Rassegna stampa

Pubblichiamo alcuni articoli sulle 147mila domande per il Tfa, sull'approdo alla Camera di una soluzione bipartisan per la questione 'Quota 96' e sul taglio di 47mila Ata.

Corsa all’abilitazione: 147mila domande per il TFA

Repubblica: Al via l'aggiornamento delle graduatorie, 622 mila gli aspiranti insegnanti

La Stampa: Insegnanti, 147mila domande, 22mila posti

ANSA: Scuola: Anief, 147mila domande abilitazione per 22mila posti
Pacifico, saranno insegnanti solo sulla carta
(ANSA) - ROMA, 22 GIU - Sono 147mila le domande prodotte dai laureati italiani che vorrebbero fare gli insegnanti acquisendo l'abilitazione all'insegnamento con i tirocini formativi attivi organizzati nelle Università italiane. Il numero è pari a quasi sette volte i posti che il ministero dell'Istruzione ha messo a disposizione, poco più di 22mila, suddivisi tra scuola secondaria di primo e secondo grado. Ad affermarlo è l'Anief, Associazione professionale sindacale, secondo la quale "anche questo secondo ciclo di tirocini formativi attivi conferma il grande interesse dei laureati ad avvicinarsi all'insegnamento". Tuttavia, secondo il sindacato, questo genere di selezione e formazione iniziale per diventare docenti della scuola pubblica non porta da nessuna parte: dal 2012, infatti, chi si abilita all'insegnamento - anche nella primaria e infanzia - è lasciato fuori delle graduatorie che danno accesso alle supplenze annuali o al termine delle attività didattiche, e dalle immissioni in ruolo. Passare la selezione, frequentare il TFA e acquisire l'abilitazione all'insegnamento non serve a nulla, secondo Anief, perché si può insegnare già con la laurea dalle graduatorie d'istituto. "La prospettiva per questi 22.450 aspiranti docenti - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - è quella di diventare insegnanti solo sulla carta. Perché chi meriterà di superare le selezioni, continuerà a studiare presso le Università, a sostenere esami dopo aver svolto del tirocinio non retribuito, pagherà oltre 3mila euro di tasse per frequentare i corsi accademici spesso a centinaia di chilometri da casa, sosterrà un esame finale abilitante, sarà lasciato fuori dal sistema del doppio canale di reclutamento. In dieci anni, infatti, più di 100mila docenti che hanno svolto un percorso formativo simile presso le SSIS o le Facoltà di Scienze della Formazione primaria, sono stati naturalmente inseriti nella terza fascia delle graduatorie ad esaurimento o ancora nel 2012 nella fascia aggiuntiva". (ANSA).

Repubblica: Scuola, oltre mezzo milione di docenti "in attesa" di un futuro

La Sicilia: Abilitazione prof, 147mila domande per 22mila posti. Anief: "Ma saranno insegnanti solamente sulla carta"

La Discussione: 147mila domande per fare gli insegnanti

Tendenza Mercati: Scuola: inizia l’aggiornamento delle graduatorie degli insegnanti

Corriere dell'Università: Abilitazione insegnanti, 147mila domande per 22mila posti. Anief: “Saranno prof solo sulla carta”

Aetnascuola: Frequentare il Tfa e acquisire l’abilitazione all’insegnamento non serve a nulla

IMG Press: È ancora corsa all’abilitazione: 147mila domande per 22mila posti nel secondo ciclo del TFA

Italpress: Scuola: Anief "147 mila domande per abilitazione con tirocini formativi"

Teleborsa: Scuola, oltre mezzo milione di docenti "in attesa" di un futuro

ANSA: Scuola: Anief, maggior parte giovani invecchierà supplente
(ANSA) - ROMA, 27 GIU - La gran parte dei 147 mila candidati al Tirocinio formativo attivo per abilitarsi all'insegnamento nella scuola secondaria, età media 33,6 anni, invecchierà da supplente: è quanto denuncia l'Anief, alla luce dei dati forniti dal Ministero dell'istruzione sulle domande al Tfa. Poiché i posti a concorso sono 22.478 - argomenta l'Anief - solo un candidato ogni sette riuscirà a essere ammesso, ma il paradosso, tutto italiano, è che però questo genere di selezione e formazione iniziale per diventare docenti della scuola pubblica non conduce verso alcuna stabilizzazione: da due anni a questa parte, infatti, chi si abilita all'insegnamento - anche nella primaria e infanzia - è lasciato fuori delle graduatorie provinciali che danno accesso alle supplenze annuali o al termine delle attività didattiche, e dalle immissioni in ruolo. Passare la selezione, frequentare il Tfa e acquisire l'abilitazione all'insegnamento non serve a nulla, secondo il sindacato, perché si può insegnare già con la laurea dalle graduatorie d'istituto. "Chi meriterà di superare le selezioni - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief - continuerà a studiare presso le università, a sostenere esami dopo aver svolto del tirocinio non retribuito: pagherà oltre 3 mila euro di tasse per frequentare i corsi accademici, spesso a centinaia di chilometri da casa; sosterrà un esame finale abilitante. Ma alla fine della 'fiera', sarà lasciato fuori dal sistema del doppio canale di reclutamento". "È pertanto più che comprensibile l'amarezza di chi - conclude Pacifico - arriva a definire questo genere di selezioni e di concorsi una sorta di 'truffa', prodotta ai danni di tantissimi giovani che chiedono di fare quello per cui hanno studiato e dimostrato di sapere svolgere: insegnare alle nuove generazioni". (ANSA).

Repubblica: I trentenni vogliono fare gli insegnanti ma pochissimi saliranno in cattedra

Qui Finanza: I trentenni vogliono fare gli insegnanti ma pochissimi saliranno in cattedra

Online news: I trentenni vogliono fare gli insegnanti: 146.742 domande, ma in pochissimi arriveranno in cattedra

Teleborsa: I trentenni vogliono fare gli insegnanti ma pochissimi saliranno in cattedra

AgenParl: Scuola, Anief trentenni vogliono fare gli insegnanti ma pochissimi arriveranno in cattedra

IMG Press: I trentenni vogliono fare gli insegnanti

Orizzonte Scuola: I trentenni vogliono fare gli insegnanti: 146.742 domande, ma in pochissimi arriveranno in cattedra

Italpress: Scuola: Anief "146.742 domande, ma in pochissimi arriveranno in cattedra"

 

Arriva alla Camera soluzione bipartisan per salvare 4mila Quota 96

Il Secolo XIX: Anief, lunedì la soluzione per i 4mila della “quota 96”

ANSA: Scuola:Anief,domani a Camera soluzione per 4 mila dipendenti
Bloccati dalla riforma Fornero-Monti
(ANSA) - ROMA, 22 GIU - Riprende domani alla Camera dei Deputati il percorso legislativo per trovare una soluzione al caso dei 4mila dipendenti della scuola, ormai ultrasessantenni, in procinto di andare in pensione nel 2012, ma rimasti bloccati dalla riforma Fornero-Monti e che potrebbero rimanere in questo stato ancora per 3-4 anni. A renderlo noto è l'Anief, Associazione professionale sindacale. Il disegno di legge ha molte "anime" parlamentari; primo firmatario è Cesare Damiano (PD): vi confluiscono le proposte e i miglioramenti discussi e approvati dalle Commissioni competenti nei mesi scorsi. Per l'occasione, Anief chiede ai parlamentari di estendere ai 4mila la possibilità di accedere al pensionamento con i parametri anagrafici e di servizio pre-Fornero. Oppure, di "agganciarli" ai pre-pensionamenti previsti dalla riforma della Pubblica Amministrazione presentata ai sindacati dieci giorni fa dal ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, e approvata in CdM poche ore dopo. Questa estensione, tuttavia, precisa il sindacato, non dovrebbe comportare alcuna decurtazione per i dipendenti della scuola, visto che i requisiti per accedere alla pensione due anni fa erano stati già tutti acquisiti. La Scuola, infatti, ricorda l'Anief, ha da sempre costituito un'eccezione nel panorama del comparto pubblico, spostando al 31 agosto dell'anno successivo le scadenze che per gli altri settori statali sono fissate al 31 dicembre. Non a caso, i 4mila "Quota 96" avevano iniziato l'anno scolastico 2011/12 presentando domanda di pensionamento, salvo rimare "incastrati" dalla riforma Fornero con il Governo Monti. "Ora, qualora dalla Ragioneria Generale dello Stato dovessero essere posti i soliti problemi di reperimento dei circa 400 milioni di euro annui necessari per sovvenzionare l'operazione - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - ricordiamo che il personale a fine della carriera viene sostituito da neo-assunti la cui retribuzione è decisamente inferiore: sarebbero proprio gli stipendi inferiori, in media del 30%, a coprire in larga misura i maggiori esborsi dovuti al pagamento delle pensioni dei 4mila. I 400 milioni di euro necessari devono essere trovati". (ANSA).

Paperblog: Pensione Scuola: Quota 96 e Classe 52 in pensione? Discussione alla Camera

Blasting News: Riforma pensioni 2014, ultime notizie: mobilitazione di Cgil, Cisl e Uil

La Discussione: Alla Camera una soluzione all'incredibile caso dei 4mila dipendenti della scuola

Cesare Damiano (PD): Scuola: Anief,domani a Camera soluzione per 4 mila dipendenti

MNews: Scuola – Pensioni e Quota 96, alla Camera tutti d’accordo sulla deroga: il problema ora è dove trovare i soldi

Italpress: Scuola: Anief, alla Camera soluzione bipartisan per salvare 4mila Quota 96

Blasting news: Pensioni Quota 96 Scuola: Renzi senza scuse, 30 giugno decisivo? Si lavora a 3 soluzioni

 

Dopo i docenti tocca a direttori, amministrativi, tecnici e ausiliari: in tre anni persi 47mila posti

La Voce Sociale: Scuola, la denuncia dell’Anief: personale Ata in tre anni -47mila unità

ANSA: Scuola: Anief, prossimo anno partirà con 1.569 Ata in meno
(ANSA) - ROMA, 24 GIU - Nel prossimo anno scolastico, anche se gli studenti saranno 34 mila in più rispetto all'anno che si sta concludendo, ci saranno 1.569 posti Ata in meno. Lo denuncia l'Anief, rendendo noto che il Ministero dell'Istruzione ha reso pubblici i posti autorizzati per l'organico di diritto. "Dopo aver sottratto 1.400 insegnanti - sottolinea l'Anief - tocca ora ad amministrativi, tecnici, ausiliari perdere 1.569 posti. Se consideriamo l'ultimo triennio, il saldo è a dir poco negativo: a fronte di un incremento complessivo, tra il 2012 e il 2014, di quasi 90 mila alunni, solo negli ultimi tre anni sono stati cancellati 44.500 Ata. Nello stesso periodo, infatti, il dimensionamento scolastico ha prodotto la cancellazione spropositata di migliaia di istituti autonomi, con 2.395 Direttori dei servizi generali e amministrativi spariti nel nulla. Complessivamente sono circa 47 mila i posti del personale Ata cancellati nell'ultimo triennio: un quinto del totale dei non docenti". "Abbiamo assistito - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief - a una operazione spregiudicata di spending review, con conseguenze nefaste per l'utenza scolastica derivante da una consistente riduzione tra collaboratori, amministrativi, tecnici e Dsga: un riduzione però considerata illegittima dal Giudice delle leggi, che con la sentenza n. 147 del 7 giugno 2012 ha cancellato la norma voluta dal Parlamento. E la stessa norma doveva essere disapplicata dai giudici, anche in riferimento ai decreti di pubblicazione delle graduatorie definitive del personale soprannumerario". Anief ha pertanto deciso di ricorrere contro il Decreto interministeriale sugli organici Ata. "Il punto - spiega ancora Pacifico - è che l'accordo in sede di Conferenza unificata Stato-Regioni non è mai esistito. Pertanto, bisognava tornare ad assegnare il Dsga, assieme al dirigente scolastico, anche in quei casi in cui gli istituti superiori non avessero raggiunto i 600 alunni (nelle aree urbane) e i 400 alunni (nelle aree montane). Pertanto, va da sé che senza l'accordo il Decreto interministeriale è illegittimo". (ANSA).

Rassegna.it: Scuola: Ata, in tre anni persi 47mila posti

Calabria 24 ore: Scuola – Dopo i docenti tocca a direttori, amministrativi, tecnici e ausiliari: in tre anni persi 47mila posti

IMG Press: Dopo i docenti tocca a direttori, amministrativi, tecnici ed ausiliari: in tre anni persi 47mila posti

Tecnica della Scuola: Dopo i docenti tocca a direttori, amministrativi, tecnici e ausiliari: in tre anni persi 47mila posti

Italpress: Scuola: Anief "Persi 47 mila posti direttori, amministrativi, tecnici"

Pubblichiamo alcuni articoli sui 15mila ricorrenti per l'inserimento in GaE.

Radio Giornale Rai: Scuola, ‘fuori’ 15mila precari, 30 ricorsi collettivi al Tar

Il Messaggero: Docenti fuori graduatoria, in 15.000 ricorrono al Tar per insegnare

ANSA: Scuola: Anief, in 15 mila ricorso al Tar per poter insegnare
(ANSA) - ROMA, 9 GIU - Sono 15 mila i docenti che, attraverso i legali dell'Anief, chiedono al Tar del Lazio di poter insegnare nelle scuole dopo che il Ministero dell'Istruzione li ha lasciati fuori dalle graduatorie provinciali perché non riconosce loro l'abilitazione o l'idoneità di Stato come titolo valido per entrare di ruolo o ricevere una supplenza annuale dalle graduatorie dei precari. Oggi l'associazione sindacale ha notificato al Tar più di 30 ricorsi collettivi. E già nel mese di luglio, prima dell'inizio del nuovo anno scolastico, secondo l'Anief è atteso il primo responso dei giudici. "Ad oggi, senza la creazione di una graduatoria aggiuntiva alle graduatorie a esaurimento, questi docenti non possono insegnare nella scuola con continuità, né sottoscrivere supplenze annuali o accedere al 50% delle immissioni in ruolo: così, prima vengono formati e abilitati nelle Università statali, poi si abbandonano al loro destino" denuncia l'associazione sindacale. "L'inserimento nelle graduatorie aggiuntive permetterebbe allo Stato di reclutare con regole certe dei professionisti dell'insegnamento ogni volta che si esauriscono quelle ad esaurimento o concorsuali, in attesa di nuove procedure selettive. Smettendo di alimentare la precarietà, di contravvenire alle regole comunitarie sulla stabilizzazione e di valutare con criteri diversi titoli uguali" afferma Marcello Pacifico, presidente dell'Anief. (ANSA).

Il Gazzettino: Docenti fuori graduatoria, in 15.000 ricorrono al Tar per insegnare

IMG Press: Graduatorie docenti, in 15mila presentano ricorso al Tar del Lazio per poter insegnare

Orizzonte Scuola: Graduatorie ad esaurimento, in 15 mila fanno ricorso per fascia aggiuntiva. A luglio primo responso

Il Secolo XIX: Prof precari, boom di ricorsi per entrare in graduatoria

 lastampa.it - 23 giugno 2014

"Il ministero accorpa. Nell’aula-pollaio si ritrovano in 42

░ Record di alunni in una sola classe di liceo: 42 studenti.

«Da Renzi in giù, tutti sostengono che il ruolo della scuola deve tornare centrale. Benissimo, allora perché nel mio istituto rischio di avere una classe di 42 studenti? Come si può fare lezione?». Mentre gli studenti del quinto anno delle superiori stamattina sono alle prese con la terza (e ultima) prova scritta dell’esame di maturità, il “quizzone”, i presidi guardano con preoccupazione al prossimo anno scolastico, con il rischio concreto di dover fare lezione in “aule pollaio”, con classi di 33, 34 o più allievi. L’allarme parte dalla provincia, anche se riflette una situazione non certo isolata.Lo lancia Riccardo Calvo, dirigente scolastico dell’istituto superiore Cesare Balbo di Casale (raggruppa tre licei). È lui a segnalare il caso limite dei 42 allievi. «Una comunicazione del Provveditorato ha proposto prima e poi imposto, nonostante le nostre obiezioni (percorsi differenti, libri non uguali, curriculum non omogeneo, addirittura una materia differente per quanto riguarda la lingua straniera), di passare da tre a due classi per il liceo scientifico Palli, con la conseguenza davvero stupefacente di una classe con il tedesco di 24 alunni e una con l’inglese di 42». Aggiunge il preside: «Sappiamo che potrebbe essere, poi, rimediato il numero di 42, ridefinendo le classi e riposizionando gli allievi, ipotizzandone una articolata per le ore di tedesco: resta il fatto che agli alunni viene imposto uno totale smembramento della loro esperienza scolastica di anni e che a un liceo scientifico come quello di Casale, a cui sono state tolte tutte le sperimentazioni dalla Riforma Gelmini, tutti i potenziamenti e gli arricchimenti dell’offerta formativa, viene negata la possibilità di una proposta didattica equilibrata per i propri studenti»

 

ItaliaOggi - 24 giugno 2014

"Pensioni. Dal Pd alla Lega, ecco chi vuole la controriforma

░ Le proposte dei partiti (Cesare Damiano Pd, Massimiliano Fedriga Ln, Renata Polverini FI, Titti Di Salvo Sel), in materia di pensionisono all’esame della XI commissione lavoro della Camera, in sede referente

Le proposte di legge presentate sono unificatenel testo elaborato dal comitato ristretto della stessa commissione, contenente modifiche alla disciplina dei requisiti per la fruizione delle deroghe riguardanti l'accesso al trattamento pensionistico Il testo unificato contiene alcune proposte di modifica e/o di integrazione all'articolo 24 del decreto legge 201/2011(riforma Fornero) e di modifica al comma 2-quater dell'articolo 6 del decreto legge 216/2011 che interessano direttamente il personale della scuola ivi compreso quello docente e Ata che si riconosce nel movimento “quota 96”. Nel corso dell'esame della proposta di legge la commissione non potrà, tuttavia, non tenere conto di alcune disposizioni in materia di trattamento di quiescenza che sono contenute nel disegno di legge delega approvato dal consiglio dei ministri del 13 giugno. Si tratta comunque di una anticipazione, con qualche modifica dei termini di scadenza, rispetto a quanto prevede, appunto in materia di deroghe riguardanti l'accesso al trattamento pensionistico dei pubblici dipendenti ivi compreso il personale della scuola - il testo unificato all'esame della commissione.Continua, invece, a trovarsi in una situazione di stallo la proposta di legge Ghizzoni/Marzanache, come è noto, prevede di estendere la possibilità di accedere al trattamento pensionistico con i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla normativa previgente l'entrata in vigore dell'articolo 24 del decreto legge 2012/2011, anche al personale della scuola che aveva maturato tali requisiti entro il 31 agosto 2012 anziché entro il 31 dicembre 2011….

ItaliaOggi - 24 giugno 2014

"Il ministero taglia le cattedre, mentre gli alunni aumentano

░ Nel prossimo settembre: 33mila studenti in più, 1.352 docenti in menoCarlo Forte spiega,con stile a 360 gradiche il contenzioso aumenterà.

Gli alunni in più, rispetto allo scorso anno, sono circa 33mila, mentre il numero dei docenti è destinato a diminuire di 1352 unità. Il taglio si rileva confrontando l'organico di diritto (e cioè il numero complessivo dei docenti che si prevede dovrebbero stare in cattedra dal 1° settembre) e il numero delle cattedre autorizzate dal ministero dell'istruzione in vista del prossimo anno: 602.191 contro 600.839…. Il problema avrebbe potuto trovare soluzione anticipando la costituzione delle cattedre necessarie, già nella fase dell'organico di diritto, senza attendere eventuali ampliamenti tardivi in sede di organico di fattoMa quest'anno viale Trastevere ha fatto orecchie da mercante. Perché l'anticipazione avrebbe potuto determinare anche un aumento delle cattedre da destinare alle immissioni in ruolo. … Resta il fatto, però, che l'attuale organico di diritto non copre il reale fabbisogno. E ciò vuol dire, inevitabilmente, classi affollate nei grossi centri e pluriclassi nei piccoli comuni e nelle frazioni. Due fenomeni che mettono a rischio la sicurezza di alunni e docenti e la qualità del servizio. A ciò va aggiunta la riduzione del numero degli incarichi di supplenza, che sarà pari al numero dei posti tagliati, e l'aumento delle situazioni di soprannumerarietà. Che espongono i docenti alla roulette russa del trasferimento d'ufficio e gli alunni ai problemi connessi all'interruzione della continuità didattica. Il fenomeno assume particolare rilievo nelle secondarie superiori, anche perché i tagli di quest'anno coincidono con l'entrata a regime della riforma Gelmini. Che ha comportato, a sua volta, una forte riduzione del numero delle cattedre proprio negli istituti superiori. Riduzione dovuta essenzialmente al taglio del numero delle ore di lezione. L'amministrazione centrale, peraltro, ha cercato di tamponare il problema ampliando la spendibilità delle abilitazioni dei docenti interessati, tramite le cosiddette tabelle di confluenza. Un sistema, che rende fungibili le abilitazioni dello stesso ambito disciplinare senza tenere conto della tipologia di scuola (cosiddette classi atipiche). Ma tale soluzione ha alimentato un forte contenzioso, dal quale è emerso che la scelta dell'amministrazione non sarebbe legittima. Secondo la giurisprudenza, infatti, per adottare il criterio di fungibilità (e cioè per trattare gruppi di classi di concorso diverse come se fossero uguali, inserendo i docenti in un'unica graduatoria ai fini della mobilità d'ufficio) significa violare le disposizioni contenute nel decreto sulle classi di concorso. Che è sempre lo stesso, perché, sebbene la legge avesse previsto una riforma delle classi di concorso da adottare contestualmente all'entrata in vigore della riforma Gelmini, il ministero non ha ancora emanato il nuovo regolamento, accontentandosi di precedere con semplici note. E siccome le note non possono derogare il vecchio regolamento (attualmente in vigore) la giurisprudenza non ho potuto fare altro che prenderne atto, affermando il principio secondo il quale la fungibilità delle classi di concorso affini è giuridicamente inesistente. L'amministrazione, però, non ha pienamente recepito l'orientamento della giurisprudenza. E quindi, ai docenti delle superiori, che sono stati individuati soprannumerari tramite l'applicazione delle norme contestate dalla giurisprudenza, non resta altro da fare che compilare la domanda di trasferimento oppure ricorrere al giudice.

 

ItaliaOggi - 24 giugno 2014

"Un esame a perdere, cosa non è oggi la maturità

░ Riportiamo le importanti riflessioni proposte da Maurizio Tiriticco

Quando alla fine del secolo scorso furono riformati gli esami di maturità, l'intento era molto chiaro. In un Paese che stava cambiando e in un'Europa che non era più solo un mercato unico, ma un'Unione vera e propria… i nostri titoli di studio dovevano essere concorrenziali con quelli dei partner europei La legge 119 del lontano 1969 prevedeva che «l'esame di maturità ha come fine la valutazione globale della personalità del candidato» (art. 5) e che «a conclusione dell'esame di maturità viene formulato, per ciascun candidato, un motivato giudizio, sulla base delle risultanze tratte dall'esito dell'esame, dal curriculum degli studi e da ogni altro elemento posto a disposizione della commissione» (art. 8). … Occorreva, pertanto, un vero e proprio giro di boa e dichiarare chiaramente, alla fine di un esame così impegnativo quale quello conclusivo di un percorso di studi superiori, che cosa un giovane conosce e che cosa, soprattutto, sa fare. Fu così che, dopo un lungo dibattito, varammo un nuovo esame di Stato, che non fosse più centrato su una sempre discutibile e vaga maturità, ma sulle concrete conoscenze acquisite dal candidato, soprattutto in chiave pluridisciplinare, e sulla loro altrettanto concreta utilizzazione, in termini di competenze. A sostegno del «saper fare», introducemmo anche i crediti, quel corredo di attività significative che, meglio di un generico curriculum, possono dare testimonianza delle vocazioni e delle effettive capacità operative del candidato. Indicammo strumenti di misurazione e di valutazione nuovi, sostituendo i punteggi ai voti. Introducemmo una nuova prima prova scritta, «intesa ad accertare la padronanza della lingua italiana, nonché le capacità espressive, logico-linguistiche e critiche del candidato». E padronanza significa anche saper leggere: di qui la prova relativa all'analisi del testo. Innovazioni importanti furono anche quelle del colloquio pluridisciplinare e della III prova scritta, pluridisciplinare. Ma il clou del nuovo esame, in effetti, doveva essere l'atto conclusivo, un diploma che non fosse una generica indicazione di maturità, ma di concreti «saper fare» accertati, verificati e certificati. L'articolo 6 della legge così recita: «Il rilascio e il contenuto delle certificazioni di promozione, di idoneità e di superamento dell'esame di Stato sono ridisciplinati in armonia con le nuove disposizioni, al fine di dare trasparenza alle competenze, conoscenze e capacità acquisite secondo il piano di studi seguito, tenendo conto delle esigenze di circolazione dei titoli di studio nell'ambito dell'Unione europea». Si trattò di una innovazione, ma anche di una scommessa. Sarebbe riuscito il nostro sistema scolastico superiore, da sempre finalizzato a un esame di generica maturità, a passare a un esame centrato su competenze? Era sufficiente rifare il tetto della casa, perché tutto l'edificio cambiasse? La scommessa era forte. Una scuola che non aveva alcuna confidenza con le competenze sarebbe stato in grado di saperle promuovere, valutare e certificare? Alle indicazioni della legge occorreva un sostegno attivo e chiarificante …Per molti anni le commissioni hanno arrancato. E l'amministrazione nulla ha fatto per sostenere un esame del tutto nuovo Non abbiamo ancora un esame centrato sulle competenze, come la legge auspicava. In seguito l'Unione Europea ci ha dato una definizione certa di competenza, con il rapporto Deseco del 2003 e con le due Raccomandazioni del 18 dicembre 2006 e del 23 aprile 2008. Ora, siamo alla vigilia di un nuovo esame di Stato, che andrà in vigore con la tornata del 2015. Va ricordato che, oltre alle indicazioni UE, disponiamo anche delle indicazioni dell'EQF (European QualificationsFramework) e sappiamo che i titoli di studio della nostra istruzione secondaria di secondo grado corrispondono al livello quarto degli otto individuati dal suddetto EQF, come indicato dall'Accordo quadro del 20 dicembre 2012….

 

larepubblica.it - 25 giugno 2014

"Non sono solo numeri quelli seduti ai banchi

░ Di Maria Pia Veladiano.

