L’anzianità professionale di un docente precario va considerata alla stregua del servizio svolto da un qualsiasi collega già di ruolo: per non incorrere nella discriminazione, lo Stato deve anche garantire al supplente il pagamento delle ferie non godute e della disoccupazione. Lo sostiene da 15 anni l’Anief e ora a stabilirlo è anche la Corte di Cassazione: chiamata ad esprimersi sul ricorso di circa 30 ricorrenti e sulla sentenza n. 327/2017 dalla Corte d’appello di Brescia pubblicata il 7 luglio 2017, la Cassazione censura le sentenze di primo e secondo grado e condanna il “MIUR a pagare ai ricorrenti le differenze retributive dovute in ragione dell’anzianità di servizio da loro maturata nel periodo di precariato con i medesimi criteri previsti per i docenti di ruolo, senza detrarre le indennità di mancato godimento ferie e di disoccupazione e nei limiti della prescrizione quinquennale”.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ritiene che la sentenza della Cassazione abbia un valore particolare, perché “conferma la certezza del diritto dei precari a percepire, secondo il principio di non discriminazione, gli scatti di anzianità e i risarcimenti per l’abuso dei contratti a termine. Il via libera della Corte a recepire anche le somme al netto della Naspi e del pagamento delle ferie non godute rappresenta una risposta chiara che non lascia più spazio ai dubbi”.
LA SENTENZA
Secondo i giudici ermellini, “deve affermarsi il principio che, in applicazione della Clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999, attuato dalla Direttiva 1999/70/CE del 28 giugno 1999, relativa al Principio di non discriminazione”, in base al quale “i docenti a tempo determinato hanno diritto, a parità di condizioni di impiego, alla piena equiparazione del proprio trattamento retributivo a quello del personale assunto come docente con contratto a tempo indeterminato ed alla conseguente ricostruzione della loro carriera agli effetti economici, con condanna dell’Amministrazione scolastica a provvedere ai relativi adeguamenti retributivi e a corrispondere le differenze stipendiali riconosciute dal contratto collettivo di comparto in base all’anzianità maturata per il periodo effettivamente lavorato, senza che da tale importo possano essere detratte le somme già percepite a titolo di indennità per ferie non godute e di indennità di disoccupazione”.
Nelle conclusioni della sentenza, pubblicata il 29 dicembre 2022, la Cassazione ha condannato “il MIUR a pagare ai ricorrenti le differenze retributive dovute in ragione dell’anzianità di servizio da loro maturata nel periodo di precariato con i medesimi criteri previsti per i docenti di ruolo, senza detrarre le indennità di mancato godimento ferie e di disoccupazione e nei limiti della prescrizione quinquennale”. Inoltre, la Corte ha condannato “il MIUR a rifondere ai ricorrenti le spese di lite del giudizio di legittimità, che liquida in € 6.000,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione”.
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