Un anno di supplenze brevi vale uno stipendio: circa 1.500 euro. È la somma relativa alla Retribuzione professionale docente, prima negata e adesso restituita dal giudice del Lavoro del tribunale di Udine nei confronti di una docente che aveva svolto una supplenza “breve”, conferita dall’Istituto, nell’anno scolastico 2018/2019. Decisivo, ai fini della sentenza, è stato il parere della Cassazione, che a sua volta non ha potuto che applicare l’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, per la quale gli assunti a tempo determinato “non possono essere trattati in modo meno favorevole ai lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato a meno che non sussistano ragioni oggettive”. Alla docente sono stati quindi assegnati euro “1.489,12 lordi, oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo”.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief: “l’assegnazione della Rpd ai docenti e della Cia agli Ata precari non può essere più negata. Conta il lavoro svolto e non il contratto che è stato sottoscritto per svolgerlo. Su questo non vi sono più dubbiu. Anief consiglia, quindi, di aderire all’apposito ricorso predisposto dal sindacato, così da recuperare in le cifre sottratte indebitamente più gli interessi maturati”.
I docenti precari o di ruolo con un passato da precari che aderiscono al ricorso possono chiedere la RPD o CIA non corrisposta negli ultimi cinque anni, pari a circa stipendio in più per ogni anno di servizio svolto. Anief continua a tenere aperte le adesioni al ricorso.
La docente ha spiegato al giudice di essere stata “utilizzata dal Ministero dell’Istruzione in attività di docenza con contratto a tempo determinato dal 25.9.2018 al 10.6.2019 e di non aver percepito la retribuzione professionale docenti prevista dall’art. 7 del CCNL comparto scuola, corrisposta unicamente ai docenti di ruolo o ai docenti precari con contratti a tempo determinato di durata annuale con scadenza al 31 agosto o al 30 giugno”.
Il tribunale di Udine ha prima appurato che “deve escludersi che la ricorrente, supplente temporanea peraltro per la quasi totalità dell’anno scolastico (avendo stipulato un contratto di durata dal 25.9.2018 al 10.6.2019), non abbia reso prestazioni equivalenti a quelle del lavoratore sostituito”. Ha quindi ricordato che “la Suprema Corte, si deve ritenere che “le parti collettive nell’attribuire il compenso accessorio «al personale docente ed educativo», senza differenziazione alcuna”: un concetto ribadito “anche da Cass. n. 6293/2020, la quale ha evidenziato che risulta “conforme alla clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE (per la quale gli assunti a tempo determinato "non possono essere trattati in modo meno favorevole ai lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato a meno che non sussistano ragioni oggettive")”. Il giudice ha dunque concluso che “deve essere, quindi, accertato il diritto della ricorrente a percepire la retribuzione professionale docente ai sensi dell’art. 7 CCNL comparto scuola in relazione al servizio prestato” nell’anno scolastico 2018/19.
Nelle conclusioni, “il Tribunale di Udine, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa,1) accerta e dichiara il diritto della ricorrente alla retribuzione professionale docenti di cui all’art. 7 del CCNL del 15.3.2001 in relazione al servizio prestato dal 25.9.2018 al 10.6.2019 in forza di contratto a tempo determinato stipulato con il Ministero dell’Istruzione; 2) condanna il Ministero dell’Istruzione, in persona del Ministro pro tempore, al pagamento in favore della ricorrente delle conseguenti differenze retributive, pari ad € 1.489,12 lordi, oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo;
3) condanna il Ministero resistente alla integrale rifusione delle spese del presente procedimento, che si liquidano in € 49,00 per esborsi e in € 1.500,00 per compensi, oltre al 15% dei compensi a titolo di rimborso forfetario ed oltre accessori come per legge, con distrazione in favore dei procuratori di parte ricorrente che si sono dichiarati anticipatari.
TANTI RICORSI VINTI DA ANIEF
Sono tante le sentenze di restituzione ai docenti della retribuzione professionale docenti precari, pari a 174.50 euro al mese, negata a tutti gli insegnanti precari (come pure la Cia al personale Ata). Negli ultimi mesi tanti giudici hanno accordato la restituzione dei 174,50 euro al mese, per mancata assegnazione della cosiddetta Rpd: si era espresso favorevolmente a febbraio il tribunale di Forlì, poi quello di Modena, quindi di Catania, in primavera abbiamo avuto la sentenza favorevole di Paola. E ancora, nella provincia di Cosenza, dove una maestra ha recuperato quasi 2mila euro più interessi e un’altra quasi 2.900 euro, poi a Verona, dove il giudice del lavoro ha accordato 1.200 euro per un solo anno di supplenza annuale svolto. Di recente, è stata la volta del Tribunale di Firenze, che ha assegnato quasi 4mila euro più interessi ad una docente, quindi di Vercelli, che ha detto sì alla richiesta dei legali dell’Anief, presentata lo scorso mese di aprile, di rimborsare una docente con circa 1.700 euro più interessi. Poi è stata la volta di Modena, dove il tribunale del Lavoro ha restituito 1.646 euro più interessi a una docente per le supplenze “brevi” di tre anni scolastici, e di Firenze, dove il giudice ha restituito più di 2mila euro con interessi ad un’insegnante che ha svolto due supplenze.
COME CHIEDERE LA RPD
Anief ricorda che è possibile presentare ricorso ad hoc per rivendicare il diritto alla riscossione di RPD (per i docenti) e CIA (per il personale Ata) mensili, negli ultimi due anni negato anche a decine di migliaia di supplenti “Covid”: sono tutti supplente che hanno percepito gli stipendi da precari ridotti di circa 170 euro mensili. Qualora volessero definire l’entità della somma da recuperare possono anche utilizzare il calcolatore online messo a disposizione gratuitamente da Anief: fatto ciò, potranno attivare i ricorsi in Tribunale con il patrocinio dello stesso sindacato a condizioni vantaggiose.
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