Il 14 dicembre si è svolto l’incontro con le parti sociali previsto per il PNRR su orientamento, scuole innovative e dispersione, presenti all’incontro Giovanni Portuesi e Daniela Rosano Segretari Generali Anief. Il Ministero ha illustrato le linee guida sull’orientamento che prevedono, a partire dall’a.s. 2023-2024, moduli di orientamento formativo degli studenti nelle scuole secondarie di primo e secondo grado di almeno 30 ore. Si prevede anche l’introduzione della figura del docente tutor dell’orientamento oltre che di una figura che sia a sostegno dell’orientamento, in ogni istituzione scolastica, nell’ambito del quadro organizzativo e finanziario.
Le supplenze sono tutte pienamente utili alla ricostruzione di carriera: lo ha ribadito la sezione Lavoro del Tribunale di Verona, che ha assegnato “la somma di euro 4.925,89, oltre accessori di legge” ad una docente di sostegno che ha presentato ricorso con Anief dopo avere sottoscritto per 15 anni contratti a termine nella scuola senza vedersi riconosciuto, dopo essere entrata in ruolo con la ricostruzione di carriera, né il pagamento degli scatti di anzianità durante il periodo pre ruolo, nè il diritto a percepire, con assegno ad personam, l’aumento retributivo relativo al passaggio di gradone contrattuale.
La carta del docente va data anche agli insegnanti a tempo determinato: i tribunali non hanno più dubbi e continuano a sentenziare in questo modo, forti dell’ordinanza-simbolo emessa dalla Corte di Giustizia europea lo scorso 18 maggio. Sono centinaia, ormai le cause vinte dall’Anief: solo qualche giorno fa è accaduto a Roma, dove il Tribunale capitolino ha assegnato ad una maestra precaria 2mila euro per quattro supplenze annuali durante le quali la docente ha dovuto acquistare anche l’attrezzatura e il software per svolgere la dad durante la pandemia da Covid; adesso arriva una sentenza dello stesso tenore dal Tribunale di Udine, che ha risposto positivamente al ricorso di una docente, la quale lo scorso mese di settembre ha chiesto di accedere al “beneficio economico di € 500,00 annui, tramite la “Carta elettronica” per l’aggiornamento e la formazione del personale docente, di cui all’art. 1 della Legge n. 107/2015, per gli anni scolastici 2016/2017, 2017/2018, 2018/2019, 2019/2020, 2020/2021 e 2021/2022”, poiché il lavoro svolto è stato lo stesso dei colleghi di ruolo. Esaminate le carte, il giudice gli ha dato pienamente ragione, assegnando all’insegnante “il beneficio in esame per tutti gli anni scolastici richiesti entro il limite della prescrizione quinquennale dalla diffida dell’aprile 2022, ossia per gli anni scolastici dal 2016/2017 al 2021/2022, nell’importo complessivo di € 3.000,00”.
Dai Tribunali cominciano ad arrivare sentenze con interessanti rimborsi rivolti al personale della scuola riguardanti più tipologie di diritti negati e contemporaneamente a più lavoratori: esemplare, in questo senso, è la decisione presa dal giudice di Piacenza, del settore Lavoro e Previdenza e Assistenza, che nell’esaminare il ricorso presentato dai legali per due insegnanti ha accolto l’istanza assegnando le cifre richieste, per complessivi circa 4 mila euro, a compensazione dalla mancata monetizzazione delle ferie non godute e della retribuzione professionale docente ancora una volta negata ad un supplente. Nello specifico, il Tribunale piacentino con una sentenza esemplareha condannato il ministero dell’Istruzione ad assegnare 1.225,28 euro ad una docente per Rpd mai collocato in busta paga per quasi un intero anno scolastico; alla stessa insegnante sono state anche data 818,72 come “riconoscimento delle ferie non godute”; infine, sempre per quest’ultima ragione, ad una seconda docente lo stesso dicastero dell’Istruzione dovrà fare avere 1.886,33. Le cifre, inoltre, vanno incrementate con “gli interessi delle singole scadenze a saldo”.
