Continuano ad arrivare, con cadenza oramai quotidiana, le sentenze che da Nord a Sud Italia obbligano il ministero dell’Istruzione a rimborsare gli insegnanti precari per la mancata assegnazione nei loro confronti della carta del docente da 500 euro l’anno. Stavolta – dopo le quattro di Vercelli - a pronunciarsi è stato, soli tre giorni fa, il Tribunale Civile e Lavoro di Marsala: una docente aveva sottoscritto contratti di supplenza annuale negli anni scolastici 2020/2021 e 2021/2022, il giudice, che le ha riconosciuto i mille euro negati dallo Stato, ha spiegato che “il ricorso è fondato” perché “l’art. 1 comma 121, della l. n. 107/2015 – nel menzionare solo i docenti di ruolo tra i destinatari della c.d. Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente”, non è conforme “alla regola prevista dalla clausola n. 4, par. 1, dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva 1999/70/CE secondo cui “Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive”. Tale norma, ha spiegato il giudice, “è applicabile anche ai rapporti di lavoro a tempo determinato conclusi con le amministrazioni e con altri enti del settore pubblico (cfr. ordinanza del 22 marzo 2018, Centeno Meléndez, C-315/17, punto 39)”.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “sulla carta del docente è inequivocabile che abbiamo vinto a mani basse: i pareri favorevoli della Corte di Giustizia europea dello scorso mese di maggio, come pure quello del Consiglio di Stato, del resto, non possono essere sovvertiti. I precari non possono essere estromessi dall’accesso all’aggiornamento già previsto. E tutto avviene con tempi di discussione sempre più ridotti. Consigliamo tutti i docenti che hanno svolto supplenze annuali dopo il 2016, anche a quelli che nel frattempo sono entrati in ruolo, a presentare ricorso al giudice con i legali Anief: il bonus annuale da 500 euro annuo è un loro diritto”.
Il Tribunale di Marsala ha spiegato che “la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha costantemente precisato che il principio di non discriminazione richiede che situazioni comparabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia oggettivamente giustificato (cfr. sentenza del 5 giugno 2018, Grupo Norte Facility, C-574/16, EU:C:2018:390, punto 46). A tale riguardo, il principio di non discriminazione è stato attuato e concretizzato dall’accordo quadro soltanto riguardo alle differenze di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato che si trovano in situazioni comparabili (sentenza del 5 giugno 2018, Grupo Norte Facility, C-574/16, EU:C:2018:390, punto 47 e giurisprudenza ivi citata). La Corte ha inoltre precisato che, al fine di valutare se le persone interessate esercitino un lavoro identico o simile nel senso dell’accordo quadro occorre stabilire, conformemente alla clausola 3, punto 2, e alla clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro, se, tenuto conto di un insieme di fattori, come la natura del lavoro, le condizioni di formazione e le condizioni di impiego, si possa ritenere che tali persone si trovino in una situazione comparabile (sentenza del 5 giugno 2018, Grupo Norte Facility, C-574/16, punto 48).
“È stato, inoltre, affermato che la nozione di “ragioni oggettive” di cui alla clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro richiede che la disparità di trattamento constatata sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono il rapporto di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui s’inscrive e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale disparità risponda a una reale necessità, sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e risulti necessaria a tal fine. Tali elementi possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle funzioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato e dalle caratteristiche inerenti alle medesime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro (sentenza del 20 giugno 2019, Ustariz Aróstegui, C-72/18, EU:C:2019:516, punto 40 e giurisprudenza ivi citata)”.
“Tale disparità di trattamento non sembra in alcun modo giustificata atteso che la Carta è erogata - per lo stesso valore nominale - ai docenti part-time (il cui impegno didattico ben può, in ipotesi, essere più limitato di quello dei docenti a tempo determinato) e persino ai docenti di ruolo in prova, i quali potrebbero non superare il periodo di prova e, così, non conseguire la stabilità del rapporto. Sicché, è stato affermato che paradossalmente “a seguire l’opzione della P.A., vi sarebbero dei docenti che beneficerebbero dello strumento pur senza essere impegnati, al momento, nell’attività didattica, mentre altri docenti, pur svolgendo diversamente dai primi l’attività didattica, non beneficerebbero della Carta e, quindi, sarebbero privati di un ausilio per il loro aggiornamento e la loro formazione professionale” (cfr. Cons. Stato n. 1842/2022)”.
“Del resto, l’esclusione tra i destinatari della Carta dei docenti a tempo determinato appare irragionevole anche alla luce del dettato di cui all’art. 282 del D.lgs. n. 297/94, all’art. 28 del C.C.N.L. del Comparto Scuola del 4 agosto 1995 e agli artt. 63 e 64 del C.C.N.L. del Comparto scuola del 27 novembre 2007. Dalla lettura di tali norme emerge che la formazione costituisce un diritto e dovere del personale docente e che il Ministero è tenuto a fornire strumenti, risorse e opportunità che garantiscono la formazione non solo al personale a tempo indeterminato”.
In conclusione, “discende dalle superiori assorbenti considerazioni che la ricorrente ha diritto ad usufruire della Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione di cui all’art. 1, co. 121, della L. 13 luglio 2015 n. 107. Atteso che dalla documentazione in atti emerge pacificamente che la ricorrente abbia prestato attività di docenza a tempo determinato negli anni scolastici sopra indicati, l’amministrazione convenuta va dunque condannata alla corresponsione in suo favore della c.d. carta docenti e ciò al fine di sostenerne la formazione. L’assoluta novità della questione trattata, l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali non univoci in materia e la complessità della questione trattata giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite”.
IL RICORSO
Per aderire al ricorso che permette di recuperare i 500 euro l’anno negati ai precari per la formazione e l’aggiornamento professionale occorre chiedere di essere soci Anief; aderire al ricorso; inviare la scheda rilevazione dati.
Di seguito, video tutorial e link utili:
PER APPROFONDIMENTI:
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