Cvuole un bel coraggio a dar principio alla marcia contro il voto. Oggi tutti sono soprattutto giudici di ogni cosa e sono piuttosto infallibili e a tutti si danno pagelle, agli scrittori, ai Papi e anche ai professori. Ma la scuola senza voti non è cosa nuova e bizzarra. Ricordare che a Barbiana i voti non c’erano è banale solo se nella tranquillizzante schizofrenia che ci permette di pensare quell’esperienza come esemplare e nello stesso tempo improponibile. Nessuna esperienza pedagogica è riproducibile così come è stata, ma se una ha ben funzionato, e là i ragazzi imparavano egregiamente a leggere, a scrivere, la matematica, le lingue, e anche a vivere, è il caso di non farne un santino e guardarci dentro davvero per capire. Anche la scuola steineriana è senza i voti, che sono considerati lo strumento di un pericoloso ricatto pedagogico, o comunque un incentivo a essere competitivi e non creativi. E, più in grande, la mitizzata scuola finlandese, in cima alle indagini Ocse-Pisa sugli apprendimenti, non prevede voti per tutto il tempo della formazione di base. E ancora, qui in Italia la scuola del Trentino, a sua volta eccellente nei risultati, valuta (sufficiente, buono, distinto...) per aree di apprendimento fino alla quarta elementare, e comunque niente voti fino alla terza media e poi non si va sotto il quattro nelle pagelle delle superiori. Il voto sembra la scelta più semplice. Un giudizio articolato può non dir nulla per dieci righe, il voto invece ha una sua apparente seduttivatrasparenza. Tutti capiscono che cinque non va bene e tre è un disastro. Ma non è così. Che il disastro non riguarda mai la persona dello studente ma solo una disciplina, e nemmeno tutta ma solo un aspetto, ad esempio l’ortografia e non la fantasia, o il calcolo e non la logica, questo il voto non lo può dire. E nemmeno dice che può diventare il residuale strumento di potere di docenti stretti all’angolo, talvolta da una loro incapacità (a volte, bisogna dirlo, non a tutti dovrebbe essere permesso fare l’insegnante). Ma spesso anche dall’arroganza di studenti e famiglie che pretendono i risultati a scuola come dalla propria squadra di calcio. Se perde la partita la colpa è sempre dell’arbitro venduto e dell’allenatore impedito. Il voto non è la valutazione, lo sappiamo. Senza voti si può fare scuola e può essere anche pedagogicamente vincente questo andare controvento rispetto a una società che tende a mettere in numero tutto, e invece la scuola è soprattutto pazienza e sapienza di tempi di crescita diversi, e il riconoscimento di modi liberi di diventare quel che si desidera e si può diventare. È non lasciare nulla di intentato. Proprio le esperienze che hanno già una loro storia ci consegnano una serie di attenzioni, che sono forse vere e proprie condizioni: centralità del rapporto studente-docente,  e poi formazione degli insegnanti, che vivono nello stesso mondo dei loro studenti e non possono passare la loro vita in aula a inseguirlo arrancando dietro conoscenze (non solo digitali) che i ragazzi maneggiano dallamaterna.

 

corrieredellasera.it - 27 giugno 2014

"Censis, la scuola è un ascensore sociale che va solo in discesa

░ Uno studio del Censis evidenzia come solo il 16,4% di chi ha studiato ha fatto un salto di qualità rispetto alla condizione della sua famiglia.

Sale la sfiducia degli italiani nella scuola che non funziona più da «ascensore sociale». È quanto emerge da uno studio del Censis presentato giovedì mattina: se una volta si studiava per migliorare la propria posizione, oggi il sistema educativo sta perdendo la tradizionale capacità di garantire opportunità occupazionali. Di più: la scuola è percepita come inutile: si lavora o non si lavora indipendentemente da quanto si è studiato. Anzi: meno hai studiato più hai possibilità di lavorare. Anche perché i lavori non qualificati sono gli unici ad essere aumentati negli anni della crisi, dal 2009 a oggi (+16,8%). Per contro, quelli che richiedevano una qualificazione media (per esempio il diploma) sono scesi del 3,9% e quelli per soli laureati del 9,9%. Un diplomato su tre che abbia un’occupazione, fa un lavoro dequalificato rispetto al suo titolo di studio e la percentuale sale a quasi il 37 per i laureati.

Rispetto all’anno precedente, nell’anno accademico 2011/2012 si sono registrate circa 9.400 immatricolazioni in meno (-3,3%). Il tasso di passaggio dalla scuola all’università tra i 18-19enni è sceso dal 50,8% del 2009/2010 al 47,3% del 2011/2012. Anche tra chi si iscrive all’università emergono presto segni di stanchezza e disaffezione. Nel 2011/2012 ha abbandonato gli studi tra il primo e il secondo anno il 15,4% degli iscritti alle lauree triennali e il 10% degli iscritti alle lauree a ciclo unico. Solo uno studente su quattro arriva a conseguire il titolo alla fine dei tre anni canonici e il 43,6% si laurea in un corso diverso da quello di immatricolazione. … Tra il 2007 e il 2011, il numero di studenti italiani iscritti in università straniere è aumentato del 51,2%, passando da 41.394 a 62.580…. Crisi e frustrazione determinano la fuga anche dai gradini più bassi del percorso di studi. Nell’anno scolastico 2013/2014 risulta «disperso» nell’arco di un quinquennio il 27,9% dei ragazzi «in formazione», cioè all’interno di un percorso scolastico: circa 164mila giovani. …. Complessivamente, si può stimare che la scuola statale ha perso nel giro di 15 anni circa 2,8 milioni di giovani, di cui solo 700mila hanno poi proseguito gli studi nella scuola non statale o nella formazione professionale, oppure hanno trovato un lavoro.

 

tuttoscuola.com - 27 giugno 2014

"Dura presa di posizione della Cgil-scuola nei confronti del ministro

 Volano parole grosse. La Cgil-scuola grida che il ministro ha detto sciocchezze sulla questione del ritardo dei pagamenti dei supplenti. Certo è che si profila un problema: quanto durerà la Giannini al MIUR, visto che la sua dimensione politica sè assottigliata e c’è già l’elenco dei possibili subentranti ?

Ci aveva sorpreso la risposta ad una interrogazione parlamentare del ministro Giannini a proposito del ritardo nel pagamento dei supplenti, imputabile, a suo dire, alle segreterie delle scuole. Anche la Cgil-scuolaera rimasta sorpresa per quella risposta, ma non ha concesso sconti al ministro con una presa di posizione dai toni molto critici.“Apprendiamo che il Ministro Giannini,rispondendo ad una interpellanza parlamentare sui cronici ritardi che si registrano nel pagare i supplenti, non ha trovato di meglio che chiamare in causa gli errori delle scuole –dichiara il sindacato di Mimmo Pantaleo. I motivi veri sono i seguenti: mancano “cronicamente” i fondi, che vengono accreditati in ritardo alle scuole, il sistema informatico fa acqua da tutte le parti, il MIUR deve mendicare i fondi di volta in volta al MEF. Che cosa c’entrano le scuole? Se fosse vero quanto dice il Ministro a doversi lamentare dovrebbero essere solo le scuole “che sbagliano”. Ma quando sono tutte le scuole italiane a denunciare questo fenomeno, davvero si può sostenere questa stravaganza? Recentemente il personale di segreteria ha lavorato di sabato e di domenica pur di garantire il regolare svolgimento degli esami di Stato dopo che il SIDI era rimasto bloccato per diversi giorni: basta leggere i diversi comunicati del Sistema Informativo del MIUR che a più riprese cercava di rassicurare le scuole con messaggi del tipo “Scusate il disagio, stiamo lavorando per voi”. Tutto ciò in uno dei periodi più caldi per gli adempimenti delle segreterie scolastiche. Dopo avere chiarito la reale situazione delle segreterie, smentendo di fatto il ministro, l’Flcgil incalza: “Da tempo un tavolo tecnico istituito presso il Dipartimento delle risorse umane del MIUR, a seguito di una proclamazione dello stato di agitazione della FLC all’inizio del presente anno scolastico, ha individuato con le organizzazioni sindacali la soluzione: liquidazione diretta da parte del MEF, feedback tra dati immessi e risorse disponibili quasi immediato, lettura dei pagamenti sospesi nel giro di una giornata, emissione settimanale, visualizzazione costante dei dati da parte delle singole scuole su ogni contratto. Si lascino in pace le scuole, dunque, e anzi le si ringrazino per le mille fatiche aggiuntive che devono fare per sopperire alle insufficienze di MIUR e MEF, e si riattivi il tavolo tecnico dando corso a quanto congiuntamente elaborato”.La conclusione del sindacato è molto pesante, sia nei confronti del ministero che dello stesso ministro Giannini: La verità è che il MIUR non garantisce più il governo del sistema d'istruzione e formazione nel nostro Paese e non si può pensare di risolvere i problemi scaricando su altri le proprie responsabilità.Il Ministro Giannini si informi meglio prima di dire colossali sciocchezze.

 

Larepubblica.it - 28 giugno 2014

"La carica dei 147mila aspiranti prof. E il governo prepara una rivoluzione sul reclutamento

░ Al via i test preselettivi dei Tirocini Formativi attivi, porta di ingresso all'insegnamento. Tante le richieste ma i posti a disposizione sono solo 22748. Dal 2015 partiranno i concorsi, con cadenza biennale. Ma saranno tutelati i precari storici: a loro la metà dei posti disponibili.

E’ corsa per diventare insegnanti. Ma il governo Renzi prepara una mezza rivoluzione sul reclutamento. I dati comunicati questa mattina dal ministero dell'Istruzione confermano la grande fame di posti di lavoro nelle scuole italiane. I quasi 147mila aspiranti al Tirocinio formativo attivo - il Tfa - la dicono lunga sulla situazione lavorativa nel nostro Paese. A farcela, infatti, sarà poco meno di un aspirante su sette. Perché il Miur, a fronte della grande richiesta di ingressi, ha messo a disposizione "soltanto" 22.478 posti. Da alcuni anni a questa parte, per evitare di creare nuovo precariato, si programmano i fabbisogni della scuola del futuro. Due anni fa, furono ancora di più - 176mila - gli iscritti al primo ciclo del Tfa, ma poi si presentarono in 115mila. … Questo primo passaggio - il superamento del Tfa - sarà soltanto il primo gradino per salire in cattedra. Il primo cantiere sulla scuola voluto dal premier Renzista lavorando sulle nuove modalità di reclutamento. Sui dettagli vige il più stretto riserbo. Ma qualche voce comincia a circolare. A partire dal 2015, come ha annunciato lo stesso ministro Giannini, partiranno i concorsi che avranno cadenza biennale."Abbiamo un'occasione unica per un ricambio generazionale che non possiamo perdere: tra il 2017 e il 2022 il 40 per cento degli attuali insegnanti andrà in pensione e questa è l'occasione per sostituirli con docenti più attrezzati e rispondenti alle esigenze della scuola del futuro", conclude il sottosegretario Reggi. Ma occorrerà fare i conti con 168mila precari storici inseriti nelle graduatorie ad esaurimento. Per questa ragione, il nuovo reclutamento contemplerà un periodo di transizione della durata di 6/8 anni in cui metà dei posti disponibili andranno ai precari storici ….

 

Pubblichiamo alcuni articoli sull'accordo raggiunto all'Aran sul recupero degli scatti di anzianità del personale scolastico 2012 e sul convegno "Contratti flessibili e tutele possibili: il caso Sicilia" che si terrà a Palermo il 20 giugno 2014.

Raggiunto all'Aran accordo sul recupero degli scatti di anzianità 2012 del personale scolastico

Corriere della Sera: Insegnanti, arrivano gli scatti di anzianità 2012, ma la Cgil non ci sta

ANSA: Scuola: scatti; Anief, firmato 'recupero' su pelle istituti
(ANSA) - ROMA, 11 GIU - L'accordo raggiunto all'Aran sul recupero degli scatti di anzianità del personale scolastico 2012 "non può rallegrare né il personale né l'utenza". Lo afferma l'Anief sottolineando che l'intesa prevede anche "una sostanziosa sottrazione di fondi, circa 1 miliardo e 300 milioni in soli tre anni, destinati agli istituti attraverso il Miglioramento dell'offerta formativa". "Per permettere di assolvere il diritto degli aumenti stipendiali automatici vengono tagliati in modo irrecuperabile - spiega il sindacato - 124 milioni di euro nel 2013 (che si aggiungono ad altri 280 già cancellati), circa 550 milioni per il 2014 e 350 milioni per il prossimo anno. Con la prospettiva che il taglio di oltre un terzo del Mof, il 34% di meno di un miliardo di euro complessivi, diventi permanente". Facendo notare che l'accordo "non si applica ai 140.000 precari, lascia fuori i 100.000 assunti a tempo indeterminato dal 2011 per i quali questi anni trascorsi non valgono ai fini della ricostruzione di carriera, non è indicizzato al costo della vita per chi tra i restanti 760.000 dipendenti della scuola ha maturato lo scatto nel 20122, l'Anief osserva che qualora fosse stato applicato l'aumento minimo previsto dalla legge in caso di mancato rinnovo del contratto, qual è appunto l'indennità di vacanza contrattuale, "oggi tutti i dipendenti della scuola avrebbero in busta paga quasi 1.200 euro in più ogni anno". "L'unica buona notizia dell'accordo sottoscritto oggi all'Aran - conclude Pacifico - è l'aver messo al sicuro le posizioni economiche dell'ultimo triennio scolastico, dal settembre 2011 al 31 agosto 2014, scongiurando il pericolo, come ha sempre chiesto Anief, di restituire dei soldi già percepiti con lo stipendio". A queste condizioni, quindi, il sindacato conferma la linea dei ricorsi ai giudici per rivendicare l'illegittimo blocco contrattuale. (ANSA).

ANSA-FOCUS: Scuola: intesa all'Aran archivia vertenza 'scatti'
Resta 'no' Cgil a prelievo Mof.Giannini,si lavora per integrarlo
ROMA, 11 GIU - Partita chiusa. Con la firma stamani all'Aran di un'intesa con i sindacati è stata archiviata la vertenza, che si trascinava da mesi, per il recupero degli scatti del personale della scuola relativi al 2012. Rimangono, a questo punto, da recuperare quelli dell'anno successivo. L'accordo è stato firmato da tutti i sindacati ad eccezione della Flc-Cgil che ha sottoscritto soltanto la parte riguardante il "salvataggio" delle posizioni economiche del personale Ata relative al periodo 1 settembre 2011-31 agosto 2014. Un'adesione parziale prevedibile visto che il sindacato guidato da Mimmo Pantaleo sin dall'inizio si é detto assolutamente contrario a retribuire gli scatti attingendo dal fondo di istituto. Anche l'Anief boccia il recupero "sulla pelle delle scuole". Ma il ministro Giannini rassicura: "con l'accordo siglato oggi si scongiura definitivamente la possibilità che il personale debba restituire, a causa di un pasticcio burocratico ereditato dal passato, somme già percepite. Ora dobbiamo lavorare per integrare il Fondo per il Miglioramento dell'Offerta Formativa in parte utilizzato proprio per coprire gli scatti". L'intesa, in sintesi prevede che saranno pagati gli scatti di anzianità per coloro che li hanno maturati a dicembre 2012 con un riconoscimento economico che permane per i prossimi anni; saranno pagati gli arretrati con decorrenza gennaio 2013; per tutto il personale viene riconosciuto l'anno 2012 ai fini della riconoscimento giuridico dell'anzianità e della pensione; per il personale Ata, per il quale è stato sottoscritto specifico contratto, saranno pagate le posizioni economiche fino ad agosto 2014. "Ancora una volta - commenta Pantaleo - i lavoratori debbono sottostare al ricatto di recuperare le risorse necessarie per gli scatti (un diritto contrattuale) tagliando il Fondo di Istituto che garantisce prestazioni essenziali alle attività progettuali e qualificate per alunni. Quest'ultima intesa indebolisce ulteriormente la contrattazione decentrata a fronte della mancanza di impegni per il rinnovo dei Contratti Nazionali. Tuttavia siamo pronti a rivedere il nostro giudizio se interverranno fatti nuovi". Su una diversa lunghezza d'onda gli altri sindacati che tuttavia ora sollecitano il rinnovo del contratto di lavoro del settore, fermo da sette anni. " Avevamo come obiettivo prioritario la tutela del salario fondamentale e lo abbiamo conseguito nell'unico modo oggi possibile, assumendoci ancora una volta la responsabilità delle scelte necessarie" ha commentato il segretario generale della Cisl scuola, Francesco Scrima. Di accordo "importante" e "utile" parla il segretario generale della Uil scuola, Massimo Di Menna che coglie l'occasione per chiedere al Premier di trasformare "gli annunci sull'importanza della scuola e del lavoro che vi si svolge in proposte concrete". L'accordo "consente di evitare una doppia penalizzazione per il personale della scuola con il blocco dell'anzianità e delle posizioni economiche Ata" sottolinea il segretario generale dello Snals-Confsal, Marco Paolo Nigi, ricordando che il personale della scuola "già subisce, come tutto il pubblico impiego, le conseguenze negative del blocco contrattuale in atto da anni, e questo nonostante l'evoluzione normativa e le riforme in atto abbiano determinato continui aggravi in termini di prestazioni, soprattutto per gli adempimenti burocratici". "Abbiamo portato a casa un risultato importante per tutti i docenti ma non possiamo esultare perché - conclude il coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, Rino Di Meglio - manca ancora all'appello lo scatto del 2013". (ANSA).

Corriere dell'università: Aran – Raggiunto l’accordo sugli scatti d’anzianità: recuperato il 2012, ma a spese del MOF

Tuttoscuola: Scatti: Flc Cgil firma solo per ATA

Orizzonte Scuola: Scatti di anzianità. Recuperato il 2012 e salve posizioni economiche Ata. Sacrificato fondo di istituto

Tecnica della Scuola: Incontro Aran-Sindacati: salvi anche gli scatti del 2012, ma la Flc-Cgil non firma

Informazione Scuola: Scatti d’anzianità – nessuna restituzione in busta paga

IMG Press: Scatti anzianità 2012, all’Aran firmato un recupero sulla pelle delle scuole: perderanno 1,3 miliardi in tre anni

Italpress: Scuola: scatti anzianità 2012, Anief "All'Aran recupero su pelle istituti"

Giornale di Sicilia: Scuola, il personale avrà gli scatti del 2012

Aris: Visite pediatriche, abusi sui minori e stipendi degli insegnanti

La Discussione: Scuola: Anief ricorre a Corte Ue diritti uomo"Contratto per pochi eletti"

AgenParl: Scuola: Pacifico (Anief), Governo vuole sopprimere gli scatti di anzianità

 

Venerdì 20 giugno 2014 convegno a Palermo su precari e contratti flessibili

Sicilia informazioni: Precari della regione, convegno a Palazzo dei Normanni

AgenParl: Anief, convegno su contratti flessibili e tutele possibile il 20 giugno a Palermo

Italpress: Lavoro: Palermo, venerdì convegno Anief su precari e contratti flessibili

Italpress: ARS: venerdì a Palermo esperti a confronto su precariato P.A.

Libero: Lavoro: Sicilia, all'Ars esperti a confronto su precariato

Adnkronos
Palermo, 18 giu. (Adnkronos) - "Contratti flessibili e tutele possibili: il caso Sicilia". Sarà questo il tema del convegno che si svolgerà venerdì 20 giugno, presso la Sala Gialla dell'Assemblea Regionale Siciliana. Il dibattito vedrà confrontarsi giudici, avvocati e professori provenienti da tutta Italia sul fenomeno del precariato nella pubblica amministrazione e in particolare sul precariato siciliano che coinvolge gran parte degli enti Locali e degli enti pubblici.
Il convegno è organizzato dalla vice presidenza dell'Assemblea Regionale Siciliana per volontà del deputato Antonio Venturino (Psi) che negli ultimi mesi ha approntato quattro disegni di legge tesi alla stabilizzazione ad invarianza di spesa dei precari delle pubbliche amministrazioni, individuando soluzioni legislative e proposte concertate con gli stessi lavoratori, nel corso di un tour di incontri con i precari delle pubbliche amministrazioni in tutta la Sicilia. "E' necessario -spiega il deputato regionale- che le istituzioni incontrino i cittadini per fare il punto sulla situazione. Il precariato come ho più volte sottolineato è un fenomeno creato a mio avviso ad hoc da decenni di miopia politica, utile forse a creare sacche di consenso politico, a tutto discapito però della serenità di migliaia di famiglie che oggi non hanno certezza non solo del domani, ma dello stesso presente".
Saranno presenti Sergio Galleano avvocato del Foro di Milano, Paolo Coppola giudice del lavoro Tribunale di Napoli, Lorenzo Maria Dentici aggregato di diritto del lavoro all'università di Palermo, Vincenzo De Michele avvocato del Foro di Foggia, Giuseppe Bronzini giudice della Corte di Cassazione e curatore del sito europeanrights.eu, Marcello Pacifico segretario Confedir e presidente Anief.

Repubblica - Ed. Palermo: Lavoro: Sicilia, all'Ars esperti a confronto su precariato

Link Sicilia: Precari della PA, venerdì un convegno a Palermo

Blog Sicilia: Jobs act “sciagurato” per le Regioni. Da Palermo l’affondo degli “esperti”

Italpress: P.A.: esercito di precari in Sicilia, sono 18500 oltre a 5600 lsu

Sicilia Informazioni: “Jobs Act di Renzi? Sciagurato contro Regioni ed Enti locali”

Enna Press: Il vice presidente dell’Ars Antonio Venturino su vicenda precari

 www.scuolaoggi.org - 12 giugno 2014

"Terza media, l'esame fuori tempo. Il test Invalsi slegato rispetto alla valutazione dei docenti

░ Riportiamo un’articolata, approfondita riflessione del prof. Tiriticco. I nostri lettori noteranno i numerosi punti di convergenza tra la posizione dell’ANIEF e l’insegnamento dell’eminente pedagogista.Questa convergenza dovrebbe aprire gli occhi ai decisori della politica della scuola: gli argomenti a critica non escono dalla testa di focosi giovani inesperti di Scuola ma da uno che vi ha avuto responsabilità altissime, specifiche proprio nell’ambito della valutazione di sistema.    

Com’è noto, nel 2007 con il dm 139, l’obbligo di istruzione è stato innalzato di due anni. Si è trattato di una iniziativa largamente attesa, perché in una società ad alto sviluppo otto anni di istruzione obbligatoria erano veramente pochi, stante l’incremento di quelle competenze di base estremamente necessarie per qualsiasi processo lavorativo. In effetti nella “società della conoscenza” la tradizionale separatezza tra lavoro manuale e lavoro intellettuale si sta attenuando sempre più rapidamente, e non c’è attività che non richieda anche conoscenze di base di alto profilo. In seguito al citato dm, ci si aspettava che il tradizionale diaframma tra scuola media e istruzione secondaria superiore si andasse via viaattenuando e che la verifica delle competenze di cittadinanza e delle competenze culturali acquisite dagli studenti, puntualmente definite nel citato dm e debitamente coordinate con quanto richiesto dall’Unione europea a tutti i sistemi scolastici degli Stati membri, costituisse il vero momento terminale di dieci anni di studi obbligatori. Ma questa attesa non si è mai realizzata. Le ragioni di tale insuccesso sono almeno tre: a) le difficoltà che hanno incontrato le istituzioni scolastiche di secondo grado nel progettate i percorsi del primo biennio di studi obbligatori assicurando quella “equivalenza formativa” prevista dal citato dm, la quale avrebbe dovuto permettere di superare la tradizionale diversità dei tre ordini; b) il fatto che sono state indicate modalità per la procedura certificativa molto approssimate; c) il fatto che la certificazione stessa viene rilasciata solo a domanda dell’interessato. Sarebbe stato opportuno rivedere la normativa relativa all’esame di Stato conclusivo della scuola media, in quanto questa non costituisce più il momento terminale dell’obbligo di istruzione. E’ opportuno rilevare che la Costituzione prevede che al termine di un ciclo di istruzione vi sia un esame di Stato. Però, a tutt’oggi il primo ciclo di istruzione, per norma, non si conclude a 16 anni di età, cioè a conclusione dell’obbligo di istruzione, come sembrerebbe opportuno, ma ancora al termine della scuola media. … In questi giorni gli alunni della scuola media continuano ad affrontare un esame lungo e complesso ! Si tratta di ben cinque prove scritte disciplinari e di un colloquio pluridisciplinare. Tra le prove scritte figura quella nazionale proposta dall’Invalsi, che “fa media” con le altre. Il profilo dell’esame è, quindi, eccessivo rispetto al fatto che il diploma di terza media oggi non ha più alcun effetto legale, stante l’avvenuto innalzamento dell’obbligo di istruzione. La prova Invalsi riguarda due discipline, l’italiano e la matematica. E qui sorge un interrogativo: non sono sufficienti le prove di italiano e di matematica amministrate dalle scuole? Un alunno potrebbe superare la prova della scuola e non quella dell’Invalsi o viceversa. Non costituisce quindi questa prova un doppione e una invasione di campo? Forse lo Stato non si fida delle sue istituzioni scolastiche? Alle quali, però, ha riconosciuto l’autonomi, didattica, organizzativa, di ricerca, sperimentazione e sviluppo. E sono le medesime istituzioni che “individuano inoltre le modalità e i criteri di valutazione degli alunni nel rispetto della normativa nazionale” (dpr 275/99, art. 4, c. 4)…. Ci troviamo di fronte a un profondo divario: da un lato c’è un Invalsi che, in materia di valutazione, interviene a gamba tesa su tutte le nostre scuole, perfino a modificare gli esiti di un esame di Stato, le cui commissioni sono di fatto sottoposte ad una sorta di regime di vigilanza; dall’altro ci sono le nostre scuole che in materia di valutazione ancora si cimentano con prove e criteri valutativi lontani anni luce dalle proposte imposte dall’Invalsi. Ora si prospetta anche l’eventualità che la terza prova pluridisciplinare degli esami di Stato conclusivi del secondo ciclo di istruzione sia affidata all’Invalsi. In tal caso le commissioni di esame gestirebbero “in proprio” solo il colloquio. E’ noto che, tra le sei tipologie proposte alle commissioni per la confezione della terza prova, queste scelgono la prima e la seconda, considerate “più facili” rispetto alle altre. Anche in questo caso va sottolineato il fatto che confezionare una terza prova… ben fatta, non è affatto una cosa semplice, e richiede tempi e competenze che a volte le commissioni non hanno. Anche in questo caso, a mio avviso, il problema non è intervenire pesantemente a sottrarre compiti agli insegnanti commissari, ma “attrezzarli” perché possano produrre una terza prova con quella competenza che essa richiede ed esige.

 

orizzontescuola.it - 12 giugno 2014

"Terremoto su graduatorie ad esaurimento. Anief: ai 150mila abilitati SSIS e assimilati spetta bonus 6 punti

░ Il Consiglio di Stato dà ragione all’Anief: il bonus di 6 punti nelle graduatorie ad esaurimento dei docenti spetta esclusivamente agli abilitati SSIS e assimilati. Respinti in via definitiva gli appelli del Miurle sentenze ottenute dal sindacato ANIEF diventano definitive. Il Presidente Marcello Pacifico è ovviamente a buona ragione incontenibile,pronto a chiedere il commissariamento del ministero se le sentenze non saranno immediatamente eseguite. E il MIUR sa che Pacifico non transige: già una volta ha ottenuto che commissari sostituissero i funzionari periferici per dare attuazione alla sentenza sulla questione ‘pettine-coda’; in quella circostanzafu la Gelmini a subire l’onta ma il trattamento sarebbe identico nei confronti del governo Renzi.

Clamoroso e definitivo epilogo quello deciso dai giudici del Consiglio di Stato, che scrivono la parola ‘fine’ su un contenzioso durato anni e confermano la tesi dell’Anief e dei suoi legali, avv.ti Fabio Ganci e Walter Miceli: il bonus di 6 punti nelle graduatorie a esaurimento spetta esclusivamente ai 154.394 docenti in possesso di titolo SSIS (Scuole di specializzazione all’insegnamento nella Secondaria) o assimilato (Scienze Formazione Primaria, AfamCobaslid). Nel 2004, però, questo bonus di 6 punti era stato esteso anche a tutte le altre abilitazioni, di fatto annullandone il valore premiale riservato solo a coloro che si erano sobbarcati l’onere di un corso di specializzazione pluriennale per diventare insegnanti. Per questo motivo, l’Anief ha patrocinato in questi anni i ricorsi di migliaia di “sissini” che chiedevano il ripristino del bonus di 6 punti. Oggi la decisione definitiva dei giudici di Palazzo Spada che si sono definitivamente pronunciati contro il Ministero, sancendo in modo perentorio l’esclusività del diritto al bonus di 6 punti per i soli abilitati SSIS e assimilati. Abbiamo chiesto al Miur in diverse occasioni – dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativoConfedir – di cambiare la tabella di valutazione titoli delle graduatorie ad esaurimento. Ma dal ministero hanno sempre preferito fare orecchie da mercante. Adesso il tempo degli appelli è finito: le sentenze sono arrivate e chiudono la questione in modo definitivo. Per questo – conclude Pacifico – adesso chiederemo al TAR di far eseguire le sentenze immediatamente, perché non si perda altro tempo prezioso. L’applicazione delle sentenze, infatti, riguarda tutti gli abilitati SSIS, SFP, Afam e Cobalid, che abbiano o meno fatto ricorso in questi anni. L’Anief, pertanto, patrocinerà il ricorso sia per i ricorrenti direttamente interessati dai pronunciamenti odierni, che – attraverso un intervento ad adiuvandum – per tutti coloro che avevano proposto ricorso (con Anief o altri sindacati o legali) ma sono ancora in attesa di una sentenza o della sua applicazione. Allo stesso modo, possono aderire al ricorso per l’ottemperanza anche tutti coloro che non lo hanno fatto finora. “Il giudizio di ottemperanza che stiamo per chiedere al TAR – aggiunge Pacifico – è un passaggio fondamentale. Solo l’adesione massiccia degli interessati, cioè di tutti gli abilitati SSIS,AfamCobaslid, SFP, non importa se già ricorrenti o meno, garantirà l’applicazione delle sentenze in tutte le province e per tutte le classi di concorso. E se in Viale Trastevere si volesse ancora fare ‘melina’ – conclude il presidente Anief – siamo anche pronti a chiedere il commissariamento del ministero. AlMiur sanno che non scherziamo…

 

www.flcgil.it - 13 giugno 2014

"Organici scuola 2014/2015: docenti, la FLC impugna la circolare

░ La FLC CGIL ha notificato al Tar Lazio il ricorso contro la circolare n. 34/2014 del Miurrelativa alla determinazione dell’organico del personale docente per l’a.s. 2014/15.  Non si può continuare a bloccare gli organici del personale docente, a prescindere dal fabbisogno.   