Perché il ministero dell’Istruzione si deve accanire sui precari, negandogli tra le altre cose gli scatti stipendiali, il pieno riconoscimento della carriera, la monetizzazione delle ferie, andando a sottrargli anche in busta paga la Retribuzione professionale docente e la Cia per il personale supplente Ata? È quello che ha chiesto all’avvocatura di Stato il Tribunale di Modena, sezione Lavoro, per comprendere i motivi che hanno portato una docente abruzzese a chiedere “1.350,24 euro oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo” per non avere ricevuto la Rpd “nell’anno scolastico 2020/2021, dal 22.10.2020 all’11.06.2021, in virtù di reiterati contratti a termine per supplenze brevi e saltuarie”. Non avendo avuto una risposta convincente, il giudice del lavoro ha verificato, scrivendolo nella sentenza, che “il contratto a termine è regolato dal diritto dell’Unione Europea a mezzo della direttiva 1999/70/CE e dell’allegato Accordo quadro concluso il 18 marzo 1999, che trova pacifica applicazione anche ai rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati con la pubblica amministrazione. Nel dettaglio, la clausola 4 punto 1 dell’Accordo dispone quanto segue: «Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive»”.
“La sottoscrizione del contratto collettivo nazionale 2019-21, portata a termine nelle scorse ore all’Aran, porterà 2.400 euro medi di arretrati e di 120 di aumenti ma riguarda solo il trattamento economico sino alla fine del 2021: da adesso in poi l’impegno si concentrerà sul reperimento di altri soldi per allineare l’indennità di vacanza contrattuale, a questo scopo servono 5 miliardi da aggiungere all’unico già stanziato dal Governo, più la revisione della parte contrattuale, a partire dal nuovo ordinamento professionale del personale ATA”: lo dice Marcello Pacifico, all’indomani della firma del Ccnl 2019-21 che consente di erogare l’anticipazione della parte economica che interessa 1.232.248 dipendenti, di cui 1.154.993 appartenente ai settori scuola e AFAM (compresi 850mila docenti) e 77.255 appartenenti ai settori Università (con esclusione dei docenti) ed enti di ricerca.
“Con la sottoscrizione del contratto collettivo nazionale 2019-21, portata a termine nelle scorse ore all’Aran, cade l'ultimo ostacolo al pieno esercizio della rappresentatività di Anief: da oggi il giovane sindacato, rappresentativo nella scuola potrà infatti nominare propri rappresentanti, i cosiddetti TAS, in ogni sede di lavoro per la contrattazione integrativa di istituto, ateneo, enti di ricerca, accademie e conservatori e partecipare alla contrattazione integrativa nazionale e regionale”: lo dichiara Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, commentando l’avvenuta firma in Aran con tutte le organizzazioni sindacali rappresentative il CCNL sui principali aspetti del trattamento economico del personale del comparto Istruzione e ricerca - triennio 2019-2021 che consente di erogare l’anticipazione della parte economica che interessa 1.232.248 dipendenti, di cui 1.154.993 appartenente ai settori scuola e AFAM (compresi 850mila docenti) e 77.255 appartenenti ai settori Università (con esclusione dei docenti) ed enti di ricerca.
Un anno di supplenze brevi vale uno stipendio: circa 1.500 euro. È la somma relativa alla Retribuzione professionale docente, prima negata e adesso restituita dal giudice del Lavoro del tribunale di Udine nei confronti di una docente che aveva svolto una supplenza “breve”, conferita dall’Istituto, nell’anno scolastico 2018/2019. Decisivo, ai fini della sentenza, è stato il parere della Cassazione, che a sua volta non ha potuto che applicare l’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, per la quale gli assunti a tempo determinato “non possono essere trattati in modo meno favorevole ai lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato a meno che non sussistano ragioni oggettive”. Alla docente sono stati quindi assegnati euro “1.489,12 lordi, oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo”.
