno l'attuale Ministro Giannini, ma che può essere finanziato solamente con nuovi tagli allo stesso comparto Scuola.
ANSA: Def: scuola; Anief, blocco stipendi prof a Ata fino a 2018 (ANSA) - ROMA, 11 APR - Gli stipendi degli insegnanti e del personale scolastico rimarranno fermi per altri 3 anni. E' quanto afferma l'associazione sindacale Anief, spiegando in una nota che "il dato si evince da una attenta lettura di alcuni capitoli del Documento di Economia e Finanza 2014 approvato l'altro ieri dal CdM". "Nel quadro a legislazione vigente - si legge nel DEF - la spesa per redditi da lavoro dipendente delle Amministrazioni Pubbliche è stimata diminuire dello 0,7 per cento circa per il 2014, per poi stabilizzarsi nel triennio successivo e crescere dello 0,3 per cento nel 2018, per effetto dell'attribuzione dell'indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio contrattuale 2018-2020". "Considerando che nel comparto scuola il contratto è stato bloccato nel 2009 dalla legge Tremonti (122/2010) e dalla proroga voluta dal Governo Letta (DPR 122/2013), le buste paga di circa un milione di lavoratori sono destinate a rimanere ferme per 8 atti consecutivi. Un record che porterà docenti e personale Ata a perdere quasi 16 mila euro lordi di mancati aumenti a dipendente: tra il 2006 e il 2012 l'inflazione è salita del 12% rispetto agli aumenti contrattuali fermi all'8% per uno stipendio medio annuale lordo di 30 mila euro. Quindi, anche qualora rimanesse ferma l'inflazione per i prossimi anni, stiamo parlando della sparizione di uno stipendio annuale". "Inoltre, sempre dal Def risulta che sulla formazione a tutti i livelli, scolastica, universitaria e di ricerca, si continua a disinvestire", prosegue l'Anief. "Con questo Def - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - si va sempre più verso la proletarizzazione del lavoro del personale della scuola. Altro che valorizzazione di competenze: a dispetto di quanto avviene nel settore privato, lo stipendio di chi opera nella scuola si allontana sempre più dal costo della vita, con la perpetrata negazione di diversi articoli della Costituzione. E pensare che solo qualche giorno fa avevamo fatto notare che nella media dei Paesi Ocde a fine carriera i docenti delle superiori percepiscano 8 mila euro in più l'anno. E non certo una 'mancia' di 80 euro, rispetto ai 120 euro lordi che i vari Governi avrebbero dovuto versare per questo decennio". (ANSA).
ANSA: Def: Anief; rassicurazioni Tesoro non cambiano la realtà Fino al 2018 gli stipendi pubblico impiego rimarranno fermi
(ANSA) - ROMA, 12 APR - Sul blocco degli stipendi per il pubblico impiego ''le rassicurazioni provenienti dal Ministero dell'Economia non cambiano la posizione del sindacato: l'attuale Governo sta sposando in pieno la linea assunta dai precedenti, confermando il blocco degli stipendi del personale insegnante e Ata almeno fino all'inizio del 2018''. Lo afferma Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir. ''Lo stesso riferimento del Mef alla Legge di stabilità 2014, che ha fissato l'indennità di vacanza contrattuale 'per il triennio 2015-2017 al livello di quella in godimento dal mese di luglio 2010', rappresenta un'indiretta ammissione di conferma della linea del blocco stipendiale: il Ministero di Via XX Settembre sottolinea, in pratica, che ad oggi e fino al 2017 rimane in vigore il blocco dell'indennità di vacanza contrattuale''. ''In realtà - dice Pacifico - il chiarimento arrivato ieri dal Ministero dell'Economia non fa altro che confermare, seppure indirettamente, l'intero blocco contrattuale. Questo perché l'indennità di vacanza contrattuale non è altro che un anticipo degli aumenti di stipendio, per cui se rimane ferma fino al 2017 ai valori del 2010 significa che per i prossimi tre anni e mezzo non vi sarà alcun aumento di stipendio''. Il sindacato, quindi, torna a chiedere risorse vere per il personale. In mancanza delle quali sarà impossibile sbloccare il contratto di lavoro: ''l'aumento di 80 euro previsto dallo stesso Def, rappresenta poco più di un 'obolo', visto che tra i paesi moderni europei i nostri docenti continuano ad avere lo stipendio più basso dopo la Grecia, con quasi 8mila euro in meno a fine carriera rispetto alla media di tutto il vecchio Continente''. (ANSA).
Il Manifesto: Una mano taglia l’altra Def. Spunta il prolungamento del blocco dei contratti fino al 2020. Dai sindacati di base alla Cgil scuola pronti a scendere in piazza. Annullati di colpo gli 80 euro in più promessi dal premier
L’aumento netto mensile di 80 euro che 10 milioni di lavoratori dipendenti, per la maggior parte nel pubblico impiego, riceveranno in busta paga dal 27 maggio verranno compensati dai risparmi ottenuti dal blocco dei contratti degli impiegati pubblici fino al 2020. È la politica della mano che dà e della mano che toglie, così Cesare Damiano — presidente della commissione Lavoro della Camera ed esponente dello stesso partito del presidente del consiglio Renzi – ha definito il contenuto principale, e al momento più chiaro, della spending review con la quale il governo finanzierà il taglio dell’Irpef e la campagna elettorale del Pd.
Dopo il fuoco di fila da parte dell’opposizione interna a questo partito, nel pomeriggio di ieri il governo è corso ai ripari. Il ministero dell’Economia ha infatti smentito che nel Def sia previsto il blocco dei contratti fino al 2020. Il Mef sostiene di avere riproposto il blocco già previsto fino al 2017 da Letta e che le eventuali risorse per i rinnovi verranno trovate nella legge di stabilità. In attesa, dunque, della finanziaria non è possibile dire se il blocco sarà prolungato di tre anni in più. Ciò non toglie che la riduzione della spesa sugli stipendi durerà fino al 2017 e non depotenzia la protesta crescente. Il governo ha dovuto incassare ieri anche il giudizio in chiaroscuro del Fondo Monetario Internazionale che ha apprezzato l’idea di ridurre l’Irpef con il taglio della spesa pubblica, ma ha avvertito via XX settembre: il taglio deve essere permanente, quindi deve durare più a lungo del 2017 preventivato.
La riduzione delle tasse sta producendo contraccolpi proprio nel mondo del lavoro dipendente che dovrebbe beneficiare dei suoi effetti. È uno dei paradossi dell’austerità espansiva, di cui Renzi è un volenteroso, ma tardivo propagandista. Quella messa in cantiere in settimana è, in effetti, «una manovra che taglia e restituisce i soldi», così l’ha definita ieri Renzi che ha anche smentito la notizia che sia in arrivo una manovra aggiuntiva da 4,5 miliardi di euro. Il taglio, e la restituzione dei soldi, andranno a parziale risarcimento di alcune delle vittime delle politiche fiscali restrittive, ma non rimedieranno alle perdite provocate dal blocco dei contratti per 8,5 milioni di persone nel pubblico e nel privato.
L’Unione Sindacale di Base ha annunciato uno sciopero generale. Il Def «è una follia – sostiene Luigi Romagnoli, dell’esecutivo nazionale Usb Pubblico Impiego — i contratti sono ormai fermi dal dicembre del 2009 e i lavoratori pubblici hanno abbondantemente pagato il costo della crisi». La Flc-Cgil ha lanciato la mobilitazione sull’istruzione. «Nel Def c’è anche la revisione del contratto degli insegnanti, il reclutamento degli insegnanti e dei dirigenti, incentivi alle università e valutazione individuale con i quali si vuole cancellare il contratto nazionale» denuncia il segretario Domenico Pantaleo.
Il blocco dei contratti, e delle retribuzioni, nella scuola sarà ancora più duro, durerà per 4 e non per 3 anni. In queste condizioni, difficilmente il ministro dell’Istruzione Giannini potrà dare seguito ai suoi annunci sulla meritocrazia tra gli insegnanti. Nelle sue intenzioni, infatti, c’è il desiderio di premiare il «merito» e non l’anzianità ottenuta con gli scatti contrattuali. riguarda in particolare il meccanismo degli scatti di anzianità. Se la programmazione del governo di cui fa parte verrà confermata, difficilmente il ministro potrà continuare ad usare il Fondo di istituto con il quale i suoi predecessori sono riusciti a salvare gli stipendi dal blocco degli scatti.
L’Anief aggiunge un altro tassello in questo mosaico. Tra tagli, blocchi e risparmi tra il 2006 e il 2012, il personale della scuola ha perso uno stipendio annuo da 30 mila euro. Questa tendenza continuerà fino al 2017: «Si va sempre più verso la proletarizzazione del lavoro del personale» commenta il presidente Anief Marcello Pacifico.
La spending review prolunga inoltre il blocco del turn-over per i dipendenti pubblici fino al 2017, mettendo i bastoni tra le ruote al ministro per il pubblico impiego Madia sul prepensionamento di questi lavoratori che dovrebbero essere parzialmente sostituiti dall’ingresso dei giovani. La «staffetta generazionale» è ferma ai blocchi di partenza.
Pubblichiamo alcuni articoli sull'aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento.
Ansa: Scuola: Anief, Miur lascia fuori 140 mila docenti precari Parte corsa ad aggiornamento graduatorie
(ANSA) - ROMA, 15 APR - È partita la corsa all'aggiornamento delle graduatorie degli insegnanti precari della scuola, utili per le assunzioni in ruolo e le supplenze annuali del periodo 2014-2017 (fino alle 14:00 del 10 maggio viene data loro la possibilità di aggiornare il punteggio sulla base dei titoli acquisiti e dei servizi svolti nell'ultimo triennio); al provvedimento sono interessati 170 mila supplenti già inclusi, che potranno inserire on line i titoli di studio e i servizi svolti. "Mentre i 140 mila tra nuovi abilitati con Tfa e Pas, diplomati magistrali e idonei all'ultimo concorso a cattedra vengono abbandonati al loro destino", denuncia l'Anief: che si schiera a fianco dei precari "illegittimamente esclusi", pronto a dare battaglia legale. "Premesso che ancora una volta potrebbe decidere il tribunale al posto del legislatore, vale la pena ricordare - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief - che il Miur vuole estromettere delle graduatorie tutti docenti selezionati, formati e abilitati nelle nostre università statali. Una parte di loro ha addirittura vinto un concorso pubblico che dà diretto accesso al ruolo. Ma invece di dare loro il via libera per inserirsi nelle graduatorie pre-ruolo, come è stato fatto per tanti anni con i loro colleghi formati dalle stesse università e con gli stessi percorsi di studi, si fa finta di nulla. Continuano anche a disapplicare la direttiva comunitaria del 1999 che obbliga alla stabilizzazione dopo tre anni di servizio anche non continuativo. Infine privano la scuola dell'assunzione su posti vacanti e disponibili anche laddove sono esaurite le stesse graduatorie. In un Paese civile e moderno la pratica del ricorso dovrebbe rappresentare l'extrema ratio - continua Pacifico - alla quale però siamo costretti a ricorrere, dal momento che l'amministrazione continua a fare ostruzione nei confronti di tantissimi docenti precari". (ANSA).
Pubblichiamo alcuni articoli sull'aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento.
Ansa: Scuola: Anief, Miur lascia fuori 140 mila docenti precari Parte corsa ad aggiornamento graduatorie
(ANSA) - ROMA, 15 APR - È partita la corsa all'aggiornamento delle graduatorie degli insegnanti precari della scuola, utili per le assunzioni in ruolo e le supplenze annuali del periodo 2014-2017 (fino alle 14:00 del 10 maggio viene data loro la possibilità di aggiornare il punteggio sulla base dei titoli acquisiti e dei servizi svolti nell'ultimo triennio); al provvedimento sono interessati 170 mila supplenti già inclusi, che potranno inserire on line i titoli di studio e i servizi svolti. "Mentre i 140 mila tra nuovi abilitati con Tfa e Pas, diplomati magistrali e idonei all'ultimo concorso a cattedra vengono abbandonati al loro destino", denuncia l'Anief: che si schiera a fianco dei precari "illegittimamente esclusi", pronto a dare battaglia legale. "Premesso che ancora una volta potrebbe decidere il tribunale al posto del legislatore, vale la pena ricordare - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief - che il Miur vuole estromettere delle graduatorie tutti docenti selezionati, formati e abilitati nelle nostre università statali. Una parte di loro ha addirittura vinto un concorso pubblico che dà diretto accesso al ruolo. Ma invece di dare loro il via libera per inserirsi nelle graduatorie pre-ruolo, come è stato fatto per tanti anni con i loro colleghi formati dalle stesse università e con gli stessi percorsi di studi, si fa finta di nulla. Continuano anche a disapplicare la direttiva comunitaria del 1999 che obbliga alla stabilizzazione dopo tre anni di servizio anche non continuativo. Infine privano la scuola dell'assunzione su posti vacanti e disponibili anche laddove sono esaurite le stesse graduatorie. In un Paese civile e moderno la pratica del ricorso dovrebbe rappresentare l'extrema ratio - continua Pacifico - alla quale però siamo costretti a ricorrere, dal momento che l'amministrazione continua a fare ostruzione nei confronti di tantissimi docenti precari". (ANSA).
larepubblica.it – 19 aprile 2014
“Scuole. Ecco le dieci che bocciano di più. Il Sud vince la classifica della dispersione"
░ Sono scuole di Napoli e di Palermo! Dice niente, al MIUR e all’INVALSI ? Sembra che, quando vagheggiano di “merito” e “valutazione di sistema”, né l’uno né l’altro abbiano chiaro il quadro complessivo dei fattori interattivi che intervengono nell’apprendimento scolastico. Un genio ha perfino proposto corsi obbligatori di aggiornamento ai quali sottoporre gli insegnanti delle scuole nelle quali gli alunni conseguono risultati modesti. Usque tandem, abutere patientia nostra ? Vedremo mai, al MIUR, un ministro con adeguata esperienza di lavoro nella Scuola ?
Ecco la classifica che le scuole temono di più: quella delle bocciature e di chi ha abbandonato le aule prima della fine dell'anno scolastico. O di coloro che a scuola non ci hanno messo piede neppure per un giorno o che hanno collezionato tante di quelle assenze da impedire ai professori di scrutinarli. Con una sola parola: dispersione. Che ovviamente vede in testa gli istituti superiori di quella parte di Napoli, come Scampia, dove i ragazzi a 14 o 15 anni sono già mezzi uomini che considerano la scuola soltanto una perdita di tempo. Quelle scuole dove i ragazzi non ne vogliono sentire di stare fermi per ore in una classe e che spesso sono l'incubo dei malcapitati supplenti costretti ad accettare quell'incarico pur di guadagnarsi la pagnotta. A stilare il ranking della dispersione scolastica in Italia è stata Skuola.net. Nella top ten, le prime cinque posizioni sono occupate da altrettanti istituti superiori di Napoli. Al Melissa Bassi, proprio nel rione noto in tutto il mondo per le famigerate Vele, nel 2012/2013 i promossi sono stati addirittura meno dei bocciati: il 45,5 per cento. Ovviamente, nel 54,5 per cento rimanente ci sono i bocciati e tantissimi dispersi che a scuola, nonostante l'obbligo, non hanno mai messo piede. Ma anche coloro che hanno gettato la spugna dopo qualche mese o qualche settimana di lezioni. Al secondo posto, con il 46,3 per cento di promossi, il tecnico economico Caracciolo, sempre di Napoli. Molti o pochi tutti questi bocciati? In Campania, la media dei promossi - per tutti gli indirizzi scolastici - è stata dell'87,1 per cento. A livello nazionale, le medie degli indirizzi interessati sono decisamente più alte. Nei professionali i promossi toccano quota 80,6 per cento che sale all'85,2 nei tecnici…. C'è poi, al settimo posto, il Rosa Luxemburg di Roma, con il 58,9 per cento di promossi e il Duca Abruzzi di Palermo che è riuscito a collezionare poco più di 60 promossi su cento: il 60,9, per la precisione. Esattamente gli stessi di un altro istituto del capoluogo siciliano: l'alberghiero Piazza. La dispersione impera quasi sempre negli istituti tecnici e professionali, come un altro alberghiero, questa volta l'Artusi della capitale con 61 promossi e 39 tra bocciati e desaparecidos su cento. Chiude la top ten meno ambita dai presidi italiani il Sassetti-Peruzzi di Firenze, con il 61,7 per cento di promossi e l'istituto professionale per l'agricoltura Paolo Balsamo, ancora di Palermo, che ha promosso il 61,8 per cento di studenti. …
corrieredellasera.it – 20 aprile 2014
“I bambini dell'asilo sanno usare i tablet ma non le costruzioni"
░ Il sindacato britannico Association of Teachers and Lecturers segnala: i bambini hanno abilità maggiore a scorrere lo schermo che nelle attività manipolative; segnala anche problemi nella socializzazione.
Sempre più piccoli, sempre più esperti. I bambini si avvicinano al cellulare di mammà con quella che sembra un’innata maestria: sbloccano gli smartphone in un attimo, sfogliano lo schermo dei tablet meglio degli adulti, imparano presto come arrivare ai loro giochi preferiti. Ma quella può sembrare un’innocua attività - peraltro propiziata proprio dai genitori che quei giochi cercano con ansia, scaricano e presentano al bambino sperando che attraggano la sua attenzione per qualche oretta - nasconde più di qualche insidia. L’allarme lo ha lanciato la Association of Teachers and Lecturers, sindacato degli educatori britannici: i bambini della «generazione smartphone» sanno usare il tablet prima ancora di parlare, ma di fronte alle «vecchie» costruzioni non sanno cosa fare.
Secondo il sindacato, l’abitudine all’uso del computer così piccoli ha effetti anche sulla concentrazione e sulla capacita di socializzare dei bimbi. Durante il congresso dell’associazione a Manchester sono stati raccolti diversi esempi di effetti deleteri dell’uso del computer. «Ho parlato con diverse maestre di scuola materna - spiega Colin Kinney, uno degli insegnanti dell’associazione, al Guardian - e sono preoccupate per il numero sempre più alto di bambini che sanno come far scorrere uno schermo ma hanno poche, se non nessuna, abilità manipolative con le costruzioni, o non sono in grado di socializzare con gli altri, ma i cui genitori parlano con orgoglio di come sanno maneggiare smartphone e tablet». Per l’associazione sindacale sarebbero necessari studi sugli effetti dei gadget elettronici su bambini così piccoli. «Gli insegnanti parlano a bambini che sono arrivati nelle loro classi dopo aver passato parte della notte a giocare con il computer - afferma Kinney -. La loro attenzione è così limitata che potrebbero tranquillamente non stare in classe». La principale associazione di pediatri britannici ha già emanato delle linee guida in cui si sconsiglia l’esposizione a smartphone, tablet, ma anche alla tv sotto i due anni, e si consiglia di limitarla a un’ora al giorno nei bimbi più grandi.
latecnicadellascuola.it – 22 aprile 2014
“TFA, II ciclo a rischio: per attivarlo bisogna sentire il CNPI che non c'è più"
░ A sostenerlo è il Consiglio di Stato; i giudici di Palazzo Spada chiedono poi il coinvolgimento di Cnam, Mef e Funzione Pubblica. Giudizio 'sospeso' pure su PAS e rinnovo graduatorie d'Istituto. Dunque, altri nodi al pettine, per il MIUR. Hanno la colla, in testa ? Nodi al pettine. Quanti se ne sarebbero evitati, al MIUR, se avessero prestato maggiore attenzione agli avvertimenti dei giovani dell’ANIEF ?
L’organismo scolastico super partes non è stato rinnovato: una bella “grana” per il Miur. …. Il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, continua a tranquillizzare i candidati al secondo ciclo di Tfa ordinario, dicendo loro che entro un periodo congruo verranno organizzate le selezioni per l’accesso ai corsi, e mentre gli abilitati del primo ciclo dei Tfa tornano a chiedere a gran voce di essere inseriti nelle GaE e maggior considerazione rispetto a chi conseguirà lo stesso titolo con i Pas, dal Consiglio di Stato arriva una bella doccia fredda: secondo i giudici di Palazzo Spada per avviarli sarebbe servito il parere del Cnpi e del Consiglio Nazionale per l’Alta Formazione Artistica e Musicale. Come anche dei Ministeri dell’Economia e della Funzione Pubblica. Tutti passaggi che, evidentemente, il Dicastero dell’Istruzione non ha attuato e non ha intenzione di attuare. E che ora potrebbero creare più di un problema per l’attivazione della seconda tornata di corsi. Soprattutto perché, nel frattempo, il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione è praticamente decaduto (anche se tecnicamente sarebbe più corretto dire non rinnovato). La questione del loro mancato coinvolgimento era arrivata in mano ai giudici dopo che alcuni ricorrenti avevano fatto ricorso contro le modifiche ai requisiti richiesti dal Miur per l’accesso riservato prima dell’inizio dei corsi, ma soprattutto per permettere agli idonei del nuovo TFA di scegliere altri atenei (con posti liberi). E anche per l'iscrizione dei nuovi abilitati in terza fascia d’istituto, nelle more dell’aggiornamento. L’Anief lo aveva denunciato fin dall’inizio: “Il mancato rinnovo del Consiglio nazionale della Pubblica Istruzione non è soltanto un elemento formale, ma sostanziale prevista dalla norma primaria, ragion per cui senza di esso non si può attivare una modifica al Regolamento su cui lo stesso organo si è espresso. A questo punto – conclude l’Anief - il Governo farebbe bene a rinnovare subito le elezioni o a rinnovare i suoi membri come nel caso del Cnam, nonché a sollecitare il parere del Ministero dell’Economia e della Funzione pubblica perché migliaia di giovani laureati in un Paese che ha il 60% del suo personale over 50 aspettano”. Ma i dubbi espressi dal Consiglio di Stato non riguardano solo il TFA: coinvolgono anche i PAS, per altro già avviati, e il prossimo rinnovo delle graduatorie d'Istituto. In quest'ultimo caso, i giudici avrebbero dovuto esprimersi a proposito della possibilità (derivante dalla modifica al D.M. 81 del 25 marzo scorso) di far inserire anche coloro che hanno conseguito il titolo dopo il 19 luglio del 2013. Sempre per la mancanza degli organismi suddetti, oltre che del MEF e della Funzione Pubblica, il CdS ha sospeso il parere.
░ Nuove disposizioni in materia di permessi per le visite mediche. Ne tratta Franco Bastianini su ItaliaOggi. Riportiamo, anche, la nota emanata che il MIUR – D.G. per le Risorse Umane del Ministero, Acquisti e Affari Generali – ha emanato con riferimento alla Circolare n.2 - 17 febbraio 2014, del Dipartimento Funzione Pubblica.
ItaliaOggi – 22 aprile 2014
“Permessi per le visite mediche, ancora nessuna risposta dal governo"
Finita la tregua pasquale, minaccia di riesplodere ancora con più virulenza la polemica in merito alle nebulose disposizioni in materia di assenze per visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici contenute nella circolare del dipartimento della funzione pubblica del 17 febbraio 2014 a firma dell'allora ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione Gianpiero D'Elia (si veda tra l'altro ItaliaOggi di martedì scorso). Una circolare che doveva avere l'obiettivo di assicurare l'interpretazione omogenea delle nuove disposizioni in materia di assenze per malattia dei pubblici dipendenti introdotte dall'articolo 4, comma 16 bis, del decreto legge 101/2013 entrato in vigore il 31 ottobre 2013, e contrastare il fenomeno dell'assenteismo nelle amministrazioni. E che rischia, invece, di favorirlo introducendo, nell'ipotesi di permessi, nuove formalità per giustificare di averli utilizzati per lo scopo per il quale erano stati chiesti al dirigente scolastico. É infatti richiesta una attestazione di presenza che deve essere rilasciata dal medico o dalla struttura sanitaria anche privata che hanno svolto la visita o adempiuto la prestazione e trasmessa mediante posta elettronica al datore di lavoro.
Nell'attestazione di presenza deve inoltre risultare la qualifica e la sottoscrizione del soggetto che la redige, l'indicazione del medico e/o della struttura presso cui si è svolta la visita o la prestazione, il giorno, l'orario di entrata e di uscita del dipendente dalla struttura sanitaria erogante la prestazione. Poiché l'attestazione di presenza non è sostanzialmente un certificato di malattia non deve invece recare l'indicazione della diagnosi né del tipo di prestazione somministrata. Immediato è stato il concerto di reazioni negative da parte sia dei dirigenti scolastici sui quali dovrebbe ricadere l'onere di applicazione delle nuove disposizioni, che da parte del personale, ed in particolare di quello docente, per le conseguenze negative che una applicazione letterale delle nuove disposizione potrebbe avere sulla regolarità degli obblighi di servizio. La domanda che il personale si è immediatamente posto è semplicissima: per l'espletamento delle visite mediche, delle terapie, delle prestazioni specialistiche o degli esami diagnostici deve obbligatoriamente chiedere un permesso o, previa presentazione di certificazione medica, un giorno di assenza per motivi di salute? Una domanda rimasta fino ad oggi senza una risposta. Una risposta chiara è auspicata anche dai sindacati che hanno chiesto il ritiro della circolare al ministro Marianna Madia. Quanto alle motivazioni che sarebbero alla base della volontà del legislatore (contrastare il fenomeno dell'assenteismo), concretizzatasi appunto nell'articolo 4, comma 16 bis del decreto legge 101/2013, queste non possono interessare il personale della scuola che in materia di assenteismo per motivi di salute occupa uno degli ultimi posti nella graduatoria dei dipendenti pubblici.
www.istruzione.it – 22 aprile 2014
“Decreto Legge n. 101 del 31 agosto 2013, convertito in legge n. 125 del 30 ottobre 2013 - "Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni" - art.4 comma 16 bis - assenze per visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici”.
Con circolare n. 2 del 17 febbraio 2014, registrata alla Corte dei Conti il 19 marzo, il Dipartimento della Funzione Pubblica ha fornito indirizzi applicativi sull’art. 55 septies del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come novellato dall’art. 4, comma 16 bis, del decreto legge 101 del 31/8/2013, per quanto attiene alle assenze per visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici dei pubblici dipendenti.
Si trasmette pertanto la circolare in argomento, sottolineando in particolare quanto segue: 1. per l’effettuazione di visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici, il personale non potrà usufruire, di regola, di assenze per malattia, dovendo invece fruire dei permessi per documentati motivi personali (art. 18 CCNL 16.5.1995) o di istituti contrattuali similari o alternativi (permessi brevi di cui all’art. 20 del CCNL 16.5.1995 o riposi compensativi di cui agli artt. 26 e 27 CCNI 16.5.2001, integrativo del CCNL 16.2.1999). In assenza di ulteriori specifiche indicazioni in merito, si ritiene che, nell’ipotesi in cui l’assenza si verifichi prima dell’entrata in servizio del dipendente, il computo della durata della medesima dovrà effettuarsi riferendosi all’orario di ingresso al lavoro in ciascun ufficio, fermo restando il principio di flessibilità in entrata. 2. La giustificazione dell’assenza, nelle ipotesi in cui sia necessaria per poter usufruire dell’istituto richiesto (ad es. permessi per documentati motivi personali), deve avvenire mediante attestazione redatta dal medico o dal personale amministrativo della struttura pubblica o privata che ha erogato la prestazione (attestazione di presenza, v. p. 2 circolare Funzione Pubblica, cpv. 3 e 4). In alternativa, è possibile presentare dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà redatta, ai sensi del combinato disposto degli artt. 47 e 38 del DPR n. 445/2000, in conformità al modello inserito nella circolare ed allegato alla presente. 3. Se le visite specialistiche, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici sono concomitanti con una situazione di incapacità lavorativa del dipendente, troveranno applicazione le ordinarie regole sulla giustificazione dell’assenza per malattia. In tali casi, il medico (individuato ai sensi dell’art. 55 septies, comma 1, del d.lgs 165/01) redigerà pertanto la relativa attestazione di malattia, comunicandola all’amministrazione secondo le consuete modalità (cfr. Circolari nn. 1 e 2 DFP/DDI 2010). In assenza di ulteriori specifiche indicazioni sulla circolare, si ritiene che la situazione di “concomitanza” possa riferirsi tanto ai casi di accertamenti diagnostici tali da compromettere la capacità lavorativa del dipendente, quanto ai casi in cui il dipendente, già in situazione di incapacità lavorativa, debba essere sottoposto a visita (ad es. visita di controllo nel periodo di convalescenza successivo ad un intervento chirurgico). La circolare prevede invece espressamente le ipotesi in cui, a causa delle patologie sofferte, il dipendente debba sottoporsi periodicamente, anche per lunghi periodi, a terapie comportanti incapacità al lavoro. In tali casi, a fini di semplificazione, per poter usufruire dell’assenza per malattia si ritiene sufficiente anche un’unica certificazione del medico curante, redatta in forma cartacea, che attesti la necessità di trattamenti sanitari ricorrenti comportanti incapacità lavorativa, secondo cicli o un calendario stabilito dal medico. Tale certificazione, da presentare prima dell’inizio delle terapie, dovrà essere integrata, di volta in volta, dalle singole attestazioni di presenza dalle quali risulti l’effettuazione delle terapie per ciascuna giornata. In tali casi, l’attestazione di presenza – redatta secondo le modalità di cui al punto 2 – dovrà contenere anche l’indicazione che la prestazione è somministrata nell’ambito del ciclo o calendario di terapia prescritto dal medico curante. Eventuali ulteriori chiarimenti interpretativi potranno essere richiesti al seguente indirizzo di posta elettronica: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Si ringrazia per la collaborazione.
Il Sole 24Ore – 23 aprile 2014
“Dietrofront del Governo sul taglio agli enti di ricerca e alle università"
░ Nell'ultima versione del decreto sul cuneo fiscale - che è stato approvato dal C.dM.,venerdì scorso ed è ancora in attesa di pubblicazione sull Gazzetta Ufficiale - scompare la riduzione di 30 milioni al Fondo di finanziamento ordinario degli atenei. Analogamente è eliminata la doppia stretta sugli enti di ricerca prevista inizialmente. Di Eugenio Bruno
Nelle bozze precedenti del provvedimento, all'articolo 50 che contiene le disposizioni finanziarie, erano contenuti 2 commi che avevano fatto sussultare il mondo accademico e della ricerca. Il primo prevedeva la riduzione dei trasferimenti dello Stato per gli enti di ricerca contenuti in una tabella allegata che non era però disponibile; il secondo imponeva agli enti di ricerca vigilati dal Miur, eccetto l'Invalsi, una riduzione del Fondo ordinario con cui assicurare il contenimento della spesa per consumi intermedi. Sempre per la stessa finalità quest'ultima norma decurtava il Fondo di finanziamento ordinario delle università (il cosiddetto Ffo) di 30 milioni nel 2014 e 45 milioni nel 2015. … Nella versione definitiva del dl che sta per essere inviata al Colle per la firma del capo dello Stato quella doppia stretta in realtà non c'è più. Dall'articolo 50 sulle coperture del decreto è sparito sia il comma con i sacrifici imposti agli enti di ricerca sia la sforbiciata al Ffo. L'unico sacrificio che il Miur è chiamato a sopportare, come tutti gli altri ministeri, riguarda invece la spesa per beni e servizi. Dei 200 milioni di decurtazioni imposte alle amministrazioni centrali dello Stato, da viale Trastevere ne dovranno arrivare 6,3 per il 2014 e 9,4 milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016. A esclusione, specifica il testo, delle spese per il funzionamento delle istituzioni scolastiche.
latecnicadellascuola.it – 24 aprile 2014
Dopo i “ponti" sarà tempo di scioperi università"
░ Il primo è programmato per il 28 aprile con l’astensione dal lavoro di docenti e Ata organizzata dall’Unicobas. Il 6 e 7 maggio si asterrà dalle lezioni il personale della scuola dell’infanzia e primaria per ribadire il no alle prove Invalsi (ma non solo); il 13 maggio sarà la volta di medie e superiori. Seguirà l’astensione proclamata dai Cobas, in corrispondenza delle invise prove Invalsi.
Dopo il ponte della Festa della Liberazione, che in alcuni istituti è stato “attaccato” con le festività pasquali, lunedì 28 aprile riprenderanno le lezioni nelle scuola italiane. Ma non dappertutto. “Contro la politica del Ministro Giannini”, l’Unicobas ha infatti confermato lo sciopero per l'intera giornata, sia per il personale docente che Ata, di ruolo e non, delle scuole pubbliche di ogni ordine e grado. La conferma è arrivata anche dal ministero dell'Istruzione.
Secondo il segretario nazionale Unicobas, Stefano d’Errico, lo sciopero servirà a rivendicare tanti problemi irrisolti. Ma stavolta prima di tutto a educare “il Ministro a minor protervia: abbiamo capito cosa vuole la Giannini: 1) eliminare la libertà d'insegnamento e d'apprendimento tramite 'valutazioni' discrezionali d'autorità da parte dei dirigenti collegata ai risultati dei vergognosi test Invalsi ed una gestione privatistica incardinata sul capitale privato (inteso come committenza); 2) sopprimere gli scatti d’anzianità, già ‘congelati’ e restituiti solo in parte (grazie ad un accordo-truffa sottoscritto da CISL, UIL, SNALS e Gilda) a detrimento del fondo di istituto, ormai privo di risorse; 3) fingere di non accorgersi che retribuendo al livello più basso d’Europa i docenti ed investendo meno di chiunque in percentuale di PIL destinata ad istruzione, università e ricerca, si sviluppa una ‘pedagogia sociale’ che deprime il valore della scuola e della cultura; 4) realizzare l'ultimo punto del programma della Loggia P2 rimasto ‘inevaso’: eliminare il valore legale del titolo di studio; 5) eliminare gli organi collegiali, trasformare le scuole in fondazioni e farle gestire da consigli di amministrazione presieduti dal 'dirigente', assumere il personale per chiamata diretta e discrezionale come nelle scuole private; 6) ridurre i Licei a 4 anni”. Il sindacato coglie anche l’occasione per ricordare la necessità di avere “un contratto specifico per tutta la scuola fuori dall'area del pubblico impiego (dove non è prevista certo la 'libertà di impiegamento' e dove non esistono le responsabilità penali che gravano su chi a che fare con minori) e l'istituzione di un Consiglio Superiore della Docenza adibito a garantire, così come per la Magistratura, l'autonomia e la terzietà della Scuola pubblica”. Appena qualche giorno dopo un altro lungo ponte, quello della Festa del Lavoro, il mondo della scuola sarà di nuovo in sciopero. Stavolta a proclamarlo sono stati i Cobas, in corrispondenza delle invise prove Invalsi: “A noi – ha spiegato qualche giorno fa Piero Bernocchi, portavoce nazionale Cobas - sembra un rito distruttivo e insensato quello dei quiz Invalsi, reiterati malgrado il loro fallimento acclarato. E ora non è più solo l’opinione dei Cobas e dei docenti, anche universitari, e intellettuali che la pensano come noi: ma addirittura è l’ammissione dei nostri principali avversari in questa battaglia culturale e sindacale, e cioè la Fondazione Agnelli, finora protagonista dell’infatuazione ‘invalsiana’”. Il 6 e 7 maggio si asterrà dalle lezioni il personale della scuola dell’infanzia e primaria. Il 13 maggio sarà la volta di quello delle medie e delle superiori….
orizzonte scuola.it – 25 aprile 2014
“Licei quadriennali. Il prossimo anno altre tre sperimentazioni. Il Ministero rassicura, ne verificheremo l'affidabilità"
░ A una interrogazione parlamentare dell’on. Vacca del Movimento5stelle, il Sottosegretario Donghia ha dato assicurazioni in materia dei progetti di innovazione metodologico-didattica che attivano percorsi quadriennali di scuola secondaria di II grado sperimentali: il Governo ne verificherà l'affidabilità e la trasparenza delle procedure. Inoltre, con i decreti autorizzativi delle sperimentazioni i competenti UU.SS.RR. sono chiamati a costituire specifici comitati tecnico-scientifici che provvederanno annualmente a valutare gli esiti dei progetti di innovazione, di cui il Ministero potrà fornire puntuale documentazione. Riportiamo la trascrizione a verbale della replica con cui Gianluca Vacca si è dichiarato insoddisfatto della risposta del rappresentante del Governo.
“Rileva, infatti, come vi sia assoluta mancanza di trasparenza sulla sperimentazione in atto presso talune istituzioni scolastiche, mancando sia i relativi dati sia ulteriori elementi di valutazione come progetti o decreti attuativi, i quali non sono reperibili neppure sul sito istituzionale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Ritiene, quindi, che il progetto di riduzione di un anno dei percorsi di studio della scuola secondaria di secondo grado sia frammentario, non avendo un quadro di riferimento nazionale certo. Reputa, inoltre, non opportuno iniziare tale sperimentazione presso gli istituti paritari, perché questa sia poi riportata alle scuole statali, in quanto la stessa sperimentazione dovrebbe essere attivata anzitutto nelle istituzioni scolastiche statali, per poi, eventualmente, essere trasferita alle scuole paritarie. Il dubbio avanzato dall'Onorevole è se dietro questo atteggiamento vi sia la volontà di attuare, al fine di reperire nuove risorse, un repentino taglio di fondi per la scuola, realizzato tramite la riduzione di un anno del corso di studi superiori. Questo reale obiettivo, che sembra confermato da quanto indicato nell'atto di indirizzo del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 4 febbraio 2013 che, nella priorità n. 5, punto c), connette la riduzione di un anno del corso di studi superiori «anche alla destinazione delle maggiori risorse disponibili per il miglioramento della qualità e della quantità dell'offerta formativa», sarebbe perseguito in assenza di una reale attività di sperimentazione controllabile da parte dei cittadini. Rileva, infine, come, di fronte a questa ipotesi di taglio di circa 40 mila cattedre, con un risparmio di alcune centinaia di milioni di euro, altri Stati, come gli Stati Uniti d'America, stiano sperimentando l'allungamento sino a 6 anni degli studi secondari superiori, in particolare ad indirizzo tecnico. Precisa, quindi, che ridurre di un anno il corso di studi superiori, per immettere gli studenti prima nel circuito universitario, non è utile, se poi gli stessi studenti abbandonano precocemente gli studi, come dimostrano le rilevazioni sul tasso di abbandono universitario che in Italia è il più elevato d'Europa.
larepubblica.it – 19 aprile 2014
“Scuole. Ecco le dieci che bocciano di più. Il Sud vince la classifica della dispersione"
░ Sono scuole di Napoli e di Palermo! Dice niente, al MIUR e all’INVALSI ? Sembra che, quando vagheggiano di “merito” e “valutazione di sistema”, né l’uno né l’altro abbiano chiaro il quadro complessivo dei fattori interattivi che intervengono nell’apprendimento scolastico. Un genio ha perfino proposto corsi obbligatori di aggiornamento ai quali sottoporre gli insegnanti delle scuole nelle quali gli alunni conseguono risultati modesti. Usque tandem, abutere patientia nostra ? Vedremo mai, al MIUR, un ministro con adeguata esperienza di lavoro nella Scuola ?
Ecco la classifica che le scuole temono di più: quella delle bocciature e di chi ha abbandonato le aule prima della fine dell'anno scolastico. O di coloro che a scuola non ci hanno messo piede neppure per un giorno o che hanno collezionato tante di quelle assenze da impedire ai professori di scrutinarli. Con una sola parola: dispersione. Che ovviamente vede in testa gli istituti superiori di quella parte di Napoli, come Scampia, dove i ragazzi a 14 o 15 anni sono già mezzi uomini che considerano la scuola soltanto una perdita di tempo. Quelle scuole dove i ragazzi non ne vogliono sentire di stare fermi per ore in una classe e che spesso sono l'incubo dei malcapitati supplenti costretti ad accettare quell'incarico pur di guadagnarsi la pagnotta. A stilare il ranking della dispersione scolastica in Italia è stata Skuola.net. Nella top ten, le prime cinque posizioni sono occupate da altrettanti istituti superiori di Napoli. Al Melissa Bassi, proprio nel rione noto in tutto il mondo per le famigerate Vele, nel 2012/2013 i promossi sono stati addirittura meno dei bocciati: il 45,5 per cento. Ovviamente, nel 54,5 per cento rimanente ci sono i bocciati e tantissimi dispersi che a scuola, nonostante l'obbligo, non hanno mai messo piede. Ma anche coloro che hanno gettato la spugna dopo qualche mese o qualche settimana di lezioni. Al secondo posto, con il 46,3 per cento di promossi, il tecnico economico Caracciolo, sempre di Napoli. Molti o pochi tutti questi bocciati? In Campania, la media dei promossi - per tutti gli indirizzi scolastici - è stata dell'87,1 per cento. A livello nazionale, le medie degli indirizzi interessati sono decisamente più alte. Nei professionali i promossi toccano quota 80,6 per cento che sale all'85,2 nei tecnici…. C'è poi, al settimo posto, il Rosa Luxemburg di Roma, con il 58,9 per cento di promossi e il Duca Abruzzi di Palermo che è riuscito a collezionare poco più di 60 promossi su cento: il 60,9, per la precisione. Esattamente gli stessi di un altro istituto del capoluogo siciliano: l'alberghiero Piazza. La dispersione impera quasi sempre negli istituti tecnici e professionali, come un altro alberghiero, questa volta l'Artusi della capitale con 61 promossi e 39 tra bocciati e desaparecidos su cento. Chiude la top ten meno ambita dai presidi italiani il Sassetti-Peruzzi di Firenze, con il 61,7 per cento di promossi e l'istituto professionale per l'agricoltura Paolo Balsamo, ancora di Palermo, che ha promosso il 61,8 per cento di studenti. …
corrieredellasera.it – 20 aprile 2014
“I bambini dell'asilo sanno usare i tablet ma non le costruzioni"
░ Il sindacato britannico Association of Teachers and Lecturers segnala: i bambini hanno abilità maggiore a scorrere lo schermo che nelle attività manipolative; segnala anche problemi nella socializzazione.
Sempre più piccoli, sempre più esperti. I bambini si avvicinano al cellulare di mammà con quella che sembra un’innata maestria: sbloccano gli smartphone in un attimo, sfogliano lo schermo dei tablet meglio degli adulti, imparano presto come arrivare ai loro giochi preferiti. Ma quella può sembrare un’innocua attività - peraltro propiziata proprio dai genitori che quei giochi cercano con ansia, scaricano e presentano al bambino sperando che attraggano la sua attenzione per qualche oretta - nasconde più di qualche insidia. L’allarme lo ha lanciato la Association of Teachers and Lecturers, sindacato degli educatori britannici: i bambini della «generazione smartphone» sanno usare il tablet prima ancora di parlare, ma di fronte alle «vecchie» costruzioni non sanno cosa fare.
Secondo il sindacato, l’abitudine all’uso del computer così piccoli ha effetti anche sulla concentrazione e sulla capacita di socializzare dei bimbi. Durante il congresso dell’associazione a Manchester sono stati raccolti diversi esempi di effetti deleteri dell’uso del computer. «Ho parlato con diverse maestre di scuola materna - spiega Colin Kinney, uno degli insegnanti dell’associazione, al Guardian - e sono preoccupate per il numero sempre più alto di bambini che sanno come far scorrere uno schermo ma hanno poche, se non nessuna, abilità manipolative con le costruzioni, o non sono in grado di socializzare con gli altri, ma i cui genitori parlano con orgoglio di come sanno maneggiare smartphone e tablet». Per l’associazione sindacale sarebbero necessari studi sugli effetti dei gadget elettronici su bambini così piccoli. «Gli insegnanti parlano a bambini che sono arrivati nelle loro classi dopo aver passato parte della notte a giocare con il computer - afferma Kinney -. La loro attenzione è così limitata che potrebbero tranquillamente non stare in classe». La principale associazione di pediatri britannici ha già emanato delle linee guida in cui si sconsiglia l’esposizione a smartphone, tablet, ma anche alla tv sotto i due anni, e si consiglia di limitarla a un’ora al giorno nei bimbi più grandi.
latecnicadellascuola.it – 22 aprile 2014
“TFA, II ciclo a rischio: per attivarlo bisogna sentire il CNPI che non c'è più"
░ A sostenerlo è il Consiglio di Stato; i giudici di Palazzo Spada chiedono poi il coinvolgimento di Cnam, Mef e Funzione Pubblica. Giudizio 'sospeso' pure su PAS e rinnovo graduatorie d'Istituto. Dunque, altri nodi al pettine, per il MIUR. Hanno la colla, in testa ? Nodi al pettine. Quanti se ne sarebbero evitati, al MIUR, se avessero prestato maggiore attenzione agli avvertimenti dei giovani dell’ANIEF ?
L’organismo scolastico super partes non è stato rinnovato: una bella “grana” per il Miur. …. Il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, continua a tranquillizzare i candidati al secondo ciclo di Tfa ordinario, dicendo loro che entro un periodo congruo verranno organizzate le selezioni per l’accesso ai corsi, e mentre gli abilitati del primo ciclo dei Tfa tornano a chiedere a gran voce di essere inseriti nelle GaE e maggior considerazione rispetto a chi conseguirà lo stesso titolo con i Pas, dal Consiglio di Stato arriva una bella doccia fredda: secondo i giudici di Palazzo Spada per avviarli sarebbe servito il parere del Cnpi e del Consiglio Nazionale per l’Alta Formazione Artistica e Musicale. Come anche dei Ministeri dell’Economia e della Funzione Pubblica. Tutti passaggi che, evidentemente, il Dicastero dell’Istruzione non ha attuato e non ha intenzione di attuare. E che ora potrebbero creare più di un problema per l’attivazione della seconda tornata di corsi. Soprattutto perché, nel frattempo, il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione è praticamente decaduto (anche se tecnicamente sarebbe più corretto dire non rinnovato). La questione del loro mancato coinvolgimento era arrivata in mano ai giudici dopo che alcuni ricorrenti avevano fatto ricorso contro le modifiche ai requisiti richiesti dal Miur per l’accesso riservato prima dell’inizio dei corsi, ma soprattutto per permettere agli idonei del nuovo TFA di scegliere altri atenei (con posti liberi). E anche per l'iscrizione dei nuovi abilitati in terza fascia d’istituto, nelle more dell’aggiornamento. L’Anief lo aveva denunciato fin dall’inizio: “Il mancato rinnovo del Consiglio nazionale della Pubblica Istruzione non è soltanto un elemento formale, ma sostanziale prevista dalla norma primaria, ragion per cui senza di esso non si può attivare una modifica al Regolamento su cui lo stesso organo si è espresso. A questo punto – conclude l’Anief - il Governo farebbe bene a rinnovare subito le elezioni o a rinnovare i suoi membri come nel caso del Cnam, nonché a sollecitare il parere del Ministero dell’Economia e della Funzione pubblica perché migliaia di giovani laureati in un Paese che ha il 60% del suo personale over 50 aspettano”. Ma i dubbi espressi dal Consiglio di Stato non riguardano solo il TFA: coinvolgono anche i PAS, per altro già avviati, e il prossimo rinnovo delle graduatorie d'Istituto. In quest'ultimo caso, i giudici avrebbero dovuto esprimersi a proposito della possibilità (derivante dalla modifica al D.M. 81 del 25 marzo scorso) di far inserire anche coloro che hanno conseguito il titolo dopo il 19 luglio del 2013. Sempre per la mancanza degli organismi suddetti, oltre che del MEF e della Funzione Pubblica, il CdS ha sospeso il parere.
░ Nuove disposizioni in materia di permessi per le visite mediche. Ne tratta Franco Bastianini su ItaliaOggi. Riportiamo, anche, la nota emanata che il MIUR – D.G. per le Risorse Umane del Ministero, Acquisti e Affari Generali – ha emanato con riferimento alla Circolare n.2 - 17 febbraio 2014, del Dipartimento Funzione Pubblica.
ItaliaOggi – 22 aprile 2014
“Permessi per le visite mediche, ancora nessuna risposta dal governo"
Finita la tregua pasquale, minaccia di riesplodere ancora con più virulenza la polemica in merito alle nebulose disposizioni in materia di assenze per visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici contenute nella circolare del dipartimento della funzione pubblica del 17 febbraio 2014 a firma dell'allora ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione Gianpiero D'Elia (si veda tra l'altro ItaliaOggi di martedì scorso). Una circolare che doveva avere l'obiettivo di assicurare l'interpretazione omogenea delle nuove disposizioni in materia di assenze per malattia dei pubblici dipendenti introdotte dall'articolo 4, comma 16 bis, del decreto legge 101/2013 entrato in vigore il 31 ottobre 2013, e contrastare il fenomeno dell'assenteismo nelle amministrazioni. E che rischia, invece, di favorirlo introducendo, nell'ipotesi di permessi, nuove formalità per giustificare di averli utilizzati per lo scopo per il quale erano stati chiesti al dirigente scolastico. É infatti richiesta una attestazione di presenza che deve essere rilasciata dal medico o dalla struttura sanitaria anche privata che hanno svolto la visita o adempiuto la prestazione e trasmessa mediante posta elettronica al datore di lavoro.
Nell'attestazione di presenza deve inoltre risultare la qualifica e la sottoscrizione del soggetto che la redige, l'indicazione del medico e/o della struttura presso cui si è svolta la visita o la prestazione, il giorno, l'orario di entrata e di uscita del dipendente dalla struttura sanitaria erogante la prestazione. Poiché l'attestazione di presenza non è sostanzialmente un certificato di malattia non deve invece recare l'indicazione della diagnosi né del tipo di prestazione somministrata. Immediato è stato il concerto di reazioni negative da parte sia dei dirigenti scolastici sui quali dovrebbe ricadere l'onere di applicazione delle nuove disposizioni, che da parte del personale, ed in particolare di quello docente, per le conseguenze negative che una applicazione letterale delle nuove disposizione potrebbe avere sulla regolarità degli obblighi di servizio. La domanda che il personale si è immediatamente posto è semplicissima: per l'espletamento delle visite mediche, delle terapie, delle prestazioni specialistiche o degli esami diagnostici deve obbligatoriamente chiedere un permesso o, previa presentazione di certificazione medica, un giorno di assenza per motivi di salute? Una domanda rimasta fino ad oggi senza una risposta. Una risposta chiara è auspicata anche dai sindacati che hanno chiesto il ritiro della circolare al ministro Marianna Madia. Quanto alle motivazioni che sarebbero alla base della volontà del legislatore (contrastare il fenomeno dell'assenteismo), concretizzatasi appunto nell'articolo 4, comma 16 bis del decreto legge 101/2013, queste non possono interessare il personale della scuola che in materia di assenteismo per motivi di salute occupa uno degli ultimi posti nella graduatoria dei dipendenti pubblici.
www.istruzione.it – 22 aprile 2014
“Decreto Legge n. 101 del 31 agosto 2013, convertito in legge n. 125 del 30 ottobre 2013 - "Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni" - art.4 comma 16 bis - assenze per visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici”.
Con circolare n. 2 del 17 febbraio 2014, registrata alla Corte dei Conti il 19 marzo, il Dipartimento della Funzione Pubblica ha fornito indirizzi applicativi sull’art. 55 septies del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come novellato dall’art. 4, comma 16 bis, del decreto legge 101 del 31/8/2013, per quanto attiene alle assenze per visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici dei pubblici dipendenti.
Si trasmette pertanto la circolare in argomento, sottolineando in particolare quanto segue: 1. per l’effettuazione di visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici, il personale non potrà usufruire, di regola, di assenze per malattia, dovendo invece fruire dei permessi per documentati motivi personali (art. 18 CCNL 16.5.1995) o di istituti contrattuali similari o alternativi (permessi brevi di cui all’art. 20 del CCNL 16.5.1995 o riposi compensativi di cui agli artt. 26 e 27 CCNI 16.5.2001, integrativo del CCNL 16.2.1999). In assenza di ulteriori specifiche indicazioni in merito, si ritiene che, nell’ipotesi in cui l’assenza si verifichi prima dell’entrata in servizio del dipendente, il computo della durata della medesima dovrà effettuarsi riferendosi all’orario di ingresso al lavoro in ciascun ufficio, fermo restando il principio di flessibilità in entrata. 2. La giustificazione dell’assenza, nelle ipotesi in cui sia necessaria per poter usufruire dell’istituto richiesto (ad es. permessi per documentati motivi personali), deve avvenire mediante attestazione redatta dal medico o dal personale amministrativo della struttura pubblica o privata che ha erogato la prestazione (attestazione di presenza, v. p. 2 circolare Funzione Pubblica, cpv. 3 e 4). In alternativa, è possibile presentare dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà redatta, ai sensi del combinato disposto degli artt. 47 e 38 del DPR n. 445/2000, in conformità al modello inserito nella circolare ed allegato alla presente. 3. Se le visite specialistiche, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici sono concomitanti con una situazione di incapacità lavorativa del dipendente, troveranno applicazione le ordinarie regole sulla giustificazione dell’assenza per malattia. In tali casi, il medico (individuato ai sensi dell’art. 55 septies, comma 1, del d.lgs 165/01) redigerà pertanto la relativa attestazione di malattia, comunicandola all’amministrazione secondo le consuete modalità (cfr. Circolari nn. 1 e 2 DFP/DDI 2010). In assenza di ulteriori specifiche indicazioni sulla circolare, si ritiene che la situazione di “concomitanza” possa riferirsi tanto ai casi di accertamenti diagnostici tali da compromettere la capacità lavorativa del dipendente, quanto ai casi in cui il dipendente, già in situazione di incapacità lavorativa, debba essere sottoposto a visita (ad es. visita di controllo nel periodo di convalescenza successivo ad un intervento chirurgico). La circolare prevede invece espressamente le ipotesi in cui, a causa delle patologie sofferte, il dipendente debba sottoporsi periodicamente, anche per lunghi periodi, a terapie comportanti incapacità al lavoro. In tali casi, a fini di semplificazione, per poter usufruire dell’assenza per malattia si ritiene sufficiente anche un’unica certificazione del medico curante, redatta in forma cartacea, che attesti la necessità di trattamenti sanitari ricorrenti comportanti incapacità lavorativa, secondo cicli o un calendario stabilito dal medico. Tale certificazione, da presentare prima dell’inizio delle terapie, dovrà essere integrata, di volta in volta, dalle singole attestazioni di presenza dalle quali risulti l’effettuazione delle terapie per ciascuna giornata. In tali casi, l’attestazione di presenza – redatta secondo le modalità di cui al punto 2 – dovrà contenere anche l’indicazione che la prestazione è somministrata nell’ambito del ciclo o calendario di terapia prescritto dal medico curante. Eventuali ulteriori chiarimenti interpretativi potranno essere richiesti al seguente indirizzo di posta elettronica: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Si ringrazia per la collaborazione.