Secondo la FLC CGIL la circolare del Miur è illegittima, lesiva dei diritti dei lavoratori e, più in generale, del diritto all’istruzione costituzionalmente garantito. È illegittima perché detta circolare è stata adottata sulla base di un atto normativo -lo schema di Decreto Interministeriale- ad oggi ancora inesistente o non pubblicato e pertanto da ritenersi privo di efficacia dal punto di vista giuridico. Ciò comporta la nullità della stessa circolare sugli organici che si basa sui contenuti dello schema interministeriale. È lesiva del diritto dei lavoratori e del diritto all’istruzione degli alunni perché, a fronte di un forte incremento delle iscrizioni previsto dallo stesso ministero per il prossimo anno scolastico (+33.997 unità), il Miur impone la stessa determinazione di organico relativa all’a.s. 2011-12, ovvero risalente a tre anni fa!... Questi provvedimenti normativi riducono e penalizzano l’offerta formativa pubblica e pertanto sono palesemente illegittimi perché comprimono la funzione istituzionale dell’istruzione pubblica così come prevista dalla Costituzione. Per la sua rilevanza costituzionale l’istruzione pubblica non può essere condizionata da meri “obiettivi finanziari di risparmio” come ripetutamente afferma la circolare del Miur ma deve essere comunque garantita a tutti e ciascuno. Per tutti questi motivi la FLC CGIL ha impugnato gli atti del Miur chiedendo al Tar di annullarli ….

 

Latecnicadella scuola.it - 14 giugno 2014

"Riforma PA, tremano docenti, dirigenti e Atain soprannumero: rischiano il trasferimento?

░ di Alessandro Giuliani.

I dipendenti della scuola – docenti, dirigenti, educatori, DsgaAta - fanno parte dell’amministrazione pubblica: quindi rientrano anche loro nel trasferimento obbligatorio in un altro comparto che detiene posti vacanti? A domandarselo sono in tanti, sicuramente i migliaia di soprannumerari, soprattutto insegnanti (quest’anno se ne contavano più di 8mila), che qualora non venissero ricollocati potrebbero rientrare in questa norma inserita il 13 giugno dal CdM nel decreto di riforma della Pubblica Amministrazione. Per il momento, dobbiamo accontentarci delle informazioni certe: il trasferimento avverrà nello stesso Comune di residenza oppure in un raggio di 50 chilometri, con l’entità dello stipendio che verrà garantito anche nel nuovo comparto. E di quanto contenuto nel “freddo” comunicato del Consiglio dei ministri, dove si parla di “nuove disposizioni perché le amministrazioni possano ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti in servizio presso altre amministrazioni”… Scuola inclusa o meno, la norma (che nei prossimi giorni, come tutte le altre che compongono la riforma della PA, sarà al vaglio dei due rami del Parlamento), non sembra piacere ai sindacatiIn attesa di prendere visione del provvedimento definitivo approvato dal CdMAnief-Confedir ha dato mandato ai propri legali di valutare la possibilità di ricorrere in tribunale per valutare l’entità del contrasto contro le norme comunitarie sui trasferimenti da un settore pubblico all’altro”….

 

latecnicadellascuola.it - 16 giugno 2014

"I precari della scuola rispondono alla Ministra Giannini

░ Un documento inviato dal “Coordinamento Precari Scuola Bologna”, e pubblicato nella rubrica: I lettori ci scrivonoRiportiamo.

È così assurdo chiedere l’assunzione per tutti i precari della scuola?! È normale, invece,...1) Che il Miur preveda un piano di assunzioni annuale di soli 14000 docenti nonostante ammetta che la massa indistinta di “aventi titolo” (cioè che avrebbero il diritto ad essere assunti in ruolo)  conti in ben 500.000 precari? 2) Che ogni anno ci siano più di 120000 precari assunti con contratto annuale dal Ministero + decine di migliaia assunti per le supplenze brevi? 3) Che lo Stato italiano preferisca pagare multe all’Unione Europea invece di assumere questi precari che sfrutta da anni? 4) Che il Miur riduca il numero di docenti e di classi mentre la popolazione degli studenti aumenta? 5) Che in Italia il diritto all’Istruzione Pubblica sia tenuto sotto scacco dal Ministero dell’Economia e delle Finanze? 6) Che il Miur e i vari governi, a seconda dell’opportunità politica, cambino continuamente le regole del “gioco” a partita iniziata, infischiandosene di travolgere i progetti di vita di migliaia di persone? 7) Che il MIur abbia bandito un concorso (2012) quando ci sono graduatorie colme di docenti formati e con il diritto acquisito all'assunzione? 8) Che il Miur abbia bandito un concorso (2012) che escludeva dalla sua partecipazione – per questione di tempo - i nuovi abilitati TFA, ma che ammetteva chi non aveva mai avuto contatti col mondo scolastico (laureati 2001/2002)? 9) Che il Miur, dopo il blocco di 4 anni di tutti i corsi abilitanti, non si sia preoccupato di abilitare prima chi da anni lavora già nella scuola? 10) Che il Miur abiliti con dispendiosi percorsi a pagamento (es. SSIS, TFA e PAS) senza garantire  alcun posto di lavoro?11) Che i corsi di abilitazione siano organizzati infischiandosene sia della necessità di lavorare dei partecipanti, sia del regolare funzionamento dell’Istituzione scolastica ai danni degli alunni? 12) Che ilMiur istituisca i percorsi formativi per l’insegnamento non secondo il reale fabbisogno, ma per creare concorrenti e procurare risorse ai bilanci delle Università?. Nell’ottica del Ministero tutto ciò è normale amministrazione che serve a dispensare speranze e delusioni con le quali continua a gestire la progressiva riduzione di risorse e diritti della scuola e dei suoi lavoratori.

Inoltre, noi continuiamo a formarci a nostre spese, mentre lo Stato – a seconda delle varie retoriche che di volta in volta vuole proporre – gioca con il nostro diritto a lavorare e ad essere assunti in ruolo.

In questo contesto, qualsiasi logica del merito va respinta al mittente: abbiamo tutti acquisito il pieno diritto alla nostra assunzione! Piuttosto, lo Stato dovrebbe  prima sanare la situazione attuale con una assunzione di massa di tutto il personale che sta sfruttando per il normale funzionamento della sua scuola statale. E così, finalmente, si verrebbe a costituire un organico ampio  che sarebbe in grado di dare risposta alla richiesta di più tempo-scuola emersa dalla società e di affrontare le principali necessità aggiuntive rispetto al normale insegnamento di cattedra, come i corsi di recupero e potenziamento, il tempo pieno, la progettazione didattica, le compresenze, la sostituzione di colleghi, eccetera  In futuro, dovrà finire questa doppia faccia del Miur che da un lato seleziona e abilita pretendendo soldi e energie, e dall'altro riduce i posti di lavoro e finge di non aver mai avuto bisogno dei suoi lavoratori precari. Vogliamo che la precarietà finisca? Il Miur assuma stabilmente i futuri docenti che ha selezionato e poi li formi a sue spese. Solo così si garantisce dignità lavorativa a coloro i quali hanno deciso di investire la propria vita nella Scuola Pubblica; solo così si può manifestare la reale volontà politica di migliorare l’esistente. Il resto è fuffa. Buone ferie coatte e buona disoccupazione a tutti/e

 

ItaliaOggi - 17 giugno 2014

"Il governo cala l'asso del part-time

 Gli insegnanti giunti agli ultimi anni di carriera che, potendolo, accettassero il contratto part time rinunciando a metà stipendio darebbero un contributo alla staffetta generazionale e al ringiovanimento degli organici; rispetto ai colleghi che questo passo lo hanno fatto fino a ieri, avrebbero il vantaggio dell’integrazione contributiva a carico dello Stato, perché «All'atto del collocamento a riposo, il dipendente ha diritto al trattamento di quiescenza e previdenza che gli sarebbe spettato se fosse rimasto in servizio a tempo pieno nell'ultimo quinquennio». L’ANIEF, il sindacato creato dai precari, attende con molto interesse gli sviluppi di questa iniziativa del governo.

Nulla di obbligatorio per i lavoratori. Ma una possibilità generalizzata di accedere al part-time negli ultimi 5 anni di lavoro. Se lo stipendio sarà dimezzato o quasi, la pensione, a differenza di quanto accade oggi, sarà piena. Una sorta di prepensionamento quello che potrà scattare per docenti e personale ausiliario, tecnico e amministrativo, fuori i dirigenti, con il disegno di legge delega di semplificazione approvato venerdì scorso dal consiglio dei ministri. Un'apertura che potrebbe interessare, secondo le prime stime, circa 80 mila docenti e 10 mila Ata su un contingente di circa 900mila unità. Liberando sulla carta 45 mila posti pieni, un contributo reale all'annunciata staffetta generazionale. Sulla carta, perché rinunciare a metà stipendio non è scelta da poco e poi perché, tra spezzoni ed esuberi, fare una stima delle cattedre liberabili diventa difficile. «Nel quinquennio antecedente alla data di collocamento a riposo, la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale con una prestazione lavorativa al 50% è riconosciuta al personale non dirigente delle pubbliche amministrazioni». Si tratta di un diritto del lavoratore, non subordinato, a differenza di quanto avviene oggi, alla valutazione discrezionale dell'amministrazione che potrà solo posticiparlo al massimo per tre mesi nei casi in cui ci sia il rischio di un «grave pregiudizio alla funzionalità» dei servizi. Nella legislazione vigente, invece, l'amministrazione deve tra l'altro rispettare un tetto pari al 25 per cento della dotazione organica complessiva del personale a tempo pieno in ciascuna classe di concorso a cattedre o posti di ciascun ruolo e, comunque, i limiti di spesa massima annua prevista per la dotazione organica. Tutti limiti superati per chi si ritrova ad essere a 5 anni dalla pensione e ricade nella nuova normativa. «All'atto del collocamento a riposo il dipendente ha diritto al trattamento di quiescenza e previdenza che gli sarebbe spettato se fosse rimasto in servizio a tempo pieno nell'ultimo quinquennio». Visto che tutti vanno in pensione in regime contributivo questo significa che lo stato pagherà le spese per le contribuzioni mancanti. Una novità che potrebbe rendere interessante la norma, soprattutto a quanti hanno necessità personali che li inducono a lasciare prima e invece con la riforma Fornero, in primis le donne, sono rimasti bloccati. 

 

Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati -18 giugno 2014

"Esami di Stato: il Ministero fa autogol

░ Riceviamo da Ilaria Francalanci, della GIGA, e pubblichiamo.

Oggi si è conclusa la prima prova dell’Esame di Stato. Niente di nuovo: infatti, come gli anni passati, su sette tracce, il corretto svolgimento di cinque di esse richiedeva la conoscenza approfondita di alcune tematiche che vengono trattate da una disciplina messa al bando dallo stesso Ministero dell’Istruzione: la geografia economica. Sì, perché la teoriamalthusiana, le politiche di contenimento demografico, lo sviluppo delle città, la fragilità del paesaggio, la non violenza o la dottrina della Silicon Valley sono argomenti di cui si può scrivere solo se dotati di una approfondita conoscenza, soprattutto, quando il corretto svolgimento della traccia richiede espressamente “di articolare in modo motivato le personali considerazioni e convinzioni”. Ecco che allora sorgono serie perplessità sulla scelta del Ministero che, miope, va ostinatamente a scontrarsi con se stesso: non solo ha tolto la geografia economica dal triennio degli Istituti Tecnici Commerciali ma perpetua l’assenza di tale disciplina dai trienni di qualsiasi altro ordine della secondaria di secondo grado per poi chiedere a mezzo milione di ragazzi  alla fine di un percorso scolastico durato cinque anni una riflessione sulle “nuove responsabilità”, suscitando perciò un dilemma di tipo shakespeariano: essere o avere? Non può essere di certo l’imbarazzante sintesi di geostoriadel biennio dei licei a far comprendere tematiche complesse come quelle richieste dalle tracce dell’Esame di Stato e non possono essere i docenti di altre materie a spiegare una disciplina che analizza, interpreta e sintetizza, nei suoi molteplici e complessi aspetti, il rapporto tra ambiente naturale e uomo. Sarebbe come dire che un esame di anatomia autorizza a svolgere la professione di medico e affidare la geografia economico-politica a chi di geografia non possiede le competenze per insegnarla costituisce un vero e proprio condono all’abusivismo intellettuale. Sull’onda dell’entusiasmo di riforme che dovrebbero rilanciare l’Italia, resta la speranza che la geografia politico-economica, come sostenuto da tempo dal Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati, trovi una nuova e adeguata collocazione tra le materie insegnate nelle scuole superiori e che a farlo siano docenti  in possesso delle specifiche competenze che la complessità della disciplina richiede. Con tracce di questo tipo, a chiederlo al Ministero, è il Ministero stesso. 

 

Il Messaggero - 19 giugno 2014

"Maturità. Sorpresa Quasimodo. Vince il tema sulla tecnologia

 Un ritorno alla qualità; siamo d’accordo conil prof. Giorgio Israel.

Dopo tanti anni di ripetute delusioni i temi di italiano per la prova di maturità del 2014 costituiscono una piacevole e positiva sorpresa, un ritorno alla qualità e al buon senso. Ciò fa sperare che, commentandoli, non stiamo ripetendo uno stanco rito attorno a una realtà agonizzante ma stiamo salutando l’inizio della riqualificazione di un esame che è tutt’altro che invecchiato. E, per dirla con il ministro Giannini, rappresenta lo spartiacque tra la fine della scuola e l’inizio di una nuova vita proiettata verso il lavoro. Poco vi è da dire sul brano proposto per l’analisi del testo, che non è il temuto brano pseudo-letterario ma una bellissima poesia di Salvatore Quasimodo, uno dei nostri migliori poeti contemporanei; così come sono quasi tutti indovinati i brani che offrono materia per il saggio breve sul tema “il dono”. Non siamo d’accordo con chi ha trovato generici i temi di ordine generale ispirati rispettivamente alla frase di Renzo Piano sul «rammendo delle periferie» di un Paese «straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile», e alle differenze tra l’Europa del 1914 e l’Europa del 2014. Si è temuto che la loro indubbia difficoltà potesse aver aperto la strada alla chiacchiera generica. Ma il tema “libero” – non dispiaccia a chi lo proscrive a priori – ha proprio questa virtù quando è ben formulato, e cioè di mostrare se il candidato possiede un retroterra di conoscenze e una capacità riflessiva atte a riempire pagine piene di contenuti e non di logorrea evasiva. Va apprezzato il fatto che è stata evitata la caduta banale sull’attualità per trasferire la riflessione sullo stato attuale della costruzione europea entro un rigoroso confronto storiografico basato su temi precisi: forme istituzionali, stratificazione sociale, rapporti tra cittadini e istituzioni e tra stati, ecc. È altresì chiaro che sviluppare una riflessione su cosa può concretamente significare un «rammendo delle periferie» è tutt’altro che facile ma chiama allo sforzo di dire qualcosa di concreto e soprattutto di costruttivo e positivo: è facile immaginare quale diluvio di chiacchiere puramente negative avrebbe prodotto un tema sul «degrado delle periferie» (ecco l’esempio di un cattivo tema libero). Troviamo apprezzabile anche la scelta degli argomenti dei saggi brevi in ambito tecnico scientifico (“Tecnologia pervasiva”), socio economico (“Le nuove responsabilità”), storico-politico (“Violenza e non violenza: due volti del Novecento”); e tuttavia con due riserve. Soprattutto gli ultimi due erano effettivamente un po’ troppo generici e si prestavano alla divagazione inconcludente. Tuttavia, mentre la buona scelta dei testi relativi al tema sulla violenza e non violenza (Mosse, Benjamin, ArendtGhandi, King) era tale da contenere tale possibile deriva, i testi scelti per gli altri due temi erano francamente molto al di sotto di quel che può offrire la saggistica in materia. Su un argomento complesso e controverso come la portata sociale e culturale delle nuove tecnologie sono disponibili riflessioni ben più profonde e atte a sviluppare lo spirito critico dei brani modesti che sono stati proposti ai candidati.

 

latecnicadellascuola.it - 20 giugno 2014

"Storia dell'arte in tutti i livelli dei licei al costo di 25 milioni

░ Lo ha annunciato la ministra dell'Istruzione, Stefania Giannini, agli Stati Generali della Cultura organizzati dal Sole 24 Ore a Roma.

"Non è pensabile che oggi solo chi sceglie il liceo classico o nasce in una famiglia che ha una biblioteca familiare con centinaia o migliaia di volumi possa arrivare in età adulta ad avere una sensibilità per l'arte: per questo introdurremo lo studio della storia dell'arte , in tutti i livelli dei licei, a partire dal biennio, naturalmente con un dosaggio di ore proporzionato al curriculum, e quindi di ore settimanali a crescere, per il triennio sia delle scienze umane sia nell'istituto turistico".
"Ci costerà più o meno 25 milioni di euro all'anno. Sapete a quanto ammonta il budget del Ministero dell'Università? 51 miliardi all'anno. Ce la faremo? Sì, dobbiamo farcela".L'intervento della Giannini, scrive ancora Il Sole, ha puntato pure a ristabilire l'unione tra due ministeri, quello dei beni Culturali e quello dell'Istruzione, spesso insensatamente separati: "Da noi è successo che ci si è occupati dei prodotti, cioè i beni tangibili, i monumenti, la tutela, la valorizzazione, di cui si è parlato oggi, ma non tanto fino a oggi, soprattutto la conservazione del patrimonio monumentale. E, invece, la sensibilità culturale da diffondere attraverso la scuola, attraverso l'introduzione e il potenziamento di certe materie, il miglior collegamento tra una formazione teorica e l'acquisizione di competenze pratiche, tutto questo è rimasto ai margini dell'agenda". Oltre allo studio della storia dell'arte, che rimane una prima risposta al bisogno di cultura insieme alla concretezza della sua implementazione, la ministra ha pure assicurato che volgerà la sua attenzione anche nei confronti della musica, sostenendo che "nella patria di Puccini e Verdi deve tornare a essere protagonista formativa e di prodotto sulla scena internazionale". E ha fortemente sostenuto la necessità , oltre che di una convergenza di politiche, di un contatto costante tra tre mondi "evidenti e ben identificabili: scuola e istituti professionali di settore, università, centri di ricerca e Soprintendenze o musei"….

 

Pubblichiamo alcuni articoli sull'aumento del numero degli alunni mentre diminuiscono i docenti e sul Miur in confusione sul sostegno.

Aumentano alunni di 34mila unità, si riducono gli insegnanti di quasi 1.400 posti

Corriere della Sera: Più alunni, meno prof. L’allarme dei sindacati e la risposta del ministro

ANSA: Scuola: Anief,sempre più a fondo con 1400 insegnanti in meno
(ANSA) - ROMA, 20 GIU - Anche se la popolazione scolastica italiana aumenterà di circa 34mila alunni, il Miur ha comunicato ai sindacati che il prossimo anno scolastico avremo quasi 1.400 insegnanti in meno: lo ricorda l'Anief, spiegando che la situazione è a suo dire peggiore di quella denunciata a partire dallo scorso mese di marzo. "Si tratta di un controsenso che si commenta da solo - dice Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - soprattutto perché il Governo aveva promesso un'inversione di tendenza, confermata negli ultimi giorni con la fine delle deroghe al mantenimento in servizio oltre l'età per andare in pensione. Questo provvedimento, infatti, permetterà di agevolare quel ricambio generazionale indispensabile per rilanciare l'offerta dei nostri servizi pubblici, oltre che a ridurre l'età anagrafica media dei dipendenti della Pa ormai ampiamente sopra i 50 anni. E nella scuola potrebbe anche permettere di risolvere, una volta per tutte, la questione dei Quota 96, rimasti in servizio per un dimenticanza nella riforma pensionistica Monti-Fornero. Ma ora arriva questa 'doccia fredda' che non ci voleva proprio". "Il problema del sottodimensionamento degli organici dei docenti - continua Pacifico - attraversa tutte le aree del Paese, al Nord come al Centro, al Sud e nelle Isole. Va ricordato, infatti, che anche se negli ultimi anni il saldo demografico del Meridione è in negativo, la quantità di giovani che in queste zone lasciano i banchi prima del tempo e vanno ad ingrossare la categoria dei Neet - conclude - è altissima".(ANSA).

Tecnica della Scuola: La Scuola va sempre più a fondo

IMG Press: Scuola sempre più a fondo: il prossimo anno +34mila alunni, ma -1.400 insegnanti

 

Sostegno, Miur in confusione: a rimetterci docenti specializzati e alunni disabili

Orizzonte Scuola: Anief: Il Ministro sta preparando un contratto che porta aumenti a pochi eletti

Ileana Argentin (PD): Scuola: Anief “Penalizzati docenti specializzati e alunni disabili

IMG Press: Sostegno, Miur in confusione: a rimetterci docenti specializzati e alunni disabili

Italpress: Scuola: Anief "Penalizzati docenti specializzati e alunni disabili

 

Pubblichiamo alcuni articoli sulla pressione fiscale alle stelle, sul numero di docenti sempre uguale a dispetto dell'aumento degli alunni e sulla maturità al via senza tanti commissari e presidenti.

Si chiude giornata nera per cittadini e imprese: pressione fiscale alle stelle, a cosa è servito tagliare i posti nella PA del 10%?

Il Giornale del Lazio: Si chiude giornata nera per cittadini e imprese: pressione fiscale alle stelle

in Abruzzo: Fisco, una giornata da dimenticare

Calabria 24 ore: Fisco - Si chiude giornata nera per cittadini e imprese: pressione fiscale alle stelle

IMG Press: pressione fiscale alle stelle, a cosa è servito tagliare i posti nella PA del 10%?

Orizzonte Scuola: Fisco. Si chiude giornata nera per cittadini e imprese

Italpress: Fisco: Anief “Pressione alle stelle, a cosa servono tagli P.A. del 10%?"

 

Le Regioni bocciano il Miur: in tre anni 87mila alunni in più ma il numero dei prof è blindato

Adnkronos: Scuola, Anief, anche Regioni bocciano Miur su organico docenti
Roma, 17 giu. (Adnkronos) - "Dopo i sindacati, anche le Regioni bocciano la decisione del Miur di confermare per il prossimo anno scolastico l'organico nazionale degli insegnanti di tre anni fa malgrado gli alunni siano molti di più: la decisione è particolarmente grave, se solo si pensa che nel frattempo il numero degli iscritti alle classi della scuola pubblica è aumentato di oltre 87mila unità. Quasi 35mila in un solo anno". Lo afferma Anief-Confedir secondo cui "alla luce di questa contraddizione, che farà necessariamente crescere il numero delle classi 'pollaio', durante l'ultima Conferenza Unificata, i governatori 'hanno espresso parere negativo allo schema di decreto sulla definizione delle dotazioni organiche per l'anno scolastico 2014-2015'''.
''Anief - spiega il suo presidente Marcello Pacifico - plaude alla decisione delle Regioni di prendere le distanze dall'amministrazione centrale, ma a differenza dei suoi rappresentanti ha da tempo chiaro il motivo per cui il numero dei docenti continua a mantenersi costante pur in presenza di un sensibile aumento dell'utenza scolastica: al di là dei buoni propositi, la 'molla' risale alla mera ed esclusiva esigenza di continuare a fare cassa, tenendo bassa la spesa per il personale e mantenendo il capitolo della Scuola sui modesti standard cui è stata condotta nel 2011 a seguito dei tagli epocali derivanti dalla legge 133/2008 approvata dall'ultimo governo Berlusconi''.
Secondo i calcoli del sindacato, per lasciare inalterata la situazione, senza strascichi negativi sulla didattica, il Miur avrebbe dovuto provvedere a creare 10mila posti da insegnante in più. Il calcolo è presto fatto: dividendo gli 87mila alunni per 25 (un numero medio di alunni per classe) si ottengono circa 3.500 nuove classi. Che per coprire l'orario settimanale necessitano mediamente di due-tre docenti, considerando anche quelli di sostegno.
Se a questo si aggiunge, sottolinea Anief-Confedir, che "rispetto sempre nell'ultimo triennio, i fondi per il miglioramento dell'offerta formativa si sono sempre più assottigliati, passando dai 1.480 milioni del 2010/11 ai 521 milioni effettivamente sbloccati per 2013/14 e a cui per via dell'accordo sottoscritto all'Aran per salvare gli scatti del 2012 verrà aggiunto ben poco, per il presidente dell'Anief la conclusione è purtroppo scontata quanto amara".
''Il prossimo anno scolastico - dichiara Pacifico - la qualità media dell'offerta che fornirà l'istruzione pubblica italiana sarà più bassa di quello che si sta concludendo in questi giorni con gli esami di Stato''.

La Discussione: Scuola: Anief "In 3 anni 87mila alunni in più ma numero prof blindato"

Regioni.it: Scuola, Anief, anche Regioni bocciano Miur su organico docenti

Professione Insegnante: Le Regioni bocciano il Miur: in tre anni 87mila alunni in più ma il numero dei prof è blindato

AgenParl: Scuola: Pacifico (Anief), Regioni bocciano il Miur in tre anni 87mila alunni in più ma numero professori è blindato

IMG Press: Le Regioni bocciano il Miur: in tre anni 87mila alunni in più ma il numero dei prof è blindato

Italpress: Scuola, Anief "In 3 anni 87mila alunni in più ma numero prof blindato"

 

Maturità al via senza tanti commissari e presidenti

TMNews: Anief, maturità al via senza tanti commissari e presidenti
A Venezia, Napoli e Brescia tante defezioni
Roma, 17 giu. (TMNews) - Un'alta percentuale di quel mezzo milione di studenti che in queste ore inizia la maturità è orfana dei commissari e presidente assegnati dal Miur alle oltre 12mila commissioni sparse per il territorio nazionale: la stampa specializzata riferisce che alcune città e province il reperimento dei docenti e dirigenti scolastici è ancora in alto mare. Problemi, in particolare, si riscontrano a Venezia, nella provincia di Napoli ed in alcune città della Lombardia, dove il numero di defezioni dell'ultimo momento risulta decisamente alto.
Il sindacato ritiene assurdo che nel 2014 si debba assistere ancora all'allestimento di commissioni fuori tempo massimo, con i membri mancanti reperiti all'ultimo momento. "Quest'anno - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - a rendere più caotica la situazione è la sovrapposizione degli impegni dei membri di commissione: oltre 65mila docenti, infatti, sono impegnati nelle fasi conclusive dei Percorsi abilitanti speciali ed il Miur non ha potuto fare altro che autorizzarli ad abbandonare le commissioni per completare il percorso universitario che nei prossimi giorni li porterà a conseguire l'abilitazione".
Ma non finisce qui: ancora la stampa specializzata riferisce, infatti, che a livello nazionale una delle situazioni più difficili è quella di Brescia, dove "alle normali defezioni si aggiungono quelle dei docenti precari impegnati nei PAS, nonchè quelle dei docenti che dal 1° luglio dovranno assumere l'incarico di Dirigente Scolastico".
"La mancanza di programmazione del Ministero dell'Istruzione - continua il rappresentante sindacale Anief-Confedir - sta presentando un conto davvero salato. Che purtroppo, ancora una volta, pagheranno gli studenti. Per esaminare i quali si verranno a creare migliaia di commissioni improvvisate, con una parte dei membri che raggiungeranno le sedi d'esame anche a prove svolte".
Il sindacato ritiene che a pesare sulle assenze di massa dei commissari e presidenti incaricati sia anche e soprattutto il compenso irrisorio previsto dal Miur, che è ancora quello del 2007: un presidente di commissione, ricordiamo, percepisce 1.200 euro, mentre un commissario esterno 911 euro, il commissario interno appena 399 euro. A queste quote, che sono lorde e quindi vanno decurtate di oneri vari e tasse, i membri hanno diritto ad una diaria di "viaggio" variabile, legata alla distanza dal comune di residenza o dalla sede di servizio.
Come se non bastasse, dal 2012 il Miur ha comunicato, attraverso la circolare 7321/12, che i compensi assegnati ai commissari interni, prevedono pagamenti aggiuntivi soltanto se operano su più commissioni. Così, ai tanti giorni di lavoro intellettuale svolti in condizioni di caldo asfissiante e carichi di responsabilità enormi, per decine di migliaia di professionisti dell'insegnamento si aggiunge il pagamento irrisorio. Che con gli anni, anziché adeguarsi almeno al costo della vita, si assottiglia sino a rasentare il ridicolo.