Oggi pomeriggio all’Aran i sindacati rappresentativi hanno sottoscritto definitivamente la parte economica del contratto collettivo nazionale di lavoro già definita lo scorso 11 novembre che coinvolge circa un milione e mezzo di dipendenti del comparto Istruzione e Ricerca: gli arretrati e gli aumenti in busta paga, che andranno ad incidere sulla parte fissa tabellare e sul salario accessorio, arriveranno in questo modo prima di Natale. L’accordo, che arriva dopo il via libera della Corte dei Conti, riguarda il triennio 2019/2021: a fronte dell'1,7% del tasso di inflazione programmata e dell'indennità di vacanza contrattuale erogata, si assegneranno arretrati per 2.400 euro e aumenti di 120 euro medi, con un incremento del 4,2%. Nelle prossime ore l’Aran trasmetterà il testo agli organi competenti per permettere il pagamento delle spettanze, arretrati e aumenti, entro Natale.
Perché ai docenti precari che svolgono supplenze per brevi periodi vengono tolte dallo stipendio circa 170 euro al mese? È quello che non si spiegano i giudici. Tanto che con sistematicità oramai dicono sì alle richieste di risarcimento presentate dal sindacato. L’ultima è quella del Tribunale di Firenze, sezione Lavoro, che applicando il principio di non discriminazione tra il personale che svolge le stesse mansioni ha condannato il ministero dell’Istruzione ad assegnare oltre 2mila euro, più interessi, ad una docente che ha lavorato a tempo determinato tra il 2015 e il 2018 con supplenze “brevi e salturie”.
Ancora una sentenza a favore di un insegnante precario che chiede di ricevere la Carta del docente da 500 euro annui: a produrla questa volta è stato il Tribunale ordinario di Roma, che ha assegnato 2 mila ad una docente di scuola primaria che ha svolto quattro annualità di supplenze annuali, tra il 2016 e il 2021, dovendosi formare a proprie spese. Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “la maestra si è formato in questi anni autonomamente, sostenendo spese irrisorie per migliorare la Dad, acquistare nuove tecnologie e software, ancora di più perché svolte in un periodo difficile perché contrassegnato dalla pandemia da Covid e dalla didattica a distanza. Ben venga la decisione del giudice, che sulla base dell’ordinanza madre della Corte di Giustizia europea del 18 maggio scorso, sulla causa C-450-21, ha assegnato al docente le somme a lui negate per un evidente ‘buco’ della Legge 107/15 che ha introdotto la stessa Carta del docente”.
La “Carta del docente” da 500 euro l’anno va assegnata al personale di ruolo, ma anche al supplente annuale: lo ha confermato la sezione Lavoro del Tribunale di Trani che ha esaminato il ricorso, patrocinato da Anief, di un insegnante che ha stipulato quattro contratti a termine stipulati a partire dal mese di settembre 2017 giungendo alla conclusione che il docente precario ha pieno diritto a vedersi riconosciuti 2mila euro. Si conferma, inoltre, la velocità con cui il giudice risponde positivamente all’istanza prodotta, condannando il ministero dell’Istruzione a somministrare la somma al docente precario che si è dovuto formare a proprie spese: in questo caso, il ricorso è stato depositato il 26 luglio scorso. Altre sentenze, sempre positive, sono state prodotte in ancora meno tempo. Tutte si riconducono all’ordinanza madre della Corte di Giustizia europea del 18 maggio scorso sulla causa C-450-21.
