Sta diventando prassi diffusa quella di affidare al docente di religione anche gli alunni che non si avvalgono della disciplina. Anief ha raccolto diverse lamentele per questa contraddizione ed ora vuole fare chiarezza. Innanzitutto, andando a ricordare quali sono le circostanze in cui uno studente non avvalentesi dell’IRC può essere affidato al docente di religione: nel caso in cui l’insegnante svolga una sostituzione oraria, nel caso in cui accompagni gli studenti ad una manifestazione culturale, ad una visita guidata o ad un viaggio di istruzione, egli ha la responsabilità civile e penale in vigilando sull’intero gruppo classe (art. 2048 del Codice Civile). È ovvio che in questo caso questi non svolge lezione curricolare. Premesso ciò, in tutti gli altri casi la eventuale presenza in classe degli studenti non avvalentesi durante l’ora di religione si presenta come illegittima.
Marcello Pacifico, presidente Anief, ricorda che “il punto fondamentale che deve essere riconosciuto è quello del rispetto della libera scelta compiuta dalle famiglie nel primo ciclo o dagli alunni nella secondaria e l’attenzione ad evitare ogni forma di discriminazione. Gli studenti non avvalentesi non possono essere lasciati alla custodia né del personale ATA, tantomeno dei docenti di religione, in seguito ad eventuali sostituzioni orarie per le quali siano impiegati gli insegnanti dell’ora alternativa in corrispondenza dell’ora stessa. Gli stessi, infatti, non possono lasciare gli studenti loro affidati non avvalentesi dell’IRC per svolgere le supplenze suddette”.
È bene anche precisare che per quel che riguarda l’eventuale partecipazione dell’insegnante di religione al curricolo di educazione civica, che chiede la realizzazione di un minimo di 33 ore (art. 2 comma 3, Legge 20 agosto 2019, n. 92), questa può realizzarsi solo se in classe non sono presenti studenti non avvalentesi, proprio perché questi ultimi non possono ricevere una lezione dal docente di religione e al tempo stesso devono ricevere tutte le 33 ore dedicate al curricolo. La soluzione si presenta programmando nel curriculo delle ore supplettive alle 33 da affidare al docente di religione, usufruite dai soli studenti avvalentesi.
È bene anche ricordare che l’Accordo tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede del 18 febbraio 1984 (“Nuovo Concordato”) riporta nel secondo e terzo comma dell’art. 9.2: “Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento. All'atto dell'iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto, su richiesta dell'autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione”. Dunque, la scelta avviene all’atto dell’iscrizione e può essere cambiata solo per esplicita richiesta all’atto di iscrizione agli anni successivi. Ogni variazione che avvenisse dopo i termini previsti per l’iscrizione o nel corso dell’anno scolastico risulta illegittima.
La sentenza 13/91 della Corte Costituzionale stabilisce che la scelta tra le opzioni di chi decide di non avvalersi (disposte dalle CCMM 188-189/89 e 122/91: attività didattiche e formative alternative; attività di studio e/o ricerca individuale con assistenza di personale docente o educativo; libera attività di studio e/o ricerca, senza assistenza di personale docente o educativo, relativa solo agli studenti delle istituzioni scolastiche di istruzione secondaria di secondo grado; allontanamento dal plesso scolastico, mediante entrata posticipata, uscita anticipata o uscita durante le ore intermedie di religione cattolica e rientro al termine) non debba avvenire all’atto dell’iscrizione (le circolari ministeriali in materia di iscrizioni ne fissano la scadenza in coincidenza dell’inizio delle lezioni), proprio per garantire la piena libertà di scelta tra la religione, che una volta scelta diventa obbligatoria, e la possibilità di non avvalersi, che non introduce ad una identica obbligatorietà.
A riguardo dell’attività didattica alternativa, la Corte Costituzionale si è espressa nel merito con sentenza n. 203/89, nella quale c’è scritto che “la previsione come obbligatoria di altra materia per i non avvalentesi sarebbe patente discriminazione a loro danno” perché l’opzione non deve risultare alternativa fra la religione, obbligatoria quando scelta, e un’altra materia. A tal riguardo, non è esatto parlare di “materia alternativa”, perché non esistono programmi ministeriali che la delineino; è più corretto dunque parlare di “attività alternativa”. La stessa però non è obbligatoria ma diventa una delle possibili opzioni. La scelta tra l’avvalersi e il non avvalersi si configura quindi come una scelta facoltativa, non alternativa”.
Secondo le CCMM 128.129-130-131/86, inoltre, il Collegio dei docenti (i consigli di interclasse nella primaria) ha l’obbligo di formalizzare e programmare le attività didattiche alternative all’IRC entro e non oltre un mese dall’inizio delle lezioni. Ove questo non avviene, si attua una palese violazione e discriminazione degli studenti non avvalentesi, come sancisce la sentenza del 30.07.2010 del Tribunale di Padova che, richiamandosi alla decisione n. 2749/10 del Consiglio di Stato, ha condannato l’Amministrazione scolastica per non aver permesso ad una alunna non avvalentesi di ricevere una attività didattica alternativa. Dove la prassi è invece arrivata a introdurre nello stesso PTOF le proposte delle attività didattiche alternative, ciò appare una violazione della stessa raccomandazione sulla non discriminazione. In questo a caso all’atto dell’iscrizione si verrebbe a configurare non più una scelta tra la religione o meno ma tra l’IRC e un’attività didattica già nota.
Per quel che riguarda i contenuti delle attività alternative, proprio per evitare ogni discriminazione con chi sceglie di avvalersi, non possono mai appartenere a discipline curricolari, come stabilisce la CM 368/85. Le CCMM 129-130-131/86 suggeriscono di individuare i contenuti “sui valori fondamentali della vita e della convivenza civile”. Altro abuso da evitare, ricorda ancora Anief, è quello della collocazione oraria dell’insegnamento della religione cattolica, ilaquale non può essere prevalentemente collocata nelle prime e nelle ultime ore di lezione, ma “deve essere distribuita nelle varie ore secondo una equilibrata distribuzione delle diverse discipline nella giornata e nella settimana” (Intesa, 2.2).
Infine, il giovane sindacato ricorda quanto precisato dalla CM 253/87 che dispone la non liceità di formare le classi a partire dalla scelta degli avvalentesi o meno, ponendo attenzione al mantenimento dell’unità della classe cui appartiene l’alunno. Appare dunque illegittimo formare classi di soli non avvalentesi (o viceversa, tranne nel caso in cui si avvalgano tutti gli studenti).
Anief continua a raccogliere e a presentare i ricorsi per ottenere la stabilizzazione e il risarcimento del danno per la mancata immissione in ruolo: gli interessati possono cliccare sul seguente link.
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