Ansa: Maturità: Anief, defezioni in commissioni
a Venezia, Napoli e Brescia
(ANSA) - ROMA, 17 GIU - "Un alta percentuale di quel mezzo milione di studenti che in queste ore inizia la maturità è orfana dei commissari e presidente assegnati dal Miur". Lo riferisce l'Anief aggiungendo che problemi, in particolare, si riscontrano a Venezia, nella provincia di Napoli e in alcune città della Lombardia. "Quest'anno - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief - a rendere più caotica la situazione è la sovrapposizione degli impegni dei membri di commissione: oltre 65mila docenti, infatti, sono impegnati nelle fasi conclusive dei Percorsi abilitanti speciali e il Miur non ha potuto fare altro che autorizzarli ad abbandonare le commissioni per completare il percorso universitario che nei prossimi giorni li porterà a conseguire l'abilitazione". Citando la stampa specializzata l'Anief riferisce anche che a livello nazionale una delle situazioni più difficili è quella di Brescia, dove "alle normali defezioni si aggiungono quelle dei docenti precari impegnati nei Pas, nonché quelle dei docenti che dal primo luglio dovranno assumere l'incarico di Dirigente Scolastico". "La mancanza di programmazione del Ministero dell'Istruzione - continua Pacifico - sta presentando un conto davvero salato. Che purtroppo, ancora una volta, pagheranno gli studenti. Per esaminare i quali si verranno a creare migliaia di commissioni improvvisate, con una parte dei membri che raggiungeranno le sedi d'esame anche a prove svolte". Secondo il sindacato a pesare sulle assenze di massa dei commissari e presidenti incaricati è "anche e soprattutto il compenso irrisorio previsto dal Miur, che è ancora quello del 2007: un presidente di commissione - ricorda l'Anief - percepisce 1.200 euro, mentre un commissario esterno 911 euro, il commissario interno appena 399 euro. Oltre a queste quote, che sono lorde e quindi vanno decurtate di oneri vari e tasse, i membri hanno diritto a una diaria di viaggio variabile, legata alla distanza dal comune di residenza o dalla sede di servizio. Come se non bastasse - prosegue il sindacato - dal 2012 il Miur ha comunicato, attraverso la circolare 7321/12, che i compensi assegnati ai commissari interni, prevedono pagamenti aggiuntivi soltanto se operano su più commissioni". (ANSA).

Dispaccio: Maturità al via senza tanti commissari e presidenti: a Venezia, Napoli e Brescia tante defezioni

IMG Press: Maturità al via senza tanti commissari e presidenti: a Venezia, Napoli e Brescia tante defezioni

Il Fatto Quotidiano: Maturità 2014: commissario cercasi disperatamente

Redattore sociale: L'altra faccia della maturità: mancano commissari. "Compensi inadeguati"

Roma: Commissari, in provincia situazione difficile

MSN notizie: Maturità: finita la prima prova di italiano

Portale educatori: Maturità 2014: commissario cercasi disperatamente

Globalist: L'altra faccia della maturità: mancano commissari

Roma Daily News: Maturità al via senza tanti commissari e presidenti

Corriere del web: Maturità al via senza tanti commissari e presidenti: a Venezia, Napoli e Brescia tante defezioni

Corriere dell'università: Maturità, si parte: la diretta della prima prova. Quasimodo, tecnologie e Grande guerra

Online news: Maturità al via con pochi commissari e presidenti: defezioni a Venezia, Napoli e Brescia

America oggi: Maturità: torna Quasimodo e debuttà archistar Piano

Pubblichiamo alcuni sulla proposta di riforma della PA del ministro Madia e sulla sentenza definitiva favorevole al bonus di 6 punti agli abilitati SSIS.

Corriere della Sera: Scatta la staffetta generazionale

La Discussione: P.A.: Anief-Confedir "Governo mette il bavaglio ai sindacati"

Tecnica della Scuola: Riforma PA, tremano docenti, dirigenti e Ata in soprannumero: rischiano il trasferimento?

Il Giornale del Lazio: Riforma PA – Governo mette il bavaglio ai sindacati, ma non li abbatte

Orizzonte Scuola: Governo mette il bavaglio ai sindacati, ma non li abbatte: ricorreremo contro riduzione 50% distacchi e mobilità coatta dipendenti pubblici

Il Messaggero: La riforma del pubblico impiego non fa cenno a precari e retribuzioni

Repubblica: La riforma del pubblico impiego non fa cenno a precari e retribuzioni

Dispaccio.it: PA – Anief-Confedir: la proposta del Ministro Madia allontana l’Italia da Europa e Costituzione

Qui Finanza: La riforma del pubblico impiego non fa cenno a precari e retribuzioni

Borsa Italiana: La riforma del pubblico impiego non fa cenno a precari e retribuzioni

Calabria 24 ore: PA – Anief-Confedir: la proposta del Ministro Madia allontana l’Italia da Europa e Costituzione

Teleborsa: La riforma del pubblico impiego non fa cenno a precari e retribuzioni

MNews: PA – Anief-Confedir: la proposta del Ministro Madia allontana l’Italia da Europa e Costituzione

Teleborsa: Marcello Pacifico, P.A. più ombre che luci

Tendenza Mercati: Riforma pubblico impiego: precariato e retribuzioni al palo

Online news: La proposta Madia ci allontana da Ue e Costituzione, dimenticati 250mila precari e stipendi ridicoli

Qoop: La proposta Madia ci allontana da Ue e Costituzione, dimenticati 250mila precari e stipendi ridicoli

Notizie 23e59: La proposta del Ministro Madia allontana l’Italia da Europa e Costituzione, dimenticati 250mila precari e stipendi ridicoli

Orizzonte Scuola: Governo ridurrà distacchi sindacali del 50%, risparmio 13mln di euro. Gilda: "deriva populista"

Tecnica della Scuola: Distacchi, i sindacati hanno un mese di tempo per decidere che rimarrà dentro

Repubblica: Marcello Pacifico, P.A. più ombre che luci

Il Messaggero: Marcello Pacifico, P.A. più ombre che luci

Borsa Italiana: Marcello Pacifico, P.A. più ombre che luci

Qui Finanza: Marcello Pacifico, P.A. più ombre che luci

Tecnica della Scuola: PA, ma che fine hanno fatto i decreti di Riforma? Piace lo stop al trattenimento in servizio

 

Terremoto graduatorie, 6 punti a chi ha titolo SSIS

Scuola: Anief, terremoto in arrivo su graduatorie docenti
Dopo decisione Consiglio Stato su bonus 6 punti
(ANSA) - ROMA, 12 GIU - Il bonus di 6 punti nelle graduatorie a esaurimento spetta esclusivamente ai 154.394 docenti in possesso di titolo Ssis (Scuole di specializzazione all'insegnamento nella Secondaria) o assimilato (Scienze Formazione Primaria, Afam, Cobaslid). Lo hanno deciso, secondo quanto rende noto l'Anief, i giudici del Consiglio di Stato. Nel 2004 questo bonus di 6 punti era stato esteso anche a tutte le altre abilitazioni, di fatto annullandone - spiega l'Anief - il valore premiale riservato solo a coloro che si erano sobbarcati l'onere di un corso di specializzazione pluriennale per diventare insegnanti. Per questo motivo il sindacato ha patrocinato in questi anni i ricorsi di migliaia di "sissini" che chiedevano il ripristino del bonus di 6 punti. "Adesso chiederemo al Tar - afferma Marcello Pacifico, presidente Anief - di far eseguire le sentenze immediatamente, perché non si perda altro tempo prezioso". "Solo l'adesione massiccia degli interessati, cioè di tutti gli abilitati Ssis, Afam, Cobaslid, SFP, non importa se già ricorrenti o meno - spiega il sindacalista - garantirà l'applicazione delle sentenze in tutte le province e per tutte le classi di concorso. E se in Viale Trastevere si volesse ancora fare 'melina' siamo anche pronti a chiedere il commissariamento del ministero. Al Miur sanno che non scherziamo: lo abbiamo già fatto pochi anni fa sulla questione dei trasferimenti in coda per i precari". L'Anief intende chiedere il giudizio di ottemperanza sulle sentenze del bonus di 6 punti prima della pubblicazione delle nuove graduatorie, attualmente in lavorazione presso gli uffici scolastici provinciali. (ANSA).

Il Mattino di Sicilia: Scuola, terremoto in arrivo sulle graduatorie dei docenti: punteggi tutti da rivedere

Orizzonte Scuola: Terremoto su graduatorie ad esaurimento. Anief: ai 150mila abilitati SSIS e assimilati spetta bonus 6 punti

Tecnica della Scuola: Terremoto in arrivo sulle graduatorie dei docenti: punteggi tutti da rivedere

IMG Press: Terremoto in arrivo sulle graduatorie dei docenti: punteggi tutti da rivedere

Dottor Salute: Graduatorie ad esaurimento: bonus 6 punti solo per abilitati SSIS

Tecnica della Scuola: GaE, tempi lunghi per le graduatorie definitive

Blasting News: Graduatorie ad esaurimento: attesa per GaE definitive, possibile pubblicazione in agosto

TCS News: Terremoto in arrivo sulle graduatorie dei docenti: punteggi tutti da rivedere, ai 150mila abilitati SSIS e assimilati spetta un bonus di 6 punti

Pubblichiamo alcuni articoli sull'insufficienza dell'aumento di 80 euro per il personale della scuola e sui centri formativi per adulti ancora in alto mare.

L'aumento di 80 euro è solo un contentino

ANSA: Scuola: Anief, aumento 80 euro non basta, è 'contentino'
Con rinnovo contratto ne sarebbero arrivati almeno quadruplo
(ANSA) - ROMA, 13 MAR - Gli 80 euro in più al mese che il Governo Renzi vorrebbe far arrivare agli stipendi dei dipendenti della scuola, docenti e Ata, che percepiscono meno di 1.500 euro al mese, "attraverso un taglio significativo di Irpef e Irap, rappresentano uno sforzo irrisorio che andrebbe a costituire una sorta di incremento minimo sindacale". Lo sostiene l'Anief, dopo aver appreso della volontà del presidente del Consiglio di introdurre l'aumento stipendiale nel prossimo mese di maggio. "Questo 'obolo', infatti - spiega il sindacato - non cambierà di molto la posizione dell'Italia in tema di stipendi ai suoi docenti, che ci vede tra gli ultimi posti dell'area Ocse". "Se si fosse firmato il contratto, invece ancora bloccato, - fa notare Marcello Pacifico, presidente Anief - ne sarebbero arrivati almeno il quadruplo, considerati gli arretrati per gli anni precedenti durante il blocco contrattuale a partire dal 2010. Quello che vuole dare il nuovo Esecutivo - continua il sindacalista - rappresenta quindi l'ennesima elemosina nei confronti dei dipendenti pubblici, i cui stipendi sono rimasti sotto tre punti percentuali rispetto all'aumento dell'inflazione". Anief ricorda anche che a proposito degli scatti stipendiali deve essere ancora trovata la copertura finanziaria. "E meno male - tiene a dire Pacifico - che il piano Cottarelli dopo le denunce dei tagli subiti della scuola negli ultimi anni sembrerebbe risparmiare il comparto dell'istruzione. Anche se fa paura l'idea di far saltare 50.000 posti alle superiori, attraverso l'ipotesi di riduzione di un anno da cui il ministro Stefania Giannini non ha mai preso le distanze". (ANSA).

Tecnica della Scuola: Cgil e Anief: "gli 85 euro sono un palliativo, bisogna rinnovare il contratto"

Orizzonte Scuola: 80 euro in più in busta paga. Renzi: "soldi il 27 maggio". CISL: "riguarderebbe metà dei lavoratori della scuola". UIL: "Svolta". ANIEF: "con rinnovo contratto almeno il quadruplo"

Corriere del web: Scuola - Anief: aumento in busta paga di 80 euro non basta, è il minimo sindacale

IMG Press: Scuola: aumento in busta paga di 80 euro non basta, è il minimo sindacale

Italpress: Scuola: Anief "Aumento in busta paga di 80 euro non basta"

Tuttoscuola: Anief: 80 euro? Un’elemosina...

Italpress: Scuola: Anief "Centri formativi per adulti ancora in alto mare"

Corriere del web: Scuola - Gap stipendio rispetto ai privati sempre maggiore: non servono 'oboli' ma lo sblocco del contratto

IMG Press: Scuola: Gap stipendio rispetto ai privati sempre maggiore

Italpress: Scuola: Anief "Gap stipendio rispetto ai privati sempre maggiore"

Il Messaggero: Scuola, la busta paga più ricca sarà solo un “contentino”

Repubblica: Scuola, la busta paga più ricca sarà solo un "contentino"

Teleborsa: Scuola, la busta paga più ricca sarà solo un "contentino"

Mister X: Scuola - Anief: aumento in busta paga di 80 euro non basta, è il minimo sindacale

Tecnica della Scuola: Docenti e ata, per superare l’emergenza stipendiale non resta che rinnovare il contratto

ARIS: Aumenti di 80 euro promessi dal premier Renzi al personale della scuola con stipendi più bassi

Il Mattino: Bonus Irpef, la maggior parte degli insegnanti non prenderà nulla

Il Messaggero: Bonus Irpef, la maggior parte degli insegnanti non prenderà nulla

ANSA: Dl Irpef: Anief, insegnanti beffati, non prenderanno 80 euro
(ANSA) - ROMA, 18 APR - Insegnanti beffati anche stavolta sul bonus da 80 euro: la maggior parte non prenderà nulla. Lo stipendio medio di chi opera nella scuola, infatti, è di circa 29.500 euro, quindi superiore alla soglia massima di chi beneficerà degli sgravi fiscali. Ad affermarlo è Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir: che aggiunge "per docenti e Ata servono risorse vere, basta con le elemosine". (ANSA).

Repubblica: Bonus Irpef, la maggior parte degli insegnanti non prenderà nulla

Teleborsa: Bonus Irpef, la maggior parte degli insegnanti non prenderà nulla

Tecnica della Scuola: A maggio 80 euro in più nello stipendio: andranno a tutti gli Ata, ma solo al 40% dei docenti

Online news: Bonus 80 euro, insegnanti beffati anche stavolta: la maggior parte non prenderà nulla

Italpress: DL Irpef: Anief "Bonus 80 euro, insegnanti beffati anche stavolta"

Corriere di Puglia e Lucania: 80 euro: insegnanti presi in giro?

Stato Quotidiano: “80 euro, insegnanti presi in giro?”

Orizzonte Scuola: Stipendio: 80 euro, è possibile rinunciarvi per evitare recupero somme erogate. Cosa fare se i "conti" non quadrano

Tecnica della Scuola: Per i prof il bonus di 80 euro del Governo è una polpetta avvelenata

Free news pos: Anief: per i prof il bonus di 80 euro del Governo potrebbe essere una polpetta avvelenata

Termoli on line: Ottanta euro in più sulla busta paga: insegnanti presi in giro?

Grandain: 80 euro: insegnanti presi in giro?

AgenParl: Irpef: Anief su 80 euro, Corte dei conti ha ragione un contentino che serve a poco

IMG Press: Bonus 80 euro - Anief-Confedir: la Corte dei Conti ha ragione, un 'contentino' che serve a poco

Orizzonte Scuola: Bonus 80 euro. Anief-Confedir: la Corte dei Conti ha ragione, un 'contentino' che serve a poco

Infiltrato: Gli 80 euro? Una truffa: ecco il documento del Ministero dell’Economia che smaschera Renzi

Lecce cronaca: 80 euro: insegnanti presi in giro?

Il Nord: L'aumento in busta di 80 euro degli insegnanti ''è ipotetico, chi vuole può precedere già ora alla rinuncia''

Tecnica della Scuola: Renzi non cambia idea: dalla crisi si esce solo con un gigantesco investimento educativo

Blasting News: Il bonus di 80 euro fa discutere i tecnici: sarà restituito a fine anno?

Osservatorio Globale: Gli 80 euro? Una truffa: ecco il documento del Ministero dell’Economia che smaschera Renzi

Tecnica della Scuola: Gli 80 euro della discordia, mamma prof monoreddito con due figli scrive a Renzi: perché a me no?

 

Centri formativi per adulti ancora in alto mare

ANSA: Scuola: Anief, centri formativi per adulti in alto mare
Nemmeno uno in Campania, Molise, Umbria e Veneto
(ANSA) - ROMA, 13 MAR - In Italia l'educazione per gli adulti "è lontana dal compiersi", ma "quel che è più grave è che latita nelle regioni dove vi sarebbe più bisogno, come in Sicilia, dove il numero di disoccupati e di cittadini che hanno lasciato i banchi prima del tempo è sopra il livello di guardia". Lo denuncia l'Anief sottolineando che in Italia appena il 6,6% degli adulti tra i 25 ed i 64 anni usufruisce dei centri formativi per gli adulti (il 10,7% in Spagna). Da una ricerca realizzata dall'Anief è emerso che nel nostro paese ogni Regione potrebbe contare in media su 7 Centri territoriali permanenti, per un totale di 144 Cpia complessivi. Ma la distribuzione è tutt'altro che omogenea: Il valore più alto degli adulti che studiano - rileva l'associazione - si riscontra al Centro (7,6%) e quello più basso al Sud (5,7%). Oltre alla Campania, ci sono anche Molise, Umbria e Veneto a non poter contare nemmeno su un centro formativo per adulti. Eppure la Campania è la Regione dove nel 2011 su 100 persone da 20 a 64 anni residenti neppure 43 lavoravano. E sempre in Campania, dati Istat di fine 2013, sono concentrati tantissimi Neet: i giovani che non seguono percorsi formativi e non lavorano hanno raggiunto il 35,4%. I non occupati sono quasi 700mila, di cui 225mila di età compresa tra i 15 e i 24 anni. Mentre paradossalmente in Lombardia, dove la presenza di Neet è decisamente più bassa (16,2%), sono stati attivati ben 20 Centri territoriali permanenti. "Si tratta di una contraddizione davvero inspiegabile - dice Marcello Pacifico, presidente Anief - un paradosso tutto italiano sul fronte dell'istruzione e del lavoro giovanile: come si fa a non attivare nemmeno un centro per la formazione degli adulti proprio in Campania, dove abbondano disoccupati e Neet? E dove i diplomati, ci ha detto l'Istat, sono appena il 47%, contro una media nazionale di 9 punti percentuali superiore, addirittura quasi 20 punti in meno rispetto a Lazio, Umbria e la provincia di Trento, dove a concludere con successo le superiori sono il 65% dei giovani?" Per l'Anief "la realtà è che mentre si continua a parlare di istruzione permanente, in Italia nel 2014 ancora non esiste un'alternativa ai canali formativi tradizionali". "Eppure - conclude Pacifico - le norme esistono e i numeri indicano chiaramente che il successo formativo è legato a doppio filo con quello professionale-occupazionale".(ANSA).

AgenParl: Istruzione: Anief, centri formativi per adulti in alto mare

Molise news: Tagli alle scuole, Anief: "Scomparsi i centri per istruzione adulti"

Regione Valle d'Aosta: Scuola: Anief, centri formativi per adulti in alto mare

Primo numero: Tagli alle scuole, Anief: "scomparsi i centri per istruzione adulti"

Agi: Scuola: Casciari (Umbria), prevista istituzione di un 'Cpia'

La Padania: Formazione italiana - Istruzione per adulti - la denuncia dell'Anief Confedir: "Mancano nel sud Italia le scuole per cittadini adulti nonostante l'abbandono scolastico ed i neet

Corriere del web: Istruzione per adulti - Il Miur pubblica le nuove linee guida, ma le scuole sono poche e maldistribuite

Italpress: Scuola: istruzione per adulti, Anief "Pochi istituti e mal distribuiti"

ANSA: Scuola: al via iscrizioni corsi adulti, ma 4 regioni senza
Anief, mancano in zone con alti tassi abbandoni e Neet
(ANSA) - ROMA, 27 MAG - Partono le iscrizioni ai corsi per adulti 2014-15, ma in 4 regioni non c'è nemmeno un centro. Lo denuncia l'Anief che parla di "ennesimo paradosso italiano". Il Ministero dell'Istruzione ha pubblicato la Circolare (n.39) che dà il via alle iscrizioni degli adulti, anche con cittadinanza non italiana: entro la fine di maggio, ma di fatto anche fino al prossimo 15 ottobre, tutti coloro che hanno superato l'età anagrafica per far parte di un corso di studi normale, potranno chiedere di iscriversi alle rinnovate strutture denominate 'Centri provinciali per l'istruzione degli adulti', collocati anche all'interno dei centri di prevenzione e pena, dove potranno svolgere percorsi di istruzione di primo e secondo livello, ma anche di alfabetizzazione e apprendimento della lingua italiana. I percorsi di secondo livello verranno attuati solo dopo la stipula di accordi di rete da sottoscrivere entro il 30 settembre 2014, all'interno di istituti superiori in orario serale. "Il problema è che i 144 Cpia attivati non solo sono privi di dirigente scolastico, ma anche maldistribuiti" osserva l'Anief spiegando che "ci sono regioni - come Campania, Molise, Umbria e Veneto - che non possono contare nemmeno su un centro formativo per adulti". Eppure - fa notare il sindacato - in Campania è concentrata una percentuale altissima degli oltre 2 milioni e 200mila Neet italiani (i giovani che non seguono percorsi formativi e non lavorano hanno raggiunto il 35,4%); i diplomati sono appena il 47%, contro una media nazionale di 9 punti percentuali superiore e si registra un alto numero di abbandoni scolastici: ben il 22% dei giovani lascia i banchi anzitempo. E' quindi "paradossale che in Lombardia, dove la presenza di Neet è meno delle metà (16,2%) di quella della Campania, sono stati attivati ben 20 Centri territoriali permanenti" fa notare l'Anief aggiungendo che "la partecipazione ai corsi italiani per adulti rimane tra le più basse dei paesi avanzati: gli italiani tra i 25 ed i 64 anni che si formano sono appena il 6,6%. Una vera miseria: basta ricordare che in Spagna gli adulti che seguono un corso di studi sono il 10,7%". (ANSA).

IMG Press: Al via le iscrizioni ai corsi per adulti, ma in 4 regioni non c’è nemmeno un centro

Eolo press: Formazione adulti: nessun centro attivo in Campania

Corriere del web: Al via le iscrizioni ai corsi per adulti, ma in 4 regioni non c’è nemmeno un centro

Italpress: Scuola: Anief "In 4 regioni nemmeno un centro per corsi per adulti"

 latecnicadellascuola.it - 7 giugno 2014
“Quota 96 e la mail della Fornero che avrebbe potuto anche non spedire”
░ Monti le diede solo 15 giorni per preparare la riforma pensionistica. Sbagliò qualcosa e lo stress le fece quel brutto scherzo in diretta; adesso la Fornero ci mette la faccia, e per questo ha la comprensione di Pasquale Almirante. D’altronde, dopo la Fornero, nessun politico ha risolto l’affaire “quota 96”. Almirante prova comprensione umana.
Sta suscitando clamore la risposta della ex ministra del lavoro, Elsa Fornero, a una docente di "Quota 96" che accusava la legge sulle pensione di non avere tenuto conto della specificità della scuola, costringendola a lavorare fino a 66 anni con bambini che pretendono invece giovani insegnanti. …L’allora governo Monti, dentro il quale aveva l'incarico di ministro del lavoro, fece un lavoro poco pulito, calandosi la benda e colpendo nel mucchio. Almeno da tante parti è stato questo il giudizio che ne è scaturito, alzando lance e battendo sugli scudi e indicando nella ferale donna la causa di ogni male… Dopo l'arrivo di alcune mail con accuse reiterate alla ex ministra, una riflessione occorre farla. Diciamo subito che Fornero avrebbe potuto non rispondere a M.C. e invece l'ha fatto, con umiltà, bisogna dirlo. Ma ha detto pure cose importanti: la crisi finanziaria alle porte, e col rischio di non riuscire a pagare gli stipendi, ha imposto la riforma delle pensioni che però nessuno si sogna di cambiare perché rende circa 35miliardi di euro. La fretta che le è stata imposta (Mi furono dati 15 giorni), mentre il precedente governo lasciva le poltrone non avendo più né credibilità né voti né maggioranza e lo stesso Tremonti abbandonava l'esecutivo, ha provocato errori di valutazione e sbagli. Errori che però, aggiunge Fornero, il parlamento avrebbe potuto correggere (Se il parlamento avesse voluto, avrebbe potuto cambiare alcune cose, come quella sugli insegnanti), ma che non ha fatto: perché non ha potuto o perché non ha voluto? Dal dicembre 2011 a oggi, cosa ha impedito in effetti di porre un rimedio al maltolto ? …

Il Messaggero - 8 giugno 2014
"Al Sud cresce la dispersione scolastica. Per la Sicilia, fuga record”
░ Le risultanze dell’ultimo del rapporto di Save the children, e Anief impongono di ripensare le strategie fin qui adottate: chi nasce al Sud e nelle isole, da famiglie indigenti e in zone con un livello socio-culturale non sufficiente, può non fruire di servizi scolastici adeguati.
È un’Italia che torna indietro e che rispolvera il periodo del secondo dopoguerra, almeno sul versante dell’istruzione. Quelle differenze sociali, che proprio a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta, si erano ridotte grazie alla scolarizzazione di massa e che avevamo permesso di unire il Paese, tornano, ora, a espandersi, lasciando il palcoscenico in mano a quella che, a tutti gli effetti, può definirsi una contro-rivoluzione culturale. Il livello d’istruzione degli alunni del Mezzogiorno si allontana sempre più dagli standard europei e da quelli del resto d’Italia. … La dispersione scolastica in Sicilia e Sardegna resta tra le più preoccupanti. Nelle isole il tasso di abbandoni prematuri è del 24,8%, seguono poi la Campania e la Puglia, rispettivamente con il 21,8% e il 19,7%. A livello nazionale, invece, la media di alunni che abbandonano i banchi prima dei 16 anni si attesta al 17,6%, mentre in Europa non arriva al 13%... Stando ai dati raccolti dall’Ocse-Pisa, infatti, le competenze possedute dai 15enni italiani, oltre a essere insufficienti, non sono neanche omogenee…

tuttoscuolaNews - 9 giugno 2014
"Sostegno.Se l’Amministrazione svolge un ruolo di ammortizzatore sociale”

