“Deve disapplicarsi l'articolo 1, commi 121 e ss., della Legge n. 107/2015 (i D.P.C.M. del 23/9/2015 e del 28/11/2016, applicativi di tale disposizione, sono stati nelle more della decisione della CGUE annullati dal Consiglio di Stato, con l’ordinanza citata) nella parte in cui non riconosce l’assegnazione della Carta elettronica del docente anche al personale docente assunto con contratto a tempo determinato, incaricato con supplenze annuali o supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche”: a scriverlo è stato alcuni giorni fa il Tribunale del lavoro di Roma rispondendo in tal modo al ricorso presentato dai legali Anief in difesa di una insegnante che dal 2019 ad oggi ha sottoscritto cinque supplenze senza ricevere i 500 euro annui della card per l’aggiornamento professionale.
Il giudice ha condannato il Ministero dell’Istruzione a risarcire con 2.500 euro più interessi la supplente, poiché, riporta la sentenza, “docenti precari incaricati con supplenze annuali o supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche” sono “in entrambi i casi” destinatari del beneficio per l’aggiornamento, poiché le durate del lor rapporto di lavoro sono” si protraggono “per l’intera durata dell’attività didattica, pervenendo ad affermare il principio che: “La Carta Docente di cui all’art. 1, comma 121, L. 107/2015 spetta ai docenti non di ruolo che ricevano incarichi annuali fino al 31.8, ai sensi dell’art. 4, comma 1, L. n. 124 del 1999 o incarichi per docenza fino al termine delle attività di didattiche, ovverosia fino al 30.6, ai sensi dell’art. 4, comma secondo, della L. n. 124 del 1999, senza che rilevi l’omessa presentazione, a suo tempo, di una domanda in tal senso diretta al Ministero” (cfr. Cassazione, Sezione Lavoro, n. 29961/2023 del 27/10/2023)”.
Sempre nella sentenza del giudice del lavoro di Roma è stato ricordato che “la Corte di Giustizia UE, sezione VI, con sentenza n. 450 del 18/5/2022 ha affermato che “la clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell'allegato della direttiva 1999/70/CE, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che riserva al solo personale docente a tempo indeterminato del Ministero dell'istruzione, e non al personale docente a tempo determinato di tale Ministero, il beneficio di un vantaggio finanziario dell'importo di 500 euro all'anno, concesso al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, mediante una carta elettronica”. Inoltre, è stato rilevato che “nella sentenza richiamata, emessa su rinvio disposto dal Tribunale di Vercelli in una vertenza analoga alla presente, la Corte europea ha innanzitutto affermato che l’indennità di € 500,00 annui di cui alla c.d. Carta elettronica del docente deve essere considerata come rientrante tra le “condizioni di impiego” ai sensi della clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro: “36 Infatti, conformemente all'articolo 1, comma 121, della legge n. 107/2015, tale indennità è versata al fine di sostenere la formazione continua dei docenti, la quale è obbligatoria tanto per il personale a tempo indeterminato quanto per quello impiegato a tempo determinato”.
Infine, sempre il Tribunale di Roma ha sottolineato che “occorre osservare come, in materia, sia intervenuto il Consiglio di Stato, con la nota sentenza n. 1842/2022, qui invocata dalla parte ricorrente, la quale, nel riformare la sentenza del TAR Lazio che aveva ritenuto legittima l’esclusione da parte del Ministero dell’Istruzione dei docenti a tempo determinato dal beneficio della Carta del docente, ha ritenuto, con argomentazioni del tutto condivisibili, che il sistema adottato dal Ministero convenuto determini una sorta di formazione “a doppia trazione”, ossia quella dei docenti di ruolo, la cui formazione è obbligatoria, permanente e strutturale e quindi sostenuta sotto il profilo economico con l’erogazione della Carta, e quella dei docenti non di ruolo, per i quali non vi sarebbe alcuna obbligatorietà, e, dunque, alcun sostegno economico. Tale sistema viene, invero, a collidere con le disposizioni costituzionali di cui agli articoli 3, 35 e 97 della Costituzione, sia sotto il profilo della discriminazione a danno dei docenti non di ruolo, sia per la lesione del principio di buon andamento della P.A., scontrandosi con l’esigenza del sistema scolastico di far sì che sia tutto il personale docente (e non solo quello di ruolo) a poter conseguire un livello adeguato di aggiornamento professionale e di formazione, onde garantire la qualità dell’insegnamento complessivo fornito agli studenti”.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, non pensa “che possa esserci ancora qualcuno, anche non esperto di diritto scolastico, che possa avere anche mezzo dubbio su quanto espresso dalla Corte di Giustizia europea, dal Consiglio di Stato e dalla Suprema Corte di Cassazione: la Legge 107 del 2015 è stata scritta male, almeno in questo comma, andando a determinare una palese discriminazione verso i docenti precari. Abbiamo quindi fatto bene a produrre ricorso con il supporto dei nostri legali, al fine di recuperare fino a 3.500 euro più gli interessi nel frattempo maturati. Tanti supplenti o ex precari non l’hanno ancora fatto, li invitiamo vivamente a credere nella nostra azione giudiziaria di cui loro avranno con altissime probabilità solo vantaggi”, conclude Pacifico.
CONCLUSIONI DELLA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI ROMA
P.Q.M.
Lette le note di discussione scritta ex articolo 127 ter C.p.c., definitivamente pronunciando, accerta e dichiara il diritto della ricorrente ad usufruire del beneficio economico di € 500 annuo tramite la Carta elettronica del docente di cui all’articolo 1, commi 121 e ss., della Legge n. 107/2015, in particolare per gli aa.ss. 2019/2020, 2020/2021, 2021/2022, 2022/2023 e 2023/2024; per l’effetto, condanna il Ministero dell’Istruzione e del Merito a provvedere in tal senso, con attribuzione della Carta Docente, secondo il sistema proprio di essa e per un valore corrispondente a quello perduto, oltre interessi o rivalutazione, ai sensi dell’art. 22, comma 36, della L. n. 724 del 1994, dalla data del diritto all’accredito alla concreta attribuzione.
Dichiara interamente compensate le spese di lite.
Roma, 30/04/2024
Il Giudice
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