Il Sole 24Ore – 23 aprile 2014
“Dietrofront del Governo sul taglio agli enti di ricerca e alle università"
░ Nell'ultima versione del decreto sul cuneo fiscale - che è stato approvato dal C.dM.,venerdì scorso ed è ancora in attesa di pubblicazione sull Gazzetta Ufficiale - scompare la riduzione di 30 milioni al Fondo di finanziamento ordinario degli atenei. Analogamente è eliminata la doppia stretta sugli enti di ricerca prevista inizialmente. Di Eugenio Bruno
Nelle bozze precedenti del provvedimento, all'articolo 50 che contiene le disposizioni finanziarie, erano contenuti 2 commi che avevano fatto sussultare il mondo accademico e della ricerca. Il primo prevedeva la riduzione dei trasferimenti dello Stato per gli enti di ricerca contenuti in una tabella allegata che non era però disponibile; il secondo imponeva agli enti di ricerca vigilati dal Miur, eccetto l'Invalsi, una riduzione del Fondo ordinario con cui assicurare il contenimento della spesa per consumi intermedi. Sempre per la stessa finalità quest'ultima norma decurtava il Fondo di finanziamento ordinario delle università (il cosiddetto Ffo) di 30 milioni nel 2014 e 45 milioni nel 2015. … Nella versione definitiva del dl che sta per essere inviata al Colle per la firma del capo dello Stato quella doppia stretta in realtà non c'è più. Dall'articolo 50 sulle coperture del decreto è sparito sia il comma con i sacrifici imposti agli enti di ricerca sia la sforbiciata al Ffo. L'unico sacrificio che il Miur è chiamato a sopportare, come tutti gli altri ministeri, riguarda invece la spesa per beni e servizi. Dei 200 milioni di decurtazioni imposte alle amministrazioni centrali dello Stato, da viale Trastevere ne dovranno arrivare 6,3 per il 2014 e 9,4 milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016. A esclusione, specifica il testo, delle spese per il funzionamento delle istituzioni scolastiche.
latecnicadellascuola.it – 24 aprile 2014
Dopo i “ponti" sarà tempo di scioperi università"
░ Il primo è programmato per il 28 aprile con l’astensione dal lavoro di docenti e Ata organizzata dall’Unicobas. Il 6 e 7 maggio si asterrà dalle lezioni il personale della scuola dell’infanzia e primaria per ribadire il no alle prove Invalsi (ma non solo); il 13 maggio sarà la volta di medie e superiori. Seguirà l’astensione proclamata dai Cobas, in corrispondenza delle invise prove Invalsi.
Dopo il ponte della Festa della Liberazione, che in alcuni istituti è stato “attaccato” con le festività pasquali, lunedì 28 aprile riprenderanno le lezioni nelle scuola italiane. Ma non dappertutto. “Contro la politica del Ministro Giannini”, l’Unicobas ha infatti confermato lo sciopero per l'intera giornata, sia per il personale docente che Ata, di ruolo e non, delle scuole pubbliche di ogni ordine e grado. La conferma è arrivata anche dal ministero dell'Istruzione.
Secondo il segretario nazionale Unicobas, Stefano d’Errico, lo sciopero servirà a rivendicare tanti problemi irrisolti. Ma stavolta prima di tutto a educare “il Ministro a minor protervia: abbiamo capito cosa vuole la Giannini: 1) eliminare la libertà d'insegnamento e d'apprendimento tramite 'valutazioni' discrezionali d'autorità da parte dei dirigenti collegata ai risultati dei vergognosi test Invalsi ed una gestione privatistica incardinata sul capitale privato (inteso come committenza); 2) sopprimere gli scatti d’anzianità, già ‘congelati’ e restituiti solo in parte (grazie ad un accordo-truffa sottoscritto da CISL, UIL, SNALS e Gilda) a detrimento del fondo di istituto, ormai privo di risorse; 3) fingere di non accorgersi che retribuendo al livello più basso d’Europa i docenti ed investendo meno di chiunque in percentuale di PIL destinata ad istruzione, università e ricerca, si sviluppa una ‘pedagogia sociale’ che deprime il valore della scuola e della cultura; 4) realizzare l'ultimo punto del programma della Loggia P2 rimasto ‘inevaso’: eliminare il valore legale del titolo di studio; 5) eliminare gli organi collegiali, trasformare le scuole in fondazioni e farle gestire da consigli di amministrazione presieduti dal 'dirigente', assumere il personale per chiamata diretta e discrezionale come nelle scuole private; 6) ridurre i Licei a 4 anni”. Il sindacato coglie anche l’occasione per ricordare la necessità di avere “un contratto specifico per tutta la scuola fuori dall'area del pubblico impiego (dove non è prevista certo la 'libertà di impiegamento' e dove non esistono le responsabilità penali che gravano su chi a che fare con minori) e l'istituzione di un Consiglio Superiore della Docenza adibito a garantire, così come per la Magistratura, l'autonomia e la terzietà della Scuola pubblica”. Appena qualche giorno dopo un altro lungo ponte, quello della Festa del Lavoro, il mondo della scuola sarà di nuovo in sciopero. Stavolta a proclamarlo sono stati i Cobas, in corrispondenza delle invise prove Invalsi: “A noi – ha spiegato qualche giorno fa Piero Bernocchi, portavoce nazionale Cobas - sembra un rito distruttivo e insensato quello dei quiz Invalsi, reiterati malgrado il loro fallimento acclarato. E ora non è più solo l’opinione dei Cobas e dei docenti, anche universitari, e intellettuali che la pensano come noi: ma addirittura è l’ammissione dei nostri principali avversari in questa battaglia culturale e sindacale, e cioè la Fondazione Agnelli, finora protagonista dell’infatuazione ‘invalsiana’”. Il 6 e 7 maggio si asterrà dalle lezioni il personale della scuola dell’infanzia e primaria. Il 13 maggio sarà la volta di quello delle medie e delle superiori….
orizzonte scuola.it – 25 aprile 2014
“Licei quadriennali. Il prossimo anno altre tre sperimentazioni. Il Ministero rassicura, ne verificheremo l'affidabilità"
░ A una interrogazione parlamentare dell’on. Vacca del Movimento5stelle, il Sottosegretario Donghia ha dato assicurazioni in materia dei progetti di innovazione metodologico-didattica che attivano percorsi quadriennali di scuola secondaria di II grado sperimentali: il Governo ne verificherà l'affidabilità e la trasparenza delle procedure. Inoltre, con i decreti autorizzativi delle sperimentazioni i competenti UU.SS.RR. sono chiamati a costituire specifici comitati tecnico-scientifici che provvederanno annualmente a valutare gli esiti dei progetti di innovazione, di cui il Ministero potrà fornire puntuale documentazione. Riportiamo la trascrizione a verbale della replica con cui Gianluca Vacca si è dichiarato insoddisfatto della risposta del rappresentante del Governo.
“Rileva, infatti, come vi sia assoluta mancanza di trasparenza sulla sperimentazione in atto presso talune istituzioni scolastiche, mancando sia i relativi dati sia ulteriori elementi di valutazione come progetti o decreti attuativi, i quali non sono reperibili neppure sul sito istituzionale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Ritiene, quindi, che il progetto di riduzione di un anno dei percorsi di studio della scuola secondaria di secondo grado sia frammentario, non avendo un quadro di riferimento nazionale certo. Reputa, inoltre, non opportuno iniziare tale sperimentazione presso gli istituti paritari, perché questa sia poi riportata alle scuole statali, in quanto la stessa sperimentazione dovrebbe essere attivata anzitutto nelle istituzioni scolastiche statali, per poi, eventualmente, essere trasferita alle scuole paritarie. Il dubbio avanzato dall'Onorevole è se dietro questo atteggiamento vi sia la volontà di attuare, al fine di reperire nuove risorse, un repentino taglio di fondi per la scuola, realizzato tramite la riduzione di un anno del corso di studi superiori. Questo reale obiettivo, che sembra confermato da quanto indicato nell'atto di indirizzo del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 4 febbraio 2013 che, nella priorità n. 5, punto c), connette la riduzione di un anno del corso di studi superiori «anche alla destinazione delle maggiori risorse disponibili per il miglioramento della qualità e della quantità dell'offerta formativa», sarebbe perseguito in assenza di una reale attività di sperimentazione controllabile da parte dei cittadini. Rileva, infine, come, di fronte a questa ipotesi di taglio di circa 40 mila cattedre, con un risparmio di alcune centinaia di milioni di euro, altri Stati, come gli Stati Uniti d'America, stiano sperimentando l'allungamento sino a 6 anni degli studi secondari superiori, in particolare ad indirizzo tecnico. Precisa, quindi, che ridurre di un anno il corso di studi superiori, per immettere gli studenti prima nel circuito universitario, non è utile, se poi gli stessi studenti abbandonano precocemente gli studi, come dimostrano le rilevazioni sul tasso di abbandono universitario che in Italia è il più elevato d'Europa.
░ Riportiamo, da Pietro Perziani, unainteressante proposta per dare prospettive di carriera nel lavoro a Scuola.
Un docente va in pensione facendo esattamente le stesse cose che faceva nel suo primo giorno di lavoro, lo stesso avviene per il dirigente scolastico; nessuno dei due ha la prospettiva di un arricchimento professionale della sua prestazione lavorativa, di un avanzamento di carriera e di una maggiore soddisfazione economica, a parte gli scatti di anzianità per i docenti.Questa è la conseguenza della marginalizzazione della scuola autonoma rispetto al sistema di istruzione e dell’anomiagiuridico-istituzionale che caratterizza la singola istituzione scolastica; le deficienze strutturali hanno pesanti ricadute sul personale e l’insoddisfazione di docenti, ATA e dirigenti ha naturalmente pesanti ricadute sulla qualità del servizio.Non si dice forse che la scuola è il regno del burnout?Si potrebbe dire che almeno una forma di carriera nella scuola esiste: un docente può diventare dirigente scolastico; ma si tratta veramente di una carriera? La risposta è no.
Intanto, va considerato un fatto puramente quantitativo: non più dell’1% dei docenti può diventare dirigente, un’altra piccolissima percentuale ispettore; la cosa più importante, però, è che quello che un docente fa o non fa nell’ambito della sua prestazione professionale non ha alcuna influenza sulla possibilità di diventare dirigente…Un impiegato laureato che viene assunto al MIUR ha davanti a sé la prospettiva di una carriera che, per gradi intermedi, lo può portare fino ai massimi livelli dell’Amministrazione; tutto questo, per il docente non vale: nasce docente, muore docente.Forse non ci si è mai fatto mente locale, ma lo stesso vale per il dirigente scolastico; un giovane di 35 che è stato appena assunto ha davanti a sé più di 30 anni di lavoro sempre uguale, quello che fa oggi lo farà per sempre; particolare da non sottovalutare: non avrà alcuna possibilità di guadagnare di più.Anche nella scuola, come in qualsiasi posto di lavoro, ci dovrebbe essere la possibilità di più alternative professionali e di un avanzamento di carriera, che dai livelli di ingresso porti ai livelli più alti di gestione dell’amministrazione di appartenenza.Cosa fare?Proviamo a delineare una “Carriera della Scuola”, senza trascurare il personale ATA e i DSGA; non andiamo oltre delle semplici suggestioni, il tema andrà ripreso con un approfondimento ben maggiore.Per prima cosa, va istituzionalizzata una diversificazione della funzione docente, lungo tre direttrici:
1-Creazione del middle managment con funzione di line; dovrebbero essere istituzionalizzate tutte le figure di collaborazione del dirigente nella gestione della scuola che già esistono, senza una veste giuridica precisa
2-Creazione della funzione vicaria, nella veste giuridica di una vice dirigenza o qualcosa di equivalente, come ruolo a se stante
3-Creazione delle figure di staff, istituzionalizzando le funzioni di quanti contribuiscono all’elaborazione e alla gestione della didattica, eliminando nel contempo tutte le figure spurie di origine contrattuale.
Per quanto riguarda il personale ATA, dove la possibilità di un avanzamento di carriera esiste, va previsto il riconoscimento della Vice Dirigenza anche al DSGA.Arrivati alla dirigenza dell’istituzione scolastica autonoma, il percorso non si deve fermare; se l’autonomia scolastica si deve espandere sul territorio, lo stesso deve succedere per la sua dirigenza.Il sistema di istruzione e formazione deve essere gestito da chi gestisce la scuola, cioè dai dirigenti scolastici, fino ai massimi livelli, sia a livello centrale che periferico.Quanto appena detto vale tanto più se si va verso una dirigenza apicale a tempo determinato….
░ Le risultanze di un’indagine realizzata dalConsorzio Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati: Dal 2008 al 2012, il tasso di disoccupazione dei laureati di I livello è cresciuto di 11 punti. Di CarloButtaroni, Presidente Tecnè.
… Le grandi trasformazioni avvenute in quegli anni alimentavano l’idea che in Italia, come in altri paesi occidentali, la rigida divisione in classi appartenesse ormai al passato. E, in effetti, il cambio di struttura economica iniziato negli anni Cinquanta con il processo d’industrializzazione prima e di terziarizzazione poi, hanno segnato una rapida crescita della classe operaia urbana e della classe media impiegatizia, insieme all’affermarsi di una borghesia legata alla piccola industria e al commercio, registrando tassi elevati di mobilità sociale ascendente….Una mobilità che ha consentito non solo a milioni d’italiani di raggiungere condizioni di benessere individuale, ma a tutto il Paese di crescere e acquistare fiducia in se stesso, dando corpo a un ceto medio sempre più diffuso e dinamico. Questo imponente processo di mobilità sociale ha avuto il suo apice negli anni Sessanta per rallentare progressivamente nei decenni successivi. E mentre diminuivano le possibilità di ascesa sociale, crescevano contestualmente i vantaggi determinati dalla posizione di partenza ereditata della famiglia. Con il risultato che, dagli anni Ottanta, gli eredi delle classi medie e superiori riuscivano con minore frequenza a ricalcare la dinamica ascendente dei padri, e assai più fatica dovevano fare i figli delle classi inferiori per emanciparsi dalle loro origini. Già negli anni Novanta, le possibilità che avevano i figli d’imprenditori, liberi professionisti, dirigenti di accedere ai vertici della gerarchia sociale superavano di dodici volte le possibilità su cui potevano contare i giovani provenienti da famiglie di classi inferiori. Non solo: le classi più elevate riescono anche a garantire una protezione più elevata contro i rischi di discesa verso posizioni inferiori, riducendo, quindi, le opportunità di ricambio ai vertici della piramide sociale. Questo fenomeno si accentua ancora di più nel decennio successivo fino a quando, a cavallo tra il nuovo secolo e i giorni nostri, le traiettorie sociali invertono la direzione. Gli ascensori sociali si bloccano in salita, mentre aumentano le frequenze delle discese e l’Italia sperimenta, complice anche la crisi economica, una radicale discontinuità storica rispetto agli ultimi cinquant’anni. … Paradossalmente, ad aggravare gli effetti del blocco della mobilità sociale ascendente è la crescita dei livelli d’istruzione dei giovani. A parità di titolo di studio, infatti, i figli si collocano in posizioni professionali meno qualificate rispetto a quelle dei loro genitori, rendendo inevitabilmente meno produttivo il loro capitale umano…. A un anno dal conseguimento del titolo, il tasso di disoccupazione dei laureati di primo livello è cresciuto di oltre 11 punti in soli 4 anni, passando dal 15,1% del 2008 al 26,5% del 2012. E mentre è cresciuta la difficoltà a trovare un lavoro, per gli occupati si sono ridotti i guadagni netti mensili, inferiori di un quinto per i laureati nel 2012 rispetto ai colleghi che hanno conseguito il titolo nel 2008. Un fenomeno che inevitabilmente induce a ritenere la laurea meno efficace rispetto al passato….
ItaliaOggi – 15 aprile 2014
“Visite specialistiche, che caos !"
░ Difformità tra una circolare della Funzione pubblica e la legge.
Monta la protesta dei lavoratori della scuola contro il divieto di utilizzare le assenze per malattia per le visite specialistiche e gli esami diagnostici. Divieto che è stato introdotto dalla Funzione pubblica, con la circolare n. 2 emanata il 17 febbraio scorso.Secondo il dipartimento, l'articolo 4, comma 16-bis, del decreto legge 101/2013 precluderebbe ai dipendenti pubblici di imputare ad assenza per malattia quelle dovute a visite specialistiche ed esami clinici. E quindi, per questo genere di assenze, bisognerebbe utilizzare i permessi per motivi personali. La questione … sembrerebbe fondarsi su un equivoco, indotto dall'adozione di un criterio meramente letterale nell'interpretazione della disposizione contestata. La quale prevede che, quando si utilizza un'assenza per malattia per questo genere di motivi, il permesso debba essere giustificato con un'attestazione del medico o della struttura sanitaria. Ciò ha indotto la Funzione pubblica a ritenere che non si tratti di assenze per malattia, ma di permessi. E quindi, essendo il permesso per motivi personali l'unico utilizzabile in alternativa alle assenze per malattia, questa sarebbe l'unica soluzione possibile. Il ragionamento non fa una grinza, se non fosse per il fatto che l'intenzione del legislatore sembrerebbe diversa.Leggendo la relazione illustrativa si scopre, infatti, che il comma 16-bis, altro non sarebbe se non «una modifica tecnica volta a stabilire che la giustificazione è da riferirsi al permesso richiesto e non all'assenza in quanto tale». In buona sostanza, dunque, ciò che deve essere dimostrato ai fini del diritto non è lo stato morboso (come nel caso delle assenze per malattia in senso stretto) ma il titolo (il permesso) che abbia determinato l'insorgenza del diritto. Nel caso specifico: la sottoposizione ad una visita specialistica o ad un esame clinico. I cui esiti potrebbero anche essere negativi. E quindi, siccome il dipendente che dovesse sottoporsi a visite o esami potrebbe anche risultare sano come un pesce, la giustificazione non può consistere in un certificato medico che accerti l'esistenza dello stato patologico (come nelle assenze per malattia in senso stretto). Di qui la necessità della semplice attestazione del medico che lo abbia visitato oppure della struttura sanitaria dove sia stato sottoposto ad accertamenti. Fin qui l'interpretazione delle parole.
Ma ci sono anche aspetti più complessi da considerare, quali le necessità dei lavoratori affetti da gravi patologie, che ,anche quando sono abili al lavoro, necessitano di continui accertamenti e conseguenti visite specialistiche per il dosaggio dei farmaci salvavita. Si pensi, per esempio, ai diabetici o ai malati di cancro. In questi casi, i controlli e le visite possono essere anche molto frequenti. E quindi, i permessi per motivi personali sono assolutamente insufficienti. …. Insomma, una bella gatta da pelare per il ministro Maria Anna Madia, chiamata a dirimere una questione emersa a causa di una circolare che porta la firma del suo predecessore Gianpiero D'Alia. E che, considerati gli interessi in gioco, rischia di scatenare un contenzioso di enormi proporzioni.
http://www.laricerca.loescher.it – 15 aprile 2014
“Una squadra fortissimi"
░ Marina Boscainointerviene sul tema del reclutamento degli insegnanti, che la Giannini auspicherebbe fosse affidato ai dirigentiscolastici.
Si tratta di un tema delicato, sul quale sarebbe il caso di riflettere con minore velocità e maggiore ponderatezza.All’ipotesi si oppone, innanzitutto, l’art. 97 della Costituzione, che al comma 3 recita: “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”…. Il concorso pubblico – senza dubbio perfettibile, in alcuni casi inficiato dall’italica propensione almalcostume o da errori – è non solo garanzia del principio di pari opportunità nel reclutamento; ma anche di pari opportunità per il diritto all’apprendimento degli studenti. Nonché del fatto che, tra i principali strumenti che lo Stato ha a disposizione per configurare il principio di uguaglianza (comma 2 dell’art. 3 della Carta: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”), c’è anche e soprattutto la scuola pubblica.…L’abbassamento dei livelli di competenze, i salari con un potere d’acquisto sempre più avvilente, lo scarso investimento sul ruolo del docente e sulla scuola pubblica che ha – trasversalmente, purtroppo – scandito le politiche scolastiche degli ultimi lustri, hanno avuto effetti negativi sulla motivazione di molti.La perdita di una funzione culturale e di uno statuto sociale dei docenti di una società che si alimenta di ben altri miti, sono sintetizzati da due estremi, altrettanto demagogici e occhieggianti a consensi opposti, che danno in maniera analoga il senso di una professione che non riesce più a trovare una collocazione significativa all’interno di questa società: da una parte la glorificazione – a salario fermo e contratto bloccato da tanti anni – di coloro che ci hanno chiamato e ci chiamano eroi; dall’altra la ventata di strategie diffamatorie dell’intera categoria degli insegnanti – inaugurata da alcuni interventi sui più importanti quotidiani di economisti editorialisti come Ichino,Panebianco, Giavazzi – che sono alla base di un’asfittica e punitiva visione della valutazione e di una premialità legata a criteri fluttuanti, lontani anni luce da ciò che si deve sapere e saper fare per interpretare dignitosamente ed efficacemente la nostra professione. Spesso inconsapevoli di ciò che la scuola è, nella sostanza. O ansiosi di giustapporre al “luogo scuola” – con le sue particolarità e specificità – i limiti angusti, e ad esso incoerenti, delle realtà aziendali…Gli insegnanti oscillano tra una sfiduciata dismissione culturale e relazionale, che accompagna quella sociale; e un ostinato esercizio della vocazione missionaria che molti di noi hanno; quella vocazione che ha consentito alla scuola di andare avanti comunque, tentando di tamponare e di neutralizzare i danni che gli strateghi delle politiche dell’istruzione producevano impunemente.Nessuno dei nostri politici ha pagato il conto di errori marchiani (l’abbassamento dell’obbligo scolastico, la diminuzione drammatica delle competenze dilettoscrittura nei quindicenni scolarizzati nel nostro Paese, ad esempio), di scoop ad uso della stampa che si sono tradotti in nulla o – peggio – in operazioni opinabili (la geostoria, il portfolio, il tempo pieno ridotto da diritto a fortunata opportunità, la politica della “semplificazione”). A nessuno è stato presentato il conto di cambiamenti continui – traumatici o a colpi di “cacciavite” – che la scuola ha subito protestando o no, ma troppo spesso sostituendo all’opposizione e alla condivisione della resistenza l’adattamento (responsabile o di comodo) alle novità. Le responsabilità sono fluttuanti: non sappiamo o preferiamo non assegnare a nomi e cognomi, per chiedere ragione delle continue bizzarrie che di pedagogico – da qualsiasi parte politica siano provenute – non hanno nulla… In questo contesto si inserisce l’insistenza sul tema della chiamata diretta. Inopportuno, dunque, sia dal punto di vista normativo che delle condizioni concrete. Quali sarebbero i criteri che garantiranno identiche condizioni di accesso? Quali le caratteristiche dei profili più richiesti? Per quali motivi gli istituti scolastici meno rinomati (e dunque meno ambiti), già caratterizzati da una popolazione studentesca svantaggiata, dalla localizzazione in zone marginali, dovrebbero – come è ovvio e fisiologico che sia – accontentarsi dei docenti meno titolati, meno referenziati dal punto di vista culturale – ampliando così i margini di svantaggio già esistenti? Come si misura la capacità di relazione e di cura che un insegnante è in grado di sviluppare? Qual è il vantaggio di amplificare il gap che già esiste tra zone del Paese e – nell’ambito del Paese – tra scuola e scuola? Queste e tante altre ledomande….
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. – 15 aprile 2014
“Già accolto un ricorso su tre Concorsi universitari nel caos"
░ I risultati dell’Abilitazione Nazionale universitaria sono stati contestati dinanzi ai tribunali, da 600 aspiranti professori. Se alla fine i giudici daranno ragione al candidato bisognerà fare tutto daccapo.
Non c’è pace per l’Abilitazione scientifica nazionale. È la tappa che può aprire la strada — o sbarrarla — ai concorsi universitari per diventare docenti ordinari (prima fascia) o associati (seconda) nei prossimi anni. Un appuntamento per quasi sessantamila persone. Ma che ora per il ministero dell’Istruzione è diventato una grana giudiziaria, oltre che accademica. Con risvolti legali che potrebbero tirare in ballo anche la Corte costituzionale. Soprattutto quando a giugno e luglio saranno esaminati i ricorsi che mettono in discussione addirittura la costituzionalità delle norme che regolano l’abilitazione.E così prima di arrivare nelle aule universitarie bisognerà vedere che succede in quelle dei tribunali. Fino a ieri 66 commissioni (su 184, più di un terzo) hanno chiesto interventi di «autotutela». Per rivedere alcuni giudizi, certo. Ma anche per evitare possibili ricorsi al Tar.E proprio al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione terza, di ricorsi inviati dai candidati «non idonei» ne sono arrivati quasi 600. Di questi — secondo le prime stime — ne sono stati accolti circa 200. Uno su tre. E per ognuno il ministero deve rinominare entro sessanta giorni una nuova commissione (quattro docenti italiani, uno straniero) per rigiudicare chi ha proposto ricorso. Quattro sono i punti critici. Il primo: quando i candidati sono stati giudicati da commissioni senza membri esperti. Il secondo: quando gli indicatori bibliometricisulle pubblicazioni scientifiche — essenziali per essere valutati — si sono rivelati errati. Il terzo: quando la mancata idoneità è stata accompagnata da cinque giudizi tutti negativi, ma con motivazioni non omogenee. Il quarto: quando i commissari non hanno abilitato pur valutando «accettabili» i titoli dell’aspirante docente. Per il Tar «accettabile» non è un giudizio negativo…. A complicare ancora di più la situazione, proprio in questi giorni leuniversità stanno attivando le procedure di chiamata.Per non parlare della seconda tornata dell’Abilitazione: i lavori sono stati prorogati di un altro mese. …
L’Unità – 16 aprile 2014
“La riforma dell’apprendistato: quali i rischi di effetti negativi (inattesi)?"
░ Il tema della formazione in apprendistato, visto da UgoAscoli e EmmanuelePavolini. Le riflessioni si basano sull’esperienza di amministratore di uno dei due autori di questo articolo (che è stato per vari anni Assessore regionale al Lavoro) e sui risultati di una ricerca condotta nell’ultimo biennio all’interno di un progetto di ricerca del MIUR (PRIN) sui temi del welfare, in cui una parte specifica è stata dedicata al funzionamento dell’apprendistato. Riportiamo in parte.
L’attuale governo ha ritenuto di dover intervenire con celerità su questioni relative al mercato del lavoro con un decreto legge, iln° 34 del 20 marzo 2014, onde modificare la regolazione di alcune importanti forme di contratto: l’apprendistato (incidendo soprattutto su quello più praticato, ovvero quello ‘professionalizzante’) ed il contratto a tempo determinato….Renzi, tramite il decreto “Poletti”, interviene sul contratto di apprendistato. Nel corso degli ultimi decenni si è ripetutamente intervenuto sui limiti di età per avere accesso a tale strumento: seguendo una direzione di progressivo innalzamento di tale limite nel 1997 si elevò l’età dell’apprendista fino a 24 anni; nel 2003 si portò tale limite fino a 29 anni e si elevò il periodo possibile dell’apprendistato ‘professionalizzante’ a sei anni; nel 2011 venne approvato il Testo Unico che riportava la durata massima a tre anni; nel 2012 si rivedevano gli sgravi contributivi a favore del datore di lavoro (fino al 100% per un impresa con meno di nove addetti). Da un punto di vista degli strumenti per facilitare l’inserimento sul mercato del lavoro dei giovani, il valore e l’importanza del contratto di apprendistato risiedono nell’essere un contratto ‘a causa mista’: la doppia attenzione su inserimento lavorativo e formazione ne costituiscono l’essenza e la forza. … L’idea di coniugare esperienza in azienda con attività formative, spendibili in un contesto più ampio di mercato del lavoro, si è andata affievolendo nel corso del tempo. Dieci anni fa le ore della ‘formazione trasversale’ erano 120 annue. Si è giunti successivamente a 120 in tre anni. Con il decreto Poletti l’obbligo è stato praticamente azzerato. Per essere più precisi il decreto del marzo 2014 rende facoltativa e non obbligatoria la formazione trasversale. …Il nodo della formazione ha da sempre rappresentato una questione spinosa nell’ambito dei rapporti fra datori di lavoro, organizzazioni sindacali e soggetti pubblici, spesso responsabili dei percorsi formativi ‘esterni’: in nessuna regione italiana si è mai riusciti a mettere in formazione più di un terzo dei giovani in apprendistato e tutte le ricerche hanno mostrato un funzionamento profondamente insoddisfacente per le modalità dei percorsi attivati. Tuttavia erano in molti a pensare che occorresse ridisegnare tale formazione, facendone veramente una leva per migliorare la capacità dei giovani di ricollocarsi efficacemente in un’altra attività lavorativa, dopo la conclusione di un periodo di apprendistato, piuttosto che abdicare nella sostanza all’aspirazione di investire in tale direzione. Contemporaneamente buona parte dei datori di lavoro l’ha sempre considerata come ‘una perdita di tempo’ che riduce il monte ore investito nel lavoro e quindi un costo per l’impresa….
orizzontescuola.it – 18.04.20145
“Graduatorie di istituto: abilitati TFA alMiur. Aggiornamento a maggio, ancora nessuna soluzione per i punteggi, impossibile accontentare tutti"
░ Il prestigioso periodico professionale – tra i più completi e puntuali – ospita una lettera del prof. Edoardo Ricci. Si inserisce nella disputa tra abilitati con TFA e abilitandi con PAS.
Una delegazione di docenti abilitati con TFA è stata ricevuta a colloquio, durante la manifestazione di giovedì 17 aprile, dal Capo di Gabinetto dott. Fusacchia e dalla dott.ssa Montesarchio. La rappresentanza tieffina ha avuto modo di illustrare, in questa sede, il dossier con le proposte atte a valorizzare il titolo di abilitazione conseguito con merito.Sono state presentate all’attenzione degli interlocutori istituzionali le seguenti questioni:a) La distinzione di punteggio tra TFA e PAS da ottenere tramite la valorizzazione della discriminante oggettiva che rende differenti i due percorsi, ossia la presenza di una triplice prova selettiva in ingresso, da quantificare in almeno 24 punti a favore dei percorsi ordinari basati sul fabbisogno. E’ stata presentata, a tal fine, una bozza di tabella di valutazione dei titoli per l’aggiornamento imminente della seconda fascia delle graduatorie di istituto;b)l’illegittimità dell’inserimento con riservadei PAS, da sciogliere a conseguimento del titolo, nella seconda fascia delle graduatorie di istituto, non essendo contemplata dal Regolamento delle supplenze (D.M. 131/07)….. c)la necessità di superare il limite della scelta di venti scuole, incrociando le graduatorie di seconda fascia degli istituti su base provinciale, in modo da assicurare il conferimento degli incarichi annuali e delle supplenze su organico di fatto a personale abilitato;d) l’affermazione del diritto degli abilitati TFA al doppio canale di reclutamento, previo inserimento nella fascia aggiuntiva delle graduatorie ad esaurimento e l’indizione di un nuovo concorso a cattedra, nel rispetto della Legge 124/99. E’ stato sottolineato, a proposito, come l’inserimento dei docenti abilitati con TFA e dei laureati in Scienze della Formazione Primaria entro l’a.a. 2012-13 nella quarta fascia delle Graduatorie ad esaurimento, rispettando la chiusura di queste ultime, avrebbe il merito di rispettare il principio di priorità temporale tra i titoli di abilitazione all’insegnamento, in attesa di una nuova riforma del reclutamento che dovrà interessare esclusivamente i futuri abilitati, tramite l’istituzione regime le lauree magistrali abilitanti con tirocinio formativo previste dal DM 249/10.e) I casi particolari dei vincitori di più classi di concorso e degli idonei al primo ciclo TFA e la paradossale condizione dei futuri abilitati del TFA sostegno, che rischiano di non poter fruire del titolo di specializzazione fino al rinnovo delle graduatorie del 2017.La componente ministeriale ha rassicurato i tieffini chel’aggiornamento delle graduatorie d’istituto avverrà nel mese di maggio e che entro fine aprile porterà a conoscenza le scelte operate in merito alla questione della differente valutazione dei titoli di abilitazione TFA ePAS…. Se chiaro è parso il riconoscimento del valore del percorso formativo TFA e vivo l’interesse nei confronti delle soluzioni prospettate, non è stata tuttavia fornita alcuna risposta sulle soluzioni che il Ministro intenderàadottare…
░ Riportiamo, da Pietro Perziani, unainteressante proposta per dare prospettive di carriera nel lavoro a Scuola.
Un docente va in pensione facendo esattamente le stesse cose che faceva nel suo primo giorno di lavoro, lo stesso avviene per il dirigente scolastico; nessuno dei due ha la prospettiva di un arricchimento professionale della sua prestazione lavorativa, di un avanzamento di carriera e di una maggiore soddisfazione economica, a parte gli scatti di anzianità per i docenti.Questa è la conseguenza della marginalizzazione della scuola autonoma rispetto al sistema di istruzione e dell’anomiagiuridico-istituzionale che caratterizza la singola istituzione scolastica; le deficienze strutturali hanno pesanti ricadute sul personale e l’insoddisfazione di docenti, ATA e dirigenti ha naturalmente pesanti ricadute sulla qualità del servizio.Non si dice forse che la scuola è il regno del burnout?Si potrebbe dire che almeno una forma di carriera nella scuola esiste: un docente può diventare dirigente scolastico; ma si tratta veramente di una carriera? La risposta è no.
Intanto, va considerato un fatto puramente quantitativo: non più dell’1% dei docenti può diventare dirigente, un’altra piccolissima percentuale ispettore; la cosa più importante, però, è che quello che un docente fa o non fa nell’ambito della sua prestazione professionale non ha alcuna influenza sulla possibilità di diventare dirigente…Un impiegato laureato che viene assunto al MIUR ha davanti a sé la prospettiva di una carriera che, per gradi intermedi, lo può portare fino ai massimi livelli dell’Amministrazione; tutto questo, per il docente non vale: nasce docente, muore docente.Forse non ci si è mai fatto mente locale, ma lo stesso vale per il dirigente scolastico; un giovane di 35 che è stato appena assunto ha davanti a sé più di 30 anni di lavoro sempre uguale, quello che fa oggi lo farà per sempre; particolare da non sottovalutare: non avrà alcuna possibilità di guadagnare di più.Anche nella scuola, come in qualsiasi posto di lavoro, ci dovrebbe essere la possibilità di più alternative professionali e di un avanzamento di carriera, che dai livelli di ingresso porti ai livelli più alti di gestione dell’amministrazione di appartenenza.Cosa fare?Proviamo a delineare una “Carriera della Scuola”, senza trascurare il personale ATA e i DSGA; non andiamo oltre delle semplici suggestioni, il tema andrà ripreso con un approfondimento ben maggiore.Per prima cosa, va istituzionalizzata una diversificazione della funzione docente, lungo tre direttrici:
1-Creazione del middle managment con funzione di line; dovrebbero essere istituzionalizzate tutte le figure di collaborazione del dirigente nella gestione della scuola che già esistono, senza una veste giuridica precisa
2-Creazione della funzione vicaria, nella veste giuridica di una vice dirigenza o qualcosa di equivalente, come ruolo a se stante
3-Creazione delle figure di staff, istituzionalizzando le funzioni di quanti contribuiscono all’elaborazione e alla gestione della didattica, eliminando nel contempo tutte le figure spurie di origine contrattuale.
Per quanto riguarda il personale ATA, dove la possibilità di un avanzamento di carriera esiste, va previsto il riconoscimento della Vice Dirigenza anche al DSGA.Arrivati alla dirigenza dell’istituzione scolastica autonoma, il percorso non si deve fermare; se l’autonomia scolastica si deve espandere sul territorio, lo stesso deve succedere per la sua dirigenza.Il sistema di istruzione e formazione deve essere gestito da chi gestisce la scuola, cioè dai dirigenti scolastici, fino ai massimi livelli, sia a livello centrale che periferico.Quanto appena detto vale tanto più se si va verso una dirigenza apicale a tempo determinato….
░ Le risultanze di un’indagine realizzata dalConsorzio Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati: Dal 2008 al 2012, il tasso di disoccupazione dei laureati di I livello è cresciuto di 11 punti. Di CarloButtaroni, Presidente Tecnè.
… Le grandi trasformazioni avvenute in quegli anni alimentavano l’idea che in Italia, come in altri paesi occidentali, la rigida divisione in classi appartenesse ormai al passato. E, in effetti, il cambio di struttura economica iniziato negli anni Cinquanta con il processo d’industrializzazione prima e di terziarizzazione poi, hanno segnato una rapida crescita della classe operaia urbana e della classe media impiegatizia, insieme all’affermarsi di una borghesia legata alla piccola industria e al commercio, registrando tassi elevati di mobilità sociale ascendente….Una mobilità che ha consentito non solo a milioni d’italiani di raggiungere condizioni di benessere individuale, ma a tutto il Paese di crescere e acquistare fiducia in se stesso, dando corpo a un ceto medio sempre più diffuso e dinamico. Questo imponente processo di mobilità sociale ha avuto il suo apice negli anni Sessanta per rallentare progressivamente nei decenni successivi. E mentre diminuivano le possibilità di ascesa sociale, crescevano contestualmente i vantaggi determinati dalla posizione di partenza ereditata della famiglia. Con il risultato che, dagli anni Ottanta, gli eredi delle classi medie e superiori riuscivano con minore frequenza a ricalcare la dinamica ascendente dei padri, e assai più fatica dovevano fare i figli delle classi inferiori per emanciparsi dalle loro origini. Già negli anni Novanta, le possibilità che avevano i figli d’imprenditori, liberi professionisti, dirigenti di accedere ai vertici della gerarchia sociale superavano di dodici volte le possibilità su cui potevano contare i giovani provenienti da famiglie di classi inferiori. Non solo: le classi più elevate riescono anche a garantire una protezione più elevata contro i rischi di discesa verso posizioni inferiori, riducendo, quindi, le opportunità di ricambio ai vertici della piramide sociale. Questo fenomeno si accentua ancora di più nel decennio successivo fino a quando, a cavallo tra il nuovo secolo e i giorni nostri, le traiettorie sociali invertono la direzione. Gli ascensori sociali si bloccano in salita, mentre aumentano le frequenze delle discese e l’Italia sperimenta, complice anche la crisi economica, una radicale discontinuità storica rispetto agli ultimi cinquant’anni. … Paradossalmente, ad aggravare gli effetti del blocco della mobilità sociale ascendente è la crescita dei livelli d’istruzione dei giovani. A parità di titolo di studio, infatti, i figli si collocano in posizioni professionali meno qualificate rispetto a quelle dei loro genitori, rendendo inevitabilmente meno produttivo il loro capitale umano…. A un anno dal conseguimento del titolo, il tasso di disoccupazione dei laureati di primo livello è cresciuto di oltre 11 punti in soli 4 anni, passando dal 15,1% del 2008 al 26,5% del 2012. E mentre è cresciuta la difficoltà a trovare un lavoro, per gli occupati si sono ridotti i guadagni netti mensili, inferiori di un quinto per i laureati nel 2012 rispetto ai colleghi che hanno conseguito il titolo nel 2008. Un fenomeno che inevitabilmente induce a ritenere la laurea meno efficace rispetto al passato….
ItaliaOggi – 15 aprile 2014
“Visite specialistiche, che caos !"
░ Difformità tra una circolare della Funzione pubblica e la legge.
Monta la protesta dei lavoratori della scuola contro il divieto di utilizzare le assenze per malattia per le visite specialistiche e gli esami diagnostici. Divieto che è stato introdotto dalla Funzione pubblica, con la circolare n. 2 emanata il 17 febbraio scorso.Secondo il dipartimento, l'articolo 4, comma 16-bis, del decreto legge 101/2013 precluderebbe ai dipendenti pubblici di imputare ad assenza per malattia quelle dovute a visite specialistiche ed esami clinici. E quindi, per questo genere di assenze, bisognerebbe utilizzare i permessi per motivi personali. La questione … sembrerebbe fondarsi su un equivoco, indotto dall'adozione di un criterio meramente letterale nell'interpretazione della disposizione contestata. La quale prevede che, quando si utilizza un'assenza per malattia per questo genere di motivi, il permesso debba essere giustificato con un'attestazione del medico o della struttura sanitaria. Ciò ha indotto la Funzione pubblica a ritenere che non si tratti di assenze per malattia, ma di permessi. E quindi, essendo il permesso per motivi personali l'unico utilizzabile in alternativa alle assenze per malattia, questa sarebbe l'unica soluzione possibile. Il ragionamento non fa una grinza, se non fosse per il fatto che l'intenzione del legislatore sembrerebbe diversa.Leggendo la relazione illustrativa si scopre, infatti, che il comma 16-bis, altro non sarebbe se non «una modifica tecnica volta a stabilire che la giustificazione è da riferirsi al permesso richiesto e non all'assenza in quanto tale». In buona sostanza, dunque, ciò che deve essere dimostrato ai fini del diritto non è lo stato morboso (come nel caso delle assenze per malattia in senso stretto) ma il titolo (il permesso) che abbia determinato l'insorgenza del diritto. Nel caso specifico: la sottoposizione ad una visita specialistica o ad un esame clinico. I cui esiti potrebbero anche essere negativi. E quindi, siccome il dipendente che dovesse sottoporsi a visite o esami potrebbe anche risultare sano come un pesce, la giustificazione non può consistere in un certificato medico che accerti l'esistenza dello stato patologico (come nelle assenze per malattia in senso stretto). Di qui la necessità della semplice attestazione del medico che lo abbia visitato oppure della struttura sanitaria dove sia stato sottoposto ad accertamenti. Fin qui l'interpretazione delle parole.
Ma ci sono anche aspetti più complessi da considerare, quali le necessità dei lavoratori affetti da gravi patologie, che ,anche quando sono abili al lavoro, necessitano di continui accertamenti e conseguenti visite specialistiche per il dosaggio dei farmaci salvavita. Si pensi, per esempio, ai diabetici o ai malati di cancro. In questi casi, i controlli e le visite possono essere anche molto frequenti. E quindi, i permessi per motivi personali sono assolutamente insufficienti. …. Insomma, una bella gatta da pelare per il ministro Maria Anna Madia, chiamata a dirimere una questione emersa a causa di una circolare che porta la firma del suo predecessore Gianpiero D'Alia. E che, considerati gli interessi in gioco, rischia di scatenare un contenzioso di enormi proporzioni.
http://www.laricerca.loescher.it – 15 aprile 2014
“Una squadra fortissimi"
░ Marina Boscainointerviene sul tema del reclutamento degli insegnanti, che la Giannini auspicherebbe fosse affidato ai dirigentiscolastici.
Si tratta di un tema delicato, sul quale sarebbe il caso di riflettere con minore velocità e maggiore ponderatezza.All’ipotesi si oppone, innanzitutto, l’art. 97 della Costituzione, che al comma 3 recita: “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”…. Il concorso pubblico – senza dubbio perfettibile, in alcuni casi inficiato dall’italica propensione almalcostume o da errori – è non solo garanzia del principio di pari opportunità nel reclutamento; ma anche di pari opportunità per il diritto all’apprendimento degli studenti. Nonché del fatto che, tra i principali strumenti che lo Stato ha a disposizione per configurare il principio di uguaglianza (comma 2 dell’art. 3 della Carta: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”), c’è anche e soprattutto la scuola pubblica.…L’abbassamento dei livelli di competenze, i salari con un potere d’acquisto sempre più avvilente, lo scarso investimento sul ruolo del docente e sulla scuola pubblica che ha – trasversalmente, purtroppo – scandito le politiche scolastiche degli ultimi lustri, hanno avuto effetti negativi sulla motivazione di molti.La perdita di una funzione culturale e di uno statuto sociale dei docenti di una società che si alimenta di ben altri miti, sono sintetizzati da due estremi, altrettanto demagogici e occhieggianti a consensi opposti, che danno in maniera analoga il senso di una professione che non riesce più a trovare una collocazione significativa all’interno di questa società: da una parte la glorificazione – a salario fermo e contratto bloccato da tanti anni – di coloro che ci hanno chiamato e ci chiamano eroi; dall’altra la ventata di strategie diffamatorie dell’intera categoria degli insegnanti – inaugurata da alcuni interventi sui più importanti quotidiani di economisti editorialisti come Ichino,Panebianco, Giavazzi – che sono alla base di un’asfittica e punitiva visione della valutazione e di una premialità legata a criteri fluttuanti, lontani anni luce da ciò che si deve sapere e saper fare per interpretare dignitosamente ed efficacemente la nostra professione. Spesso inconsapevoli di ciò che la scuola è, nella sostanza. O ansiosi di giustapporre al “luogo scuola” – con le sue particolarità e specificità – i limiti angusti, e ad esso incoerenti, delle realtà aziendali…Gli insegnanti oscillano tra una sfiduciata dismissione culturale e relazionale, che accompagna quella sociale; e un ostinato esercizio della vocazione missionaria che molti di noi hanno; quella vocazione che ha consentito alla scuola di andare avanti comunque, tentando di tamponare e di neutralizzare i danni che gli strateghi delle politiche dell’istruzione producevano impunemente.Nessuno dei nostri politici ha pagato il conto di errori marchiani (l’abbassamento dell’obbligo scolastico, la diminuzione drammatica delle competenze dilettoscrittura nei quindicenni scolarizzati nel nostro Paese, ad esempio), di scoop ad uso della stampa che si sono tradotti in nulla o – peggio – in operazioni opinabili (la geostoria, il portfolio, il tempo pieno ridotto da diritto a fortunata opportunità, la politica della “semplificazione”). A nessuno è stato presentato il conto di cambiamenti continui – traumatici o a colpi di “cacciavite” – che la scuola ha subito protestando o no, ma troppo spesso sostituendo all’opposizione e alla condivisione della resistenza l’adattamento (responsabile o di comodo) alle novità. Le responsabilità sono fluttuanti: non sappiamo o preferiamo non assegnare a nomi e cognomi, per chiedere ragione delle continue bizzarrie che di pedagogico – da qualsiasi parte politica siano provenute – non hanno nulla… In questo contesto si inserisce l’insistenza sul tema della chiamata diretta. Inopportuno, dunque, sia dal punto di vista normativo che delle condizioni concrete. Quali sarebbero i criteri che garantiranno identiche condizioni di accesso? Quali le caratteristiche dei profili più richiesti? Per quali motivi gli istituti scolastici meno rinomati (e dunque meno ambiti), già caratterizzati da una popolazione studentesca svantaggiata, dalla localizzazione in zone marginali, dovrebbero – come è ovvio e fisiologico che sia – accontentarsi dei docenti meno titolati, meno referenziati dal punto di vista culturale – ampliando così i margini di svantaggio già esistenti? Come si misura la capacità di relazione e di cura che un insegnante è in grado di sviluppare? Qual è il vantaggio di amplificare il gap che già esiste tra zone del Paese e – nell’ambito del Paese – tra scuola e scuola? Queste e tante altre ledomande….
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. – 15 aprile 2014
“Già accolto un ricorso su tre Concorsi universitari nel caos"
░ I risultati dell’Abilitazione Nazionale universitaria sono stati contestati dinanzi ai tribunali, da 600 aspiranti professori. Se alla fine i giudici daranno ragione al candidato bisognerà fare tutto daccapo.
Non c’è pace per l’Abilitazione scientifica nazionale. È la tappa che può aprire la strada — o sbarrarla — ai concorsi universitari per diventare docenti ordinari (prima fascia) o associati (seconda) nei prossimi anni. Un appuntamento per quasi sessantamila persone. Ma che ora per il ministero dell’Istruzione è diventato una grana giudiziaria, oltre che accademica. Con risvolti legali che potrebbero tirare in ballo anche la Corte costituzionale. Soprattutto quando a giugno e luglio saranno esaminati i ricorsi che mettono in discussione addirittura la costituzionalità delle norme che regolano l’abilitazione.E così prima di arrivare nelle aule universitarie bisognerà vedere che succede in quelle dei tribunali. Fino a ieri 66 commissioni (su 184, più di un terzo) hanno chiesto interventi di «autotutela». Per rivedere alcuni giudizi, certo. Ma anche per evitare possibili ricorsi al Tar.E proprio al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione terza, di ricorsi inviati dai candidati «non idonei» ne sono arrivati quasi 600. Di questi — secondo le prime stime — ne sono stati accolti circa 200. Uno su tre. E per ognuno il ministero deve rinominare entro sessanta giorni una nuova commissione (quattro docenti italiani, uno straniero) per rigiudicare chi ha proposto ricorso. Quattro sono i punti critici. Il primo: quando i candidati sono stati giudicati da commissioni senza membri esperti. Il secondo: quando gli indicatori bibliometricisulle pubblicazioni scientifiche — essenziali per essere valutati — si sono rivelati errati. Il terzo: quando la mancata idoneità è stata accompagnata da cinque giudizi tutti negativi, ma con motivazioni non omogenee. Il quarto: quando i commissari non hanno abilitato pur valutando «accettabili» i titoli dell’aspirante docente. Per il Tar «accettabile» non è un giudizio negativo…. A complicare ancora di più la situazione, proprio in questi giorni leuniversità stanno attivando le procedure di chiamata.Per non parlare della seconda tornata dell’Abilitazione: i lavori sono stati prorogati di un altro mese. …
L’Unità – 16 aprile 2014
“La riforma dell’apprendistato: quali i rischi di effetti negativi (inattesi)?"
░ Il tema della formazione in apprendistato, visto da UgoAscoli e EmmanuelePavolini. Le riflessioni si basano sull’esperienza di amministratore di uno dei due autori di questo articolo (che è stato per vari anni Assessore regionale al Lavoro) e sui risultati di una ricerca condotta nell’ultimo biennio all’interno di un progetto di ricerca del MIUR (PRIN) sui temi del welfare, in cui una parte specifica è stata dedicata al funzionamento dell’apprendistato. Riportiamo in parte.
L’attuale governo ha ritenuto di dover intervenire con celerità su questioni relative al mercato del lavoro con un decreto legge, iln° 34 del 20 marzo 2014, onde modificare la regolazione di alcune importanti forme di contratto: l’apprendistato (incidendo soprattutto su quello più praticato, ovvero quello ‘professionalizzante’) ed il contratto a tempo determinato….Renzi, tramite il decreto “Poletti”, interviene sul contratto di apprendistato. Nel corso degli ultimi decenni si è ripetutamente intervenuto sui limiti di età per avere accesso a tale strumento: seguendo una direzione di progressivo innalzamento di tale limite nel 1997 si elevò l’età dell’apprendista fino a 24 anni; nel 2003 si portò tale limite fino a 29 anni e si elevò il periodo possibile dell’apprendistato ‘professionalizzante’ a sei anni; nel 2011 venne approvato il Testo Unico che riportava la durata massima a tre anni; nel 2012 si rivedevano gli sgravi contributivi a favore del datore di lavoro (fino al 100% per un impresa con meno di nove addetti). Da un punto di vista degli strumenti per facilitare l’inserimento sul mercato del lavoro dei giovani, il valore e l’importanza del contratto di apprendistato risiedono nell’essere un contratto ‘a causa mista’: la doppia attenzione su inserimento lavorativo e formazione ne costituiscono l’essenza e la forza. … L’idea di coniugare esperienza in azienda con attività formative, spendibili in un contesto più ampio di mercato del lavoro, si è andata affievolendo nel corso del tempo. Dieci anni fa le ore della ‘formazione trasversale’ erano 120 annue. Si è giunti successivamente a 120 in tre anni. Con il decreto Poletti l’obbligo è stato praticamente azzerato. Per essere più precisi il decreto del marzo 2014 rende facoltativa e non obbligatoria la formazione trasversale. …Il nodo della formazione ha da sempre rappresentato una questione spinosa nell’ambito dei rapporti fra datori di lavoro, organizzazioni sindacali e soggetti pubblici, spesso responsabili dei percorsi formativi ‘esterni’: in nessuna regione italiana si è mai riusciti a mettere in formazione più di un terzo dei giovani in apprendistato e tutte le ricerche hanno mostrato un funzionamento profondamente insoddisfacente per le modalità dei percorsi attivati. Tuttavia erano in molti a pensare che occorresse ridisegnare tale formazione, facendone veramente una leva per migliorare la capacità dei giovani di ricollocarsi efficacemente in un’altra attività lavorativa, dopo la conclusione di un periodo di apprendistato, piuttosto che abdicare nella sostanza all’aspirazione di investire in tale direzione. Contemporaneamente buona parte dei datori di lavoro l’ha sempre considerata come ‘una perdita di tempo’ che riduce il monte ore investito nel lavoro e quindi un costo per l’impresa….
orizzontescuola.it – 18.04.20145
“Graduatorie di istituto: abilitati TFA alMiur. Aggiornamento a maggio, ancora nessuna soluzione per i punteggi, impossibile accontentare tutti"
░ Il prestigioso periodico professionale – tra i più completi e puntuali – ospita una lettera del prof. Edoardo Ricci. Si inserisce nella disputa tra abilitati con TFA e abilitandi con PAS.
Una delegazione di docenti abilitati con TFA è stata ricevuta a colloquio, durante la manifestazione di giovedì 17 aprile, dal Capo di Gabinetto dott. Fusacchia e dalla dott.ssa Montesarchio. La rappresentanza tieffina ha avuto modo di illustrare, in questa sede, il dossier con le proposte atte a valorizzare il titolo di abilitazione conseguito con merito.Sono state presentate all’attenzione degli interlocutori istituzionali le seguenti questioni:a) La distinzione di punteggio tra TFA e PAS da ottenere tramite la valorizzazione della discriminante oggettiva che rende differenti i due percorsi, ossia la presenza di una triplice prova selettiva in ingresso, da quantificare in almeno 24 punti a favore dei percorsi ordinari basati sul fabbisogno. E’ stata presentata, a tal fine, una bozza di tabella di valutazione dei titoli per l’aggiornamento imminente della seconda fascia delle graduatorie di istituto;b)l’illegittimità dell’inserimento con riservadei PAS, da sciogliere a conseguimento del titolo, nella seconda fascia delle graduatorie di istituto, non essendo contemplata dal Regolamento delle supplenze (D.M. 131/07)….. c)la necessità di superare il limite della scelta di venti scuole, incrociando le graduatorie di seconda fascia degli istituti su base provinciale, in modo da assicurare il conferimento degli incarichi annuali e delle supplenze su organico di fatto a personale abilitato;d) l’affermazione del diritto degli abilitati TFA al doppio canale di reclutamento, previo inserimento nella fascia aggiuntiva delle graduatorie ad esaurimento e l’indizione di un nuovo concorso a cattedra, nel rispetto della Legge 124/99. E’ stato sottolineato, a proposito, come l’inserimento dei docenti abilitati con TFA e dei laureati in Scienze della Formazione Primaria entro l’a.a. 2012-13 nella quarta fascia delle Graduatorie ad esaurimento, rispettando la chiusura di queste ultime, avrebbe il merito di rispettare il principio di priorità temporale tra i titoli di abilitazione all’insegnamento, in attesa di una nuova riforma del reclutamento che dovrà interessare esclusivamente i futuri abilitati, tramite l’istituzione regime le lauree magistrali abilitanti con tirocinio formativo previste dal DM 249/10.e) I casi particolari dei vincitori di più classi di concorso e degli idonei al primo ciclo TFA e la paradossale condizione dei futuri abilitati del TFA sostegno, che rischiano di non poter fruire del titolo di specializzazione fino al rinnovo delle graduatorie del 2017.La componente ministeriale ha rassicurato i tieffini chel’aggiornamento delle graduatorie d’istituto avverrà nel mese di maggio e che entro fine aprile porterà a conoscenza le scelte operate in merito alla questione della differente valutazione dei titoli di abilitazione TFA ePAS…. Se chiaro è parso il riconoscimento del valore del percorso formativo TFA e vivo l’interesse nei confronti delle soluzioni prospettate, non è stata tuttavia fornita alcuna risposta sulle soluzioni che il Ministro intenderàadottare…
http://www.infiltrato.it/inchieste
“Rapporto-shock-della-commissione-europea-2023-la-poverta-diventera-la-norma”
E’ il titolo di un articolo redazionale che “infiltrato.it” riprende – con riferimento al Quarterly Report on the Euro Are, il Rapporto della Commissione europea “The euro area's growth prospects over the coming decade” portato all’attenzione da fai notizia.it ma ben presente su: http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/qr_euro_area/2013/pdf/qrea4_section_1_en.pdf. I grandi media, invece, non gli hanno dato rilievo. Il Rapporto ha toni che lasciano poco sperare alla generazione giovane.