░ Tuttoscuola pubblica in tema di Sostegno due brevi articoli; ineccepibili, se non fosse che “Non c’è ingiustizia peggiore che fare parti uguali tra diseguali“ (Don Milani).
La legge finanziaria 2008, all’articolo 50 ha previsto che si realizzi “lo sviluppo dei processi di integrazione degli alunni diversamente abili anche attraverso opportune compensazioni tra province diverse ed in modo da non superare un rapporto medio nazionale di un insegnante ogni due alunni diversamente abili”. Parole al vento. Si poteva sperare che la forbice potesse chiudersi gradualmente nel corso degli anni, portando i territori ad avvicinarsi a quel rapporto virtuale di due alunni disabili per ogni docente di sostegno, ma non è successo nulla e la norma è rimasta sostanzialmente ignorata in tutti questi anni, secondo la logica che chi ha avuto ha avuto e se lo tiene; chi non ha avuto… Insomma, dopo sei anni tutto è rimasto sostanzialmente come prima: chi aveva più docenti di sostegno rispetto agli alunni disabili certificati ha continuato ad averne di più. Nell’anno scolastico che si sta chiudendo il rapporto è sceso a 1,90 alunni disabili per docente di sostegno: 209.814 alunni e 110.216 docenti. Ma la forbice è rimasta aperta, come prima.
Se si fosse tentato di avvicinare i rapporti territoriali con le dovute compensazioni fino a realizzare per tutte le regioni lo stesso rapporto, alcune regioni, attualmente favorite da una maggiore assegnazione di posti, avrebbero meno posti. Quali? Il Molise, la Basilicata, la Calabria, la Campania, la Puglia, la Sardegna e la Sicilia. A invarianza di spesa, 5.655 dei 110.216 posti di sostegno istituiti quest’anno non avrebbero dovuto essere assegnati a quelle regioni, bensì distribuiti alle altre, tutte con rapporto superiore alla media nazionale dell’1,90.
Un aiutino non da poco che, oltre a tradursi in una sperequazione di servizio per gli alunni, ha spostato altrettanti posti di lavoro dal Centro-nord al Sud, utilizzando - non richiesto dalla legge - il sostegno come ammortizzatore sociale.
“Meno alunni disabili e più docenti di sostegno. Perché”.
Come mai in alcune regioni - sempre quelle - in cui, rispetto all’intera popolazione scolastica vi è una minor presenza di alunni con disabilità, vi è invece, in proporzione, un maggior numero di docenti di sostegno? Come mai in quelle regioni questa che sembra una contraddizione (maggior densità di docenti di sostegno a fronte di minor densità di alunni con disabilità) si conferma con regolarità in ogni ordine di scuola, soprattutto dall’infanzia alla secondaria di I grado? È forse possibile e credibile che in quelle regioni – sempre quelle – le ASL certifichino soltanto i casi di grave disabilità, obbligando l’Amministrazione scolastica ad assegnare più docenti di sostegno? Mah! È pur vero che, soprattutto in quei territori, i giudici amministrativi danno spesso una mano a far lievitare il numero dei docenti di sostegno (a seguito di ricorsi delle famiglie), ma ciò non può giustificare quella che sembra essere da molto tempo (ancor prima dell’aiutino giudiziario) complessivamente una anomalia della politica degli organici, messa in atto, passo dopo passo. Per di più, in quelle regioni fino a ieri la percentuale di posti di sostegno stabilizzati (e qui l’eventuale gravità della disabilità non c’entra per niente) era maggiore che altrove. C’è voluta una norma di legge, la 128/2013 (peraltro applicata non compiutamente) per ridurre, senza annullarla completamente, la grave sperequazione esistente. Difficile parlare di caso o di semplice coincidenza, perché i numeri dell’attuale situazione di fatto, in questo anno scolastico che volge al termine, sembrano parlare chiaro. Più posti di sostegno in rapporto al minor numero di alunni disabili è una anomalia da sanare, eventualmente in modo graduale, assegnando il più possibile i posti di sostegno alle regioni che finora hanno avuto meno della media...
ScuolaOggi.org - 10 giugno 2014
"Progressione di carriera: si fa presto a dire”
░ Antonio Valentino propone un’articolata, interessante analisi.
… Questi mi sembrano i punti nodali su cui è possibile, dopo i molti dibattiti degli scorsi anni, registrare convergenze.
…Il problema è come rendere i docenti protagonisti di questo progetto,  mettendo in campo proposte sensate e mobilitanti. Anche un ripensamento radicale dell’attuale modello di progressione  di carriera, se sviluppato in questa ottica, può quindi contribuire ad avviarne il superamento. Il dato da cui partire. L’idea di una scuola formalmente affidata alla leadership esclusiva del DS non ha più ragion d’essere. Oggi la scuola per essere governata ha bisogno del concorso responsabile di una serie di figure che rendano possibile un funzionamento che produca risultati. Gli attuali livelli di complessità (i nuovi parametri per il dimensionamento, i nuovi bisogni formativi e la nuova domanda di istruzione, le sfide globali - e, prima fra tutte, quelle della formazione come fattore di uguaglianza-, ma anche l’esplosione delle nuove tecnologie), impongono il superamento degli attuali assetti organizzativi. Non ha senso infatti che funzioni fondamentali per la vita della scuola (dal funzionamento ordinario, al coordinamento di spazi vitali come i dipartimenti o le aree di progetto, la cura dello sviluppo professionale e i rapporti col territorio e le altre scuole) vengano assunte a titolo assolutamente volontario e senza garanzie di continuità e di formazione specifica, oltre che di riconoscimenti adeguati, e quindi motivanti. Abbiamo bisogno, per queste funzioni aggiuntive, di figure attrezzate, stabili, di sistema (nel senso che vanno garantite a tutte le scuole, in coerenza con l’ordine  a cui appartengono e  in misura congruente con il numero di studenti e le loro caratteristiche),  il cui lavoro, valutato, permetta adeguati riconoscimenti economici e di carriera. … Scheda 1. Aree di intervento e relative funzioni. – Coordinamento didattico-organizzativo (dipartimenti, Consigli classi parallele, gruppi di progetto); - Collaborazione gestionale; - Orientamento tutoring counseling; - Cura e sviluppo laboratori, spazi, arredi; - Valutazione e sviluppo (Autovalutazione / Rilevazioni statistiche nazionali e internazionali /Aggiornamento e formazione /Tecnologie informatiche); Coordinamento territoriale(Rapporti/Reti/Progetti europei). Scheda 2. Progressione verticale: Si realizza attraverso  passaggi a incarichi e ruoli di livello superiore (DS, Dirigenza Tecnica, Dirigenza Amministrativa ….) a fronte di crediti professionali acquisiti nei diversi ambiti della funzione docente, certificati da personale competente, “quantificati” sulla base di griglie predisposte dall’INVALSI e/o Istituti esperti, e validi a fini concorsuali nelle aree professionali in cui le competenze dimostrate possono trovare sbocco. Progressione orizzontale: Si realizza attraverso il passaggio a livelli di carriera  e a posizioni stipendiali (in numero da definire, comunque circoscritto) più elevate. Ai vari livelli si accede con i crediti acquisiti attraverso le esperienze realizzate (cura e sviluppo professionale, incarichi e funzioni …), valutate e certificate. Tali crediti dovrebbero essere debitamente considerati e riconosciuti: per posizioni organizzative (incarichi) di maggiore responsabilità, all’interno del ruolo docente (coordinare progetti europei, presidiare le attività di autovalutazione di istituto e progetti di sperimentazioni e ricerca…),  ma anche per ricoprire, ove si abbiano ovviamente le competenze specifiche, ruoli professionali, diversi dall’insegnamento, e  inscrivibili comunque nell’area dell’educazione  (educazione alimentare , ambientale, sanitaria, funzioni di counselling o di orientamento professionale); funzioni e ruoli   indispensabili nella scuola dell’autonomia per far fronte a nuove necessità formative, ma anche per dare gambe ai progetti dell’autonomia in direzione di un miglioramento continuo, dentro il singolo Istituto o in reti di scuole… Per sistema
di crediti si intende l'insieme  di riconoscimenti certificati, conseguenti sia alle attività di sviluppo professionale, sia allo svolgimento di incarichi aggiuntivi all’insegnamento e ai loro risultati.
Tali   crediti, assieme alle esperienze realizzate nell'ambito della propria funzione e coerenti anche lato sensu al proprio ruolo, potrebbero rientrare in un apposito portfolio, che andrebbe predisposto: - secondo un format da valere a livello nazionale (potrebbero farsene carico l’INVALSI e altre strutture / agenzie competenti); - sulla base di indicazioni preliminari su questioni chiave, quali: in cosa dovrà consistere il credito (punteggi o giudizi in scala per ciascuna attività che si intende considerare e premiare); in che misura  va accordato per le varie attività, iniziative o incarichi ricoperti;  i valori massimi e minimi dei crediti per ciascuna attività, in modo da attribuire la necessaria discrezionalità a chi i crediti poi dovrà riconoscerli)….
Le proposte da sperimentare su "chi valuta" dovrebbero soprattutto obbedire ai criteri sia  della viciniorità del valutatore rispetto agli “oggetti” valutativi (incarichi, attività, esperienze da valutare); sia della omogeneità nell’applicazione dei criteri adottati a livello nazionale; sia della rendicontabilità sociale. Quanto ai  soggetti “giudicanti”, penso si debba ragionare su "figure" che obbediscano ai criteri suesposti, come, ad esempio: - Comitato di valutazione di scuola così come previsto dal ddl della scorsa legislatura (non andato in porto) sulle Norme di autogoverno delle scuole (e questo, almeno in prima battuta), per le esperienze e le attività da valutare annualmente;  - DS, all’interno del Comitato di valutazione, per gli aspetti  più legati alle sue competenze specifiche  (rispetto delle regole interne, correttezza negli adempimenti….); - Dirigente tecnico (coadiuvato dal DS), che entra nelle procedure di progressione per verificare quando verrà richiesto dall’insegnante e dalla scuola  e in uno specifico colloquio - a. le dichiarazioni e la documentazione del portfolio, b. la correttezza e l’adeguatezza dei crediti riconosciuti ai fini del passaggio, c. la valorizzazione o meno del percorso autovalutativo dell’insegnante interessato o di parti del portfolio meritevoli di approfondimenti.
Suo compito conclusivo dovrebbe essere quello di decretare  il passaggio al livello superiore del percorso di carriera. Andrebbe altresì considerata l'eventualità di sperimentare il coinvolgimento di genitori e, nelle superiori, anche di studenti maggiorenni… La questione è certamente delicata e pone problemi, ma non si può sottovalutare il fatto che una misura di questo tipo potrebbe rappresentare una prima rottura con le logiche autoreferenziali… Nesuno può pensare ovviamente che questa operazione possa essere a costo zero. Valorizzazione e riconoscimenti comportano risorse economiche in misura non trascurabile…..

latecnicadellascuola.it - 10 giugno 2014
"Asili nido e scuola dell'infanzia per tutti: qualcosa si muove”
░ La Commissione Istruzione del Senato si sta occupando del ddl a prima firma Puglisi (al quale sono stati abbinati due testi della Lega Nord); anche l’Anief è stato ascoltato. Riportiamo da Alessandro Giuliani.
…. Il 10 giugno la Commissione Istruzione al Senato ha avviato la discussione generale sul disegno di legge che, attraverso un sistema integrato per l'infanzia, propone nuovi strumenti per estendere l'educazione prescolare - dai tre mesi ai sei anni - su tutto il territorio nazionale, garantendo così a tutti i bambini pari opportunità di apprendimento. Ad oggi, invece, fino a 3 anni la media nazionale di bambini accolti è inferiore al 15%. Con punte superiori al 25% in Emilia Romagna, ma anche con modeste percentuali, inferiori al 10% di fruitori potenziali, al Sud e nelle Isole…. In generale, c'è l'impegno dello Stato, coordinato con Regioni ed enti locali, a garantire la copertura di posti in asilo nido per il 33% dei bambini nel 75% dei territori entro il 2020. Con il piano straordinario per l'infanzia del 2007 e rifinanziato nei due anni successivi - si legge nella relazione introduttiva al ddl - la quota degli utenti di un servizio socio educativo pubblico era salita dal 9,5% al 14%, ma con ampie differenze territoriali, soprattutto tra nord e sud. La scuola dell'infanzia accoglie invece il ''94% dei bambini tra i tre e i sei anni'': nel dettaglio, le scuole statali ''danno risposta al 60%'' dei bambini, ''quelle paritarie pubbliche, gestite dai comuni, al 12%''. Per quanto riguarda infine gli investimenti, conclude Puglisi, è previsto ''un finanziamento statale, graduale negli anni, che va a implementare la spesa di Regioni ed enti locali, con una quota paritaria pari al 50%''. Per l'attuazione della legge sono previsti quindi ''oneri'' pari a ''500 milioni di euro per il 2014'', che andranno aumentando negli anni successivi fino ''ai 1.500 milioni di euro nel 2019''. In aiuto per le famiglie anche i ''ticket nido'', voucher del ''valore massimo di 150 euro'', che le aziende potranno erogare per aiutare i lavoratori e le lavoratrici a sostenere le spese del nido.
Se il ddl dovesse essere approvato con l’attuale testo, è prevista anche la nascita sui territori di veri e propri poli per l'infanzia (omnicomprensivi di servizi scolastici ed educativi), della garanzia di qualifiche universitarie per il ''personale educativo'' e ''tempi ragionevoli'' per gli spostamenti tra casa e scuola-servizio.
Prima di arrivare al testo che presto verrà votato, con diversi schieramenti bipartisan che si sono detti favorevoli, nei giorni scorsi la VII Commissione della Camera ha ascoltato le proposte delle parti in causa. Come quelle delle Regioni, per le quali hanno parlato gli assessori Marzocchi (Emilia-Romagna) e Aprea (Lombardia), che hanno chiesto chiarezza istituzionale, e dei sindacati: tra cui l’Anief, che ha chiesto di anticipare la scuola a 5 anni, con classi 'ponte' che prevedano la compresenza di maestri dell'infanzia e della primaria.

Corrieredellasera.it - 12 giugno 2014
"Andare all’asilo fa bene alla pagella”
░ Lo studio Ocse-Pisa e i vantaggi nell’apprendimento e nella socializzazione per i ragazzi che sono stati alla materna per più anni. Di Francesca Borgonovi, ricercatrice Ocse-Pisa.
Numerosi studi mostrano che la scuola dell’infanzia può promuovere l’apprendimento e il benessere dei bambini, con conseguenze di lungo termine sulle loro capacità di interazione con gli altri, di perseguire obiettivi con successo e, in alcuni casi, sulle capacità cognitive. Lo studio Ocse Pisa mostra che gli studenti 15enni che dichiarano di essere andati alla scuola dell’infanzia per più di un anno hanno risultati scolastici migliori dei loro coetanei che hanno dichiarato di non essere mai andati alla scuola dell’infanzia. In media, tra i Paesi Ocse, nel 2012 la differenza nel punteggio in matematica era di 53 punti, che equivale alla differenza di punteggio che risulta dall’essere andati a scuola un anno in più. In Italia la differenza di punteggio è ancora maggiore ed equivalente a 63 punti Pisa. In parte questa differenza riflette il fatto che gli studenti socio-economicamente svantaggiati tendono ad avere tassi di partecipazione inferiori: la differenza di punteggio scende infatti in media a 31 punti (e in Italia a 52 punti) quando si considerano studenti che provengono da contesti socio-economici simili…. La scuola d’infanzia aiuta i nuovi immigrati ad integrarsi e a imparare per tempo la lingua del nuovo Paese
Questo significa che molti degli studenti che potrebbero trarre un maggior beneficio dalla partecipazione a programmi quali la scuola dell’infanzia, al momento non prendono parte a questo importante ambiente di formazione e socializzazione. In Italia la proporzione degli studenti con un background d’immigrazione è cresciuta rapidamente tra il 2003 e il 2012. I nuovi immigrati sono generalmente molto più svantaggiati rispetto agli immigrati già stabiliti nel Paese e rispetto agli studenti senza un background di immigrazione. La barriera linguistica che molti di questi studenti devono affrontare è altresì un ostacolo all’apprendimento. …

TuttoScuolaNews - 13 giugno 2014
"Dimezzamento dei permessi sindacali”
░ Bozza di riforma della PA all'esame dell'incontro con i sindacati.
La decisione finale sulla riforma della PA sarà assunta dal Consiglio dei Ministri di domani, 13 giugno, sulla base della bozza di proposta, predisposta dal ministro Madia, che ha raccolto nelle settimane scorse pareri e suggerimenti. Nella bozza si parla di riduzione del 50% del monte ore dei permessi, aspettative e distacchi sindacali nel pubblico impiego, scuola compresa. A dire il vero a ridurre drasticamente il numero dei distacchi sindacali ci aveva già pensato il ministro Brunetta dell’ultimo governo Berlusconi che con riduzione del 15% per anno in un triennio aveva portato il numero a 2.233, oltre ad altri 208 distacchi per regioni, enti locali e sanità, frutto di cumulo di ore di permesso. Un’altra indefinita quantità di distacchi, sempre conseguente a cumulo di ore, è stata attuata negli altri comparti per una quantità stimata intorno a altri 300 distacchi. Il dimezzamento di tutti i distacchi (quantificabili in circa 2.700/2.800), determinerebbe il ritorno in servizio di circa 1.300/1.400 dipendenti pubblici. Per il comparto scuola che attualmente dispone di 681 distacchi normali più altri 150 circa per effetto del cumulo di ore di permesso, potrebbero ritornare in servizio a scuola 410/420 persone. C’è anche la previsione del dimezzamento dei permessi sindacali di cui fruiscono dirigenti e rappresentanti delle OO.SS. Oggi per ogni comparto (esclusi Regioni, EE.LL. e Sanità) il monte ore di permessi sindacali (da distribuire tra le OO.SS. in base alla % di rappresentatività) è calcolato in 76,5 minuti per ogni addetto di ruolo in servizio. Per la scuola, stimati in 850mila gli addetti di ruolo, il monte permessi dovrebbe essere pari a 1 milione e 83.750 ore che, dimezzato, si ridurrebbe a poco più di mezzo milione, un terzo, comunque, da riservare alle RSU e il restante terzo da cumulare in distacchi.
Un altro monte ore di permessi riguarda la partecipazione alle riunioni di organismi direttivi statutari del sindacati: 165.901 ore (di cui 111.367 per il comparto scuola). Se dimezzato anche quello, i sindacati dovranno razionalizzare gli incontri. Comunque vadano a finire le cose (dimezzamento del monte ore di permesso e dei distacchi) si annunciano tempi duri per il sindacato.   

Pubblichiamo alcuni articoli sui prof in pensione che a Bolzano insegnano italiano agli studenti stranieri e sulla decisione del ministro Giannini di anticipare la scuola primaria a 5 anni.

Anche a Bolzano lo Stato alza bandiera bianca: ora l’italiano agli stranieri lo insegnano gratis i prof in pensione

ANSA: Scuola:Anief,a Bolzano prof in pensione insegnano stranieri
Sindacato critica la decisione presa in Alto Adige
(ANSA) - ROMA, 21 MAG - In Alto Adige la giunta provinciale altoatesina ha approvato un piano di incentivo dell'apprendimento dell'italiano, ma anche del tedesco, rivolto ai figli dei migranti attraverso il coinvolgimento di ex insegnanti in pensione: governatore e assessore all'istruzione hanno annunciato che nel loro tempo libero aiuteranno gratuitamente i ragazzi a migliorare la loro conoscenza linguistica, facilitando così la loro integrazione. A dare la notizia è l'Anief che ritiene di "una superficialità quasi imbarazzante" il tentativo di "trasformare in volontariato una professione che necessita di vedere in prima linea personale selezionato e formato ad hoc". "Quanto sta accadendo in Alto Adige - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - rappresenta purtroppo un altro esempio di come lo Stato stia gradualmente abbandonando il suo ruolo di garante del diritto allo studio e alla formazione dei giovani. Invece di distribuire fondi nazionali da utilizzare per assicurare l'insegnamento della lingua ai figli dei migranti, ci si affida al buon cuore dei docenti in pensione. Dimenticando che vi sono migliaia di docenti precari, selezionati e formati, che da anni insegnano nelle scuole ma che per essere stabilizzati devono attendere anche decenni. Il tutto contravvenendo a una precisa direttiva comunitaria".(ANSA).

Tecnica della Scuola: A Bolzano si richiamano i prof in pensione

AgenParl: Scuola: Anief, anche a Bolzano lo Stato alza bandiera bianca

IMG Press: Anche a Bolzano lo Stato alza bandiera bianca: ora l’italiano agli stranieri lo insegnano gratis i prof in pensione

Orizzonte Scuola: Anche a Bolzano l’italiano agli stranieri lo insegnano gratis i prof in pensione

Italpress:  Scuola: Anief "Anche a Bolzano lo Stato alza bandiera bianca"

Roma daily news: Scuole in ginocchio: per far recuperare gli studenti si richiamano i prof in pensione

Aris: Scuole in ginocchio: per far recuperare gli studenti si richiamano i prof in pensione, terzo caso in pochi mesi

Aetnanet: Scuole in ginocchio: per far recuperare gli studenti si richiamano i prof in pensione, terzo caso in pochi mesi

 

Anief d'accordo con il Ministro Giannini: è giunta l'ora di anticipare la primaria a 5 anni

ANSA: Scuola: Anief, è ora di anticipare primaria a 5 anni
Ma occorre anche portare obbligo formativo a 18 anni
(ANSA) - ROMA, 21 MAG - "Fa bene il ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, a dire che è giunto il momento di ridurre a due anni il percorso della scuola dell'infanzia, far iniziare la scuola primaria a 5 anni, lasciare intatta la durata della secondaria (3 anni il primo grado e 5 il secondo) consentendo in tal modo il diploma a 18 anni anziché a 19". Lo afferma l'Anief secondo cui la proposta "sarebbe perfetta se il ministro nel contempo riuscisse anche a elevare da 16 a 18 anni l'attuale obbligo formativo". "È vero - dice Marcello Pacifico, presidente Anief - che in passato altri ministri dell'Istruzione hanno fallito tentando di imporre un progetto simile. Ma i tempi sono cambiati, ormai viviamo nell'era della globalizzazione e del web. Che impongono tempi e apprendimenti anticipati. Inoltre, anche i più recenti studi di psicologia e pedagogia hanno rilevato che la massima capacità dello sviluppo umano si attua attorno a 3 anni e mezzo di vita. Che senso ha rimanere ancorati a certi conservatorismi? Chi sostiene il contrario, come gli altri sindacati, farebbe bene ad adeguarsi ai tempi". L'Anief ricorda quindi che a tal proposito il mese scorso ha presentato una proposta in Senato in linea con quella espressa oggi dal Ministro. (ANSA).

ANSA: Giannini, accorciare materna, bimbi a scuola 1 anno prima
Sindacato protesta,'non siamo a Ikea','meno interviste più soldi
(ANSA) - ROMA, 21 MAG - Tutti alla primaria a 5 anni. L'idea é di Stefania Giannini, ma i sindacati non hanno apprezzato la sortita. "Lo strumento migliore non è una scuola superiore di soli quattro anni ma - ha osservato il ministro dell'Istruzione parlando a Radio Capital dell'ipotesi di abbreviare il corso delle superiori - la possibilità di mandare i figli a scuola un anno prima, una scuola dell'infanzia che duri solo due anni, come accade già in altri paesi". Un'idea sulla quale la titolare del dicastero di viale Trastevere rimugina da un po'. La sperimentazione del liceo di 4 anni avviata da Profumo e ripresa dalla Carrozza (coinvolge per ora sei scuole) non la convince. "Utilizzare come strumento di accelerazione degli studi soltanto il taglio di un anno delle superiori, senza rimodulare il resto non mi sembra la strada giusta" ha spiegato qualche giorno fa e già a fine febbraio aveva espresso perplessità: "ho l'impressione che ci sia un'ottima scuola primaria, licei e scuole superiori con punte di eccellenza, ma la scuola inferiore dovrebbe essere rivisitata". Oggi è stata più esplicita, ma l'idea di anticipare l'obbligo a 5 anni non è affatto nuova. Già alla fine degli anni Novanta quando il ministro era Luigi Berlinguer venne messa sul tavolo questa ipotesi ma la si accantono perché ritenuta di difficile realizzazione. Ora ci si riprova, ma i sindacati scuotono la testa. "Stupisce - commenta il segretario generale della Cisl scuola, Francesco Scrima - come si possa considerare il sistema scolastico alla stregua di un armadio che è possibile semplicemente spostare un po' più in qua o un po' più in là. Né la scuola si può montare e smontare a piacimento, da una parte o dall'altra, come se fosse un componibile Ikea. I percorsi di studio vanno costruiti avendo come essenziale riferimento le diverse tappe dell'età evolutiva. Ogni ipotesi di riforma deve tenerne debitamente conto: non sono consentite improvvisazioni e approssimazioni". E lancia una frecciata al ministro: "è comprensibile che al giorno d'oggi, e specialmente in campagna elettorale, si sia portati a inseguire la massima visibilità attraverso esternazioni che tuttavia, quando si ricoprono ruoli di grande responsabilità, andrebbero sempre attentamente misurate". Dura la reazione del leader della Flc-Cgil che stigmatizza il metodo: "non si può aprire una discussione sulla durata dei percorsi di studio sui giornali!". "E' opportuno rilasciare meno interviste e spiegare al Paese - suggerisce il segretario generale, Mimmo Pantaleo - cosa esattamente si intende fare per migliorare il sistema di istruzione e con quali risorse. In realtà si ripropongono le stesse ricette fallimentari della ex Ministra Gelmini". Si schiera, invece, a fianco del ministro l'Anief secondo cui "bisogna adeguarsi ai tempi che cambiano e sbagliano gli altri sindacati ad essere conservatori". (ANSA).