“Il servizio di leva obbligatorio e il servizio civile ad esso equiparato sono sempre utilmente valutabili, ai fini della carriera (art. 485 cit.) come anche dell'accesso ai ruoli (art. 2050, comma 1, cit.), in ogni settore”: lo ha ribadito la sezione Lavoro del Tribunale di Foggia esaminando il ricorso di un assistente amministrativo che ha chiesto il riconoscimento del servizio militare prestato non in costanza di nomina ai fini dell’aggiornamento delle graduatorie interne di Istituto. Interpretando la normativa vigente che si rifà in particolare all’articolo n. 2050 del d.lgs. 66/2010 (“Codice dell’ordinamento militare”), il giudice ha ricordato nella sentenzache sulla validità del servizio di leva e quello equiparato che rispetto al quesito posto dal ricorrente vi sono “numerosi altri precedenti: Corte di Cassazione civile Sez. Lav., l’Ordinanza n. 33151/2021, Sentenze n. 34686 e n. 34687 del 16 novembre 2021, Cass. 2 marzo 2020 n. 5679, Cass. 31 maggio 2021 n. 15127 e Cass. 3 giugno 2021 n. 15467”. Pertanto, con “disapplicazione del D.M. 50/2021”, il Tribunale di Foggia “dichiara il diritto del ricorrente al riconoscimento del punteggio per il servizio di leva svolto e, per l’effetto, ordina l’aggiornamento delle graduatorie di Istituto”.
I servizi pre-ruolo sono vanno tutti considerati utili alla ricostruzione di carriera. A confermarlo è la sezione Lavoro del Tribunale di Foggia che ha esaminato il ricorso di un’assistente amministrativa per mancata inclusione nella propria ricostruzione di carriera di quasi un anno di lavoro, per la precisione 11 mesi e 10 giorni: il giudice ha accertato che tale condotta non è lecita, perché confligge con “la clausola 4 dell'Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato, trasfuso nella Direttiva 99/70/CE del 28 giugno 1999, che stabilisce che i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato”. Dopo avere esaminato una serie di sentenze nazionali (Tribunale Torino sentenza n. 429 del 2019; Tribunale Bologna 12/03/2020, n.139; Tribunale Palermo, 17/07/2020, n.2262; Tribunale Cosenza 03/07/2020, n.1013, ma anche una recente espressione della Corte di Cassazione), il giudice ha deciso di assegnare “le differenze retributive spettanti al ricorrente”, per “complessivi € 3.056,13, di cui € 1.305,97 dovute in applicazione della clausola di salvaguardia per il servizio svolto con contratto a tempo determinato e tempo indeterminato fino al conseguimento della fascia 9/14, avvenuto in data 1/4/2020, ed € 1.750,16 per differenze retributive a seguito del riconoscimento integrale del servizio pre–ruolo in sede di ricostruzione della carriera”.
Ridurre la portata delle supplenze all’interno della ricostruzione della carriera è un’operazione discriminante: tutto il precariato concorre alla formazione della carriera. A ribadirlo è stata la Corte d’appello di Trieste – Collegio Lavoro- che ha confermato la sentenza di un anno fa emessa dal giudice di Pordenone a proposito della richiesta di un insegnante di essere collocato su uno scaglione stipendiale maggiore e quindi di rivedere le modalità di conteggio degli anni precedenti all’immissione in ruolo. Rigettando il ricorso del ministero dell’Istruzione, la Corte di Trieste ha ricordato che “la clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla Direttiva n. 70/1999” della Commissione europea, così come aveva già detto il giudice di Pordenone, non può essere aggirata. Altrimenti si ricadrebbe in un trattamento diversificato, quindi illegittimo, tra personale di ruolo e precario, ancora di più perché nei fatti ad entrambi vengono richieste le medesime funzioni e responsabilità lavorative. Inoltre, il docente ha ricevuto 2.109,65 euro derivante dalle differenze di trattamento scaturite dal passaggio su scaglione stipendiale maggiore, anche relative al passato.
Continuano i successi che il sindacato Anief continua a registrare nelle aule dei tribunali: altre migliaia di euro sono state riconosciute ai ricorrenti grazie alle vittorie dell’avvocato Giovanni Rinaldi e dei legali #Anief coordinati da Fabio Ganci e Miceli Walter per la tutela dei diritti (carta docenti, ferie, RPD, CIA, scatti, ricostruzione di carriera, risarcimenti). Possibile aderire sempre alle azioni legali del giovane sindacato rappresentativo.