Nell'ultimo rapporto trimestrale dell'Unione Europea sull'euro redatto dalla Commissione europea e pubblicato alcune settimane fa, c'è un passaggio sfuggito a vari commentatori. A un certo punto c'è una previsione a 10 anni. Si legge: "Presumendo che l’area euro e le previsioni sugli Stati Uniti sostengano che questo scenario sia accurato, è previsto che l’Area euro finisca nel 2023 con degli standard di vita che potrebbero essere più bassi di quelli di metà Anni 60 relativamente agli Stati Uniti. Se questo accadesse nel 2033 gli standard di vita dell’area euro (PIL pro capite) sarebbero circa il 60% di quello degli Stati Uniti, con una differenza di quasi 2/3 nello standard di vita a causa dell’abbassamento dei livelli di produttività del lavoro e col rimanente terzo dovuto alle differenze nell’utilizzazione del lavoro".
www.repubblica.it/scuola 4 aprile 2014
“Scuola, molti prof d'accordo sulla pensione. E la petizione fa il pieno di firme".
░ Ventiduemila adesioni per la richiesta rivolta al premier Matteo Renzi. Ancora da risolvere il problema dei 4mila "quota '96". E la nostra è la classe docente più anziana, impegnata in un lavoro sempre più logorante.
Fino ad oggi, la petizione online lanciata da Mila Spicola sul prepensionamento degli insegnanti ha raggiunto 22mila adesioni. Un numero destinato sicuramente a crescere visto che gli insegnanti over 60 attualmente in servizio sono tantissimi e che una consistente fetta non vede l'ora di togliere il disturbo. Per rendersene conto basta fare un giretto nei corridoi di qualsiasi scuola. I 4mila "quota '96" - coloro che sono stati bloccati dalla riforma Fornero con i requisiti per andare in pensione già maturati: 35 anni di servizio e 61 anni di età o 36 anni di servizio e 60 anni - sono alla ricerca di qualcuno che comunichi loro la fine dell'attesa. E poi ci sono gli insegnanti over 50 - che in Italia abbondano davvero, visto che ammontano al 62 per cento del totale - che quando sono entrati di ruolo potevano lasciare la cattedra a 54 anni, ma che adesso si ritrovano imbrigliati in un lavoro sempre più stressante fino a 67 anni: ben 13 in più rispetto a quanto ipotizzato all'inizio della carriera. Un'eternità. Diversi partiti, di maggioranza e opposizione, sembrano intenzionati a trovare una soluzione per il pasticcio dei Quota 96, generato dalla riforma delle pensioni. Ma anche all'interno del Pd, e del governo, sono parecchi coloro che si mostrano sensibili verso le ragioni dei prof che raccontano di una fatica del lavoro quotidiano in classe che si trasforma in realtà controproducente per l'insegnamento. La Spicola, oltre ad essere insegnante, è anche componente della direzione nazionale del Pd di Renzi. E pur non essendo esclusivamente rivolta alla classe docente, qualche giorno fa, anche il ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione, Maria Anna Madia, ha avanzato la proposta di una staffetta generazionale per inserire i giovani nel mercato del lavoro. Una eventualità che interessa da vicino i docenti che rappresentano circa un terzo degli impiegati pubblici italiani. … La petizione chiede al premier Matteo Renzi di prevedere che, "su base volontaria, i docenti di 60 anni (e perché no, anche 58) possano optare per modalità di prepensionamento o per meccanismi di riconversione ad altre funzioni strumentali all'insegnamento o alla gestione scolastica interne alla scuola, attuando una diversificazione nella carriera dei docenti e una funzionalizzazione del management scolastico che all'estero è norma e da noi non esiste". E sono bastati pochissimi giorni per raccogliere il favore di migliaia di insegnanti italiani. Gli oltre 22mila like alla proposta di prevedere una via d'uscita anticipata per coloro che volessero percorrerla potrebbero sembrare pochi rispetto agli oltre 700mila docenti della scuola nostrana. Ma rappresentano una percentuale considerevole - oltre il 30 per cento - rispetto ai circa 60/70 mila maestri e professori italiani over 60. Una quota eccessiva per qualsiasi sistema formativo al mondo, che di ultrasessantenni ne conta in media la metà. E che fa leva su giovani insegnanti - under 30 - che in Italia rappresentano una specie da proteggere: appena lo 0,27 per cento, poco più di 2mila.
http://www.corriere.it/scuola – 6 aprile 2014
“Perché i «nativi digitali» snobbano le scienze?".
░ Richiesti dalle aziende, i laureati in discipline «Stem» scarseggiano dappertutto tranne che nei Paesi in via di sviluppo. Lo «spread» italiano: solo 12 laureati su 1.000 in materie scientifico-tecnologiche.
I numeri sono importanti: negli Stati Uniti, tra cinque anni ci saranno due milioni e mezzo di posti da occupare, per esperti di discipline «Stem» (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica). In Francia il buco, lo scorso anno, era di 130mila unità, con il 10% di scienziati e tecnici in meno rispetto al 2000. Nel Regno Unito, il calo in dieci anni è stato del 18%. Arretra anche il Giappone. E in Italia, Unioncamere e ministero del Lavoro contano in 47mila le figure professionali introvabili, principalmente tra i profili tecnici. Una tendenza contraria a quella che sembra interessare le economie «emergenti», Asia in testa, come ha sottolineato nei giorni scorsi il quotidiano Les Echos… È una sorta di «morbo», partito dagli Stati Uniti negli anni ‘80, arrivato in Europa nei ‘90, esploso in Italia nel 2000, con iscritti al blocco delle Scienze «dure» in caduta libera, precipitati da 10 a 4mila: le smagliature più evidenti a Matematica e Fisica. … Ma all’annus horribilis, il Paese di Galileo e Volta, di Fermi e Montalcini, ha reagito schierando l’artiglieria. Nella forma di un Piano pluriennale (2005-2008, poi rinnovato per altri 4 anni, e nuovamente finanziato nel 2013/14, con fondi per due milioni di euro), per incrementare il numero di iscritti. Migliorando la conoscenza e l’orientamento, avvicinando i giovani, sensibilizzandoli durante le scuole superiori; «formando» i docenti, aumentando le attività di laboratorio (in maniera «consistente», indica il Piano lauree scientifiche-Pls: almeno 20ore di lavoro degli studenti), adottando e insegnando attività di didattica sperimentale. Il Progetto - frutto della collaborazione tra Miur, Confindustria e Presidi delle 40 facoltà scientifiche e tecnologiche - ha coinvolto 173mila studenti e duemila insegnanti, in oltre 800 scuole ogni anno, cercando di rendere più amichevole l’approccio alle scienze dure. Lo sforzo - insieme a una migliore informazione sui fabbisogni delle imprese - ha contribuito ad invertita la tendenza. In otto anni le matricole delle facoltà scientifiche sono aumentate del 26%...Per i laureati in materie scientifiche, il bilancio è positivo anche sul fronte occupazionale: i laureati triennali, a un anno dalla laurea, lavorano nel 42% dei casi, proseguono gli studi (20%), o sono in cerca di lavoro (31%). Mentre 85 laureati magistrali su 100, a tre anni hanno un posto stabile (contro il 69,8% della media delle altre discipline), con retribuzioni medie del 10,5% superiori a quelle dei laureati triennali. Fisica la più richiesta (85,3%); un po’ sotto alle altre Matematica (79,9%)….
www.larepubblica.it – 8 aprile 2014
“Concorsi a scuola e all'università, aboliti per farsa".
░ Farsa ! Non c’è un "concorso" indetto dal Miur che sia finito bene. Zunino lo scrive; lo diciamo da 4 anni ed è significativo che nello sviluppare il suo ragionamento, il giornalista abbia voluto citarci (a proposito della vergognosa prova preselettiva del concorso a dd.ss.) ricordando che va a sentenza, il 18 aprile, il maxi ricorso dell’Anief.
Uno dei motivi per cui il ministro Stefania Giannini vuole tornare indietro sui concorsi scolastici e universitari è il fatto che non c’è un "concorso" indetto dal Miur che sia finito bene. Uno. Partiamo dall’Abilitazione nazionale scientifica, che in realtà è una prova per curricula organizzata per scegliere chi potrà insegnare in università. Di fatto, si è trasformata in un concorso. E poi, nell’ennesimo concorso ad personam della squalificata università italiana. … È dallo scorso gennaio che alle interrogazioni parlamentari sono seguiti articoli e poi ricorsi. Curriculum falsi sia dei commissari che dei candidati, "fake" nella presentazione dei materiali per via telematica, idonei diventati tali nonostante i pareri negativi, promozioni date sulla buona fede (mancando i fogli d’appoggio a giustificare il curriculum annunciato). Un Far West… Andando indietro con la memoria, c’è stato il concorso per diventare dirigenti scolastici, i vecchi presidi. Questo data 13 luglio 2011(2.386 posti disponibili, 33 mila partecipanti) e in quell’estate rappresentò una nuova apertura di possibilità e di carriere dopo anni di vuoto concorsuale. Dopo trenta mesi di diatribe, un decreto del Consiglio dei ministri ha mantenuto in servizio fino alla fine di quest’anno scolastico i 112 selezionati in Toscana: rischiavano di perdere il posto avendo vinto un concorso parzialmente annullato dal Consiglio di Stato. È possibile che con l’inizio del nuovo anno scolastico i magistrati amministrativi ordinino un nuovo bando, lasciando nuovamente a casa i 112 vincitori del precedente. Attenzione, sul concorso presidi ci sono ottomila ricorsi in attesa: un aspirante preside su quattro si è rivolto al Tar. In rapida rassegna per quella prova nazionale si sono registrate esclusioni illegittime di docenti, domande cancellate per marchiani errori a pochi giorni dall’avvio della prova: 975 domande (su 5.500 ufficiali) sono state buttate al secchio. Improponibili. Quindi, fughe di notizie sui contenuti della prova preselettiva e la soppressione degli stessi quiz somministrati errati (38 su 100). C’è stato, nel concorso presidi, il casus delle buste semi-trasparenti che hanno portato — per presunto mancato anonimato — all’annullamento delle prove in Lombardia e solo in Lombardia. Non c’è soluzione ancora oggi per i 355 vincitori lombardi che, per ora, restano in servizio come normali docenti (rischiavano di lasciare 40 mila alunni senza insegnante) e contemporaneamente iniziano il tirocinio necessario per diventare presidi il prossimo 30 giugno. Il rischio di far partire la selezione per la terza volta in tre anni, dopo che le prime due hanno dato esiti tra loro sensibilmente diversi, è tutt’altro che scongiurato. E i commissari d’esame incompatibili? Sì, ci sono stati pure quelli: il concorso per presidi è stato il più brutto concorso pubblico degli ultimi vent’anni. Ecco, su tutte queste questioni c’è un maxi-ricorso aperto (si chiude il 18 aprile) del sindacato Anief. La conflittualità più aspra si è accesa persino sul mitico concorsone dei 300 mila per diventare insegnanti di scuola elementare, media e superiore. Lo varò l’ex ministro Francesco Profumo il 24 settembre 2012 dopo tredici anni di silenzio pubblico. Oggi ci sono 17 mila "idonei alla professione che non possono insegnare". Sono stati selezionati e poi lasciati a casa. Le loro conoscenze sono state accertate (inutilmente) da commissioni di Stato…. Se si scende di livello e di affollamento, si scoprono molti concorsini Miur presi di mira dai tribunali regionali. Difficile reclutare in queste condizioni, con questa credibilità.
www.latecnicadellascuola.it – 9 aprile 2014
“Il Governo approva il DEF: si punta su nuovo reclutamento e sviluppo delle carriere".
░ Nel Documento di Economia e Finanza, approvato l’8 aprile in Consiglio dei Ministri, c’è anche: la previsione di un nuovo metodo di reclutamento di insegnanti e ds, l’impegno a rafforzare lo sviluppo professionale, l’impegno ad intervenire su sicurezza, apprendistato, istruzione tecnica, lotta a Neet e dispersione, più lingua inglese e connettività wi-fi.
Sono diversi i passaggi riguardanti la scuola nel Documento di Economia e Finanza. Si va dall’edilizia, passando per l’apprendistato, per la lotta alla dispersione e il miglioramento della lingua inglese a tutti i livelli scolastici e per l’avanzamento delle tecnologie digitali nelle scuole italiane. Ma il punto più controverso, su cui si sposterà sicuramente l’attenzione nei prossimi giorni, è quello dalla valutazione. Di istituti e docenti che vi operano. All’interno del documento si indica la necessità di dare “piena attuazione, a partire dall’inizio del prossimo anno scolastico, del Regolamento per l’applicazione del Sistema Nazionale di Valutazione delle istituzioni scolastiche. Valutazione e incentivi alle università migliori (ANVUR)”. Si parla anche di nuove metodologie da adottare per reperire il personale: bisogna rivedere i modelli… Quindi, è giunta l’ora di “fornire alle scuole strumenti di raffronto, verifica e riconoscimento del merito e dell’efficienza. Disporre, a livello nazionale, di un sistema trasparente dove i risultati relativi al miglioramento delle attività didattiche e formative siano comparabili tra istituti e tra il nostro sistema nazionale e quelli dei principali paesi europei”. …Nel DEF, inoltre, si indica l’esigenza di “migliorare qualità e risultati della scuola, anche rafforzando lo sviluppo professionale degli insegnanti e diversificandone lo sviluppo della carriera”. Un punto, quest’ultimo, che il Ministro intende ratificare all’interno del prossimo rinnovo del Ccnl. Con l’amministrazione che, con ogni probabilità, chiederà di abbandonare del tutto la logica degli aumenti a ‘pioggia’. Mentre i rappresentanti del lavoratori hanno già detto che, seppure favorevoli al merito, non intendono abbandonare del tutto gli attuali scatti: un minimo per tutti, almeno per adeguare gli stipendi all’inflazione, deve essere garantito.
… È confermato uno stanziamento iniziale di “2 miliardi per rendere le scuole più sicure, con interventi di messa in sicurezza, efficienza energetica, adeguamento antisismico e costruzione di nuove scuole, e per rilanciare l’edilizia anche attraverso una riallocazione delle risorse non utilizzate”. Maggiore sostegno va poi conferito “all’apprendistato, ai tirocini formativi presso le aziende, e all’alternanza scuola-lavoro, trasformando le sperimentazioni in pratiche diffuse, aumentando il numero di ore che i giovani delle passano in azienda nel periodo scolastico ed universitario, e certificando le competenze che acquisiscono. Predisposizione, nell’ambito del Piano Garanzia Giovani, di programmi di orientamento che diminuiscano la dispersione e migliorino la qualità delle scelte degli studenti”. Via libera anche al “rafforzamento dell’istruzione tecnica e valorizzazione delle esperienze positive come il modello ITS (Istituti Tecnici Superiori), scuole ad alta specializzazione tecnologica…” Per favorire un miglior raccordo tra scuola e mondo del lavoro, “è in fase di elaborazione un piano triennale d’interventi per tirocini extracurriculari degli studenti delle quarte classi delle scuole secondarie di secondo grado, con priorità per quelli degli istituti tecnici e degli istituti professionali presso imprese, altre strutture produttive di beni e servizi o enti pubblici”. Tra gli obiettivi che si prefigge il Governo Renzi vi è anche quello di “fornire la risposta più efficace all’aumento dei NEET… “la lotta alla dispersione si deve attuare fin dalla scuola per l’infanzia, la cui diffusione vede ancora oggi disparità inaccettabili tra le diverse aree del paese. … Nel DEF si indica, inoltre, la necessità di “diffondere l’insegnamento della lingua inglese dalla scuola primaria fino all’università attraverso il CLIL, metodologia di insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera”. Largo anche alla “messa a disposizione di connettività wi-fi all’interno delle scuole … Sostegno alla diffusione e all’utilizzo, soprattutto nell’istruzione superiore, di Open Educational Resources.
Scuola oggi.org – 10 aprile 2014
“La scuola con le ganasce"
░ Pippo Frisone commenta l’assegnazione, per l’a.s.2014/2015, delle dotazioni organiche alle regioni: Sono 600.839 né un posto in più né un posto in meno rispetto al 2011/12.
Dopo i tagli epocali della Gelmini, -81mila posti dal 2008 al 2011, i tagli in effetti sono stati bloccati. Alla scuola sono state applicate le ganasce, lasciando inalterato dal 2011 il dato complessivo sugli organici a livello nazionale. Sono invece continuate le fluttuazioni in più o in meno dei posti assegnati a livello regionale, in base all’andamento della popolazione scolastica. Mentre il dato nazionale sugli alunni registra un incremento di 34mila unità rispetto all’anno scorso e al netto delle iscrizioni dell’Infanzia, 87mila unità nell’ultimo triennio, va precisato che l’andamento a livello locale vede concentrati gli incrementi soprattutto nelle regioni del centro-nord e i decrementi maggiori in quelle del centro-sud. Delle 18 regioni italiane, 9 registrano tagli agli organici mentre 9 hanno incrementi di posti. In testa la Lombardia con +410, seguono l’E.Romagna con +396, la Toscana con +269, il Lazio con +246. Subiscono, invece, tagli pesanti la Sicilia con -504, la Campania -387, la Puglia -340, la Calabria -183. A invarianza d’organico nazionale, il Miur dà un po’ meno di quanto spetterebbe alle regioni del nord mentre taglia un po’ meno alle regioni del sud…. Le ganasce messe agli organici a livello nazionale, rischiano così di aumentare le contraddizioni… La risposta doveva arrivare con l’introduzione dell’organico funzionale. Ma le ganasce messe alla scuola dal duo Gelmini-Tremonti sono ancora lì, salde più che mai, ad impedirlo.
www.latecnicadellascuola.it – 10 aprile 2014
“La spesa per la scuola diminuirà ancora: lo dice il DEF".
░ Per il 2014 è previsto un ulteriore calo della spesa per gli stipendi del personale della scuola. Dal 2015 si prevede la stabilizzazione, ma non ci sarà nessun aumento. Di Reginaldo Palermo.
Al di là delle buone intenzioni e delle dichiarazioni ad effetto, contano i numeri che, per la verità, non sono molto rassicuranti. Basta leggere alcuni capitoli del DEF (Documento di Economia e Finanza) per rendersene conto. Parliamo per esempio della spesa che lo Stato deve sostenere per pagare gli stipendi pubblici. Nel 2013 - si legge nel documento - la spesa è ammontata a circa 164 miliardi, in calo dello 0,7% circa rispetto all’anno precedente…. Se poi si calcolano gli stipendi in rapporto al PIL, si ha la conferma che il pubblico impiego (e la scuola soprattutto) hanno pagato in questi anni un prezzo particolarmente alto: nel 2013 la spesa è stata del 10,5% rispetto al PIL, così come nel 2012, ed in netto calo rispetto agli anni precedenti (11,3% nel 2009, 11,1% nel 2010, 10,7% nel 2011)….. Ma cosa si prevede per il futuro ? Nulla di buono per le tasche di docenti e Ata. “Nel quadro a legislazione vigente - si legge infatti nel DEF - la spesa per redditi da lavoro dipendente delle Amministrazioni Pubbliche è stimata diminuire dello 0,7 per cento circa per il 2014, per poi stabilizzarsi nel triennio successivo e crescere dello 0,3 per cento nel 2018, per effetto dell’attribuzione dell’indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio contrattuale 2018-2020”. Esaminando poi alcuni dati di dettaglio si ha la conferma che il settore della scuola è stato particolarmente penalizzato negli ultimi anni. La spesa per i cosiddetti “consumi intermedi” (in pratica si tratta delle spese per il funzionamento ordinario di scuole, università ed enti di ricerca) è passata da 1,11 miliardi del 2011 a 0,95 del 2013, mentre nello stesso periodo la spesa complessivamente sostenuta dallo Stato è aumentata da 12,49 a 13,78 miliardi. Al MEF è quasi raddoppiata, da 2,62 a 4,79 e nelle Agenzie fiscali è passata da un miliardo a 1,64. …
www.larepubblica.it – 11 aprile 2014
“Contratti pubblici congelati fino al 2020, sindacati sul piede di guerra".
░ Nel Documento di economia e finanza non si prevedono spese per il rinnovo dei contratti, confermato anche il blocco del turn-over fino al 2017. Le OO.SS. chiedono certezze o annunciano la mobilitazione.
In arrivo una nuova stretta per il pubblico impiego. I contratti degli statali, già bloccati dal 2010, rischiano di rimanere congelati fino al 2020 con un'ulteriore proroga rispetto al termine del 2017 deciso dal governo Letta. I sindacati sono già sul piede di guerra e si dicono pronti a opporsi "con tutti i mezzi" a un nuovo colpo per i dipendenti della pubblica amministrazione. Nel Documento di economia e finanza varato dal governo e pubblicato in versione definitiva non è prevista, infatti, alcuna erogazione di spesa per il rinnovo contrattuale. Al contrario, si legge nel Documento, "nel quadro a legislazione vigente la spesa per redditi da lavoro dipendente delle amministrazioni pubbliche è stimata diminuire dello 0,7% circa per il 2014 per poi stabilizzarsi nel triennio successivo e crescere dello 0,3% nel 2018, per effetto dell'attribuzione dell'indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio contrattuale 2018-2020". Nel Documento si prevede di pagare per il 2018 la nuova indennità di vacanza contrattuale relativa al triennio 2018-2020, finora congelata, perché non si ha in programma un rinnovo. Confermato anche il blocco del turn-over fino al 2017. "Il rinnovo dei contratti - spiega Michele Gentile, coordinatore dei settori pubblici della Cgil - comporta un'uscita di spesa che nel Def non è prevista. Nulla si dice sul questo tema. Si va dunque verso un nuovo blocco. Se aggiungiamo a questo le voci sullo scioglimento dell'Aran, che è la sede del rinnovo dei contratti privatistici, quanto contenuto nel disegno di legge di riforma costituzionale in cui si parla di 'disciplina giuridica del rapporto di lavoro', la somma di tutte queste cose è che il governo vuole dare un ulteriore colpo al lavoro pubblico, dopo tutto quello che è successo dal 2008 in poi. Se questo è il quadro - conclude - una risposta del lavoro sarà assolutamente necessaria"…
il Manifesto – 11 aprile 2014
“Il governo investe un po' nelle aule ma taglia ancora gli stipendi dei professori"
░ La ministra Giannini si dice all'oscuro ma nel Def c'è la verità: i fondi per docenti e ata saranno fermi fino al 2017.
Il governo Renzi investe sull'edilizia scolastica (3,7 miliardi), ma continua a tagliare gli stipendi dei docenti e del personale Ata che permettono le lezioni, mantengono aperte le aule, tengono in vita i laboratori e le altre attività. E in più non offre ancora una risposta agli esodati della scuola (i circa 4 mila «Quota 96»), malgrado una mozione parlamentare l'abbia impegnato a farlo. Per il sottosegretario Graziano Del Río la spending review da 32 miliardi di euro «coinvolgerà anche la scuola e toglieremo le incrostazioni». Per la precisione queste incrostazioni corrispondono, al momento, agli stipendi di chi insegna. La ministra dell'Istruzione Stefania Giannini ha ammesso di non saperne niente. «Sarei stupita se ci fossero tagli alla scuola» ha detto l'esponente di Scelta Civica che solo un paio di settimane fa aveva addirittura promesso di «creare un problema politico al governo» se non avesse rifinanziato il fondo per scuola e università. «A me non è stato comunicato niente di specifico, quindi credo che la spending riguarderà l'alta dirigenza dello stato e quindi includerà anche il nostro ministero». Il Documento di Economia e Finanza (Def) però parla di tutt'altra realtà. Insieme al taglio degli stipendi dei dirigenti strombazzato da Renzi c'è infatti il taglio degli stipendi dei docenti e ata ordinari. Nell'insieme la strategia economica del governo potrebbe essere così descritta: investire sul capitale fisso, e non su quello «umano». Con il risultato, se e quando arriveranno i soldi, che verranno create occasioni di lavoro grazie ai cantieri, mentre il personale impegnato dentro le aule verrà pagato sempre meno, sarà sempre più precario e non recupererà il potere d'acquisto mangiato dalle spending revieiv dei governi Monti e Letta. Scelte confermate anche nel Def che fa un resoconto della spesa nel pubblico impiego. Dal 2007 al 2012 è calata del 5,6%. Nel 2013 i tagli hanno comportato una riduzione degli stipendi e la riduzione del numero dei dipendenti nella PA. il settore che più ha contribuito alla causa dell'austerità programmata è stato appunto la scuola dove i contratti di lavoro non vengono rinnovati dal 2010. Il blocco è stato prolungato da Letta e Saccomanni fino al 2015, poi confermato da Renzi e Padoan. Sulla base di questa programmazione, i fondi per la scuola sono destinati a scendere dello 0,7%, verranno stabilizzati nel triennio successivo, per iniziare a crescere di un microscopico 0,3% a partire dal 2018. Considerata l'incertezza che regna sovrana sulla spesa pubblica, non è detto che queste previsioni verranno rispettate. In realtà quello preventivato non è un "aumento" della spesa per il personale, bensì solo l'effetto dell'attribuzione dell'indennità di vacanza contrattuale per il triennio successivo 2018-2020. A oggi, questa indennità resta ancora bloccata e non verrà restituita. La scuola si conferma uno dei settori più colpiti del pubblico, insieme alla sanità. La spesa per il funzionamento ordinario di scuole, università o enti di ricerca è passata da 1,11 miliardi del 2011 a 0,95 del 2013. Nello stesso periodo per il ministero dell'Economia è quasi raddoppiata da 2,62 a 4,79 miliardi. Quello tra Giannini e Del Río non è dunque solo un problema di comunicazione. È una decisione ponderata e nota da tempo. La prima non ne è al corrente. Il secondo, che porta i conti, invece sì.
http://www.infiltrato.it/inchieste
“Rapporto-shock-della-commissione-europea-2023-la-poverta-diventera-la-norma”
E’ il titolo di un articolo redazionale che “infiltrato.it” riprende – con riferimento al Quarterly Report on the Euro Are, il Rapporto della Commissione europea “The euro area's growth prospects over the coming decade” portato all’attenzione da fai notizia.it ma ben presente su: http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/qr_euro_area/2013/pdf/qrea4_section_1_en.pdf. I grandi media, invece, non gli hanno dato rilievo. Il Rapporto ha toni che lasciano poco sperare alla generazione giovane.
Nell'ultimo rapporto trimestrale dell'Unione Europea sull'euro redatto dalla Commissione europea e pubblicato alcune settimane fa, c'è un passaggio sfuggito a vari commentatori. A un certo punto c'è una previsione a 10 anni. Si legge: "Presumendo che l’area euro e le previsioni sugli Stati Uniti sostengano che questo scenario sia accurato, è previsto che l’Area euro finisca nel 2023 con degli standard di vita che potrebbero essere più bassi di quelli di metà Anni 60 relativamente agli Stati Uniti. Se questo accadesse nel 2033 gli standard di vita dell’area euro (PIL pro capite) sarebbero circa il 60% di quello degli Stati Uniti, con una differenza di quasi 2/3 nello standard di vita a causa dell’abbassamento dei livelli di produttività del lavoro e col rimanente terzo dovuto alle differenze nell’utilizzazione del lavoro".
www.repubblica.it/scuola 4 aprile 2014
“Scuola, molti prof d'accordo sulla pensione. E la petizione fa il pieno di firme".
░ Ventiduemila adesioni per la richiesta rivolta al premier Matteo Renzi. Ancora da risolvere il problema dei 4mila "quota '96". E la nostra è la classe docente più anziana, impegnata in un lavoro sempre più logorante.
Fino ad oggi, la petizione online lanciata da Mila Spicola sul prepensionamento degli insegnanti ha raggiunto 22mila adesioni. Un numero destinato sicuramente a crescere visto che gli insegnanti over 60 attualmente in servizio sono tantissimi e che una consistente fetta non vede l'ora di togliere il disturbo. Per rendersene conto basta fare un giretto nei corridoi di qualsiasi scuola. I 4mila "quota '96" - coloro che sono stati bloccati dalla riforma Fornero con i requisiti per andare in pensione già maturati: 35 anni di servizio e 61 anni di età o 36 anni di servizio e 60 anni - sono alla ricerca di qualcuno che comunichi loro la fine dell'attesa. E poi ci sono gli insegnanti over 50 - che in Italia abbondano davvero, visto che ammontano al 62 per cento del totale - che quando sono entrati di ruolo potevano lasciare la cattedra a 54 anni, ma che adesso si ritrovano imbrigliati in un lavoro sempre più stressante fino a 67 anni: ben 13 in più rispetto a quanto ipotizzato all'inizio della carriera. Un'eternità. Diversi partiti, di maggioranza e opposizione, sembrano intenzionati a trovare una soluzione per il pasticcio dei Quota 96, generato dalla riforma delle pensioni. Ma anche all'interno del Pd, e del governo, sono parecchi coloro che si mostrano sensibili verso le ragioni dei prof che raccontano di una fatica del lavoro quotidiano in classe che si trasforma in realtà controproducente per l'insegnamento. La Spicola, oltre ad essere insegnante, è anche componente della direzione nazionale del Pd di Renzi. E pur non essendo esclusivamente rivolta alla classe docente, qualche giorno fa, anche il ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione, Maria Anna Madia, ha avanzato la proposta di una staffetta generazionale per inserire i giovani nel mercato del lavoro. Una eventualità che interessa da vicino i docenti che rappresentano circa un terzo degli impiegati pubblici italiani. … La petizione chiede al premier Matteo Renzi di prevedere che, "su base volontaria, i docenti di 60 anni (e perché no, anche 58) possano optare per modalità di prepensionamento o per meccanismi di riconversione ad altre funzioni strumentali all'insegnamento o alla gestione scolastica interne alla scuola, attuando una diversificazione nella carriera dei docenti e una funzionalizzazione del management scolastico che all'estero è norma e da noi non esiste". E sono bastati pochissimi giorni per raccogliere il favore di migliaia di insegnanti italiani. Gli oltre 22mila like alla proposta di prevedere una via d'uscita anticipata per coloro che volessero percorrerla potrebbero sembrare pochi rispetto agli oltre 700mila docenti della scuola nostrana. Ma rappresentano una percentuale considerevole - oltre il 30 per cento - rispetto ai circa 60/70 mila maestri e professori italiani over 60. Una quota eccessiva per qualsiasi sistema formativo al mondo, che di ultrasessantenni ne conta in media la metà. E che fa leva su giovani insegnanti - under 30 - che in Italia rappresentano una specie da proteggere: appena lo 0,27 per cento, poco più di 2mila.
http://www.corriere.it/scuola – 6 aprile 2014
“Perché i «nativi digitali» snobbano le scienze?".
░ Richiesti dalle aziende, i laureati in discipline «Stem» scarseggiano dappertutto tranne che nei Paesi in via di sviluppo. Lo «spread» italiano: solo 12 laureati su 1.000 in materie scientifico-tecnologiche.
I numeri sono importanti: negli Stati Uniti, tra cinque anni ci saranno due milioni e mezzo di posti da occupare, per esperti di discipline «Stem» (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica). In Francia il buco, lo scorso anno, era di 130mila unità, con il 10% di scienziati e tecnici in meno rispetto al 2000. Nel Regno Unito, il calo in dieci anni è stato del 18%. Arretra anche il Giappone. E in Italia, Unioncamere e ministero del Lavoro contano in 47mila le figure professionali introvabili, principalmente tra i profili tecnici. Una tendenza contraria a quella che sembra interessare le economie «emergenti», Asia in testa, come ha sottolineato nei giorni scorsi il quotidiano Les Echos… È una sorta di «morbo», partito dagli Stati Uniti negli anni ‘80, arrivato in Europa nei ‘90, esploso in Italia nel 2000, con iscritti al blocco delle Scienze «dure» in caduta libera, precipitati da 10 a 4mila: le smagliature più evidenti a Matematica e Fisica. … Ma all’annus horribilis, il Paese di Galileo e Volta, di Fermi e Montalcini, ha reagito schierando l’artiglieria. Nella forma di un Piano pluriennale (2005-2008, poi rinnovato per altri 4 anni, e nuovamente finanziato nel 2013/14, con fondi per due milioni di euro), per incrementare il numero di iscritti. Migliorando la conoscenza e l’orientamento, avvicinando i giovani, sensibilizzandoli durante le scuole superiori; «formando» i docenti, aumentando le attività di laboratorio (in maniera «consistente», indica il Piano lauree scientifiche-Pls: almeno 20ore di lavoro degli studenti), adottando e insegnando attività di didattica sperimentale. Il Progetto - frutto della collaborazione tra Miur, Confindustria e Presidi delle 40 facoltà scientifiche e tecnologiche - ha coinvolto 173mila studenti e duemila insegnanti, in oltre 800 scuole ogni anno, cercando di rendere più amichevole l’approccio alle scienze dure. Lo sforzo - insieme a una migliore informazione sui fabbisogni delle imprese - ha contribuito ad invertita la tendenza. In otto anni le matricole delle facoltà scientifiche sono aumentate del 26%...Per i laureati in materie scientifiche, il bilancio è positivo anche sul fronte occupazionale: i laureati triennali, a un anno dalla laurea, lavorano nel 42% dei casi, proseguono gli studi (20%), o sono in cerca di lavoro (31%). Mentre 85 laureati magistrali su 100, a tre anni hanno un posto stabile (contro il 69,8% della media delle altre discipline), con retribuzioni medie del 10,5% superiori a quelle dei laureati triennali. Fisica la più richiesta (85,3%); un po’ sotto alle altre Matematica (79,9%)….
www.larepubblica.it – 8 aprile 2014
“Concorsi a scuola e all'università, aboliti per farsa".
░ Farsa ! Non c’è un "concorso" indetto dal Miur che sia finito bene. Zunino lo scrive; lo diciamo da 4 anni ed è significativo che nello sviluppare il suo ragionamento, il giornalista abbia voluto citarci (a proposito della vergognosa prova preselettiva del concorso a dd.ss.) ricordando che va a sentenza, il 18 aprile, il maxi ricorso dell’Anief.
Uno dei motivi per cui il ministro Stefania Giannini vuole tornare indietro sui concorsi scolastici e universitari è il fatto che non c’è un "concorso" indetto dal Miur che sia finito bene. Uno. Partiamo dall’Abilitazione nazionale scientifica, che in realtà è una prova per curricula organizzata per scegliere chi potrà insegnare in università. Di fatto, si è trasformata in un concorso. E poi, nell’ennesimo concorso ad personam della squalificata università italiana. … È dallo scorso gennaio che alle interrogazioni parlamentari sono seguiti articoli e poi ricorsi. Curriculum falsi sia dei commissari che dei candidati, "fake" nella presentazione dei materiali per via telematica, idonei diventati tali nonostante i pareri negativi, promozioni date sulla buona fede (mancando i fogli d’appoggio a giustificare il curriculum annunciato). Un Far West… Andando indietro con la memoria, c’è stato il concorso per diventare dirigenti scolastici, i vecchi presidi. Questo data 13 luglio 2011(2.386 posti disponibili, 33 mila partecipanti) e in quell’estate rappresentò una nuova apertura di possibilità e di carriere dopo anni di vuoto concorsuale. Dopo trenta mesi di diatribe, un decreto del Consiglio dei ministri ha mantenuto in servizio fino alla fine di quest’anno scolastico i 112 selezionati in Toscana: rischiavano di perdere il posto avendo vinto un concorso parzialmente annullato dal Consiglio di Stato. È possibile che con l’inizio del nuovo anno scolastico i magistrati amministrativi ordinino un nuovo bando, lasciando nuovamente a casa i 112 vincitori del precedente. Attenzione, sul concorso presidi ci sono ottomila ricorsi in attesa: un aspirante preside su quattro si è rivolto al Tar. In rapida rassegna per quella prova nazionale si sono registrate esclusioni illegittime di docenti, domande cancellate per marchiani errori a pochi giorni dall’avvio della prova: 975 domande (su 5.500 ufficiali) sono state buttate al secchio. Improponibili. Quindi, fughe di notizie sui contenuti della prova preselettiva e la soppressione degli stessi quiz somministrati errati (38 su 100). C’è stato, nel concorso presidi, il casus delle buste semi-trasparenti che hanno portato — per presunto mancato anonimato — all’annullamento delle prove in Lombardia e solo in Lombardia. Non c’è soluzione ancora oggi per i 355 vincitori lombardi che, per ora, restano in servizio come normali docenti (rischiavano di lasciare 40 mila alunni senza insegnante) e contemporaneamente iniziano il tirocinio necessario per diventare presidi il prossimo 30 giugno. Il rischio di far partire la selezione per la terza volta in tre anni, dopo che le prime due hanno dato esiti tra loro sensibilmente diversi, è tutt’altro che scongiurato. E i commissari d’esame incompatibili? Sì, ci sono stati pure quelli: il concorso per presidi è stato il più brutto concorso pubblico degli ultimi vent’anni. Ecco, su tutte queste questioni c’è un maxi-ricorso aperto (si chiude il 18 aprile) del sindacato Anief. La conflittualità più aspra si è accesa persino sul mitico concorsone dei 300 mila per diventare insegnanti di scuola elementare, media e superiore. Lo varò l’ex ministro Francesco Profumo il 24 settembre 2012 dopo tredici anni di silenzio pubblico. Oggi ci sono 17 mila "idonei alla professione che non possono insegnare". Sono stati selezionati e poi lasciati a casa. Le loro conoscenze sono state accertate (inutilmente) da commissioni di Stato…. Se si scende di livello e di affollamento, si scoprono molti concorsini Miur presi di mira dai tribunali regionali. Difficile reclutare in queste condizioni, con questa credibilità.
www.latecnicadellascuola.it – 9 aprile 2014
“Il Governo approva il DEF: si punta su nuovo reclutamento e sviluppo delle carriere".
░ Nel Documento di Economia e Finanza, approvato l’8 aprile in Consiglio dei Ministri, c’è anche: la previsione di un nuovo metodo di reclutamento di insegnanti e ds, l’impegno a rafforzare lo sviluppo professionale, l’impegno ad intervenire su sicurezza, apprendistato, istruzione tecnica, lotta a Neet e dispersione, più lingua inglese e connettività wi-fi.
Sono diversi i passaggi riguardanti la scuola nel Documento di Economia e Finanza. Si va dall’edilizia, passando per l’apprendistato, per la lotta alla dispersione e il miglioramento della lingua inglese a tutti i livelli scolastici e per l’avanzamento delle tecnologie digitali nelle scuole italiane. Ma il punto più controverso, su cui si sposterà sicuramente l’attenzione nei prossimi giorni, è quello dalla valutazione. Di istituti e docenti che vi operano. All’interno del documento si indica la necessità di dare “piena attuazione, a partire dall’inizio del prossimo anno scolastico, del Regolamento per l’applicazione del Sistema Nazionale di Valutazione delle istituzioni scolastiche. Valutazione e incentivi alle università migliori (ANVUR)”. Si parla anche di nuove metodologie da adottare per reperire il personale: bisogna rivedere i modelli… Quindi, è giunta l’ora di “fornire alle scuole strumenti di raffronto, verifica e riconoscimento del merito e dell’efficienza. Disporre, a livello nazionale, di un sistema trasparente dove i risultati relativi al miglioramento delle attività didattiche e formative siano comparabili tra istituti e tra il nostro sistema nazionale e quelli dei principali paesi europei”. …Nel DEF, inoltre, si indica l’esigenza di “migliorare qualità e risultati della scuola, anche rafforzando lo sviluppo professionale degli insegnanti e diversificandone lo sviluppo della carriera”. Un punto, quest’ultimo, che il Ministro intende ratificare all’interno del prossimo rinnovo del Ccnl. Con l’amministrazione che, con ogni probabilità, chiederà di abbandonare del tutto la logica degli aumenti a ‘pioggia’. Mentre i rappresentanti del lavoratori hanno già detto che, seppure favorevoli al merito, non intendono abbandonare del tutto gli attuali scatti: un minimo per tutti, almeno per adeguare gli stipendi all’inflazione, deve essere garantito.
… È confermato uno stanziamento iniziale di “2 miliardi per rendere le scuole più sicure, con interventi di messa in sicurezza, efficienza energetica, adeguamento antisismico e costruzione di nuove scuole, e per rilanciare l’edilizia anche attraverso una riallocazione delle risorse non utilizzate”. Maggiore sostegno va poi conferito “all’apprendistato, ai tirocini formativi presso le aziende, e all’alternanza scuola-lavoro, trasformando le sperimentazioni in pratiche diffuse, aumentando il numero di ore che i giovani delle passano in azienda nel periodo scolastico ed universitario, e certificando le competenze che acquisiscono. Predisposizione, nell’ambito del Piano Garanzia Giovani, di programmi di orientamento che diminuiscano la dispersione e migliorino la qualità delle scelte degli studenti”. Via libera anche al “rafforzamento dell’istruzione tecnica e valorizzazione delle esperienze positive come il modello ITS (Istituti Tecnici Superiori), scuole ad alta specializzazione tecnologica…” Per favorire un miglior raccordo tra scuola e mondo del lavoro, “è in fase di elaborazione un piano triennale d’interventi per tirocini extracurriculari degli studenti delle quarte classi delle scuole secondarie di secondo grado, con priorità per quelli degli istituti tecnici e degli istituti professionali presso imprese, altre strutture produttive di beni e servizi o enti pubblici”. Tra gli obiettivi che si prefigge il Governo Renzi vi è anche quello di “fornire la risposta più efficace all’aumento dei NEET… “la lotta alla dispersione si deve attuare fin dalla scuola per l’infanzia, la cui diffusione vede ancora oggi disparità inaccettabili tra le diverse aree del paese. … Nel DEF si indica, inoltre, la necessità di “diffondere l’insegnamento della lingua inglese dalla scuola primaria fino all’università attraverso il CLIL, metodologia di insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera”. Largo anche alla “messa a disposizione di connettività wi-fi all’interno delle scuole … Sostegno alla diffusione e all’utilizzo, soprattutto nell’istruzione superiore, di Open Educational Resources.
Scuola oggi.org – 10 aprile 2014
“La scuola con le ganasce"
░ Pippo Frisone commenta l’assegnazione, per l’a.s.2014/2015, delle dotazioni organiche alle regioni: Sono 600.839 né un posto in più né un posto in meno rispetto al 2011/12.
Dopo i tagli epocali della Gelmini, -81mila posti dal 2008 al 2011, i tagli in effetti sono stati bloccati. Alla scuola sono state applicate le ganasce, lasciando inalterato dal 2011 il dato complessivo sugli organici a livello nazionale. Sono invece continuate le fluttuazioni in più o in meno dei posti assegnati a livello regionale, in base all’andamento della popolazione scolastica. Mentre il dato nazionale sugli alunni registra un incremento di 34mila unità rispetto all’anno scorso e al netto delle iscrizioni dell’Infanzia, 87mila unità nell’ultimo triennio, va precisato che l’andamento a livello locale vede concentrati gli incrementi soprattutto nelle regioni del centro-nord e i decrementi maggiori in quelle del centro-sud. Delle 18 regioni italiane, 9 registrano tagli agli organici mentre 9 hanno incrementi di posti. In testa la Lombardia con +410, seguono l’E.Romagna con +396, la Toscana con +269, il Lazio con +246. Subiscono, invece, tagli pesanti la Sicilia con -504, la Campania -387, la Puglia -340, la Calabria -183. A invarianza d’organico nazionale, il Miur dà un po’ meno di quanto spetterebbe alle regioni del nord mentre taglia un po’ meno alle regioni del sud…. Le ganasce messe agli organici a livello nazionale, rischiano così di aumentare le contraddizioni… La risposta doveva arrivare con l’introduzione dell’organico funzionale. Ma le ganasce messe alla scuola dal duo Gelmini-Tremonti sono ancora lì, salde più che mai, ad impedirlo.
www.latecnicadellascuola.it – 10 aprile 2014
“La spesa per la scuola diminuirà ancora: lo dice il DEF".
░ Per il 2014 è previsto un ulteriore calo della spesa per gli stipendi del personale della scuola. Dal 2015 si prevede la stabilizzazione, ma non ci sarà nessun aumento. Di Reginaldo Palermo.
Al di là delle buone intenzioni e delle dichiarazioni ad effetto, contano i numeri che, per la verità, non sono molto rassicuranti. Basta leggere alcuni capitoli del DEF (Documento di Economia e Finanza) per rendersene conto. Parliamo per esempio della spesa che lo Stato deve sostenere per pagare gli stipendi pubblici. Nel 2013 - si legge nel documento - la spesa è ammontata a circa 164 miliardi, in calo dello 0,7% circa rispetto all’anno precedente…. Se poi si calcolano gli stipendi in rapporto al PIL, si ha la conferma che il pubblico impiego (e la scuola soprattutto) hanno pagato in questi anni un prezzo particolarmente alto: nel 2013 la spesa è stata del 10,5% rispetto al PIL, così come nel 2012, ed in netto calo rispetto agli anni precedenti (11,3% nel 2009, 11,1% nel 2010, 10,7% nel 2011)….. Ma cosa si prevede per il futuro ? Nulla di buono per le tasche di docenti e Ata. “Nel quadro a legislazione vigente - si legge infatti nel DEF - la spesa per redditi da lavoro dipendente delle Amministrazioni Pubbliche è stimata diminuire dello 0,7 per cento circa per il 2014, per poi stabilizzarsi nel triennio successivo e crescere dello 0,3 per cento nel 2018, per effetto dell’attribuzione dell’indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio contrattuale 2018-2020”. Esaminando poi alcuni dati di dettaglio si ha la conferma che il settore della scuola è stato particolarmente penalizzato negli ultimi anni. La spesa per i cosiddetti “consumi intermedi” (in pratica si tratta delle spese per il funzionamento ordinario di scuole, università ed enti di ricerca) è passata da 1,11 miliardi del 2011 a 0,95 del 2013, mentre nello stesso periodo la spesa complessivamente sostenuta dallo Stato è aumentata da 12,49 a 13,78 miliardi. Al MEF è quasi raddoppiata, da 2,62 a 4,79 e nelle Agenzie fiscali è passata da un miliardo a 1,64. …
www.larepubblica.it – 11 aprile 2014
“Contratti pubblici congelati fino al 2020, sindacati sul piede di guerra".
░ Nel Documento di economia e finanza non si prevedono spese per il rinnovo dei contratti, confermato anche il blocco del turn-over fino al 2017. Le OO.SS. chiedono certezze o annunciano la mobilitazione.
In arrivo una nuova stretta per il pubblico impiego. I contratti degli statali, già bloccati dal 2010, rischiano di rimanere congelati fino al 2020 con un'ulteriore proroga rispetto al termine del 2017 deciso dal governo Letta. I sindacati sono già sul piede di guerra e si dicono pronti a opporsi "con tutti i mezzi" a un nuovo colpo per i dipendenti della pubblica amministrazione. Nel Documento di economia e finanza varato dal governo e pubblicato in versione definitiva non è prevista, infatti, alcuna erogazione di spesa per il rinnovo contrattuale. Al contrario, si legge nel Documento, "nel quadro a legislazione vigente la spesa per redditi da lavoro dipendente delle amministrazioni pubbliche è stimata diminuire dello 0,7% circa per il 2014 per poi stabilizzarsi nel triennio successivo e crescere dello 0,3% nel 2018, per effetto dell'attribuzione dell'indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio contrattuale 2018-2020". Nel Documento si prevede di pagare per il 2018 la nuova indennità di vacanza contrattuale relativa al triennio 2018-2020, finora congelata, perché non si ha in programma un rinnovo. Confermato anche il blocco del turn-over fino al 2017. "Il rinnovo dei contratti - spiega Michele Gentile, coordinatore dei settori pubblici della Cgil - comporta un'uscita di spesa che nel Def non è prevista. Nulla si dice sul questo tema. Si va dunque verso un nuovo blocco. Se aggiungiamo a questo le voci sullo scioglimento dell'Aran, che è la sede del rinnovo dei contratti privatistici, quanto contenuto nel disegno di legge di riforma costituzionale in cui si parla di 'disciplina giuridica del rapporto di lavoro', la somma di tutte queste cose è che il governo vuole dare un ulteriore colpo al lavoro pubblico, dopo tutto quello che è successo dal 2008 in poi. Se questo è il quadro - conclude - una risposta del lavoro sarà assolutamente necessaria"…
il Manifesto – 11 aprile 2014
“Il governo investe un po' nelle aule ma taglia ancora gli stipendi dei professori"
░ La ministra Giannini si dice all'oscuro ma nel Def c'è la verità: i fondi per docenti e ata saranno fermi fino al 2017.
Il governo Renzi investe sull'edilizia scolastica (3,7 miliardi), ma continua a tagliare gli stipendi dei docenti e del personale Ata che permettono le lezioni, mantengono aperte le aule, tengono in vita i laboratori e le altre attività. E in più non offre ancora una risposta agli esodati della scuola (i circa 4 mila «Quota 96»), malgrado una mozione parlamentare l'abbia impegnato a farlo. Per il sottosegretario Graziano Del Río la spending review da 32 miliardi di euro «coinvolgerà anche la scuola e toglieremo le incrostazioni». Per la precisione queste incrostazioni corrispondono, al momento, agli stipendi di chi insegna. La ministra dell'Istruzione Stefania Giannini ha ammesso di non saperne niente. «Sarei stupita se ci fossero tagli alla scuola» ha detto l'esponente di Scelta Civica che solo un paio di settimane fa aveva addirittura promesso di «creare un problema politico al governo» se non avesse rifinanziato il fondo per scuola e università. «A me non è stato comunicato niente di specifico, quindi credo che la spending riguarderà l'alta dirigenza dello stato e quindi includerà anche il nostro ministero». Il Documento di Economia e Finanza (Def) però parla di tutt'altra realtà. Insieme al taglio degli stipendi dei dirigenti strombazzato da Renzi c'è infatti il taglio degli stipendi dei docenti e ata ordinari. Nell'insieme la strategia economica del governo potrebbe essere così descritta: investire sul capitale fisso, e non su quello «umano». Con il risultato, se e quando arriveranno i soldi, che verranno create occasioni di lavoro grazie ai cantieri, mentre il personale impegnato dentro le aule verrà pagato sempre meno, sarà sempre più precario e non recupererà il potere d'acquisto mangiato dalle spending revieiv dei governi Monti e Letta. Scelte confermate anche nel Def che fa un resoconto della spesa nel pubblico impiego. Dal 2007 al 2012 è calata del 5,6%. Nel 2013 i tagli hanno comportato una riduzione degli stipendi e la riduzione del numero dei dipendenti nella PA. il settore che più ha contribuito alla causa dell'austerità programmata è stato appunto la scuola dove i contratti di lavoro non vengono rinnovati dal 2010. Il blocco è stato prolungato da Letta e Saccomanni fino al 2015, poi confermato da Renzi e Padoan. Sulla base di questa programmazione, i fondi per la scuola sono destinati a scendere dello 0,7%, verranno stabilizzati nel triennio successivo, per iniziare a crescere di un microscopico 0,3% a partire dal 2018. Considerata l'incertezza che regna sovrana sulla spesa pubblica, non è detto che queste previsioni verranno rispettate. In realtà quello preventivato non è un "aumento" della spesa per il personale, bensì solo l'effetto dell'attribuzione dell'indennità di vacanza contrattuale per il triennio successivo 2018-2020. A oggi, questa indennità resta ancora bloccata e non verrà restituita. La scuola si conferma uno dei settori più colpiti del pubblico, insieme alla sanità. La spesa per il funzionamento ordinario di scuole, università o enti di ricerca è passata da 1,11 miliardi del 2011 a 0,95 del 2013. Nello stesso periodo per il ministero dell'Economia è quasi raddoppiata da 2,62 a 4,79 miliardi. Quello tra Giannini e Del Río non è dunque solo un problema di comunicazione. È una decisione ponderata e nota da tempo. La prima non ne è al corrente. Il secondo, che porta i conti, invece sì.
Pubblichiamo alcuni articoli sulle lezioni che saltano in caso di assenza dei prof e sugli stipendi del personale scolastico 4 punti sotto l'inflazione.
Se manca l’insegnante gli alunni 8 volte su 10 non fanno lezione
ANSA: Scuola: se manca docente 8 volte su 10 non si fa lezione Indagine Skuola.net. Anief, fallimento della riforma Gelmini
(ANSA) - ROMA, 30 MAR - Nelle scuole italiane quando il prof è assente in 8 casi su 10 la lezione salta, con gli alunni che rimangono in classe senza fare nulla. La denuncia arriva da un'indagine del portale 'Skuola.net', che su questo tema ha intervistato circa 1.500 studenti. Secondo l'Anief, questa è la dimostrazione del fallimento della riforma Gelmini, "che per risparmiare fondi ha ridotto ai minimi termini la possibilità ai docenti in servizio negli istituti superiori di primo e secondo grado di fornire la propria disponibilità alla supplenza". L'indagine di Skuola.net rivela che quando il docente di ruolo manca per qualche giorno "le classi sono spesso lasciate a se stesse e circa l'80% dei ragazzi non fa lezione, anche quando un altro docente presenzia in aula. Durante l'ora di buco, uno studente su tre dichiara che la classe rimane scoperta senza alcun tipo di sorveglianza". La situazione non migliora nel caso in cui il prof manchi per più di 15 giorni: il 43% degli studenti sostiene che per settimane o mesi non ha avuto né docente né supplente e una percentuale simile non ha iniziato regolarmente le lezioni a settembre. Quando un docente manca per pochi giorni, la scuola non può chiamare un supplente esterno ma deve coprire l'assenza con i prof interni. Gli insegnanti di ruolo possono però rifiutarsi, e inoltre non sempre le scuole hanno a disposizione i fondi per pagare queste ore extra. Così accade spesso, come denuncia il 35% degli studenti, che rimangano completamente da soli. Anche quando c'è un supplente, questo lascia fare agli studenti quello che vogliono: solo il 15% dei ragazzi fa lezione in classe con un supplente regolare o con il professore di un'altra classe, mentre per un ragazzo su 10 la classe viene divisa. Più complicato se un professore manca per periodi lunghi: niente supplente per mesi o settimane intere per quasi la metà degli studenti intervistati. A settembre circa il 40% non ha trovato un insegnante dietro la cattedra e ha dovuto aspettare prima che le lezioni per quella materia iniziassero regolarmente. Insomma continuità didattica addio, commentano gli autori del portale, se è vero, come dichiara il 70% degli intervistati, che quest'anno hanno cambiato almeno un prof in quelle materie in cui invece doveva rimanere lo stesso docente. L'Anief punta il dito contro "le nuove norme, come quella che prevede, se si eccettua la scuola dell'infanzia e la primaria dove è possibile assumere un supplente anche per un solo giorno, che negli istituti frequentati da alunni delle medie e superiori il ricorso alla convocazione di un nuovo docente deve rappresentare una necessità estrema". Il risultato è che "non ci sono alternative valide per assegnare un docente nuovo e sostituire in tal modo il collega che si assenti uno o comunque pochi giorni. Basta dire che per queste emergenze, purtroppo quasi all'ordine del giorno, mediamente una scuola pubblica italiana percepisce annualmente un forfait che non supera i 2 mila o i 3 mila euro. Considerando che un'ora di supplenze nella scuola pubblica viene compensata con 35 euro, è evidente che si tratta di un budget a dir poco risibile: utile a 'coprire' neanche cento ore di sostituzioni". Prima della riforma Gelmini, invece, "ogni insegnante collocava nell'orario scolastico alcune ore a settimana proprio per sopperire a queste necessità". (ANSA).