Il Fogliettone: Anief, bene Giannini a primaria a 5 anni

Tecnica della Scuola: Primaria a 5 anni? La proposta del Ministro tra opposizioni e consensi

AgenParl: Scuola: Anief, d’accordo con il ministro Giannini, anticipare la primaria a 5 anni

Corriere del web: Scuola - E' giunta l'ora di anticipare la primaria a 5 anni

Italpress: Scuola: Anief "Bene Giannini, anticipare primaria a 5 anni"

Il Messaggero: A scuola un anno prima

Giornale Radio Rai: A scuola un anno prima la proposta del ministro Giannini

Corriere della Sera: Bimbi sui banchi già a cinque anni. Ma è giusto anticipare la scuola

Leggo: Scuola, la proposta del ministro: anticipare la primaria a 5 anni

Il Mattino: Scuola, la proposta del ministro: anticipare la primaria a 5 anni

Avvenire: Giannini: si cominci la scuola a 5 anni

La Gazzetta del Mezzogiorno: Giannini-choc: materna più breve e un anno prima alle elementari

XXI Secolo: Stefania Giannini pronta a cambiare la scuola

Il Messaggero: A scuola già a cinque anni per finire a 17, la proposta del ministro dell'Istruzione

La Discussione: Scuola: Anief "Bene Giannini, anticipare primaria a 5 anni"

Mondiali Brasile: Anticipo Dell’obbligo Scolastico A 5 Anni

Orizzonte Scuola: Giannini vuole la primina: bambini a scuola a 5 anni. FLCGIL: scusa per tagliare

Tecnica della Scuola: L’ingresso a 5 anni piace a Snals e Anief. Ma invariata la durata complessiva

Orizzonte Scuola: Anticipo a 5 anni, si rischia taglio di 27mila posti curriculari e 6.500 di sostegno. ANIEF, con classi ponte si evita il taglio

Il Messaggero: Bambini alle elementari già a 5 anni, allarme dei docenti: 30mila posti a rischio

Il Mattino: Bambini alle elementari già a 5 anni, allarme dei docenti: 30mila posti a rischio

Leggo: Bambini alle elementari già a 5 anni, allarme dei docenti: 30mila posti a rischio

Il Gazzettino: Bimbi alle elementari a 5 anni, i docenti: 30mila posti a rischio

Il grillo e la formica: A scuola a 5 anni, pro, contro e tagli

Tecnica della Scuola: Asili nido e scuola dell'infanzia per tutti: qualcosa si muove

 corrieredellasera.it - 01/06/2014
"Nelle scuole italiane 342 mila alunni vicini all’amianto”
░ Dati dal «Diario della transizione» Censis: 24 mila istituti, su 41mila necessitano di interventi strutturali (intonaci, infissi, impianti a norma, bagni); in 2mila scuole c’è perfino amianto. Di V. Santarpia.
Per il ministero delle Infrastrutture, ci vorrebbero 110 anni per mettere in sicurezza tutti gli edifici scolastici italiani. Per il presidente del Consiglio Matteo Renzi basterebbero tre miliardi e mezzo, da sbloccare entro il 2014…. Nella maggioranza dei casi basterebbero i lavoretti comuni che si fanno in qualsiasi casa per evitare che diventi malandata. Eppure parliamo di edifici vetusti, che risalgono anche a settant’anni fa: più del 15% è stato costruito prima del 1945, un altro 15% è datato tra il 1945 e il 1960, il 44% risale al ventennio 1961-1980, e solo un quarto è stato costruito dopo il terremoto dell’80, quindi adeguandolo alle nuove norme antisismiche. Ma i lavori, anche quando si fanno, sono fatti male…. l’abbattimento delle barriere architettoniche è risultato scadente o insufficiente in una scuola su cinque, il 22,5% dei lavori di manutenzione ordinaria non è andato a buon fine, il 33,7% delle reti digitali è risultato scarso, come il 32,8% delle opere di manutenzione straordinaria. È un problema di risorse, ma anche di utilizzo di risorse. …: una macchina burocratica lenta e pesante in cui sono spesso rimasti incastrati i buoni propositi. Dei 500 milioni di euro attivati con le delibere Cipe del 2004 e del 2006, a metà del 2013 ne erano stati utilizzati 143 milioni, relativi a 527 interventi sui 1.659 previsti, rileva il Censis. È andata un po’ meglio con i fondi europei: il programma operativo 2007-2013 gestito dal Miur e relativo al Fondo di sviluppo regionale attivo nelle regioni Campania, Calabria, Sicilia e Puglia, ha assegnato più di 220 milioni di euro a 541 scuole per interventi sulla sicurezza degli edifici, il risparmio energetico, l’accessibilità delle strutture e le attività sportive. Il dl “fare”, varato dal governo Letta, ha stanziato 150 milioni per l’avvio immediato di 603 progetti di edilizia scolastica… Ma bisogna ammettere che se di soldi in ballo ce ne sono tanti, finora se ne sono visti troppo pochi…

l’Unità - 02/06/2014
" Quei «cognitivi» disposti a cambiare”
░ Uno studio, che potrebbe interessare il ministro Madia, condotto da tre Istituti di ricerche economiche e sociali (Ires). Di Bruno Ugolini
La vigilia di un’operazione tesa a portare una ventata «rivoluzionaria» nel lavoro pubblico. Un settore dove sono preponderanti quelli chi chiamano i «lavoratori cognitivi», oppure «lavoratori della conoscenza». Sono insegnanti, operatori scolastici, formatori, ricercatori, musicisti. Chi con contratto stabile, chi con contratto a termine o di collaborazione. Chi precario. Sono i possessori di «saperi» da trasmettere anche se ormai questa caratteristica invade anche molte altre mansioni…. Tre Istituti di ricerche economiche e sociali (Ires) di Emilia Romagna, Toscana e Veneto. Hanno condotto più di 100 interviste e raccolto 1.094 questionari. Una prima sintesi di tale iniziativa testimonia come questi lavoratori abbiano, tra le loro caratteristiche, una spiccata passione per quanto fanno. E tra le preoccupazioni principali quella di «innovare periodicamente il proprio bagaglio di saperi perché questi nel mio settore sono in continua evoluzione». …Per la gran parte di quanti hanno risposto ai questionari, il canale privilegiato di acquisizione delle competenze è la formazione dal basso di «esperienze professionali». È interessante annotare altresì come la maggioranza di loro non sia desiderosa di rimanere inchiodata alla propria sedia. Ben il 93,6 per cento concorda con questa affermazione: «Non è importante svolgere per tutta la vita sempre lo stesso lavoro, l’importante è che la propria carriera professionale o lavorativa possa essere il frutto di una scelta libera ed autonoma»…. E il 68,1 per cento sarebbe «disposto a cambiare città e al limite Paese se questo fosse necessario per continuare a lavorare nel settore professionale dove ritengo possibile realizzarmi». Nessuna barriera dunque (87,3 per cento) nei confronti della «flessibilità occupazionale»: essa «sarebbe una condizione tollerabile se ci fossero i giusti ammortizzatori sociali e le necessarie tutele per rendere sopportabili i periodi di transizione da un lavoro ad un altro. C’è da dire che solo il 14,9% dei lavoratori cognitivi considerati «puri» (ovvero con mansioni totalmente legate alla conoscenza) ha un contratto a tempo indeterminato, il 27,7% è composto dai lavoratori autonomi e il 57,7% ha una forma di contratto a termine. Tra questi ultimi il 67,7% afferma che «non sa» cosa accadrà alla scadenza del contratto. L’instabilità, dunque, regna sovrana anche qui. Quali sono le loro rivendicazioni? Sono inerenti alla voce «gestione del tempo», al peso della burocrazia, alla voglia di autonomia. E poi i compensi (medie di meno di 1.100 euro netti al mese), la definizione stessa del compenso, nonché la «definizione della tipologia contrattuale», il «rispetto degli accordi contrattuali o di ingaggio», la «regolarità dei pagamenti», la «continuità lavorativa», il «sostegno a favore della maternità-paternità». Il sindacato fatica a interloquire con queste realtà lavorative….

www.laricerca.loescher.it - 02/06/2014
"Non uno di meno”
░ Trasversalmente, una compagine governativa dopo l’altra, tutti si sono fatti attrarre dalla questione che in questi giorni si sta riproponendo: l’accorciamento di un anno nel percorso scolastico. Marina Boscaino non lo ritiene proponibile. Neanche noi; ma anticipare l’ingresso all’età di cinque anni nel Primo ciclo non è lo stesso che ridurre l’iter da 13 a 12 anni. Riportiamo alcuni passaggi dell’intervista con Alain Goussot, pedagogista, educatore, filosofo e storico attento alle problematiche dell’educazione e del suo rapporto con la dimensione etica-politica. Goussot fa parte del comitato scientifico dell’associazione “Giù le mani dai bambini”, della Società Italiana di Pedagogia Speciale (SIPES), ed è membro onorario dell’Associazione dei Pedagogisti Italiani. Nel leggere quanto spiega Goussot, docente di Pedagogia speciale presso l’Università di Bologna, e nel riflette, per trarne insegnamento, sulla lezione di Maria Montessori, Jean Jacques Rousseau, Célestin Freinet, ci chiedevamo: la mente umana dopo la quarta rivoluzione industriale, quella telematica,
è la stessa mente umana di inizio Ottocento e di inizio Novecento ? L'energia vitale del fanciullo, la sua sfera emozionale, l’attitudine ludica e pratica, la manualità, l’attività senso-percettiva sono rimaste immutate ? Se sono mutate, e a Scuola si fa come se non lo fossero…, se non ci si adopera per discutere con il bambino di ciò che vive fuori dalla Scuola, si perpetua l’autoreferenzialità (che, in Deschooling Society, Illich denunciava) della ”scuola istituzione”.
... La crisi ha reso preminente, anche se non esplicita, la limpida evidenza che il taglio di un anno di scolarità corrisponde più o meno 50 mila posti di lavoro, pari ad un risparmio di circa 1380 milioni di euro…
D. La questione dell'anticipo scolastico in Italia prescinde da qualsiasi valutazione di carattere pedagogico; prova ne sia il fatto che si alternano periodicamente la proposta di tagliare un anno alle superiori e quella dell'anticipo dell'accesso alla primaria. Che cosa ne pensa?
R. La proposta di anticipare di un anno l'ingresso del bambino alla scuola primaria è un errore sia sul piano pedagogico che psicologico. All'età di cinque anni (per qualcuno potrebbe essere quattro anni e mezzo a seconda del mese di nascita) un bambino ha soprattutto bisogno di giocare, di sentire che può sviluppare in modo sereno il proprio potenziale di vita, ha bisogno di sentirsi amato e che ha il tempo di scoprire se stesso e il mondo che lo circonda (senza essere stressato dall'ansia di dovere raggiungere degli obiettivi previsti dal programma scolastico). La nostra Maria Montessori era molto severa sullo stress che rappresentava la scuola primaria per i bambini di 6 anni e per la pretesa scolastica e degli insegnanti di 'immobilizzare' l'energia vitale del fanciullo; a quell'età il bambino ha bisogno di muoversi, di poterlo fare esprimendo il proprio slancio vitale nella scoperta del mondo. L'apprendimento passa prima di tutto dall'attività motoria che è alla base (come ci hanno dimostrato Henri Wallon e, prima di lui, Rousseau) della costruzione dei meccanismi regolatori delle emozioni); l'azione del bambino (il movimento, la gestualità, le percezioni, il coordinamento degli atti ecc...) sono alla base della costruzione del processo cognitivo. Poi il gioco, tramite il quale il bambino impara a sublimare (vedi Françoise Dolto), e l'apprendimento nell'attività ludica e pratica delle relazioni sociali lo preparano ad acquisire quelle tecniche di adattamento che attiverà nelle fasi successive del suo sviluppo. Tutta la psicologia dell'età evolutiva e la pedagogia dello sviluppo ci insegnano che il bambino ha bisogno di tempo; un tempo che è anche interiore e intrapsichico, per acquisire il senso del proprio Sé e per sviluppare le proprie facoltà di osservazione, associazione ed espressione. Faccio notare che era già Jean Jacques Rousseau che osservava come la cosa più importante per un educatore fosse quella di sapere perdere tempo: il tempo della vita e della crescita neurologica, psicologica, fisiologica e relazionale. Non so chi abbia consigliato il ministro ma rimango stupito; forse una certa cultura della performance e anche dello sviluppo delle competenze lette in termini precoci? Comunque sono tante le ricerche e gli studi che ci dicono che l'infanzia rischia di sparire in quanto processo primario dello sviluppo umano. Con questa proposta si in quella direzione (vedi Neill Postman o B. Stiegler). L'infanzia è anche il luogo dell'affettività e la possibilità di vivere una relazione positiva e sicura, non di sentirsi giudicato e etichettato continuamente e di trovarsi sotto la pressione dello sguardo indagatore dell'adulto esperto (maestro o altro). Sarei per fare il contrario: fare in modo che il bambino che compie 6 anni in dicembre rimanga alla scuola dell’infanzia; se 'perde' 6 mesi di scuola primaria non succede niente, recupera dopo questo tempo in termini di sicurezza affettiva e di strutturazione del proprio senso di sicurezza e di sviluppo di un linguaggio intrapsichico che li servirà ad affrontare le fasi e le transizioni successive.
D. In questi giorni Giannini, con un improvviso dietro front, sembra caldeggiare l'entrata anticipata alla primaria. Esistono e - se esistono - quali sono, controindicazioni a questa eventualità?
R. … Penso che vi sono aspetti molto più importanti che quello di pensare ad anticipare di un anno l'ingresso alla primaria: 1) la preparazione pedagogica e l'aggiornamento del corpo docente della primaria in servizio; 2) un maggiore coinvolgimento della famiglia e dei genitori nella costruzione del progetto pedagogico, e lo sviluppo di una vera strategia co-educativa che veda la partecipazione degli insegnanti, dei genitori e degli attori della comunità; 3) una maggiore attenzione sul contenuto diseducativo e pedagogicamente problematico di numerosi programmi televisivi (una cosa che aveva a sua tempo fatto notare il maestro Mario Lodi); 4) l'assenza diffusa di luoghi di esperienza positiva per i bambini e le loro famiglie, spazi di gioco e opportunità e occasioni di socialità vera (e non virtuale come accade oggi); 5) una più grande attenzione per i rischi di trasformazione dei bambini in piccoli consumatori dipendenti da giochi virtuali e da nuovi 'poteri ascendenti', in grado di funzionare come quelli che l'educatore francese Célestin Freinet chiamava 'giochi-droga'. Questo tipo di dipendenza, che spesso sostituisce la relazione vera, il gioco autentico (un bambino ha bisogno di giocare non solo con gli altri ma anche da solo, per sviluppare tramite la fantasia e l'immaginazione i segni della organizzazione di senso di quello che prova), tutto ciò finisce per uccidere la curiosità del bambino e per metterlo in una situazione di eccitazione, di stress e di ansia permanente. Se a questo aggiungiamo l'anticipo dell'ingresso alla scuola primaria temo che possa diventare un carico insopportabile e distruttivo per la salute mentale, emozionale dei nostri bambini.
D. Che cosa rappresenta/può rappresentare, secondo lei, un anno in più di scuola dal punto di vista individuale e collettivo?
D. Per la collettività significa doversi ritrovare con bambini che non abbiano avuto il tempo e lo spazio necessario per maturare e crescere in modo equilibrato nella gestione dei rapporti tra emozioni, sentimenti e apprendimenti. Personalmente mi auguro che gli operatori dell'educazione e i pedagogisti sappiano reagire a questa deriva produttivistica che vuole dei bambini sempre più 'competenti' e performanti, mentre abbiamo bisogno di bambini felici, che si sentono amati, ascoltati e compresi….

http://artemdocere.jimdo.com - 03/06/2014
" La formazione artistica non è solo insegnamento di storia dell'arte”
░ Riportiamo parte di una lettera scritta dal referente del Gruppo “Formazione artistica” dell’Associazione Artem Docere. Fa riferimento alla recente Intesa tra il MIUR e il Ministero dei Beni culturali.
L’ insegnamento della storia dell’ arte è solo un aspetto del grande campo dell’ educazione in generale e della formazione artistica. Entrambi devono contribuire a consolidare nei cittadini la capacità di “leggere”, “comprendere”, e “applicare” un vero e proprio linguaggio con precise conoscenze e abilità in campo creativo, così come avviene in quello della lettura, della scrittura e dei saperi scientifici. Ciò può realizzarsi solo attraverso la ricostruzione di curricula specifici, in continuità e successive specializzazioni, a partire dalla scuola dell’infanzia fino all’università, per trattare dell’ idea di arte, della storia delle arti e del fare arte. Si tratta di assicurare un percorso generalista fino alle scuole superiori per tutti i cittadini con pari dignità rispetto agli altri corpus disciplinari, accanto a percorsi specialistici e professionalizzanti a partire delle scuole superiori fino alle università, alle accademie e alle scuole speciali post diploma. Il tutto deve essere pensato e codificato in una visione unitaria e modulare con garanzie di sicura eccellenza anche per il semplice cittadino in formazione che non ne volesse fare una professione, visto il paese in cui ci troviamo. Avremmo così oltre che un incremento di professionisti preparati e colti nella mente e nella mano e ad una spinta a valorizzare al meglio i nostri patrimoni nazionali, visitatori di musei, fruitori di concerti, viaggiatori di città che non aumenteranno di numero perché così fan tutti, ma perché le loro conoscenze e competenze e quindi la loro curiosità e sete di sapere li porterà a osservare e studiare i beni paesaggistici, culturali e artistici con piena consapevolezza… La riforma scolastica va assolutamente rimodulata da questo punto di vista e nella scuola dell’ infanzia, quella primaria, secondaria di primo grado e i tutti gli indirizzi di secondo grado e nell’ università dovranno essere progettati e collocati curricoli fondamentali caratterizzati da teoria e pratica per l’ educazione artistica, la storia dell’arte e di tutte le arti applicate accanto a curricoli specialistici della progettazione e del disegno, della scultura, della moda, dell’ architettura, dell’ oreficeria, della musica, della danza … Senza l’acquisizione e la padronanza di questi linguaggi, non solo a livello professionale, la metà della nostra mente sarà irrimediabilmente compromessa, al di là di quanto riportano con estrema parzialità le indagini e le rilevazioni internazionali sulla qualità dell’ apprendimento scolastico che, con pervicace miopia, insistono sugli stereotipi del saper leggere scrivere e far di conto. A tal proposito è auspicabile una lettura approfondita dei rapporti annuali sulle diverse aree dell’ educazione e dell’istruzione a cura dell’Agenzia Europea (Education, Audiovisual and Culture Executive Agency).
ItaliaOggi - 03/06/2014
" Se il ministero sponsorizza la prepagata per studenti firmata Poste italiane”
░ Doveva servire per le agevolazioni, è una carta di credito a tutti gli effetti. Di Giorgio Candeloro
In principio era una semplice tessera con la quale ottenere sconti nei negozi convenzionati ed entrare a prezzo simbolico, o più spesso gratis in musei e mostre. Si chiamava “io studio” ed era distribuita gratuitamente a tutti gli studenti del primo anno delle superiori. Nella pratica non la usavano in tantissimi ma era comunque una buona opportunità per i ragazzi di farsi riconoscere come studenti e accedere anche ad altre agevolazioni non direttamente collegate alla carta, coma ad esempio alle tariffe ridotte degli autobus in molti comuni italiani.
Dalle parti di viale Trastevere, però, devono aver pensato che si poteva fare di gran lunga meglio e di più. E così da circa un mese è iniziata la distribuzione della “io studio 2.0”: non più una banale e anonima tesserina modello raccolta punti nei supermercati, ma una vera e propria carta di credito, valida per cinque anni, con tanto di regolamentari 12 numeri più i tre posteriori di controllo. Una carta prepagata, ricaricabile e nominativa utilizzabile per acquisti fino a 2500 euro annui e prelievi, sempre annui, fino a mille. Non male per dei ragazzini tra i 14 e i 18 anni, a patto, beninteso, che mamma e papà ricarichino periodicamente la magica tesserina, per la gioia delle Poste. Sì, perché la nuova carta dello studente modello 2014/15 –ne saranno distribuite oltre 600.000 entro la fine dell'anno- è una postepay, frutto di un accordo tra il Miur e, appunto, Poste italiane. E in effetti il logo del ministero e quello della società pubblica che gestisce in Italia il servizio postale compaiono appaiati e in bella mostra sulla tessera attualmente in distribuzione ai liceali. Come si legge dal foglio illustrativo la carta non si limita a fornire agevolazioni, sconti e servizi, ma permette anche di pagare in tutti negozi e siti di e-commerce del pianeta che accettano carte Visa. Insomma un'improvvisa trasformazione di ragazzini quattordicenni in consumatori globali –la carta può ovviamente essere implementata e i tetti di spesa innalzati- con la benedizione della scuola e la prospettiva di fidelizzare ai servizi di Poste alcune decine di migliaia di nuovi clienti. Ovvio che le polemiche, anche roventi, non siano mancate… Il Miur smorza le polemiche e ricorda la valenza educativa del progetto, enfatizzando principalmente l'aspetto degli sconti e delle agevolazioni a vantaggio delle famiglie.

larepubblica.it - 04/06/2014
"Scuola: arrivano le pagelle per presidi e professori”
░ Le raccomandazioni della Commissione europea accelerano il cantiere aperto dal governo Renzi su Reclutamento e formazione: "Collegare le retribuzioni al merito e ai risultati". Di Salvo Intravaia.
In arrivo le pagelle per presidi e prof. Il governo Renzi sta già lavorando a ritmi sostenuti su una proposta che prenderà forma tra pochissime settimane e adesso ce lo chiede l’Europa. Uno dei due cantieri sulla scuola messi in piedi qualche settimana fa dal premier è proprio su Reclutamento, formazione e valorizzazione dei docenti. E ad accelerare i lavori del cantiere arriva il monito della Commissione europea che ieri ha inviato al Belpaese “Le raccomandazioni del Consiglio sul programma nazionale di riforma 2014 dell’Italia”. “È necessario compiere sforzi per migliorare la qualità dell’insegnamento e la dotazione di capitale umano a tutti i livelli di istruzione: primario, secondario e terziario”, recita la raccomandazione numero 14 del lungo elenco di riforme consigliate all’Italia per uscire dalla crisi…. Si tratterà di vedere quanto della retribuzione dei capi d’istituto verrà legata al merito: se soltanto la retribuzione di risultato – pari a 2mila euro in totale – oppure anche la fetta che dipende dalla complessità della scuola, la cosiddetta Retribuzione di posizione. In questo caso, i presidi più bravi potrebbero guadagnare fino a 5mila euro in più all’anno dei colleghi meno capaci. E, siccome le retribuzioni dei dirigenti scolastici sono pubbliche, genitori e studenti potrebbero farsi un’idea della bravura del capo d’istituto con cui hanno a che fare. L’operato del preside verrà valutato annualmente in base a sei indicatori. Sulla questione non ci dovrebbero essere forti contrasti: i sindacati sono “abbastanza” d’accordo. La partita più difficile da portare in porto sarà invece quella della valutazione degli insegnanti. I partiti di maggioranza hanno raggiunto un sostanziale accordo. Adesso si tratta di capire come differenziare gli stupendi degli insegnanti. Al momento, nessuno se la sente di parlare di un argomento che è stato tabù dal dopoguerra ad oggi. Dal cantiere uscirà una proposta con diverse sfumature. Saranno poi le forze politiche e sociali a confrontarsi sul tema per tracciare la strada da intraprendere. Un a strada che si prevede piuttosto impervia visto che la categoria mal digerisce i giudizi sul proprio operato. Tra le ipotesi più accreditate la differenziazione dello stipendio in base alle funzioni aggiuntive assegnate all’insegnante e al tempo passato a scuola oltre l’orario di insegnamento. Ma qualcuno va oltre e propone la valutazione della qualità di insegnamento messa in campo dai docenti da parte degli stessi dirigenti scolastici, che assumerebbero un ruolo strategico nella scuola italiana del futuro. E all’orizzonte c’è anche il rinnovo del contratto di lavoro del comparto scuola scaduto a dicembre 2009. I docenti meritevoli avranno un compenso aggiuntivo che li distinguerà da tutti gli altri colleghi. Si fa anche strada la figura del docente “esperto” che tentò di lanciare nel 2005 l’allora ministro dell’Istruzione, Letizia Moratti, senza successo. Il docente che dovrebbe fare da “chioccia” ai neoimmessi in ruolo nella scuola italiana del terzo millennio.

tuttoscuola.it - 06/06/2014
"Apprendistato alle superiori, 'Inaccettabile' per l'Unione degli Studenti”
░ L’Unione degli Studenti muove pesanti critiche al D.I. (Miur, Ministero del Lavoro e Ministero dell’Economia) che prevede la sperimentazione dell’apprendistato, a partire dal prossimo a.s. dall’Unione degli Studenti. E’ una presa di posizione dell’Unione che, è prevedibile, diventerà la parola d’ordine, nell’autunno prossimo, delle manifestazioni studentesche: un ostacolo alla valutazione nel merito; una complicazione.
Pesanti critiche giungono … dall’Unione degli Studenti: "Questo progetto è giustificato come una risposta ai drammatici dati sulla disoccupazione giovanile forniti di recente dall'Istat" - dichiara Danilo Lampis, Coordinatore Nazionale dell'Unione degli Studenti - "Ancora una volta si attribuisce all'istruzione la responsabilità della mancanza di occupazione, causata invece dai provvedimenti scellerati degli scorsi Governi, dal pacchetto Treu fino all'attuale Jobs Act. I recenti dati Almalaurea confermano ancora una volta che il problema non sono le competenze, bensì la progressiva precarizzazione del mercato del lavoro. Questo provvedimento ci farà sperimentare la precarietà lavorativa già prima del diploma. Questo è inaccettabile." - continua Danilo Lampis -  "Ancora una volta i percorsi formativi sono dequalificati in favore di una idea aziendalistica dell'istruzione pubblica, che perde la propria funzione pedagogica per lasciare spazio all'insegnamento di mestieri piuttosto che di competenze critiche capaci di far orientare gli studenti nella realtà e nella società che si troveranno ad affrontare una volta usciti dai luoghi formativi. Il 35% delle ore scolastiche in azienda per noi rappresenta un punto di non ritorno: si consegnano le nostre scuole agli interessi dei privati, tanto che non saranno più le scuole a immaginare i progetti di alternanza ma le aziende stesse con protocolli d'intesa con il MIUR. Pensiamo che con tale sperimentazione si apra una ulteriore dequalificazione della didattica delle nostre scuole, alimentando un inasprimento della distanza classista tra scuole di serie di A, che stimolano gli studenti al proseguimento degli studi e scuole di serie B, volte alla precanalizzazione nel mercato del lavoro, fucine di manodopera a basso costo." - continua nella nota l'UdS - "Rigettiamo tale provvedimento e siamo pronti a impedire, scuola per scuola, l'approvazione delle convenzioni scuola-azienda nei Consigli d'Istituto… L’11 Luglio saremo in piazza a Torino per contestare il vertice europeo sulla disoccupazione giovanile perché non è in questo modo che la si combatte ma solo con più investimenti in istruzione, innovazione e ricerca per invertire l'attuale modello di sviluppo.”

Pubblichiamo alcuni articoli sugli scivoli per andare in pensione con riduzioni dello stipendio nella P.A., sui 40mila esuberi previsti nella scuola nei prossimi 15 anni e sull'allarme disoccupazione in Italia.

Pensioni: scivoli con riduzioni di stipendio nella P.A. come in azienda

IMG Press: Pensioni: scivoli con riduzioni di stipendio nella P.A. come in azienda

Orizzonte Scuola: Pensioni: scivoli con riduzioni di stipendio nella P.A. come in azienda, per ammortizzare i prossimi tagli del personale

Italpress: Pensioni: Anief "Scivoli con riduzioni stipendio in P.A. come in azienda"

 

Nei prossimi 15 anni 40mila insegnanti di troppo: trasformiamoli in tutor o mandiamo in pensione gli over 60

ANSA: Scuola: Anief, prof di troppo vengano trasformati in tutor
Oppure mandiamo in pensione gli over 60
(ANSA) - ROMA, 3 GIU - "Occorre introdurre nuove norme per ricollocare i 40mila insegnanti che nei prossimi 15 anni potrebbero andare in soprannumero a seguito del forte calo demografico e delle iscrizioni degli alunni". Lo afferma l'Anief riferendosi alle stime fornite dalla rivista Tuttoscuola. Secondo il sindacato "occorre prevedere un nuovo impianto legislativo che riassegni funzioni tutoriali a chi ha più esperienza: affidando questo nuovo ruolo ai docenti che hanno svolto 20-25 anni di servizio servirebbe a migliorare la qualità del servizio pubblico della scuola, assicurando ai nostri studenti degli insegnanti più giovani e spesso più motivati. Oltre che a evitare che migliaia di docenti vadano in soprannumero". "Per scongiurare questo rischio - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief - serve anche un piano di prepensionamenti per i docenti con più di 60 anni di età. Quanto sta accadendo con i Quota96 ha dell'incredibile. Si prenda al volo la riforma della pubblica amministrazione, annunciata qualche settimana fa dal ministro Madia e che tra una decina di giorni sarà all'esame della presidenza del Consiglio dei ministri. Non bisogna fare ancora una volta l'errore di lasciare fuori l'insegnamento dalle professioni logoranti. Per evitare di lasciare senza cattedra 40mila insegnanti - continua Pacifico - si potrebbero poi utilizzare fino a 3mila maestri della scuola primaria nelle classi-ponte dell'ultima scuola dell'infanzia. E sempre nella primaria tornare finalmente alle ore di compresenza e all'insegnante specializzato in inglese: i tagli di queste due realtà, figli della riforma Gelmini, sono stati bocciati dai fatti. Dobbiamo tornare alle ex scuole elementari fiore all'occhiello dell'istruzione pubblica italiana. Mettere le scuole in sicurezza - conclude il sindacalista Anief - è una necessità, ma non può bastare se si vuole continuare a sostenere che la scuola viene prima di tutto". (ANSA).