Circa 70 euro in meno ogni 30 giorni di lavoro: è la quota che viene sottratta in modo illegittimo e sistematico dallo stipendio del personale Ata precario con contratti di supplenza per periodi brevi o temporanei: ad essere negato è il "compenso individuale accessorio" (cosiddetto CIA), che però può essere recuperato presentando apposito ricorso con Anief. Come ha fatto un collaboratore scolastico, che con il ricorso presentato il 29 novembre 2021 al tribunale di Bari, in meno di un anno ha recuperato oltre 500 euro più interessi relative alle supplenze brevi svolte nell’anno scolastico 2020/2021.
Al supplente va assegnata la “Carta del docente” e il relativo bonus di 500 euro per ciascun anno scolastico in cui ha lavorato: se si tratta di cinque anni di supplenze, allora il rimborso sarà pari a 2.500 euro. Lo ha confermato il Tribunale del Lavoro di Trani esaminando il ricorso di una insegnante precaria della scuola pubblica con servizi svolti tra il 12 settembre 2016 al 30 giugno 2022. Partendo dall’articolo 35 della Costituzione, secondo cui “la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni”, per l’articolo 63 del Contratto collettivo nazionale, in base al quale “la partecipazione ad attività di formazione e di aggiornamento costituisce un diritto per il personale in quanto funzionale alla piena realizzazione e allo sviluppo delle proprie professionalità”, oltre che dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 31149/2019, da quella n. 1842/2022 del 16.03.2022 del Consiglio di Stato e dall’ordinanza della Corte di Giustizia europea del 18 maggio scorso, nella causa C-450-21, il giudice del Tribunale pugliese è giunto ad una conclusione ineccepibile: quella della “illegittimità della determinazione assunta con il d.P.C.M. n. 32313/2015 nella parte in cui ha escluso dai destinatari dell’attribuzione della Carta Docenti i docenti assunti con contratto a tempo determinato, con conseguente disapplicazione della stessa”. In conclusione, il giudice ha ricordato che la giurisprudenza è concorde nello stabilire “il riconoscimento del servizio c.d. pre-ruolo svolto” dai docenti e che quindi, in generale, anche l’indennità annuale per l’aggiornamento non può essere negata.
L’aggiornamento e la formazione del personale docente vanno svolte anche dai supplenti annuali e quindi pure loro hanno diritto a percepire 500 euro l’anno: a ribadirlo è il Tribunale di Arezzo, che a distanza di un solo mese e mezzo dalla deposizione dal ricorso, datata 6 ottobre 2022, ha concluso che l’assegnazione della carta del docente, finalizzata “all’acquisto di beni e servizi formativi per lo sviluppo delle competenze professionali (cosiddetta carta elettronica del docente)”, va attuata senza alcun “trattamento differenziato tra personale assunto a tempo indeterminato e a tempo”. Una decisione su cui pesa come un macigno la sentenza della Corte di Giustizia europea dello scorso mese di maggio.
Un anno di supplenze equivalgono a quasi mille euro di ferie. Se l’amministrazione scolastica non le fa avere al docente, allora ci pensa il giudice. È andata in tal modo anche nel caso di un insegnante in servizio in Emilia Romagna che dopo aver lavorato come precari nell’anno scolastico 2017/18 si è vesto negare, con sua meraviglia, la monetizzazione delle ferie mai utilizzate, anche sottraendo i giorni di sospensione dell’attività didattica. Il giudice ha esaminato, si legge nella sentenza, “l’evoluzione della disciplina normativa che ha riguardato la questione della monetizzazione delle ferie non godute in riferimento alla categoria costituita dal personale scolastico”: fatto ciò, ha dedotto che “dal monte dei giorni ferie maturati dal docente per il servizio prestato andranno decurtati i soli giorni di sospensione delle attività didattiche secondo il calendario scolastico dell’anno di riferimento e giorni di ferie effettivamente richiesti e fruiti, così come dedotto in giudizio e quantificato da parte ricorrente”.
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