Stipendi 4 punti sotto l’inflazione, ANIEF: restituire 25 mila euro a dipendente
ANSA: Scuola: Anief, stipendi 4 punti sotto l'inflazione 'Per cancellarli restituire 25 mila euro a dipendente'
(ANSA) - ROMA, 30 MAR - L'approvazione del decreto sugli scatti di anzianità ha prodotto un incremento in busta paga limitato a qualche decina di migliaia di dipendenti della scuola passati a una nuova fascia stipendiale. Ma per tutto il personale rimane ancora da sciogliere il nodo sulla restituzione dei soldi per il mancato adeguamento delle buste paga al costo della vita negli ultimi 40 mesi. Lo denuncia l'Anifef. Secondo le stime del sindacato, l'adeguamento corrisponde, numeri alla mano, a una media di 25 mila euro a dipendente. Per effetto dell'art. 9 della Legge 122/2010 - si legge in una nota - al personale della scuola è stato bloccato il rinnovo del contratto a partire dal 2010. E per effetto dell'ultima legge di stabilità, l'indennità di vacanza contrattuale è stata 'sospesa' sino al 2017. Con il risultato che i valori stipendiali di docenti e Ata non sono stati adeguati all'inflazione, rimanendo di fatto fermi addirittura al 2009. "Considerando che ai docenti - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - sono stati sottratti pure gli incentivi derivanti dagli incarichi di lavoro extra dedicato al potenziamento dell'offerta formativa, visto che gli scatti del 2012 e del 2013 sono stati finanziati in buona parte con il Fondo d'istituto, il sindacato reputa che è giunto il momento di dire basta". (ANSA).
ANSA: Scuola: Anief, stipendi da fame altro che pizze! Sindacato intende rivolgersi a Corte europea diritti uomo
(ANSA) - ROMA, 31 MAR - "Se si dovessero adeguare gli stipendi del personale della scuola al solo costo dell'inflazione certificata nel periodo 2007-2013 bisognerebbe assegnare 93 lorde al mese dall'anno 2010, altro che 80 da maggio 2014: 5.000 euro lordi di arretrati". Lo afferma l'Anief che ha intenzione di rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell'uomo "per tutelare non soltanto il diritto a un contratto, al lavoro e a una giusta retribuzione ma anche alla parità di trattamento tra i lavoratori italiani ed europei". "Se si dovessero rapportare gli stipendi a quelli dei colleghi Ocde, a parità di lavoro nelle superiori, da quando è stato bloccato il contratto, la cifra quintuplica perché a fine carriera gli stipendi dei nostri insegnanti sono inferiori di 8.000 euro. Ecco perché gli 80 euro promessi dal Governo non bastano. Per pagare anche i soli arretrati, servirebbero subito 5 miliardi. Di certo non servono regali. Se si fossero applicati i parametri europei nella paga dei nostri insegnanti da quando è stato bloccato il contratto e si fossero adeguati gli stipendi al costo dell'inflazione, il Governo avrebbe dovuto mettere nelle finanziarie, per onorare il contratto, almeno 25.000 euro di arretrati per ciascun insegnante. Se l'inflazione è salita al 12% tra il 2007 e il 2013, gli aumenti disposti dall'ultimo contratto collettivo nazionale 2006-2009 si sono fermati all'8%, un punto in meno di tutto il pubblico impiego (9%): questa la situazione per il comparto scuola, dove il contratto è stato bloccato dal 2009 dalla legge Tremonti (122/2010) e dalla proroga voluta dal Governo Letta (DPR 122/2013) nonostante siano stati pagati gli scatti per il biennio 2010-2011 ma ai valori del 2009, grazie ai tagli di 50.000 posti di lavoro e alla riduzione di un terzo del Mof (- 500 milioni di euro)". L'Anief fa notare che se si allarga il confronto ai Paesi più economicamente sviluppati dell'area Ocde, "un docente italiano guadagna molto di meno a fine carriera: 8.000 euro, e lavora soltanto 30 ore in meno. E se si considera che il 60% del personale è over 50, si comprende come la categoria sia la più maltrattata d'Europa. Non si parla dei 100.000 euro lordi annui dei colleghi del Lussemburgo o delle 50.000 sterline dei colleghi inglesi: lo stipendio medio dei docenti italiani (30.000 euro lordi) è sceso di mille euro negli ultimi sei anni e tutto per colpa del blocco dei contratti nel pubblico impiego". (ANSA).
Pubblichiamo alcuni articoli sulle lezioni che saltano in caso di assenza dei prof e sugli stipendi del personale scolastico 4 punti sotto l'inflazione.
Se manca l’insegnante gli alunni 8 volte su 10 non fanno lezione
ANSA: Scuola: se manca docente 8 volte su 10 non si fa lezione Indagine Skuola.net. Anief, fallimento della riforma Gelmini
(ANSA) - ROMA, 30 MAR - Nelle scuole italiane quando il prof è assente in 8 casi su 10 la lezione salta, con gli alunni che rimangono in classe senza fare nulla. La denuncia arriva da un'indagine del portale 'Skuola.net', che su questo tema ha intervistato circa 1.500 studenti. Secondo l'Anief, questa è la dimostrazione del fallimento della riforma Gelmini, "che per risparmiare fondi ha ridotto ai minimi termini la possibilità ai docenti in servizio negli istituti superiori di primo e secondo grado di fornire la propria disponibilità alla supplenza". L'indagine di Skuola.net rivela che quando il docente di ruolo manca per qualche giorno "le classi sono spesso lasciate a se stesse e circa l'80% dei ragazzi non fa lezione, anche quando un altro docente presenzia in aula. Durante l'ora di buco, uno studente su tre dichiara che la classe rimane scoperta senza alcun tipo di sorveglianza". La situazione non migliora nel caso in cui il prof manchi per più di 15 giorni: il 43% degli studenti sostiene che per settimane o mesi non ha avuto né docente né supplente e una percentuale simile non ha iniziato regolarmente le lezioni a settembre. Quando un docente manca per pochi giorni, la scuola non può chiamare un supplente esterno ma deve coprire l'assenza con i prof interni. Gli insegnanti di ruolo possono però rifiutarsi, e inoltre non sempre le scuole hanno a disposizione i fondi per pagare queste ore extra. Così accade spesso, come denuncia il 35% degli studenti, che rimangano completamente da soli. Anche quando c'è un supplente, questo lascia fare agli studenti quello che vogliono: solo il 15% dei ragazzi fa lezione in classe con un supplente regolare o con il professore di un'altra classe, mentre per un ragazzo su 10 la classe viene divisa. Più complicato se un professore manca per periodi lunghi: niente supplente per mesi o settimane intere per quasi la metà degli studenti intervistati. A settembre circa il 40% non ha trovato un insegnante dietro la cattedra e ha dovuto aspettare prima che le lezioni per quella materia iniziassero regolarmente. Insomma continuità didattica addio, commentano gli autori del portale, se è vero, come dichiara il 70% degli intervistati, che quest'anno hanno cambiato almeno un prof in quelle materie in cui invece doveva rimanere lo stesso docente. L'Anief punta il dito contro "le nuove norme, come quella che prevede, se si eccettua la scuola dell'infanzia e la primaria dove è possibile assumere un supplente anche per un solo giorno, che negli istituti frequentati da alunni delle medie e superiori il ricorso alla convocazione di un nuovo docente deve rappresentare una necessità estrema". Il risultato è che "non ci sono alternative valide per assegnare un docente nuovo e sostituire in tal modo il collega che si assenti uno o comunque pochi giorni. Basta dire che per queste emergenze, purtroppo quasi all'ordine del giorno, mediamente una scuola pubblica italiana percepisce annualmente un forfait che non supera i 2 mila o i 3 mila euro. Considerando che un'ora di supplenze nella scuola pubblica viene compensata con 35 euro, è evidente che si tratta di un budget a dir poco risibile: utile a 'coprire' neanche cento ore di sostituzioni". Prima della riforma Gelmini, invece, "ogni insegnante collocava nell'orario scolastico alcune ore a settimana proprio per sopperire a queste necessità". (ANSA).
Stipendi 4 punti sotto l’inflazione, ANIEF: restituire 25 mila euro a dipendente
ANSA: Scuola: Anief, stipendi 4 punti sotto l'inflazione 'Per cancellarli restituire 25 mila euro a dipendente'
(ANSA) - ROMA, 30 MAR - L'approvazione del decreto sugli scatti di anzianità ha prodotto un incremento in busta paga limitato a qualche decina di migliaia di dipendenti della scuola passati a una nuova fascia stipendiale. Ma per tutto il personale rimane ancora da sciogliere il nodo sulla restituzione dei soldi per il mancato adeguamento delle buste paga al costo della vita negli ultimi 40 mesi. Lo denuncia l'Anifef. Secondo le stime del sindacato, l'adeguamento corrisponde, numeri alla mano, a una media di 25 mila euro a dipendente. Per effetto dell'art. 9 della Legge 122/2010 - si legge in una nota - al personale della scuola è stato bloccato il rinnovo del contratto a partire dal 2010. E per effetto dell'ultima legge di stabilità, l'indennità di vacanza contrattuale è stata 'sospesa' sino al 2017. Con il risultato che i valori stipendiali di docenti e Ata non sono stati adeguati all'inflazione, rimanendo di fatto fermi addirittura al 2009. "Considerando che ai docenti - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - sono stati sottratti pure gli incentivi derivanti dagli incarichi di lavoro extra dedicato al potenziamento dell'offerta formativa, visto che gli scatti del 2012 e del 2013 sono stati finanziati in buona parte con il Fondo d'istituto, il sindacato reputa che è giunto il momento di dire basta". (ANSA).
ANSA: Scuola: Anief, stipendi da fame altro che pizze! Sindacato intende rivolgersi a Corte europea diritti uomo
(ANSA) - ROMA, 31 MAR - "Se si dovessero adeguare gli stipendi del personale della scuola al solo costo dell'inflazione certificata nel periodo 2007-2013 bisognerebbe assegnare 93 lorde al mese dall'anno 2010, altro che 80 da maggio 2014: 5.000 euro lordi di arretrati". Lo afferma l'Anief che ha intenzione di rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell'uomo "per tutelare non soltanto il diritto a un contratto, al lavoro e a una giusta retribuzione ma anche alla parità di trattamento tra i lavoratori italiani ed europei". "Se si dovessero rapportare gli stipendi a quelli dei colleghi Ocde, a parità di lavoro nelle superiori, da quando è stato bloccato il contratto, la cifra quintuplica perché a fine carriera gli stipendi dei nostri insegnanti sono inferiori di 8.000 euro. Ecco perché gli 80 euro promessi dal Governo non bastano. Per pagare anche i soli arretrati, servirebbero subito 5 miliardi. Di certo non servono regali. Se si fossero applicati i parametri europei nella paga dei nostri insegnanti da quando è stato bloccato il contratto e si fossero adeguati gli stipendi al costo dell'inflazione, il Governo avrebbe dovuto mettere nelle finanziarie, per onorare il contratto, almeno 25.000 euro di arretrati per ciascun insegnante. Se l'inflazione è salita al 12% tra il 2007 e il 2013, gli aumenti disposti dall'ultimo contratto collettivo nazionale 2006-2009 si sono fermati all'8%, un punto in meno di tutto il pubblico impiego (9%): questa la situazione per il comparto scuola, dove il contratto è stato bloccato dal 2009 dalla legge Tremonti (122/2010) e dalla proroga voluta dal Governo Letta (DPR 122/2013) nonostante siano stati pagati gli scatti per il biennio 2010-2011 ma ai valori del 2009, grazie ai tagli di 50.000 posti di lavoro e alla riduzione di un terzo del Mof (- 500 milioni di euro)". L'Anief fa notare che se si allarga il confronto ai Paesi più economicamente sviluppati dell'area Ocde, "un docente italiano guadagna molto di meno a fine carriera: 8.000 euro, e lavora soltanto 30 ore in meno. E se si considera che il 60% del personale è over 50, si comprende come la categoria sia la più maltrattata d'Europa. Non si parla dei 100.000 euro lordi annui dei colleghi del Lussemburgo o delle 50.000 sterline dei colleghi inglesi: lo stipendio medio dei docenti italiani (30.000 euro lordi) è sceso di mille euro negli ultimi sei anni e tutto per colpa del blocco dei contratti nel pubblico impiego". (ANSA).
Pubblichiamo alcuni articoli sull'ipotesi di chiamata diretta dei docenti, rilanciata dal ministro Giannini, e sulla penalizzazione del Sud nel numero di immissioni in ruolo di sostegno.
Il Ministro Giannini scambia la scuola pubblica per quella privata, i prof non si scelgono per chiamata diretta
ANSA: Anief, Giannini vuole imporre scelta prof da presidi Anche in Def si chiede di rivedere metodo di reclutamento
(ANSA) - ROMA, 9 APR - "Procedere alla chiamata diretta degli insegnanti, come se le scuole fossero delle aziende private, significherebbe la fine e non l'inizio della meritocrazia". Così risponde Marcello Pacifico, presidente Anief, alle aperture del Ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, all'introduzione di un nuovo metodo di scelta degli insegnanti nelle nostre scuole pubbliche. Premettendo che anche nel Def 2014 si chiede di rivedere il "metodo di reclutamento di insegnanti", l'Anief si chiede "come si fa ad approvare un nuovo reclutamento che bypassi in un colpo solo le selezioni pubbliche di 100 mila docenti, tra concorsi, Tfa ordinario e Pas? E che fine farebbero i quasi 200mila docenti abilitati inseriti nelle Gae?". Laddove non vi siano più aspiranti nelle GaE, Anief propone l'introduzione di una quarta fascia: all'interno si collocherebbero tutti gli idonei all'ultimo concorso, che per vari motivi non sono stati ancora immessi in ruolo, ma anche gli abilitati con il Tfa, coloro che hanno conseguito il diploma magistrale fino al 2001. E, per finire, i circa 70mila che si abiliteranno con i PAS. "In tal modo - spiega Pacifico - le graduatorie rimarrebbero ad esaurimento, ma si scongiurerebbe la possibilità che possano rimanere senza candidati. E di aprire alla chiamata diretta auspicata dal Ministro Giannini. Che rimane un'operazione legata a scelte soggettive e discrezionali. Abbandonando l'attuale assegnazione di un punteggio oggettivo, sulla base dei titoli di studio e culturali acquisiti, nonché del servizio svolto". Secondo il sindacato, per scongiurare questo pericolo, si potrebbe introdurre una graduatoria unica nazionale, all'interno della quale inserire tutti gli abilitati: le convocazioni sarebbero inoltre interamente telematiche, senza più il vincolo delle 20 scuole per le graduatorie d'istituto. Per Pacifico "in un Paese dove i cittadini non possono scegliere i ministri e dove gli stessi ministri non rispondono del loro operato, dove si diventa dirigenti dopo aver risposto a quesiti sbagliati, dove si può vincere un concorso a preside da precario, è inaccettabile la chiamata diretta degli insegnanti. Il ministro Giannini dovrebbe avere più rispetto delle commissioni che hanno valutato e rilasciato un titolo abilitante agli attuali 170 mila docenti precari inseriti nelle GaE: lasci stare la chiamata diretta, che è anche incostituzionale, e proceda, come l'Europa ci chiede dal 1999, all'assunzione di tutti i precari con più di 36 mesi di supplenze". (ANSA).
ANSA: Anief, prof non si scelgono per chiamata diretta (ANSA) - ROMA, 25 FEB - Il reclutamento degli insegnanti della scuola pubblica "non può essere quello della chiamata diretta adottata negli istituti privati: per rimodulare il sistema d'istruzione italiano non servono colpi di mano, ma basterebbe solo rispettare l'imparzialità derivante dall'esito dei pubblici concorsi, che devono rimanere l'unico 'filtro' meritocratico per l'accesso nell'istruzione come già avviene per legge in tutti i comparti dell'amministrazione statale". È quanto sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief, riferendosi a quanto dichiarato dal neo-Ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini. "Forse il Ministro - continua Pacifico - non ha ben chiaro che creare un modello di scelta del personale docente gestito a livello di singola scuola andrebbe a determinare una parcellizzazione dei criteri e delle modalità selettive. Con la risultante sicura di incrementare il già alto numero di contenziosi. Viene poi da chiedersi chi avrebbe l'onere di gestire la selezione dei docenti e la valutazione dei loro curricula di studio e professionali: non è bastata - conclude il sindacalista Anief-Confedir - l'esperienza dei commissari dell'ultimo concorsone, malpagati e costretti a rinunciare alle ferie per portare a termine le graduatorie dei vincitori?". Per l'Anief "sarebbe decisamente più opportuno adottare un modello selettivo e meritocratico nazionale" e suggerisce di utilizzare come riferimento quanto stabilito di recente dal Miur per l'accesso alle Facoltà universitarie di Medicina. Anief non comprende, infine, come si possa pensare di introdurre un modello organizzativo di reclutamento che superi le già avvenute selezioni pubbliche di tante decine di migliaia di docenti, tra concorsi, Tfa ordinario e Pas: " Invece di trovare una collocazione a questi insegnanti, come meritano, all'interno delle graduatorie a esaurimento, si continua a mettere in discussione le loro capacità di futuri docenti. Come se non fossero già in possesso di adeguati titoli di studio, abilitazioni, specializzazioni e idoneità all'insegnamento". (ANSA).
Il Miur penalizza il Meridione: 80% delle 22mila assunzioni andranno al Nord
ANSA: Scuola: sostegno; Anief, ministero penalizza il Meridione (ANSA) - ROMA, 26 FEB - "Gli errori del Ministero dell' Istruzione continuano a penalizzare le regioni del Sud: stavolta a rimetterci saranno gli alunni disabili, che nel prossimo biennio continueranno ad avere i loro insegnanti precari". Lo denuncia l'Anief riferendo che delle 22mila assunzioni di docenti di sostegno programmate (attraverso il D.L. 104/13) addirittura l'80% si effettueranno al Nord. "In alcune regioni, come Basilicata, Campania e Calabria, le immissioni in ruolo potrebbero infatti quasi saltare. Il motivo non sarebbe però quello che tutti possono immaginare, la mancanza di posti liberi, ma - spiega il sindacato - il rapporto troppo alto, attorno all'80%, tra organico di diritto e di fatto. Con il risultato che ancora una volta le assurde logiche della burocrazia prevarranno su quelle della funzionalità di un servizio pubblico essenziale quale è il diritto allo studio rivolto ai disabili". Secondo l'Anief "se si confrontano i dati programmatici delle assunzioni richieste dal Miur nel prossimo triennio si scopre che alla fine della 'giostra' Sud e Isole saranno nuovamente penalizzate perché avranno meno insegnanti di quelli che dovrebbero avere: ne mancheranno all'appello 881 in Sicilia, 710 in Campania, 382 in Puglia, 259 in Sardegna e 129 in Basilicata". "È evidente - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - che il Meridione esce ancora una volta penalizzato dalle scelte cervellotiche del Ministero dell'Istruzione: per evitare questo sbilanciamento di assunzioni sarebbe bastato tenere conto degli squilibri pregressi e applicare la percentuale del 70% rispetto all'organico regionale". "Considerando poi che l'amministrazione su questo fronte è recidiva, poiché le assunzioni dovevano essere il doppio rispetto alle 26mila programmate in tre anni, per il Sud si preannuncia una vera beffa" conclude Pacifico secondo cui il rischio é che nelle regioni con meno immissioni in ruolo si produrrà un servizio didattico contrassegnato da un'alta percentuale di docenti di sostegno che rimarranno precari, costretti quasi sempre a cambiare scuola ogni anno e non garantendo quella continuità didattica che nel caso dell'apprendimento degli alunni disabili diventa elemento essenziale e cogente". (ANSA).
Pubblichiamo alcuni articoli sull'ipotesi di chiamata diretta dei docenti, rilanciata dal ministro Giannini, e sulla penalizzazione del Sud nel numero di immissioni in ruolo di sostegno.
Il Ministro Giannini scambia la scuola pubblica per quella privata, i prof non si scelgono per chiamata diretta
ANSA: Anief, Giannini vuole imporre scelta prof da presidi Anche in Def si chiede di rivedere metodo di reclutamento
(ANSA) - ROMA, 9 APR - "Procedere alla chiamata diretta degli insegnanti, come se le scuole fossero delle aziende private, significherebbe la fine e non l'inizio della meritocrazia". Così risponde Marcello Pacifico, presidente Anief, alle aperture del Ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, all'introduzione di un nuovo metodo di scelta degli insegnanti nelle nostre scuole pubbliche. Premettendo che anche nel Def 2014 si chiede di rivedere il "metodo di reclutamento di insegnanti", l'Anief si chiede "come si fa ad approvare un nuovo reclutamento che bypassi in un colpo solo le selezioni pubbliche di 100 mila docenti, tra concorsi, Tfa ordinario e Pas? E che fine farebbero i quasi 200mila docenti abilitati inseriti nelle Gae?". Laddove non vi siano più aspiranti nelle GaE, Anief propone l'introduzione di una quarta fascia: all'interno si collocherebbero tutti gli idonei all'ultimo concorso, che per vari motivi non sono stati ancora immessi in ruolo, ma anche gli abilitati con il Tfa, coloro che hanno conseguito il diploma magistrale fino al 2001. E, per finire, i circa 70mila che si abiliteranno con i PAS. "In tal modo - spiega Pacifico - le graduatorie rimarrebbero ad esaurimento, ma si scongiurerebbe la possibilità che possano rimanere senza candidati. E di aprire alla chiamata diretta auspicata dal Ministro Giannini. Che rimane un'operazione legata a scelte soggettive e discrezionali. Abbandonando l'attuale assegnazione di un punteggio oggettivo, sulla base dei titoli di studio e culturali acquisiti, nonché del servizio svolto". Secondo il sindacato, per scongiurare questo pericolo, si potrebbe introdurre una graduatoria unica nazionale, all'interno della quale inserire tutti gli abilitati: le convocazioni sarebbero inoltre interamente telematiche, senza più il vincolo delle 20 scuole per le graduatorie d'istituto. Per Pacifico "in un Paese dove i cittadini non possono scegliere i ministri e dove gli stessi ministri non rispondono del loro operato, dove si diventa dirigenti dopo aver risposto a quesiti sbagliati, dove si può vincere un concorso a preside da precario, è inaccettabile la chiamata diretta degli insegnanti. Il ministro Giannini dovrebbe avere più rispetto delle commissioni che hanno valutato e rilasciato un titolo abilitante agli attuali 170 mila docenti precari inseriti nelle GaE: lasci stare la chiamata diretta, che è anche incostituzionale, e proceda, come l'Europa ci chiede dal 1999, all'assunzione di tutti i precari con più di 36 mesi di supplenze". (ANSA).
ANSA: Anief, prof non si scelgono per chiamata diretta (ANSA) - ROMA, 25 FEB - Il reclutamento degli insegnanti della scuola pubblica "non può essere quello della chiamata diretta adottata negli istituti privati: per rimodulare il sistema d'istruzione italiano non servono colpi di mano, ma basterebbe solo rispettare l'imparzialità derivante dall'esito dei pubblici concorsi, che devono rimanere l'unico 'filtro' meritocratico per l'accesso nell'istruzione come già avviene per legge in tutti i comparti dell'amministrazione statale". È quanto sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief, riferendosi a quanto dichiarato dal neo-Ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini. "Forse il Ministro - continua Pacifico - non ha ben chiaro che creare un modello di scelta del personale docente gestito a livello di singola scuola andrebbe a determinare una parcellizzazione dei criteri e delle modalità selettive. Con la risultante sicura di incrementare il già alto numero di contenziosi. Viene poi da chiedersi chi avrebbe l'onere di gestire la selezione dei docenti e la valutazione dei loro curricula di studio e professionali: non è bastata - conclude il sindacalista Anief-Confedir - l'esperienza dei commissari dell'ultimo concorsone, malpagati e costretti a rinunciare alle ferie per portare a termine le graduatorie dei vincitori?". Per l'Anief "sarebbe decisamente più opportuno adottare un modello selettivo e meritocratico nazionale" e suggerisce di utilizzare come riferimento quanto stabilito di recente dal Miur per l'accesso alle Facoltà universitarie di Medicina. Anief non comprende, infine, come si possa pensare di introdurre un modello organizzativo di reclutamento che superi le già avvenute selezioni pubbliche di tante decine di migliaia di docenti, tra concorsi, Tfa ordinario e Pas: " Invece di trovare una collocazione a questi insegnanti, come meritano, all'interno delle graduatorie a esaurimento, si continua a mettere in discussione le loro capacità di futuri docenti. Come se non fossero già in possesso di adeguati titoli di studio, abilitazioni, specializzazioni e idoneità all'insegnamento". (ANSA).
Il Miur penalizza il Meridione: 80% delle 22mila assunzioni andranno al Nord
ANSA: Scuola: sostegno; Anief, ministero penalizza il Meridione (ANSA) - ROMA, 26 FEB - "Gli errori del Ministero dell' Istruzione continuano a penalizzare le regioni del Sud: stavolta a rimetterci saranno gli alunni disabili, che nel prossimo biennio continueranno ad avere i loro insegnanti precari". Lo denuncia l'Anief riferendo che delle 22mila assunzioni di docenti di sostegno programmate (attraverso il D.L. 104/13) addirittura l'80% si effettueranno al Nord. "In alcune regioni, come Basilicata, Campania e Calabria, le immissioni in ruolo potrebbero infatti quasi saltare. Il motivo non sarebbe però quello che tutti possono immaginare, la mancanza di posti liberi, ma - spiega il sindacato - il rapporto troppo alto, attorno all'80%, tra organico di diritto e di fatto. Con il risultato che ancora una volta le assurde logiche della burocrazia prevarranno su quelle della funzionalità di un servizio pubblico essenziale quale è il diritto allo studio rivolto ai disabili". Secondo l'Anief "se si confrontano i dati programmatici delle assunzioni richieste dal Miur nel prossimo triennio si scopre che alla fine della 'giostra' Sud e Isole saranno nuovamente penalizzate perché avranno meno insegnanti di quelli che dovrebbero avere: ne mancheranno all'appello 881 in Sicilia, 710 in Campania, 382 in Puglia, 259 in Sardegna e 129 in Basilicata". "È evidente - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - che il Meridione esce ancora una volta penalizzato dalle scelte cervellotiche del Ministero dell'Istruzione: per evitare questo sbilanciamento di assunzioni sarebbe bastato tenere conto degli squilibri pregressi e applicare la percentuale del 70% rispetto all'organico regionale". "Considerando poi che l'amministrazione su questo fronte è recidiva, poiché le assunzioni dovevano essere il doppio rispetto alle 26mila programmate in tre anni, per il Sud si preannuncia una vera beffa" conclude Pacifico secondo cui il rischio é che nelle regioni con meno immissioni in ruolo si produrrà un servizio didattico contrassegnato da un'alta percentuale di docenti di sostegno che rimarranno precari, costretti quasi sempre a cambiare scuola ogni anno e non garantendo quella continuità didattica che nel caso dell'apprendimento degli alunni disabili diventa elemento essenziale e cogente". (ANSA).
Pubblichiamo alcuni articoli sullo sciopero e sul presidio dei precari al Miur dell'11 aprile, sulla proposta di staffetta generazionale del ministro Madia e sull'avvio dei ricorsi Anief per l'aggiornamento delle GaE.
Sciopero e presidio dei precari al Miur dell'11 aprile 2014
ANSA: Scuola: Anief, domani protesta precari davanti a ministero Per chiedere garanzie su futuri sistemi di reclutamento
(ANSA) - ROMA, 10 APR - Domani i precari della scuola si fermano e scendono in piazza a Roma: lo sciopero generale della categoria è stato indetto da una serie di organizzazioni, tra cui il "Coordinamento nazionale Precari Uniti contro i Tagli", che nella stessa giornata ha organizzato un presidio, a partire dalle 10,00 davanti al Ministero dell'Istruzione. I precari chiedono di incontrare il Ministro Giannini, per rivolgerle quesiti su ritiro dei tagli, assunzioni, scatti di anzianità, ferie non godute, futuri sistemi di reclutamento. Il sindacato Anief reputa giuste le rivendicazioni dei precari della scuola ed è solidale con i manifestanti. "L'Anief - sostiene il presidente Marcello Pacifico - combatte da anni per la salvaguardia del diritto alla parità di trattamento, all'equa retribuzione, alla stabilizzazione, al lavoro, alla dignità della professione di insegnante: sono tutti punti presenti nelle nostra Costituzione e protetti dall'ordinamento comunitario, ma sempre dimenticati dai nostri governanti. I quali preferiscono calpestarli per presunte ragioni finanziarie. Che, tra l'altro, nemmeno esistono: di recente la Ragioneria dello Stato ha dimostrato che tenere in piedi il meccanismo infernale del nostro precariato scolastico costa alle casse pubbliche centinaia di milioni di euro in più". A tal proposito, un recente studio Anief - ricorda Pacifico - ha evidenziato come per il funzionamento ordinario degli istituti scolastici tra il 2001 e il 2013 i supplenti annuali sono passati da 105 mila a 140 mila. E nel contempo le spese per il personale a tempo determinato si sono incrementate di 348 milioni di euro dal 2007 (+68%), mentre nello stesso periodo nel settore della Sanità pubblica - dove si è proceduto alla stabilizzazione di 24 mila unità - si è prodotto un risparmio di 80 milioni di euro. (ANSA).
ANSA: Anief, 25 mila sì a petizione per pensione a 60 anni (ANSA) - ROMA, 8 APR - "Si dia seguito alla staffetta generazionale del Ministro Madia approvando una deroga per il comparto" scuola. Lo chiede l'Anief segnalando che ha raccolto oltre 25 mila adesioni la petizione di Mila Spicola, la scrittrice, docente e componente della direzione nazionale del Pd, che intende convincere il Premier Renzi a trovare "un rimedio all'ingiusta legge che pone il personale scolastico sullo stesso piano degli altri dipendenti pubblici" in materia di pensione. L'Anief ricorda dall'ultimo rapporto 'Education at a glance' risulta che nel 2011 in Italia aveva più di 50 anni il 47,6% dei docenti della primaria, il 61% di quelli delle medie inferiori e il 62,5% di quelli delle superiori. Mentre solo lo 0,27 per cento dei nostri insegnanti ha meno di 30 anni. Contro la presenza di insegnanti under 30 che in Germania si colloca al 3,6%, in Austria e Islanda al 6%, in Spagna al 6,8%. "Il conflitto, è proprio il caso di dire, si creerebbe continuando a tenere gli aspiranti docenti lontani dalla scuola e costringendo a lasciare in cattedra chi ci sta da una vita" afferma il sindacato. "È scientificamente provato - osserva Marcello Pacifico, presidente Anief - che chi opera nella scuola svolge uno dei lavori più stressanti e a rischio burnout: è il mestiere che impegna di più in relazioni umane e nello sviluppo della persona. Ma che purtroppo, paradossalmente, è anche quello che è stato più sacrificato sull'altare dei tagli nella pubblica amministrazione. Da un nostro recente studio risulta che negli ultimi 10 anni le immissioni in ruolo dei docenti sono state di gran lunga inferiori ai pensionamenti. Se a questo aggiungiamo che il 62% degli stessi insegnanti è over 50 e che, grazie alla riforma Fornero, entro qualche anno ci ritroveremo con oltre 100 mila insegnanti ultra 60enni, non c'è altra scelta: bisogna dare subito pieno credito a petizioni come quelle della scrittrice Mila Spicola, che vanno nella stessa direzione della proposta del ministro Madia di agevolare il ricambio generazionale. Altrimenti - conclude Pacifico - sulla scuola si continuerà a fare solo tanta demagogia". (ANSA).
Pubblichiamo alcuni articoli sullo sciopero e sul presidio dei precari al Miur dell'11 aprile, sulla proposta di staffetta generazionale del ministro Madia e sull'avvio dei ricorsi Anief per l'aggiornamento delle GaE.
Sciopero e presidio dei precari al Miur dell'11 aprile 2014
ANSA: Scuola: Anief, domani protesta precari davanti a ministero Per chiedere garanzie su futuri sistemi di reclutamento
(ANSA) - ROMA, 10 APR - Domani i precari della scuola si fermano e scendono in piazza a Roma: lo sciopero generale della categoria è stato indetto da una serie di organizzazioni, tra cui il "Coordinamento nazionale Precari Uniti contro i Tagli", che nella stessa giornata ha organizzato un presidio, a partire dalle 10,00 davanti al Ministero dell'Istruzione. I precari chiedono di incontrare il Ministro Giannini, per rivolgerle quesiti su ritiro dei tagli, assunzioni, scatti di anzianità, ferie non godute, futuri sistemi di reclutamento. Il sindacato Anief reputa giuste le rivendicazioni dei precari della scuola ed è solidale con i manifestanti. "L'Anief - sostiene il presidente Marcello Pacifico - combatte da anni per la salvaguardia del diritto alla parità di trattamento, all'equa retribuzione, alla stabilizzazione, al lavoro, alla dignità della professione di insegnante: sono tutti punti presenti nelle nostra Costituzione e protetti dall'ordinamento comunitario, ma sempre dimenticati dai nostri governanti. I quali preferiscono calpestarli per presunte ragioni finanziarie. Che, tra l'altro, nemmeno esistono: di recente la Ragioneria dello Stato ha dimostrato che tenere in piedi il meccanismo infernale del nostro precariato scolastico costa alle casse pubbliche centinaia di milioni di euro in più". A tal proposito, un recente studio Anief - ricorda Pacifico - ha evidenziato come per il funzionamento ordinario degli istituti scolastici tra il 2001 e il 2013 i supplenti annuali sono passati da 105 mila a 140 mila. E nel contempo le spese per il personale a tempo determinato si sono incrementate di 348 milioni di euro dal 2007 (+68%), mentre nello stesso periodo nel settore della Sanità pubblica - dove si è proceduto alla stabilizzazione di 24 mila unità - si è prodotto un risparmio di 80 milioni di euro. (ANSA).
ANSA: Anief, 25 mila sì a petizione per pensione a 60 anni (ANSA) - ROMA, 8 APR - "Si dia seguito alla staffetta generazionale del Ministro Madia approvando una deroga per il comparto" scuola. Lo chiede l'Anief segnalando che ha raccolto oltre 25 mila adesioni la petizione di Mila Spicola, la scrittrice, docente e componente della direzione nazionale del Pd, che intende convincere il Premier Renzi a trovare "un rimedio all'ingiusta legge che pone il personale scolastico sullo stesso piano degli altri dipendenti pubblici" in materia di pensione. L'Anief ricorda dall'ultimo rapporto 'Education at a glance' risulta che nel 2011 in Italia aveva più di 50 anni il 47,6% dei docenti della primaria, il 61% di quelli delle medie inferiori e il 62,5% di quelli delle superiori. Mentre solo lo 0,27 per cento dei nostri insegnanti ha meno di 30 anni. Contro la presenza di insegnanti under 30 che in Germania si colloca al 3,6%, in Austria e Islanda al 6%, in Spagna al 6,8%. "Il conflitto, è proprio il caso di dire, si creerebbe continuando a tenere gli aspiranti docenti lontani dalla scuola e costringendo a lasciare in cattedra chi ci sta da una vita" afferma il sindacato. "È scientificamente provato - osserva Marcello Pacifico, presidente Anief - che chi opera nella scuola svolge uno dei lavori più stressanti e a rischio burnout: è il mestiere che impegna di più in relazioni umane e nello sviluppo della persona. Ma che purtroppo, paradossalmente, è anche quello che è stato più sacrificato sull'altare dei tagli nella pubblica amministrazione. Da un nostro recente studio risulta che negli ultimi 10 anni le immissioni in ruolo dei docenti sono state di gran lunga inferiori ai pensionamenti. Se a questo aggiungiamo che il 62% degli stessi insegnanti è over 50 e che, grazie alla riforma Fornero, entro qualche anno ci ritroveremo con oltre 100 mila insegnanti ultra 60enni, non c'è altra scelta: bisogna dare subito pieno credito a petizioni come quelle della scrittrice Mila Spicola, che vanno nella stessa direzione della proposta del ministro Madia di agevolare il ricambio generazionale. Altrimenti - conclude Pacifico - sulla scuola si continuerà a fare solo tanta demagogia". (ANSA).
Pubblichiamo alcuni articoli sull'aumento di 64mila alunni negli ultimi due anni a parità di docenti e sull'attesa del parere del Consiglio di Stato sul concorso DS.
Negli ultimi due anni 64 mila alunni in più, ma i docenti non aumentano
TMNews: Anief: 64 mila alunni in più in 2 anni, no a classi pollaio Fermo il numero dei docenti, cresce solo quelli di sostegno
Roma, 4 apr. (TMNews) - Nell'ultimo biennio il numero di alunni è aumentato di circa 64 mila unità, a seguito di un incremento di 30 mila iscritti in più nell'anno in corso e di 34mila nel prossimo, che corrispondono a circa 3mila nuove classi. Il numero di insegnanti è rimasto sempre lo stesso: 600.839 posti di docente comuni. Lo rivela il sindacato Anief-Confedir. "Questo significa - spiega una nota - che gli alunni nuovi arrivati si sono in larga parte accomodati nelle classi esistenti: allargando il già alto numero, che nei primi anni di medie e superiori arriva sempre più spesso alle soglie dei 30 iscritti. Violando, in questo modo, le misure in vigore che, soprattutto in presenza di spazi ridotti, impongono precisi vincoli per non ledere il diritto allo studio. E superando i limiti previsti dalle norme sulla sicurezza e dalla prevenzione degli infortuni". Gli unici docenti che aumenteranno - sottolinea l'Anief-Confedit - sono quelli di sostegno. Che da 63.348 saranno incrementati di circa 20mila unità. Ma si tratta, anche in questo caso, di una notizia che stona con la realtà. Quella che deve fare i conti con un organico di diritto sottodimensionato del 30%. Tanto è vero che anche se entro tre anni i docenti di ruolo specializzati nell'insegnamento ai disabili saliranno a 90.032, pari all'organico di quasi 10 anni fa, nello stesso periodo i docenti di sostegno di cui avranno bisogno i nostri alunni saranno molti di più degli attuali 110.216: basti pensare il trend positivo a partire dal 2001, quando gli iscritti nelle scuole con handicap certificato erano appena 138.000, mentre oggi sono diventati 222.000.Per ovviare a questo problema, il sindacato ha chiesto fin da subito di autorizzare almeno altre 25.000 assunzioni su sostegno in più: ciò eviterebbe inevitabili disagi didattici e problemi di apprendimento per migliaia di disabili, ma anche tantissimi ricorsi in tribunale con danno erariale per lo Stato di chi, gioco forza, dimostrerà di essere stato chiamato per più di 36 mesi su posti liberi. Inoltre, seppure più contenuto rispetto a 10 anni fa, continua ad aumentare il numero di alunni stranieri: appena pochi giorni fa il Miur ha rilevato, assieme all'Ismu, che "dall'analisi statistica emerge che gli alunni con cittadinanza non italiana continuano a crescere di numero e anche di percentuale: sono 786.630, l'8,8% sul totale degli iscritti nelle scuole italiane". Come se non bastasse, nel prossimo anno alcune zone d'Italia avranno meno cattedre per tutte le discipline: in Sicilia, ad esempio, si perderanno più di 500 insegnanti. La rivista specializzata 'Orizzonte Scuola', nell'articolo riassuntivo, suddiviso per regioni e ordine di scuola, sugli organici degli insegnanti 2014/15 messi a confronto con quelli dell'anno in corso, ha rilevato che "come nel gioco delle tre carte, poiché gli organici non possono essere modificati e gli alunni in talune regioni aumentano, spostiamo cattedre da una regione all'altra. A saldo invariato". "Governo e Miur - afferma Marcello Pacifico (Anief-Confedir)-facciano una seria riflessione sugli organici, iniziando a cancellare la norma che prevede il loro blocco contenuta nella Legge 111/2011. Quando fu approvata, il legislatore pensò solo a risparmiare sugli stipendi, ma non ha fatto i conti con l'aumento demografico e l'ulteriore incremento di alunni stranieri.
ANSA: Anief, si moltiplicano le classi-pollaio (ANSA) - ROMA, 4 APR - Si moltiplicano le classi-pollaio. A lanciare l'allarme è l'Anief. Nell'ultimo biennio il numero di alunni è aumentato di circa 64 mila unità, ma siccome il numero di insegnanti, in seguito alla Legge 111/2011, è rimasto sempre lo stesso, 600.839, questo significa - spiega il sindacato - che gli alunni nuovi arrivati si sono in larga parte accomodati nelle classi esistenti: allargando il già alto numero, che nei primi anni di medie e superiori arriva sempre più spesso alle soglie dei 30 iscritti. Violando, in questo modo, le misure in vigore che, soprattutto in presenza di spazi ridotti, impongono precisi vincoli per non ledere il diritto allo studio. E superando i limiti previsti dalle norme sulla sicurezza e dalla prevenzione degli infortuni. Gli unici docenti che aumenteranno - osserva l'Anief - sono quelli di sostegno. Che da 63.348 saranno incrementati di circa 20mila unità. Ma si tratta, anche in questo caso, di una notizia che stona con la realtà. Quella che deve fare i conti con un organico di diritto sottodimensionato del 30%. Per ovviare a questo problema, il sindacato ha chiesto di autorizzare almeno altre 25.000 assunzioni su sostegno in più: ciò eviterebbe inevitabili disagi didattici e problemi di apprendimento per migliaia di disabili, ma anche - fa notare - tantissimi ricorsi in tribunale con danno erariale per lo Stato di chi, gioco forza, dimostrerà di essere stato chiamato per più di 36 mesi su posti liberi. Inoltre, seppure più contenuto rispetto a 10 anni fa, continua ad aumentare il numero di alunni stranieri. E nel prossimo anno alcune zone d'Italia avranno meno cattedre per tutte le discipline: in Sicilia, ad esempio, si perderanno più di 500 insegnanti. "E' giunto il momento di fare una seria riflessione sugli organici" afferma il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico, che chiede al Governo e al Miur di "mettersi all'opera per cancellare la norma anacronistica che vieta di incrementare i posti complessivi di insegnamento nella scuola pubblica: il comma 7 dell'art. 19 della legge 111 del 2011 aveva il compito di frenare l'innalzarsi delle cattedra, calmierando in tal modo la spesa per gli stipendi del personale. Ma il legislatore non aveva di certo fatto i conti con il ritorno all'aumento demografico e all'incremento costante di alunni stranieri".(ANSA).
ANSA: Scuola: Anief, concorso per dirigenti resta nel caos Decreto emanato é solo 'ennesima toppa'
(ANSA) - ROMA, 6 APR - Il concorso per dirigenti scolastici "rimane nel caos. Il decreto emanato in settimana dal Consiglio dei Ministri, per mantenere in servizio sino alla fine di quest'anno scolastico i 112 vincitori della selezione in Toscana, rappresenta l'ennesima 'toppa' alla procedura concorsuale per 2.386 posti a disposizione bandita il 13 luglio 2011, cui parteciparono oltre 33 mila aspiranti". Lo sostiene l'Anief secondo cui la parola fine "é ancora lontana dall'arrivare". "I tribunali della Repubblica devono ancora esprimersi in via definitiva - osserva - su tante situazioni, che hanno avuto destini diversi a livello regionale: si va dall'esclusione illegittima di tanti docenti dalle prove alla cancellazione inaspettata, a pochi giorni dall'avvio della prova iniziale, di 975 domande su 5.500 ufficiali pubblicate dal Miur. Dalla fuga di notizie sui contenuti della preselettiva, ai tanti quiz somministrati errati (almeno 38 su 100). Dalla scelta di buste semi-trasparenti per contenere i dati degli aspiranti a quella, altrettanto incauta, di alcuni componenti delle commissioni d'esame con evidenti incompatibilità di ruolo". "E' evidente - afferma Marcello Pacifico, presidente Anief - che se a fine giugno queste irregolarità venissero ribadite aumenterebbero in modo esponenziale le prospettive di decadimento. Con alcune regioni, come la Lombardia, che si ritroverebbero a dover iniziare la selezione per la terza volta in tre anni". L'Anief a giugno, in occasione dell'udienza di merito tenuta dai giudici di Palazzo Spada, chiederà la trattazione congiunta dei ricorsi già pendenti e proporrà l'intervento ad adiuvandum di tutti i ricorrenti costituitisi nei giudizi di primo grado: "stavolta, se l'appello verrà accolto, il Miur dovrà rinnovare integralmente per loro la procedura, mentre potrebbe salvare con un nuovo decreto-legge i vincitori che hanno superato tutte le valutazioni delle prove successive". "In questo modo - conclude Pacifico - si darebbe un'altra opportunità di diventare dirigenti scolastici a coloro che hanno svolto delle prove selettive nate male e finite peggio. Ma, come indicato da più parti della giurisprudenza, si permetterebbe anche di non penalizzare coloro che hanno dimostrato, superando tutte le prove selettive, scritte e orali, di meritare di mettersi a capo di un istituto scolastico autonomo". (ANSA).
Pubblichiamo alcuni articoli sull'aumento di 64mila alunni negli ultimi due anni a parità di docenti e sull'attesa del parere del Consiglio di Stato sul concorso DS.
Negli ultimi due anni 64 mila alunni in più, ma i docenti non aumentano
TMNews: Anief: 64 mila alunni in più in 2 anni, no a classi pollaio Fermo il numero dei docenti, cresce solo quelli di sostegno
Roma, 4 apr. (TMNews) - Nell'ultimo biennio il numero di alunni è aumentato di circa 64 mila unità, a seguito di un incremento di 30 mila iscritti in più nell'anno in corso e di 34mila nel prossimo, che corrispondono a circa 3mila nuove classi. Il numero di insegnanti è rimasto sempre lo stesso: 600.839 posti di docente comuni. Lo rivela il sindacato Anief-Confedir. "Questo significa - spiega una nota - che gli alunni nuovi arrivati si sono in larga parte accomodati nelle classi esistenti: allargando il già alto numero, che nei primi anni di medie e superiori arriva sempre più spesso alle soglie dei 30 iscritti. Violando, in questo modo, le misure in vigore che, soprattutto in presenza di spazi ridotti, impongono precisi vincoli per non ledere il diritto allo studio. E superando i limiti previsti dalle norme sulla sicurezza e dalla prevenzione degli infortuni". Gli unici docenti che aumenteranno - sottolinea l'Anief-Confedit - sono quelli di sostegno. Che da 63.348 saranno incrementati di circa 20mila unità. Ma si tratta, anche in questo caso, di una notizia che stona con la realtà. Quella che deve fare i conti con un organico di diritto sottodimensionato del 30%. Tanto è vero che anche se entro tre anni i docenti di ruolo specializzati nell'insegnamento ai disabili saliranno a 90.032, pari all'organico di quasi 10 anni fa, nello stesso periodo i docenti di sostegno di cui avranno bisogno i nostri alunni saranno molti di più degli attuali 110.216: basti pensare il trend positivo a partire dal 2001, quando gli iscritti nelle scuole con handicap certificato erano appena 138.000, mentre oggi sono diventati 222.000.Per ovviare a questo problema, il sindacato ha chiesto fin da subito di autorizzare almeno altre 25.000 assunzioni su sostegno in più: ciò eviterebbe inevitabili disagi didattici e problemi di apprendimento per migliaia di disabili, ma anche tantissimi ricorsi in tribunale con danno erariale per lo Stato di chi, gioco forza, dimostrerà di essere stato chiamato per più di 36 mesi su posti liberi. Inoltre, seppure più contenuto rispetto a 10 anni fa, continua ad aumentare il numero di alunni stranieri: appena pochi giorni fa il Miur ha rilevato, assieme all'Ismu, che "dall'analisi statistica emerge che gli alunni con cittadinanza non italiana continuano a crescere di numero e anche di percentuale: sono 786.630, l'8,8% sul totale degli iscritti nelle scuole italiane". Come se non bastasse, nel prossimo anno alcune zone d'Italia avranno meno cattedre per tutte le discipline: in Sicilia, ad esempio, si perderanno più di 500 insegnanti. La rivista specializzata 'Orizzonte Scuola', nell'articolo riassuntivo, suddiviso per regioni e ordine di scuola, sugli organici degli insegnanti 2014/15 messi a confronto con quelli dell'anno in corso, ha rilevato che "come nel gioco delle tre carte, poiché gli organici non possono essere modificati e gli alunni in talune regioni aumentano, spostiamo cattedre da una regione all'altra. A saldo invariato". "Governo e Miur - afferma Marcello Pacifico (Anief-Confedir)-facciano una seria riflessione sugli organici, iniziando a cancellare la norma che prevede il loro blocco contenuta nella Legge 111/2011. Quando fu approvata, il legislatore pensò solo a risparmiare sugli stipendi, ma non ha fatto i conti con l'aumento demografico e l'ulteriore incremento di alunni stranieri.
ANSA: Anief, si moltiplicano le classi-pollaio (ANSA) - ROMA, 4 APR - Si moltiplicano le classi-pollaio. A lanciare l'allarme è l'Anief. Nell'ultimo biennio il numero di alunni è aumentato di circa 64 mila unità, ma siccome il numero di insegnanti, in seguito alla Legge 111/2011, è rimasto sempre lo stesso, 600.839, questo significa - spiega il sindacato - che gli alunni nuovi arrivati si sono in larga parte accomodati nelle classi esistenti: allargando il già alto numero, che nei primi anni di medie e superiori arriva sempre più spesso alle soglie dei 30 iscritti. Violando, in questo modo, le misure in vigore che, soprattutto in presenza di spazi ridotti, impongono precisi vincoli per non ledere il diritto allo studio. E superando i limiti previsti dalle norme sulla sicurezza e dalla prevenzione degli infortuni. Gli unici docenti che aumenteranno - osserva l'Anief - sono quelli di sostegno. Che da 63.348 saranno incrementati di circa 20mila unità. Ma si tratta, anche in questo caso, di una notizia che stona con la realtà. Quella che deve fare i conti con un organico di diritto sottodimensionato del 30%. Per ovviare a questo problema, il sindacato ha chiesto di autorizzare almeno altre 25.000 assunzioni su sostegno in più: ciò eviterebbe inevitabili disagi didattici e problemi di apprendimento per migliaia di disabili, ma anche - fa notare - tantissimi ricorsi in tribunale con danno erariale per lo Stato di chi, gioco forza, dimostrerà di essere stato chiamato per più di 36 mesi su posti liberi. Inoltre, seppure più contenuto rispetto a 10 anni fa, continua ad aumentare il numero di alunni stranieri. E nel prossimo anno alcune zone d'Italia avranno meno cattedre per tutte le discipline: in Sicilia, ad esempio, si perderanno più di 500 insegnanti. "E' giunto il momento di fare una seria riflessione sugli organici" afferma il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico, che chiede al Governo e al Miur di "mettersi all'opera per cancellare la norma anacronistica che vieta di incrementare i posti complessivi di insegnamento nella scuola pubblica: il comma 7 dell'art. 19 della legge 111 del 2011 aveva il compito di frenare l'innalzarsi delle cattedra, calmierando in tal modo la spesa per gli stipendi del personale. Ma il legislatore non aveva di certo fatto i conti con il ritorno all'aumento demografico e all'incremento costante di alunni stranieri".(ANSA).
ANSA: Scuola: Anief, concorso per dirigenti resta nel caos Decreto emanato é solo 'ennesima toppa'
(ANSA) - ROMA, 6 APR - Il concorso per dirigenti scolastici "rimane nel caos. Il decreto emanato in settimana dal Consiglio dei Ministri, per mantenere in servizio sino alla fine di quest'anno scolastico i 112 vincitori della selezione in Toscana, rappresenta l'ennesima 'toppa' alla procedura concorsuale per 2.386 posti a disposizione bandita il 13 luglio 2011, cui parteciparono oltre 33 mila aspiranti". Lo sostiene l'Anief secondo cui la parola fine "é ancora lontana dall'arrivare". "I tribunali della Repubblica devono ancora esprimersi in via definitiva - osserva - su tante situazioni, che hanno avuto destini diversi a livello regionale: si va dall'esclusione illegittima di tanti docenti dalle prove alla cancellazione inaspettata, a pochi giorni dall'avvio della prova iniziale, di 975 domande su 5.500 ufficiali pubblicate dal Miur. Dalla fuga di notizie sui contenuti della preselettiva, ai tanti quiz somministrati errati (almeno 38 su 100). Dalla scelta di buste semi-trasparenti per contenere i dati degli aspiranti a quella, altrettanto incauta, di alcuni componenti delle commissioni d'esame con evidenti incompatibilità di ruolo". "E' evidente - afferma Marcello Pacifico, presidente Anief - che se a fine giugno queste irregolarità venissero ribadite aumenterebbero in modo esponenziale le prospettive di decadimento. Con alcune regioni, come la Lombardia, che si ritroverebbero a dover iniziare la selezione per la terza volta in tre anni". L'Anief a giugno, in occasione dell'udienza di merito tenuta dai giudici di Palazzo Spada, chiederà la trattazione congiunta dei ricorsi già pendenti e proporrà l'intervento ad adiuvandum di tutti i ricorrenti costituitisi nei giudizi di primo grado: "stavolta, se l'appello verrà accolto, il Miur dovrà rinnovare integralmente per loro la procedura, mentre potrebbe salvare con un nuovo decreto-legge i vincitori che hanno superato tutte le valutazioni delle prove successive". "In questo modo - conclude Pacifico - si darebbe un'altra opportunità di diventare dirigenti scolastici a coloro che hanno svolto delle prove selettive nate male e finite peggio. Ma, come indicato da più parti della giurisprudenza, si permetterebbe anche di non penalizzare coloro che hanno dimostrato, superando tutte le prove selettive, scritte e orali, di meritare di mettersi a capo di un istituto scolastico autonomo". (ANSA).
" Prepensionamenti. Pronta l'uscita per diecimila dipendenti statali”
░ Per i dipendenti in esubero, l’accesso alla pensione con le regole ante-Forneroè possibile con una norma 2012.
L’operazione di prepensionamento dei dipendenti pubblici in esubero… è già iniziata. … La norma che permette di applicare ai lavoratori pubblici le regole pensionistiche più favorevoli antecedenti alla riforma Fornero è contenuta nel decreto 95 del 2012, il provvedimento di revisione della spesa del governo Monti. In quel testo è prevista questa possibilità (purché il relativo trattamento decorra entro l’anno 2014) per gestire i dipendenti in soprannumero, altrimenti avviati alla mobilità ed in ultima analisi anche al licenziamento. E nella relazione tecnica che accompagna il decreto sono stati anche conteggiati i possibili interessati.Più precisamente, viene ipotizzato che si ritrovino in esubero 11.000 persone nelle amministrazioni centrali (di cui 5.600 nei soli ministeri) e 13.000 negli enti locali. Non tutti però avrebbero i requisiti per andare in pensione con le vecchie regole: secondo le valutazioni della Ragioneria si troverebbero in questa situazione, avendoli già conseguiti entro fine 2011, 6.000 lavoratori di ministeri ed enti pubblici e 2.000 delle amministrazioni locali. In tutto dunque 8.000. Per queste persone l’onere sui conti pubblici si limiterebbe alle sole liquidazioni visto che le pensioni in più sarebbero compensate dagli stipendi in meno, ovviamente nell’ipotesi di non assumere nessuno in sostituzione. Ci sarebbe poi una quota non quantificata di dipendenti che maturando i requisiti - sempre secondo le vecchie regole - dal 2012 in poi non avrebbero particolari costi perché l’erogazione della liquidazione sarebbe ritardata. In totale dunque il numero dei posti disponibili può essere pari ad oltre 10 mila.Tutto il meccanismo però, come già detto, si regge sul fatto che la sostanziale equivalenza tra stipendi risparmiati e pensioni erogate azzeri o quanto meno riduca gli oneri per il bilancio pubblico. Se invece, come annunciato dal ministro Marianna Madia, si tratterà di far uscire dipendenti anziani per immetterne in servizio di giovani, allora la questione dovrà essere in parte rivista almeno sotto il profilo finanziario.