Tcs News: Nei prossimi 15 anni 40mila insegnanti di troppo: trasformiamoli in tutor o mandiamo in pensione gli over 60

Online news: Anief, docenti in esubero? Vengano trasformati in tutor

Orizzonte Scuola: Nel 2030 40mila esuberi? Prepensioniamo a 60 anni e trasformiamoli in tutor

IMG Press: Nei prossimi 15 anni 40mila insegnanti di troppo: trasformiamoli in tutor o mandiamo in pensione gli over 60

Italpress: Scuola: Anief "Nei prossimi 15 anni 40 mila insegnanti di troppo"

 

Lavoro: è allarme disoccupazione. Le norme approvate negli ultimi anni non creano nuovi posti di lavoro

IMG Press: Lavoro: è allarme disoccupazione

Italpress: Lavoro: Anief "Allarme disoccupazione, nuove norme non creano nuovi posti"

 

Pubblichiamo alcuni articoli sulla richiesta dell'Anief al ministro di attendere prima di procedere al rinnovo contrattuale e sulle migliaia di ricorsi per entrare nelle GaE.

Il Ministro pronto a presentare in CdM proposta di rinnovo contrattuale, Anief chiede di attendere

ANSA: Scuola: Anief a Giannini, aspettare su proposta contratto
(ANSA) - ROMA, 8 MAG - L'Anief stoppa sul nascere l'idea del Ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, di "un'operazione molto rapida sulla scuola, per arrivare a proporre nel prossimo mese, anche arrivando a condividere la proposta in Consiglio dei ministri, una rivisitazione del contratto degli insegnanti". Il sindacato reputa impossibile parlare di rinnovo contrattuale, introducendo "valutazione, merito e premialità", se prima non si adegua lo stipendio del personale scolastico all'inflazione e alla media dei Paesi Ocse. "Inoltre, il Ministro dovrebbe sapere - osserva - che tra meno di un anno è previsto il rinnovo delle Rsu della Scuola e rinnovare il contratto a pochi mesi da questo evento sarebbe davvero ingiusto". "Non sarebbe corretto - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief - nei confronti di un milione di lavoratori per i quali le norme comunitarie prevedono il diritto alla consultazione e all'informazione anche su questi temi così rilevanti per i lavoratori e la loro vita, ma in Italia non si applica perché è sostituito dai rappresentanti di quei sindacati rappresentativi che sono stati complici della politica di sgonfiamento degli stipendi del personale scolastico. Una politica - continua Pacifico - che ha preso il via ormai cinque anni fa con il decreto Brunetta, il decreto legislativo 150/09 diventato operativo alla scadenza del CCNL 2006-2009. Siccome il valore degli stipendi del personale è fermo a quella data, al punto che la Ragioneria generale dello Stato ha di recente calcolato un arretramento rispetto al costo della vita di 4 punti percentuali, è chiaro che prima di arrivare a presentare in Consiglio dei Ministri una proposta di rinnovo che andrà ad incidere sulle buste paga di pochi 'eletti', bisogna cambiare la norma che blocca gli aumenti al comparto tramite le Leggi Finanziarie e permette di finanziare gli incrementi solo attraverso i risparmi di comparto". (ANSA).

Tecnica della Scuola: Giannini: entro giugno porterò il nuovo contratto in CdM

Orizzonte Scuola: Il Ministro presenterà in Consiglio dei Ministri proposta per valutare i docenti. Si rischia scontro con sindacati

 

Migliaia di ricorsi per entrare nelle GaE - pasticcio Miur su abilitazioni

Repubblica: Scuola, due decreti ministeriali nel ginepraio delle graduatorie

ANSA: Scuola: Anief, ricorso migliaia prof precari per graduatorie
(ANSA) - ROMA, 7 MAG - "Presto al Ministero dell'Istruzione arriverà una pioggia di ricorsi. A presentarli sono diverse migliaia di insegnanti precari che, per colpa di un paradosso burocratico, il Miur vuole tenere fuori dalle ex graduatorie permanenti". Lo annuncia l'Anief. "Il ministero continua infatti - spiega in una nota - a perpetrare un'insensata disparità di trattamento, discriminandoli rispetti ai precari che sono stati selezionati e preparati dallo Stato con le stesse modalità dei colleghi inclusi nelle graduatorie fino a pochi anni fa". L'aggiornamento riguarda le graduatorie degli insegnanti precari della scuola utili per le assunzioni in ruolo e le supplenze annuali del periodo 2014-2017. Attraverso il D.M. 235/2014, fino al prossimo 17 maggio sarà possibile aggiornare il punteggio sulla base dei titoli acquisiti e dei servizi svolti nell'ultimo triennio. "Al provvedimento sono interessati 170mila supplenti già inclusi, che potranno inserire on line i titoli di studio e i servizi svolti. Mentre viene negato - si legge nella nota - a 12mila nuovi abilitati con Tfa, a 70mila con titoli di servizio e abilitandi Pas, a 55mila diplomati magistrali e ad alcune migliaia di idonei al concorso a cattedra, nonché a laureati in SFP o abilitati in Europa". "Si tratta di una decisione che calpesta i diritti dei cittadini e delle leggi comunitarie. Tanto è vero che sono già diversi i giudici del lavoro che hanno dato ragione agli esclusi. È un paradosso tutto italiano, tra l'altro, che non si permetta di inserire nelle ex permanenti dei docenti abilitati istituendo una graduatoria aggiuntiva, nemmeno quando non c'è più nessuno e le liste di attesa sono esaurite. E diventa particolarmente grave - sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief - perché si va a sommare alla disapplicazione della direttiva comunitaria del 1999 che obbliga alla stabilizzazione dopo tre anni di servizio anche non continuativo. L'apice del paradosso - conclude - è che escludendo i precari abilitati dalle graduatorie provinciali, costringendoli a presentare le domande d'insegnamento a un numero limitato di scuole, spesso si mandano in cattedra degli aspiranti insegnanti privi di esperienza e di abilitazione all'insegnamento. Una scuola di qualità non può accettare tutto questo". (ANSA).

Tecnica della Scuola: Tfa e graduatorie d’istituto, i bandi devono ancora uscire ed i sindacati già parlano di ricorsi

AgenParl: Scuola: Anief, pasticcio del Miur su graduatorie senza parere del CNPI cambia la tabella di valutazione dei titoli

Il Fatto Quotidiano: Graduatorie d’istituto 2014, decreto Miur: Tfa favoriti e dubbi sul punteggio dei Pas

Mainfatti: Graduatorie d'istituto 2014: ricorso abilitandi PAS. Anief: MIUR ignora Consiglio di Stato

Corriere dell'Università: Aggiornamento Graduatorie di istituto: supplenti in cattedra a settembre. Novità nei punteggi. L’Anief: “Solo un pasticcio del MIUR”

L'Unità: Scuola, nuova pioggia di ricorsi contro le graduatorie

Pubblichiamo alcuni articoli sull'emergenza sicurezza nella scuole, emersa dall'ultimo rapporto Censis.

ANSA: Scuola: Anief, tempo scaduto, governo passi ai fatti
(ANSA) - ROMA, 31 MAG - "L'allarmante Rapporto Censis di oggi sulla sicurezza scolastica non lascia più spazio agli annunci: il tempo è scaduto, il Governo passi subito ai fatti". Lo afferma in un comunicato il presidente di Anief Marcello Pacifico. "In queste ultime settimane abbiamo sentito parlare dell'invito del premier a 4.400 sindaci - prosegue Pacifico - perché individuino la struttura scolastica del loro Comune più a rischio, dello sblocco del patto di stabilità che favorirà migliaia di interventi di decoro e manutenzione straordinaria. Il Ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, ha assicurato che sono in arrivo 3,5 miliardi, con 10mila cantieri aperti già dalla prossima estate. Estate, però, che sta arrivando senza alcuna traccia, ad oggi, di interventi concreti di edilizia scolastica. Siamo fermi a un dato che parla da solo: negli ultimi 5 anni il 56% delle scuole italiane non sono state sottoposte ad alcun tipo di intervento, nemmeno di ordinaria manutenzione". "Intanto però in Italia il 60% degli edifici scolastici continua ad essere a rischio sisma", segnala il presidente di Anief: "su 42mila plessi, il 60% rimane sprovvisto delle scale di sicurezza e delle porte antipanico, il 48% non rispetta la normativa antincendio, il 42% non ha il certificato di agibilità statica e il 29% non dispone nemmeno del certificato di agibilità sanitaria. Inoltre, più dell'11,1% continua a mantenere all'interno della struttura scolastica parti in amianto cancerogeno". I rischi per gli studenti e il personale che opera nelle scuole rimangono sopra il livello di guardia. Soprattutto in alcune aree del Paese, segnala ancora l'Anief, tra cui il Sud, in particolare Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.(ANSA).

Il Tempo: Dalla scopa al pennello, il ministro «promuove» imbianchini i bidelli

La Discussione: Scuola, Anief : "Il tempo degli annunci è scaduto!"

Tecnica della Scuola: Il Codacons denuncia i dirigenti Miur; per il comitato San Giuliano di Puglia le cose sono peggiorate; Anief: per studenti e personale permangono rischi, soprattutto al Sud. Ma i Comuni si tirano fuori

IMG Press: Emergenza sicurezza, il tempo degli annunci è scaduto

Orizzonte Scuola: Intonaci crollati, rubinetti e vetri rotti: le scuole "a pezzi". Solo un quarto costruite dopo il 1980

 

larepubblica.it – 24 maggio 2014
"Chi ha tradito l'antico patto tra padri e figli”
░ Se lo chiede Gustavo Zagrebelsky. A parer nostro, lo ha tradito chi non ha fatto spazio ai giovani avvinghiandosi a più poltrone. I giovani se le stanno prendendo.
… A lungo abbiamo osservato e deplorato l’immobile gerontocrazia che ha dominato nel nostro Paese. Ora, i rapporti si stanno rovesciando, se già non sono rovesciati. La gioventù è portatrice d’un carisma che l’autorizza a rivendicare la guida della società. È fresca, spregiudicata, disinibita. Ha occhi ridenti e fuggitivi, soprattutto rapidi. Gli anziani sono conservatori, appesantiti dalle tante cose che hanno visto e vissuto, legati a idee che vengono da lontano, incompatibili con il mondo che cambia…. Sono chiamati in causa i rapporti tra le generazioni. Tutti noi sappiamo che sono rapporti conflittuali, a partire da quelli tra genitori e figli. Prima d’essere genitori siamo stati figli e bene sappiamo che la nostra crescita si è svolta attraverso quel conflitto che poi, generalmente, acquisita la maturità e la sicurezza di sé, si ricompone in un equilibrio in cui né gli uni né gli altri sono più quelli che erano prima. … Dalla piccola dimensione, i rapporti intergenerazionali si proiettano sulla scala vasta della vita sociale. Diventano scontro di culture politiche. … Tra innovazione e tradizione c’è e deve esserci tensione, nella quale alla prima spetta tagliare i rami secchi e alla seconda conservare quelli vitali. Ma, oggi s’è diffuso un sentimento d’impazienza e d’insofferenza generale. Il lascito dei padri appare fallimentare ed è rifiutato dai figli. Si voleva una società dove regnasse pace, giustizia e solidarietà e abbiamo violenze, ingiustizie ed egoismi. Tabula rasa allora, per poter ricominciare senza vincoli e pregiudizi. Per quanto sia dettata dai migliori sentimenti, questa è un’illusione infantile, perché nessuno ricomincia mai davvero da capo. Ogni svolta storica non velleitaria e non catastrofica si radica in energie morali e materiali che sono venute accumulandosi nel tempo e chiedono di farsi spazio… È giusta la critica nei confronti di chi ha concepito la politica al di fuori o contro le aspettative e le speranze dei molti e giusta sarebbe anche l’autocritica. Ma la validità delle aspettative e delle speranze non è affatto travolta perché qualcuno tra la generazione dei padri le ha tradite. Anzi, il tradimento le rafforza. Valori e fatti sono cose diverse. Il giovanilismo è espressione del dominio dei fatti, dell’effettività. Ma i fatti non hanno alcun valore. Quando si dice che si deve “cambiare l’Italia”, che occorrono “riforme”, che bisogna “cambiare verso”, o si usano altre simili espressioni di per sé prive di contenuto, si indulge per l’appunto all’attivismo, alla cultura del fare per il fare. A questo fine, il giovanilismo è sufficiente. Se, invece, il fare si vuol inserire in un disegno che valga per l’oggi, apra una strada per il futuro e trovi le sue basi in ciò che di valido viene dal passato, il giovanilismo non basta più. Non è più questione di vecchi e giovani.

l’Unità – 25 maggio 2014
"Giannini, all'ultimo tuffo: Dentro altri 17mila precari”
░ Il ministro interviene a modificare le regole stabilite da Profumo e decide l’assunzione degli «idonei» 2012: colpiti gli iscritti alle G.E.
Contrordine, sul reclutamento dei docenti si cambia. Ed è subito «guerra tra poveri». Dopo aver già agitato le acque con l’annuncio di un nuovo concorsone nel 2015, il Miur guidato da Stefania Giannini getta un altro sasso nello stagno: il 23 maggio (con le graduatorie provinciali chiuse il 17 maggio) il ministro decreta l’assunzione a tempo indeterminato dal 2014/15 per i cosiddetti «idonei» del concorso 2012 («in subordine ai vincitori»). Ben 17 mila persone, che pur avendo superato il punteggio minimo richiesto erano risultate in sovrannumero rispetto agli 11.500 posti banditi. Una scelta che scatena fortissime reazioni in rete da parte dei precari “storici”, inseriti nella graduatorie a esaurimento… Le regole del Concorsone 2012 stese dall’ex ministro Profumo prevedevano infatti l’assunzione solo nella misura dei posti disponibili,e nemmeno l’abilitazione per chi pure avesse un punteggio utile… Se in teoria ai precari storici viene garantito il50% delle future immissioni in ruolo (il restante andrebbe appunto ai vincitori di futuri concorsi), l’assunzione di queste 17 mila persone riduce il numero di supplenze disponibili per i precari che ora temono di avere ancora minori chances di lavoro… Ci sono poi questioni pratiche. Difficile pensare che possano essere assunti tutti e 17 mila, il posto potrebbe arrivare magari per meno della metà di loro; che fine faranno gli altri? Si creerà una nuova graduatoria per loro? …

Orizzonte Scuola – 26 maggio 2014
"Nuovo concorso a Dirigente. Su quali contenuti verterà? Rischio deriva burocratica”
░ Se la conversione in legge del DL 58/2014 manterrà l'emendamento del Partito Democratico, entro la fine del 2014 si dovrà bandire un nuovo concorso per diventare Dirigenti scolastici.
Quale formazione si richiederà ai candidati per superare il concorso? Si tratta di un punto estremamente delicato che avrà una forte influenza su quella che sarà la futura impostazione del ruolo del Dirigente. Ricordiamo, infatti, che l'avvio di questo concorso coincide con una rivisitazione delle regole volute dalle legge 128/2013. Regole in via, ancora, di declinazione. Si sta giocando una battaglia tra chi punta ad una formazione prettamente organizzativa dei Dirigenti e coloro che, invece, difendono un ruolo con specificità che si legano anche ad interventi nei processi educativi. Il timore, per i difensori del ruolo che volto anche all'aspetto educativo e non solo organizzativo, sorge dall'analisi delle aree formative destinate ai dirigenti vincitori di concorso banditi dalle pubbliche amministrazioni, tra le quali anche il pacchetto per dirigenti tecnici neo-assunti in corso di svolgimento in questo periodo, elaborato dalla Scuola nazionale dell'amministrazione che dovrà occuparsi anche del concorso per la scuola. L'analisi ha condotto alla rilevazione degli aspetti prettamente organizzativi e amministrativi, temendo per i Dirigenti scolastici un cammino verso una figura che abbandona gli aspetti educativi e accentua quelli esclusivamente manageriali. Timori che dovranno essere sciolti nei prossimi mesi, man mano che sarà declinato il pacchetto che costituirà il nuovo concorso. C'è da dire, però, che, se è vero che la legge 128/2013 modifica le modalità d'esame, è anche vero che resta immutato l'articolo 25 del D.L.vo che indica le specificità della Dirigenza, comprendendo anche i processi riguardanti interventi di educazione, istruzione e formazione.

ItaliaOggi – 27 maggio 2014
"Pontecorvo: per anticipare servono più docenti e una diversa didattica”
░ Alessandra Ricciardi intervista la nota psicopedagogista Clotilde Pontecorvo, sul tema tornato di grande attualità: è ragionevole avviare i bambini fin dall’età di cinque anni all’”Obbligo scolastico” decennale (e, come sostiene l’ANIEF, all’”0bbligo scolastico e formativo” di 13 anni scolastici)?
Clotilde Pontecorvo, professore emerito di Psicologia evolutiva alla Sapienza, tra i maggiori esperti di psicopedagogia, ha condotto una ricerca sulla continuità educativa con bambini di 4-8 anni. E ha un'idea ben precisa di quali siano le opportunità e le difficoltà di un anticipo dell'inizio della scuola. «Servono condizioni organizzative puntuali, competenza da parte dei docenti, oltre che la disponibilità dei bimbi».
Domanda. Iniziamo dalle condizioni organizzative.
Risposta. La più importante è che, quando nella classe entrano bimbi più piccoli, oltre all'insegnante della primaria sia presente anche quello dell'infanzia. Questo perché il bambino più piccolo ha bisogno di muoversi, non si può pensare a lezioni frontali, sarebbe assurdo. Anche l'insegnamento della lettura e della scrittura vanno calibrati sull'autonomia e creatività dei bambini. E, inutile dirlo, servono anche spazi adeguati, una classe con file di banchi è improponibile.
D. Che cosa significa modificare l'insegnamento di lettura e scrittura ?
R. Non si comincia con l'alfabetario e l'insegnamento formale. Il lavoro va svolto a piccoli gruppi in classe, con grande possibilità di comunicazione tra i bambini. Che vanno lasciati liberi di produrre le parole nel modo in cui loro le sentono, è molto importante il livello sonoro nella scoperta della scrittura e della lettura.
D. I docenti della scuola dell'infanzia e primaria sono preparati per lavorare in questo modo?
R. In termini generalizzati direi di no. Ci sono molti insegnanti sperimentatori nel nostro Paese disponibili a farlo, ma non direi che c'è la competenza diffusa. C'è anche una certa resistenza da superare, perché l'insegnante che non conosce l'idea vuole fare come si è sempre fatto.
D. Oggi è anche vero che i bambini arrivano a scuola con competenze che vent'anni fa non i loro genitori non avevano.
R. Hanno spesso già una certa padronanza dello scrivere e del leggere, ma hanno comunque necessità di tempi e di modalità di apprendimento giusti. Una scuola elementare che costringe a 5 anni a stare fermo in un banco non fa il bene del bambino.
D. C'è il sospetto che voler anticipare di un anno possa essere una mossa per ridurre il personale.
R. Questo modello di scuola richiede presenze professionali doppie a valenza diversa nei primi anni della scolarità elementare. Un diverso impiego dei docenti, ma non è che si elimina la scuola dell'infanzia.
D. I bambini che iniziano prima a scuola hanno rendimenti più alti ?
R. Non c'è relazione tra l'età di inizio della scolarità e il rendimento. Io ho visto che la possibilità di andare a scuola prima, anni fa era prerogativa di famiglie di alto livello sociale, desiderose di introdurre i bambini a leggere e scrivere prima, ora invece è più richiesta dalle famiglie più modeste. Non so quanto il ministro sia consapevole che la richiesta a volte risponde a esigenze pratiche.
D. La sperimentazione che risultati ha avuto?
R. Risultati positivi, perché i bambini più piccoli messi con quelli più grandi hanno livelli di sviluppo più alti. Ma generalizzare non si può, serve molta flessibilità.
D. Lei è favorevole o contraria a un anticipo dell'inizio della primaria?
R. Non lo sosterrei in modo generalizzato quando le nostre scuole mancano di molte condizioni accettabili. Vorrei prima che i bambini stessero bene a scuola a qualsiasi età. E che non vivessero condizioni che possano produrre fallimenti. Io proporrei di procedere con molta prudenza e dopo aver ben ponderato, con esperti, i pro e i contro. Anticipare di un anno solo per consentire l'uscita anticipata a 18 anni, come negli altri stati europei, non è una buona ragione dal punto di vista psico-pedagogico.

Orizzonte Scuola – 28 maggio - 2014
"Graduatorie ad esaurimento restano chiuse ai nuovi abilitati". Più supplenze con organico funzionale.... e il concorso 2015 ?
░ La Sen. Laura Bignami chiede al Ministro se intenda riaprire le G.E., per i nuovi abilitati. Riportiamo la risposta del Ministero (in Commissione Istruzione del Senato, il 29 maggio 2014) e il commento di Orizzonte Scuola.
[...] occorre evidenziare che la riapertura delle graduatorie ad esaurimento può essere operata solamente attraverso un intervento legislativo. La normativa vigente ha disposto infatti all'art. 1, comma 605 lett.c) della legge n. 296/2006, la trasformazione delle graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento, dalle quali è escluso ogni successivo ed eventuale inserimento. Il Ministero ricorda quindi la costituzione, in via del tutto eccezionale, della IV fascia aggiuntiva, per determinate categorie di personale in possesso di abilitazione conseguita fino all'anno accademico 2010/11. Tutto ciò posto, si ricorda che il Ministro, nelle sue linee programmatiche "ha sottolineato la necessità di predisporre misure nei confronti dei precari all'interno di "organici funzionali" che permettano una migliore gestione delle supplenze e un aumento dell'offerta formativa. Si valuteranno in tale ambito le soluzioni più idonee per tutelare le aspettative dei docenti che hanno ottenuto e che otterranno l'abilitazione attraverso i percorsi formativi previsti dalla normativa vigente."
Con questa risposta però il Ministero elude il nocciolo della questione: come/quando potranno essere assunti a tempo indeterminato i docenti abilitati con le nuove procedure (TFA ordinario, PAS, Laurea in Scienze della formazione primaria, diploma accademico di II livello + TFA per strumento musicale, e in seguito al parere del Consiglio di Stato del 5 giugno 2013 i docenti in possesso di diploma magistrale conseguito entro l'a.s. 2001/02)? Stupisce infatti che la risposta sia orientata verso una gestione migliore del precariato con l'organico funzionale e sostanzialmente viene sottinteso anche un aumento delle supplenze in corrispondenza dell'ampliamento dell'offerta formativa…. Forse potrebbe arrivare prima la risposta da parte dei tribunali, ai quali i docenti si sono rivolti avanzando la stessa richiesta di inserimento in graduatoria ad esaurimento.

http://www.scuolaoggi.org/ – 28 maggio 2014
"L’inclusione negli asili nido”
░ Riportiamo da un articolo di Salvatore Nocera.
Così, più di quarant’anni fa, la Legge 1044 del 1971 aveva definito gli asili nido: «L’assistenza negli asili-nido ai bambini di età fino a tre anni, nel quadro di una politica per la famiglia, costituisce un servizio sociale di interesse pubblico». Quella norma sembrava poggiare l’attenzione soprattutto sul sollievo della famiglia, e in particolare delle madri, dal peso della gestione quotidiana dei figli piccoli, al fine di consentir loro l’attività lavorativa. Proprio a tale scopo, infatti, furono anche stanziati dei fondi a favore dei Comuni. Con il passare del tempo, però, a quell’obiettivo originario se n’è affiancato un altro, sempre più emergente, e cioè quello dell’educazione e della socializzazione dei bambini, prima dell’ingresso nella scuola dell’infanzia. Per tale motivo, ad assumere un maggiore peso educativo fu via via l’articolo 6, comma 1, punto 3 di quella norma, che recitava: «[gli asili-nido debbono] essere dotati di personale qualificato, sufficiente ed idoneo a garantire l’assistenza sanitaria e psicopedagogica del bambino». La formazione psicopedagogica degli operatori, in sostanza, venne acquistando sempre più importanza. Quando poi nel 1992 fu approvata la Legge Quadro 104 sulla disabilità, essa, pur occupandosi per lo più di scuola, all’articolo 12, comma 1 stabiliva che al bambino da 0 a 3 anni con disabilità fosse «garantito l’inserimento negli asili nido». Qui l’espressione «garantito» significa chiaramente che la legge riconosce un diritto e che tale diritto è rafforzato dall’articolo 3, comma 3 della medesima Legge, laddove si dice che per gli alunni in situazione di disabilità grave l’accesso ai servizi previsti «assume connotazione di priorità». Ciò significa che i bimbi con certificazione di disabilità ai sensi dell’articolo 3, comma 3 della Legge 104/92 hanno diritto di priorità di accesso agli asili nido, in caso di eccesso di domande di iscrizione. Questo, ovviamente, purché si tratti di asili nido attivati dal Comune di residenza del bimbo; in quelli, invece, di altri Comuni, il bambino con disabilità, anche grave, deve rispettare le graduatorie, secondo i criteri fissati localmente. A riprova della prevalente funzione educativa di tali servizi, va ricordato poi che sempre la Legge 104, all’articolo 13, comma 2, prevede che i Comuni possano adeguare «l’organizzazione e il funzionamento degli asili-nido» alle esigenze dei bambini con disabilità, «al fine di avviarne precocemente il recupero, la socializzazione e l’integrazione, nonché l’assegnazione di personale docente specializzato e di operatori ed assistenti specializzati»…. Pertanto, alla luce di tutto ciò, le famiglie possono chiedere ai Comuni la costituzione di asili nido propri o il convenzionamento con asili nido privati che abbiano i requisiti richiesti dai Comuni stessi, anche sulla base delle rispettive Leggi Regionali in materia….

www.tuttoscuola.com – 29 maggio 2014
"Garanzia giovani: se la montagna non va dal profeta…”
░ La Garanzia Giovani (Youth Guarantee) è il Piano Europeo per la lotta alla disoccupazione giovanile, che prevede finanziamenti per i Paesi membri con tassi di disoccupazione superiori al 25%, da investire in politiche di orientamento, formazione e inserimento al lavoro, a sostegno dei giovani che non sono impegnati in un'attività lavorativa, né inseriti in un percorso scolastico o formativo.
Sul sito del Governo (www.governo.it), nell’ampia informativa esposta, si apprende che i giovani tra i 15 e i 29 anni, non impegnati in un’attività lavorativa né inseriti in un corso scolastico o formativo (cosiddetti Neet - Not in Education, Employment or Training) hanno tempo fino al 31 dicembre 2015 per registrarsi al sito www.garanziagiovani.gov.it, on line dal 1° maggio 2014. La regione scelta, dopo l'adesione, "prenderà in carico" la persona attraverso i Servizi per l'Impiego, o le Agenzie private accreditate. In base al profilo e alle disponibilità territoriali, i giovani stipuleranno con gli operatori competenti un "Patto di servizio" e, entro i quattro mesi successivi, riceveranno una o più opportunità tra: - Inserimento al lavoro; - Apprendistato; - Tirocinio; - Istruzione e Formazione; - Autoimprenditorialità; - Servizio civile. Possono registrarsi al sito i giovani residenti in Italia – cittadini comunitari o stranieri extra UE, regolarmente soggiornanti nel nostro Paese. All’8 maggio (cioè tre settimane fa) avevano aderito a Garanzia Giovani oltre 29.936 giovani; 21.189 lo hanno fatto attraverso il portale nazionale e 8.747 attraverso i portali regionali. Secondo il recentissimo Rapporto annuale dell’Istat i giovani neet sono attualmente 2,4milioni. Quei 30 mila iscritti a ‘Garanzia Giovani’ sono meno di una goccia d’acqua nell’oceano. Se ad oggi quel numero fosse anche raddoppiato, sarebbe sempre un nulla rispetto ai 2 milioni e 400 mila giovani neet. Anziché aspettare che quell’esercito si muova da solo, non sarebbe meglio andare a cercarli, informarli, orientarli?...