Scuola oggi.org – 29 marzo 2014
" Apprendistato senza apprendimento”
░ di Fabrizio Dacrema
Il primo approccio del Governo Renzi in tema di formazione e lavoro è tutt’altro che innovativo. Si muove nel solco, purtroppo consolidato nel nostro paese, di un'idea povera del lavoro e della flessibilità, abbassa ulteriormente l'asticella dei diritti e della qualità del lavoro. … Le modifiche introdotte dal decreto del governo in materia di apprendistato snaturano questo specifico tipo di contratto "a causa mista" e rendono ancora più improbabile la prospettiva, diffusamente condivisa, di offrire ai giovani un ingresso al lavoro di tipo formativo. Il decreto Poletti: -elimina il vincolo, recentemente introdotto dalla legge Fornero, della conferma in servizio di una parte degli apprendisti assunti in precedenza ai fini dell'assunzione di nuovi apprendisti (attraverso la contrattazione si era fissata la quota del 30 per cento); -cancella l'obbligo della forma scritta per il piano formativo individuale dell'apprendista; -nell'apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualifica contrattuale viene soppresso l'obbligo di integrazione della formazione tecnico-professionale, di responsabilità dell'azienda, con l'offerta formativa pubblica (non più di 120 ore nel triennio di formazione di base e trasversale disciplinate dalle Regioni); -nell'apprendistato per la qualifica e il diploma professionale la retribuzione dell'apprendista, per la parte riferita alle ore di formazione, sarà del 35 per cento della retribuzione del livello contrattuale di inquadramento.Non è difficile cogliere l'idea di fondo che guida questi interventi sull'apprendistato: la componente formativa del contratto è considerata prevalentemente come una fonte di intoppi burocratici e di inutili perdite di tempo. … A questo punto, se il governo non accetta modifiche, è lecito domandarsi se l'apprendistato professionalizzante, dopo la deregolazionesubita, sia ancora un contratto a causa mista meritevole di sostegno da parte dello stato (sgravi contributivi al 100 per cento) e che possa usufruire della possibilità di sottoinquadramento contrattuale fino a due livelli oppure di percentualizzazione della retribuzione. L’indebolimento della componente formativa, fra l’altro, rischia anche un intervento sanzionatorio europeo per violazione della disciplina in materia di aiuti di stato, come già accaduto con i contratti diformazione-lavoro…. L’ultima indagine Isfolsulla formazione continua ha evidenziato che sono le imprese che formano i lavoratori quelle che innovano e crescono….Occorre creare le condizioni perché tutte le imprese che assumono apprendisti siano in grado di realizzare un percorso formativo intenzionalmente finalizzato a formare le competenze contenute nella qualificazione professionale cui il contratto di apprendistato è finalizzato e per la quale sono giustificati gli sgravi contributivi e gli sconti contrattuali. Se le imprese non sono in grado di formare l’insieme delle competenze di base, trasversali e tecnico-professionali che compongono un profilo contrattuale, allora devono interagire con le reti formative del territorio per avvalersi di competenze esterne e co-progettare i percorsi. Un ruolo decisivo lo giocano i sistemi regionali della formazione professionale e la diffusione dei poli tecnico-professionali al fine sostenere, in particolare, le piccole imprese nella formazione di professionalità specifiche (tutor aziendali) e nello sviluppo della capacità formativa dell’impresa. In questo modo l’apprendistato può diventare stimolo e occasione di miglioramento dell’intero capitale umano dell’impresa….
Corrieredellasera.it – 30 marzo 2014
" L'esercito di riserva dei precari E i costi umani anche per i ragazzi”
░ La chiarezza con la quale finalmente la grande stampa fotografa la situazione significa che la situazione (imminet la sentenza della Corte di Giustizia Europea) non lascia più margini all’ipocrisia con cui si è tollerato l’assurdo meccanismo delle graduatorie permanenti (modificate, poi, in Graduatorie ad Esaurimento. Centinaia di migliaia di aspiranti docenti vi sono invecchiati dentro e la superficialità con la quale si è gestita la loro sorte lavorativa si inserisce nel più generale fenomeno dell’ostracismo al quale è stata consegnata un’intera generazione – di certo culturalmente qualificata – stringendola nell’alternativa diabolica: lasciare l’Italia oppure, rinunciando a un proprio progetto di vita, caricarsi la soma dei debiti fatti dalla generazione precedente.
Sono tanti (140 mila), senza un posto fisso (lavorano a chiamata, una volta qui, un’altra volta là: ovunque ci sia bisogno) e non hanno diritto a scatti di anzianità e nemmeno alle ferie pagate. Sono i precari della scuola: un esercito di donne e uomini, maestri e maestre, professori, insegnanti di sostegno e personale ausiliario, senza i quali le scuole semplicemente non potrebbero funzionare ma che ogni anno vengono licenziati a giugno e riassunti a settembre per risparmiare sui due mesi di stipendio che altrimenti gli spetterebbero.Sulla sorte di questi dannati della scuola è chiamata a decidere la Corte di Giustizia europea che potrebbe condannare definitivamente lo Stato italiano per infrazione del diritto comunitario, coerentemente con altre prese di posizione analoghe dei mesi scorsi. Alla base del verdetto, una direttiva comunitaria del 1999 che prevede l’assunzione in via definitiva per tutti quei dipendenti che hanno svolto almeno 36 mesi di servizio anche non continuativo. La sentenza non è attesa prima di un paio di mesi. Ma se, come i sindacati si augurano, fosse positiva provocherebbe un terremoto in Italia. E se già al Miur non dormono sonni tranquilli, ancor più preoccupati sono i funzionari del Ministero dell’Economia per il timore che un verdetto sfavorevole scarichi sulle casse statali un peso considerevole, viste le pesantissime sanzioni che ci verrebbero comminate: si parla di diversi miliardi di euro, arretrati compresi, senza pensare ai costi per stabilizzare i precari. L’unica carta che il governo può giocare a proprio favore è l’articolo 15 del decreto legge 104/13 («L’istruzione riparte») che prevede nel triennio 2014-2016 la copertura di circa 87 mila posti vacanti, fra docenti ordinari, insegnanti di sostegno e assistenti tecnico-amministrativi (personale Ata). Posti che andrebbero assegnati per metà ai precari storici e per l’altra metà ai vincitori dei concorsi. E che certo non possono bastare a stabilizzare tutti i precari…. Quanti sono effettivamente i precari della scuola? Centoquarantamila infatti sono «solo» quelli che lavorano. Ma in realtà sono molti di più. Il gruppo più consistente è rappresentato dai 180 mila «precari storici» delle graduatorie a esaurimento (Gae). In queste liste provinciali, chiuse ormai da 6 anni (salvo periodiche sanatorie), stanno coloro che hanno conseguito l’abilitazione con le Ssis (le scuole di specializzazione all’insegnamento secondario in funzione fino al 2008) o che hanno vinto un concorso (l’ultimo, prima che il ministro Profumo decidesse di bandirne uno nuovo nel 2012, risaliva al 1999). Data la loro anzianità di servizio, rappresentano l’élite, o comunque il girone meno diabolico, nell’inferno dei precari. A loro spettano infatti la metà dei posti concessi per le immissioni in ruolo e la prima scelta delle supplenze annuali e fino al termine delle lezioni. E questo spiega anche perché gli insegnanti italiani siano così vecchi (più della metà ha dai 50 anni in su, mentre gli under trenta sono appena il 2,5%). Poi ci sono i precari non abilitati con almeno tre anni di supplenze che hanno fatto domanda per i cosiddetti percorsi abilitanti speciali (Pas). In tutto 66 mila persone che attualmente stanno in terza fascia nelle liste di istituto da cui i dirigenti scolastici scelgono i supplenti lunghi e brevi ma che grazie ai Pashanno la possibilità di acciuffare l’abilitazione in un anno senza nemmeno dover sostenere una selezione all’ingresso. Gli ultimi della fila sono i cosiddetti tieffini, coloro cioè che hanno conseguito l’abilitazione con i tirocini formativi attivi (Tfa) a numero chiuso e con test di accesso: costoro sono in molti casi neolaureati fuori da tutte le graduatorie e da tutte le liste, in altri casidocenti di terza fascia o docenti che hanno già un’abilitazione ma ne vogliono rendere un’altra. Passini e tieffini si contendono il diritto di precedenza nelle supplenze in nome gli uni dell’anzianità di servizio gli altri del merito. … Quest’anno su 728.325 docenti si contano 120.339 supplenti: 108.284 assunti fino al 30 giugno e solo 12.055 «con le ferie pagate» (contratto al 31 agosto). Ai 120 mila insegnanti bisogna poi aggiungere 18.979 Ata: in tutto 139.318 persone (senza contare i 40-50 mila supplenti temporanei chiamati dai dirigenti scolastici a coprire i buchi di organico imprevisti). Nel linguaggio burocratico della pubblica amministrazione questi 140 mila rappresentano l’«organico di fatto» della scuola, quell’esercito di riserva che ogni anno a luglio si aggiunge, con decreto del Miur, all’«organico di diritto» per sopperire alle esigenze variabili dellescuole….
larepubblica.it – 01aprile 2014
"Ocse-Pisa, nei test di "soluzione dei problemi quotidiani" la rivincita degli studenti italiani”
░ I giornali continuano a dare credito all’esito delle rilevazioni mediante test, ed enfatizzano una notizia buona: gli studenti italiani si piazzano discretamente nel "problemsolving", una delle prove svolte dagli studenti di 44 paesi. E non è un Pesce d’Aprile
Rivincita dei quindicenni italiani nei testOcse-Pisa. Nel problem-solving - la risoluzione di problemi che richiedono un approccio più pragmatico e adattivo che teorico e di routine - l'Italia si piazza nella parte alta della speciale classifica stilata dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che sonda le capacità di risolvere problemi della vita quotidiana. Superando nazioni come Germania e Stati Uniti e mantenendosi "significativamente" al di sopra della media dei paesi Ocse che hanno partecipato all'indagine svolta nel 2012. … Dopo anni di delusioni per le cattive performance in Lettura, Matematica e Scienze, gli adolescenti italiani surclassano i coetanei di nazioni industrializzate o emergenti come Spagna, Russia e Svezia. Il 15° posto occupato dall'Italia nella classifica dei 44 paesi che hanno partecipato all'indagine sulle "Competenze degli studenti alle prese con i problemi della vita quotidiana", presentata oggi a Parigi, lascia ben sperare per il futuro di una scuola che negli ultimi anni è stata oggetto di critiche, riforme e soprattutto tagli perché considerata inefficiente…Pare che la capacità di individuare e risolvere i problemi sia la competenza-chiave del futuro. Quella necessaria per inserirsi in un mondo del lavoro ormai globalizzato e sempre più competitivo. E gli studenti italiani sembrano già sulla buona strada. In cima alla classifica dell'Ocse sul Problem-solving si piazzano i paesi asiatici: Singapore (con 562 punti), Corea e Giappone. Seguiti dalle regioni più sviluppate della Cina: Macao, Hong Kong, Shanghai e Taipei, che sopravanzano Canada e Australia. Il primo paese europeo è la Finlandia che totalizza 523 punti, ma il nostro Paese è al sesto posto in Europa, con 510 punti. E i giovani delle regioni nord orientali ne totalizzano addirittura 533 di punti.La Germania, con 509, ci segue. Mentre la Russia (con 489 punti) e la Spagna (con 477 punti) sono distanti decine di punti dall'Italia. L'unico neo è la quota di top-performer che in Italia è del 6,2 per cento, contro una media Ocse dell'8,2. Ma perché all'Ocse considerano così importante la capacità di problem-solving? La risposta si trova nel grafico che mette in relazione la variazione dell'occupazione nell'area Ocse di coloro che hanno buone capacità di risoluzione dei problemi. Per questi ultimi, infatti, si è registrata una crescita del 4 per cento, a scapito di coloro che mostrano basse performance proprio nella competenza sondata dal rapporto odierno. Una circostanza che, secondo gli esperti dell'Osce, dovrebbe indirizzare le scelte politiche sull'istruzione.
scuolaoggi.org - 1 aprile. 2014
"L’istruzione in ospedale e a domicilio”
░Salvatore Nocera-Componente del Comitato dei Garanti della FISH -tratta, in sintesi,della NOTA MIUR dell’11 marzo 2014 riguardante la ripartizione dei fondi per la scuola in ospedale e a domicilio, e i criteri di funzionamento del servizio.
A seguito di presentazione della domanda da parte della famiglia (corredata della certificazione medica), il Dirigente Scolastico della scuola polo, con la sezione ospedaliera competente per territorio, provvede all’iscrizione nella sezione di scuola ospedaliera, secondo l’ordine e grado di scolarizzazione dell’alunno. Per l’istruzione domiciliare, invece, il Dirigente Scolastico deve prendere contatti con l’Ufficio Scolastico Regionale.Dal momento dell’accettazione del progetto, la scuola ospedaliera o la scuola di competenza dell’alunno con istruzione a domicilio prendono in carico il progetto stesso e ciò comporta che le assenze dalla scuola di origine non valgano più, mentre si tiene conto delle assenze nell’àmbito della scuola in ospedale o a domicilio nel solo caso in cui esse non consentano ai docenti di poter valutare l’alunno.Viene inoltre ribadito l’obbligo di presa in carico da parte della scuola di origine con la quale la scuola ospedaliera o i docenti che seguono l’alunno nell’istruzione a domicilio devono tenere un costante contatto, anche tramite mezzi elettronici.Qualora poi la durata di istruzione in ospedale o a domicilio superi la durata di frequenza della scuola di origine, sono i docenti che svolgono questa attività a fornire indicazioni ai Consigli di Classe per la valutazione formale, secondo quanto stabilito dagli articoli 11 e 14 comma 7 del Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 122/09…. È prevista pure la possibilità di attività didattiche ospedaliere estive, svolte con docenti volontari o dichiaratisi disponibili a ciò e si chiarisce ancora che gli insegnanti devono utilizzare il registro elettronico, concordando le modalità con la scuola di origine dell’alunno.Infine, si fa riferimento all’apposito portale del Ministero dedicato alla scuola in ospedale e a domicilio.Alcune osservazioni sono doverose.Merita innanzitutto plauso il riferimento alle possibili attività estive con docenti volontari o resisi disponibili a ciò, ovviamente nel rispetto del principio costituzionale di irrinunciabilità delle ferie.Lascia invece perplessi l’individuazione dei requisiti per accedere all’istruzione domiciliare indicati dalla normativa successiva al 2002. … Nnon si comprende in base a quale norma primaria il Ministero abbia previsto la condizione della preventiva ospedalizzazione, dal momento che l’articolo 12, comma 9 della Legge 104/92, concernente la scuola in ospedale, ai cuiprincìpi si è ispirata la normativa sull’istruzione domiciliare, recita come segue: «[…] per i quali sia accertata l’impossibilità della frequenza della scuola dell’obbligo per un periodo non inferiore a trenta giorni di lezione».Su questo punto, quindi, l’Osservatorio Ministeriale sull’Inclusione Scolastica degli Alunni con Disabilità ha avanzato la richiesta di modifica della normativa secondaria successiva al 2002, riportandola a quella anteriore, nel rispetto appunto del citato articolo 12, comma 9 della Legge 104/92. E tuttavia, ad oggi, il Ministero non ha ancora preso alcuna decisione.
Corrieredellasera.it -2aprile. 2014
"L’incontenibile vanità dei Rettori Ministri”
░ Stefania Giannini, terzo rettore consecutivo, dopo Carrozza e Profumo, ad assidersi sul trono del MIUR
Il bello dei rettori entrati (saliti? discesi?) in politica è quella loro arietta non già, come si potrebbe presumere, da primi della classe (antiquata, antiquatissima, per carità!), ma da qualcosa di mezzo tra Candide e la Vispa Teresa. Comune peraltro anche ad altri personaggi di simile parabola, come ad esempio il sindaco di Roma, Ignazio Marino. L’arietta di chi dice: guardate bene che io con i politici — sottinteso: quei lazzaroni, quei farabutti — non ho niente a che spartire. Guardate che sono allibito quanto voi e anzi ve ne racconto io una nuova. Guardate che io mi occupo non dei pasticci che ho ereditato e che non sono miei, ma di scrutare nuovi orizzonti e, soprattutto, di farvi vedere un nuovo stile. Direttamente impersonato, non a caso, da me medesimo. Se i rettori finiranno all’Inferno, dove è assai probabile che finiscano, sarà per la loro incommensurabile, incontenibile, vanità. L’ultimo caso è quello di Stefania Giannini, terzo rettore consecutivo, dopo Carrozza e Profumo, ad assidersi sul trono del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Trono in quanto da lì si governa all’incirca un milione di dipendenti e si spende, per il funzionamento, più di ogni altro ministero.Né il Rettore Primo, Francesco Profumo, né il Rettore Secondo, Maria Chiara Carrozza, hanno lasciato esaltante o incancellabile memoria di sé medesimi. Profumo, un ingegnere, sembrava uomo con i piedi per terra. Anche se a insospettire avrebbe dovuto essere il fatto che il governo Monti in cui militava era quello che vantava il più alto tasso di rettori nella storia non già d’Italia, ma di tutti i tempi e di tutti i paesi. Comunque sia, di Profumo si ricorda solo la graziosa idea del campionato nazionale dei primi della classe, teso a individuare e incoronare il Super Primissimo di Tutte le Classi. Una cosa tra Dickens e De Amicis, quanto mai adatta al terzo millennio. Della Carrozza viceversa, un bioingegnere di cui si celebravano le virtù scientifiche e la propensione all’eccellenza, non si ricorda nulla, dato che se non proprio nulla, certo assai poco deve avere fatto.Ammaestrato da questi precedenti, il Rettore Terzo, la Giannini, di natura sua una glottologa, appare fermamente intenzionata a lasciare duratura traccia di sé. Ha dunque sdegnosamente smentito che i precari della scuola siano mezzo milione e, ispirandosi al nominalismo e sfidando l’aritmetica, ne ha determinato la consistenza in «poco meno di centosettantamila». Salvo aggiungere che «ci sono anche 460 mila in graduatorie d’istituto, 10 mila abilitati con Tfa, 70 mila abilitati con Pas, 55 mila diplomati magistrali, e 40 mila idonei dei vecchi concorsi». Un po’ criptico, ma non male.Non contenta della performance numerica, la Giannini si è poi cimentata in un paio di occasioni con il pensiero vero e proprio, come quando, parlando degli esami di accesso alle scuole di specializzazione «mi piacerebbe — ha osservato — che mirassero a misurare principalmente le competenze e l’attitudine relative alla specializzazione futura». Perché, vien fatto di chiedere, che cos’altro dovrebbero misurare? E, soprattutto, contestando la sua collega Madia che aveva parlato di prepensionamenti per far spazio ai giovani, ha vibratamente e insieme pensosamente asserito «non amo il collegamento tra chi va a casa e chi entra. Un sistema sano non manda a casa gli anziani per far entrare i giovani. È necessaria un’alternanza costante». Precetto, quest’ultimo, di cui far tesoro (come di quello sulla necessità della maglia di lana e altri similari). Ma che forse non è di grande aiuto nelle presenti circostanze, quando di ingresso di giovani son vent’anni che non si parla.Il manto che avvolge l’avvento in politica dei rettori (come per altro, ma simile verso degli alti dirigenti della Banca d’Italia) è la competenza, la probità, la dedizione all’interesse nazionale e non di parte. La sostanza è una sottile, ma tenace idea corporativa. L’idea, antica, che la democrazia è debole, soprattutto in Italia, e che le sue piaghe devono essere medicate da mani delicate ed esperte, non lasciate in balia dei tristi amori dell’elettorato. Solo i corpi organizzati — l’accademia, l’alta burocrazia, gli istituti finanziari — possono garantire e proteggere l’interesse comune. In cambio, naturalmente, del riconoscimento di una sorta di patronato perenne, di un diritto inalienabile. Il risultato, la realtà che abbiamo sotto gli occhi, è la pasta collosa e burbanzosa che avvolge la dimensione pubblica e maschera la sua sostanziale paralisi. Meglio, molto meglio, la politica.
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.– 3aprile 2014
Geografia economica disciplina "tappabuchi".
░ Il Giga (Gruppo Insegnanti GeografiaAutorganizzati) ci fa pervenire il documento con cui chiede la revisione della nota ministeriale 3119 e la revoca totale dell'atipicità.
Continua da parte del Ministero della Pubblica Istruzione lo scempio nei riguardi della “Geografia Economica”. Dopo il colpo letale assegnato alla disciplina dal riordino Gelmini del 2010, non solo con eliminazione dagli Istituti Nautici e dai Professionali per il Commercio, ma soprattutto con la drastica riduzione del potenziale formativo, nonché della funzione di disciplina di indirizzo negli Istituti Tecnici Commerciali (gli unici in cui è sopravvissuta) spostandola dal triennio al biennio, derubricandola a semplice "Geografia" e attribuendole persino il carattere di atipicità.Con la nota ministeriale 3119 del 1 aprile 2014, al danno si aggiunge la beffa: l'insignificante ora di Geografia Economica introdotta nei bienni dei Professionali e dei Tecnici per il prossimo anno scolastico dalla Ministra Carrozza, viene illegittimamente assegnata anche ad altre classi di concorso mediante l'assegnazione di disciplina atipica. In tal modo il Ministero non si limita ad ignorare le proprie direttive ministeriali che prevedono l'esclusivo insegnamento della Geografia Economica da parte dei docenti della A039, ma cade in contrasto con quanto stabilito dell'articolo 33 della nostra Costituzione. Tutto questo sembra essere un macabro "pesce d'aprile" se si considera infatti che i vari Atenei Italiani hanno rimpinguato le loro casse con diverse decine di migliaia di euro mediante i TFA e i PAS che abilitavano i precari proprio all’insegnamento della A039, e adesso la sopra citata nota ministeriale condanna gli abilitati non al precariato a vita, bensì alla perenne disoccupazione. Sopraggiunge per cui come stridente pressapochismo e come manovra volutamente oscurantista la possibilità offerta dal Ministero a docenti non abilitati e nemmeno competenti di insegnare una materia affascinante quanto complessa come la "Geografia Economica". Nell’era del mondo globalizzato e della finanziarizzazionedell'economia, la “Geografia Economica“, secondo l’immaginario del Ministero, continua ad essere esclusivo appannaggio di quell'ossidato dizionario nozionistico di “mari e monti” tanto da relegarla a materia subalterna e “tappabuchi”. La fulminea conseguenza è un'inesorabile banalizzazione di una delle poche discipline scolastiche che fungono da punto di intersezione tra il mondo reale e quello scolastico. Questo va ad inficiare non solo sui docenti della Classe A039, gli unici con le competenze e i requisiti per insegnarla, ma soprattutto sulla formazione dei ragazzi, di quelle generazioni cioè che questa società dovrebbero viverla, governarla e renderla migliore. Per tali motivi il Giga (Gruppo Insegnanti Geografia Autorganizzati) chiede la revisione della nota ministeriale 3119 e la revoca totale dell'atipicità dalle poche, residuali ore di insegnamento di Geografia rimaste nell'ordinamento scolastico italiano.
" Prepensionamenti. Pronta l'uscita per diecimila dipendenti statali”
░ Per i dipendenti in esubero, l’accesso alla pensione con le regole ante-Forneroè possibile con una norma 2012.
L’operazione di prepensionamento dei dipendenti pubblici in esubero… è già iniziata. … La norma che permette di applicare ai lavoratori pubblici le regole pensionistiche più favorevoli antecedenti alla riforma Fornero è contenuta nel decreto 95 del 2012, il provvedimento di revisione della spesa del governo Monti. In quel testo è prevista questa possibilità (purché il relativo trattamento decorra entro l’anno 2014) per gestire i dipendenti in soprannumero, altrimenti avviati alla mobilità ed in ultima analisi anche al licenziamento. E nella relazione tecnica che accompagna il decreto sono stati anche conteggiati i possibili interessati.Più precisamente, viene ipotizzato che si ritrovino in esubero 11.000 persone nelle amministrazioni centrali (di cui 5.600 nei soli ministeri) e 13.000 negli enti locali. Non tutti però avrebbero i requisiti per andare in pensione con le vecchie regole: secondo le valutazioni della Ragioneria si troverebbero in questa situazione, avendoli già conseguiti entro fine 2011, 6.000 lavoratori di ministeri ed enti pubblici e 2.000 delle amministrazioni locali. In tutto dunque 8.000. Per queste persone l’onere sui conti pubblici si limiterebbe alle sole liquidazioni visto che le pensioni in più sarebbero compensate dagli stipendi in meno, ovviamente nell’ipotesi di non assumere nessuno in sostituzione. Ci sarebbe poi una quota non quantificata di dipendenti che maturando i requisiti - sempre secondo le vecchie regole - dal 2012 in poi non avrebbero particolari costi perché l’erogazione della liquidazione sarebbe ritardata. In totale dunque il numero dei posti disponibili può essere pari ad oltre 10 mila.Tutto il meccanismo però, come già detto, si regge sul fatto che la sostanziale equivalenza tra stipendi risparmiati e pensioni erogate azzeri o quanto meno riduca gli oneri per il bilancio pubblico. Se invece, come annunciato dal ministro Marianna Madia, si tratterà di far uscire dipendenti anziani per immetterne in servizio di giovani, allora la questione dovrà essere in parte rivista almeno sotto il profilo finanziario.
Scuola oggi.org – 29 marzo 2014
" Apprendistato senza apprendimento”
░ di Fabrizio Dacrema
Il primo approccio del Governo Renzi in tema di formazione e lavoro è tutt’altro che innovativo. Si muove nel solco, purtroppo consolidato nel nostro paese, di un'idea povera del lavoro e della flessibilità, abbassa ulteriormente l'asticella dei diritti e della qualità del lavoro. … Le modifiche introdotte dal decreto del governo in materia di apprendistato snaturano questo specifico tipo di contratto "a causa mista" e rendono ancora più improbabile la prospettiva, diffusamente condivisa, di offrire ai giovani un ingresso al lavoro di tipo formativo. Il decreto Poletti: -elimina il vincolo, recentemente introdotto dalla legge Fornero, della conferma in servizio di una parte degli apprendisti assunti in precedenza ai fini dell'assunzione di nuovi apprendisti (attraverso la contrattazione si era fissata la quota del 30 per cento); -cancella l'obbligo della forma scritta per il piano formativo individuale dell'apprendista; -nell'apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualifica contrattuale viene soppresso l'obbligo di integrazione della formazione tecnico-professionale, di responsabilità dell'azienda, con l'offerta formativa pubblica (non più di 120 ore nel triennio di formazione di base e trasversale disciplinate dalle Regioni); -nell'apprendistato per la qualifica e il diploma professionale la retribuzione dell'apprendista, per la parte riferita alle ore di formazione, sarà del 35 per cento della retribuzione del livello contrattuale di inquadramento.Non è difficile cogliere l'idea di fondo che guida questi interventi sull'apprendistato: la componente formativa del contratto è considerata prevalentemente come una fonte di intoppi burocratici e di inutili perdite di tempo. … A questo punto, se il governo non accetta modifiche, è lecito domandarsi se l'apprendistato professionalizzante, dopo la deregolazionesubita, sia ancora un contratto a causa mista meritevole di sostegno da parte dello stato (sgravi contributivi al 100 per cento) e che possa usufruire della possibilità di sottoinquadramento contrattuale fino a due livelli oppure di percentualizzazione della retribuzione. L’indebolimento della componente formativa, fra l’altro, rischia anche un intervento sanzionatorio europeo per violazione della disciplina in materia di aiuti di stato, come già accaduto con i contratti diformazione-lavoro…. L’ultima indagine Isfolsulla formazione continua ha evidenziato che sono le imprese che formano i lavoratori quelle che innovano e crescono….Occorre creare le condizioni perché tutte le imprese che assumono apprendisti siano in grado di realizzare un percorso formativo intenzionalmente finalizzato a formare le competenze contenute nella qualificazione professionale cui il contratto di apprendistato è finalizzato e per la quale sono giustificati gli sgravi contributivi e gli sconti contrattuali. Se le imprese non sono in grado di formare l’insieme delle competenze di base, trasversali e tecnico-professionali che compongono un profilo contrattuale, allora devono interagire con le reti formative del territorio per avvalersi di competenze esterne e co-progettare i percorsi. Un ruolo decisivo lo giocano i sistemi regionali della formazione professionale e la diffusione dei poli tecnico-professionali al fine sostenere, in particolare, le piccole imprese nella formazione di professionalità specifiche (tutor aziendali) e nello sviluppo della capacità formativa dell’impresa. In questo modo l’apprendistato può diventare stimolo e occasione di miglioramento dell’intero capitale umano dell’impresa….
Corrieredellasera.it – 30 marzo 2014
" L'esercito di riserva dei precari E i costi umani anche per i ragazzi”
░ La chiarezza con la quale finalmente la grande stampa fotografa la situazione significa che la situazione (imminet la sentenza della Corte di Giustizia Europea) non lascia più margini all’ipocrisia con cui si è tollerato l’assurdo meccanismo delle graduatorie permanenti (modificate, poi, in Graduatorie ad Esaurimento. Centinaia di migliaia di aspiranti docenti vi sono invecchiati dentro e la superficialità con la quale si è gestita la loro sorte lavorativa si inserisce nel più generale fenomeno dell’ostracismo al quale è stata consegnata un’intera generazione – di certo culturalmente qualificata – stringendola nell’alternativa diabolica: lasciare l’Italia oppure, rinunciando a un proprio progetto di vita, caricarsi la soma dei debiti fatti dalla generazione precedente.
Sono tanti (140 mila), senza un posto fisso (lavorano a chiamata, una volta qui, un’altra volta là: ovunque ci sia bisogno) e non hanno diritto a scatti di anzianità e nemmeno alle ferie pagate. Sono i precari della scuola: un esercito di donne e uomini, maestri e maestre, professori, insegnanti di sostegno e personale ausiliario, senza i quali le scuole semplicemente non potrebbero funzionare ma che ogni anno vengono licenziati a giugno e riassunti a settembre per risparmiare sui due mesi di stipendio che altrimenti gli spetterebbero.Sulla sorte di questi dannati della scuola è chiamata a decidere la Corte di Giustizia europea che potrebbe condannare definitivamente lo Stato italiano per infrazione del diritto comunitario, coerentemente con altre prese di posizione analoghe dei mesi scorsi. Alla base del verdetto, una direttiva comunitaria del 1999 che prevede l’assunzione in via definitiva per tutti quei dipendenti che hanno svolto almeno 36 mesi di servizio anche non continuativo. La sentenza non è attesa prima di un paio di mesi. Ma se, come i sindacati si augurano, fosse positiva provocherebbe un terremoto in Italia. E se già al Miur non dormono sonni tranquilli, ancor più preoccupati sono i funzionari del Ministero dell’Economia per il timore che un verdetto sfavorevole scarichi sulle casse statali un peso considerevole, viste le pesantissime sanzioni che ci verrebbero comminate: si parla di diversi miliardi di euro, arretrati compresi, senza pensare ai costi per stabilizzare i precari. L’unica carta che il governo può giocare a proprio favore è l’articolo 15 del decreto legge 104/13 («L’istruzione riparte») che prevede nel triennio 2014-2016 la copertura di circa 87 mila posti vacanti, fra docenti ordinari, insegnanti di sostegno e assistenti tecnico-amministrativi (personale Ata). Posti che andrebbero assegnati per metà ai precari storici e per l’altra metà ai vincitori dei concorsi. E che certo non possono bastare a stabilizzare tutti i precari…. Quanti sono effettivamente i precari della scuola? Centoquarantamila infatti sono «solo» quelli che lavorano. Ma in realtà sono molti di più. Il gruppo più consistente è rappresentato dai 180 mila «precari storici» delle graduatorie a esaurimento (Gae). In queste liste provinciali, chiuse ormai da 6 anni (salvo periodiche sanatorie), stanno coloro che hanno conseguito l’abilitazione con le Ssis (le scuole di specializzazione all’insegnamento secondario in funzione fino al 2008) o che hanno vinto un concorso (l’ultimo, prima che il ministro Profumo decidesse di bandirne uno nuovo nel 2012, risaliva al 1999). Data la loro anzianità di servizio, rappresentano l’élite, o comunque il girone meno diabolico, nell’inferno dei precari. A loro spettano infatti la metà dei posti concessi per le immissioni in ruolo e la prima scelta delle supplenze annuali e fino al termine delle lezioni. E questo spiega anche perché gli insegnanti italiani siano così vecchi (più della metà ha dai 50 anni in su, mentre gli under trenta sono appena il 2,5%). Poi ci sono i precari non abilitati con almeno tre anni di supplenze che hanno fatto domanda per i cosiddetti percorsi abilitanti speciali (Pas). In tutto 66 mila persone che attualmente stanno in terza fascia nelle liste di istituto da cui i dirigenti scolastici scelgono i supplenti lunghi e brevi ma che grazie ai Pashanno la possibilità di acciuffare l’abilitazione in un anno senza nemmeno dover sostenere una selezione all’ingresso. Gli ultimi della fila sono i cosiddetti tieffini, coloro cioè che hanno conseguito l’abilitazione con i tirocini formativi attivi (Tfa) a numero chiuso e con test di accesso: costoro sono in molti casi neolaureati fuori da tutte le graduatorie e da tutte le liste, in altri casidocenti di terza fascia o docenti che hanno già un’abilitazione ma ne vogliono rendere un’altra. Passini e tieffini si contendono il diritto di precedenza nelle supplenze in nome gli uni dell’anzianità di servizio gli altri del merito. … Quest’anno su 728.325 docenti si contano 120.339 supplenti: 108.284 assunti fino al 30 giugno e solo 12.055 «con le ferie pagate» (contratto al 31 agosto). Ai 120 mila insegnanti bisogna poi aggiungere 18.979 Ata: in tutto 139.318 persone (senza contare i 40-50 mila supplenti temporanei chiamati dai dirigenti scolastici a coprire i buchi di organico imprevisti). Nel linguaggio burocratico della pubblica amministrazione questi 140 mila rappresentano l’«organico di fatto» della scuola, quell’esercito di riserva che ogni anno a luglio si aggiunge, con decreto del Miur, all’«organico di diritto» per sopperire alle esigenze variabili dellescuole….
larepubblica.it – 01aprile 2014
"Ocse-Pisa, nei test di "soluzione dei problemi quotidiani" la rivincita degli studenti italiani”
░ I giornali continuano a dare credito all’esito delle rilevazioni mediante test, ed enfatizzano una notizia buona: gli studenti italiani si piazzano discretamente nel "problemsolving", una delle prove svolte dagli studenti di 44 paesi. E non è un Pesce d’Aprile
Rivincita dei quindicenni italiani nei testOcse-Pisa. Nel problem-solving - la risoluzione di problemi che richiedono un approccio più pragmatico e adattivo che teorico e di routine - l'Italia si piazza nella parte alta della speciale classifica stilata dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che sonda le capacità di risolvere problemi della vita quotidiana. Superando nazioni come Germania e Stati Uniti e mantenendosi "significativamente" al di sopra della media dei paesi Ocse che hanno partecipato all'indagine svolta nel 2012. … Dopo anni di delusioni per le cattive performance in Lettura, Matematica e Scienze, gli adolescenti italiani surclassano i coetanei di nazioni industrializzate o emergenti come Spagna, Russia e Svezia. Il 15° posto occupato dall'Italia nella classifica dei 44 paesi che hanno partecipato all'indagine sulle "Competenze degli studenti alle prese con i problemi della vita quotidiana", presentata oggi a Parigi, lascia ben sperare per il futuro di una scuola che negli ultimi anni è stata oggetto di critiche, riforme e soprattutto tagli perché considerata inefficiente…Pare che la capacità di individuare e risolvere i problemi sia la competenza-chiave del futuro. Quella necessaria per inserirsi in un mondo del lavoro ormai globalizzato e sempre più competitivo. E gli studenti italiani sembrano già sulla buona strada. In cima alla classifica dell'Ocse sul Problem-solving si piazzano i paesi asiatici: Singapore (con 562 punti), Corea e Giappone. Seguiti dalle regioni più sviluppate della Cina: Macao, Hong Kong, Shanghai e Taipei, che sopravanzano Canada e Australia. Il primo paese europeo è la Finlandia che totalizza 523 punti, ma il nostro Paese è al sesto posto in Europa, con 510 punti. E i giovani delle regioni nord orientali ne totalizzano addirittura 533 di punti.La Germania, con 509, ci segue. Mentre la Russia (con 489 punti) e la Spagna (con 477 punti) sono distanti decine di punti dall'Italia. L'unico neo è la quota di top-performer che in Italia è del 6,2 per cento, contro una media Ocse dell'8,2. Ma perché all'Ocse considerano così importante la capacità di problem-solving? La risposta si trova nel grafico che mette in relazione la variazione dell'occupazione nell'area Ocse di coloro che hanno buone capacità di risoluzione dei problemi. Per questi ultimi, infatti, si è registrata una crescita del 4 per cento, a scapito di coloro che mostrano basse performance proprio nella competenza sondata dal rapporto odierno. Una circostanza che, secondo gli esperti dell'Osce, dovrebbe indirizzare le scelte politiche sull'istruzione.
scuolaoggi.org - 1 aprile. 2014
"L’istruzione in ospedale e a domicilio”
░Salvatore Nocera-Componente del Comitato dei Garanti della FISH -tratta, in sintesi,della NOTA MIUR dell’11 marzo 2014 riguardante la ripartizione dei fondi per la scuola in ospedale e a domicilio, e i criteri di funzionamento del servizio.
A seguito di presentazione della domanda da parte della famiglia (corredata della certificazione medica), il Dirigente Scolastico della scuola polo, con la sezione ospedaliera competente per territorio, provvede all’iscrizione nella sezione di scuola ospedaliera, secondo l’ordine e grado di scolarizzazione dell’alunno. Per l’istruzione domiciliare, invece, il Dirigente Scolastico deve prendere contatti con l’Ufficio Scolastico Regionale.Dal momento dell’accettazione del progetto, la scuola ospedaliera o la scuola di competenza dell’alunno con istruzione a domicilio prendono in carico il progetto stesso e ciò comporta che le assenze dalla scuola di origine non valgano più, mentre si tiene conto delle assenze nell’àmbito della scuola in ospedale o a domicilio nel solo caso in cui esse non consentano ai docenti di poter valutare l’alunno.Viene inoltre ribadito l’obbligo di presa in carico da parte della scuola di origine con la quale la scuola ospedaliera o i docenti che seguono l’alunno nell’istruzione a domicilio devono tenere un costante contatto, anche tramite mezzi elettronici.Qualora poi la durata di istruzione in ospedale o a domicilio superi la durata di frequenza della scuola di origine, sono i docenti che svolgono questa attività a fornire indicazioni ai Consigli di Classe per la valutazione formale, secondo quanto stabilito dagli articoli 11 e 14 comma 7 del Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 122/09…. È prevista pure la possibilità di attività didattiche ospedaliere estive, svolte con docenti volontari o dichiaratisi disponibili a ciò e si chiarisce ancora che gli insegnanti devono utilizzare il registro elettronico, concordando le modalità con la scuola di origine dell’alunno.Infine, si fa riferimento all’apposito portale del Ministero dedicato alla scuola in ospedale e a domicilio.Alcune osservazioni sono doverose.Merita innanzitutto plauso il riferimento alle possibili attività estive con docenti volontari o resisi disponibili a ciò, ovviamente nel rispetto del principio costituzionale di irrinunciabilità delle ferie.Lascia invece perplessi l’individuazione dei requisiti per accedere all’istruzione domiciliare indicati dalla normativa successiva al 2002. … Nnon si comprende in base a quale norma primaria il Ministero abbia previsto la condizione della preventiva ospedalizzazione, dal momento che l’articolo 12, comma 9 della Legge 104/92, concernente la scuola in ospedale, ai cuiprincìpi si è ispirata la normativa sull’istruzione domiciliare, recita come segue: «[…] per i quali sia accertata l’impossibilità della frequenza della scuola dell’obbligo per un periodo non inferiore a trenta giorni di lezione».Su questo punto, quindi, l’Osservatorio Ministeriale sull’Inclusione Scolastica degli Alunni con Disabilità ha avanzato la richiesta di modifica della normativa secondaria successiva al 2002, riportandola a quella anteriore, nel rispetto appunto del citato articolo 12, comma 9 della Legge 104/92. E tuttavia, ad oggi, il Ministero non ha ancora preso alcuna decisione.
Corrieredellasera.it -2aprile. 2014
"L’incontenibile vanità dei Rettori Ministri”
░ Stefania Giannini, terzo rettore consecutivo, dopo Carrozza e Profumo, ad assidersi sul trono del MIUR
Il bello dei rettori entrati (saliti? discesi?) in politica è quella loro arietta non già, come si potrebbe presumere, da primi della classe (antiquata, antiquatissima, per carità!), ma da qualcosa di mezzo tra Candide e la Vispa Teresa. Comune peraltro anche ad altri personaggi di simile parabola, come ad esempio il sindaco di Roma, Ignazio Marino. L’arietta di chi dice: guardate bene che io con i politici — sottinteso: quei lazzaroni, quei farabutti — non ho niente a che spartire. Guardate che sono allibito quanto voi e anzi ve ne racconto io una nuova. Guardate che io mi occupo non dei pasticci che ho ereditato e che non sono miei, ma di scrutare nuovi orizzonti e, soprattutto, di farvi vedere un nuovo stile. Direttamente impersonato, non a caso, da me medesimo. Se i rettori finiranno all’Inferno, dove è assai probabile che finiscano, sarà per la loro incommensurabile, incontenibile, vanità. L’ultimo caso è quello di Stefania Giannini, terzo rettore consecutivo, dopo Carrozza e Profumo, ad assidersi sul trono del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Trono in quanto da lì si governa all’incirca un milione di dipendenti e si spende, per il funzionamento, più di ogni altro ministero.Né il Rettore Primo, Francesco Profumo, né il Rettore Secondo, Maria Chiara Carrozza, hanno lasciato esaltante o incancellabile memoria di sé medesimi. Profumo, un ingegnere, sembrava uomo con i piedi per terra. Anche se a insospettire avrebbe dovuto essere il fatto che il governo Monti in cui militava era quello che vantava il più alto tasso di rettori nella storia non già d’Italia, ma di tutti i tempi e di tutti i paesi. Comunque sia, di Profumo si ricorda solo la graziosa idea del campionato nazionale dei primi della classe, teso a individuare e incoronare il Super Primissimo di Tutte le Classi. Una cosa tra Dickens e De Amicis, quanto mai adatta al terzo millennio. Della Carrozza viceversa, un bioingegnere di cui si celebravano le virtù scientifiche e la propensione all’eccellenza, non si ricorda nulla, dato che se non proprio nulla, certo assai poco deve avere fatto.Ammaestrato da questi precedenti, il Rettore Terzo, la Giannini, di natura sua una glottologa, appare fermamente intenzionata a lasciare duratura traccia di sé. Ha dunque sdegnosamente smentito che i precari della scuola siano mezzo milione e, ispirandosi al nominalismo e sfidando l’aritmetica, ne ha determinato la consistenza in «poco meno di centosettantamila». Salvo aggiungere che «ci sono anche 460 mila in graduatorie d’istituto, 10 mila abilitati con Tfa, 70 mila abilitati con Pas, 55 mila diplomati magistrali, e 40 mila idonei dei vecchi concorsi». Un po’ criptico, ma non male.Non contenta della performance numerica, la Giannini si è poi cimentata in un paio di occasioni con il pensiero vero e proprio, come quando, parlando degli esami di accesso alle scuole di specializzazione «mi piacerebbe — ha osservato — che mirassero a misurare principalmente le competenze e l’attitudine relative alla specializzazione futura». Perché, vien fatto di chiedere, che cos’altro dovrebbero misurare? E, soprattutto, contestando la sua collega Madia che aveva parlato di prepensionamenti per far spazio ai giovani, ha vibratamente e insieme pensosamente asserito «non amo il collegamento tra chi va a casa e chi entra. Un sistema sano non manda a casa gli anziani per far entrare i giovani. È necessaria un’alternanza costante». Precetto, quest’ultimo, di cui far tesoro (come di quello sulla necessità della maglia di lana e altri similari). Ma che forse non è di grande aiuto nelle presenti circostanze, quando di ingresso di giovani son vent’anni che non si parla.Il manto che avvolge l’avvento in politica dei rettori (come per altro, ma simile verso degli alti dirigenti della Banca d’Italia) è la competenza, la probità, la dedizione all’interesse nazionale e non di parte. La sostanza è una sottile, ma tenace idea corporativa. L’idea, antica, che la democrazia è debole, soprattutto in Italia, e che le sue piaghe devono essere medicate da mani delicate ed esperte, non lasciate in balia dei tristi amori dell’elettorato. Solo i corpi organizzati — l’accademia, l’alta burocrazia, gli istituti finanziari — possono garantire e proteggere l’interesse comune. In cambio, naturalmente, del riconoscimento di una sorta di patronato perenne, di un diritto inalienabile. Il risultato, la realtà che abbiamo sotto gli occhi, è la pasta collosa e burbanzosa che avvolge la dimensione pubblica e maschera la sua sostanziale paralisi. Meglio, molto meglio, la politica.
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.– 3aprile 2014
Geografia economica disciplina "tappabuchi".
░ Il Giga (Gruppo Insegnanti GeografiaAutorganizzati) ci fa pervenire il documento con cui chiede la revisione della nota ministeriale 3119 e la revoca totale dell'atipicità.
Continua da parte del Ministero della Pubblica Istruzione lo scempio nei riguardi della “Geografia Economica”. Dopo il colpo letale assegnato alla disciplina dal riordino Gelmini del 2010, non solo con eliminazione dagli Istituti Nautici e dai Professionali per il Commercio, ma soprattutto con la drastica riduzione del potenziale formativo, nonché della funzione di disciplina di indirizzo negli Istituti Tecnici Commerciali (gli unici in cui è sopravvissuta) spostandola dal triennio al biennio, derubricandola a semplice "Geografia" e attribuendole persino il carattere di atipicità.Con la nota ministeriale 3119 del 1 aprile 2014, al danno si aggiunge la beffa: l'insignificante ora di Geografia Economica introdotta nei bienni dei Professionali e dei Tecnici per il prossimo anno scolastico dalla Ministra Carrozza, viene illegittimamente assegnata anche ad altre classi di concorso mediante l'assegnazione di disciplina atipica. In tal modo il Ministero non si limita ad ignorare le proprie direttive ministeriali che prevedono l'esclusivo insegnamento della Geografia Economica da parte dei docenti della A039, ma cade in contrasto con quanto stabilito dell'articolo 33 della nostra Costituzione. Tutto questo sembra essere un macabro "pesce d'aprile" se si considera infatti che i vari Atenei Italiani hanno rimpinguato le loro casse con diverse decine di migliaia di euro mediante i TFA e i PAS che abilitavano i precari proprio all’insegnamento della A039, e adesso la sopra citata nota ministeriale condanna gli abilitati non al precariato a vita, bensì alla perenne disoccupazione. Sopraggiunge per cui come stridente pressapochismo e come manovra volutamente oscurantista la possibilità offerta dal Ministero a docenti non abilitati e nemmeno competenti di insegnare una materia affascinante quanto complessa come la "Geografia Economica". Nell’era del mondo globalizzato e della finanziarizzazionedell'economia, la “Geografia Economica“, secondo l’immaginario del Ministero, continua ad essere esclusivo appannaggio di quell'ossidato dizionario nozionistico di “mari e monti” tanto da relegarla a materia subalterna e “tappabuchi”. La fulminea conseguenza è un'inesorabile banalizzazione di una delle poche discipline scolastiche che fungono da punto di intersezione tra il mondo reale e quello scolastico. Questo va ad inficiare non solo sui docenti della Classe A039, gli unici con le competenze e i requisiti per insegnarla, ma soprattutto sulla formazione dei ragazzi, di quelle generazioni cioè che questa società dovrebbero viverla, governarla e renderla migliore. Per tali motivi il Giga (Gruppo Insegnanti Geografia Autorganizzati) chiede la revisione della nota ministeriale 3119 e la revoca totale dell'atipicità dalle poche, residuali ore di insegnamento di Geografia rimaste nell'ordinamento scolastico italiano.
Pubblichiamo alcuni articoli sull'imminente pubblicazione del decreto di aggiornamento GaE, sulla diminuzione dei pensionamenti dopo la riforma Fornero e sulla conferma del 70% dell’organico di sostegno complessivamente attivato.
In arrivo il decreto per l’aggiornamento delle graduatorie, interessati 310 mila insegnanti precari
ANSA: Scuola: in arrivo decreto per aggiornamento graduatorie Anief protesta per esclusioni, potrebbero essere oltre 140 mila
(ANSA) - ROMA, 1 APR - E' in arrivo il decreto per l'aggiornamento delle graduatorie degli insegnanti precari della scuola utile per il periodo 2014-2017 e l'Anief protesta perché a suo parere sarebbero esclusi oltre 140 mila precari (12 mila nuovi abilitati con Tfa, 70 mila con titoli di servizio e abilitandi Pas, 55 mila diplomati magistrali e alcune migliaia di idonei al concorso a cattedra). Ai sindacati è stato comunicato che i candidati potranno inserire online i titoli di studio e i servizi svolti già nei prossimi giorni: quasi sicuramente tra il 10 aprile e il 9 maggio. Una volta definite, le graduatorie provinciali saranno valide per conferire le supplenze annuali (fino al 31 agosto) o fino al termine delle attività didattiche (con scadenza al 30 giugno) nel prossimo anno scolastico e nei due successivi. Verranno inoltre utilizzate per il 50% delle immissioni in ruolo sui posti annualmente autorizzati (l'altra metà è riservata ai vincitori di concorso). E qui sta il punto. "L'attesa per l'emanazione del decreto è tanta - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief - perché dopo la bocciatura di alcune mozioni in Parlamento attraverso cui si sarebbe voluto aprire le graduatorie ai nuovi abilitati e agli idonei ai concorsi, a quanto ci risulta, si continua a perpetrare nella scelta incoerente e irragionevole di tenere esclusi delle supplenze annuali e dalla stabilizzazione 140 mila precari meritevoli. Vale la pena ricordare che quasi tutti sono stati selezionati, formati e abilitati presso università statali. I rimanenti hanno vinto un concorso pubblico che dà diretto accesso al ruolo. Ma invece di dare loro il via libera per inserirsi nelle graduatorie pre-ruolo, come anche previsto dal nuovo Regolamento sulla formazione iniziale al fine di migliorare lo standard qualitativo del servizio nazionale di istruzione, cosa si fa? Si decide di continuare a negare un diritto professionale sacrosanto". Contro l'esclusione dalle graduatorie il sindacato è pronto a ricorrere. (ANSA).
ANSA: Anief, con riforma Fornero crollo pensioni a 10 mila Nel 2007 erano state 43 mila. A settembre saranno 13 mila
(ANSA) - ROMA, 2 APR - Con la riforma Fornero i pensionamenti degli insegnanti sono in caduta libera: nel 2007 lasciarono in 43 mila, oggi vanno via poco più di diecimila. E' quanto denuncia l'associazione sindacale Anief, spiegando che nell'ultimo biennio le collocazioni in quiescenza si sono fortemente ridotte, anche perché l'81% degli insegnanti sono donne e su di loro la "stretta" pensionistica si è abbattuta di più. Negli ultimi 13 anni, ha spiegato Marcello Pacifico segretario dell'Anief-Confedir, hanno "lasciato il lavoro 37 mila insegnanti in più rispetto al numero di assunzioni, non coprendo nemmeno il turn over, l'età media del nostro corpo docente si sta innalzando vertiginosamente. Fa rabbia, perché in altri comparti pubblici si continua ad andare in pensione a 54 anni. Eppure allo Stato converrebbe svecchiare il personale: mantenendo un esercito di precari, solo nella scuola ogni anno butta 348 milioni di euro. Per cambiare corso servono tre "mosse": approvare una deroga per la scuola sui pensionamenti, mandare via dal 1° settembre i quattromila 'Quota 96' e assumere alla stessa data 125 mila supplenti". "Per il prossimo mese di settembre, l'Inps ha comunicato che saranno circa 13 mila ad essere collocati in quiescenza: un po' di più del 2013, ma nulla a che vedere con i numeri di ben altro spessore di appena cinque e sette anni prima", prosegue la nota. "Serve solo la volontà politica - conclude Pacifico -, da mettere in moto prima di subito. Prima che lo impongano gli eventi giudiziari. Che potrebbero portare l'Italia a essere condannata a risarcire danni superiori ai quattro miliardi di euro per abuso di contratti di precariato". (ANSA).
Ancora una volta confermato il 70% dell’organico di sostegno complessivamente attivato
ANSA: Scuola: Anief, per sostegno confermato 70% organico attivato (ANSA) - ROMA, 2 APR - Per gli insegnanti di sostegno, ancora una volta è confermato il 70% dell'organico complessivamente attivato: è quanto denuncia l'Anief. Nell'anno scolastico 2013-2014 - spiega il sindacato - a fronte di 222.000 alunni con handicap certificato, sono stati chiamati 110.216 insegnanti di sostegno, di cui poco più della metà di ruolo: 63.348. Entro tre anni, i docenti di ruolo saliranno a 90.032, tanto quanto l'organico complessivamente attivato nell'anno scolastico 2005-2006. È evidente, secondo l'Anief, che il numero dei supplenti aumenterà ancora di 10.000 unità, tanto quanto l'aumento di iscrizioni di alunni disabili che si registrerà per ciascun anno nel prossimo biennio, visto il trend precedente (erano 138.000 nel 2001). Ed ecco che così, tra due anni, il numero di 90.000 docenti di ruolo su sostegno, calcola l'Anief, sarà il 70% dei più di 120.000 utilizzati, così come era stato programmato proprio con la legge 244/2007 che è stata emendata. Per questa ragione l'Anief ha chiesto fin da subito di autorizzare almeno altre 25.000 assunzioni su sostegno in più, per evitare ricorsi in tribunale con danno erariale per lo Stato di chi, giocoforza, dimostrerà di essere stato chiamato per più di 36 mesi su posti vacanti. (ANSA).
Pubblichiamo alcuni articoli sull'imminente pubblicazione del decreto di aggiornamento GaE, sulla diminuzione dei pensionamenti dopo la riforma Fornero e sulla conferma del 70% dell’organico di sostegno complessivamente attivato.
In arrivo il decreto per l’aggiornamento delle graduatorie, interessati 310 mila insegnanti precari
ANSA: Scuola: in arrivo decreto per aggiornamento graduatorie Anief protesta per esclusioni, potrebbero essere oltre 140 mila
(ANSA) - ROMA, 1 APR - E' in arrivo il decreto per l'aggiornamento delle graduatorie degli insegnanti precari della scuola utile per il periodo 2014-2017 e l'Anief protesta perché a suo parere sarebbero esclusi oltre 140 mila precari (12 mila nuovi abilitati con Tfa, 70 mila con titoli di servizio e abilitandi Pas, 55 mila diplomati magistrali e alcune migliaia di idonei al concorso a cattedra). Ai sindacati è stato comunicato che i candidati potranno inserire online i titoli di studio e i servizi svolti già nei prossimi giorni: quasi sicuramente tra il 10 aprile e il 9 maggio. Una volta definite, le graduatorie provinciali saranno valide per conferire le supplenze annuali (fino al 31 agosto) o fino al termine delle attività didattiche (con scadenza al 30 giugno) nel prossimo anno scolastico e nei due successivi. Verranno inoltre utilizzate per il 50% delle immissioni in ruolo sui posti annualmente autorizzati (l'altra metà è riservata ai vincitori di concorso). E qui sta il punto. "L'attesa per l'emanazione del decreto è tanta - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief - perché dopo la bocciatura di alcune mozioni in Parlamento attraverso cui si sarebbe voluto aprire le graduatorie ai nuovi abilitati e agli idonei ai concorsi, a quanto ci risulta, si continua a perpetrare nella scelta incoerente e irragionevole di tenere esclusi delle supplenze annuali e dalla stabilizzazione 140 mila precari meritevoli. Vale la pena ricordare che quasi tutti sono stati selezionati, formati e abilitati presso università statali. I rimanenti hanno vinto un concorso pubblico che dà diretto accesso al ruolo. Ma invece di dare loro il via libera per inserirsi nelle graduatorie pre-ruolo, come anche previsto dal nuovo Regolamento sulla formazione iniziale al fine di migliorare lo standard qualitativo del servizio nazionale di istruzione, cosa si fa? Si decide di continuare a negare un diritto professionale sacrosanto". Contro l'esclusione dalle graduatorie il sindacato è pronto a ricorrere. (ANSA).