 www.insegnareonline.com – 15 maggio 2014
“Invalsi: Liberi tutti?”
░ Un commento salomonico di Mario Ambel.
Strano (e sempre un po' triste) paese, questo! Fino a un mese o due fa, parlar male dell'Invalsi o anche solo avanzare critiche e perplessità per migliorarne il funzionamento e i rapporti con le scuole era considerato una sorta di Lesa Maestà. … Da qualche giorno, il vento sembra invece aver mutato direzione. Da qualche giorno parlar male dell'Invalsi, avanzare non solo dubbi, ma critiche feroci e talvolta anche prive di senso, scoprirne le lacune e le parzialità, invocarne la soppressione, boicottarne l'esercizio è divenuto pratica corrente. Abbiamo addirittura sentito esponenti politici che certo non si occupano tutti i giorni della valutazione del sistema scolastico contraddire quella che fino a poche settimane fa era una sorta di religio sine qua non: il sistema di valutazione così come viene oggi esercitato è condizione essenziale per l'efficacia del sistema e il suo miglioramento. E ora sono arrivati anche gli studenti, che passano dall'ansia indotta dei più piccoli e dal boicottaggio strisciante consumato sui banchi dei più grandi a quello esplicito portato nelle piazze, digitali e reali. Meglio: se non altro evitiamo di alterare i risultati, con tutto quel che ne consegue. Insomma, da qualche giorno parlar male dell'Invalsi è diventato una sorta di sport nazionale, come sparare sulla Croce Rossa…. Il sospetto (di quelli andreottiani, per intenderci) è che lo scontro per la carica di Presidente dell'Istituto abbia lasciato scontente le due fazioni estreme. Quella di chi avrebbe voluto un Invalsi ancor più funzionale alla logica competitiva, meritocratica, che pretende di usare poche prove censuarie per misurare e valutare tutto: gli allievi, gli esami, gli insegnanti, le scuole, le macroregioni, il paese e usare gli esiti, ovviamente pubblici, per fare classifiche, pubblicare risultati, premiare e punire, fornire ai genitori criteri di scelta e chi invece vorrebbe abolire i “quiz” (le prove Invalsi non sono quiz, spesso lo sono invece quelli per l'ammissione alle facoltà universitarie) e l'Istituto che li propina proprio perché funzionali a quella idea di scuola e di società competitiva ed escludente, chi non vede soluzione praticabile alla presenza di una qualsiasi forma di osservazione e valutazione esterna o mista del funzionamento e degli esiti delle istituzioni scolastiche. Si ha come la sensazione che la sconfitta di queste due ipotesi abbia lasciato un poco più aperto lo spazio per lavorare a una soluzione intermedia: un sistema di valutazione che funziona anche perché accetta le critiche e che collabora in modo dialettico con una scuola che a sua volta vi interagisce anziché subirlo, riflette in modo professionalmente maturo sui rapporti fra la valutazione esterna e quella interna e così facendo contribuisce a migliorarle entrambe. Insomma uno spazio di costruzione condivisa di professionalità più competenti, dall'una e dall'altra parte, capaci anche di riconquistare la fiducia e la collaborazione degli allievi. Che poi è la cosa che più conta e per la quale vale la pena spendersi. Si ha la sensazione che sia questo spazio a essere sempre più faticoso in questo paese. E che anche solo l'apertura di uno spiraglio in tale direzione finisca con l'alimentare, magari inconsapevolmente, il fuoco di fila. Asservimento a logiche preconcette e rottamazione delle procedure passate sembrano oggi aver molto più appeal. Infatti hanno subito riempito le gazzette.

www.latecnicadellascuola.it/ – 18 maggio 2014
“Nuovo taglio di 120milioni al fondo di istituto?”
░ Un’allarmante considerazione avanzata da Reginaldo Palermo; se ha ragione (com’è il più delle volte) il Fondo d’Istituto “sparirà”.
Manca ancora l'atto di indirizzo per dare avvio al contratto sugli scatti stipendiali. Se il contratto non verrà firmato entro il 30 giugno è quindi possibile che i 120 milioni messi a disposizione dal D.L. n. 3/2014 finiscano nelle casse dello Stato. L'unica soluzione, a quel punto, sarà quella di attingere al fondo di istituto. Ormai è quasi certo: i 120 milioni di euro messi a disposizione dal comma 2 dell’articolo 1 del D.L. n. 3/2014 per consentire il riconoscimento dello scatto finiranno nelle casse dello Stato. La norma, infatti, è chiara: per poter essere utilizzati è necessario che il contratto nazionale sugli scatti venga firmato entro il 30 giugno prossimo. Ma il fatto è che - ad oggi - il tanto atteso atto di indirizzo che dovrebbe dare avvio alla trattativa non è ancora arrivato all’Aran. E senza questo “pezzo di carta” non si può fare nulla. In realtà il Ministro Giannini ha già annunciato più volte che l’atto di indirizzo è pronto, tanto che qualche settimana fa, in occasione dell’ennesimo annuncio, i sindacati avevano anche espresso viva soddisfazione. A questo punto proviamo a fare due conti. Supponiamo pure che la prossima settimana l’atto di indirizzo venga formalizzato e inviato all’Aran e supponiamo anche che la trattativa si apra immediatamente: saremo comunque arrivati a fine maggio. Diamo per scontato che la firma della pre-intesa avvenga nell’arco di due-tre giorni: saremo ai primi di giugno. Ma c’è un “piccolo” particolare: quando la legge parla di “conclusione del contratto” non può che riferirsi alla firma definitiva che avviene solo dopo che gli organi di controllo hanno verificato la congruità del contratto stesso. E bisogna anche aggiungere che gli organi di controllo hanno tempo almeno 30 giorni per registrare il provvedimento. Insomma: se tutto va nel migliore dei modi, la firma definitiva potrebbe arrivare ai primi di luglio. E allora? Nessun problema, la soluzione c’è: per garantire l’attribuzione degli scatti non si potranno più usare i 120milioni di cui parla il D.L. 3/2014 ma sarà possibile decurtare dello stesso importo il fondo di istituto che in tal modo, a partire dal 2014/2015 sparirà del tutto.

www.latecnicadellascuola.it/ – 20 maggio 2014
Professori "promossi" a impiegati che inseriscono dati
░ Parole di Lucio Ficara. Condividiamo e aggiungiamo che la Giannini copia, in ciò, Profumo e Carrozza.
Siamo al paradosso: gli insegnanti devono dedicare il proprio tempo ad inserire i dati delle prove Invalsi, mentre persone che magari non hanno mai insegnato predispongono i test (con inevitabili strafalcioni)… Il docente ha bisogno di essere apprezzato, stimato per il valore intellettuale che rappresenta e non può essere umiliato e degradato a svolgere obbligatoriamente e gratuitamente mansioni burocratiche come quella di inserire in una maschera elettronica migliaia di dati dei test Invalsi. Infatti l’Invalsi ha predisposto un file di excel con macro attive che funzionano solo con il software Microsoft, obbligando di fatto i docenti di Italiano, matematica e le maestre nelle scuole elementari ad eseguire un massacrante inserimento dati delle risposte del test di Italiano, matematica e il questionario dello studente per le scuole secondarie. Si tratta di una vera e propria molestia burocratica che vede i docenti di ambito impegnati ad inserire dati per molte ore. Questo è veramente assurdo, si utilizzano gli intellettuali come se fossero dei semplici impiegati per inserire anche più di 2000 rispOSTE dei quiz Invalsi sostenuti dai propri studenti. Nel sito dell’Invalsi c’è scritto a chiare lettere che i docenti di ambito provvedono alla correzione delle domande a risposta aperta. I docenti della scuola provvedono a riportare le risposte fornite dagli allievi sulla maschera elettronica. Le predette maschere sono inviate all’INVALSI mediante upload sul sito dell’INVALSI stesso, secondo un calendario regionale. Tutto questo lavoro non è assolutamente riconosciuto sul piano economico e mortifica un’altra volta alcuni docenti che oltre a queste incombenze, hanno compiti in classe da preparare e correggere. Il ministro Stefania Giannini parla tanto di restituire dignità professionale ai docenti, ma nulla ha fatto di concreto per evitare tali stress alle maestre e ai prof di italiano e matematica. Perché l’operazione dell’inserimento dati nella maschera elettronica non viene fatto dagli stessi operatori Invalsi che tra l’altro sono anche stipendiati? Perché il ministro Giannini non fa svolgere tali test direttamente on line a tutti gli studenti, in modo da avere in tempo reale dati e risultati, evitando un super lavoro massacrante ai docenti? …

www.orizzontescuola.it – 20 maggio 2014
“Adempimenti fine anno. Gli obblighi dei docenti dopo il termine delle lezioni”
░ Gli artt. 28 e 29 del CCNL/2007 definiscono puntualmente gli obblighi di lavoro del personale docente articolati in attività di insegnamento ed in attività funzionali all’insegnamento. di Paolo Pizzo.
Quando le lezioni sono terminate l’attività obbligatoria di insegnamento (art. 28) non è più dovuta, per l’ovvia constatazione che mancano gli allievi a cui insegnare (l’art. 1256 del c.c. libera il docente da ogni obbligo). Le attività funzionali all’insegnamento (art. 29) sono così suddivise: 40 ore annue per la partecipazione alle riunioni del collegio docenti e ulteriori 40 ore annue per la partecipazione ai consigli di classe, di interclasse, di intersezione. I due tipi di impegni non possono essere sommati. Le ore non vanno confuse o considerate “intercambiabili”. Si fa dunque riferimento a 40+40 ore (distinte) e non ad 80. A queste si aggiungono ovviamente le attività obbligatorie in riferimento agli scrutini ed esami, compresa la compilazione degli atti relativi alla valutazione (tali attività non sono ricomprese nelle 40+40 ore). Ricordiamo che se il docente ha già raggiunto le 40 ore annue per la partecipazione alle riunioni del collegio docenti e sono previsti altri incontri, ha titolo o al pagamento delle ore aggiuntive o all’esonero dalla partecipazione. Nel contratto non si rinviene obbligo alcuno a carico dei docenti quando le lezioni sono sospese (mese di giugno compreso), salvo che per la parte residua degli obblighi relativi alle attività collegiali, sopra citate, di cui all’art. 29 del contratto.
Le uniche prestazioni che possono essere richieste nel periodo di sospensione delle lezioni sono dunque le attività funzionali all’insegnamento relative a scrutini ed esami, riunioni di collegio docenti e consigli di classe, ma solo se programmate, cioè comprese nel piano approvato dal collegio a inizio d’anno, e nella quantità fissata dal CCNL/2007. Il Piano annuale delle attività del personale docente viene adottato all’inizio dell’anno scolastico su proposta del dirigente e può essere aggiornato in corso d’anno sulla base delle esigenze che a mano a mano si presentano. L’aggiornamento del Piano ed eventuali impegni aggiuntivi deve comunque coinvolgere il collegio docenti, organo rappresentativo di coloro che poi a quel Piano devono dare coerente attuazione. I docenti, dunque, nel periodo in cui non vi è lezione ed escludendo ciò che prevede il Piano delle attività non possono essere obbligati (neanche con un ordine di servizio): - Alla presenza a scuola secondo il loro normale orario d’insegnamento; - A recarsi tutte le mattine a scuola per firmare il registro delle presenze; - Ad attività di riordino della biblioteca o altre attività normalmente “estranee” all’insegnamento; - Ad adempiere a qualsiasi attività prevista in un “elenco” di impegni stilato autonomamente dal Dirigente e non previsto nel Piano delle attività. Ciò vale per qualsiasi ordine di scuola a lezioni terminate. L’unica eccezione è per i docenti di II grado non impegnati negli esami. L'art. 11 dell'OM. n. 41 dell'11 maggio 2012 prescrive: “Il personale utilizzabile per le sostituzioni, con esclusione del personale con rapporto di lavoro di supplenza breve e saltuaria, deve rimanere a disposizione della scuola di servizio fino al 30 giugno, assicurando, comunque, la presenza in servizio nei giorni delle prove scritte..”. “Rimanere a disposizione” non vuol dire però obbligo della presenza o della firma per tutti i giorni che vanno dal termine delle lezioni al 30/6. Non a caso il comma poi specifica “assicurando, comunque, la presenza in servizio nei giorni delle prove scritte”. Ricordiamo inoltre a tutti i Dirigenti la Nota ministeriale prot. n. 1972 del 30 giugno 1980, che già all’epoca chiariva la questione: “Appare in contrasto con il sistema previsto dai Decreti Presidenziali 31 maggio 1974, numero 416 e 417, l’imposizione di obblighi di semplice presenza nella scuola che non siano dipendenti da iniziative programmate e attive e rispondenti a reali esigenze delle singole scuole. Si tratterebbe infatti di presenza permanente formale che, in tal caso, non terrebbe conto della peculiare caratteristica dell’istituzione scolastica, che si differenzia della prevalente attività (quella di insegnamento destinato agli alunni) prevista dal calendario scolastico.” Gli stessi concetti sono stati ribaditi con successive note e sentenze. Tra queste ultime ricordiamo quella del Consiglio di Stato n. 173/1987 in cui si decretava: “…Né è ipotizzabile l’imposizione dell’obbligo della semplice presenza nella scuola indipendentemente dall’impegno in attività programmate, non trovando ciò corrispondenza nel sistema delineato dal D.P.R. n. 417/1974”.

░ Il servizio pubblico di istruzione e formazione dovrebbe, a nostro parere, coprire il periodo dai 5 ai 18 anni concludendosi, nella secondaria di II grado, col biennio professionalizzante istruzione/lavoro nel quale intervengano, con la Scuola, i diversi soggetti educativi pubblici in partership con le aziende. Ecco il percorso, nel sistema da noi immaginato: - Primo ciclo: dai 5 anni ai 13 anni (obbligatorio e gratuito); - Biennio comune a tutti gli ordini scolastici: dai 13 ai 15 anni(obbligatorio e gratuito); - Anno di orientamento: dai 15 ai 16 anni (obbligatorio e gratuito); - Biennio terminale professionalizzante, in collaborazione con l’offerta formativa regionale e con l’imprenditoria. Su questo argomento della rimodulazione dell’iter scolastico/formativo con “uscita” a18 anni, è intervenuta il ministro Giannini. Riportiamo due articoli, il primo a firma Giorgio Israel, il secondo. Leonard Berberi.
Il Messaggero – 22 maggio 2014
“Alle elementari a cinque anni, ecco la riforma”
La dichiarazione del ministro Giannini della possibilità di anticipare l’ingresso dei bambini alle scuole primarie a 5 anni, deve aprire una riflessione. … C’è molto buon senso in questo approccio e proviamo a dire per quali ragioni, almeno secondo il nostro punto di vista. Siamo realisti: è evidente che siamo di fronte a una pressione fortissima volta ad accorciare il percorso scolastico di un anno. Rivestire questa pressione di motivazioni didattiche, pedagogiche o culturali è una colossale ipocrisia: è chiaro che le motivazioni sono di risparmio e di tagli, ed è altrettanto chiaro che la pressione è tale che al ministro, qualsiasi cosa ne pensi, risulta difficile resistere. … Dopo anni di sperimentazioni e riforme parziali che hanno fatto della scuola un colabrodo, è bene non farsi prendere da questa tentazione: non esistono le condizioni culturali, politiche, istituzionali (anche in presenza di un ministero inguaribilmente dirigista) per costruire in tempi ragionevoli una soluzione che metta d’accordo le innumerevoli teorie pedagogico-didattiche che si affollano attorno al capezzale del malato. Ricomincerebbe la diatriba sulla saldatura tra l’ultimo anno delle primarie e il primo delle medie, o tra l’ultimo delle medie e il primo dei licei. Non meno devastante – per usare un termine moderato – sarebbe l’idea del liceo quadriennale che porterebbe a distruggere i licei classici e scientifici, rendendo una burletta l’insegnamento della storia, della filosofia e della matematica, per non dire altro: la vicenda della “geostoria” indica con quale spregiudicatezza si può essere capaci di inventare materie-centauro. Allora, se proprio si deve fare qualcosa, meglio agire sul ciclo comprendente i tre anni della scuola dell’infanzia e i cinque della scuola primaria, riducendo a due i primi tre e inserendo i bambini nella scuola primaria a cinque anni. Va osservato, al riguardo, che la scuola dell’infanzia è il settore più in affanno e insufficiente a coprire la domanda, per cui la sua riduzione a due anni permetterebbe un impiego più razionale di insegnanti e aule presentando un’offerta di gran lunga migliore senza tagli. Inoltre, una maggiore interconnessione tra i due percorsi scolastici va nel senso della riforma basata sul progetto formulato anni fa da una commissione ministeriale presieduta da chi scrive, che ha unificato in un’unica laurea quinquennale la formazione degli insegnanti della scuola dell’infanzia e della scuola primaria, restituendo dignità ai primi e creando le condizioni per un’osmosi tra due percorsi che sono strettamente correlati. Possiamo ora constatare che si trattò di una scelta preveggente che, non a caso, è l’unica parte di quella riforma che ha retto e funziona, a fronte dello sfacelo cui è stato ridotto il progetto dei TFA (Tirocini Formativi Attivi). Essa può essere la base per una soluzione agevole nel senso prospettato dal ministro. V’è però un punto importante su cui occorre essere estremamente chiari. I bambini di cinque anni sono maturi per entrare nelle scuole primarie. Parecchi anni fa, vecchie teorie pedagogiche diffusero la tesi che un bambino, prima dell’età di sette/otto anni, non è capace di ragionamenti logici e non è capace di assimilare concetti matematici. Si tratta di tesi ampiamente confutate, screditate e dannose, che hanno legittimato una didattica rinunciataria e mediocre, una “didattica della paura” che ha avuto punte estreme nella tesi secondo cui in prima elementare non si debbono insegnare i numeri oltre al 20. Malauguratamente questi tesi vengono ancora sostenute da chi fa orecchie da mercante alle confutazioni che ne sono state fatte. Purtroppo, esse hanno influenzato sia la prassi di molti maestri, sia molti aspetti delle mediocri Indicazioni nazionali per le primarie varate un paio di anni fa….
Corrieredellasera.it – 22 maggio 2014
“Bimbi sui banchi già a cinque anni Ma è giusto anticipare la scuola ?”
A cinque anni l’americano Kristoffer Von Hassel ha scoperto che il suo videogioco aveva una grossa «falla» informatica. E per questo è stato pure premiato, poche settimane fa, dall’azienda produttrice. Ma chissà se è già pronto per andare a scuola. Sì, secondo Olanda, Regno Unito, Ungheria e Cipro. Decisamente no per altri Paesi come Svezia, Danimarca e Finlandia, dove tra i banchi ci si sede a 7 anni. E per l’Italia? Oggi la Primaria (le vecchie elementari) inizia a 6. Ma ai microfoni di Radio Capital il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha riaperto il dibattito sull’età. «Bisognerebbe dare la possibilità di mandare i figli a scuola un anno prima», ha detto. L’ipotesi di un’anticipazione non va giù ai sindacati. Cisl scuola e Flc-Cgil dicono di no. L’Anief, invece, appoggia il ministro: «Bisogna adeguarsi ai tempi che cambiano, sbagliano gli altri ad essere conservatori». Gli esperti si dividono. I genitori, in tutto questo, si chiedono cosa sia meglio fare per i propri figli. La questione, in realtà, non è nuova. Se ne parlava già alla fine degli anni Novanta, quando il dicastero dell’Istruzione era guidato da Luigi Berlinguer. A un certo punto comparve pure una bozza con tempi e costi, ma poi tutto si bloccò: troppo difficile mettere in pratica. Sui banchi già a 5 anni quindi? «Assolutamente sì», esordisce Silvia Vegetti Finzi, psicoterapeuta per i problemi dell’infanzia. «Ma bisogna fare attenzione: abbiamo comunque a che fare con degli esseri fragili». Per questo, «quando verrà il momento, bisognerà ripensare tutta la prima elementare… A livello didattico, poi, «bisognerebbe puntare molto sulle attività manuali, sul disegno, sulla musica, sul canto… «il programma del primo anno debba fare molta attenzione ai loro sentimenti: si tratta comunque di esseri umani che sono degli analfabeti emotivi». E deve ricordarsi che i bimbi «conoscono poco il proprio corpo, anche nelle cose magari quotidiane come arrampicarsi su un albero, lanciare un sasso, correre». «Quella del ministro Giannini è una buona idea: bisogna anticipare di un anno la fine del ciclo scolastico per allinearsi agli altri Paesi», ragiona Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Giovanni Agnelli. Che, però, parla di «obbligo flessibile», perché ognuno la sua storia e il suo percorso…. La soluzione migliore sarebbe lasciare libertà ai genitori: decidano loro quando iscriverlo, la famiglia è il miglior giudice»…. «C’è un problema tecnico: in questo modo si verificherà l’“onda anomala” con due generazioni di studenti che finiranno per frequentare lo stesso anno scolastico». E a quel punto, «passando da 500 mila a un milione in pochi mesi, bisognerà raddoppiare tutto: le aule, gli insegnanti...». … Secondo Ferraris «la didattica del primo e del secondo anno dovrebbe imitare il programma della scuola dell’Infanzia: molti lavori manuali, ricreazione più lunga, tante esperienze all’aperto, in mezzo alla natura». «E che non si mettano a dare i voti — conclude —. I piccoli non sono pronti ad affrontare lo stress emotivo»….

Pubblichiamo alcuni articoli sull'avvio dei test Invalsi e sul commento di Marcello Pacifico all'appello del presidente Napolitano contro la disoccupazione.

Al via i testi Invalsi

ANSA: Scuola: Invalsi; Anief, no ai test se valutano insegnanti
(ANSA) - ROMA, 5 MAG - I test Invalsi? Utili se utilizzati come indicatore per programmare nuove strategie, disco rosso, invece, se pensati per valutare il merito degli insegnanti. E' questa la posizione dell'Anief. "Anief reputa positiva la pratica dei test Invalsi, ma solo se verrà adottata come indicatore per programmare nuove strategie didattiche. Non è d'accordo, invece - spiega il presidente del sindacato, Marcello Pacifico - se si vuole utilizzare l'esito delle prove standardizzate per etichettare le scuole e per valutare gli insegnanti. Si tratterebbe dell'ennesima beffa, messa in atto proprio quando negli Stati Uniti si firma un contratto che aumenta del 18% gli stipendi nei prossimi anni, mentre in Italia il ministro convoca i sindacati più rappresentativi per avere il beneplacito per la fine degli scatti di anzianità, l'unica forma di carriera del personale scolastico". Per Pacifico la valutazione degli insegnanti "non può passare per test nazionali che non tengono conto della classe degli alunni e del territorio da cui parte ogni programmazione didattica". Anief reputa il sistema di valutazione scolastico a tre "gambe" - Invalsi, Indire e corpo ispettivo - "incompatibile con le esigenze della scuola italiana". "In questo modo - osserva - non si migliora il livello di efficienza dell'istruzione, ma si realizza solo un sistema punitivo e mortificante delle professionalità di chi opera nel settore, spesso in condizioni disagiate e al limite della sopportabilità fisica e mentale". Il sindacato, inoltre, "non può accettare che le sorti dell'istruzione italiana siano legate all'operato di un istituzione, l'Invalsi, che ha già mostrato i suoi limiti, come in occasione degli esami di licenza media, con l'adozione di griglie di valutazione del merito espresse su 4/10 anziché sulla canonica scala 0-10". (ANSA).

ANSA: Scuola: domani Invalsi; presidente, obiettivo migliorare
Proteste Cobas contro "indovinelli". Giannini, valutazione serve
(ANSA) - ROMA, 5 MAG - E' tempo di Invalsi. E delle consuete polemiche. Da domani oltre due milioni di studenti affronteranno i test per la valutazione delle competenze acquisite in Italiano e Matematica. Alla vigilia della prova, mentre la presidente dell'Invalsi, in una lettera inviata agli insegnanti, rassicura che l'obiettivo di queste rilevazioni è il miglioramento delle performance dei ragazzi e che l'Istituto é consapevole della opportunità di tener conto del peso che le diverse variabili (ambiente familiare, territorio...) possono avere nei risultati, i Cobas confermano gli scioperi indetti in concomitanza "con l'insensato rito dei quiz indovinello". Domani in una manifestazione-spettacolo davanti al ministero (hanno arruolato artisti di strada per 'animare' la mattinata) ribadiranno le ragioni del loro 'no', non ultima quella relativa ai costi: "il funzionamento annuo a regime dell'Invalsi richiede l'assegnazione di un finanziamento pari a 14.000.000 euro". L'Anief dal canto suo reputa positiva la pratica dei test Invalsi, "ma solo se verrà adottata come indicatore per programmare nuove strategie didattiche". Non è d'accordo, invece "se si vuole utilizzare l'esito delle prove standardizzate per etichettare le scuole e per valutare gli insegnanti". Ai contestatori risponde indirettamente il ministro Giannini: "la valutazione è una parola d'ordine a cui non posso e non devo rinunciare", "credo che più che discutere e contestare l'esistente si debba insieme - mondo della scuola, insegnanti e dirigenti scolastici e ministero - lavorare affinché lo strumento di valutazione diventi la chiave di cambiamento radicale della figura dell'insegnante, della sua valorizzazione, per premiare chi lavora di più". I primi a cominciare, domani, saranno gli alunni delle seconde e quinte elementari che si cimenteranno con la prova preliminare di lettura e quella di Italiano. Il giorno successivo se la vedranno con la Matematica e con il questionario studente. Il 13 maggio sarà poi la volta degli studenti del secondo anno delle scuole superiori che nello stesso giorno affronteranno sia la prova di Italiano sia quella di Matematica e dovranno compilare pure il questionario studente che raccoglie le informazioni sul contesto di provenienza degli alunni. Si chiude la partita 2014 il 19 giugno con la prova nazionale preparata per gli studenti alle prese con gli esami di licenza media. La novità di quest'anno è la scomparsa del test in prima media: le scuole secondarie di primo grado avranno le informazioni sugli apprendimenti degli studenti "in entrata" attraverso la messa a disposizione da parte dell'Invalsi dei risultati degli alunni che l'anno precedente hanno sostenuto la prova in quinta elementare. Resta allo studio l'ipotesi di differenziare per indirizzo le prove per le Superiori e intanto, in attesa che il test Invalsi venga introdotto all'esame di Maturità (se ne parla da anni) "assaggi" di test verranno sottoposti agli alunni dell'ultimo anno delle superiori (ma non in occasione dell'esame di Stato) per meglio "tarare" le domande in vista di modelli alternativi da proporre in futuro. (ANSA).

Live Sicilia: Scuola, i test Invalsi: "L'obiettivo è migliorare"

Go news: Scuola, test Invalsi per due milioni di studenti. Ma ci sono le solite polemiche. I Cobas contro gli ‘indovinelli’. La Giannini: “La valutazione serve”

Tecnica della Scuola: Partono le prove Invalsi, tornano scioperi e proteste

Regione Valle d'Aosta: Scuola: domani Invalsi; presidente, obiettivo migliorare

AgenParl: Scuola: Anief, domani al via test Invalsi, Miur li utilizzi solo per didattica

Italpress: Scuola: Anief "Bene test Invalsi ma solo come indicatore per strategie"

Corriere della Sera: Invalsi al via per 2 milioni di ragazzi

L'Arena: Test Invalsi, si comincia tra polemiche e proteste

Il Cittadino: Test Invalsi, via tra le polemiche

La Prealpina: Più di due milioni di studenti chiamati alle prove Invalsi

Orizzonte Scuola: Partono le prove Invalsi, perché i sindacati dicono no

L'Arena: Test Invalsi, si comincia tra polemiche e proteste

 

Pacifico su appello di Napolitano contro la disoccupazione

Teleborsa: L'Anief plaude all'appello di Napolitano contro la disoccupazione

Borsa italiana: L'Anief plaude all'appello di Napolitano contro la disoccupazione

Repubblica Finanza: L'Anief plaude all'appello di Napolitano contro la disoccupazione

Il Messaggero: L'Anief plaude all'appello di Napolitano contro la disoccupazione

Qui Finanza: L'Anief plaude all'appello di Napolitano contro la disoccupazione