ANSA: Anief, con riforma Fornero crollo pensioni a 10 mila Nel 2007 erano state 43 mila. A settembre saranno 13 mila
(ANSA) - ROMA, 2 APR - Con la riforma Fornero i pensionamenti degli insegnanti sono in caduta libera: nel 2007 lasciarono in 43 mila, oggi vanno via poco più di diecimila. E' quanto denuncia l'associazione sindacale Anief, spiegando che nell'ultimo biennio le collocazioni in quiescenza si sono fortemente ridotte, anche perché l'81% degli insegnanti sono donne e su di loro la "stretta" pensionistica si è abbattuta di più. Negli ultimi 13 anni, ha spiegato Marcello Pacifico segretario dell'Anief-Confedir, hanno "lasciato il lavoro 37 mila insegnanti in più rispetto al numero di assunzioni, non coprendo nemmeno il turn over, l'età media del nostro corpo docente si sta innalzando vertiginosamente. Fa rabbia, perché in altri comparti pubblici si continua ad andare in pensione a 54 anni. Eppure allo Stato converrebbe svecchiare il personale: mantenendo un esercito di precari, solo nella scuola ogni anno butta 348 milioni di euro. Per cambiare corso servono tre "mosse": approvare una deroga per la scuola sui pensionamenti, mandare via dal 1° settembre i quattromila 'Quota 96' e assumere alla stessa data 125 mila supplenti". "Per il prossimo mese di settembre, l'Inps ha comunicato che saranno circa 13 mila ad essere collocati in quiescenza: un po' di più del 2013, ma nulla a che vedere con i numeri di ben altro spessore di appena cinque e sette anni prima", prosegue la nota. "Serve solo la volontà politica - conclude Pacifico -, da mettere in moto prima di subito. Prima che lo impongano gli eventi giudiziari. Che potrebbero portare l'Italia a essere condannata a risarcire danni superiori ai quattro miliardi di euro per abuso di contratti di precariato". (ANSA).
Ancora una volta confermato il 70% dell’organico di sostegno complessivamente attivato
ANSA: Scuola: Anief, per sostegno confermato 70% organico attivato (ANSA) - ROMA, 2 APR - Per gli insegnanti di sostegno, ancora una volta è confermato il 70% dell'organico complessivamente attivato: è quanto denuncia l'Anief. Nell'anno scolastico 2013-2014 - spiega il sindacato - a fronte di 222.000 alunni con handicap certificato, sono stati chiamati 110.216 insegnanti di sostegno, di cui poco più della metà di ruolo: 63.348. Entro tre anni, i docenti di ruolo saliranno a 90.032, tanto quanto l'organico complessivamente attivato nell'anno scolastico 2005-2006. È evidente, secondo l'Anief, che il numero dei supplenti aumenterà ancora di 10.000 unità, tanto quanto l'aumento di iscrizioni di alunni disabili che si registrerà per ciascun anno nel prossimo biennio, visto il trend precedente (erano 138.000 nel 2001). Ed ecco che così, tra due anni, il numero di 90.000 docenti di ruolo su sostegno, calcola l'Anief, sarà il 70% dei più di 120.000 utilizzati, così come era stato programmato proprio con la legge 244/2007 che è stata emendata. Per questa ragione l'Anief ha chiesto fin da subito di autorizzare almeno altre 25.000 assunzioni su sostegno in più, per evitare ricorsi in tribunale con danno erariale per lo Stato di chi, giocoforza, dimostrerà di essere stato chiamato per più di 36 mesi su posti vacanti. (ANSA).
Pubblichiamo alcuni articoli sulla proposta Anief di ingresso alla scuola primaria a 5 anni ed estensione dell'obbligo a 18 e sulla richiesta di 125mila immissioni in ruolo per il 2014.
Record abbandoni e neet, serve riforma: primaria a 5 anni e obbligo fino a 18
ANSA: Anief, primaria a 5 anni e obbligo fino a 18 Per arginare record abbandoni e neet
(ANSA) - ROMA, 23 MAR - Anticipare la primaria quando gli alunni hanno ancora 5 anni anziché 6 ed estendere l'obbligo scolastico dagli attuali 16 fino ai 18 anni di età: a proporlo è l'associazione sindacale Anief dopo la pubblicazione degli ultimi allarmanti dati sull'alto numero di abbandoni precoci degli studi, dell'innalzamento della disoccupazione giovanile e dei Neet. Gli ultimissimi numeri sui giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano sono quelli di un "esercito" che si allarga di mese in mese: ormai sono oltre 2 milioni 250 mila, pari al 24%. In Sicilia, Campania, Calabria e Puglia i dati più allarmanti con punte del 45% di studenti che non arrivano al diploma. E la "forbice" rispetto all'Ue si allarga: solo Grecia e Bulgaria hanno più Neet di noi. Per il sindacato non c'è più tempo da perdere: si estenda l'istruzione a 13 anni e si apra all'alternanza scuola-lavoro. Così si agirebbe su quel 36% di giovani che oggi non si iscrivono ad un corso di laurea e non lavorano. Recuperando i 50mila 15enni che ogni anno lasciano i banchi proprio quando cade l'obbligo di frequenza. Per chiudere il cerchio, conclude Anief, urge poi una riforma dei centri d'impiego e di formazione adulti. (ANSA).
Anief chiede 125mila immissioni in ruolo per il 2014
ANSA: Scuola: Anief a governo, subito 125 mila immissioni in ruolo Così si evita sanzione Ue per precariato attesa per 27 marzo
(ANSA) - ROMA, 23 MAR - L'Anief chiede al governo un piano straordinario di 125.000 immissioni in ruolo nel 2014: 50.000 docenti nel curriculare, 50.000 docenti di sostegno e 25.000 Ata. Solo così - ad avviso del sindacato - "si adempie alla direttiva comunitaria e si svuotano subito le graduatorie ad esaurimento. Tutti i nuovi docenti abilitati potrebbero essere inseriti in una IV fascia dopo il nuovo concorso, come nel 1999. Graduatorie uniche nazionali a tutti i livelli, anche d'istituto e per il personale ATA, con assegnazione incarichi per via telematica". Questa la ricetta, "in attesa della sentenza della Corte di giustizia europea del 27 marzo, per risolvere il problema del precariato e soddisfare le attese di altri 150.000 docenti rimasti fuori dalle graduatorie ma abilitati". In questo modo - prosegue la nota del sindacato - si eviterebbe "la condanna della UE", e si ridurrebbero "i costi dei contratti a tempo determinato, lievitati del 67% rispetto al 2007: i posti vacanti e disponibili ci sono!". "Tra il 2001 e il 2013, a dispetto della direttiva comunitaria, le supplenze per il funzionamento ordinario delle scuole sono aumentate da 105.000 a 140.000 unità, e nel contempo le spese per il personale a tempo determinato sono aumentate di 348 milioni di euro dal 2007, mentre nella Sanità dove si è proceduto alla stabilizzazione di 24.000 unità si è prodotto un risparmio di 80 milioni di euro", sottolinea l'Anief. "Precarizzare il rapporto di lavoro nel pubblico impiego aumenta la spesa, specie da quando le nuove immissioni in ruolo dal 2011 avvengono a invarianza finanziaria", meccanismo giudicato illegittimo dall'Anief. (ANSA).
ANSA: Anief chiede Piano 125.000 immissioni in ruolo (ANSA) - ROMA, 24 MAR - L'Anief chiede al Governo un piano straordinario di 125.000 immissioni in ruolo nel 2014. "Il Parlamento inizia a discutere la mozione Chimienti (M5S) sulla stabilizzazione dei precari. In settimana é previsto il voto a Roma, proprio quando - osserva il sindacato - in Corte di Giustizia europea di Lussemburgo si discuteranno le ordinanze sollevate dal giudice del lavoro di Napoli e dal Giudice della Leggi sulla compatibilità del diritto interno con la direttiva comunitaria 1999/70/CE e sulla legittimità dell'intervento derogatorio nei confronti del personale della scuola. Anief, nel frattempo, denuncia un aumento del 67% delle spese per il personale a contratto a tempo determinato (+380 milioni), nonostante la riduzione di 100.000 posti in organico di fatto dal 2007. Precarizzare il lavoro non paga, ma - ribadisce - fa spendere di più. Sono 140.000 i supplenti chiamati quest'anno, erano 105.000 nel 2001. Se dovesse essere approvata la mozione presentata dai pentastellati, il Governo dovrebbe prevedere un piano straordinario di stabilizzazione nel comparto scuola e in generale nel pubblico impiego, proprio mentre sta per iniziare la discussione sul disegno di legge 2208 Collegato lavoro (DL 34/2014) del Premier Renzi e del ministro Poletti". "Il sindacato - dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief - ha già scovato 125.000 posti vacanti e disponibili dal 1 settembre 2014, che di fatto svuoterebbero i due terzi delle attuali graduatorie a esaurimento. A questo punto, a graduatorie esaurite, si aprirebbe la prospettiva, a copertura totale annuale del turn over, per l'immissione in ruolo anche dei 150.000 docenti rimasti fuori dalle graduatorie ma con un titolo abilitante riconosciuto dallo Stato (Tfa, Pas...) e con un concorso a cattedra superato". (ANSA).
Pubblichiamo alcuni articoli sulla proposta Anief di ingresso alla scuola primaria a 5 anni ed estensione dell'obbligo a 18 e sulla richiesta di 125mila immissioni in ruolo per il 2014.
Record abbandoni e neet, serve riforma: primaria a 5 anni e obbligo fino a 18
ANSA: Anief, primaria a 5 anni e obbligo fino a 18 Per arginare record abbandoni e neet
(ANSA) - ROMA, 23 MAR - Anticipare la primaria quando gli alunni hanno ancora 5 anni anziché 6 ed estendere l'obbligo scolastico dagli attuali 16 fino ai 18 anni di età: a proporlo è l'associazione sindacale Anief dopo la pubblicazione degli ultimi allarmanti dati sull'alto numero di abbandoni precoci degli studi, dell'innalzamento della disoccupazione giovanile e dei Neet. Gli ultimissimi numeri sui giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano sono quelli di un "esercito" che si allarga di mese in mese: ormai sono oltre 2 milioni 250 mila, pari al 24%. In Sicilia, Campania, Calabria e Puglia i dati più allarmanti con punte del 45% di studenti che non arrivano al diploma. E la "forbice" rispetto all'Ue si allarga: solo Grecia e Bulgaria hanno più Neet di noi. Per il sindacato non c'è più tempo da perdere: si estenda l'istruzione a 13 anni e si apra all'alternanza scuola-lavoro. Così si agirebbe su quel 36% di giovani che oggi non si iscrivono ad un corso di laurea e non lavorano. Recuperando i 50mila 15enni che ogni anno lasciano i banchi proprio quando cade l'obbligo di frequenza. Per chiudere il cerchio, conclude Anief, urge poi una riforma dei centri d'impiego e di formazione adulti. (ANSA).
Anief chiede 125mila immissioni in ruolo per il 2014
ANSA: Scuola: Anief a governo, subito 125 mila immissioni in ruolo Così si evita sanzione Ue per precariato attesa per 27 marzo
(ANSA) - ROMA, 23 MAR - L'Anief chiede al governo un piano straordinario di 125.000 immissioni in ruolo nel 2014: 50.000 docenti nel curriculare, 50.000 docenti di sostegno e 25.000 Ata. Solo così - ad avviso del sindacato - "si adempie alla direttiva comunitaria e si svuotano subito le graduatorie ad esaurimento. Tutti i nuovi docenti abilitati potrebbero essere inseriti in una IV fascia dopo il nuovo concorso, come nel 1999. Graduatorie uniche nazionali a tutti i livelli, anche d'istituto e per il personale ATA, con assegnazione incarichi per via telematica". Questa la ricetta, "in attesa della sentenza della Corte di giustizia europea del 27 marzo, per risolvere il problema del precariato e soddisfare le attese di altri 150.000 docenti rimasti fuori dalle graduatorie ma abilitati". In questo modo - prosegue la nota del sindacato - si eviterebbe "la condanna della UE", e si ridurrebbero "i costi dei contratti a tempo determinato, lievitati del 67% rispetto al 2007: i posti vacanti e disponibili ci sono!". "Tra il 2001 e il 2013, a dispetto della direttiva comunitaria, le supplenze per il funzionamento ordinario delle scuole sono aumentate da 105.000 a 140.000 unità, e nel contempo le spese per il personale a tempo determinato sono aumentate di 348 milioni di euro dal 2007, mentre nella Sanità dove si è proceduto alla stabilizzazione di 24.000 unità si è prodotto un risparmio di 80 milioni di euro", sottolinea l'Anief. "Precarizzare il rapporto di lavoro nel pubblico impiego aumenta la spesa, specie da quando le nuove immissioni in ruolo dal 2011 avvengono a invarianza finanziaria", meccanismo giudicato illegittimo dall'Anief. (ANSA).
ANSA: Anief chiede Piano 125.000 immissioni in ruolo (ANSA) - ROMA, 24 MAR - L'Anief chiede al Governo un piano straordinario di 125.000 immissioni in ruolo nel 2014. "Il Parlamento inizia a discutere la mozione Chimienti (M5S) sulla stabilizzazione dei precari. In settimana é previsto il voto a Roma, proprio quando - osserva il sindacato - in Corte di Giustizia europea di Lussemburgo si discuteranno le ordinanze sollevate dal giudice del lavoro di Napoli e dal Giudice della Leggi sulla compatibilità del diritto interno con la direttiva comunitaria 1999/70/CE e sulla legittimità dell'intervento derogatorio nei confronti del personale della scuola. Anief, nel frattempo, denuncia un aumento del 67% delle spese per il personale a contratto a tempo determinato (+380 milioni), nonostante la riduzione di 100.000 posti in organico di fatto dal 2007. Precarizzare il lavoro non paga, ma - ribadisce - fa spendere di più. Sono 140.000 i supplenti chiamati quest'anno, erano 105.000 nel 2001. Se dovesse essere approvata la mozione presentata dai pentastellati, il Governo dovrebbe prevedere un piano straordinario di stabilizzazione nel comparto scuola e in generale nel pubblico impiego, proprio mentre sta per iniziare la discussione sul disegno di legge 2208 Collegato lavoro (DL 34/2014) del Premier Renzi e del ministro Poletti". "Il sindacato - dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief - ha già scovato 125.000 posti vacanti e disponibili dal 1 settembre 2014, che di fatto svuoterebbero i due terzi delle attuali graduatorie a esaurimento. A questo punto, a graduatorie esaurite, si aprirebbe la prospettiva, a copertura totale annuale del turn over, per l'immissione in ruolo anche dei 150.000 docenti rimasti fuori dalle graduatorie ma con un titolo abilitante riconosciuto dallo Stato (Tfa, Pas...) e con un concorso a cattedra superato". (ANSA).
ANSA: Scuola: Anief, prossimo anno più alunni ma docenti invariati 'Allarme al Sud dove il numero insegnanti scenderà'
(ANSA) - ROMA, 29 MAR - Nel prossimo anno scolastico in Italia ci sarà un aumento di 34 mila alunni ma il numero di docenti resterà invariato a quota 600.839, per effetto del blocco dell'organico di diritto. E a risentirne saranno le regioni del Sud: in Sicilia, ad esempio, gli insegnanti caleranno di più di 500 unità. A lanciare l'allarme è l'Anief, che riporta un'anticipazione della rivista specializzata 'Orizzonte Scuola'. La rivista - riferisce il sindacato - ha rilevato che "come nel gioco delle tre carte, poiché gli organici non possono essere modificati e gli alunni in talune regioni aumentano, spostiamo cattedre da una regione all'altra. A saldo invariato". Ma se il totale rimane immutato, c'è comunque chi guadagna e chi perde. Peccato che, sottolinea l'Anief, a perdere insegnanti saranno solo le regioni del Sud: nel prossimo anno scolastico si perderanno 14 cattedre in Abruzzo, 58 in Basilicata, 183 in Calabria, 387 in Campania, 33 in Molise, 340 in Puglia, 27 in Sardegna, 504 in Sicilia. Tranne l'Umbria, che perderà comunque appena 11 posti, tutte le altre regioni del Centro-Nord avranno invece un numero maggiore di docenti. "Basta con la costituzione degli organici dei docenti avendo come riferimento solo i numeri degli iscritti - commenta Marcello Pacifico, presidente dell'Anief - le scuole non sono fabbriche dove si costruiscono robot. Meridione e isole avrebbero bisogno di più docenti e risorse, perché presentano tassi di dispersione altissimi". L'Anief, citando gli ultimi dati della Ragioneria generale dello Stato e della Fondazione Agnelli, ricorda che tra il 2007 e il 2012 il personale della scuola ha perso oltre 124 mila posti (-10,9%): da 1.137.619 unità di personale si è passati a poco più di un milione, con gran parte di questi posti persi che appartengono al corpo docente. Anche se il numero di alunni tra il 2009 e il 2012 è aumentato di 90.990 unità, quello degli insegnanti si è ridotto del 9% passando da 843 mila a 766 mila. (ANSA).
ANSA: Scuola: Anief, prossimo anno più alunni ma docenti invariati 'Allarme al Sud dove il numero insegnanti scenderà'
(ANSA) - ROMA, 29 MAR - Nel prossimo anno scolastico in Italia ci sarà un aumento di 34 mila alunni ma il numero di docenti resterà invariato a quota 600.839, per effetto del blocco dell'organico di diritto. E a risentirne saranno le regioni del Sud: in Sicilia, ad esempio, gli insegnanti caleranno di più di 500 unità. A lanciare l'allarme è l'Anief, che riporta un'anticipazione della rivista specializzata 'Orizzonte Scuola'. La rivista - riferisce il sindacato - ha rilevato che "come nel gioco delle tre carte, poiché gli organici non possono essere modificati e gli alunni in talune regioni aumentano, spostiamo cattedre da una regione all'altra. A saldo invariato". Ma se il totale rimane immutato, c'è comunque chi guadagna e chi perde. Peccato che, sottolinea l'Anief, a perdere insegnanti saranno solo le regioni del Sud: nel prossimo anno scolastico si perderanno 14 cattedre in Abruzzo, 58 in Basilicata, 183 in Calabria, 387 in Campania, 33 in Molise, 340 in Puglia, 27 in Sardegna, 504 in Sicilia. Tranne l'Umbria, che perderà comunque appena 11 posti, tutte le altre regioni del Centro-Nord avranno invece un numero maggiore di docenti. "Basta con la costituzione degli organici dei docenti avendo come riferimento solo i numeri degli iscritti - commenta Marcello Pacifico, presidente dell'Anief - le scuole non sono fabbriche dove si costruiscono robot. Meridione e isole avrebbero bisogno di più docenti e risorse, perché presentano tassi di dispersione altissimi". L'Anief, citando gli ultimi dati della Ragioneria generale dello Stato e della Fondazione Agnelli, ricorda che tra il 2007 e il 2012 il personale della scuola ha perso oltre 124 mila posti (-10,9%): da 1.137.619 unità di personale si è passati a poco più di un milione, con gran parte di questi posti persi che appartengono al corpo docente. Anche se il numero di alunni tra il 2009 e il 2012 è aumentato di 90.990 unità, quello degli insegnanti si è ridotto del 9% passando da 843 mila a 766 mila. (ANSA).
Pubblichiamo alcuni articoli sull'attesa per la sentenza della Corte di Giustizia europea sulla stabilizzazione dei precari della scuola, dopo l'udienza del 27 marzo.
TMNews: Domani Corte Giustizia Ue decide su 140 mila precari scuola Dopo ricorso Anief sulla stabilizzazione docenti e personale Ata
Roma, 26 mar. (TMNews) - Se i giudici di Lussemburgo dovessero dare ragione all'Anief, che prima di tutti ha posto il quesito a livello europeo, per i docenti e Ata con tre anni di supplenze si spalancheranno le porte dell'assunzione a titolo definitivo nei ruoli dello Stato. Per i giudici nazionali la decisione della Corte Ue è infatti vincolante.
La Corte di Giustizia Europea si dovrà esprimere sull'assunzione nei ruoli dello Stato di 140 mila precari della scuola italiana che hanno svolto almeno tre anni di supplenze: domani i giudici di Lussemburgo dovranno giudicare la Legge italiana 106/2011, dopo che già la Corte Costituzionale e il Tribunale di Napoli, rispettivamente con le ordinanze n. 5288/12 e n. 207/2013, hanno posto dei dubbi sulla legittimità dell'intervento retroattivo e derogatorio del legislatore italiano in tema di stabilizzazione dei precari della scuola. Rendendo quindi necessario l'intervento chiarificatore, a questo punto decisivo, della Corte europea. "Si stabilirà una volta per tutte - afferma Marcello Pacifico presidente Anief e segretario Confedir - che le ragioni di finanza pubblica, seppur comprensibili, non possono mortificare la professionalità dei lavoratori e discriminarli a livello sia di retribuzione che di stabilizzazione dell'impiego. E danneggiando la continuità didattica. Ad iniziare da quella degli alunni disabili, per le cui necessità dovrebbero essere assegnati il doppio dei docenti di sostegno. Senza contare che lo Stato per non assumere i precari butta centinaia di migliaia di euro". Secondo l'Anief 'in ballo' non c'è solo la stabilizzazione di 140mila precari con almeno tre anni di contratti. Il diritto comunitario, sempre sulla base della direttiva 1999/70/CE, prevede pure un risarcimento danni "dissuasivo" e l'applicazione del principio di non discriminazione tra personale di ruolo e a termine anche in tema di scatti stipendiali. Anche in questo caso, i precedenti fanno ben sperare: del 2011, quando sono stati avviati i ricorsi seriali dell'Anief per migliaia di precari, cui hanno fatto seguito quelli di altre organizzazioni sindacali, sono stati ottenuti diversi pronunciamenti dei giudici nazionali con condanne alle spese che nelle prime udienze di merito sono arrivati fino a 30 mila euro di risarcimento danni a carico dell'amministrazione per abuso del contratto a termine. Più recentemente, il giudice Petrusa di Trapani ha disposto come congruo risarcimento danni più di mezzo milione di euro a tre precari. Ancora altri precari hanno ottenuto il riconoscimento economico e amministrativo della progressione di carriera. Oltre che dei periodi estivi non corrisposti economicamente. In alcuni casi si è ottenuta anche la stabilizzazione a titolo definitivo.
ANSA: Scuola: Anief,domani Corte europea decide su 140mila precari (ANSA) - ROMA, 26 MAR - Domani la Corte di Giustizia Europea si esprimerà sull'assunzione nei ruoli dello Stato di 140 mila precari della scuola italiana che hanno svolto almeno tre anni di supplenze. Lo ricorda l'Anief secondo cui l'esito della sentenza rappresenta "un crocevia fondamentale" per vincere la battaglia legale avviata proprio dall'associazione nel 2010 per rivendicare il principio di "non discriminazione" tra il personale di ruolo e il personale nominato alla stessa funzione con contratto a tempo determinato. "Un principio eluso dalla Legge 106/2011, attraverso cui - spiega l'Anief - è stato deciso che nella scuola non si applica il D.lgs. 368/2001 che recepisce la direttiva comunitaria sui contratti a termine e autorizza un nuovo massiccio piano di immissioni in ruolo. Ignorando, in tal modo, la direttiva comunitaria n.70 del 1999, negli ultimi 15 anni lo Stato italiano ha così utilizzato più di 300 mila precari per coprire incarichi anche su posti vacanti e disponibili che avrebbero dovuto essere assegnati in ruolo dopo 36 mesi di servizio, come avviene nel settore privato". In ballo - fa notare l'Anief - non c'è solo la stabilizzazione di 140mila precari. Il diritto comunitario, sempre sulla base della direttiva 1999/70/CE, prevede pure un risarcimento danni "dissuasivo" e l'applicazione del principio di non discriminazione tra personale di ruolo e a termine anche in tema di scatti stipendiali. (ANSA).
TMNews: Corte Giustizia Ue, si dilatano tempi su sentenza precari scuola Giudici ascoltano parti,Anief: Ministro proceda a stabilizzazione
Roma, 27 mar. (TMNews) - Si allunga l'attesa per i 140 mila precari della scuola italiana. Si è svolta oggi l'attesa udienza in Corte di Giustizia europea, ma il relatore non si è pronunciato: insieme ai giudici, ha ascoltato le parti costituite e il procuratore generale. Si è quindi riservato di comunicare la data in cui renderà pubbliche le argomentazioni in materia da parte della stessa Corte. Hanno preso al dibattito i rappresentanti dei lavoratori e dello Stato italiano, che avrebbe ragioni obiettive organizzative o finanziarie per precarizzare il rapporto di lavoro ai supplenti della scuola anche ad oltranza. A tal proposito, l'avvocatura dello Stato ha insistito sulla norma speciale che regola le graduatorie, grazie alla quale si è assunti senza concorso e sulla non previdibilità degli organici. Il rappresentante della Commissione europea si è invece soffermato sul fatto di essere a conoscenza che in Italia per ben 12 anni non si sono banditi concorsi pubblici. Ha inoltre sottolineato come sul precariato bisogna distinguere le ragioni sostitutive, quale ragioni obiettive, dalle supplenze reiterate su posti vacanti e disponibili.
"Quella della Corte di Giustizia europea è una decisione storica, perché se applicata a tutto il pubblico impiego porterà all'assunzione di ben 300 mila precari, di cui la metà in servizio da almeno tre anni nella scuola. Abbiamo dimostrato, inoltre, come nel corso di un decennio il numero dei precari è aumentato e con esso il costo di spesa pubblica, a dispetto della spending review", ha detto Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir. "Il ministro Giannini - ha aggiunto Pacifico - non aspetti quindi le argomentazioni del relatore. Proceda immediatamente a stabilizzare i 125 mila precari nella scuola in servizio su posti vacanti e disponibili: ciò permetterebbe di evitare l'innescarsi di cause giudiziarie - conclude - che porterebbero lo Stato italiano ad essere condannato a risarcire danni superiori ai 4 miliardi di euro".
ANSA: Scuola: Anief, su precari Corte europea prende tempo Giannini ne approfitti e stabilizzi 125 mila supplenti
(ANSA) - ROMA, 27 MAR - Il ministro Giannini "non aspetti le argomentazioni del relatore. Proceda immediatamente a stabilizzare i 125 mila precari nella scuola in servizio su posti vacanti e disponibili: ciò permetterebbe di evitare l'innescarsi di cause giudiziarie che porterebbero lo Stato italiano a essere condannato a risarcire danni superiori ai 4 miliardi di euro". Lo chiede l'Anief riferendosi all'attesa sentenza della Corte di Giustizia europea. "Si allunga l'attesa per i 140 mila precari della scuola italiana. Si è svolta oggi l'attesa udienza in Corte di Giustizia europea, ma il relatore - riferisce l'Anief - non si è pronunciato: insieme ai giudici, ha ascoltato le parti costituite e il procuratore generale. Si è quindi riservato di comunicare la data in cui renderà pubbliche le argomentazioni in materia da parte della stessa Corte". Marcello Pacifico, presidente Anief, presente all'udienza, ha spiegato che sull'esito della decisione dei giudici, da parte dei legali a sostegno dei lavoratori permane cauto ottimismo: "quella della Corte di Giustizia europea è una decisione storica, perché se applicata a tutto il pubblico impiego porterà all'assunzione di ben 300.000 precari, di cui la metà in servizio da almeno tre anni nella scuola. Abbiamo dimostrato, inoltre, come nel corso di un decennio il numero dei precari è aumentato e con esso il costo di spesa pubblica, a dispetto della spending review". (ANSA).
ANSA: Scuola: Anief, da 2001 più pensionamenti che assunzioni Per l'associazione precariato nel settore è aumentato oltre 20%
(ANSA) - ROMA, 27 MAR - Dal 2001 ad oggi lo Stato italiano ha assunto nelle scuole pubbliche 258.206 insegnanti, ''una quantità davvero sottodimensionata rispetto alle reali necessità''. E' quanto riferisce l'Anief, associazione sindacale di settore, sottolineando che nello stesso periodo gli insegnanti che hanno lasciato il servizio e sono andati in pensione ammontano a 295.200 unità. ''Ne consegue che le immissioni in ruolo non hanno coperto neanche il turn over'', fa notare l'associazione. E ancora: i posti vacanti, sempre a partire dal 2001, sono 311.364. Il rapporto viene reso noto dall'associazione nel giorno dell'udienza davanti alla Corte di Giustizia europea sulle ordinanze sollevate dal giudice del lavoro di Napoli a proposito della legittimità dell'intervento derogatorio italiano nei confronti di decine di migliaia di precari della scuola con almeno tre anni di supplenze svolte, ''ancora oggi lasciati a riempiere le fila del precariato nazionale'', scrive la stessa Anief. Dallo studio emerge anche che a partire dall'anno scolastico 2001/2002 le scuole hanno utilizzato 1.241.281 insegnanti precari assunti con contratto sino al termine dell'anno scolastico. Inoltre, sempre tra il 2001 e il 2013, ''a dispetto della direttiva comunitaria, i contratti annuali o fino al termine dell'anno scolastico conferiti ai docenti sono aumentati di oltre il 20%, passando da 96.915 a 120.339''. Complessivamente, considerando anche il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario, per il funzionamento ordinario degli istituti scolastici le supplenze sono aumentate da 105.000 a 140.000 unità. ''Tutti questi dati dimostrano - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - che lo Stato ha assunto molto meno di quanto avrebbe dovuto, facendo negli anni innalzare il precariato di oltre il 20% e le spese per sostenerlo del 68%. Una politica fallimentare da tutti i punti di vista che ora il ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, potrebbe sanare assumendo per il prossimo anno scolastico 125 mila docenti e Ata. In caso contrario ci penseranno i giudici, che condanneranno anche lo Stato a tirar fuori miliardi di euro per i risarcimenti''. (ANSA).
Pubblichiamo alcuni articoli sull'attesa per la sentenza della Corte di Giustizia europea sulla stabilizzazione dei precari della scuola, dopo l'udienza del 27 marzo.
TMNews: Domani Corte Giustizia Ue decide su 140 mila precari scuola Dopo ricorso Anief sulla stabilizzazione docenti e personale Ata
Roma, 26 mar. (TMNews) - Se i giudici di Lussemburgo dovessero dare ragione all'Anief, che prima di tutti ha posto il quesito a livello europeo, per i docenti e Ata con tre anni di supplenze si spalancheranno le porte dell'assunzione a titolo definitivo nei ruoli dello Stato. Per i giudici nazionali la decisione della Corte Ue è infatti vincolante.
La Corte di Giustizia Europea si dovrà esprimere sull'assunzione nei ruoli dello Stato di 140 mila precari della scuola italiana che hanno svolto almeno tre anni di supplenze: domani i giudici di Lussemburgo dovranno giudicare la Legge italiana 106/2011, dopo che già la Corte Costituzionale e il Tribunale di Napoli, rispettivamente con le ordinanze n. 5288/12 e n. 207/2013, hanno posto dei dubbi sulla legittimità dell'intervento retroattivo e derogatorio del legislatore italiano in tema di stabilizzazione dei precari della scuola. Rendendo quindi necessario l'intervento chiarificatore, a questo punto decisivo, della Corte europea. "Si stabilirà una volta per tutte - afferma Marcello Pacifico presidente Anief e segretario Confedir - che le ragioni di finanza pubblica, seppur comprensibili, non possono mortificare la professionalità dei lavoratori e discriminarli a livello sia di retribuzione che di stabilizzazione dell'impiego. E danneggiando la continuità didattica. Ad iniziare da quella degli alunni disabili, per le cui necessità dovrebbero essere assegnati il doppio dei docenti di sostegno. Senza contare che lo Stato per non assumere i precari butta centinaia di migliaia di euro". Secondo l'Anief 'in ballo' non c'è solo la stabilizzazione di 140mila precari con almeno tre anni di contratti. Il diritto comunitario, sempre sulla base della direttiva 1999/70/CE, prevede pure un risarcimento danni "dissuasivo" e l'applicazione del principio di non discriminazione tra personale di ruolo e a termine anche in tema di scatti stipendiali. Anche in questo caso, i precedenti fanno ben sperare: del 2011, quando sono stati avviati i ricorsi seriali dell'Anief per migliaia di precari, cui hanno fatto seguito quelli di altre organizzazioni sindacali, sono stati ottenuti diversi pronunciamenti dei giudici nazionali con condanne alle spese che nelle prime udienze di merito sono arrivati fino a 30 mila euro di risarcimento danni a carico dell'amministrazione per abuso del contratto a termine. Più recentemente, il giudice Petrusa di Trapani ha disposto come congruo risarcimento danni più di mezzo milione di euro a tre precari. Ancora altri precari hanno ottenuto il riconoscimento economico e amministrativo della progressione di carriera. Oltre che dei periodi estivi non corrisposti economicamente. In alcuni casi si è ottenuta anche la stabilizzazione a titolo definitivo.
ANSA: Scuola: Anief,domani Corte europea decide su 140mila precari (ANSA) - ROMA, 26 MAR - Domani la Corte di Giustizia Europea si esprimerà sull'assunzione nei ruoli dello Stato di 140 mila precari della scuola italiana che hanno svolto almeno tre anni di supplenze. Lo ricorda l'Anief secondo cui l'esito della sentenza rappresenta "un crocevia fondamentale" per vincere la battaglia legale avviata proprio dall'associazione nel 2010 per rivendicare il principio di "non discriminazione" tra il personale di ruolo e il personale nominato alla stessa funzione con contratto a tempo determinato. "Un principio eluso dalla Legge 106/2011, attraverso cui - spiega l'Anief - è stato deciso che nella scuola non si applica il D.lgs. 368/2001 che recepisce la direttiva comunitaria sui contratti a termine e autorizza un nuovo massiccio piano di immissioni in ruolo. Ignorando, in tal modo, la direttiva comunitaria n.70 del 1999, negli ultimi 15 anni lo Stato italiano ha così utilizzato più di 300 mila precari per coprire incarichi anche su posti vacanti e disponibili che avrebbero dovuto essere assegnati in ruolo dopo 36 mesi di servizio, come avviene nel settore privato". In ballo - fa notare l'Anief - non c'è solo la stabilizzazione di 140mila precari. Il diritto comunitario, sempre sulla base della direttiva 1999/70/CE, prevede pure un risarcimento danni "dissuasivo" e l'applicazione del principio di non discriminazione tra personale di ruolo e a termine anche in tema di scatti stipendiali. (ANSA).
TMNews: Corte Giustizia Ue, si dilatano tempi su sentenza precari scuola Giudici ascoltano parti,Anief: Ministro proceda a stabilizzazione
Roma, 27 mar. (TMNews) - Si allunga l'attesa per i 140 mila precari della scuola italiana. Si è svolta oggi l'attesa udienza in Corte di Giustizia europea, ma il relatore non si è pronunciato: insieme ai giudici, ha ascoltato le parti costituite e il procuratore generale. Si è quindi riservato di comunicare la data in cui renderà pubbliche le argomentazioni in materia da parte della stessa Corte. Hanno preso al dibattito i rappresentanti dei lavoratori e dello Stato italiano, che avrebbe ragioni obiettive organizzative o finanziarie per precarizzare il rapporto di lavoro ai supplenti della scuola anche ad oltranza. A tal proposito, l'avvocatura dello Stato ha insistito sulla norma speciale che regola le graduatorie, grazie alla quale si è assunti senza concorso e sulla non previdibilità degli organici. Il rappresentante della Commissione europea si è invece soffermato sul fatto di essere a conoscenza che in Italia per ben 12 anni non si sono banditi concorsi pubblici. Ha inoltre sottolineato come sul precariato bisogna distinguere le ragioni sostitutive, quale ragioni obiettive, dalle supplenze reiterate su posti vacanti e disponibili.
"Quella della Corte di Giustizia europea è una decisione storica, perché se applicata a tutto il pubblico impiego porterà all'assunzione di ben 300 mila precari, di cui la metà in servizio da almeno tre anni nella scuola. Abbiamo dimostrato, inoltre, come nel corso di un decennio il numero dei precari è aumentato e con esso il costo di spesa pubblica, a dispetto della spending review", ha detto Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir. "Il ministro Giannini - ha aggiunto Pacifico - non aspetti quindi le argomentazioni del relatore. Proceda immediatamente a stabilizzare i 125 mila precari nella scuola in servizio su posti vacanti e disponibili: ciò permetterebbe di evitare l'innescarsi di cause giudiziarie - conclude - che porterebbero lo Stato italiano ad essere condannato a risarcire danni superiori ai 4 miliardi di euro".
ANSA: Scuola: Anief, su precari Corte europea prende tempo Giannini ne approfitti e stabilizzi 125 mila supplenti
(ANSA) - ROMA, 27 MAR - Il ministro Giannini "non aspetti le argomentazioni del relatore. Proceda immediatamente a stabilizzare i 125 mila precari nella scuola in servizio su posti vacanti e disponibili: ciò permetterebbe di evitare l'innescarsi di cause giudiziarie che porterebbero lo Stato italiano a essere condannato a risarcire danni superiori ai 4 miliardi di euro". Lo chiede l'Anief riferendosi all'attesa sentenza della Corte di Giustizia europea. "Si allunga l'attesa per i 140 mila precari della scuola italiana. Si è svolta oggi l'attesa udienza in Corte di Giustizia europea, ma il relatore - riferisce l'Anief - non si è pronunciato: insieme ai giudici, ha ascoltato le parti costituite e il procuratore generale. Si è quindi riservato di comunicare la data in cui renderà pubbliche le argomentazioni in materia da parte della stessa Corte". Marcello Pacifico, presidente Anief, presente all'udienza, ha spiegato che sull'esito della decisione dei giudici, da parte dei legali a sostegno dei lavoratori permane cauto ottimismo: "quella della Corte di Giustizia europea è una decisione storica, perché se applicata a tutto il pubblico impiego porterà all'assunzione di ben 300.000 precari, di cui la metà in servizio da almeno tre anni nella scuola. Abbiamo dimostrato, inoltre, come nel corso di un decennio il numero dei precari è aumentato e con esso il costo di spesa pubblica, a dispetto della spending review". (ANSA).
ANSA: Scuola: Anief, da 2001 più pensionamenti che assunzioni Per l'associazione precariato nel settore è aumentato oltre 20%
(ANSA) - ROMA, 27 MAR - Dal 2001 ad oggi lo Stato italiano ha assunto nelle scuole pubbliche 258.206 insegnanti, ''una quantità davvero sottodimensionata rispetto alle reali necessità''. E' quanto riferisce l'Anief, associazione sindacale di settore, sottolineando che nello stesso periodo gli insegnanti che hanno lasciato il servizio e sono andati in pensione ammontano a 295.200 unità. ''Ne consegue che le immissioni in ruolo non hanno coperto neanche il turn over'', fa notare l'associazione. E ancora: i posti vacanti, sempre a partire dal 2001, sono 311.364. Il rapporto viene reso noto dall'associazione nel giorno dell'udienza davanti alla Corte di Giustizia europea sulle ordinanze sollevate dal giudice del lavoro di Napoli a proposito della legittimità dell'intervento derogatorio italiano nei confronti di decine di migliaia di precari della scuola con almeno tre anni di supplenze svolte, ''ancora oggi lasciati a riempiere le fila del precariato nazionale'', scrive la stessa Anief. Dallo studio emerge anche che a partire dall'anno scolastico 2001/2002 le scuole hanno utilizzato 1.241.281 insegnanti precari assunti con contratto sino al termine dell'anno scolastico. Inoltre, sempre tra il 2001 e il 2013, ''a dispetto della direttiva comunitaria, i contratti annuali o fino al termine dell'anno scolastico conferiti ai docenti sono aumentati di oltre il 20%, passando da 96.915 a 120.339''. Complessivamente, considerando anche il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario, per il funzionamento ordinario degli istituti scolastici le supplenze sono aumentate da 105.000 a 140.000 unità. ''Tutti questi dati dimostrano - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - che lo Stato ha assunto molto meno di quanto avrebbe dovuto, facendo negli anni innalzare il precariato di oltre il 20% e le spese per sostenerlo del 68%. Una politica fallimentare da tutti i punti di vista che ora il ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, potrebbe sanare assumendo per il prossimo anno scolastico 125 mila docenti e Ata. In caso contrario ci penseranno i giudici, che condanneranno anche lo Stato a tirar fuori miliardi di euro per i risarcimenti''. (ANSA).
"Il confronto tra lo stipendio del docente e quello del neo dirigente”
░ UNO STUDIO ACCURATO, E COME SEMPRE IN FORMA ARGUTA, DI PIETRO PERZIANI.
Siamo sicuri che tutti i docenti che si apprestano a diventare dirigente si siano fatti una domanda, magari non ad alta voce: quanto guadagnerò di più? Una domanda a cui nessuno, o quasi, ha dato risposta e a cui nessuno darà risposta nei corsi di formazione organizzati magari dai sindacati.Tra i docenti e idirigenti vige infatti la sindrome dello “sterco del diavolo”: lo stipendio è una specie di tabù e il cedolino un oggetto misterioso, nessuno ne parla, pochi ci capiscono.Noi rompiamo il tabù, GOVERNARELASCUOLA parla spesso di stipendi e ne continuerà a parlare.
LE VOCI DELLA RETRIBUZIONE. Nel cedolino di ogni docente sono presenti 4 voci:-Stipendio;-Ind. Vacanza contrattuale; -Retribuzione professionale docenti; -IIS conglobata. Anche nel cedolino del dirigente sono presenti 4 le voci; alcune sono uguali, altre diverse: - Stipendio; - Ind. Vacanza contrattuale; -Retribuzione di posizione, quota fissa; -Retribuzione di posizione, quota variabile.Oltre alle voci appena dette, nella retribuzione del dirigente bisogna considerare una quinta, che però solo in alcune regioni si può trovare nel cedolino mensile; la retribuzione di risultato infatti in alcune regioni viene pagata mensilmente, in altre invece viene corrisposta in un’unica soluzione annuale.
IL CONFRONTO. Torniamo alla domanda: quanto guadagnerò di più?Chiaramente, non è possibile dare qui una risposta individuale, dobbiamo inevitabilmente ragionare su una situazione che possiamo considerare “media”, per cui abbiamo messo a confronto i cedolini di un docente di scuola media con classe stipendiale di 21 anni e un dirigente scolastico della Lombardia preposto ad una scuola di II fascia;questo il confronto tra i 2 stipendi.Confronto tra stipendio docente e stipendio dirigente
CEDOLINO DOCENTE
CEDOLINO DIRIGENTE
VOCI
IMPORTO
VOCI
IMPORTO
Stipendio
1.773,27
Stipendio
3.331,61
Ind. Vacanza contrattuale
13,11
Ind. Vacanza contrattuale
24,99
Retribuzione professionale docenti
202,00
Retribuzione di posizione, quota fissa
273,59
IIS conglobata
538,30
Retribuzione di posizione, quota variabile
738,61
TOTALE
2.526,68
TOTALE
4.368,80
La differenza mensile è pari a 1.842,12 eurolordi….; in Lombardia, la retribuzione di risultato ammonta a 4.304,58 euro annui, cioè 331,12 euro mensili; considerando anche la retribuzione di risultato, la differenza aumenta a 2.173,24 euro mensili.Ritorniamo all’analisi delle diverse voci stipendiali, considerando il passaggio da docente a dirigente:-due voci sono presenti in ambedue i cedolini: lo stipendio (chiamato anche “Stipendio Tabellare”) e l’Indennità di vacanza contrattuale;-due voci dello stipendio da docente (Retribuzione professionale docenti e IIS conglobata) scompaiono, perché sono specifiche dei docenti;- nello stipendio da dirigente ne entrano due nuove (Retribuzione di posizione, quota fissa e Retribuzione di posizione, quota variabile).
LE VOCI COMUNI. Cominciamo l’analisi dalle duevoci presenti in ambedue i cedolini.Lo stipendio tabellare.L’importo viene definito dal CCNL, il contratto collettivo nazionale di lavoro; come ben si sa, gli stipendi e i contratti sono attualmente bloccati, per cui sono tuttora in vigore gli importi stabiliti dai CCNL 2008/2009-Secondo biennio economico di Area e di Comparto.Hanno lo stesso nome, ma lo stipendio tabellare del docente e quello del dirigente sono molto diversi.Quello del docente è infatti diverso da un docente all’altro, perché:- è legato all’ordine di scuola (Materna/primaria, scuola media, scuola superiore); -aumenta con l’anzianità, da un minimo ad inizio carriera ad un massimo che si raggiunge a 35 anni di anzianità. Quello da dirigente è uguale per tutti, perché:-non ci sono differenze in base alla tipologia della scuola che si dirige; -non esiste la progressione di carriera per anzianità, è stata abolita dal primo contratto dirigenziale.L’indennità di vacanza contrattuale. Come dice il nome stesso, si tratta di un’indennità che viene corrisposta in via provvisoria quando il contratto viene firmato in ritardo o addirittura quando è bloccato, come nella situazione attuale. L’importo viene stabilito dal Dip. della Funzione Pubblica e dal MEF a livello nazionale;in atto nel cedolino si trova quella relativa al biennio 2010/2011 e tale rimarrà fino al 2014, perché anche questa indennità è stata bloccata.
LE VOCI SPECIFICHE DEL DIRIGENTE. La retribuzione di posizione/quota fissa. Vale quanto detto per lo stipendio tabellare: è uguale per tutti e l’importo viene deciso direttamente in sede di CCNL. La retribuzione di posizione/quota variabile. È l’unica voce che è diversa da un dirigente all’ altro, o meglio varia tra “fasce di dirigenti”.Le scuole di ogni regione, infatti, vengono suddivise in tre o quattro fasce, a seconda della loro grandezza e complessità, più le scuole sono grandi e complesse, più la retribuzione di posizione/quota variabile è alta.Alla fascia della scuola è legata anche la retribuzione di risultato, per cui bisogna tener conto anche di questa se si vuole vedere la differenza tra uno stipendio e l’ altro; questo è infatti l’unico fattore di differenziazione nello stipendio dei dirigenti.
LE DIFFERENZE NELLO STIPENDIO DEL DIRIGENTE.Rimanendo in Lombardia, è questo lo stipendio in base alla fascia di appartenenza, al lordo e netto
FASCE
LORDO
NETTO
PRIMA
4.900,48
2.996,20
SECONDA
4.699,92
2.873,57
TERZA
4.499,33
2.750,93
QUARTA
4.344,92
2.656,52
Come si vede, la differenza tra prima e quarta fascia è di 339,68 euro netti mensili; attenzione, però: gli importi lordi sono assolutamente precisi, mentre quelli al netto sono indicativi, perché non abbiamo potuto tener conto delle situazioni personali e …delle tasse locali, comunali e regionali, e delle detrazioni di imposta. …
latecnicadellascuola.it - 23/03/2014
"Tre milioni di euro per 13 professori”
░ Un annoso problema: controllare i controllori; in questo caso, il controllore che andrebbe controllato è Scuola superiore di economia e finanze (Ssef), e il paradosso sta nel fatto che il danno erariale lo avrebbe compiuto un ufficio del ministero deputato allaspendingreview.
… gli oltre 16 milioni di euro del budget 2013 della Ssef (erano 4,4 nel 2001) non sembrano ripartiti benissimo.La Scuola è dotata di tre docenti a tempo determinato e dieci ordinari (a vita e assunti senza concorso) che nel 2013 si sono divisi la bellezza di 2,7 milioni di compensi. E allora il rettore guadagna 201mila euro di cui 117mila per il ruolo di gestore, mentre i due colleghi “a tempo” incassano invece rispettivamente 155mila e 98mila euro. Tuttavia, scorrendo l’elenco, oltre a i migliori nomi della burocratja italiana, si scopre che taluni prendono dallo Stato 301mila euro e spiccioli, altri 295mila e dispari e altri ancora stipendi da 272mila euro, da 246mila euro, da 198.901,69 euro, 160mila euro fino a 155mila euro l’anno. Bisogna pure tenere in conto, per loro, che molti di costoro svolgono altre mansioni e quindi percepiscono altri stipendi e altri compensi. L’andazzo, scrive sempre Il FattoQutidiano, è ormai antico: gli stipendi regali che vediamo oggi risalgono almeno all’inizio del 2006…Anche sugli affitti, infine, la Scuola del ministero che sorveglia i conti pubblici largheggia: l’anno scorso ha speso per le sedi di Torino, Bari e Milano circa ottocentomila euro in tutto. Questo spreco lo si deve, però, a un vecchio colpo di genio dello stesso ministero del Tesoro: a suo tempo decise di vendere molte delle sue sedi per poi riaffittarle dal nuovo proprietario pagandole a peso d’oro.
corrieredellasera.it - 24/03/2014
"Illegale pretendere soldi dalle famiglie degli alunni”
░ Il ministro ai presidi: possibili solo contributi volontari: E’ l’ennesima conferma. Basterà a convincere i dd.ss.?
L’ultima circolare lo scriveva chiaro il 7 marzo del 2013. E non cambiava, di una virgola, quello che aveva già sostenuto l’anno prima. «I contributi scolastici sono volontari». E ancora: «Nessun istituto può subordinare l’iscrizione degli alunni al preventivo versamento del contributo». In caso contrario «non solo è illegittimo, ma si configura come una grave violazione dei propri doveri d’ufficio». Più esplicito, non si può.E, invece, le cose non stanno proprio così. Decine di istituti scolastici continuano a fare finta di nulla. A volte cambiano il nome del «contributo», ma non la sostanza. In alcuni casi avvertono, usano toni da ultimatum. E per la famiglie si traduce in un costo di almeno 60 euro. In alcuni casi anche di 300. Su siti come Skuola.net continuano ad arrivare decine di segnalazioni. Una situazione inaccettabile, secondo il Miur. «Mettere la scuola al centro per il governo significa non solo restaurare muri e ridipingere pareti, come stiamo facendo — spiega al Corriere il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini —, ma anche tornare a investire per migliorare la qualità dell’insegnamento e dell’offerta formativa, cosa che ci siamo impegnati a fare». Proprio per questo, «non è possibile obbligare le famiglie, con metodi inappropriati, a pagare contributi che per definizione sono volontari. Questo deve essere un principio inderogabile. I presidi lo sanno, ma se qualcuno non dovesse ricordarselo lo faremo noi con una nota che ribadirà questo concetto». Complici i tagli degli ultimi anni, le scuole hanno sempre meno risorse a disposizione. E così, per trovare un po’ di soldi, si rivolgono ai genitori degli alunni iscritti. Soldi che qualche istituto — segnalano dal ministero — destina in parte alle voci di spesa relative al funzionamento stesso della struttura. Compresi i costi per le fotocopie e il materiale didattico. «I nostri bilanci sono ridotti all’osso — spiega il preside di un liceo scientifico lombardo che chiede di restare anonimo —, se viene meno proprio quel contributo dato dai genitori allora è meglio chiudere. Non è un problema soltanto mio, ma di tante scuole dell’area»… «Al netto di chi ha l’esonero per merito, motivi economici o appartenenza a speciali categorie — chiariscono dal ministero — sono obbligatorie soltanto le tasse di iscrizione, di frequenza, di esame e di diploma». Tutto quello che eccede questa cifra — vedi alla voce: contributi scolastici — «può essere chiesto, ma i genitori non sonocostretti a pagare». Resta in piedi un Regio decreto del 1924 e riguarda soltanto gli istituti tecnici, professionali e l’artistico. Quei contributi, chiamati «di laboratorio», si devono pagare. Tutte le irregolarità, continua il Miur, si possono segnalare «agli Uffici scolastici regionali che sono responsabili della vigilanza sulle scuole».
ItaliaOggi - 25/03/2014
" Quota96. Dietro il no ragioni di bilancio, e non solo Ma così la scuola italiana continua a invecchiare”
░ Una dichiarazione dell’on. Ghizzoni-deputato Pd, vicepresidente della VII commissione della Camera – alla quale va riconosciuto il costante impegno con cui ha portato avanti la battaglia per il buon diritto dei colleghi che rientrano nella categoria c.d.“Quota 96”. La battaglia, nella quale anche ANIEF si è schierata - è perduta, ma non la guerra.
Il personale della scuola italiana è il più maturo d'Europa, con la percentuale più alta di insegnanti ultracinquantenni e quella più bassa di under trenta. Occorre riflettere sull'invecchiamento di docenti e di personaleAta. Infatti, se è vero che possono contare su un'esperienza professionale ragguardevole, hanno sempre più difficoltà a stare al passo con il dinamismo della comunità scolastica e ad affrontarne le sfide: dall'inclusione dei ragazzi con disabilità a quella degli alunni non italofoni, dall'innovazione didattica alle esigenze dei nativi digitali, dall'apprendimento informale all'insegnamento per competenze.Pertanto, chi può lascia e, contrariamente al passato, presenta domanda di pensionamento appena raggiunti i necessari requisiti.Magari lo fa con rammarico, ma consapevole che a raccogliere il testimone ci saranno giovani motivati e preparati a sostenere le nuove prove della scuola. Un avvicendamento indispensabile e più urgente rispetto a qualsiasi altro settore del pubblico impiego, per ridurre la distanza anagrafica e generazionale tra docente e discente.Ma non tutti possono lasciare: per un «errore» contenuto nella riforma Fornero – scattata il 1 gennaio 2012 – 4000 tra docenti e Ata sono rimasti impigliati nella rete delle nuove norme e il loro pensionamento, previsto per il 1 settembre 2012, è stato procrastinato di anni, in alcuni casi fino a sette. E alla porta restano 4000 giovani in attesa.Un errore dovuto al mancato riconoscimento della specificità della scuola, riferita al fatto che i lavoratori della scuola, per le giuste esigenze di funzionalità e di continuità didattica, possono andare in pensione un solo giorno all'anno, il 1° settembre, indipendentemente dalla data di maturazione dei requisiti. Unico settore della pubblica amministrazione in cui vige tale norma. Dal gennaio 2012, sono state promosse diverse iniziative parlamentari al fine di tener conto di questa specificità, ma nessuno dei tre governi coinvolti fino ad ora è stato in grado di garantire giustizia.Attualmente è in discussione presso la Commissione Lavoro una proposta di legge – a prima firma della scrivente, confluita nel testo base della relatrice, Antonella Incerti, sottoscritto da tutti i gruppi – che prevede che i requisiti per il pensionamento previgenti alla riformaFornero continuino ad applicarsi ai lavoratori della scuola che li abbiano maturati entro l'anno scolastico 2011/2012. A questo proposito, presso la Commissione Bilancio, entro domani si discuterà una risoluzione – anch'essa unanime – che impegna il Governo a reperire le necessarie risorse (35 milioni per il 2014 e 100 a regime), dopo che anche l'ultima copertura ipotizzata è statabocciata….
corrieredellasera.it - 26/03/2014
"Orari più lunghi per il sabato libero. Nella scuola la disfida del weekend”
░ E’ una iniziativa attuata da alcune scuole.Cui prodest ? Alla didattica no, perché c’è una soglia all’attenzione degli studenti e allo sforzo di apprendere. Inoltre, concentrando in cinque giorni le lezioni si aggrava il carico di lavoro pomeridiano degli studenti (dal quale, nel nostro sistema scolastico, non si prescinde). Nel decidere sulla distribuzione settimanale dell’orario di lezione, i collegi dei docenti dovrebbero osservare il criterio con al vertice la missiondella Scuolacollocando il resto in subordine: a volere tenere conto della finalità del rilancio del turismo interno, i collegi dei docenti dovrebbero chiedersi quale sia il ceto delle famiglie che possono permettersi il week end di vacanza, e quale quello delle famiglie che, al sabato, non potrebbero conciliare lavoro e cura dei figli. Il risparmio energetico, poi, le scuole potrebbero comunque ottenerlo evitandogli sprechi. Resta la voce del risparmio nei trasporti pubblici, ma questo argomento non ci sembra sufficiente a controbilanciare quello didattico.
C’era una volta il sabato a scuola, alle medie e alle superiori. Anche alle elementari, se non si faceva il tempo pieno. Oggi, con l’autonomia scolastica, il sabato è la coperta più contesa della programmazione: c’è chi la tira, per dare più respiro alla didattica, spalmando le lezioni su sei giorni. Chi la accorcia (cinque giorni di scuola e un intero weekend libero), per permettere ai ragazzi di avere più tempo a disposizione per se stessi, lo sport, le relazioni sociali; e alle famiglie di organizzare meglio i tempi domestici. All’economia locale di risparmiare sulle bollette dell’energia e sui costi dei trasporti pubblici. E ai docenti di avere, finalmente, tutti il sabato libero.Ma c’è chi vorrebbe che il sabato a scuola diventasse solo un ricordo, per tutti. È quanto si augura l’assessore all’Istruzione della Provincia di Milano, Marina Lazzati, che dopo aver suggerito, lo scorso anno, ai presidi del capoluogo di rivedere l’orario delle lezioni, introducendo la settimana corta, ha ora preso carta e penna rivolgendo la richiesta al presidente del Consiglio, al ministro dell’Istruzione e al responsabile della spendingreview, CarloCottarelli. «I tagli di bilancio imposti alle Amministrazioni pubbliche — scrive — stanno mettendo in seria difficoltà l’erogazione dei servizi essenziali per il buon funzionamento delle istituzioni scolastiche. Problema che investe pesantemente riscaldamento e spese di trasporto, per cui sono previste per il prossimo anno scolastico ulteriori diminuzioni di spesa». Lazzati propone di rendere «obbligatoria l’articolazione oraria settimanale su cinque giorni per tutte le scuole di ogni ordine e grado». Una scansione oraria che «comporterebbe un significativo risparmio e renderebbe le nostre scuole autentici laboratori di apprendimento, ottimizzando la qualità dell’insegnamento e l’utilizzo delle risorse».Nessun taglio di ore in vista (già ridotte dalla riforma delle superiori a un massimo di 30 nei licei e 32 per istituti tecnici e professionali), ma una «diversa articolazione dell’orario»…. Delle 105 scuole del territorio sono meno della metà quelle che hanno aderito, consentendo risparmi, quantifica l’assessore Lazzati, per circa tre milioni di euro.A livello nazionale non esiste un’«anagrafe» dell’organizzazione del tempo scuola, spiega Carmela Palumbo, della direzione generale per gli ordinamenti scolastici del ministero. «Ogni consiglio d’istituto può decidere — anche attraverso il voto delle famiglie — se optare per la settimana corta». Ma certo, ammette, il sesto giorno di didattica è sempre più raro, anche per ragioni di budget.
orizzontescuola.it - 27/03/2014
" La geografia nelle scuole del bel paese”
░ Da anni, il MIUR tenta di inquadrare le professionalità peculiari dei docenti titolariin questa o quella classe di concorso, nel tentativo di ridurre il numero delle classi accogliendo le diverse legittime istanze. L’operazione richiede una valutazionecomparativa tra due ordini di riferimenti: - le competenze proprie di ciascuna classe di concorso; - gli obiettivi specifici di apprendimento e le competenze in uscita degli studenti, per le classi di ogni ordine e grado del sistema scolastico. Si tratta di una comparazione alquanto difficile che va effettuata in ottica neutrale. Allo stato delle cose, al MIUR sembra non si trovi il bandolo della matassa e, nelle more, da anni, per determinate classi di concorso classificate come “atipiche”, toccaai Collegi docenti la responsabilità di stabilire quale sia la sorte dei colleghi soprannumerari; a valle,questo stato di incertezza colpisce i precari e rende ancor più difficili – anche nell’imminenza del rinnovo delle G.E. -le loro imprescindibili scelte. Ci saremmo aspettati che al MIUR si procedesse con più decisione. Riportiamo il caso prospettato da un gruppo di docenti della classe a039.
… Da diversi anni, la geografia, uno dei saperi fondamentali di qualsiasi civiltà, vive una paradossale situazione di frammentazione dei programmi e dei temi che, alla luce dei risultati osservabili, non ha giovato né alla disciplina stessa né, tanto meno, alle generazioni di studenti che, sempre in misura minore, dimostrano di avere padronanza e consapevolezza geografica.Senza cadere in tecnicismi, è facile osservare come, data la sua natura di disciplina di sintesi, in cui convergono saperi e conoscenze afferenti a diverse aree (scientifica, umanistica, economica), gli attuatori delle varie riforme scolastiche hanno creduto di poterla attribuire a docenti dell’una o dell’altra area, quasi sempre privandola di quella sintesi che ne costituisce la specificità e che solo l’occhio acuto del Geografo è in grado di assicurarle.Ed ecco che ad insegnare geografia nella scuola secondaria di primo grado e nei bienni dei Licei sono stati e sono docenti, sicuramente molto preparati nelle discipline storiche e letterarie, ma con un solo esame di geografia nel piano di studi, a confermare una vecchia e, purtroppo, mai superata visione ancillare della geografia rispetto alla Storia…. Se a ciò si aggiunge la contrazione oraria ed il declassamento della geografia da disciplina di indirizzo a materia generale, operato dalla recente quanto sciagurata riforma che ha privato i nuovi tecnici economici della geografia Economica, l’unica materia in grado di fare da collante tra i diversi saperi e restituire una visione globale, è facile intuire la qualità della formazione dei nuovi diplomati tecnici…. E' avvilente osservare come i futuri cittadini del mondo globale non conoscono né il locale né, a ragion veduta, il globale.Ma l’ultimo e, forse, più grave attacco alla geografia nella scuola è arrivato, sempre in epoca Gelmini e con il beneplacito delle maggiori sigle sindacali, con la cosiddetta atipicità e con la possibilità data ai docenti di discipline scientifiche di insegnare geografia.Tale transitoria possibilità si è trasformata in una vergognosa corsa all’accaparramento delle ore…Facciamo un po’ di chiarezza: per accedere all’insegnamento di geografia - classe di concorso A039-, un laureato in Lettere, geografia e discipline economiche deve aver sostenuto quattro esami annuali, se vecchio ordinamento, o 24 crediti nel settore scientifico disciplinare MGGR01 più 24 nel MGGR 02, se nuovo ordinamento, mentre per accedere alla classe di concorso A060 Scienze naturali, chimica e geografia, microbiologia occorre aver sostenuto esami afferenti al settore GEO 04, nelle facoltà scientifiche.Non occorre ribadire che le Scienze naturali sono ben altra disciplina rispetto alla Geografia… Lo sviluppo di un territorio, la gentrification di un centro storico, la sostenibilità ambientale o lo sviluppo del sistema globale partono da una consapevolezza ragionata di ciò che è il territorio su cui si va ad agire.Il territorio è per definizione sintesi tra uomo e ambiente e la geografia è la scienza che studia il rapporto tra l’uomo e l’ambiente andando ad analizzare le reciproche interazioni tra i fattori naturali e quelli antropici. Ne consegue che un approccio puramente scientifico quale quello condotto da docenti di area scientifica è privo di quella sintesi che, invece, caratterizza le discipline geografiche. Non a caso, nel primo anno del biennio è presente un insegnamento di Scienze Integrate-Scienze della terra che focalizza la propria attenzione sugli aspetti fisici dello spazio e che è, giustamente, assegnato ai docenti abilitati nella classe di concorso A060….
latecnicadellascuola.it - 28/03/2014
"Precari, udienza alla Corte di giustizia europea”
░ Estremamente positiva la posizione della Commissione Europea che si è espressa a favore degli insegnanti, dichiarando senza mezzi termini che non esistono ragioni obiettive in grado di giustificare un numero così elevato di precari.Il nostro Marcello Pacifico, presente al dibattimento, prosegue nell’impegno a favore dei colleghi precari. La sentenza si farà attendere e purtroppo anche la Giannini non sembra essere “santo che suda”.
Si è conclusa da pochi minuti l’udienza alla Corte di Giustizia Europea sull’assunzione nei ruoli dello Stato di 140mila precari della scuola italiana che hanno svolto almeno tre anni di supplenze. I giudici non hanno preso una decisione definitiva, ma c’è stata l’audizione delle parti (difesa ed accusa). All’udienza ha partecipato anche un rappresentate per la Commissione europea. Il procuratore generale si è riservato di comunicare la data in cui renderà pubbliche le sue argomentazioni. Non ci sarà però nessuna sentenza come afferma l’avvocato Tommaso DeGrandis che rappresenta la Federazione GildaUnams nel dibattimento : "Bisognerà attendere qualche mese per conoscere gli esiti dell’udienza, ma nutriamo un cauto ottimismo”.…. Nessuna domanda è stata posta dai giudici all’Avvocatura dello Stato italiano e ciò, secondo i legali dei ricorrenti, dimostra che il collegio ha già le idee chiare su quale tipo di sentenza emetterà. All’udienza presente anche l’Anief. Il presidente Marcello Pacifico, in una nota, afferma che sull’esito della decisione dei giudici, da parte dei legali a sostegno dei lavoratori permane cauto ottimismo: “quella della Corte di Giustizia europea è una decisione storica, perché se applicata a tutto il pubblico impiego porterà all'assunzione di ben 300.000 precari, di cui la metà in servizio da almeno tre anni nella scuola. Abbiamo dimostrato, inoltre, come nel corso di un decennio il numero dei precari è aumentato e con esso il costo di spesa pubblica, a dispetto della spendingreview”.“Il ministro Giannini non aspetti quindi le argomentazioni del relatore. Proceda immediatamente a stabilizzare i 125 mila precari nella scuola in servizio su posti vacanti e disponibili: ciò permetterebbe di evitare l’innescarsi di cause giudiziarie – conclude Pacifico – che porterebbero lo Stato italiano ad essere condannato a risarcire danni superiori ai 4 miliardi di euro”. Ricordiamo che i giudici del Lussemburgo dovranno giudicare la Legge italiana 106/2011, dopo che già la Corte Costituzionale e il Tribunale di Napoli, rispettivamente con le ordinanze n. 5288/12 e n. 207/2013, hanno posto dei dubbi sulla legittimità dell’intervento retroattivo e derogatorio del legislatore italiano in tema distabilizzazione dei precari della scuola. Rendendo quindi necessario l’intervento chiarificatore, a questo punto decisivo, della Corte europea. Bisognerà aspettare ancora prima di avere un verdetto definitivo.
"Il confronto tra lo stipendio del docente e quello del neo dirigente”
░ UNO STUDIO ACCURATO, E COME SEMPRE IN FORMA ARGUTA, DI PIETRO PERZIANI.
Siamo sicuri che tutti i docenti che si apprestano a diventare dirigente si siano fatti una domanda, magari non ad alta voce: quanto guadagnerò di più? Una domanda a cui nessuno, o quasi, ha dato risposta e a cui nessuno darà risposta nei corsi di formazione organizzati magari dai sindacati.Tra i docenti e idirigenti vige infatti la sindrome dello “sterco del diavolo”: lo stipendio è una specie di tabù e il cedolino un oggetto misterioso, nessuno ne parla, pochi ci capiscono.Noi rompiamo il tabù, GOVERNARELASCUOLA parla spesso di stipendi e ne continuerà a parlare.
LE VOCI DELLA RETRIBUZIONE. Nel cedolino di ogni docente sono presenti 4 voci:-Stipendio;-Ind. Vacanza contrattuale; -Retribuzione professionale docenti; -IIS conglobata. Anche nel cedolino del dirigente sono presenti 4 le voci; alcune sono uguali, altre diverse: - Stipendio; - Ind. Vacanza contrattuale; -Retribuzione di posizione, quota fissa; -Retribuzione di posizione, quota variabile.Oltre alle voci appena dette, nella retribuzione del dirigente bisogna considerare una quinta, che però solo in alcune regioni si può trovare nel cedolino mensile; la retribuzione di risultato infatti in alcune regioni viene pagata mensilmente, in altre invece viene corrisposta in un’unica soluzione annuale.
IL CONFRONTO. Torniamo alla domanda: quanto guadagnerò di più?Chiaramente, non è possibile dare qui una risposta individuale, dobbiamo inevitabilmente ragionare su una situazione che possiamo considerare “media”, per cui abbiamo messo a confronto i cedolini di un docente di scuola media con classe stipendiale di 21 anni e un dirigente scolastico della Lombardia preposto ad una scuola di II fascia;questo il confronto tra i 2 stipendi.Confronto tra stipendio docente e stipendio dirigente
CEDOLINO DOCENTE
CEDOLINO DIRIGENTE
VOCI
IMPORTO
VOCI
IMPORTO
Stipendio
1.773,27
Stipendio
3.331,61
Ind. Vacanza contrattuale
13,11
Ind. Vacanza contrattuale
24,99
Retribuzione professionale docenti
202,00
Retribuzione di posizione, quota fissa
273,59
IIS conglobata
538,30
Retribuzione di posizione, quota variabile
738,61
TOTALE
2.526,68
TOTALE
4.368,80
La differenza mensile è pari a 1.842,12 eurolordi….; in Lombardia, la retribuzione di risultato ammonta a 4.304,58 euro annui, cioè 331,12 euro mensili; considerando anche la retribuzione di risultato, la differenza aumenta a 2.173,24 euro mensili.Ritorniamo all’analisi delle diverse voci stipendiali, considerando il passaggio da docente a dirigente:-due voci sono presenti in ambedue i cedolini: lo stipendio (chiamato anche “Stipendio Tabellare”) e l’Indennità di vacanza contrattuale;-due voci dello stipendio da docente (Retribuzione professionale docenti e IIS conglobata) scompaiono, perché sono specifiche dei docenti;- nello stipendio da dirigente ne entrano due nuove (Retribuzione di posizione, quota fissa e Retribuzione di posizione, quota variabile).
LE VOCI COMUNI. Cominciamo l’analisi dalle duevoci presenti in ambedue i cedolini.Lo stipendio tabellare.L’importo viene definito dal CCNL, il contratto collettivo nazionale di lavoro; come ben si sa, gli stipendi e i contratti sono attualmente bloccati, per cui sono tuttora in vigore gli importi stabiliti dai CCNL 2008/2009-Secondo biennio economico di Area e di Comparto.Hanno lo stesso nome, ma lo stipendio tabellare del docente e quello del dirigente sono molto diversi.Quello del docente è infatti diverso da un docente all’altro, perché:- è legato all’ordine di scuola (Materna/primaria, scuola media, scuola superiore); -aumenta con l’anzianità, da un minimo ad inizio carriera ad un massimo che si raggiunge a 35 anni di anzianità. Quello da dirigente è uguale per tutti, perché:-non ci sono differenze in base alla tipologia della scuola che si dirige; -non esiste la progressione di carriera per anzianità, è stata abolita dal primo contratto dirigenziale.L’indennità di vacanza contrattuale. Come dice il nome stesso, si tratta di un’indennità che viene corrisposta in via provvisoria quando il contratto viene firmato in ritardo o addirittura quando è bloccato, come nella situazione attuale. L’importo viene stabilito dal Dip. della Funzione Pubblica e dal MEF a livello nazionale;in atto nel cedolino si trova quella relativa al biennio 2010/2011 e tale rimarrà fino al 2014, perché anche questa indennità è stata bloccata.
LE VOCI SPECIFICHE DEL DIRIGENTE. La retribuzione di posizione/quota fissa. Vale quanto detto per lo stipendio tabellare: è uguale per tutti e l’importo viene deciso direttamente in sede di CCNL. La retribuzione di posizione/quota variabile. È l’unica voce che è diversa da un dirigente all’ altro, o meglio varia tra “fasce di dirigenti”.Le scuole di ogni regione, infatti, vengono suddivise in tre o quattro fasce, a seconda della loro grandezza e complessità, più le scuole sono grandi e complesse, più la retribuzione di posizione/quota variabile è alta.Alla fascia della scuola è legata anche la retribuzione di risultato, per cui bisogna tener conto anche di questa se si vuole vedere la differenza tra uno stipendio e l’ altro; questo è infatti l’unico fattore di differenziazione nello stipendio dei dirigenti.
LE DIFFERENZE NELLO STIPENDIO DEL DIRIGENTE.Rimanendo in Lombardia, è questo lo stipendio in base alla fascia di appartenenza, al lordo e netto
FASCE
LORDO
NETTO
PRIMA
4.900,48
2.996,20
SECONDA
4.699,92
2.873,57
TERZA
4.499,33
2.750,93
QUARTA
4.344,92
2.656,52
Come si vede, la differenza tra prima e quarta fascia è di 339,68 euro netti mensili; attenzione, però: gli importi lordi sono assolutamente precisi, mentre quelli al netto sono indicativi, perché non abbiamo potuto tener conto delle situazioni personali e …delle tasse locali, comunali e regionali, e delle detrazioni di imposta. …
latecnicadellascuola.it - 23/03/2014
"Tre milioni di euro per 13 professori”
░ Un annoso problema: controllare i controllori; in questo caso, il controllore che andrebbe controllato è Scuola superiore di economia e finanze (Ssef), e il paradosso sta nel fatto che il danno erariale lo avrebbe compiuto un ufficio del ministero deputato allaspendingreview.
… gli oltre 16 milioni di euro del budget 2013 della Ssef (erano 4,4 nel 2001) non sembrano ripartiti benissimo.La Scuola è dotata di tre docenti a tempo determinato e dieci ordinari (a vita e assunti senza concorso) che nel 2013 si sono divisi la bellezza di 2,7 milioni di compensi. E allora il rettore guadagna 201mila euro di cui 117mila per il ruolo di gestore, mentre i due colleghi “a tempo” incassano invece rispettivamente 155mila e 98mila euro. Tuttavia, scorrendo l’elenco, oltre a i migliori nomi della burocratja italiana, si scopre che taluni prendono dallo Stato 301mila euro e spiccioli, altri 295mila e dispari e altri ancora stipendi da 272mila euro, da 246mila euro, da 198.901,69 euro, 160mila euro fino a 155mila euro l’anno. Bisogna pure tenere in conto, per loro, che molti di costoro svolgono altre mansioni e quindi percepiscono altri stipendi e altri compensi. L’andazzo, scrive sempre Il FattoQutidiano, è ormai antico: gli stipendi regali che vediamo oggi risalgono almeno all’inizio del 2006…Anche sugli affitti, infine, la Scuola del ministero che sorveglia i conti pubblici largheggia: l’anno scorso ha speso per le sedi di Torino, Bari e Milano circa ottocentomila euro in tutto. Questo spreco lo si deve, però, a un vecchio colpo di genio dello stesso ministero del Tesoro: a suo tempo decise di vendere molte delle sue sedi per poi riaffittarle dal nuovo proprietario pagandole a peso d’oro.
corrieredellasera.it - 24/03/2014
"Illegale pretendere soldi dalle famiglie degli alunni”
░ Il ministro ai presidi: possibili solo contributi volontari: E’ l’ennesima conferma. Basterà a convincere i dd.ss.?
L’ultima circolare lo scriveva chiaro il 7 marzo del 2013. E non cambiava, di una virgola, quello che aveva già sostenuto l’anno prima. «I contributi scolastici sono volontari». E ancora: «Nessun istituto può subordinare l’iscrizione degli alunni al preventivo versamento del contributo». In caso contrario «non solo è illegittimo, ma si configura come una grave violazione dei propri doveri d’ufficio». Più esplicito, non si può.E, invece, le cose non stanno proprio così. Decine di istituti scolastici continuano a fare finta di nulla. A volte cambiano il nome del «contributo», ma non la sostanza. In alcuni casi avvertono, usano toni da ultimatum. E per la famiglie si traduce in un costo di almeno 60 euro. In alcuni casi anche di 300. Su siti come Skuola.net continuano ad arrivare decine di segnalazioni. Una situazione inaccettabile, secondo il Miur. «Mettere la scuola al centro per il governo significa non solo restaurare muri e ridipingere pareti, come stiamo facendo — spiega al Corriere il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini —, ma anche tornare a investire per migliorare la qualità dell’insegnamento e dell’offerta formativa, cosa che ci siamo impegnati a fare». Proprio per questo, «non è possibile obbligare le famiglie, con metodi inappropriati, a pagare contributi che per definizione sono volontari. Questo deve essere un principio inderogabile. I presidi lo sanno, ma se qualcuno non dovesse ricordarselo lo faremo noi con una nota che ribadirà questo concetto». Complici i tagli degli ultimi anni, le scuole hanno sempre meno risorse a disposizione. E così, per trovare un po’ di soldi, si rivolgono ai genitori degli alunni iscritti. Soldi che qualche istituto — segnalano dal ministero — destina in parte alle voci di spesa relative al funzionamento stesso della struttura. Compresi i costi per le fotocopie e il materiale didattico. «I nostri bilanci sono ridotti all’osso — spiega il preside di un liceo scientifico lombardo che chiede di restare anonimo —, se viene meno proprio quel contributo dato dai genitori allora è meglio chiudere. Non è un problema soltanto mio, ma di tante scuole dell’area»… «Al netto di chi ha l’esonero per merito, motivi economici o appartenenza a speciali categorie — chiariscono dal ministero — sono obbligatorie soltanto le tasse di iscrizione, di frequenza, di esame e di diploma». Tutto quello che eccede questa cifra — vedi alla voce: contributi scolastici — «può essere chiesto, ma i genitori non sonocostretti a pagare». Resta in piedi un Regio decreto del 1924 e riguarda soltanto gli istituti tecnici, professionali e l’artistico. Quei contributi, chiamati «di laboratorio», si devono pagare. Tutte le irregolarità, continua il Miur, si possono segnalare «agli Uffici scolastici regionali che sono responsabili della vigilanza sulle scuole».
ItaliaOggi - 25/03/2014
" Quota96. Dietro il no ragioni di bilancio, e non solo Ma così la scuola italiana continua a invecchiare”
░ Una dichiarazione dell’on. Ghizzoni-deputato Pd, vicepresidente della VII commissione della Camera – alla quale va riconosciuto il costante impegno con cui ha portato avanti la battaglia per il buon diritto dei colleghi che rientrano nella categoria c.d.“Quota 96”. La battaglia, nella quale anche ANIEF si è schierata - è perduta, ma non la guerra.
Il personale della scuola italiana è il più maturo d'Europa, con la percentuale più alta di insegnanti ultracinquantenni e quella più bassa di under trenta. Occorre riflettere sull'invecchiamento di docenti e di personaleAta. Infatti, se è vero che possono contare su un'esperienza professionale ragguardevole, hanno sempre più difficoltà a stare al passo con il dinamismo della comunità scolastica e ad affrontarne le sfide: dall'inclusione dei ragazzi con disabilità a quella degli alunni non italofoni, dall'innovazione didattica alle esigenze dei nativi digitali, dall'apprendimento informale all'insegnamento per competenze.Pertanto, chi può lascia e, contrariamente al passato, presenta domanda di pensionamento appena raggiunti i necessari requisiti.Magari lo fa con rammarico, ma consapevole che a raccogliere il testimone ci saranno giovani motivati e preparati a sostenere le nuove prove della scuola. Un avvicendamento indispensabile e più urgente rispetto a qualsiasi altro settore del pubblico impiego, per ridurre la distanza anagrafica e generazionale tra docente e discente.Ma non tutti possono lasciare: per un «errore» contenuto nella riforma Fornero – scattata il 1 gennaio 2012 – 4000 tra docenti e Ata sono rimasti impigliati nella rete delle nuove norme e il loro pensionamento, previsto per il 1 settembre 2012, è stato procrastinato di anni, in alcuni casi fino a sette. E alla porta restano 4000 giovani in attesa.Un errore dovuto al mancato riconoscimento della specificità della scuola, riferita al fatto che i lavoratori della scuola, per le giuste esigenze di funzionalità e di continuità didattica, possono andare in pensione un solo giorno all'anno, il 1° settembre, indipendentemente dalla data di maturazione dei requisiti. Unico settore della pubblica amministrazione in cui vige tale norma. Dal gennaio 2012, sono state promosse diverse iniziative parlamentari al fine di tener conto di questa specificità, ma nessuno dei tre governi coinvolti fino ad ora è stato in grado di garantire giustizia.Attualmente è in discussione presso la Commissione Lavoro una proposta di legge – a prima firma della scrivente, confluita nel testo base della relatrice, Antonella Incerti, sottoscritto da tutti i gruppi – che prevede che i requisiti per il pensionamento previgenti alla riformaFornero continuino ad applicarsi ai lavoratori della scuola che li abbiano maturati entro l'anno scolastico 2011/2012. A questo proposito, presso la Commissione Bilancio, entro domani si discuterà una risoluzione – anch'essa unanime – che impegna il Governo a reperire le necessarie risorse (35 milioni per il 2014 e 100 a regime), dopo che anche l'ultima copertura ipotizzata è statabocciata….
corrieredellasera.it - 26/03/2014
"Orari più lunghi per il sabato libero. Nella scuola la disfida del weekend”
░ E’ una iniziativa attuata da alcune scuole.Cui prodest ? Alla didattica no, perché c’è una soglia all’attenzione degli studenti e allo sforzo di apprendere. Inoltre, concentrando in cinque giorni le lezioni si aggrava il carico di lavoro pomeridiano degli studenti (dal quale, nel nostro sistema scolastico, non si prescinde). Nel decidere sulla distribuzione settimanale dell’orario di lezione, i collegi dei docenti dovrebbero osservare il criterio con al vertice la missiondella Scuolacollocando il resto in subordine: a volere tenere conto della finalità del rilancio del turismo interno, i collegi dei docenti dovrebbero chiedersi quale sia il ceto delle famiglie che possono permettersi il week end di vacanza, e quale quello delle famiglie che, al sabato, non potrebbero conciliare lavoro e cura dei figli. Il risparmio energetico, poi, le scuole potrebbero comunque ottenerlo evitandogli sprechi. Resta la voce del risparmio nei trasporti pubblici, ma questo argomento non ci sembra sufficiente a controbilanciare quello didattico.
C’era una volta il sabato a scuola, alle medie e alle superiori. Anche alle elementari, se non si faceva il tempo pieno. Oggi, con l’autonomia scolastica, il sabato è la coperta più contesa della programmazione: c’è chi la tira, per dare più respiro alla didattica, spalmando le lezioni su sei giorni. Chi la accorcia (cinque giorni di scuola e un intero weekend libero), per permettere ai ragazzi di avere più tempo a disposizione per se stessi, lo sport, le relazioni sociali; e alle famiglie di organizzare meglio i tempi domestici. All’economia locale di risparmiare sulle bollette dell’energia e sui costi dei trasporti pubblici. E ai docenti di avere, finalmente, tutti il sabato libero.Ma c’è chi vorrebbe che il sabato a scuola diventasse solo un ricordo, per tutti. È quanto si augura l’assessore all’Istruzione della Provincia di Milano, Marina Lazzati, che dopo aver suggerito, lo scorso anno, ai presidi del capoluogo di rivedere l’orario delle lezioni, introducendo la settimana corta, ha ora preso carta e penna rivolgendo la richiesta al presidente del Consiglio, al ministro dell’Istruzione e al responsabile della spendingreview, CarloCottarelli. «I tagli di bilancio imposti alle Amministrazioni pubbliche — scrive — stanno mettendo in seria difficoltà l’erogazione dei servizi essenziali per il buon funzionamento delle istituzioni scolastiche. Problema che investe pesantemente riscaldamento e spese di trasporto, per cui sono previste per il prossimo anno scolastico ulteriori diminuzioni di spesa». Lazzati propone di rendere «obbligatoria l’articolazione oraria settimanale su cinque giorni per tutte le scuole di ogni ordine e grado». Una scansione oraria che «comporterebbe un significativo risparmio e renderebbe le nostre scuole autentici laboratori di apprendimento, ottimizzando la qualità dell’insegnamento e l’utilizzo delle risorse».Nessun taglio di ore in vista (già ridotte dalla riforma delle superiori a un massimo di 30 nei licei e 32 per istituti tecnici e professionali), ma una «diversa articolazione dell’orario»…. Delle 105 scuole del territorio sono meno della metà quelle che hanno aderito, consentendo risparmi, quantifica l’assessore Lazzati, per circa tre milioni di euro.A livello nazionale non esiste un’«anagrafe» dell’organizzazione del tempo scuola, spiega Carmela Palumbo, della direzione generale per gli ordinamenti scolastici del ministero. «Ogni consiglio d’istituto può decidere — anche attraverso il voto delle famiglie — se optare per la settimana corta». Ma certo, ammette, il sesto giorno di didattica è sempre più raro, anche per ragioni di budget.
orizzontescuola.it - 27/03/2014
" La geografia nelle scuole del bel paese”
░ Da anni, il MIUR tenta di inquadrare le professionalità peculiari dei docenti titolariin questa o quella classe di concorso, nel tentativo di ridurre il numero delle classi accogliendo le diverse legittime istanze. L’operazione richiede una valutazionecomparativa tra due ordini di riferimenti: - le competenze proprie di ciascuna classe di concorso; - gli obiettivi specifici di apprendimento e le competenze in uscita degli studenti, per le classi di ogni ordine e grado del sistema scolastico. Si tratta di una comparazione alquanto difficile che va effettuata in ottica neutrale. Allo stato delle cose, al MIUR sembra non si trovi il bandolo della matassa e, nelle more, da anni, per determinate classi di concorso classificate come “atipiche”, toccaai Collegi docenti la responsabilità di stabilire quale sia la sorte dei colleghi soprannumerari; a valle,questo stato di incertezza colpisce i precari e rende ancor più difficili – anche nell’imminenza del rinnovo delle G.E. -le loro imprescindibili scelte. Ci saremmo aspettati che al MIUR si procedesse con più decisione. Riportiamo il caso prospettato da un gruppo di docenti della classe a039.
… Da diversi anni, la geografia, uno dei saperi fondamentali di qualsiasi civiltà, vive una paradossale situazione di frammentazione dei programmi e dei temi che, alla luce dei risultati osservabili, non ha giovato né alla disciplina stessa né, tanto meno, alle generazioni di studenti che, sempre in misura minore, dimostrano di avere padronanza e consapevolezza geografica.Senza cadere in tecnicismi, è facile osservare come, data la sua natura di disciplina di sintesi, in cui convergono saperi e conoscenze afferenti a diverse aree (scientifica, umanistica, economica), gli attuatori delle varie riforme scolastiche hanno creduto di poterla attribuire a docenti dell’una o dell’altra area, quasi sempre privandola di quella sintesi che ne costituisce la specificità e che solo l’occhio acuto del Geografo è in grado di assicurarle.Ed ecco che ad insegnare geografia nella scuola secondaria di primo grado e nei bienni dei Licei sono stati e sono docenti, sicuramente molto preparati nelle discipline storiche e letterarie, ma con un solo esame di geografia nel piano di studi, a confermare una vecchia e, purtroppo, mai superata visione ancillare della geografia rispetto alla Storia…. Se a ciò si aggiunge la contrazione oraria ed il declassamento della geografia da disciplina di indirizzo a materia generale, operato dalla recente quanto sciagurata riforma che ha privato i nuovi tecnici economici della geografia Economica, l’unica materia in grado di fare da collante tra i diversi saperi e restituire una visione globale, è facile intuire la qualità della formazione dei nuovi diplomati tecnici…. E' avvilente osservare come i futuri cittadini del mondo globale non conoscono né il locale né, a ragion veduta, il globale.Ma l’ultimo e, forse, più grave attacco alla geografia nella scuola è arrivato, sempre in epoca Gelmini e con il beneplacito delle maggiori sigle sindacali, con la cosiddetta atipicità e con la possibilità data ai docenti di discipline scientifiche di insegnare geografia.Tale transitoria possibilità si è trasformata in una vergognosa corsa all’accaparramento delle ore…Facciamo un po’ di chiarezza: per accedere all’insegnamento di geografia - classe di concorso A039-, un laureato in Lettere, geografia e discipline economiche deve aver sostenuto quattro esami annuali, se vecchio ordinamento, o 24 crediti nel settore scientifico disciplinare MGGR01 più 24 nel MGGR 02, se nuovo ordinamento, mentre per accedere alla classe di concorso A060 Scienze naturali, chimica e geografia, microbiologia occorre aver sostenuto esami afferenti al settore GEO 04, nelle facoltà scientifiche.Non occorre ribadire che le Scienze naturali sono ben altra disciplina rispetto alla Geografia… Lo sviluppo di un territorio, la gentrification di un centro storico, la sostenibilità ambientale o lo sviluppo del sistema globale partono da una consapevolezza ragionata di ciò che è il territorio su cui si va ad agire.Il territorio è per definizione sintesi tra uomo e ambiente e la geografia è la scienza che studia il rapporto tra l’uomo e l’ambiente andando ad analizzare le reciproche interazioni tra i fattori naturali e quelli antropici. Ne consegue che un approccio puramente scientifico quale quello condotto da docenti di area scientifica è privo di quella sintesi che, invece, caratterizza le discipline geografiche. Non a caso, nel primo anno del biennio è presente un insegnamento di Scienze Integrate-Scienze della terra che focalizza la propria attenzione sugli aspetti fisici dello spazio e che è, giustamente, assegnato ai docenti abilitati nella classe di concorso A060….
latecnicadellascuola.it - 28/03/2014
"Precari, udienza alla Corte di giustizia europea”
░ Estremamente positiva la posizione della Commissione Europea che si è espressa a favore degli insegnanti, dichiarando senza mezzi termini che non esistono ragioni obiettive in grado di giustificare un numero così elevato di precari.Il nostro Marcello Pacifico, presente al dibattimento, prosegue nell’impegno a favore dei colleghi precari. La sentenza si farà attendere e purtroppo anche la Giannini non sembra essere “santo che suda”.
Si è conclusa da pochi minuti l’udienza alla Corte di Giustizia Europea sull’assunzione nei ruoli dello Stato di 140mila precari della scuola italiana che hanno svolto almeno tre anni di supplenze. I giudici non hanno preso una decisione definitiva, ma c’è stata l’audizione delle parti (difesa ed accusa). All’udienza ha partecipato anche un rappresentate per la Commissione europea. Il procuratore generale si è riservato di comunicare la data in cui renderà pubbliche le sue argomentazioni. Non ci sarà però nessuna sentenza come afferma l’avvocato Tommaso DeGrandis che rappresenta la Federazione GildaUnams nel dibattimento : "Bisognerà attendere qualche mese per conoscere gli esiti dell’udienza, ma nutriamo un cauto ottimismo”.…. Nessuna domanda è stata posta dai giudici all’Avvocatura dello Stato italiano e ciò, secondo i legali dei ricorrenti, dimostra che il collegio ha già le idee chiare su quale tipo di sentenza emetterà. All’udienza presente anche l’Anief. Il presidente Marcello Pacifico, in una nota, afferma che sull’esito della decisione dei giudici, da parte dei legali a sostegno dei lavoratori permane cauto ottimismo: “quella della Corte di Giustizia europea è una decisione storica, perché se applicata a tutto il pubblico impiego porterà all'assunzione di ben 300.000 precari, di cui la metà in servizio da almeno tre anni nella scuola. Abbiamo dimostrato, inoltre, come nel corso di un decennio il numero dei precari è aumentato e con esso il costo di spesa pubblica, a dispetto della spendingreview”.“Il ministro Giannini non aspetti quindi le argomentazioni del relatore. Proceda immediatamente a stabilizzare i 125 mila precari nella scuola in servizio su posti vacanti e disponibili: ciò permetterebbe di evitare l’innescarsi di cause giudiziarie – conclude Pacifico – che porterebbero lo Stato italiano ad essere condannato a risarcire danni superiori ai 4 miliardi di euro”. Ricordiamo che i giudici del Lussemburgo dovranno giudicare la Legge italiana 106/2011, dopo che già la Corte Costituzionale e il Tribunale di Napoli, rispettivamente con le ordinanze n. 5288/12 e n. 207/2013, hanno posto dei dubbi sulla legittimità dell’intervento retroattivo e derogatorio del legislatore italiano in tema distabilizzazione dei precari della scuola. Rendendo quindi necessario l’intervento chiarificatore, a questo punto decisivo, della Corte europea. Bisognerà aspettare ancora prima di avere un verdetto definitivo.
Il Messaggero - 16/03/2014
"Scoppia la guerra del sapere”
░ Si accende il dibattito sull’impoverimento degli studi letterari e filosofici e, allo stesso tempo, prende corpo l’ipotesi di una campagna antiscientifica. Al volo, Giorgio Israel, su una querelle antica, sulla quale ancora oggi poggia l’opzione tra due modelli di civiltà.
Cresce l’allarme per lo svilimento degli studi filosofici, storici e letterari: alcuni corsi di laurea hanno eliminato filosofia dalle tabelle e cresce la pressione a ridurre la durata dei licei a quattro anni. Roberto Esposito e Dario Antiseri hanno accusato l’“ignoranza attiva” di voler cancellare il pensiero critico dall’istruzione….… Una pessima divulgazione accredita l’idea secondo cui Galileo avrebbe fondato la scienza moderna sull’osservazione empirica. È proprio il contrario: Galileo parte da ipotesi matematiche e le confronta con la realtà costruendo esperimenti, “cimenti”, con cui interroga la natura. Chi confonde il metodo sperimentale con l’empirismo non ha capito nulla della scienza moderna. … I trionfi della fisica hanno dato ossigeno all’ipotesi che “il mondo è matematico”, ma l’estensione del concetto di “mondo” al di là della sfera naturale è stato come scendere nelle sabbie mobili: i modesti risultati conseguiti nel campo dei fenomeni biologici, economici, sociali non hanno certo convalidato l’ipotesi che (tutto) il mondo è matematico. Tuttavia, quell’ipotesi è stata il fondamento della scienza moderna, come ha spiegato il grande storico della scienza Alexandre Koyré: «Una scienza di tipo aristotelico, che parte dal senso comune e si basa sulla percezione sensibile, non ha bisogno di appoggiarsi a una metafisica. Essa vi conduce, non parte da questa. Una scienza di tipo cartesiano, che postula il valore reale del matematismo, che costruisce una fisica geometrica, non può fare a meno di una metafisica. E anzi, non può far altro che cominciare da essa. L’abbiamo dimenticato. La nostra scienza va avanti senza occuparsi molto dei suoi fondamenti. Il suo successo le basta fino al giorno in cui una “crisi” – una “crisi dei principi” - le rivela che le manca qualcosa, cioè capire ciò che fa». È una descrizione tanto chiara che non vi sarebbe nulla da aggiungere circa i rapporti tra scienza e filosofia: l’architrave della scienza moderna è una metafisica ed è illusorio affrontare le crisi senza occuparsi dei fondamenti….. Leggiamo allora il fulminante aforisma di uno scienziato contemporaneo (che ha dato una cosa tanto concreta come la vitamina C), Albert Szent-Gyorgy: «Lo scoprire consiste nel vedere ciò che tutti hanno visto e nel pensare ciò che nessuno ha pensato». Senza il pensiero teorico l’osservazione empirica è cieca. E François Jacob, uno dei padri della biologia molecolare, dopo aver ridicolizzato il concetto di “quoziente intellettivo”, scriveva: «Come se la cosa più importante nella scienza fosse misurare! Come se, nel dialogo tra la teoria e l’esperienza, la parola fosse in primo luogo ai fatti! Una simile credenza è semplicemente falsa. Nel procedere scientifico è sempre la teoria ad avere la prima parola. I dati sperimentali non possono essere acquisiti, non assumono significato, altro che in funzione di questa teoria». …. Una scienza capace di ripensare continuamente i propri fondamenti teorici ha assoluto bisogno di pensiero filosofico. Ha ragione Roberto Esposito quando dice che abolendo la filosofia si abolisce il pensiero critico. Vado oltre: colpendo così il pensiero critico si colpisce la democrazia. Ma garantire alla filosofia uno spazio da riserva indiana non garantisce la sopravvivenza dello spirito critico. Occorre anche difendere la scienza come progetto di conoscenza. Questo è un dovere primario, senza divisioni in zone d’influenza; ed è l’unico modo per difendere una visione umanistica senza cui le nostre società non hanno futuro.
latecnicadellascuola.it - 17/03/2014
"Docenti e Ata; per superare l'emergenza stipendiale non resta che rinnovare il contratto”
░ L’intenzione di aumento di 80-85 euro annunciata da Renzi fa tornare sul proscenio la condizione retributiva del personale scolastico.
La questione stipendiale del personale scolastico continua a tenere banco. Se ne è tornato a parlare negli ultimi giorni. L’occasione sono state le parole del premier, Matteo Renzi, sugli stipendi mensili da 1.500 euro, “con cui si fa fatica a vivere”. Così a quelli della scuola, uno dei comparti a cui il nuovo governo ha detto di tenere in modo particolare, Renzi ha detto di voler applicare, già da maggio, una tassazione ridotta. Facendo innalzare la busta paga di 80-85 euro netti. I sindacati hanno preso la ‘palla al balzo’: hanno ricordato, ad esempio, che quelli italiani sono gli insegnanti tra i meno pagati d'Europa. Con un gap a fine carriera che sfiora i 10mila euro l’anno di media. … Forti pressioni arrivano anche dall’Anief: per il sindacato autonomo, il personale della scuola ha “bisogno di sbloccare il contratto di lavoro e di risorse vere: l’aumento di 80 euro per coloro che ne guadagnano meno di 1.500 al mese, annunciato dal premier Renzi, rappresenta poco più di un ‘obolo’, visto che tra i paesi moderni europei i nostri docenti continuano ad avere lo stipendio più basso dopo la Grecia. Perché mentre si fanno passare questi aumenti come motivo di attenzione per il settore, nel frattempo l’Istat dice che l’ultimo indice generale delle retribuzioni contrattuali orarie disponibile registra incrementi tendenziali sopra la media nel settore privato (+1,9%)…. “Le modifiche attuate sui contratti del personale statale, in particolare quello scolastico, nell’ultimo ventennio – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief – hanno determinato un paradosso: per mere ragioni di finanza pubblica, si sono ereditate le condizioni di lavoro del settore privato, con le nuove norme privatistiche che hanno cambiato l’organizzazione e il funzionamento della macchina amministrativa statale e dei dipendenti, anche in deroga a precise scelte negoziali e diritti non comprimibili. Ma nello stesso periodo gli stipendi sono stati sempre più depauperati. Sino ad essere superati dall’inflazione, come è accaduto nel 2013”.
ItaliaOggi - 18/03/2014
"Stipendi, la grande incertezza”
░ Di Alessandra Ricciardi
La scuola, con il suo milione di dipendenti, è certamente il settore pubblico più interessato al piano da 10 miliardi di agevolazioni sui redditi da lavoro. Su cui però le incertezze abbondano: al Tesoro stanno ancora definendo la platea e la soglia da cui far partire la detrazione che consenta di avere mille euro netti in più l'anno: fissata a 25 mila euro (lordi) l'anno, dal premier Matteo Renzi nel corso della conferenza stampa della scorsa settimana, potrebbe anche salire a 30 mila, con la detrazione a scalare inversamente proporzionale al reddito. Sarebbe questa l'ultima ipotesi a cui starebbero lavorando tra palazzo Chigi, Tesoro e ministero dell'istruzione. Un bel colpo, soprattutto in vista del voto delle europee. Se così fosse, nella scuola gli interessati sarebbero ancora di più di quelli finora stimati: sotto i 25 mila euro lordi l'anno, per un netto mensile di circa 1500 euro, ci sono tutti gli assistenti tecnici e amministrativi e la metà dei docenti fino alla primaria, un terzo dei docenti delle secondarie. Complessivamente oltre la metà dei lavoratori della scuola. … Per mettere a punto l'intervento ci sono altri 20 giorni di tempo, visto che in busta paga la nuova detrazione dovrà scattare per il mese di maggio.
Il Messaggero - 19/03/2014
"Statali, mobilità e scivoli per gestire gli 85 mila esuberi No dei sindacati”
░ I dati elaborati dal commissario alla spending review, Cottarelli: sarebbero decine di migliaia i dipendenti in eccesso nella Pubblica Amministrazione. Ma la Scuola è stata “tagliata” da tempo.
Gli 85 mila esuberi tra i dipendenti pubblici sono una «prima stima da affinare»…. L’esecutivo è già al lavoro per gestire senza traumi l’uscita degli 85 mila dipendenti statali dai ranghi della pubblica amministrazione. Un piano al quale darà un contributo lo stesso Cottarelli, che dalla prossima settimana sarà trasferito dal Tesoro a Palazzo Chigi. Il progetto al quale si lavora, e che dovrebbe essere ufficialmente presentato ad aprile, sarebbe al momento basato su due strumenti: la mobilità obbligatoria e un sistema di scivoli e incentivi per lasciare il lavoro pubblico sulla falsa riga di quanto avviene nel settore privato. La mobilità obbligatoria è un meccanismo che già esiste, fu introdotto dal governo Monti ma non è mai stato attuato. Le amministrazioni che hanno personale in esubero dovrebbero proporre ai dipendenti in soprannumero il trasferimento ad altra amministrazione con carenze di organico. Nel caso di rifiuto o dove ciò non fosse possibile, scatterebbe la mobilità con una retribuzione pari all’80% dello stipendio per 24 mesi. Questo meccanismo di base dovrebbe essere semplificato e reso operativo. Alla mobilità obbligatoria sarebbe affiancato anche un incentivo a lasciare il lavoro per chi è vicino alla pensione. Come avviene anche nel settore privato l’ipotesi è di garantire uno scivolo in grado di coprire i contributi per non subire penalizzazioni sull’assegno previdenziale.
Corriere della sera - 20/03/2014
"I nostri insegnanti, eterni maltrattati”
░ All’attenzione del Corriere della sera c’è il tema dello status socio-economico degli insegnanti italiani; questa volta ci sono voluti i dati dell’OCSE, quasi che non bastasse l’evidenza di un declino lungo mezzo secolo: da decenni, ormai, i lavoratori della Scuola perdono posizioni, comparativamente, rispetto a quelli di tutti i comparti del pubblico impiego, e la professione degli insegnanti sbiadisce nell’opinione pubblica. Certo la deschooling society nella Società educante potrebbe tentare i decisori politici ! Ma sarebbe un risparmio o un costo ?
Gli insegnanti italiani sono malpagati, come ha certificato l’Ocse. Sono maltrattati dalla politica… Lavorano in condizioni di grave penuria quando non di emergenza. …. Il malessere di una categoria di quasi 800 mila persone alle quali affidiamo per 6-8 ore i nostri figli. Sono malpagati: lo ha certificato l’Ocse, gli stipendi degli insegnanti italiani sono sotto la media dei Paesi sviluppati e dell’Unione Europea. Ogni anno «perdono» cinquemila euro rispetto ai loro colleghi…. Negli ultimi cinque anni la scuola ha già «perso» un insegnante su dieci (erano 843 mila nel 2007, sono diventati 766 mila nel 2012): un taglio mai visto per la pubblica amministrazione. E infine sono «vecchi» come ci dicono le indagini internazionali: la lunga e impervia strada del precariato e delle supplenze fa dei nostri insegnanti una categoria, per il 62 per cento, di ultracinquantenni. Un record in tutta Europa. … Il precariato più lungo e confuso d’Europa: il 27 marzo se ne occuperà la Corte di Giustizia, perché il periodo massimo di contratti a tempo determinato permesso nell’Unione europea è di 36 mesi. Mentre per entrare in ruolo in Italia ci possono volere anche dieci-quindici anni.
corrieredellasera.it - 21/03/2014
"Cambiamo la scuola rompendo un tabù: puniamo gli insegnanti incapaci”
░ «Dare ai meritevoli, ma sanzionare quelli che non garantiscono un livello minimo di qualità», dice il ministro dell'Istruzione. A chi spetta decidere? «Chi dirige un istituto dovrebbe avere questa responsabilità». Rischiamo di tornare indietro rispetto all’epoca di Misasi. Intervista surreale, dalla quale si capisce che cosa attenderci da questo ministro; raccomandiamo, a chi desidera farsi quattro risate, di leggere l’ultima dichiarazione che riportiamo dall’intervista. Il nostro ritornello: - A quando un ministro con esperienza di Scuola ?
A trentuno anni era professore associato. A trentotto ordinario. Stefania Giannini, leader di Scelta civica ed ex rettore dell'Università per stranieri di Perugia, è il nuovo ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca. La incontro in viale Trastevere, nella sede storica del dicastero: stanze gigantesche, arredi ottocenteschi, corridoi vuoti. … Liberale orgogliosa, Giannini si dà come obiettivo da ministro di portare "semplificazione e responsabilità"…. A un certo punto, mentre racconta delle capriole necessarie per portare a termine la nomina di 360 dirigenti scolastici a causa dei possibili ricorsi al Tar, azzarda: «Se dobbiamo lavorare con la spada di Damocle delle sentenze dei giudici, sarà difficile migliorare i servizi scolastici. Ma non mi faccia dire queste cose, che poi mi licenziano». Appena le ricordo le polemiche causate dal suo esordio con la visita a una scuola paritaria cattolica, replica thatcherianamente: «Lo Stato deve garantire la qualità dell'istruzione, ma ogni famiglia deve avere la possibilità di scegliere». E quando definisco "inciampo" l'intervista in cui disse che andava superato il meccanismo degli scatti di anzianità e che ha causato una reazione indignata dei sindacati, dice: «Per me non è stato un inciampo… Ribadisco con forza: solo in un sistema statico come il nostro l'anzianità è l'unico modo per valorizzare la figura dell'insegnante con un aumento dello stipendio». L'alternativa? «Premiare i più capaci, disponibili e preparati. I dirigenti scolastici dovrebbero avere l'autonomia per farlo e si dovrebbero assumere la responsabilità delle loro scelte. Un insegnante può essere premiato con un aumento dello stipendio, ma anche con il ruolo di coordinamento di un'area didattica… I sindacati hanno sempre preteso di tutelare tutta la categoria: non si valorizza chi ha più merito, ma si dà a tutti una garanzia minima. Tanti iscritti garantiti allo stesso modo vogliono dire più potere del sindacato. I tempi sono maturi per cambiare… Chi dirige un istituto e deve rendere conto della qualità dei servizi si dovrebbe prendere anche questa responsabilità. Gli strumenti per procedere ci sono già, ma è sempre mancata la volontà politica. Basterebbe seguire l'esempio delle università».
corrieredellasera.it - 21/03/2014
"27 marzo 2014: la Corte di Giustizia Europea deciderà la sorte dei 300.000 precari della scuola”
░ Sono trascorsi 50 mesi da quando l’ANIEF ha posto la questione invocando il principio di non discriminazione tra personale di ruolo e personale chiamato alla medesima funzione ma con contratto a t.d., e denunciando l’abuso giuridico ed economico ai danni dei precari della Scuola. Una iniziativa, questa di Pacifico, lungimirante sotto il profilo sindacale ed eticamente degna, per la valenza che ha all’interno della tremenda questione generazionale del riscatto dei giovani. In questa battaglia, Marcello Pacifico e l’Ufficio legale dell’ANIEF hanno già conseguito parecchie vittorie, a favore di colleghi della scuola che, avendo maturato tre anni di contratti annuali a t.d. su posti vacanti e disponibili, si sono visti riconoscere dai tribunali del lavoro risarcimenti economici per la mancata nomina a t.i. Analogamente, per altri precari, l’ANIEF ha ottenuto il riconoscimento economico e amministrativo della progressione di carriera.
Negli ultimi due anni sono chiamati sempre 140.000 supplenti, la maggior parte, al termine delle attività didattiche, per far risparmiare allo Stato le due mensilità di luglio e agosto, nonostante i posti siano vacanti e disponibili e non vi siano ragioni sostitutive di personale assente: il 13,8% dell’organico necessario per far funzionare le scuole, una percentuale scesa di due punti percentuali rispetto al 2007, dopo la cancellazione di 124.000 ad opera dei piani di razionalizzazione (- 94.000 tolti ai precari e - 30.000 mancate assunzioni dal turn-over), quando i supplenti erano 233.000 e il tasso di precarietà era del 15,9%, il più alto tra i comparti del Pubblico impiego. Il precariato nella scuola non soltanto è rimasto costante negli anni ma oggi è a suoi massimi storici se si considera che soltanto la metà del personale inserito nelle graduatorie ottiene una supplenza al 30 giugno o al 31 agosto mentre altri 150.000 docenti (abilitati con il TFA, SFP, Diploma magistrale, PAS) attendono di essere inseriti nelle stesse graduatorie. La precarietà è una malattia endemica nella Scuola italiana e ora la Corte europea potrebbe avere la cura: la Repubblica, fin dal suo nascere, ha utilizzato i supplenti per non chiudere le scuole e per risparmiare sulla finanza pubblica, visto che non riconosce loro aumenti di stipendio e li licenzia al 30 giugno piuttosto che al 31 agosto quando termina l’anno scolastico…. Nel 2011, il ministro Gelmini di fronte alle prime pronunce dei tribunali che condannavano l’amministrazione al risarcimento danni e al pagamento degli scatti stipendiali con quote intorno ai 30.000 euro per ricorrente e a una procedura d’infrazione (2124) aperta nel 2010 che porterà nei prossimi mesi alla condanna dello Stato italiano per inadempimento, chiede al Parlamento di intervenire. La legge 106/2011 così chiarisce che nella scuola non si applica il d.lgs. 368/2001 che recepisce la direttiva comunitaria sui contratti a termini e autorizza un nuovo piano di immissioni in ruolo di 67.000 unità ma a invarianza finanziaria, con stipendi bloccati per i successivi 9 anni, nonostante qualcuno dei neo-assunti da precario già riceva gli scatti stipendiali grazie ai giudici del lavoro. La Cassazione condivide l’intervento del legislatore perché ritiene che esistano ragioni oggettive imputabili al privilegio che hanno i precari della scuola italiana di poter essere assunti per scorrimento di graduatoria grazie all’anzianità di servizio maturata e all’oscillazione degli organici dovuta all’iscrizione degli alunni. Ma i legali Anief e la stessa Commissione UE con osservazioni scritte contestano tale difesa considerato che si accede alle graduatorie dopo aver superato concorsi per titoli ed esami, l’essere inserito nelle suddette graduatorie non comporta un diritto soggettivo all’assunzione dopo 36 mesi, il ricorso alle supplenze per l’ordinario funzionamento è persino aumentato in un decennio nonostante l’aumento del numero degli alunni…. Il numero delle assunzioni è stato inferiore, a parità di tagli al fisiologico turn-over: dall’a. s. 2001/2002, 258.000 immissioni a fronte di 278.000 pensionamenti. In undici anni aumentano anche le supplenze, ma si dimezzano i posti assegnati al 31 agosto: nell’a. s. 2002/2003, primo anno di riapertura delle ex graduatorie permanenti, prima esaurite, le supplenze erano 105.000, di cui 26.000 al 31 agosto, mentre nell’a. s. 2013-2014 salgono a 120.000 di cui soltanto 12.000 al 31 agosto. A niente sono serviti i piani triennali di immissioni in ruolo annunciati con diverse leggi dello Stato (143/2004, 296/2006, 106/2011, 128/2013), i precari rimangono sempre lì per far funzionare le scuole…. La legge (124/1999) è chiara: se un posto è vacante e disponibile deve essere assegnato al 31 agosto, ma la maggior parte dei posti, nonostante non vi sia il titolare, sono assegnati in supplenza al 30 giugno. Lo sanno bene i docenti di sostegno il cui organico stabile è stabilito dal legislatore (244/2007, 128/2013) sempre nel 70% di quello utilizzato ogni anno per garantire un rapporto uno a due con alunni con handicap, altro che Europa. Ma ora, finalmente la parola passa ai giudici di Lussemburgo cui si sono rivolti il giudice Coppola del tribunale del lavoro di Napoli e il giudice Napolitano della Consulta che per la prima volta, invece di invocare il d.lgs. 165/2001, peraltro già bocciato dalla Corte Europea, o l’art. 97 della Costituzione, hanno chiesto se le nostre norme sono compatibili con quelle comunitarie. L’Anief che aveva denunciato la mancata stabilizzazione e la discriminazione dei precari della scuola italiana dalle pagine di un quotidiano nazionale il 16 gennaio 2010 e che ha già ottenuto presso diversi tribunali del lavoro sentenze positive in primo grado in tema di stabilizzazione e/o risarcimenti danni, confermate in appello per gli scatti stipendiali durante il pre-ruolo grazie al prezioso coordinamento della Rete dei legali operato dagli avvocati Fabio Ganci e Walter Miceli, sarà rappresentata in CGUE dagli esperti avvocati Sergio Galleano e Vincenzo De Michele che hanno vinto, sempre in Europa, il contenzioso sulla stabilizzazione del personale delle Poste italiane.
l’Unità - 22/03/2014
"Il nuovo apprendistato senza formazione”
░ La stretta economica impone di andare al sodo, ma i nostri decisori politici non sanno qual è “il sodo”; così l’espungono dall’apprendistato: era pensato per abbinare formazione culturale e esperienza pratica ma viene “ammorbidito” nella parte educativa. Quello applicativo è certamente l’aspetto decisivo dei percorsi studio-lavoro ma presuppone che il soggetto formatore sia in grado, oltre che di erogare conoscenze (Knowledge) tecniche, anche di favorire negli studenti l’autonomia del pensiero (Thinking) e le capacità relazionali (Communication). Riportiamo un articolo di Paolo Inghilesi, già responsabile della Formazione Cgil.
… Il ministro del Lavoro Poletti ha annunciato l’ennesima riforma dell’apprendistato che toglie alle aziende l’obbligo del piano formativo individuale e della formazione trasversale, cioè sulle competenze culturali e informatiche, finora programmata e erogata dalle Regioni. Così viene portato a compimento lo smantellamento della valenza formativa dell’apprendistato, affidata solo alla buona volontà della aziende senza nessun controllo, a fronte peraltro di forti sgravi contributivi che dovrebbero essere giustificati dall’attività formativa stessa. In Germania il sistema duale si basa invece per l’apprendistato sull’alternanza tra il momento del lavoro e quello della formazione che si svolge sia in azienda sia all’esterno presso la scuola e i centri di formazione professionale, con quantità consistenti di ore di formazione certificate. Su questo modello fu fatta la legge Treu del ’96 che prevedeva per gli apprendisti l’intreccio fra formazione interna all’impresa e quella esterna quantificata in un monte ore e certificata, alla cui realizzazione erano condizionati gli sgravi contributivi. I successivi governi di centrodestra, sotto la spinta di associazioni imprenditoriali miopi attente solo agli sgravi contributivi e noncuranti della formazione, cancellarono in buona parte gli obblighi formativi previsti dalla legge Treu, in particolare per la formazione esterna, fino a ridurli al piano formativo individuale aziendale e a poca formazione esterna sulle competenze trasversali. Oggi l’annunciato decreto legge Poletti toglie anche questi ultimi impegni formativi, in nome di una presunta semplificazione delle procedure amministrative che in realtà comporta una completa distruzione della componente formativa dell’apprendistato. Naturalmente il paragone con il sistema duale tedesco a questo punto è una mistificazione. Tutto ciò si tradurrà in ulteriore perdita di qualità professionale e di produttività della forza lavoro, privata di quella formazione in giovane età che è decisiva per lo sviluppo professionale e che in Germania è considerata come un bene prezioso sia per la competitività delle imprese che per la qualità dei lavoratori. Ma si potranno avere… anche effetti pericolosi sugli sgravi contributivi che in mancanza di formazione certificata per l’occupabilità rischiano di essere annullati dalla Corte di giustizia Europea, come avvenne per i contratti di formazione lavoro. A questo punto c’è da chiedersi se quanti hanno a cuore, non solo a parole, la formazione come punto centrale dei programmi politici (parlamentari, amministratori regionali, forze sociali e in primis lo stesso Renzi che pure ha messo al centro dei suoi progetti questo tema) possono accettare la riduzione dell’apprendistato a un contratto senza componente formativa accertata contro la tendenza dei maggiori Paesi europei, a partire dalla Germania, a rafforzarlo come contratto a finalità formativa importante per l’occupabilità e per la qualità professionale dei giovani.
ANSA: Scuola: Anief a Giannini, prof guadagnano meno di operai (ANSA) - ROMA, 20 MAR - "Gli insegnanti guadagnano meno degli operai, il Ministro Giannini dovrebbe saperlo". Lo sottolinea l'Anief che reputa "inappropriato" l'invito rivolto dal Ministro ai sindacati a non salvaguardare più il minimo stipendiale per tutti. "Ma lo sa che il blocco del contratto, lo stop and go sugli scatti, la sospensione dell'assegno di vacanza contrattuale hanno posizionato lo stipendio degli insegnanti addirittura 4 punti percentuali sotto l'inflazione? Lo sa - domanda l'Anief - come si fa a vivere con neanche 1.300 euro al mese?". "Il Ministro Giannini forse non sa, o fa finta di non sapere, che in Europa - prosegue il sindacato - i docenti percepiscono lo stipendio più basso dopo la Grecia, con quasi 8mila euro in meno a fine carriera rispetto alla media di tutto il vecchio Continente. E sono maltrattati anche rispetto agli dipendenti pubblici: dall'ultimo 'Conto annuale', realizzato dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato risulta che il personale scolastico è posizionato un punto percentuale rispetto alla media degli altri comparti della PA". L'Anief può essere anche d'accordo con il Ministro Giannini quando dice che occorre "valorizzare le singole persone", ma prima di questa operazione - afferma - "c'è da attuare un'opera di allineamento dello stipendio del personale scolastico al costo reale della vita". Le istituzioni e la politica "devono garantire uno stipendio dignitoso. Trovando le risorse adeguate: il prossimo rinnovo contrattuale del comparto Scuola diventa quindi il banco di prova per capire se questo Esecutivo è in grado di fornire tale prerogativa. Se il Ministro non lo comprende o non è d'accordo, allora faccia pure - invita l'Anief - un passo indietro". (ANSA).
ANSA: Scuola: Giannini striglia sindacati. La replica,"contratto" Indignati, proposte concrete e "non evochi miracolo S.Gennaro"
(ANSA) - ROMA, 20 MAR - Se Matteo Renzi domenica scorsa, ha tagliato corto sulle polemiche sorte intorno al decreto Lavoro affermando che a lui interessano i ragazzi che non trovano un impiego, non i sindacalisti o le associazioni di categoria, stamani é stato il ministro Stefania Giannini a tirare le orecchie ai rappresentanti dei lavoratori parlando, ai microfoni di Radio Uno, degli stipendi degli insegnanti. "Se si fa una contrattazione e se anche le forze sindacali spingono sempre e soltanto per salvaguardare il minimo garantito a tutti e non per valorizzare chi lavora meglio - ha detto senza mezzi termini il ministro - quel poco che c'è non solo non serve a migliorare la qualità complessiva ma nemmeno a valorizzare le singole persone". "Non è solo una questione di meno soldi - ha aggiunto - ma anche di soldi spesi male. Gli insegnanti italiani, a differenza dei colleghi europei, non hanno alcuna prospettiva di carriera, non solo nel senso di una progressione, di un avanzamento, ma nel senso di una differenziazione di funzioni (dal coordinamento alla direzione di progetti) che vengano riconosciute, valutate e premiate". Parole che, come prevedibile, hanno sollevato reazioni indignate. "Basta con le polemiche assurde, si rinnovi il contratto" ha commentato il segretario generale della Cisl scuola, Francesco Scrima, giudicando le parole del ministro "irrispettose non tanto per i sindacati quanto per i lavoratori della scuola, delle cui retribuzioni la ministra è evidentemente all'oscuro". "E' persino paradossale, a dire il vero - ha aggiunto - che si polemizzi sui contenuti di una contrattazione di cui al momento non si vede nemmeno l'ombra". Secondo il leader della Uil scuola, Massimo Di Menna, il ministro Giannini "evoca una sorta di miracolo di San Gennaro". E spiega perché: "Mentre i Governi Berlusconi, Monti, Letta hanno bloccato i contratti, fermato le retribuzioni e, nel solo 2013, è stato disposto un prelievo di 300 milioni dalle retribuzioni senza destinarli alla valorizzazione professionale, è colpa dei sindacati se non c'è il miracolo". Invita quindi il ministro a "gettare il cuore oltre l'ostacolo", a fare una proposta concreta di valorizzazione e di possibilità di carriera e - assicura - "ci troverà disponibili per un rapido negoziato e anche con la firma pronta". "Siamo pronti a discutere di valorizzazione professionale dei docenti ma nell'ambito dei rinnovi contrattuali, se invece la Ministra Giannini vuole premiare pochi e penalizzare tutti gli altri troverà la nostra ferma opposizione" replica il segretario generale della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo, invitando il Governo a a rinnovare il contratto dei lavoratori pubblici. Esterrefatta la Gilda. "Le esternazioni della Giannini dimostrano che il ministro non conosce affatto la drammatica situazione in cui si trovano gli insegnanti italiani a causa di una politica miope basata su tagli continui e indiscriminati" dichiara il coordinatore nazionale, Rino Di Meglio, aggiungendo di non capire "questi attacchi apodittici al sindacato che il ministro non si è degnato neanche di salutare dopo il suo insediamento a viale Trastevere". "Gli insegnanti guadagnano meno degli operai, il Ministro Giannini dovrebbe saperlo" ricorda l'Anief e va giù dura: "le istituzioni e la politica devono garantire uno stipendio dignitoso. Trovando le risorse adeguate: il prossimo rinnovo contrattuale del comparto Scuola diventa quindi il banco di prova per capire se questo Esecutivo è in grado di fornire tale prerogativa. Se il Ministro non lo comprende o non è d'accordo, allora faccia pure un passo indietro". (ANSA).
Pubblichiamo alcuni articoli sull'illegittimità del dimensionamento degli ultimi due anni, sulla presentazione della proposta Anief alla giornata d'ascolto sulla Scuola del PD e sulla necessità di nuovi investimenti nell'università.
Tar e Consiglio Stato dicono no al taglio delle scuole
ANSA: Scuola: Anief, per Tar e Consiglio Stato no a tagli Regioni (ANSA) - ROMA, 11 MAR - Sono illegittimi, per Tar e Consiglio di Stato, i tagli alla scuola operati dalle Regioni negli ultimi due anni: è quanto sostiene l'Anief. Secondo il sindacato si tratta dell'attuazione di una norma incostituzionale e contro il parere contrario delle consulte provinciali. I tagli alle scuole avviati a partire dal 2000 e culminati con la Legge Tremonti-Gelmini del 2011, dice l'Anief in una nota, hanno ridotto drasticamente la qualità dell'offerta formativa italiana, penalizzando in particolare le sedi del Sud e delle isole dove il fenomeno della dispersione scolastica rimane a livello di emergenza massima. La 'mazzata' finale, poi, è arrivata nell'ultimo biennio: solo nel 2012 sono stati cancellati in maniera illegittima, secondo il sindacato, 1.567 sedi amministrative di circoli didattici, istituti comprensivi e medie, mentre per l'ultimo anno dovrebbero rimanere scoperte 595 scuole, specie tra le superiori, affidate in reggenza. Scomparso un posto su quattro tra dirigenti scolastici e direttori dei servizi generali e amministrativi. "E ora i tribunali - dice l'Anief - cominciano a dare regione sempre più ai ricorrenti, famiglie e personale docente e Ata, in assenza di risposte coerenti e legittime dei Governatori. Sono già diverse le sentenze del Tar Sardegna, del Consiglio di Stato, del Tar Lazio e ora potrebbe arrivare anche quella del Tar Molise. Nell'anno scolastico 2013/2014 sono stati assegnati 8.047 dirigenti e Dsga per dirigere e amministrare 57.216 plessi scolastici, ma la rete delle scuole autonome è stata decisa ancora una volta dalle Regioni sulla base di una legge (la 111 del 2011) che è stata dichiarata in parte incostituzionale nel dimensionamento delle scuole elementari e medie e in parte rimane valida soltanto per l'anno scolastico corrente per le reggenze delle scuole superiori. (ANSA).
ANSA: Scuola: Anief, risparmi a oltranza fallimento, serve riforma (ANSA) - ROMA, 10 MAR - "La politica del risparmio a oltranza adottata negli ultimi otto anni nella scuola ha prodotto benefici economici limitati e un sensibile decremento nella qualità della formazione dei nostri alunni: per questo 'la scuola deve ripartire' il prima possibile". A sostenerlo è l'Anief che è intervenuta oggi alla giornata di ascolto del mondo della Scuola, promossa dal Pd. "La riduzione perpetrata negli ultimi otto anni di un sesto dell'orario settimanale scolastico e del personale, oltre che del 25% delle scuole autonome, non ha ridotto - osserva il sindacato - i livelli di dispersione scolastica o universitaria né ha potenziato i livelli di apprendimento degli studenti, a dispetto di insignificanti risparmi e addirittura di aumenti di spesa nella gestione dei supplenti (300 milioni di euro l'anno). Di contro, nello stesso periodo, è aumentato il numero dei Neet: giovani tra i 15 e 40 anni che né studiano né lavorano, concentrato specialmente nelle zone del Sud e delle Isole del Paese dove si concentra un depresso o inesistente tessuto economico, con stime che allontanano l'Italia dal raggiungimento degli obiettivi europei fissati per il 2020". Pertanto, "occorre attuare con urgenza - suggerisce l'Anief - una riforma che recuperi il valore sociale dell'istituzione, valorizzi la professionalità dei suoi educatori, abbatta il tasso di dispersione scolastica, potenzi l'alfabetizzazione scolastica e universitaria, colleghi la formazione al mondo del lavoro, sviluppi le potenzialità del territorio, assuma il ruolo di volano nell'economia del Paese". Sono diversi i punti presentati dall'Anief per rilanciare la scuola: ripristinare il tempo scuola esistente prima delle riforme Gelmini, riattivare il Fondo per il Miglioramento dell'offerta formativa, reintrodurre l'insegnante prevalente e specialista in lingua inglese nella primaria. Fondamentale, per il sindacato, è allungare l'obbligo scolastico a 18 anni, migliorare il collegamento della scuola con mondo del lavoro e università, riformare i centri dell'impiego e apprendistato, reintrodurre la figura del ricercatore a tempo indeterminato, adottare un piano sviluppo economico improntato attorno al patrimonio culturale. A livello di personale scolastico, l'Anief ritiene "impellente la necessità di una riforma dell'accesso e dell'uscita dalla professione". L'associazione chiede quindi di rivedere l'assegnazione degli organici "per fare spazio a una armonica distribuzione in base alle esigenze del territorio" (disoccupazione, dispersione, ecc...). "Il reclutamento - dice dovrebbe poi avvenire su tutti posti vacanti e disponibili, eliminando le graduatorie provinciali per fare spazio a una unica nazionale. Spazio anche a pensionamenti per gli over 60 o, per chi vuole rimanere, permettere loro di trasformare l'insegnamento in funzione tutoriali". (ANSA).
Pubblichiamo alcuni articoli sul nuovo stop al pensionamento dei Quota 96, sull'approvazione del decreto sugli scatti di anzianità e sui nuovi tagli ai dipendenti statali prospettati dalla spending review.
Quota 96: se Governo e Mef non trovano la copertura ci penseranno i giudici a mandarli in pensione
ANSA: Scuola: Anief, Governo e Mef trovino copertura 'quota 96' Altrimenti ci penseranno i giudici.
(ANSA) - ROMA, 19 MAR - All'indomani dell'opposizione da parte della Ragioneria Generale dello Stato a individuare le coperture finanziarie per permettere a 4mila lavoratori della scuola, i cosiddetti "Quota 96", di andare in pensione, l' Anief torna a chiedere al Governo di applicare per loro la clausola sulla riforma delle pensioni. "Non si tratta di una concessione: la scuola, infatti - ricorda il sindacato - ha da sempre costituito un'eccezione nel panorama del comparto pubblico, spostando al 31 agosto dell'anno successivo le scadenze che per gli altri settori statali sono fissate al 31 dicembre. E queste unità di personale hanno iniziato l'anno scolastico 2011-12 presentando regolare domanda di pensionamento, salvo rimare 'incastrati'". "Sulla 'dimenticanza' del legislatore si sono detti tutti d'accordo, anche i parlamentari delle commissioni Cultura di entrambi i rami del Parlamento - ricorda Marcello Pacifico, presidente Anief - ma poi alla resa dei conti le norme speciali, come quella che esiste per i lavoratori della scuola, vengono sistematicamente schiacciate dalle esigenze ragionieristiche dello Stato". L'Anief sottolinea, tra l'altro, che nella scuola il personale a fine della carriera viene sostituito da neo-assunti la cui retribuzione è decisamente inferiore. Pertanto, sarebbero proprio gli stipendi inferiori, in media del 30%, a coprire in larga misura i maggiori esborsi dovuti al pagamento delle pensioni del personale collocato in pensione con i requisiti pre-Fornero. "Deve essere chiaro, inoltre, che la deroga da adottare per coloro che raggiungono la fatidica quota 96 (sommando età anagrafica e anni di contributi previdenziali) al 31 dicembre 2012, permetterebbe ai circa 4mila dipendenti coinvolti di poter semplicemente esercitare un loro diritto" ribadisce l'Anief secondo cui "non ci sono ragioni, nemmeno finanziarie, che possano giustificare il no della Ragioneria dello Stato". "I 400 milioni di euro necessari vanno trovati. Altrimenti - avverte Pacifico - saranno ancora una volta gli eventi giudiziari a condurre le cose sul binario giusto. Con le Corti dei Conti, cui il sindacato ha presentato i contenziosi dei ricorrenti della scuola, che libereranno i 'Quota96' e condanneranno lo Stato a pagamenti cospicui dovuti anche al danno esistenziale procurato a quattromila suoi dipendenti". (ANSA).
Pubblichiamo alcuni articoli sull'ammissione dei ricorrenti ai PAS decisa dal Consiglio di Stato e sulla diminuzione del 15% in 5 anni degli insegnanti di ruolo al Sud.
PAS, via libera dal Consiglio Stato a 4 ricorsi
ANSA: Scuola: corsi abilitanti; Anief, ok Consiglio Stato a ricorsi Ammessi gli esclusi alla vigilia dei corsi
(ANSA) - ROMA, 6 MAR - Disco verde dal Consiglio di Stato per i primi trecento tra i tremila ricorrenti che attendevano di iscriversi con riserva ai corsi universitari abilitanti. Lo rende noto l'Anief ricordando che i docenti esclusi, in totale, rappresentavano il 5% dei più di 60 mila candidati. Grazie alle ordinanze del Consiglio di Stato (nn. 950, 951, 952, 956 del 2014), che confermano alcuni decreti monocratici già ammessi, i ricorrenti appellati seguiti dal Sindacato ora - spiega l'Anief - possono iscriversi ai corsi abilitanti iniziati da qualche giorno o che sono in procinto di partire presso le Università. Marcello Pacifico, presidente Anief aveva denunciato fin dall'inizio i motivi di illegittimità del Regolamento che aveva cambiato i criteri di accesso ai corsi riservati per il conseguimento dell'abilitazione presso le Università rispetto a una chiara espressione del legislatore negli ultimi quarant'anni: 360 giorni di servizio prestati in un determinato periodo sono sempre stati considerati un titolo congruo per valutare la capacità didattica e maturare il diritto a poter conseguire un'abilitazione, in possesso del titolo di servizio e di studio. "I legali dell'Anief non hanno dubbi sull'esito finale del contenzioso che riguarda una trentina di ricorsi pendenti, vista la chiara espressione del legislatore e della giurisprudenza nel merito. Nel frattempo, finalmente, i ricorrenti esclusi - conclude l'associazione - potranno frequentare un corso che costa quasi 3.000 per conseguire un titolo che hanno già conquistato tra i banchi in tutti questi anni". (ANSA).
Italpress: Scuola: ricorsi frequenza Pas, Consiglio Stato accoglie 4 appelli Anief ROMA (ITALPRESS) - Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso dell'Anief sugli elenchi degli esclusi ai corsi PAS. Grazie alle ordinanze del Consiglio di Stato numero 950, 951, 952, 956 del 2014, che confermano alcuni decreti monocratici gia' ammessi, i ricorrenti seguiti dal sindacato ora possono iscriversi ai corsi abilitanti iniziati da qualche giorno o che sono in procinto di partire presso le Universita'. Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, aveva denunciato fin dall'inizio "i motivi di illegittimita' del Regolamento che aveva cambiato i criteri di accesso ai corsi riservati per il conseguimento dell'abilitazione presso le Universita' rispetto a una chiara espressione del legislatore negli ultimi quarant'anni - spiega il sindacato in una nota -: 360 giorni di servizio prestati in un determinato periodo sono sempre stati considerati un titolo congruo per valutare la capacita' didattica e maturare il diritto a poter conseguire un'abilitazione, in possesso del titolo di servizio e di studio. Lo stesso criterio era stato ripreso dalla legge 143/2004 che aveva considerato valido il servizio di 360 giorni prestato tra il 1999-2004 per la frequenza dei corsi riservati presso le SSIS". "I titolari del Dicastero di Viale Trastevere, pero', nel 2012-2013, cambiano i criteri di accesso con un atto di natura regolamentare e pur prendendo in considerazione in parte gli anni di servizio prestati a partire dal 1999, gia' legiferati dal Parlamento, decidono un nuovo requisito di accesso – spiega l'Anief -: 540 giorni di servizio, di cui 180 giorni per ciascun anno e ancora 180 come servizio specifico, con esclusione anche dei docenti di ruolo ancorche' sovrannumerari. Gia' una prima nota del Miur prendeva atto delle prime storture e considerava valido il servizio prestato in ambito disciplinare, mentre l'ultima nota n. 1645 del 26 febbraio 2014 permette, persino, la frequenza in altra classe di concorso ai docenti che hanno presentato domanda senza titolo di studio valido per la classe che intendevano frequentare. Il Tar Lazio, dopo una prima ordinanza accolta in estate per un ricorrente di ruolo, poi disconosciuta, e diversi rinvii per tutto l'autunno e l'inverno in attesa della partenza dei corsi, rigetta le richieste cautelari avanzate dai ricorrenti perche' ritiene le scelte del Ministero obbligate dall'impianto regolamentare voluto dal ministro Gelmini, emanato dal ministro Profumo e confermato dal ministro Carrozza".
Per il Consiglio di Stato, invece, questi provvedimenti cautelari devono essere concessi "considerato che nella comparazione dei contrapposti interessi (...) appare prevalente l'interesse degli appellanti alla frequentazione dei corsi abilitanti per cui e' giudizio, non risultando tale soluzione interinale, assunta in attesa della definizione del merito, di pregiudizio per le ragioni dell'amministrazione scolastica". I legali dell'Anief non hanno dubbi sull'esito finale del contenzioso che riguarda una trentina di ricorsi pendenti, vista la chiara espressione del legislatore e della giurisprudenza nel merito. "Nel frattempo, finalmente - conclude la nota -, i ricorrenti esclusi potranno frequentare un corso che costa quasi 3.000 per conseguire un titolo che hanno gia' conquistato tra i banchi in tutti questi anni. Il sindacato, a tal proposito, ricorda che e' ancora possibile appellarsi in Consiglio di Stato, ma bisogna affrettarsi per ottenere provvedimenti cautelari prima dell'inizio dei corsi e nel monte ore delle assenze autorizzate. ANIEF aveva inviato nei giorni scorsi a tutti gli interessati le istruzioni e il mandato per costituirsi in appello. Chi non dovesse averle ricevute, deve immediatamente inviare una mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. specificando cognome e nome, indirizzo mail e recapiti telefonici, numero di ruolo del proprio ricorso". (ITALPRESS).
ANSA: Scuola: Anief, al Sud in 5 anni sparito 15% prof di ruolo Così si spiega boom di abbandoni e disoccupazione
(ANSA) - ROMA, 6 MAR - Al Sud in 5 anni é sparito il 15% di insegnanti di ruolo. Lo sottolinea l'Anief secondo cui così si spiega il boom di abbandoni e disoccupazione. "Sul fronte dell'Istruzione il Sud è sempre più abbandonato a se stesso. La conferma - spiega l'associazione - arriva dall' incrocio dei dati forniti dalla Fondazione Agnelli sull'elevata percentuale di insegnanti di ruolo tagliati tra il 2007 e il 2012, con i record negativi (tra il 16% e il 18%) riscontrati nelle province di Nuoro, Reggio Calabria e Isernia,, con quelli pubblicati da Abi-Censis da cui emerge l'impellente necessità di avviare 'politiche economiche organiche' a partire dal Sud dove il ritardo è davvero notevole, e le indicazioni del Miur sull'alto tasso di dispersione scolastica rilevata proprio nel Mezzogiorno e nelle Isole. Dal primo rapporto - ricorda l'Anief - emerge che dal 2007 al 2012 il personale della scuola statale (insegnanti e Ata) è diminuito del 10,9%, una percentuale quasi doppia della media del pubblico impiego. Anche se il numero di alunni tra il 2009 e il 2012 è aumentato di 90.990 unità, quello degli insegnanti si è ridotto del 9% passando "da 843mila a 766mila" Per l'Anief "quel che è particolarmente grave è che sono state riscontrate importanti differenze regionali, con province del Sud, dove la popolazione studentesca è in forte calo, che hanno registrato diminuzioni dei docenti di ruolo fino al 18%. I tagli maggiori al corpo docente di ruolo hanno riguardato tutte province del Sud: Frosinone, Matera, Avellino, Messina, Catanzaro, Cosenza, Potenza, Nuoro, Reggio Calabria e Isernia". "Il problema è che scorrendo il rapporto territoriale Abi-Censis si evidenza che le aree dove lo 'squilibrio socio-economico' è maggiore sono quelle del Sud e delle Isole. E lo stesso, tranne rare eccezioni, vale - osserva l'Anief - per quelle che hanno il più 'basso tenore di crescita' a livello di 'potenzialità rurale' o che sono 'a rischio involuzione'. Mentre i territori dove c'è maggiore possibilità di crescita e sviluppo sono quelli del Nord, in particolare il Friuli, il Trentino, il Veneto, la Lombardia e il Piemonte". Anief ha appurato che queste zone coincidono (dati Miur) con quelle dove gli alunni iscritti, sia nella scuola di primo che di secondo grado, presentano un 'maggior rischio di abbandono' scolastico: anche in questo caso, le regioni dove i giovani lasciano i banchi prima dei 16 anni, sono Sardegna, Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia, Campania, Molise e Abruzzo. "Questi dati - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - dimostrano che gli attuali criteri sulla formazione dell' organico dei docenti, con gruppi-classi che possono raggiungere 27-28 alunni, non può essere adottata anche nelle aree disagiate e a rischio: in quelle del Sud, in pratica, sono altri i parametri da adottare. È giunta l'ora di introdurre quindi dei criteri diversificati, sulla base dei parametri di disagio socio-economico delle singole aree. E per questo occorre prevedere delle risorse aggiuntive, ad iniziare da un diverso rapporto docenti-studenti, facendo così cadere l'unicità degli organici e della formazione delle classi. Il premier Renzi ne tenga conto nel piano di rilancio della scuola, che ha detto di voler presentare nei prossimi giorni". (ANSA).
░ La Scuola è al pari del servizio sanitario e di quello di polizia, la presenza dello Stato vicina alla popolazione: per la gente in difficoltà, poi (gli immigrati, in particolare e gli alunni in condizione di disagio o di handicap) è un servizio di cui tutti dobbiamo andare fieri. E ci sono, però, aspetti problematici sui quali si sofferma Franco Buccino.
I tribunali amministrativi, in seguito a ricorso dei genitori, aumentano sempre più spesso le ore di sostegno agli alunni con disabilità. Fino a farle diventare tante quante sono le ore di lezione settimanali, cioè da trenta a quaranta. Il che vuol dire che questi alunni possono arrivare ad avere, ciascuno di loro, due e più insegnanti specializzati. L’amministrazione scolastica, soccombente in quasi tutti i giudizi, cerca inutili espedienti per contrastare tali sentenze; ma anche quando ottiene dal Parlamento provvedimenti legislativi che abbattono le ore di sostegno in nome della riduzione della spesa pubblica, interviene la Corte costituzionale, che li boccia perché limitano il diritto all’inclusione scolastica. … I genitori di alunni handicappati, disabili, con disabilità, diversamente abili - quanta ipocrisia in questo fiorire di termini! -, in prima istanza non chiedono per i loro ragazzi più ore di sostegno, chiedono che la scuola li accolga e li includa nei processi formativi e didattici. Poi si rendono conto che la dignità e il rispetto per i loro figli, passa attraverso l’insegnante di sostegno, il suo ruolo e la sua dignità: se hanno l’insegnante di sostegno, sono riconosciuti e accettati; se non lo hanno, sono un peso e degli intrusi. Infine, capiscono come funziona la scuola praticamente: se è assente l’insegnante di sostegno è “meglio” tenersi a casa il figlio; così come è “opportuno” avere un orario di frequenza per i figli ridotto e flessibile, magari coincidente con le ore in cui è presente in classe l’insegnante di sostegno. Allora, più ore di sostegno per i loro figli, significa più ore a scuola. Che è la premessa per ogni inclusione scolastica, di qualsivoglia soggetto. Le scuole hanno, in genere, buone intenzioni nei confronti di alunni con disabilità: spesso li accolgono e li coccolano, a volte pensano pure a loro nella programmazione delle attività. Ma tenerli in classe senza l’insegnante di sostegno, e magari senza l’accudiente materiale fuori la porta, è complicato. Così come è complicato porre rimedio alle classi “scoperte” per l’assenza di docenti in servizio. Qualche volta si vede addirittura l’insegnante di sostegno andare in una classe scoperta con il “suo” alunno. Quando poi l’alunno con disabilità è assente, il suo insegnante di sostegno diventa il provvidenziale tappabuchi della giornata. Altro che docente di sostegno alla classe in cui è inserito un alunno disabile, come si legge nelle circolari e nei testi specialistici. Nelle scuole si vive la più grande contraddizione tra ciò che si pensa, si programma, si vuol fare, e l’organizzazione rigida, burocratica, arretrata, la scarsezza delle risorse, l’assenza di sinergie con l’esterno, una irresponsabilità ancora diffusa e impunita. In una logica ribaltata di autonomia e responsabilità educativa e didattica delle scuole, le stesse situazioni problematiche, come le classi scoperte e i disabili senza l’insegnante di sostegno, potrebbero divenire l’occasione per sperimentare moduli alternativi alle classi o per realizzare unità didattiche “inclusive”. In attuazione di alcuni provvedimenti legislativi, l’Amministrazione scolastica deve procedere alla formazione, sia iniziale che in servizio, di tutti i docenti sui temi della disabilità e sulle didattiche inclusive. Sembra la premessa perché tutti gli insegnanti, curricolari e di sostegno, possano prendere in carico l’alunno con disabilità. È una iniziativa molto interessante, almeno sulla carta. Se non fosse che alle difficoltà delle scuole a realizzare qualsivoglia innovazione e riforma, si aggiunge la proverbiale furbizia dell’Amministrazione, che conosciamo bene. Anch’essa ha da tempo in mente i docenti curricolari con competenze sul sostegno, ma solo per sostituire, eliminare gli insegnanti specialisti. … Così, tra l’altro, aggirerebbe pure le sentenze dei Tar….
░ Polemiche su quello che sembra l’ennesimo spreco di denaro pubblico.
La storia della Scuola europea di Parma, la cui nuova sede è fin qui costata 35 milioni e ancora non è finita, rappresenta un'esemplificazione irritante dei rapporti che si sono venuti a creare tra l'Europa e noi… La Scuola europea, destinata innanzitutto ai figli dei manager che lavorano all'Autorità europea di controllo alimentare (Efsa), in queste settimane è tema caldo a Parma: l'ultima rendicontazione dedicata dice 35 milioni spesi per un manufatto fuori scala che oggi tutti… definiscono troppo grande e costoso…. La scuola europea di Parma, così come la sede dell'Autorità alimentare, sono il prodotto dello sforzo di Silvio Berlusconi per portare in Italia nel 2002 un ente di controllo dell'Unione e con lui il suo indotto economico. L'indotto non c'è stato e l'Efsa, dopo dodici anni di attività, è un'autorità contestata dalla stessa Commissione europea per i numerosi conflitti di interesse con le multinazionali alimentari e farmaceutiche. Dal 2009, dopo un periodo di morigeratezza, lo Stato italiano ha deciso di far crescere i finanziamenti alla Scuola di Parma: dieci milioni di euro a stagione, soldi necessari per mantenere 78 insegnanti madrelingua destinati a 500 alunni di venti nazionalità diverse. Quindi, per garantire lo studio ai figli dei manager e degli impiegati europei, ai figli dei ricercatori e dei dipendenti delle ditte associate, per un ciclo che va dalla scuola dell'infanzia al liceo, il nostro governo si è impegnato a costruire una struttura da 35 milioni di euro nel campus universitario di Parma. È giusto difendere un avamposto europeo nel cuore dell'Emilia, è altrettanto giusto, tuttavia, chiedersi se le somme spese sono congrue e se le modalità di gestione della Scuola per l'Europa sono state corrette negli anni della più feroce spending review sull'istruzione italiana. È di questi giorni la notizia - pubblicata dalla "Gazzetta di Parma" - che l'istituto europeo non riceverà le iscrizioni degli studenti locali per l'anno 2015: sono state tutte riservate ai figli di dipendenti dell'Efsa. … Il governo Berlusconi IV costruì un assetto giuridico e amministrativo "pienamente corrispondente al modello delle scuole europee", e soprattutto in deroga alla normativa nazionale. … C'è un ultimo argomento, infine, e qui l'irritazione cresce. Dal 2009 al 2011 il ministero dell'Istruzione solo a Parma ha tagliato 360 posti da insegnante. Francesca Bertolini della Adida dell'Emilia Romagna, associazione di docenti precari, ha spiegato: "Le scuole della nostra regione hanno maturato un debito tra i 2 e i 3 milioni di euro, con i 35 milioni spesi per la nuova sede dell'istituto europeo si sarebbero risanati i nostri istituti pubblici e quindi pagati gli stipendi a 1800 docenti fuori ruolo".
l’Unità - 10/03/2014
"Per uscire dalla crisi ridisegniamo la scuola”
░ Le scuole devono essere capaci di orientare e sostenere nell’arco della giornata una parte consistente dell’attività di bambini e ragazzi, e di assicurare un’educazione che possa fungere da riferimento nell’età adulta, costituire condizioni favorevoli ai successivi adattamenti che comporterà la partecipazione alla vita sociale. Di Benedetto Vertecchi.
…Se chi fruisce di educazione non collega al suo impegno qualche tipo di beneficio, non tarda a manifestarsi una caduta di motivazione, che finisce con lo sfociare in uno stato di crisi. Il malessere che attraversa la maggior parte dei sistemi educativi dei Paesi europei (o, comunque di cultura europea, anche se in altre aree geografiche) è in larga misura una conseguenza dell’esaurirsi delle dinamiche che avevano consentito l’espansione, non sostituite da altri fattori motivanti ugualmente carichi di implicazioni per le condizioni di esistenza individuali e per quelle sociali. Di fronte all’incalzare di segnali della difficoltà in cui si sono venuti a trovare i sistemi educativi, ci si è per lo più accontentati di rilevare i sintomi del malessere, senza chiedersi quali ne fossero le ragioni… Si è affermato un meccanicismo interpretativo poco disponibile a considerare i fattori di sistema della crisi educativa, che si è preteso di affrontare sulla base di logiche produttivistiche di derivazione aziendale. … Nelle attuali condizioni di crisi non si può continuare a intervenire sull’educazione scolastica come si sarebbe fatto in periodi di crescita del sistema…. In altre parole, per uscire dalla crisi occorre ricollocare la funzione della scuola nella società, prendere atto dei cambiamenti intervenuti nella composizione delle famiglie, porsi il problema di assicurare un’educazione che possa fungere da riferimento nell’età adulta, costituire condizioni favorevoli ai successivi adattamenti che comporterà la partecipazione alla vita sociale negli almeno sei decenni, tre in più nel corso di un secolo che al momento costituiscono la durata della speranza di vita successiva al paio di decenni dell’adattamento iniziale. Nel ripensare l’attività delle scuole sarà necessario un cambiamento drastico dei criteri valutativi. Il limite di gran parte delle prese di posizione, dall’interno e dall’esterno del sistema educativo, che si sono avute negli ultimi mesi è consistito nel considerare il problema da un punto di vista tutto interno alle scuole. Alla base degli orientamenti espressi c’era l’dea che l’attività delle scuole, e quindi i risultati conseguiti dagli allievi, potesse essere considerata prescindendo da ciò che accade intorno alle scuole, determinando il complesso delle interazioni che ha conseguenze sul profilo cognitivo, affettivo e di relazione degli allievi… I risultati dell’educazione scolastica appaiono sempre più dipendenti dal condizionamento sociale. La scuola si trova a contrastare sia l’azione delle famiglie, sia quella di fonti di conoscenza e di trasmissione valoriale che non sempre sembrano convergere sui medesimi obiettivi. I messaggi che gli allievi ricevono dall’esterno della scuola si distinguono generalmente per una finalizzazione contingente, mentre la qualità dell’educazione scolastica dipende in massima parte dalla sua persistenza nel tempo. Ne deriva che la valutazione ha senso se non si limita a rilevare, hinc et nunc, il possesso di un certo corredo conoscitivo, ma è in grado di spiegare quanta parte della varianza che si osserva fra gli allievi possa essere riferita a fattori interni o esterni e, fra questi ultimi, a fattori prossimi (come la famiglia o il contesto di vita) o remoti (tali sono i messaggi trasferiti tramite i mezzi per la comunicazione sociale). Occorre identificare indicatori sensibili dell’incidenza dei diversi fattori, per potere comporre modelli interpretativi preliminari alla definizione di piani di intervento.
ItaliaOggi - 11/03/2014
"Privati in campo per l'edilizia”
░ Alessandra Ricciardi parla con il sottosegretario Reggi. Il Governo apre ai fondi previdenziali e colloca la regia della spesa dei fondi per l’edilizia scolastica, a Palazzo Chigi.
Una cabina di regia presso la presidenza del consiglio dei ministri per semplificare le procedure di intervento e suggerire modelli di «rigenerazione» delle stesse scuole. «Nessun accentramento però dei poteri in materia», assicura Roberto Reggi, sottosegretario all'istruzione, ex sindaco di Piacenza, tra i renziani doc del governo. «Piuttosto bisogna evitare trasferimenti farraginosi e troppi enti intermediari e responsabilizzare i sindaci, che rispondono alla comunità locale». E poi liberare i vincoli che i comuni hanno per spendere i soldi che hanno già a bilancio…. Per reperire risorse aggiuntive, si dovranno però coinvolgere anche i privati. … Quella del reperimento di ulteriori risorse è una partita parallela che andrà avanti… Per esempio un fondo previdenziale, una cassa professionale in cambio di un buon rendimento. Gli enti locali possono conferire gli edifici scolastici a un fondo immobiliare per un congruo arco temporale, in cambio si impegnano a pagare un canone. Concessioni e gestione funzionano bene. E lo stato può fare la sua parte, dando un finanziamento a fondo perduto.
www.ilsussidiario.net - 13/03/2014
"Il premier muratore e le troppe domande aperte”
░ Di Gianni Zen.
E alla fine, cancellato in un sol colpo l'algido e compassato stile istituzionale, tra slide e frasi ad effetto, interessato (solo?) a catturare l'immediatezza del contatto col suo "popolo", Matteo Renzi ha scelto la strada del "ghe pensi mi". In nome della "cultura del fare". I 3,7 miliardi, infatti, destinati alla scuola saranno gestiti direttamente da Palazzo Chigi, non dal Miur. Il ministero, dunque, espropriato, anche se nel comunicato del governo si parla di "collaborazione". Sarà dunque una "cabina di regia" a gestire, per conto del premier, i contributi a favore dell'edilizia scolastica, per la messa in sicurezza ma anche per il rifinanziamento del Mof, cioè¨ del "fondo di istituto", quello che consente di finanziare le iniziative che integrano l'offerta formativa delle scuole, fondo negli ultimi anni sacrificato dagli ultimi governi per coprire altre spese, come, ad esempio, gli scatti stipendiali dei docenti. … Entrando nel merito, sembra che la cifra stanziata consenta in tutto 10mila interventi, in collaborazione con i comuni e le ex-province. E qui emerge un primo problema: le ex-province, quasi tutte commissariate, si troverebbero, d'un sol colpo, rimesse al centro della nostra struttura istituzionale… Quindi, le province, con questo intervento, non vengono più abolite. Si parla di consigli con al loro interno i rappresentanti dei comuni, come consiglieri, ecc., ma non è ancora chiaro con quali deleghe effettive, con quali risorse. Oppure verranno abolite davvero, e le scuole superiori passeranno ai comuni di riferimento, con risorse inedite? Non ci sono informazioni, a proposito…. Ci piacerebbe, poi, conoscere i criteri che la "cabina di regia" adotterà sulla gestione delle risorse, in ordine alle domande che stanno già arrivando.Tutto in fieri, perciò. Sapendo, per completare il tutto, che ad oggi sono 8 le varie fonti ministeriali di finanziamento e ben 12 le procedure previste per la realizzazione di questi interventi. Sarà la volta buona per una effettiva semplificazione burocratica?...L'edilizia scolastica è il prerequisito della vita scolastica, cioè della speranza di futuro dei nostri figli e del Paese. Un prerequisito, ma non la sostanza della scuola. Forse non dovremmo mai dimenticarlo.
░ In due brevi articoli, latecnicadellascuola.it riassume i giudizi espressi dai sindacati della scuola sugli 85 euro mensili in più.
“Sindacati tiepidi sugli 85 euro in più promessi da Renzi”
A commentare favorevolmente l’annuncio del presidente Matteo Renzi sulla detassazione degli stipendi al di sotto dei 1.500 euro è per ora solamente la Cisl Scuola che in un comunicato fornisce anche alcuni dati interessanti. Da questa tabella, per esempio, si evince che tutto il personale Ata, ad eccezione dei DSGA, rientrerebbe nel beneficio fiscale di cui parla il Governo. Anche un buon numero docenti (soprattutto di infanzia e primaria) potrebbe avvantaggiarsene.
PERSONALE IN SERVIZIO NELLA SCUOLA STATALE
Qualifica
addetti
stipendio iniziale
stipendio
a fine carriera
Collaboratori Scolastici
136.000
1.008,25
1.243,78
Assistenti amm.vi e tecnici
64.700
1.108,20
1.409,55
Docenti primaria e infanzia
330.000
1.301,10
1.816,75
Docenti secondaria I grado
170.000
1.392,51
1.959,12
Docenti secondaria II grado
235.000
1.392,91
2.026,55
Secondo le stime di Cisl Scuola stanno sotto i 1.500 euro la metà dei docenti di scuola primaria e dell’infanzia e oltre un terzo di quelli delle secondarie. … Per la Uil parla il segretario confederale Luigi Angeletti: “Ottimo. Finalmente, dopo 4 anni di scioperi e manifestazioni siamo riusciti a far sì che i lavoratori abbiano una consistente riduzione delle tasse…” Intanto resta del tutto irrisolta la questione delle risorse per il fondo di istituto che saranno drasticamente tagliate per evitare di chiedere la restituzione degli scatti stipendiali già pagati. La sensazione è che per il comparto scuola, a conti fatti, gli 85 euro mensili si copriranno in buona sostanza con fondi già esistenti.
Cgil e Anief: "Gli 85 euro sono un palliativo, bisogna rinnovare il contratto"
Anche Flc-Cgil esce allo scoperto sulla riduzione della pressione fiscale. “La riduzione da maggio delle tasse con limite di reddito di 25 mila euro lorde raccoglie le richieste avanzate da tempo dal sindacato per un alleggerimento della pressione fiscale sul lavoro” dichiara il segretario nazionale Mimmo Pantaleo che subito aggiunge: “Non è però più rinviabile il rinnovo del contratto nazionale in tutto il settore pubblico in assenza del quale non ci può essere il miglioramento delle condizioni salariali e professionali in tutti i comparti”. Sulla stessa lunghezza d’onda Marcello Pacifico dell’Anief secondo il quale “l’intenzione del Governo, annunciata dal premier Renzi, non cambierà di molto la posizione dell’Italia in tema di stipendi ai suoi docenti, che ci vede tra gli ultimi posti dell’area Ocde”. Anche per Pacifico la “madre di tutte le battaglie” resta il contratto: “Se si fosse firmato il contratto, invece ancora bloccato, ne sarebbero arrivati almeno il quadruplo, considerati gli arretrati per gli anni precedenti durante il blocco contrattuale a partire dal 2010”. “Piuttosto di dare un ‘contentino’ - conclude il presidente dell’Anief - si trovino i soldi per sedersi ai tavoli per il rinnovo e si adegui l'indennità di vacanza contrattuale al costo della vita”.
http://www.orizzontescuola.it/- 14/03/2014
“Gite e riposo compensativo. Sì se nel viaggio è compresa una domenica”
░ di Paolo Pizzo
Il diritto del docente discende dall'Art. 2109 del CC Periodo di riposo: “Il prestatore di lavoro ha diritto ad un giorno di riposo ogni settimana, di regola in coincidenza con la domenica.” Non dimentichiamo inoltre che il docente che accompagna gli allievi nei viaggi di istruzione è considerato regolarmente in servizio con tutti i doveri che ne discendono dalla qualifica di accompagnatore (compreso quello della vigilanza). Il punto 8 della CM 291/92 recitava: “L’incarico di accompagnatore costituisce modalità di particolare prestazione di servizio per la quale spetta la corresponsione della indennità di missione nella misura prevista dalle disposizioni vigenti. Sembra superfluo rammentare che detto incarico comporta l’obbligo di una attenta ed assidua vigilanza degli alunni, con l’assunzione delle responsabilità di cui all’art. 2047 del codice civile integrato dalla norma di cui all’art. 61 della legge 11 luglio 1980, n. 312, che limita la responsabilità patrimoniale del personale della scuola ai soli casi di dolo e colpa grave. Una vigilanza così qualificata deve essere esercitata non solo a tutela dell’incolumità degli alunni, ma anche a tutela del patrimonio artistico nei cui confronti troppo spesso, purtroppo, vengono da più parti lamentati danni, anche gravi, a causa dell’irrazionale e riprovevole comportamento dei singoli alunni o di gruppi di essi.” Ora, lasciando da parte la questione relativa alle missioni (non più in vigore per un certo aspetto), resta il fatto della “particolare prestazione” del docente accompagnatore e che il giorno festivo sia stato ricompreso nel viaggio. Pertanto, il docente ha diritto di recuperare la giornata festiva passata in viaggio di istruzione.
l’Unità - 15/03/2014
«Caro Renzi, ecco la scuola che non va»
░ Famiglie e docenti da Bologna, Modena e Ferrara raccolgono l’invito a segnalare («segnalate a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. quello che non va») le criticità, lanciato dal presidente del Consiglio.
… I presidenti dei Consigli di Istituto e di Circolo della provincia di Bologna, comitati genitori, coordinamento insegnanti delle medie e associazioni di Modena, famiglie di alcuni centri in provincia di Ferrara mandano dunque un segnale, per ricordare al Miur del ministro Stefania Giannini che i problemi non si esauriscono con il grande piano di edilizia scolastica, che dovrebbe contare come ribadito ieri dal sottosegretario all’Istruzione Roberto Reggi su 10 mila interventi di riqualificazione… In cima alla lista dei problemi il mondo della scuola emiliano mette il nodo fondi pubblici, i «10 miliardi sottratti alla scuola negli ultimi anni» e le «risorse per il Miglioramento dell’Offerta Formativa, tagliate del 30% quest’anno rispetto al precedente». In concreto, significa che le scuole vanno avanti solo grazie ai contributi delle famiglie, «ai materiali (carta, sapone) da anni forniti dai genitori si aggiungono somme in denaro: in provincia di Bologna pressoché tutti gli istituti sono costretti a chiederli… Tutte le scuole vantano crediti da decine se non centinaia di migliaia di euro dallo Stato, soldi anticipati soprattutto per supplenze brevi. Cifre che i genitori hanno sott’occhio negli organi collegiali, e che vorrebbero vedere restituite….
Pubblichiamo alcuni articoli sulle 3.740 assunzioni di personale non docente, secondo l'Anief insufficienti.
ANSA: Scuola: Anief, stabilizzato solo 1/3 posti Ata liberi (ANSA) - ROMA, 5 MAR - Il numero di assunzioni di personale non docente "continua a essere fortemente sottostimato: secondo i dati ufficiali forniti dallo stesso ministero, all'inizio di questo anno scolastico i posti vacanti e disponibili per tutti i profili Ata erano infatti circa 12.000". Lo denuncia, alla luce delle 3.740 immissioni in ruolo annunciate, l'Anief secondo cui il Governo "continua a non rispettare le norme comunitarie sui dipendenti pubblici precari". Pur apprezzando che nella scuola si continui ad assumere mentre in tutti gli altri comparti dell'amministrazione pubblica permane il blocco, l'Anief fa notare che i 3.740 posti concessi dal Mef "bastano appena per coprire il contingente degli assistenti amministrativi (2.692) e dei tecnici (1.032), che devono recuperare le mancate immissioni in ruolo nell'ultimo biennio a seguito della controversa questione del personale docente inidoneo da collocare anche sui posti vacanti degli Ata". "Inoltre - aggiunge - da un'analisi globale, risulta che i posti disponibili potrebbero essere molti di più di 12.000 dichiarati dal Miur: il sindacato continua infatti a reputare utili alle assunzioni a tempo indeterminato anche buona parte delle migliaia di supplenze assegnate annualmente fino al 30 giugno. Se infine si vanno a considerare anche i pensionamenti, quella che si sta concretizzando è una quota di assunzioni davvero ridicola: non troppo lontano dal 10% dei posti effettivamente liberi". Premesso che a questo personale il Miur dovrà predisporre dei contratti a tempo indeterminato con retrodatazione giuridica al 1 settembre 2012, l'Anief evidenzia che "l'inadeguatezza dei numeri approvati dall'amministrazione conferma l'immotivata ostinazione del Governo italiano nel non voler rispettare le norme comunitarie sui dipendenti pubblici a tempo determinato". "Il prossimo 27 marzo - ricorda Marcello Pacifico, presidente Anief - potrebbe allora essere la Corte di Giustizia Europea a mettere la parola fine sulla questione sulla compatibilità della normativa italiana, avallata con la Legge 106/2011, proprio rispetto alla direttiva comunitaria in tema di reiterazione dei contratti a termine e assenza di risarcimento del danno prodotto a docenti, amministrativi, tecnici ed ausiliari precari della scuola che hanno svolto almeno tre anni di supplenze". (ANSA).
ANSA: Scuola: assegnate le 3.730 assunzioni personale Ata Anief, ma posti liberi sono tre volte tanto
(ANSA) - ROMA, 14 MAR - Sessanta Direttori dei servizi generali e amministrativi, 2.316 assistenti amministrativi, 819 assistenti tecnici, 510 collaboratori scolastici, 7 cuochi, 6 addetti alle aziende agrarie, più 6 guardarobieri e altrettanti infermieri. Il ministero dell'Istruzione ha pubblicato la nota che dà il via libera all'immissione in ruolo di 3.730 unità di personale Ata (ausiliari, tecnici, amministrativi). Ma i posti liberi - denuncia l'Anief - "sono tre volte tanto". Le assunzioni si effettueranno con decorrenza giuridica dall'anno scolastico 2013-14 ed economica dal primo settembre 2014. Il contingente individuato è meno di un terzo di quello che si sarebbero dovuto effettivamente prescegliere Le unità vacanti di personale Ata della scuola, infatti - spiega l'Anief - sono circa dodicimila (dati ufficiali emessi ad inizio anno scolastico dal Miur). il sindacato, inoltre, continua a reputare utili alle assunzioni a tempo indeterminato anche buona parte delle migliaia di supplenze assegnate annualmente fino al 30 giugno. "Se si vanno a considerare anche i pensionamenti, quella che si sta concretizzando - dice - è una quota di assunzioni davvero ridicola, che rasenta il 10% dei posti effettivamente liberi". "Anche perché a questi posti - tiene a dire Marcello Pacifico, presidente Anief - andrebbero inoltre sommati i quasi 2mila Dsga illegittimamente cancellati con il dimensionamento degli ultimi anni. Ma confidiamo che ciò possa concretizzarsi, perché sono sempre di più i Tar, dopo Consulta e Consiglio di Stato, a esprimersi con pollice verso contro la 'madre' di tutte le cancellazioni e gli accorpamenti degli istituti: il decreto legge 98 del 2011, poi Legge 111/2011. Senza dimenticare - conclude Pacifico - che il prossimo 27 marzo la Corte di giustizia europea si esprimerà sul reiterato licenziamento, da parte dello Stato italiano, dei precari della scuola con più di tre anni di supplenze svolte:se,come si spera, il pronunciamento dovesse essere favorevole, per coloro che entro quella data avranno presentato ricorso, l'assunzione sarà sempre più vicina". (ANSA).
ITALPRESS SCUOLA: FERIE NON GODUTE, ANIEF "A distanza di poche ore, prima l'Inps e poi la Funzione Pubblica confermano la non applicabilita' della norma inclusa nella spending review che priva i supplenti della scuola del pagamento delle ferie non godute: la sua gia' discutibile introduzione non puo' infatti in alcun modo anticipare la pubblicazione del decreto legge pubblicato ad inizio luglio". E' quanto si legge in una nota dell'Anief. "L'Anief e la Confedir - prosegue - rinnovano quindi l'appello a Miur e Mef: per evitare di soccombere davanti ai giudici devono sciogliere il prima possibile la riserva". "Quanto riportato dal Capo Dipartimento della Funzione Pubblica non lascia adito a dubbi: "in base ai principi generali che governano l'applicazione delle leggi nel tempo - scrive il Ministero il 6 agosto - (...) debbano rimanere salvaguardate tutte quelle situazioni che si sono definite prima della sua entrata in vigore, poiche' in caso contrario si attribuirebbe alla norma una portata retroattiva che non e' stata esplicitamente prevista". "E' sempre piu' evidente - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato ai quadri e direttivi della Confedir - che la nostra richiesta non puo' essere piu' elusa. Nel frattempo comunque non staremo ad attendere gli eventi: abbiamo gia' messo a disposizione dei nostri iscritti i modelli di diffida da inviare ai dirigenti scolastici, qualora alla scadenza del loro contratto, concretizzatasi nel mese di giugno 2012, non sia stato dato seguito il pagamento delle ferie non godute nell'anno scolastico 2011/12". (ITALPRESS). 09-Ago-12 18:09
orizzontescuola.it Ferie non godute ai precari, tutti contro il Ministero dell'Economia. Quer pasticciaccio brutto ... ma brutto .. red - CISL, Lega e ANIEF punzecchiano il Ministero dell'Economia perchè riveda la sua posizione sul blocco del pagamento delle ferie non godute ai precari, precisto nella Spending review, anche retroattivamente. Soprattutto dopo il procunciamento della Funzione pubblica a favore dei precari.